L`ONU rifiuta di proteggere i civili e facilita i crimini di guerra

Download Report

Transcript L`ONU rifiuta di proteggere i civili e facilita i crimini di guerra

L'Indro - L'approfondimento quotidiano indipendente

Politica > News

Sud Sudan: ONU accusato di crimini di guerra | 1 venerdì 14 ottobre 2016, 17:00

Peace Keeping in Sud Sudan

Sud Sudan: ONU accusato di crimini di guerra

La condotta dei Caschi blu è complice dei warlord sudanesi che martoriano il Paese di Fulvio Beltrami

Il 5 ottobre 2016 l’ex Premier portoghese ed ex Alto Commissario per i Rifugiati, Antonio Guterres, è stato nominato Segretario Generale delle Nazioni Unite. Il suo mandato entrerà in vigore dal 1° gennaio 2017. L’attuale Segretario Generale, Ban Ki-moon, terminerà il suo mandato il 31 dicembre. Sono giunte diverse approvazioni sulla scelta compiuta e tanti elogi al suo predecessore. Guterres e Ban Ki-moon nascondono un terribile segreto che vari media occidentali (italiani compresi) si sono ben guardati dal rivelare. Nel luglio 2016 Caschi Blu della UNMISS hanno rifiutato di aiutare civili in fuga dalla guerra verso la base delle Nazioni Unite a Juba. A rivelarlo sono tre fonti di tutto rispetto:

Center for Civilians in Conflict (CIVIC) , Human Right Watch

e

Associated Press

. Le tre indagini, condotte separatamente sulla base di 80 testimonianze oculari (tra cui 21 fornite da ufficiali ONU), foto e video, denunciano dettagliatamente i soldati

della missione di pace UNMISS di non aver soccorso migliaia di civili espatriati e sud sudanesi durante la terribile battaglia di Juba

avvenuta venerdì 1o luglio 2016 dove le milizie del ex Presidente Salva Kiir si sono scontrate con le milizie del ex vice Presidente Rieck Machar. Il bilancio degli scontri avvenuti presso la capitale del Sud Sudan, offerto dalla società civile parla di oltre 3000 morti tra i civili. Dati ancora provvisori a distanza di tre mesi in quanto le forze governative dopo aver ripreso il controllo della capitale avrebbero bruciato centinaia di corpi rendendo impossibile il riconoscimento della loro identità e il calcolo esatto delle vittime. Il mancato soccorso ai civili espatriati e sud sudanesi da parte della UNMISS è stato aggravato dal uso della forza da parte dei caschi blu per disperdere le migliaia di civili che imploravano di entrare all’interno della base militare ONU a Juba e dalle inaudite violenze commesse dalle milizie di Salva Kiir contro gli espatriati facilitate dal mancato intervento militare dei caschi blu. La cronistoria degli avvenimenti è agghiacciante. Alle 15 del 1o luglio la base militare ONU a Juba riceve varie notifiche per SMS e Whatsup di operatori umanitari aggrediti dalle milizie del ex presidente Salva Kiir. Le notifiche terminano tutte con richieste esplicite di intervento militare secondo quanto riportato da un ufficiale ONU ad 'Associated Press'. Il comando UNMISS non ordina operazioni

di salvataggio nonostante che a Juba vi siano presenti 2.500 soldati e 350 poliziotti ben armati ed addestrati

appartenenti ai contingenti inviati da Etiopia, Cina e Nepal. L’unica preoccupazione della UNMISS è quella di proteggere i suoi 930 dipendenti civili. Alle 3.37 giunge una richiesta ufficiale da Washington di intervenire in difesa degli operatori umanitari, che viene completamente ignorata. L’Ambasciata americana a Juba non ha forze sufficienti per intervenire militarmente essendoci solo 40 marines in difesa della rappresentanza diplomatica. Mentre i soldati ONU non si muovano dalle loro caserme diversi operatori umanitari, tra cui due americani, vengono derubati e picchiati selvaggiamente.

Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/onu-rifiuta-di-proteggere-i-civili-e-facilita-i-crimini-di-guerra/ L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l.

Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati.

