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Parlamento europeo
2014-2019
Commissione per il commercio internazionale
18.10.2016
DOCUMENTO DI LAVORO
Verso un nuovo quadro commerciale tra l'Unione europea e la Turchia e la
modernizzazione dell'unione doganale
Commissione per il commercio internazionale
Relatore: David Borrelli
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Unita nella diversità
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PREMESSA
La questione che affrontiamo non è certamente delle più semplici: da un lato dobbiamo
valutare l’utilità di un accordo commerciale (ossia, l’Unione Doganale EU-Turchia) ed i
potenziali benefici di un suo rafforzamento, dall’altro non possiamo dimenticare il particolare
contesto politico e istituzionale del nostro partner alla luce dei recenti eventi.
Ritengo che il nostro lavoro debba collocarsi all’interno di due linee-guida:
o Da un lato lo specifico del nostro operato come commissione INTA, che è di settore
ed incentrato sulle relazioni commerciali;
o Dall’altro la consapevolezza che la nostra azione si inquadra e deve collaborare al più
globale e strategico approccio che l’UE ha deciso di avere verso il resto del mondo; e
questo approccio contiene anche una precisa dimensione valoriale.
Potremo dire di aver assolto bene il nostro compito se sapremo progredire nel settore nostro
proprio apportando al contempo un valore aggiunto all’insieme dell’azione della UE.
Ci potrà aiutare in questa nostra riflessione il considerare alcune dimensioni strategiche, come
quella temporale. L’attuale Unione Doganale ha inciso sulle nostre relazioni per 20 anni;
l’accordo che faremo, qualunque esso sia, influirà probabilmente per un periodo altrettanto
importante. Dobbiamo quindi tenere presente che stiamo lavorando per l’oggi, il domani e
anche il dopodomani; questo deve essere chiaro a noi e dobbiamo renderlo chiaro anche a tutti
gli attori interessati.
Un’altra dimensione strategica che ci vincola è quella spaziale: la Turchia è nostra vicina, lo è
da sempre e la progressiva globalizzazione la renderà sempre più prossima.
Stiamo quindi lavorando per effetti che saranno sempre più nella nostra vita e vi influiranno
in modo sempre più pregnante, e ciò esige attenzione. Siamo chiamati a valutare i grandi
percorsi, sapendo che gli effetti arriveranno anche nelle cose minute: questo è lo scenario di
riferimento.
Probabilmente dobbiamo anche acquisire linguaggi nuovi: alcune delle opzioni tecniche
previste facilitano i percorsi prettamente commerciali ma allontanano il percorso di adesione;
altri propongono l’inverso.
Il presente documento di lavoro vuole anzitutto posizionare correttamente il problema,
pensando alla durata delle decisioni che saranno prese, al loro impatto e alle strade che
apriranno o chiuderanno, anche alla luce del pensiero degli attori in gioco.
1. CONTESTO
Al netto della Storia e del comune posizionamento geografico, le relazioni commerciali tra
UE come istituzione e Turchia risalgono, formalmente, al 1963.
La vera svolta sul piano bilaterale si ha nel 1995, quando Ankara e Bruxelles decidono di dare
avvio a quella Unione Doganale che, giunta fino ad oggi, costituisce il punto di partenza per
ogni tipo di riflessione economico-commerciale fra UE e Turchia. Questo accordo, ancora in
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vigore, è considerato il presupposto dell’integrazione della Turchia nel mercato europeo e ha
portato questo paese a posizionarsi fra i primi venti paesi al mondo come PIL.
Uno sviluppo vertiginoso quello turco degli ultimi anni che, però, non è stato esente da
contraddizioni. L’instabilità regionale conseguente alle cosiddette “primavere arabe”, da un
lato, ed i recenti sviluppi interni, dall’altro, hanno creato un clima difficile e generato
incertezza tra gli investitori esteri. La massiccia riconfigurazione dell’apparato politico,
amministrativo e giudiziario aumenta i timori sull’effettiva tenuta dello stato di diritto.
La modernizzazione dell’Unione Doganale s'inserisce in un momento cruciale per le relazioni
fra l’Unione Europea e la Turchia. Le due parti sono chiamate a ridefinire le loro relazioni
commerciali anche per evitare che l’unico canale effettivamente aperto rischi di atrofizzarsi,
con il risultato di allontanare Ankara e Bruxelles ancora di più in un momento in cui si aprono
nuovi mercati strategici (si pensi all’Iran o l’Asia Centrale).
