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Newsletter periodica d’informazione
Newsletter ad uso
esclusivamente
interno e gratuito,
riservata
agli
iscritti UIL
Anno XIV n. 30 dell’11
ottobre 2016
Consultate www.uil.it/immigrazione
Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri
“Vincere l’indifferenza”, marcia nel nome della pace
Carmelo Barbagallo alla Marcia della
Pace Perugia - Assisi
Un'immensa folla multicolore, multietnica, multi
religiosa: è la gioiosa marcia per la pace, che ha
percorso lo storico tracciato nel cuore dell'Umbria tra
Perugia e Assisi. Come sempre, presente anche la Uil,
con una folta delegazione, guidata quest'anno dal suo
Segretario generale, Carmelo Barbagallo. "Partecipiamo
a questa iniziativa - ha detto il leader della Uil - perché
anche il Sindacato è chiamato a fare la propria parte per
affermare il valore della pace insieme a quelli della
giustizia sociale e della crescita economica. Ieri, proprio
su questi stessi temi, abbiamo svolto un incontro con i
sindacati dei paesi del Nord Africa, perché tali obiettivi
si raggiungono lavorando insieme. Con la cooperazione e
con la solidarietà, il mondo del lavoro può contribuire al
processo di pace. Peraltro - ha aggiunto Barbagallo - noi
dimentichiamo che nel pianeta ci sono circa 250 focolai
di guerra, una vera e propria terza guerra mondiale,
spesso alimentata dalla vendita di armi da parte dei
cosiddetti Paesi occidentali a coloro che scatenano i
conflitti. La pace si costruisce anche partendo
dall'affermazione di questi principi".
A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento Politiche Migratorie
Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751
E-Mail [email protected]
SOMMARIO
Appuntamenti
pag. 2
Marcia della pace Perugia – Assisi
pag. 2
Rapporto Fondazione Moressa
pag. 3
Stranieri disoccupati: sì al rinnovo pds
pag. 4
Cittadinanza: se non ora, quando?
pag. 4
Sovrattassa pds: è caos nelle questure
pag. 5
Bonus famiglia a tutti in Veneto
pag. 6
Lavoratori ICT: nuove regole
pag. 6
Giovani italiani nuovi migranti
pag. 7
L’autunno delle migrazioni
pag. 8
La circolare sul pds attesa occupazione pag. 9
Dipartimento Politiche
Migratorie: appuntamenti
Roma, 13 ottobre 2016, piazza del Phanteon
Italia sono Anch’io - Flash Mob dei giovani “Italiani
senza cittadinanza”
(Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)
Bruxelles, 21 ottobre 2016, sede CES
PICUM- Workshop su migranti <sans papier>
(Giuseppe Casucci)
Roma, 27 ottobre 2016, ore 10.30 Teatro Orione
IdosPresentazione
del
dossier
statistico
immigrazione 2016
(Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)
Roma, 27 ottobre 2016, Palazzo Valdina, ore 14.00
Incontro con l’On. Andrea Maestri su riforma legge
immigrazione
(Giuseppe Casucci)
Sindacato
"Vincere l'indifferenza": marcia
Perugia-Assisi nel nome della
pace e della fraternità
Iniziativa dedicata alla memoria di Giulio Regeni. Al
corteo anche gli studenti di Amatrice, devastata dal
terremoto: "Qui per guardare avanti". Messaggio di
Mattarella: "Comunità internazionale fermi guerre"
dal nostro inviato GIAMPAOLO CADALANU
ASSISI, 09 ottobre
2016
Sul
percorso
della
Marcia
della
pace,
gli
scolaretti
dell'Istituto
comprensivo di Ponte Selcino sono orgogliosi, anche
se un po' intimiditi. "Seguiteci", dice il loro striscione,
"siamo costruttori di pace". Sul loro manifesto ci sono
anche le firme di Sergio Mattarella e di Pietro
Grasso, sottolinea l'insegnante. Alessandro, dieci
anni, spiega che "la marcia serve per restare tutti
uniti". Lo ha capito anche un allievo della prima
media: a 55 anni dalla prima marcia Perugia-Assisi,
una sfida importante per l'universo colorato dei
movimenti è proprio questa, riuscire ad arginare le
passioni, per mantenere un ruolo politico nel Paese.
Perché solo attraverso l'unità si raggiunge l'obiettivo
maggiore: rimettere in moto le idee, far circolare i
valori, ovvero "Vincere l'indifferenza", come recita lo
striscione più grande. In 25 chilometri di percorso
dalla nebbia di Perugia al sole della Rocca di Assisi
c'erano gonfaloni di comuni e rappresentanti di 96
province, bandiere francesi, slogan tedeschi, persino
vessilli stellati dell'Europa. E le insegne di
Rifondazione, di Amnesty, di Emergency, di Libera, di
Music for Peace che raccoglie aiuti per Gaza come
delle organizzazioni dei giornalisti, No Bavaglio,
Articolo 21. Ma c'erano anche facce più variopinte del
solito, fra i gambiani in cerca di asilo ("Il nostro Paese
è schiavo di una dittatura da oltre vent'anni"), un
gruppo nutrito di giovani con la kefiah e ragazze
velate, con il capogruppo che li incita scherzoso:
"Musss...ulmani, avanti!", un giovane sikh con il
turbante, i nigeriani e i maliani accolti a Marliana, gli
afgani delle province di Nangarhar, Laghman,
Parwan, le badanti ucraine che lavorano a Viterbo e
chiedono "che Putin lasci in pace l'Ucraina", perché
"noi vogliamo stare con l'Europa e con il Papa".
L'invito è confermato dallo striscione poco più avanti,
che recita: "Benvenuto, straniero". E' qui il senso
della manifestazione di quest'anno, dice Flavio Lotti,
coordinatore della Tavola della pace e organizzatore
della marcia. "La pace non è qualcosa di astratto, non
è la sola mancanza di guerre. La pace è anche
solidarietà per le tragedie degli altri popoli, la pace è
accoglienza per la gente che fugge dalle tragedie".
