Visualizza in PDF

Download Report

Transcript Visualizza in PDF

PRIMO PIANO
Venerdì 14 Ottobre 2016
13
Il vecchio continente non può limitarsi a giocare di rimessa con le grandi potenze
La Ue decida con chi allearsi
Germania e Francia, da sole, non vanno certo lontano
da Berlino
CARLO PELANDA
A
lcuni think tank
stanno pronosticando un aumento del
rischio di protezionismo e conseguente frammentazione del mercato
globale con esiti catastrofici. La ri-nazionalizzazione
del mercato internazionale è
evidente, ma questi colleghi
stanno facendo l’errore di
associarla alla crisi della globalizzazione. In realtà, il processo in atto non porterà al
blocco dei flussi internazionali, ma a una loro ri-selezione
in base al criterio del chiaro
vantaggio nazionale, tra cui
nelle democrazie avrà priorità la tutela contro impatti
eccessivi della concorrenza
esterna.
In sintesi, il mercato
internazionale resterà
aperto, ma con guardiani
governativi più attenti a
presidiare i cancelli.
Aumenterà, poi, l’intervento dei governi nelle relazioni internazionali tra
attori privati del mercato.
Ciò implica, semplificando, che sempre più le aziende private dovranno seguire
percorsi di internazionalizzazione determinati dalla
politica estera delle loro
nazioni di riferimento.
E che la loro competitività dipenderà sempre più
dalla proiezione di potenza
politica.
Tale fenomeno, in sé, non
è nuovo. Ciò che è nuovo è
la fine del potere imperiale
globale degli Stati Uniti che
imponeva alle altre nazioni
standard di apertura e offriva autonomia al business
privato.
Da un lato, la globalizzazione intesa come
americanizzazione, ha creato in due decenni circa tre
miliardi di nuovi ricchi nel
pianeta. Dall’altro, ha generato squilibri nell’accesso
Vignetta di Claudio Cadei
alla ricchezza che ora devono essere bilanciati a livello
di singole nazioni.
Il protezionismo, però, è
improbabile perché la ricchezza di ogni nazione dipende con troppa evidenza
dal mercato internazionale. È probabile invece, e sta
avvenendo, una riselezione nazionale dei flussi. Su
questo fenomeno si innesta
quello della ricerca da parte di parecchie potenze sia
medie (Russia, Iran, ecc.)
sia grandi (America, Cina)
di un’area di influenza, che
fa prevedere una regionalizzazione del mercato globale,
ma non il suo collasso.
Nel nuovo scenario
sarà più difficile praticare il mercantilismo, che
implica neutralismo, e ogni
nazione dovrà aumentare
sia il proprio potere (geo)
politico e/o partecipare ad
un blocco regionale sufficientemente grande. Il pensiero strategico giapponese
lo ha colto da tempo e per
questo preme per accordi di
libero scambio con America
ed Europa.
Quello britannico lo sta
valutando con ansia. L’americano lo ha ben chiaro dal
2013. Quelli tedesco e francese non vogliono accorgersene e ciò pone il problema
strategico di capire quale
regione euro-asiatica-americana sarà possibile e utile
per l’Italia.
© Riproduzione riservata
LO SI APPRENDE ADESSO DALLA PARZIALE DESECRETAZIONE DEI VERBALI DELLA GIURIA DEL PREMIO
Nel 1965 fu candidato al Nobel per la letteratura anche
Giovanni Guareschi, l’inventore di don Camillo e Peppone
DI
O
ANTONIO QUAGLIO
gni anno c’è chi si domanda: chi è stato il più grande
«non-Nobel» della letteratura? Soltanto da pochi anni,
infatti, la Fondazione Nobel ha cominciato a desecretare i suoi fascicoli
d’archivio più vecchi di cinquant’anni.
E lasciando perdere la ragioni della
critica letteraria o le analisi geopolitiche, fra le 3.005 nomination per 60
premi assegnati riservano una miniera di curiosità. L’ultima è fresca di
pochi mesi: nel 1965 fra i candidati
ufficiali al Nobel (cioè quelli segnalati
all’Accademia di Svezia da nominator qualificati) c’era anche Giovanni Guareschi. L’autore della saga
di Don Camillo (classificato a Stoccolma come «journalist») si ritrovò
ai nastri di partenza con altri due
non-Nobel italiani (Alberto Moravia e Giuseppe Ungaretti) e con
il controverso vincitore di quell’anno: il romanziere sovietico Mikhail
Solokhov (con il premio al Placido
Don il Nobel intendeva rappacificar-
si con l’Urss dopo lo strappo di Boris Pasternak, nel 1958). In lizza
c’era, per la quarta volta, anche Georges Simenon, oggi considerato
uno dei maggiori non-Nobel di sempre. Con Guareschi gareggiò anche
il prototipo del non-Nobel moderno:
l’Omero argentino Jorge Luis Borges, che correva già per la sesta volta
consecutiva (dopo di lui gli ispanici
latino-americani sono stati invece
parecchio gratificati: Pablo Neruda,
Gabriel Garcia Marquez, Octavio Paz
e Mario Vargas Losa). Il 1965 registrò
il primo tentativo noto di Marguerite Yourcenar e il terzo di Vladimir
Nabokov, l’ottavo di Ezra Pound:
tutti rigorosamente non Nobel.
Ma che ci faceva Guareschi in
una competizione così cosmopolita e aristocratica, giocata fra accademie e ambasciate? Lo aveva indicato
un personaggio che oggi dice ormai
poco, ma niente affatto banale. Mario Manlio Rossi insegnava allora
filologia all’università di Edinburgo,
dopo una vita politico-intellettuale
complessa. Emiliano come Guareschi, approdate al Nobel: quelle di Beneera stato in gioventù vicino a perso- detto Croce e Ignazio Silone, cioè con
naggi come Papini e Prezzolini, pri- i conti (seri) che la cultura italiana ha
ma di lunghe permanenze all’estero dovuto fare con se stessa e con quella
(soprattutto in Gran Bretagna, dove europea dopo la parentesi del fascismo e la tragedia della
fu molto vicino allo scrittore
guerra. Quel che è certo è
irlandese William B. Yeche il «piccolo mondo» di
ats, Nobel 1923). Filosofo
Guareschi (non diversaneo-platonico, anglista,
mente dalle inchieste del
studioso dell’esoterismo
commissario Maigret) è
e della letteratura fanstato ultra-tradotto e
tastica, Rossi è riemerso
ultra-venduto nel mondo
negli ultimi anni dal di(20 milioni di copie).
menticatoio in un contesto molto particolare: le
La classifica dei non
tensioni politico-culturali
Nobel resta comunque
in cui sarebbe in parte
saldamente capeggiata dal
maturato l’assassinio del
grande escluso dell’ediziofilosofo Giovanni Gentile,
ne di debutto del premio.
ad opera dei Gap fiorentiGiovanni
Nel 1901 Lev Tolstoj era
ni nel 1944.
Guareschi
considerato il superfavoLa «candidatura
rito, ma la scelta dell’AcGuareschi» (vedremo se ripetu- cademia di Stoccolma cadde sul poeta
ta nelle prossime desecretazioni) è francese Sully Prudhomme: uno dei
però ancora una storia da racconta- tanti premiati che non hanno lasciato
re. Chissà se ha qualcosa a che fare traccia nella storia della letteratura.
con altre candidature italiane mai
IlSussidiario.net
Assicurati che le scelte per la tua
carriera siano giuste.
I migliori lavori nel settore della Finanza con Milano Finanza.
Visita il nostro sito carriere.milanofinanza.it
In collaborazione con