L'Indro - L'approfondimento quotidiano indipendente

Politica > News

Sud Sudan: ONU accusato di crimini di guerra | 2 Alcuni di essi subiscono delle finte esecuzioni. Sei donne di diverse nazionalità vengono stuprate. Un giornalista sud sudanese brutalmente assassinato a colpi di baionetta. Alle 4.20 pomeridiane la battaglia tra i due gli eserciti si intensifica, coinvolgendo altre zone del Paese. Verso le 5 di sera circa 5.000 civili terrorizzati si riuniscono davanti alla base militare della UNMISS: Tongping, unico posto considerato sicuro in tutta la capitale. Chiedono di entrare per non essere massacrati come cani dalle fazioni belligeranti. I combattimenti si stanno consumando a 1 km dalla base ONU con intensi scambi di artiglieria e assalti di fanteria. A 800 metri dalla base già giacciono decine di corpi di civili orrendamente trucidati. La folla è in panico, prega i soldati di guardia sulle torrette di poter entrare. Al loro silenzio la folla terrorizzata si accalca all’entrata nel disperato tentativo di sfondare il portone per entrare e salvarsi. Tra essi molte donne con i loro neonati, anziani e alcuni infermi. Dopo circa mezz’ora le postazioni di difesa della base ONU vengono rinforzate da altri caschi blu e viene impartito l’orrendo ordine: disperdere la folla con la forza per impedire che entri.

Mentre i combattimenti si avvicinano sempre più alla base militare ONU mettendo in serio pericolo le vite di migliaia di civili, i caschi blu sparano in aria vari colpi e lanciano decine di gas lacrimogeni. I migliaia di civili, terrorizzati e semi asfissiati dai gas, fuggono in tutte le direzioni. Alcuni vengono calpestati dalla folla in fuga, altri abbattuti dai miliziani delle opposte fazioni poco lontano dalla base militare ONU impegnati nell’orribile tiro a segno sui civili. Alcune donne saranno stuprate e successivamente sventrate a 400 metri dalla base militare ONU, successivamente attaccata dalle milizie leali al Warlord Salva Kiir che dal 2015 occupa illegalmente la Presidenza avendo annullato le elezioni. I caschi blu si trovano in estrema difficoltà nella difesa della base in quanto il contingente cinese abbandona le posizioni difensive. I soldati cinesi rinunciano di combattere e abbandonano sul posto armi e munizioni. Nella disonorevole fuga due soldati cinesi vengono uccisi e sei feriti.

Quello che resta dei caschi blu non riesce più a sostenere il fuoco intenso degli attaccanti. La base è sotto tiro di artiglieria.

Duemila civili rifugiatesi all’interno della base qualche giorno prima dell’inizio degli scontri sono terrorizzati vedendo la maggioranza dei caschi blu (cinesi) fuggire lasciandoli alla mercé dei miliziani Dinka assetati di sangue. La distruzione della base e la strage di civili viene evitata da una telefonata ricevuta dal ex presidente Salva Kiir. La telefonata proviene da Pechino, suo principale alleato politico e militare. Kiir immediatamente ordina alle sue truppe di cessare l’attacco alla base ONU e di ritirarsi. CIVIC afferma che la mancata assistenza ai civili ha causato la morte di molti di essi. I caschi blu hanno letteralmente rifiutato di rispettare il Capitolo Sette del loro mandato che li autorizza a difendere i civili in evidente pericolo di morte ingaggiando combattimenti con le forze attaccanti. Il Capitolo Sette è la pietra miliare di ogni missione di pace ONU. Il rapporto di CIVIC fornisce dettagli ancora più preoccupanti che confermano le gravi responsabilità delle Nazioni Unite. «All’esterno della base militare ONU, i civili, compresi molte donne in

cinta e neonati, erano in evidente pericolo di morte. I soldati SPLA fedeli al presidente Salva Kiir stavano entrando in ogni casa del quartiere massacrando tutti gli abitanti senza pietà. La situazione era drammatica e il mancato rispetto del Capitolo

Sette rappresenta un grave reato» afferma un responsabile del CIVIC. Nei giorni successivi almeno 800 tra i 5000 civili che

avevano tentato di trovare rifugio nella base ONU verranno massacrati. Le donne saranno vittime di inaudite violenze sessuali. Per le strade verranno raccolti corpi sventrati di donne in cinta con il feto accanto. Le rivelazioni di CIVIC hanno creato un forte imbarazzo al Segretario Generale uscente Ban Ki-moon e a quello entrante Antonio Guterres. «Durante il

conflitto avvenuto a Juba entrambe le parti hanno inflitto ai civili atrocità inaudite e la UNMISS è stata incapace di rispondere

adeguatamente in difesa della popolazione inerme» recita il rapporto CIVIC che ufficialmente ha chiesto al Segretario