Come dice anche Papa Francesco, nel messaggio di
benedizione ai partecipanti, "la guerra distrugge
sempre, e con essa si perde tutto", perché causa
"terribili sofferenze, specialmente ai più deboli". Lo
dice anche il presidente della Repubblica, che chiede
ai giovani di far sentire la loro voce, perché le armi
vengano costrette a tacere: "Fermare le guerre non è
solo possibile, ma è un dovere della comunità
internazionale. Non ci si può rassegnare alle stragi e
alla violenza di Aleppo". Una giovanissima di Lucca
spiega con cartelli variopinti che alla radice c'è un
meccanismo di scambio: "Noi gli vendiamo le armi,
loro si combattono, fuggono, e spesso quando
arrivano trovano le porte chiuse". Padre Alex
Zanotelli, alla messa delle sette, dando il via alla
manifestazione, aveva attaccato la politica militare
europea: "Le armi servono a creare sempre nuove
guerre, dall'Ucraina alla Libia, dal Sud Sudan alla
Somalia, dal Mali allo Yemen, alla Siria, all'Iraq,
all'Afghanistan. Chiedo a tutti di alzare la voce e
gridare il dissenso per questa politica sempre più
armata. Chiedo ai movimenti di unire le forze per
costringere il governo a obbedire alla Costituzione,
2
secondo cui l'Italia ripudia la guerra". L'unico
riferimento alle armi ammesso, qui, è quello delle
note sfrenate di "Kalashnikov", con la voce di Goran
Bregovic, diffuse dagli altoparlanti della macchina
che apre la sfilata. La colonna sonora della giornata è
trasversale, va da Lucio Dalla all'inno di Mameli,
passando attraverso "'O sole mio", perché il messaggio
che deve passare è questo: la pace è patrimonio di
tutti. E' di chi marcia per non dimenticare Giulio
Regeni, il ricercatore italiano assassinato in Egitto,
come dei ragazzi di Amatrice, arrivati a testimoniare
che l'entusiasmo non si ferma, nemmeno dopo il
terremoto e la sofferenza.
Lavoro e Società
La Stranieri Spa vale come la
Fiat: il Pil degli immigrati in
Italia pesa 127 miliardi
Se fossero un'azienda, i "nuovi italiani" sarebbero la
25esima impresa più grande al mondo. Dagli oltre 5
milioni di stranieri arrivano 7 miliardi di Irpef e 11
miliardi di contributi previdenziali: pagano di fatto
640mila pensioni. Tabella: il confronto
di VLADIMIRO POLCHI
ROMA - Gli immigrati
battono la Fiat, o
quasi. Il Pil prodotto
dagli stranieri nel
nostro Paese infatti è
pari a 127 miliardi di
euro, di poco inferiore
al
fatturato
(136
miliardi, per altro
sbilanciati verso gli
Usa)
del
grande
gruppo
automobilistico. Non solo. Se fossero un'azienda, i
"nuovi italiani" sarebbero la 25esima impresa più
grande del mondo. E ancora: il pianeta immigrazione
produce 11 miliardi di contributi previdenziali ogni
anno, 7 miliardi di Irpef e pesa per il 2% sulla spesa
pubblica italiana. Questa è la fotografia scattata
dalla Fondazione Leone Moressa nel suo Rapporto
annuale sull'economia dell'immigrazione (tabella: il
confronto con gli italiani). Nel nostro Paese al 1
gennaio 2016 vivono oltre 5 milioni di stranieri,
ovvero l'8,3% della popolazione totale. Per lo più
giovani: nel 2015, gli italiani in età lavorativa
rappresentano il 63,2%, mentre tra gli stranieri la
quota raggiunge il 78,1%. Gli anziani, invece, sono il
23,4% tra gli italiani e solo il 3% tra gli immigrati.
Importante il loro peso economico. Per capirne
l'ordine di grandezza, i ricercatori della Moressa
ricorrono a un "gioco": il Pil prodotto dagli stranieri
nel 2015 è di 127 miliardi (8,8% del Pil nazionale), di
poco inferiore al fatturato del gruppo FCA (pari a 136
miliardi). Da dove proviene questa ricchezza? Oltre la
metà del "Pil dell'immigrazione" deriva dal settore dei
servizi (50,7%), ma l'incidenza maggiore si registra
nella ristorazione dove gli stranieri producono il 19%
della ricchezza complessiva. Esiste però un problema
di produttività: il Pil degli immigrati in Italia è di
poco superiore a quello del comparto tedesco della
fabbricazione di veicoli. Tuttavia, mentre in questo
caso la produttività per occupato supera i 135mila
euro, nel caso degli stranieri è di poco superiore ai
50mila. Come si spiega? Il 47% degli immigrati è
occupato (contro il 36% della popolazione italiana),
ma nella maggior parte dei casi (66%) si tratta di
lavori a bassa qualifica. Questo si traduce in
differenze di stipendio e reddito molto alte. Solo di
Irpef la differenza procapite tra italiani e stranieri è
di 2 mila euro. Non solo. Nel 2015 le famiglie con
almeno un componente straniero al di sotto della
soglia di povertà erano il 38%, contro il 6% delle
famiglie totali.
Confronto occupazionale italiani e stranieri
ITALIANI
Occupati (15 anni ed oltre)
Incidenza occupati su popolazione totale
Tasso di occupazione (15-64 anni)
Percentuale di occupati a bassa qualifica
Titolo studio medio elevato* occupati
20.105.688
36,0
56,0
30,8
69,3
STRANIERI
2.359.065
47,0
58,9
66,0
55,2
*Diploma superiore/laurea - Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat
Il rapporto si sofferma poi sui benefici economici
dell'immigrazione. Essendo in età prevalentemente
lavorativa, gli stranieri sono soprattutto contribuenti:
nel 2014 i loro contributi previdenziali hanno
raggiunto quota 10,9 miliardi e "si può calcolare che
equivalgono a 640mila pensioni italiane". A questo va
aggiunto il gettito Irpef complessivo versato dagli
immigrati (l'8,7% del totale dei contribuenti) pari a
6,8 miliardi. Molti tra loro poi fanno impresa: nel
2015 si contano 656mila imprenditori immigrati
(principalmente da Marocco, Cina e Romania) e
550mila imprese a conduzione straniera (il 9,1% del
totale). Significativo il trend degli ultimi anni (dal
2011 al 2015): mentre le imprese condotte da italiani
sono diminuite del 2,6%, quelle di immigrati hanno
registrato un incremento del 21,3%. Infine i costi.
