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PRIMO PIANO
Venerdì 21 Ottobre 2016
Di questa organizzazione fanno parte nazioni come Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica
Brics, sono i paesi che crescono
Sempre più uniti per difendersi dal cosiddetto Occidente
MARIO LETTIERI*
PAOLO R AIMONDI **
DI
E
I
l summit dei Paesi Brics
(Brasile, Russia, India,
Cina e Sudafrica) a Goa,
India, tenutosi il16 ottobre scorso segna un ulteriore passo avanti verso la
creazione di una più stretta
alleanza istituzionale tra i
suoi membri. È indubbiamente la dimostrazione concreta che gli indebolimenti
interni ai singoli Paesi e i
tentativi esterni di destabilizzazione non hanno avuto
gli effetti paralizzanti che
certi interessi geopolitici si
auguravano.
La Dichiarazione finale del summit afferma
che i Brics rappresentano
«una voce influente sullo
scenario internazionale
capace anche di generare
effetti positivi tangibili per
i propri popoli». Essi «contribuiscono grandemente
all’economia mondiale e al
rafforzamento dell’architettura finanziaria internazionale» anche attraverso
i nuovi organismi come la
Ndb, Nuova Banca per lo
Sviluppo e il Cra, Accordo
per la Riserva di Contingenza . Ciò dovrebbe agevolare la «transizione verso
un ordine internazionale
multipolare».
Tale prospettiva si affianca alla denuncia dei
«conflitti geopolitici che
hanno contribuito al clima
d’incertezza dell’economia
globale», in quanto lo sviluppo e la sicurezza sono
strettamente collegati, direttamente proporzionali e
determinanti per sostenere
una pace duratura.
Al riguardo si ribadisce
il sostegno al ruolo centrale dell’Onu come unica
organizzazione multilaterale universale capace
di lavorare per la pace, la
sicurezza, lo sviluppo, la
solidarietà e la tutela dei
diritti umani.
Tale sostegno è una scelta
importante, per certi versi
stridente con lo stesso silenzio dell’Onu rispetto a
situazioni di crisi, come
quelle in atto in Siria e in
Nord Africa.
Si afferma con forza
che «le politiche monetarie, da sole, non possono
condurre ad una crescita
bilanciata e sostenibile».
Si sottolinea perciò «l’importanza dell’industrializzazione e di efficaci misure
finalizzate allo sviluppo
industriale, che sono le
fondamenta di una trasformazione strutturale».
In questo contesto l’innovazione tecnologica, si
evidenzia, è centrale. Durante la riunione del Brics
Business Council, formato
da 25 importanti industriali, tenutosi il giorno prima
del summit, i capi di governo dei Brics hanno parlato
con un linguaggio ancora
più chiaro.
Il presidente cinese Xi
Jinping ha detto che l’economia mondiale langue nel
mezzo di una «ripresa incerta e volatile». È perciò necessario, ha aggiunto, che,
dopo i successi dei passati
dieci anni, i Brics rafforzino
la loro partnership.
A sua volta il primo
ministro indiano Narendra Modi ha aggiunto che
tale crescente e positivo
rapporto tra i Paesi Brics
deve rafforzarsi con la creazione di nuove istituzioni e
organizzazioni comuni, tra
cui una propria Agenzia di
rating, un Centro di ricerche agricole e quello per le
infrastrutture e i trasporti
ferroviari.
Il presidente russo Vladimir Putin, da parte sua,
ha indicato una strategia
comune per una nuova linea di cooperazione e di
investimenti che colleghi
le attività del Business
Council con quelle della
Nuova Banca di Sviluppo.
L’intento è quello di rendere
più operativi gli imprenditori privati. Molti dei quali,
con l’occasione, hanno partecipato alla grande Fiera
commerciale di New Delhi
dove sono stati presentati
i nuovi prodotti tecnologici
e industriali realizzati nei
rispettivi paesi
Noi pensiamo che nel
prossimo futuro il mondo occidentale potrebbe
essere sorpreso dai molti
nuovi progetti realizzati
congiuntamente dai Brics
in vari campi tecnologici.
I capi di governo dei Brics
hanno ribadito gli accordi
e gli impegni presi al summit del G20 di Hangzhou in
Cina all’inizio di settembre.
In particolare hanno rinnovato l’impegno a lavorare
con più decisione nel G20
per progetti di importanza
globale, come l’Iniziativa
per lo sviluppo dell’Africa
e la definizione dei una più
giusta ed equa governance
del Fondo Monetario Internazionale.
Ci sembra che, anche
in relazione al ruolo,
sempre più incisivo, dei
Brics, l’Unione europea dovrebbe avviare con maggiore convinzione rapporti più
stringenti con detti paesi.
Sarebbe il modo più concreto ed efficace di contribuire ad accelerare la
ripresa economica globale,
la crescita delle regioni in
ritardo di sviluppo e, ovviamente, la realizzazione
dell’indispensabile stabilità
politica internazionale quale presupposto per una pace
mondiale duratura.