Generale Ban Ki-moon di aprire una indagine e di portare davanti alla giustizia i responsabili militari e civili

ONU presenti nella base e responsabili della violazione del Capitolo Sette. Quali sono state le immediate reazioni delle Nazioni Unite? Nessun comunicato ufficiale sulla tragedia. Silenzio più assoluto e controinformazione per nascondere l’accaduto. Nei giorni successivi agli avvenimenti il dipartimento delle pubbliche relazioni ONU dirama comunicati ai media ad esso collegati che evidenziano il ruolo dei caschi blu in Juba nella difesa dei civili. Articoli successivamente diramati da alcuni media occidentali. In questi articoli si fa riferimento ai 2000 civili presenti all’interno della base ma non ai 5.000 che disperatamente cercavano di entrare. Nessun riferimento all’uso della forza per disperderli e alla fuga scomposta dei soldati cinesi. Nessun accenno agli espatriati lasciati alla mercé dei miliziani. L’unica notizia ufficiale parla in maniera assai generica di un attacco alla base militare ONU. Si è assistito ad una clamorosa operazione di 'Cover Up' con la complicità di vari media occidentali tra cui quelli italiani. Il muro di omertà attorno ai crimini di guerra commessi dai caschi blu ONU viene infranto dall'Ambasciatrice americana presso le Nazioni Unite: Samantha Power che ufficialmente denuncia la UNMISS di mancata protezione dei civili contribuendo così alla morte di migliaia di persone. Il duro attacco della Power incoraggia vari quotidiani anglosassoni a pubblicare dettagliati articoli sugli orribili avvenimenti e sulle responsabilità ONU. «Le accuse rivolte alla UNMISS di non essere intervenuta a proteggere i civili sono fonte di viva

preoccupazione per il Segretario Generale delle Nazioni Unite e sarà immediatamente aperta una indagine»

dichiara un portavoce di Ban Ki-moon. Fallita la vergognosa operazione di Cover Up le Nazioni Unite cercano di giustificarsi accusando i due Signori della Guerra (Salva Kiir e Rieck Machar) di aver impedito l’intervento dei caschi blu, ricordando che tre di essi sono stati uccisi e vari altri feriti durante l’attacco alla base militare di Juba. Una linea di difesa giudicata insufficiente da parte delle vittime americane intenzionate a denunciare la UNMISS per mancato soccorso. La Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/onu-rifiuta-di-proteggere-i-civili-e-facilita-i-crimini-di-guerra/ L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l.

Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati.