L'Italia è il Paese europeo che spende di più per le
pensioni: quasi il 17% del Pil (270 miliardi). Ma oggi
gli extracomunitari pensionati sono circa 71mila e i
comunitari dell'Europa dell'Est circa 25mila. Quindi i
3
pensionati stranieri sono solo 100mila, mentre i
pensionati totali oltre 16 milioni. I settori in cui la
spesa per l'immigrazione è più rilevante sono quelli
del welfare e della sicurezza. I ricercatori della
Moressa calcolano comunque che "il costo degli
stranieri sia inferiore al 2% della spesa pubblica".
Disoccupati, sì al rinnovo del
permesso per attesa occupazione
Dal Ministero dell’Interno nuove indicazioni alle
Questure: “La legge non pone limiti. Per il reddito
si conta anche quello dei familiari”. La circolare
Lo leggo do
Roma – 3 ottobre
2016 - Sono solo
due
paginette,
ma
danno
nuove speranze a
centinaia
di
migliaia di immigrati vittime della crisi economica,
che rischiavano di rimanere senza permesso di
soggiorno. Dopo il pressing dei sindacati, oggi il
ministero dell’Interno ha inviato finalmente alla
Questure chiarimenti fondamentali sui permessi per
attesa occupazione, rilasciati a chi ha perso il posto
di lavoro. Per la prima volta, oltre a sottolineare
ripetutamente che al primo rilascio questi documenti
devono avere una validità minima “non inferiore a un
anno”, un (timido e) indiretto invito a farli durare di
più, il ministero ha detto che alla scadenza quei
permessi possono anche essere rinnovati. La legge,
sottolinea una circolare diramata oggi dalla
Direzione Immigrazione del dipartimento di Pubblica
Sicurezza, “non ha posto limiti all’eventuale
rinnovo”, che è quindi possibile anche “nelle
annualità successive alla prima concessione”. È
un’apertura fondamentale, perché finora quel tipo di
permesso è stato una sorta di ultima spiaggia: a chi
non trovava un nuovo lavoro entro un anno (per le
Questure il tempo minimo è diventata la norma),
veniva negato il rinnovo e quindi il diritto di restare
in Italia. Le Questure, premette il ministero, devono
valutare caso per caso, facendo attenzione ai legami
familiari, al numero di anni passati in Italia e ad
eventuali precedenti penali dell’immigrato. Devono
quindi tenere presente il suo livello di “inclusione
sociale”,
cioè
di
integrazione.
Questo
presumibilmente potrebbe fare la differenza, ad
esempio, sulla durata del permesso. La legge dice poi
che per il rinnovo serve comunque un reddito
minimo
uguale a
quello previsto
per
i
ricongiungimenti, quindi pari almeno all’importo
dell’assegno sociale (meno di seimila euro l’anno)
aumentato della metà per ogni familiare. Per
determinarlo, ricorda la circolare, “si potrà tenere
conto anche del reddito annuo complessivo dei
familiari conviventi con il richiedente”. Quindi, ad
esempio, un disoccupato può rinnovare il permesso
per attesa occupazione se ha una moglie che
lavora. Infine, sempre riguardo all’accertamento del
reddito minimo, il ministero ricorda una recente
sentenza del Consiglio di Stato (qui trovate il testo e
l’articolo che ne parla). Dice che le Questure non
devono limitarsi a valutare quanto ha guadagnato un
immigrato che ha appena trovato un nuovo lavoro,
ma devono fare una previsione su quanto guadagnerà
domani, basandosi su durata, orario e retribuzione
previsti dal contratto di lavoro. Per cogliere
l’enorme importanza di queste nuove indicazioni sui
permessi di soggiorno per attesa occupazione,
conviene dare un’occhiata all’ultimo rapporto sui
"Migranti nel mercato del lavoro in Italia" pubblicato
dal ministero del Lavoro, che nel 2015 ha contato 456
mila immigrati disoccupati. In particolare, tra gli
extraue, c’era un tasso di disoccupazione del 16,7%,
contro l’11,4% registrato tra gli italiani.
Elvio Pasca
Riforma cittadinanza, l’Italia sono
anch’io: "Se non ora, quando?"
Il 13 ottobre in piazza anche la campagna che
raccolse oltre 100 mila firme. “Il Senato non ha
mantenuto le promesse, Grasso calendarizzi la
discussione”
Lo leggo do
Roma
–
11
ottobre 2016 – La
riforma
della
cittadinanza
è
una
promessa
mancata che pesa
sulle spalle di un
milione di figli di
immigrati. Accanto a loro, il 13 ottobre, scenderà in
piazza pure l’Italia sono anch’io, la campagna che ha
raccolto oltre 100 mila firme sotto una proposta di
legge popolare che voleva cambiare le regole per
diventare italiani. “Esattamente un anno fa, il 13
ottobre 2015, la Camera licenziò in prima lettura la
proposta di riforma della legge sulla cittadinanza
n.91/92. Quel giorno sperammo in una rapida
4
discussione e approvazione definitiva della riforma da
parte del Senato. Invece a un anno di distanza non
solo la legge non è stata approvata, ma non è
neanche iniziata la discussione nella competente
Commissione Affari Costituzionali” ricordano oggi le
22 organizzazioni della società civile che hanno
promosso la campagna. Anche lo scorso 1 aprile
(forse la data doveva mettere in allarme, nel corso di
un’audizione in Commissioni Affari Costituzionali in
Senato, l’Italia sono Anch’io aveva chiesto ai senatori
di fare presto. “Le promesse fatte dalla relatrice Lo
Moro (Pd) e dalla Presidente Finocchiaro (Pd)
risultano a tutt'oggi disattese. Allora la Presidente si
impegnò ad avviare la discussione dopo le elezioni
amministrative di giugno. Sono passati 4 mesi ma
della discussione non vediamo l'ombra”. “Il ddl
licenziato dalla Camera non è quello che avremmo
voluto” premettono le organizzazioni, che puntano il
dito, tra le altre cose, contro la scelta di non
prevedere
anche
un
nuovo
percorso
di
naturalizzazioni per gli adulti e contro il requisito
della carta di soggiorno di un genitore per far
scattare lo ius soli. “Tuttavia – aggiungono- la sua
rapida approvazione consentirebbe che circa un
milione di giovani di origine straniera italiani di fatto
lo diventassero anche per legge”. Per questo L'Italia
sono anch'io sostiene la protesta degli Italiani senza
cittadinanza che il 13 ottobre, a Roma e in altre
città italiane, si travestiranno da fantasmi, come
cittadini invisibili. “Le organizzazioni della campagna
L'Italia sono anch'io saranno insieme a loro per
chiedere al Presidente del Senato Pietro Grasso di
attivarsi per calendarizzare al più presto la
discussione della riforma. Se non ora, quando?”