* già sottosegretario
all’Economia
**economista
© Riproduzione riservata
SCOVATI NELLA RETE
I nuovi ricchi che si fanno seppellire
direttamente con la loro Bentley....
ASPETTIAMO DI CONOSCERE DAL MINISTRO GENTILONI LE RAGIONI DI QUESTA ASSURDA POSIZIONE
C’era da stabilire se il Muro del Pianto fosse palestinese
E l’Italia ha fatto il Ponzio Pilato, astenendosi dal voto
DI
DOMENICO CACOPARDO
L’
Onu e dell’Unesco sono
purtroppo organismi nei
quali la coscienza sporca
delle nazioni continua a
immergersi e a trovare nuova linfa
per la propria vocazione distruttiva. Non è bastata la più grande
tragedia della storia dell’uomo, la
Shoah, a spingere il mondo alla
riflessione e all’ammissione di
una colpevolezza senza scusanti, tale da segnare la modernità, come l’immolazione di Cristo
rappresentò il sacrificio dell’uomo
per la sua salvezza. Purtroppo, il
pregiudizio cristiano (il popolo
ebraico colpevole della morte del
Salvatore), l’odio islamico (un altro credo figlio del Dio di Abramo)
e l’ignorante indifferenza degli altri -e il petrolio con i suoi maleodoranti dollari- hanno spinto Onu
e Unesco su sentieri impraticabili
per chi intende appartenere a una
comunità culturale fondata sulla
tolleranza e sul rispetto dell’uomo, della libertà, della vita e della
religione.
Così, nei giorni scorsi, a Parigi, proprio l’Unesco –con l’opposizione di Irina Bokova, direttrice generale dell’organizzazione (e
di cui pretendiamo le immediate
coerenti dimissioni)- ha ufficialmente adottato una risoluzione su
Gerusalemme est voluta dai Paesi
arabi per la protezione del patrimonio culturale palestinese, nella
quale si nega il ruolo storico degli ebrei nella Città vecchia. Qui
sorge il Muro del pianto, il luogo più sacro agli ebrei di tutto il
mondo. Con questo testo, l’Unesco
abbandona le finalità per le quali
era sorta (la tutela del patrimonio storico-culturale del mondo)
e abbraccia una visione parziale
e tendenziosa della storia e della
realtà attuale.
Infatti, riunitisi a Parigi i
58 Paesi membri del Consiglio
esecutivo hanno, in sostanza, rifiutato di riconoscere i profondi
legami storici e spirituali tra gli
ebrei e il Monte del Tempio di Gerusalemme (come gli ebrei chiamano la Spianata delle Moschee)
e il Muro del Pianto. La proposta
era stata formulata dai palestinesi con Egitto, Algeria, Marocco,
Libano, Oman, Qatar e Sudan ed
è stata votata da 24 paesi. 6 sono
stati contrari (Usa, Germania,
Gran Bretagna, Lituania, Estonia, Olanda) e 26 si sono invece
astenuti (Italia compresa).
I rappresentanti di 2 nazioni
non erano presenti al momento
del voto. Fra l’altro, i luoghi sacri
in questione sono stati indicati
nella risoluzione solo con il loro
nome arabo, volendosi così rimuovere qualche millennio di storia
dell’ebraismo mondiale.
È facile capire come questo
ennesimo episodio allontani ogni
prospettiva di pace e di normalizzazione dei rapporti tra Israele e Palestina, soprattutto con la fazione
radicale e terroristica insediatasi
nella Striscia di Gaza.L’astensione
dell’Italia è imperdonabile e inaccettabile. Ci aspettiamo una dichiarazione del ministro degli
esteri Gentiloni, cui non manca
la cultura della tolleranza e la vocazione per le politiche distensiva,
che prenda le distanza dall’operato
della rappresentanza diplomatica
all’Unesco. Consideriamo, in ogni
caso, l’astensione dell’Italia su un
tema così sensibile e caldo, di rango
pari al lavarsi le mani di Pilato di
fronte all’imputato Gesù.
Non sono riuscito ad accertare la posizione del Vaticano, populista e terzomondista, di
Francesco su una questione di diretto interesse della Chiesa, visto
che la tutela dei luoghi santi della
cristianità e il libero accesso dei fedeli è garantito proprio dallo Stato
di Israele. Nel panorama europeo
(nel quale spicca la Francia di un
Hollande che appare spesso come
un novello Petain e la pessima coscienza della Germania, incapace
di fronteggiare con coraggio una
simile vicenda etica), l’Italia non
può schierarsi con gli ignavi e gli
irresponsabili. Dal 1945 a oggi non
l’ha mai fatto. E non c’è ragione,
oggi, di ammainare la bandiera
della tolleranza e della difesa dei
diritti delle parti in causa. Israele
non sarà più vittima sacrificale di
alcuna ordalia razziale e razzista.
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