L'Indro - L'approfondimento quotidiano indipendente

Politica > News

Sud Sudan: ONU accusato di crimini di guerra | 3 mancata protezione dei civili è destinata ad aprire un serio dibattito in Africa dove sono presenti circa 60.000 caschi blu impegnati in diverse operazioni di pace in vari Paesi tra i quali: Repubblica Centrafricana, Burundi, Congo, Sud Sudan, Sudan, Mali. Montagne di prove sono state raccolte fin dal 2002 sui crimini commessi dai caschi blu in questi Paesi devastati da guerre civili. Mancata protezione dei civili, favorimento di una delle parti belligeranti, vendita di armi, favorimento della prostituzione minorile, traffico di oro, diamanti e coltan. In Sudan la missione di pace ONU dal 2006 al 2010 ha prodotto rapporti di violazioni dei diritti umani commessi nel Darfur dal governo di Khartoum, sulla base di testimonianze vaghe e a volte inattendibili, con il chiaro intento di rafforzare l’indagine della Corte Penale Internazionale contro il presidente Omar El Bashir caratterizzata da una assoluta mancanza di prove certe e corruzione di testimoni bufera mediatica. Nessun rapporto delle indagini è stato mai pubblicato rendendo impossibile conoscere i colpevoli e i . Il fattore comune di tutte questi reati è la totale immunità sui crimini commessi. Le varie indagini sono state aperte dalle Nazioni Unite solo dopo l’interessamento dei media occidentali e sistematicamente deragliate su binari morti dopo la provvedimenti giuridici contro di essi. In tutta la vicenda rimane un lato oscuro che persino gli Stati Uniti non hanno voluto discutere. Perché i miliziani del Warlord Salva Kiir hanno attaccato la base ONU a Juba? Alcune fonti semiufficiali affermano che l’obiettivo era quello di trucidare i 2000 civili presenti all’interno. Fonti della società civile e militari ugandesi aggiungono un inquietante elemento: all’interno della base ONU si era rifugiato il leader ribelle Rieck Machar. Il vero obiettivo delle milizie di Kiir era di entrare nella base per assassinarlo. Agli inizi di agosto giunge la notizia, (confermata dal governo sudanese) che Rieck Machar si trova a Khartoum, in una ‘safe house’, sotto protezione sudanese, dopo essere stato dismesso da un ospedale della capitale. Machar era stato ricoverato il 24 luglio per gravi ferite riportate durante la battaglia di Juba o immediatamente dopo. Come è giunto il leader ribelle a Khartoum? Grazie all’aiuto dei caschi blu dei contingenti ONU. L’operazione di salvataggio di Machar sarebbe stata concordata tra il Governo di Khartoum e il Palazzo di Vetro a New York utilizzando le due missioni di pace ONU in Sud Sudan (UNMISS) e Congo (MONUSCO). Dopo la battaglia di Juba (01 luglio) e l'offensiva militare delle forze governative fedeli al ex Presidente Kiir, Machar è fuggito da Juba rifugiandosi in una zona al confine con il Congo, controllata dalle truppe rimaste fedeli, per poter preparare un'offensiva con l’obiettivo di distruggere il suo rivale. L'offensiva è abortita, causa la profonda divisione creata all’interno dell’opposizione armata SPLA-IO. L’opposizione si è spaccata in due: i sostenitori di Machar e quelli del leader Taban Deng Gai, nominato dal Generale Kiir, Primo Vice Presidente al posto di Machar. Il terremoto politico all’interno della opposizione ha seriamente compromesso la leadership del Generale Machar e impedito, al momento, di continuare il confitto contro il regime di Juba. Verso il 15 luglio il Generale Machar si è arreso all’evidenza che Deng Gai (considerato come traditore dell’opposizione) era riuscito a isolare il leader del SPLA-IO privandolo del 60% delle forze militari disponibili. In evidente pericolo di vita il Generale Machar decide di fuggire dal Paese. La fuga è stata possibile grazie al diretto intervento dei Caschi Blu UNMISS. Un elicottero trasporto truppe dell'ONU, il 17 luglio, ha trasportato Machar in una località segreta nella Repubblica Democratica del Congo affidandolo ai Caschi Blu della MONUSCO, incaricati della sua protezione. Il 24 luglio Machar viene trasportato dalla MONUSCO a Khartoum causa gravi condizioni di salute, venendo immediatamente ospedalizzato. Mercoledì 5 ottobre il Warlord Rieck Machar, ristabilita la sua salute, ha ufficialmente dichiarato la fine degli accordi di pace firmati nell’agosto 2015 e la ripresa del conflitto. Machar ha lanciato un appello ai sud sudanesi (diaspora compresa) di unirsi al suo esercito di 'liberazione' per abbattere il suo rivale Salva Kiir secondo quanto riferisce il settimanale The East African . In un comunicato congiunto, Unione Europea, Norvegia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Etiopia, Kenya, Sudan e Uganda, hanno duramente condannato la ripresa del conflitto dichiarata da Rieck Machar. «la ripresa del conflitto non aiuterà a risolvere la crisi politica del Sud Sudan. Aumenterà le sofferenza dei cittadini sud sudanesi, porterà ad una grave crisi umanitaria e inasprirà le già esistenti tensioni etniche», recita il comunicato. Purtroppo, ad esclusione della Norvegia, gli stessi Paesi firmatari del comunicato congiunto stanno proteggendo le truppe di Rieck Machar che si sono rifugiate all’est del Congo. La presenza delle milizie di Machar nell’est del Congo è stata segnalata dalla giornalista italiana Ludovica Iaccino sul IBTimes UK. Il governo di Kinshasa, intento a reprimere duramente la popolazione contraria al terzo mandato del Presidente Joseph Kabila, ha chiesto alle Nazioni Unite e al contingente militare MONUSCO di aiutare l’esercito congolese a respingere oltre frontiera i miliziani di Rieck Machar. La richiesta fa seguito alle manifestazioni popolari avvenute la scorsa settimana nella provincia del Nord Kivu contro la presenza di queste truppe straniere che starebbero già iniziando a commettere crimini contro i civili. Violenze che al momento si limiterebbero a furti di derrate alimentari e soldi. Kinshasa teme che la presenza delle truppe di Machar possa portare allo scoppio di un conflitto tra il Congo e il Sud Sudan. Non è un caso che la richiesta è stata rivolta alle Nazioni Unite e alla MONUSCO. Il governo congolese conosce nei dettagli l’operazione di salvataggio del signore della guerra Rieck Machar e delle sue forze rimaste fedeli avvenuto in territorio congolese. Ora chiede al ONU di risolvere questo grave pericolo di sicurezza da esso creato in una provincia già vittima di operazioni genocidarie attuate dai terroristi ruandesi delle FDLR. La MONUSCO ha pubblicamente dichiarato che sta lavorando per identificare una soluzione che permetta di spostare le truppe di Machar in un Paese “terzo” non specificato. La dichiarazione implica indirettamente il coinvolgimento della missione ONU in Congo con le milizie di Machar. Stati Uniti e Gran Bretagna tentano di minimizzare il pericolo di instabilità creato dalle Nazioni Unite nel est del Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/onu-rifiuta-di-proteggere-i-civili-e-facilita-i-crimini-di-guerra/ L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l.

Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati.

L'Indro - L'approfondimento quotidiano indipendente

Politica > News

Sud Sudan: ONU accusato di crimini di guerra | 4 Congo, attraverso l’intervento di Phil Clark professore di politica internazionale presso l’Università di Soas a Londra. «La

presenza delle milizie di Rieck Machar all’est della Repubblica Democratica del Congo rappresenta un debole pericolo di sicurezza. Sono state già disarmate e sono sotto sorveglianza delle Nazioni Unite. Non conoscono il territorio, non hanno interessi economici o alleanze politiche. È assai improbabile che possano rappresentare un pericolo di sicurezza per il

Congo» afferma Clark in una intervista rilasciata al 'IBTimes UK'. Clark ci fornisce una importante notizia: la MONUSCO è in

un qualche modo coinvolta nella presenza delle milizie di Machar in Congo. Secondo lui sarebbero sotto il suo monitoraggio.

Notizie a cui la MONUSCO ha preferito non fare commenti. Silenzio assoluto anche dai Paesi africani coinvolti nel conflitto sud sudanese e firmatari del comunicato congiunto di condanna contro Machar. Un comunicato assai discutibile in quanto la condanna al signore della guerra è parallela al supporto finanziario e militare offerto a Machar da queste potenze regionali e internazionali. Quale sarebbe il Paese “terzo”? Perché spostare i miliziani di Machar in un altro luogo permettendo loro di continuare le azioni belliche? Perché non disarmarli ed arrestarli per impedire il proseguo della guerra in Sud Sudan?

Domande che implicano difficili risposte. La mancata difesa dei civili espatriati e sud sudanesi avvenuta durante la battaglia di Juba è una norma nell’est del Congo, dove si conta la presenza di 14.000 soldati MONUSCO da 14 anni con budget annuale di 1,4 miliardi di dollari. L’ultima pesante accusa proviene dalla società civile del Nord Kivu. I caschi blu in Congo dal 2015 non starebbero proteggendo i civili della etnia Nande vittime di massacri inauditi e tentativo organizzato di genocidio.

Le testimonianze e le prove raccolte dalla società civile del Nord Kivu hanno creato forte imbarazzo alle Nazioni Unite. Il

Palazzo di Vetro sembra aver adottato la stessa tattica di cover up attuata per il mancato rispetto del Capitolo

Sette in Sud Sudan, evitando commenti e agendo tramite lobby interne affinché i media occidentali non diano troppo risalto alle accuse formulate dalla società civile del Nord Kivu. La missione di pace in Sud Sudan è stata accusata di sostenere la fazione di Rieck Machar fin dall’inizio del conflitto (2013). Il 7 marzo 2014 l’esercito ugandese intercettò un convoglio umanitario ONU scortato dai caschi blu e diretto a Bentiu, località tenuta dalle milizie di Machar. All’interno dei camion furono scoperte armi in quantità impressionante. All’epoca non si registrarono commenti da parte della UNIMISS. Ban Ki-moon e Guterres verranno osannati dai media occidentali, il primo per il suo operato come Segretario Generale, il secondo per il suo operato presso UNHCR. Qualche giornalista porrà loro domande sul mancato rispetto del Capitolo Sette in Sud Sudan e Congo? Riceverà risposte?

di Fulvio Beltrami

Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/onu-rifiuta-di-proteggere-i-civili-e-facilita-i-crimini-di-guerra/ L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l.

Copyright L'Indro S.r.l. Tutti i diritti riservati.