Società
Tassa sul permesso di soggiorno, è
caos prima della nuova sentenza
Si paga o no? "Chi può, aspetti", consigliano i
patronati, in attesa della decisione del Consiglio di
Stato. “Immigrati disorientati e arrabbiati”
Lo leggo do
Roma - 6 ottobre 2016
– Il ballo della tassa sui
permessi di soggiorno
è così vorticoso da far
girar
la
testa. Il
contributo da 80 a 200
euro su rilasci e
rinnovi, giudicato sproporzionato un anno fa dalla
Corte di Giustizia Europea e cancellato dal Tar del
Lazio lo scorso maggio, a metà settembre è stato
reintrodotto in via cautelare dal Consiglio di Stato,
che il 13 ottobre dovrà però decidere se confermare
o no, sempre temporaneamente, quella decisione. Le
Questure, intanto, chiedono i soldi. La situazione si
fa caotica, sia per gli immigrati che per chi li aiuta a
presentare le domande. “Stiamo consigliando a chi
deve rinnovare il permesso di attendere almeno la
prossima settimana, quando si esprimerà il Consiglio
di Stato. Facciamo fare il versamento solo a quelli
che hanno urgenza a presentare la domanda o a farsi
consegnare il permesso dalla Questura” dice a
Stranieriinitalia.it
Pino
Gulia,
responsabile
immigrazione dei patronati Acli, secondo il quale
però molti utenti “sono disorientati, fanno fatica a
capire quello che sta succedendo”. E le Questure
informano? “Hanno messo degli avvisi, ma soprattutto
hanno chiesto a tutte le associazioni del territorio di
informare gli immigrati. I nostri operatori si trovano
però tra l’incudine e il martello, sono loro che hanno
il rapporto diretto con gli utenti, immaginate che
succederebbe se chiudessimo gli sportelli e dicessimo
a tutti di andare a chiedere spiegazioni alle
Questure…”Anche agli sportelli dell'Anolf Cisl di
Milano, la regola è “chi può, aspetti”, come ci
conferma il presidente Maurizio Bove: “Se c’è tempo
è meglio non rischiare di versare la tassa per poi
magari dover chiedere un rimborso se i giudici
decidono di cancellare di nuovo la tassa. I cittadini
stranieri però sono disorientati e arrabbiati,
soprattutto quelli che avevano presentato la
domanda nei mesi scorsi senza pagare e ora devono
fare l’integrazione”. In realtà, sottolinea Bove, la
maggior parte sarebbe pure disposta a pagare un
contributo per il rilascio e il rinnovo del permesso.
“Deve però essere proporzionato, versare 100 euro
per un permesso che dura solo un anno è
un’esagerazione. Se non si abbassano i prezzi almeno
si allunghi la durata dei permessi di soggiorno,
tornando a due o quattro anni come prima della
Bossi-Fini,
così
i
rinnovi sarebbero
meno
frequenti”. Intanto Inca e Cgil, che hanno promosso
il ricorso contro la tassa sul permesso di soggiorno e il
13 ottobre saranno in udienza, continuano la loro
mobilitazione. Dopo Terni, Modena, Arezzo, Bergamo
e altre province italiane, oggi pomeriggio tocca a
Firenze, con un presidio davanti alla prefettura. “I
cittadini stranieri che incontriamo ogni giorno hanno
diritto a un atteggiamento coerente, ad una
normativa chiara e in linea con quanto a loro dovuto
secondo il diritto nazionale ed europeo” scrivono
Maurizio Brotini di Cgil Toscana e Giorgio Cartocci di
Inca Cgil Toscana.“C'è la necessità di far sentire la
voce di tutte queste persone che si affidano a noi con
fiducia e che affianchiamo nelle loro pratiche di
soggiorno. Ci muoveremo perché la nostra voce sia
5
anche la loro voce e lotteremo insieme per superare
questo scoglio e portare avanti i diritti dei lavoratori
e dei cittadini stranieri in Italia. Richieste legittime –
sottolineano Brotini e Cartocci - non si fermano di
fronte ad interlocutori sordi”.
Elvio Pasca
Bonus famiglia, nel Veneto leghista
assegno a tutti gli immigrati
L’aiuto regionale ai nuclei più numerosi è aperto a
chi ha un permesso della durata di almeno un anno.