Per quanto detto l’Accordo di Ankara richiede un ripensamento che si colloca tra due vincoli:
costituirsi su uno specifico economico-commerciale e, dall'altro, tenere in seria e concreta
considerazione la situazione politico-istituzionale globale.
2. L’ATTUALE QUADRO DELL’UNIONE DOGANALE
Il quadro giuridico delle relazioni commerciali tra UE e Turchia è regolato dall’Accordo di
Associazione del 1963 (c.d. Accordo di Ankara), dal Protocollo Aggiuntivo del 1970 e da una
serie di Decisioni (2/76, 1/80, 3/80 e 1/95) adottate dal Consiglio di Associazione UETurchia. La Decisione 1/95 getta le basi per le norme dell’Unione Doganale relative al
commercio di beni. L’insieme di questi atti intendeva delineare un percorso che, attraverso
l’unione doganale e l’allineamento alle quattro libertà, doveva preludere all’adesione della
Turchia. Nel dicembre 1999 la Turchia viene ufficialmente riconosciuta paese candidato, e nel
2005 prendono avvio i relativi negoziati.
L’Unione Doganale in questi venti anni si è rivelata uno strumento importante che ha
accompagnato l’evoluzione economica della Turchia, favorendo il rafforzamento del mercato
interno turco, l’export verso la UE e l’import dalla UE, il progressivo allineamento con
l’acquis comunitario, e un aumento delle possibilità di scelta per i consumatori turchi, senza
contare il giro d’affari generato dall’interscambio commerciale. Le diverse organizzazioni di
categoria - sia turche che europee - hanno ribadito l’auspicio di un nuovo accordo sull’Unione
Doganale. Questo punto di vista è condiviso pure dalle analisi della Banca Mondiale.
Sulla base dei lavori svolti dal Senior Officials Working Group dell’Unione Europea e della
Turchia, la Commissione e il governo turco hanno annunciato l’intenzione di aprire i
negoziati per un rafforzamento delle relazioni commerciali bilaterali nel maggio 2015.
Le criticità nel funzionamento dell’Unione doganale
Il Relatore ha ritenuto importante l'ascolto (attraverso il Monitoring Group) degli stakeholder:
Unione Europea: FTA (Free Trade Association); FESI (Federation of the European Sporting
Goods Industry); UNITEE (New European Business Confederation); EURATEX (European
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Textile Industries); ESF (European Services Forum); EUROMETAUX; Digital Europe;
Spirits Europe; EFPIA (European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations),
Copa-Cogeca, Coldiretti, Conftrasporti.
Turchia: Ministero dell’Economia; Delegazione Permanente della Turchia presso l’UE;
TÜSİAD (Turkish Industry and Business Association ); Istanbul Economics; TOBB (Union
of Chambers and Commodity Exchange of Turkey); UND (International Transporters
Association); TÜRKONFED (Turkish Enterprise and Business Confederation).
In sintesi quanto emerso indica un sostanziale e positivo riconoscimento dei benefici apportati
dall’Unione doganale in termini di opportunità di commercio ed investimento sia per le
imprese europee sia per quelle turche, ma accompagnato da non pochi motivi di
preoccupazione.
La prospettiva europea:
a) L’irrigidimento della Turchia dal punto di vista doganale su tutta una serie di merci
europee. Ad esempio, dal 2014 il decreto del governo turco 6692/2014 ha imposto una
serie di dazi (dal 30 al 50%) sulle calzature di origine non europea importate nel
paese; questo decreto comporta costi per le imprese europee stimabili fra i 30 e i 45
milioni di euro. Altri dati stimano in 82 milioni di euro il costo dei dazi, 1,3 milioni il
costo dei test supplementari, 19 giorni la media dei ritardi nell’attesa dei risultati dei
test (con un costo di circa 2 milioni di euro) e il 27% delle calzature esaminate (a
fronte di solo lo 0,5%) di calzature effettivamente mancanti dei requisiti.
b) Una progressione troppo lenta nell’allineamento della legislazione turca all’acquis
comunitario, in particolare in materia di aiuti di stato;
c) L’assenza di un sistema di risoluzione delle controversie;
d) La non applicazione del Protocollo di Ankara nei confronti di Cipro.
