In due milioni senza un dottore - Fimmg

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Ben 1.657 medici di base nel Lazio andranno in pensione. E rimpiazzarli sarà un'impresa
In due milioni senza un dottore
Antonio Sbraga
NEDica 55. A tanto ammonta l'età
della metà dei medici di famiglia laziali che, tra la fuga verso la pensione e il sempre più difficile avvicendamento coni colleghi più giovani, fra
7 anni rischiano di lasciare senza assistenza quasi 2 milioni di pazienti
(mediamente infatti, ognuno di loro
segue 1.200 persone, fino adunmassimo di 1.500). Sono ben 1.657 i camici bianchi che il Lazio rischia di
perdere entro il 2023, almeno stando alle stime elaborate dall'Enpam,
l'ente nazionale di previdenza per i
medici, presentate durante il congresso nazionale della Fimmg.
In tutta Italia saranno complessivamente 15.995 i cantici bianchi che
potrebbero non essere rimpiazzati
nel prossimo settennato, con un totale di 19 milioni e 194 mila pazienti,
di cui oltre il lo per cento residenti
nel Lazio (un milione e 988 mila),
possibili orfani dei medici di base.
Tra le cui fila saranno ben 2lmila e
700 ad appendere il camice al chiodo entro il 2023, anche per effetto
delle quiescenze ormai anticipate
intorno ai 67 anni (o anche solo dopo 35 anni di contributi se si hanno
almeno 61 anni) rispetto ai 70 del
passato.
E, se non aumenteranno i posti disponibili nelle scuole post-laurea di
medicina generale, il saldo negativo
del turn-over rischia di far collassare il sistema di assistenza imperniato sui vecchi medici della mutua.
Peri quali, fino al 1995, bastavainfatti la sola laurea per diventare medi-
Camici bianchi
L'età media
dei medici di
famiglia è di
55 anni. In 7
anni ne
andranno in
pensione
15.995 in tutta
Italia
co di famiglia. Mentre, per i laureati
dopoil1995,serve, invece anche l'attestato di un apposito corso (durata
3 anni) di formazione in Medicina
Generale, organizzato dalle singole
Regioni a numero chiuso e previo
superamento diunesame. Ma, mentre le Regioni programmano un accesso allaprofessione che nonvaoltre i 900 borsisti l'anno, i pensionamenti, invece, sono oltre tremila in
tutta Italia.
I postivengono assegnati seguendo una graduatoria che portai liberi
professionisti afirmare una convenzione coni sistemi sanitari regionali, ormai in lotta fra loro per contendersi i borsisti (che nel triennio di
formazione vengono pagati 800 euro al mese). L'Alto Adige, ad esempio, ha varato nei giorni scorsi una
delibera che impone il divieto di trasferimento ai medici che frequentano i loro corsi di formazione : saranno obbligati a svolgere , per almeno
due anni dopo l'attestato , la propria
attività nell ' ambito del territorio della provincia autonoma ( alla quale,
ogni anno , la struttura della specializzazione costa 700mila euro).
«E sempre peggio ilpercorso di entratanel mondo del lavoro dei giovani medici. B asti pensare ai tempi
morti tra la laurea e l'abilitazione, e
soprattutto il numero insufficiente
di posti per le specializzazioni, rispetto ai bisogni definiti dal Ministro della Salute e dalle Regioni»,
commenta la Cgil Medici. La quale
quantifica una perdita an cor più vasta, che nonriguardasoloi medici di
famiglia, mal'intero servizio sanitario nazionale: «Nei prossimi anni ci
saràun esodo pensionistico rilevante, stimabile in un range tra 60mila e
70mila unità nel periodo 2017-2026,
calcolando un picco nel triennio
2021 - 2023 per il raggiungimento da
parte di tan ti medici più anziani del
requisito di 42 anni e 10 mesi di contributi , compresi i riscatti di laurea e
specializzazione , senzadoveraspettare i 66 anni e 7 mesi perla pensione di vecchiaia». Anche i camici
bianchi degli ambulatori specializzati, infatti, lanciano l'allarme perché, se non si inverte la rotta, «nel
2025 si rischia un fabbisogno inevaso di 8mila specialisti, il 40 % dell'attuale categoria», avverte il sindacato degli specialisti ambulatoriali Sumai-Assoprof.
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