Altro che i paletti fissati dal governo per bonus bebè
e Sia
Lo leggo do
Roma – 4 ottobre
2016 – Sorprese che
non
ti
aspetti,
almeno
dai
leghisti. In Veneto
da ieri le famiglie
numerose hanno un
piccolo aiuto economico in più: 125 euro per ogni
figlio se i figli sono quattro o più e 900 euro in tutto
in caso di parto trigemellare, nel conto rientrano
tutti i figli a carico con meno di 27 anni. È il bonus
famiglia varato dalla Regione, che per una volta non
discrimina. Tra i requisiti, ci sono infatti la residenza
in Veneto e un Isee non superiore a 25 mila euro, ma
per il resto il bonus è aperto a tutti, immigrati
compresi. Oltre a italiani, comunitari e rifugiati,
possono chiederlo non solo i titolari di permesso Ce
per lungo soggiornanti, la cosiddetta carta di
soggiorno, ma chiunque abbia un normale “permesso
di soggiorno della durata non inferiore ad un anno”. È
una notizia importante, perché il Veneto vivono l’11%
degli stranieri in Italia. E stupisce un po’, visto che la
giunta regionale targata Lega Nord e guidata dal
governatore Luca Zaia si mostra più aperta del
governo centrale e della maggioranza in Parlamento,
che per le prestazioni sociali si ostinano a mettere
paletti anti immigrati. Il caso probabilmente
più odioso è quello del bonus bebè, che la legge di
Stabilità e l’Inps riconoscono agli immigrati solo se
hanno in tasca la carta di soggiorno. Già sei volte i
tribunali hanno
detto
che
questa
è
una
discriminazione contraria alla normativa europea, ma
ad oggi per far valere i propri diritti le neo mamme e
i neo papà stranieri devono per forza trovarsi un
avvocato e rivolgersi a un giudice. Il caso più recente
è invece quello del Sostegno per l’inclusione
Attiva. Bisogna essere infatti lungo soggiornanti pure
per accedere alla nuova carta acquisti per i più
poveri, che a quanto pare per il governo non sono
tutti uguali. In questo caso non si è ancora arrivati in
tribunale, ma il Sia è partito da appena un mese,
probabilmente è solo questione di tempo. EP
Lavoratori delle multinazionali, le
nuove regole in Parlamento
Trasmesso a Camera e Senato lo schema di decreto
legislativo su trasferimenti intra-societari di
manager, lavoratori specializzati e tirocinanti
stranieri. Il testo integrale e le novità principali
Lo
leggo
do
(www.stranieriinitalia.it
) Roma – 5 ottobre 2016
- Ingressi fuori quota,
uno speciale permesso di
soggiorno e la possibilità
di spostarsi in tutta
Europa. Per lavoratori stranieri delle multinazionali
diventerà più semplice e veloce venire a lavorare
nelle filiali italiane. Le novità sono contenute in uno
schema di decreto legislativo approvato dal governo
e trasmesso a fine settembre a Camera e Senato, che
ora dovranno esprimere il loro parere. Il testo vuole
recepire in Italia la direttiva 2014/66/UE sulle
condizioni di ingresso e soggiorno dei dirigenti,
lavoratori specializzati, lavoratori in formazione di
Paesi terzi nell'ambito di trasferimenti intrasocietari. L’impresa potrà far arrivare qui il
lavoratore
appena
ce
n’è
bisogno,
indipendentemente dalle quote e dai tempi dei
decreti flussi, presentando una domanda online di
nulla osta allo sportello unico per l’Immigrazione,
che dovrà rispondere entro 45 giorni. Una procedura
semplificata, e quindi presumibilmente più veloce, è
prevista per le imprese che stipulano protocolli
d’intesa col ministero dell’interno. Una volta qui, i
lavoratori avranno uno speciale permesso di
soggiorno ICT (Intra-corporate transfer), della durata
pari a quella del trasferimento richiesto: massimo tre
anni per manager e lavoratori specializzati, massimo
un anno per i tirocinanti. Indipendentemente alla
durata del permesso, potranno anche portare qui i
familiari con un ricongiungimento. In Italia potranno
arrivare anche i lavoratori che hanno ottenuto un
permesso ICT da un altro stato dell’Unione Europea.
Per soggiorni fino a 90 giorni, basterà una semplice
“dichiarazione di presenza”, mentre per quelli
superiori ai 90 giorni dovranno chiedere un altro
documento (permesso “mobile ICT”) ma potranno già
lavorare in Italia mentre attendono il rilascio. E.P.
Scarica Schema di decreto legislativo recante
attuazione della direttiva 2014/66/UE sulle
6
condizioni di ingresso e soggiorno dei dirigenti,
lavoratori specializzati, lavoratori in formazione di
Paesi terzi nell'ambito di trasferimenti intra-societari
Il testo della direttiva EU 2014/66
Italiani, popolo di migranti:
quasi 5 milioni all'estero
Nell'ultimo anno sono partite più di 100 mila persone.
Il Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione
Migrantes. Mattarella: "Opportunità per i nostri
giovani, vadano all'estero ma tornino anche con
nuove professionalità e conoscenze"
Lo
leggo
do
Roma - Dal 2006 al
2016 la mobilità
italiana
è
aumentata
del
54,9% passando da
poco più di 3
milioni a oltre 4,8
milioni di iscritti all’Aire, l'anagrafe degli italiani
residenti all'estero. Un incremento che, in valore
assoluto, ha riguardato tutti i continenti e tutti gli
Stati soprattutto quelli che, nel mondo, accolgono le
comunità più numerose di italiani come l’Argentina,
la Germania e la Svizzera. Tuttavia le variazioni più
significative degli ultimi 11 anni hanno riguardato la
Spagna (+155,2%) e il Brasile (+151,2%). A scriverlo è
il Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione
Migrantes, presentato questa mattina a Roma. Da
gennaio a dicembre 2015 le iscrizioni all’AIRE sono
state 189.699. Di queste oltre la metà il 56,7% sono
avvenute per solo espatrio. In altri termini,
nell’ultimo anno, 107.529 italiani hanno lasciato il
Paese alla volta dell’estero. Rispetto al 2015 si
registrano 6.232 partenze in più. Il 69,2% (quasi 75
mila italiani) si è trasferito nel Vecchio Continente:
l’Europa, quindi, si conferma essere l’area
continentale maggiormente presa in considerazione
dai trasferimenti degli italiani che vanno oltre
confine. In brusca riduzione, invece, l’America
meridionale (-14,9% di variazione in un anno ovvero
più -2.254 italiani in meno nell’ultimo anno). Stabile
l’America
centro-settentrionale
e
solo
352
connazionali in più in un anno per le altre aree
continentali contemplate dall’AIRE (Asia, Africa,
Australia, Oceania, Antartide). Su 107.529 espatriati
nell’anno 2015, i maschi sono oltre 60 mila (56,1%).
L’analisi per classi di età mostra che la fascia 18-34
anni è la più rappresentativa (36,7%) seguita dai 3549 anni (25,8%). I minori sono il 20,7% (di cui 13.807
mila hanno meno di 10 anni) mentre il 6,2% ha più di
65 anni (di questi 637 hanno più di 85 anni e 1.999
sono tra i 75 e gli 84 anni). Tutte le classi di età sono
in aumento rispetto allo scorso anno tranne gli over
65 anni (erano 7.205 nel 2014 sono 6.572 nel 2015).