La prospettiva turca:
a) Mancanza di partecipazione al processo decisionale dell’Unione Europea: la Turchia è
obbligata ad allineare la propria legislazione doganale e commerciale a quella europea,
senza possibilità di intervenire sul processo decisionale a monte;
b) Asimmetria negli accordi di libero scambio tra l’UE ed i paesi terzi. Attualmente la
UE ha in vigore 48 FTA, ma di questi soltanto 19 includono la Turchia e questo
spesso sarebbe imputabile alla non volontà di alcuni paesi terzi di negoziare un trattato
con la Turchia. L’applicazione della c.d. Clausola Turchia viene invocata come
necessaria con particolare riferimento agli attuali negoziati per il TTIP;
c) Le difficoltà nel rilascio dei visti, in particolare per imprese e lavoratori;
d) L’uso degli strumenti di difesa commerciale.
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3. I NEGOZIATI PER UN NUOVO ASSETTO DELLE RELAZIONI COMMERCIALI
Premessa dei futuri negoziati, tuttavia, non è solo l’obsolescenza e la ruggine accumulata
nell’attuale quadro giuridico, ma anche la sua ristrettezza in quanto esclude ambiti
fondamentali per le relazioni commerciali, quali agricoltura, servizi, appalti pubblici, materie
prime, cooperazione regolamentare, sviluppo sostenibile, PMI e protezione degli investimenti.
La riflessione su questi temi non va disgiunta da altre questioni aperte, quali i diritti dei
lavoratori e più in generale la valutazione degli impatti sul mercato interno europeo in materia
sociale.
L’evoluzione dell’attuale quadro giuridico s’inquadra in tre possibili scenari:
Mantenere lo status quo, ovvero l’Unione Doganale del 1995 senza alcuna modifica;
Modernizzare l’Unione Doganale per renderla più equilibrata e operativa, al contempo
rafforzandola con un accordo che copra i settori esclusi;
Sostituire l’Unione Doganale con un Deep and Comprehensive Free Trade Agreement
(DCFTA) sul modello di quelli conclusi dall’Ue negli ultimi anni.
La valutazione delle diverse opzioni, e la progressione nella loro implementazione è materia
delicata e tecnica. Va trovata una convergenza tra gli interessi e la visione di ambo le parti.
La Turchia, ad esempio, sarebbe favorevole alla liberalizzazione dei servizi, ma non
altrettanto per agricoltura e appalti pubblici. I servizi costituiscono oggi il 70% dell’economia
turca ma al contempo, sono un settore molto gravato da barriere regolamentari. L’agricoltura
presenta problemi per la UE, dovuti in particolare alle norme fitosanitarie. Inoltre, la sua
completa liberalizzazione richiede una particolare attenzione alla specificità dell’agricoltura
europea mediterranea, per problemi di frodi e contraffazioni. La liberalizzazione delle quote
di trasporto, che la Turchia ha chiesto a più riprese, se introdotta in assenza di
un’armonizzazione delle norme vigenti, rischia di incentivare il dumping sociale.
In questo senso saranno d’aiuto i risultati dello studio d’impatto della Commissione europea,
che sarà pubblicato con la proposta di mandato.
Infine, resta aperta la questione energetica; se sia auspicabile includere nei negoziati un
capitolo sull’energia, essendo la Turchia un partner importante per la sicurezza e la
diversificazione degli approvvigionamenti energetici dell’UE.
CONCLUSIONI
Tenendo conto di quanto detto all’inizio del presente documento di lavoro, abbiamo ritenuto
opportuno affrontare la stesura della Risoluzione di nostra competenza solo dopo aver preso
atto della proposta di mandato della Commissione, proprio per consentirci di valutarlo non
soltanto entro il limite del nostro operato istituzionale (INTA), ma inserendolo nel contesto
globale dell’azione UE.
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Potremo pertanto fornire un vero valore aggiunto istituzionale e politico se sapremo
raggiungere due tipi di risultati:
o Formulare proposte concrete, precise e perseguibili sul piano specifico dell’Unione
doganale
o Rafforzare, al contempo, il sostegno ai valori sociali, sindacali ed ai diritti propri
dell’UE attraverso strumenti negoziali progressivi e vincolanti (quali l’estensione
degli ambiti di competenza degli accordi).
La nostra commissione ha di fronte una sfida non facile che, se vinta, ci permetterà di essere
concretamente utili sia all’UE che alla Turchia.
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