Oltre alla riduzione degli italiani che si allontanano
dall’Italia in tarda età occorre sottolineare la loro
specificità di genere: se per tutte le altre classi di
età, infatti, prevalgono i maschi, in questo caso –
complice probabilmente la superiore aspettativa di
vita femminile – le donne, soprattutto di età
superiore agli 85 anni, sono il 62,6% rispetto ai
maschi loro coetanei. Si tratta, probabilmente, di
donne che, dopo un periodo di emigrazione vissuto
all’estero con i mariti e un rientro in Italia dopo la
pensione, rimaste sole alla morte del coniuge,
raggiungono i figli e i nipoti nati, cresciuti e
pienamente inseriti fuori dei confini nazionali. Il
60,2% di chi è andato all’estero nel 2015 è celibe o
nubile, il 33,0% è coniugato. Da gennaio a dicembre
2015, gli italiani sono andati in 199 paesi differenti
partendo da 110 province italiane diverse. La
Lombardia, con 20.088 partenze, e la prima regione
in valore assoluto seguita da una importante novità
ovvero il balzo in avanti del Veneto (10.374) che fa
scendere la Sicilia (9.823) alla terza posizione – era la
seconda nel 2015 – seguita dal Lazio (8.436), dal
Piemonte (8.199) e dall’Emilia Romagna (7.644).
"I flussi migratori che guardano oggi all’Europa e agli
Stati Uniti hanno una portata di durata epocale.
Affrontarli con intelligenza e con visione è necessario
per costruire un mondo migliore con lo sviluppo dei
Paesi di origine. La conoscenza e la cultura hanno un
grande compito: aiutarci a vivere il nostro tempo
cercando di essere costruttori e artefici di uno
sviluppo sostenibile che ponga al centro il valore
della persona umana” ha scritto il il Presidente della
Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio alla
Fondazione Migrantes. Mattarella l' emigrazione
italiana una storia antica, fatta di “sofferenze e di
speranze. Una storia di riscatto sociale, di
straordinarie affermazioni personali e collettive, ma
anche di marginalità patite e di lacerazioni”. E anche
se oggi, rispetto a ieri, partono fasce di età e classi
sociali differenti, "è una grande opportunità, che
dobbiamo favorire, e anzi rendere sempre più
proficua. Che le porte siano aperte è condizione di
sviluppo, di cooperazione, di pace, di giustizia.
Dobbiamo fare in modo che ci sia equilibrio e
circolarità".
"I nostri giovani – conclude il Capo dello Stato devono poter andare liberamente all'estero, così
come devono poter tornare a lavorare in Italia, se lo
desiderano, e riportare nella nostra società le
conoscenze e le professionalità maturate”.
7
L’autunno delle migrazioni
Massimo Livi Bacci, Neodemos
Lo leggo do
Un muro di
un chilometro, pagato dalla
Gran Bretagna, eretto su
terra di Francia, impedirà ai
disgraziati
ospiti
della
Giungla
di
Calais
di
abbordare i camion che
imboccano il tunnel sotto la
Manica. Ecco un bell’esempio
di cooperazione europea sul fronte delle migrazioni!
L’impotenza dell’Europa di fronte alla questione
migratoria – di impotenza politica, si badi bene, si
tratta – è desolante. Intorno al continente c’è un
semicerchio ribollente di guerre, conflitti e tensioni,
dall’Ucraina
alla
Siria, alla
Libia, nutrito
dall’instabilità mediorientale e sub-sahariana. C’è un
processo inarrestabile di globalizzazione, che porta
con se il moltiplicarsi degli scambi umani. C’è la
debolezza demografica dell’Europa – uno dei fattori
della debole crescita – che inevitabilmente attrae
flussi d’immigrazione. Ma i 28 (o 27?) giuocano col
Lego migratorio: un muro qui, un filo spinato là, una
barriera (materiale o giuridica che sia) intorno.
Aspettando che le acque si calmino da sole.
Un
2016
meno
traumatico
del previsto
- Alle soglie
dell’autunno,
il
parziale
consuntivo
proposto
dall’UNHCR
informa che gli sbarchi di migranti via mare (fino al
26 settembre) sono stati 302mila (furono poco più di
un milione nell’intero 2015), 166mila in Grecia,
131mila in Italia e poche migliaia in Spagna. Per
l’Italia (Figura 1) si tratta di un numero all’incirca
invariato rispetto allo stesso periodo dell’anno
precedente, per la Grecia invece gli sbarchi si sono
ridotti di tre quarti in conseguenza dell’accordo con
la Turchia concluso a fine Marzo. In Grecia, la metà
degli arrivi è di provenienza Siriana, per un quarto è
Afghana, per un sesto Irachena. Negli arrivi in Italia,
le provenienze sub-sahariane predominano, e una
piccola minoranza è costituita dagli arrivi dalla Siria
ed altri paesi mediorientali e del subcontinente
indiano. I Nigeriani costituiscono un quinto circa degli
arrivi e un altro quinto è costituito da Eritrei e
Somali, mentre tra il 5 e il 7% si situano i migranti
provenienti da Senegal, Mali, Sudan, Guinea, Costa
d’Avorio, Gambia.
La (non) dichiarazione di Bratislava Il Vertice dei 27 Paesi della UE tenuto a Bratislava (il
28esimo
Paese,
la
Gran
Bretagna,
era
opportunamente
assente)
ha
prodotto
una
dichiarazione all’acqua di rose con alcune righe
imbarazzanti riguardanti “Migrazioni e frontiere
esterne” ed i tre “obbiettivi” da perseguire. Che
sono: 1) “ non consentire mai la ripresa dei flussi
incontrollati
dello
scorso
anno
e
ridurre
ulteriormente il numero dei migranti irregolari”; 2)
“assicurare il pieno controllo delle nostre frontiere
esterne e tornare a Schengen”; 3) “ampliare il
consenso dell’UE sulla politica migratoria a lungo
termine e applicare i principi di responsabilità e
solidarietà”. Certo, non si può dissentire da questi
obbiettivi, ma le “misure concrete” che la
dichiarazione si propone – per il primo punto,
sostenere il patto con la Turchia, rafforzare il confine
esterno della Bulgaria e “continuare a sostenere gli
altri Stati in prima linea” – anziché concrete
appaiono parecchio generiche. Il “tornare a
Schengen” del secondo punto suona paradossale: è
vero che i 27 stanno pian piano erodendo Schengen,
ma non ne siamo ancora “usciti” come sembra dare
per acquisito la dichiarazione. Paradossale è anche il
terzo punto: non passa giorno senza che emergano
nuovi motivi di dissidio tra i 27 e quindi anziché
“ampliare il consenso” [sulla politica migratoria]
sarebbe già positivo riuscire a “frenare il crescente
dissenso”. L’unico strumento concreto proposto, e
davvero essenziale – la stipulazione di “patti sulla
migrazione per la cooperazione e il dialogo con i
paesi terzi volti alla riduzione dei flussi di migrazione
illegale e all’aumento dei tassi di rimpatrio” – è per
ora lettera quasi morta. Molto si parla di un
“migration compact” con i Paesi Africani che coniughi
aiuto allo sviluppo col governo dei flussi, ma non è
dato di vedere né la volontà politica né le risorse per
metterlo in atto.
I muri crescono e si allungano…
E’ una storia giornaliera: del muro di Calais, si è
detto. Non ci sorprendono più i muri e le barriere ai
confini esterni della UE: dopo quelli “storici” attorno
a Ceuta e Melilla in Marocco, o tra Grecia e Turchia,
altri se ne costruiscono o si pianificano: Viktor Orban
ha annunciato che occorre rafforzare la barriera di 4
metri di altezza lungo il confine con la Serbia,
costruendo un’altra barriera parallela; la Bulgaria ha
in costruzione una barriera di 146 chilometri alla
frontiera con la Turchia; Estonia, Lettonia e Lituania
erigeranno una barriera di 400 chilometri con la
Russia. Perfino Norvegia e Finlandia vogliono
rafforzare alcuni tratti del confine con la Russia. La
8
Polonia guarda con apprensione ai 500 chilometri di
confine con l’Ucraina.
Ciò che sconcerta – e offende – è la costruzione di
muri all’interno dell’Europa e dello stesso spazio
Schengen: tra Slovenia e Croazia, tra Croazia e
Ungheria; tra Romania e Ungheria (in alcuni tratti).
Sono, questi, colpi pesanti di piccone al pilastro
centrale della costruzione europea, che sancisce la
libera circolazione all’interno del suo spazio. Meno
scandaloso, ma tuttavia preoccupante, è l’uso della
sospensione del libero transito – pur contemplata da
Schengen ma solo in casi eccezionali – tra Belgio e
Francia, tra Austria e Slovenia, tra Germania e
Austria.
Mesi difficili per la politica La questione migratoria è politicamente un tizzone
rovente, Paradossalmente lo è anche per gli
xenofobi, le cui posizioni oltreché sciagurate, sono
spesso grottesche e controproducenti. I leader
tengono la guardia alta, in attesa delle elezioni: negli
Stati Uniti, in Francia, in Germania. Il 25 Settembre
gli Svizzeri del Canton Ticino hanno votato, in grande
maggioranza,
per
mettere
un
freno
agli
(indispensabili) frontalieri, per lo più cugini lombardi.
Il 2 Ottobre, la schiacciante maggioranza dei votanti
ungheresi ha respinto l’ipotesi di una qualsiasi
redistribuzione dei rifugiati operata dalla UE (“Volete
che l’Unione Europea abbia il potere di decretare
l’insediamento coattivo di cittadini non Ungheresi in
territorio d’Ungheria senza il consenso del
Parlamento?”: il 98% ha votato No). Per fortuna il
referendum non ha raggiunto il quorum del 50% dei
votanti, ma il risultato varrà ad introdurre una
riforma nel senso voluto dal Governo con altri
strumenti legislativi. E’ un No ad ogni condivisione
dell’onere dei rifugiati, e un No alla solidarietà tra
paesi europei. Il Gruppo di Visegrad (Polonia,
Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) condivide in
tutto e per tutto le opinioni di Orban, e si trovano
d’accordo con lui, oltre al collega Polacco, uomo di
destra, anche i due leader socialdemocratici Ceco e
Slovacco. In Gran Bretagna, Theresa May (che da
ministro dell’interno ha promosso una politica
restrittiva) si appresta a negoziare con la UE
un’intesa basate su massime dosi di libero mercato e
minime dosi di libera circolazione. La Spagna si lecca
ancora le ferite di una sconsiderata politica
migratoria che ha alimentato la bolla speculativa
immobiliare, e si rallegra che i flussi migratori
dall’Africa si riversino sull’Italia. Solo la Merkel
“giganteggia”, nonostante le sconfitte nelle elezioni
parziali, e propone accordi con l’Egitto ed altri paesi
Africani in linea con quello con la Turchia. Accordi
sgradevoli per i regimi in carica, ma che potrebbero
includere robuste dosi di garanzie per quanto
riguarda la tutela dei diritti umani, con la
cooperazione degli organismi internazionali (l’Unione
Africana, che conta poco, ma è ancora un rilevante
simbolo; le Nazioni Unite con le sue Agenzie
specializzate; la UE, le maggiori ONG) .
Approfondimenti
Valutazione sui contenuti della
circolare del Viminale su rinnovo del
pds per attesa occupazione
A cura del Dipartimento Politiche Migratorie UIL
La circolare dello
scorso 3 ottobre
del
Ministero
dell’Interno,
rappresenta
un
notevole passo in
avanti
nella
vertenza
aperta
dal
sindacato
confederale, negli ultimi tre anni, nei confronti del
Governo. L’obiettivo di Cgil, Cisl, Uil era ed è avere
strumenti
normativi
chiari
per
combattere
l’arbitrarietà in atto in alcune questure italiane, al
momento del rinnovo del permesso di soggiorno a
cittadini stranieri. In particolare
quando questi
lavoratori abbiano perso il posto di lavoro a causa
della crisi e non riescano a procurarsene un altro
regolare, entro i 12 mesi di durata del “permesso per
attesa occupazione” (art 22, comma 11 del dlgs
286/98, aggiornato dalla legge 28 giugno 2012, n.
92). Come abbiamo avuto modo di rappresentare più
volte alle autorità ed ai rappresentanti governativi,
la crisi economica ha prodotto gravi danni
all’occupazione etnica nel nostro Paese. Dal 2008
sono tantissimi gli stranieri che hanno perso il lavoro
e non sono riusciti a trovarne uno nuovo entro l’anno
di durata concessa dallo Stato italiano per trovare
una nuova occupazione. Come risultato, una parte di
loro ha dovuto abbandonare l’Italia per cercare
lavoro all’estero. La maggior parte, però, è finita
nella trappola del lavoro sommerso, un tunnel da cui
è difficilissimo uscire ed in cui vengono negati i diritti
fondamentali, civili e del lavoro. Secondo stime,
sarebbero oltre 500 mila gli stranieri costretti al
lavoro informale, mentre oltre 100 mila verserebbero
in condizioni di grave sfruttamento. Per combattere
questa piaga, non mancano le norme europee ed
italiane. Attualmente è in discussione al senato una
nuova legge che punisce severamente ogni forma di
caporalato. Anche la direttiva 52/2009/UE va nella
stessa direzione. Infine è in fase di ratifica nel nostro
9
parlamento il protocollo n. 29 dell’OIL che aggiorna
la legge del 1930 contro il lavoro forzato. Quello che
scarseggia in effetti è una attività di vero ed efficace
controllo sul territorio. Secondo dati forniti dal
Ministero dell’Interno e da Istat, tra il 2011 ed il 2014
(ultimi disponibili), ben 729 mila permessi di
soggiorno non sono stati rinnovati, di cui 324 mila per
motivi di lavoro. La crisi economica ha portato il
tasso di disoccupazione dei lavoratori e delle
lavoratrici immigrati/e a sfiorare il 17% (contro il 12%
dei lavoratori/trici italiani/e), con oltre 500 mila
stranieri disoccupati ed 1,2 milioni di inattivi.
Ancora: tra il 2007 ed il 2014 oltre 700 mila stranieri
hanno abbandonato l’Italia cercando lavoro in altri
Paesi o ritornando in Patria. Più volte abbiamo
chiesto al Governo di cambiare l’art. 22 comma 11
del Testo Unico Immigrazione (TUI) e di portare a due
anni la durata minima del permesso per attesa
occupazione, attivando nel contempo strumenti
concreti di politica attiva volta al reinserimento dei
lavoratori che avevano perso il lavoro, combattendo
in parallelo il lavoro nero ed i gravi casi di
sfruttamento di italiani e stranieri. Su questo piano
abbiamo anche organizzato una vasta mobilitazione
nei territori, culminata lo scorso 28 giugno con una
giornata di presidi davanti alle Prefetture,
mobilitazione che ha toccato oltre 70 città italiane al
Nord, Centro e Sud del nostro Paese. Nel corso di un
incontro realizzato lo scorso 21 settembre, tra Cgil,
Cisl, Uil ed i sottosegretari di Stato del Ministero
dell’Interno, Domenico Manzione, e del Ministero del
Lavoro, On. Franca Biondelli, abbiamo fatto rilevare
come il comportamento rigido di alcune importanti
questure, portava al rifiuto di rinnovo del permesso
di soggiorno di moltissimi stranieri, con la
conseguenza che famiglie presenti in Italia da lungo
tempo, bene integrate e con figli minori, erano
lasciate alla triste alternativa di dover abbandonare il
Paese alla ricerca di un futuro in un altro Stato,
oppure finire nel magma dell’economia sommersa,
dove cessano i diritti civili e sindacali e da cui è
molto difficile uscire. Il Governo ha mostrato di
essere molto sensibile alle richieste sindacali, pur
rilevando che la difficile congiuntura politica rendeva
quasi impossibile una modifica legislativa delle
norme. In cambio è stata offerta la disponibilità di
predisporre una circolare più esplicita e chiara sulla
possibilità che il permesso di soggiorno per attesa
occupazione possa essere rinnovato anche dopo il
primo anno di utilizzo. Nella circolare emessa dal
Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Direzione
Centrale dell’Immigrazione, e rivolta alle questure, si
comincia con il precisare che “in forza del novellato
art. 22 comma 11 del T.U.I. il lavoratore straniero
regolare che perde il lavoro… può essere iscritto
nelle liste di collocamento ….per un periodo non
inferiore ad un anno, ovvero per tutto il periodo
di durata della prestazione di sostegno al
reddito….qualora superiore”. “La norma….nel
prevedere un termine di durata di validità minima
del pds per attesa occupazione, non ha posto
limiti
all’eventuale
rinnovo
del
titolo
autorizzatorio conferito…. rendendo possibile
….anche il successivo rinnovo delle annualità
successive alla prima concessione”. In effetti il
Viminale precisa alle questure il dovere di rinnovare
il permesso a determinate condizioni. Quali sono? E’
necessaria da parte delle autorità preposte la
valutazione di ogni singolo caso “compendiata anche
dall’esame della relativa inclusione sociale”.
Le autorità – dice la circolare – “dovranno tener
conto delle previsioni di carattere generale sancite
nel TUI, art. 5, commi 5, 5 bis, 6 e articolo 28”. Cosa
dicono queste norme? L’art. 5 dice che – nella
decisione da prendere – bisogna “tener conto della
natura e della effettività dei vincoli familiari
dell’interessato, dei legami con il Paese d’origine,
nonché della durata del suo soggiorno sul
territorio nazionale”. L’art. 5 bis fa riferimento ad
eventuali condanne subite dallo straniero interessato,
specie reati gravi come gli articoli 380, commi 1 e 2
e 407, comma 2 lettera a. L’art. 6 fa riferimento alla
possibile esistenza di condizioni per un permesso
umanitario. Mentre l’art. 28 fa riferimento al diritto
all’unità familiare, specie in presenza di minori.
Nella decisione da prendere, dunque, le questure
dovranno tener conto di tutti i fattori che
condizionano la presenza dello straniero sul nostro
territorio. Dovranno dunque ponderare con molta
attenzione l’eventuale decisione di rifiutare il
rinnovo del permesso. La circolare fa anche
riferimento all’ultima parte del comma 11, dell’art.
22 del TUI, in cui il Legislatore ha voluto chiarire che
ai fini del rinnovo del Pds per attesa occupazione,
trovano applicazione i requisiti reddituali già
considerati nel TUI. Per la circolare dunque “ai fini
della determinazione del reddito, si potrà tener
conto anche del reddito annuo complessivo dei
familiari conviventi del richiedente”. Consideriamo
i contenuti di questa circolare un passo in avanti, che
va però accompagnato da maggiori e concrete
politiche attive di reinserimento lavorativo e
effettive politiche di contrasto al lavoro nero ed alle
gravi forme di sfruttamento. Rimandiamo in un
prossimo futuro alla necessità ed urgenza di una
riforma della legge Bossi – Fini ormai totalmente
inadeguata a rispondere ai grandi cambiamenti del
quadro migratorio nel nostro Paese. Ringraziamo i
Sottosegretari Biondelli e Manzione per la
disponibilità dimostrata e la qualità del lavoro.
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