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60’ sulla parola 28° Domenica del T.O. anno C

In questa domenica la prima e la terza lettura ci parlano di una malattia terribile, la lebbra, malattia che marcisce il corpo, lo spirito e le relazioni. In Israele essa investiva anche la sfera religiosa, così che per un ebreo solo Dio poteva purificarlo, riabilitarlo. Il miracolo di guarigione operato da Gesù allora è da leggere come una inaugurazione dei tempi messianici che, non a caso, sono collegati con sua salita a Gerusalemme. Ma cominciamo dalla prima lettura dove per affermare che Yhwh è un Dio universale, avviene la guarigione prodigiosa dalla lebbra del generale Siriano Naaman. La narrazione si svolgerà sulla scia di un cammino spirituale che porta alla conversione e al battesimo, il racconto vuole così mostrarci la figura del vero credente perché Naaman finirà col confessare la sua fede nel Signore e a lui celebrare il vero culto. Nella seconda lettura Paolo ci invita a perseverare nella testimonianza in Gesù Cristo morto e risorto. Paolo istruisce e incoraggia Timoteo dal carcere affermando che invece “la parola di Dio non è incatenata”. Ed è proprio di questa parola che abbiamo bisogno oggi, parola da scambiare, parola da vivere perché possa portare frutti di amicizia, di comprensione, di buona testimonianza. Nella terza lettura con Luca continuiamo il viaggio che Gesù sta facendo verso Gerusalemme. Viaggio che diventa per il Maestro una occasione per incontrare le persone e parlare di ciò che gli sta più a cuore: la presenza in Lui del regno di Dio. L’episodio dei dieci lebbrosi guariti, ha per protagonista quell’unico di loro che è Samaritano, il solo a ritornare da Gesù per ringraziarlo e ricevere il dono della salvezza, dono che è ben più della guarigione. Ancora una volta, uno straniero, è esaltato come un modello di fede. Straniero, un tema che rimane caldo, da anni infatti viviamo l’emergenza immigrati con apprensione e come accade spesso gli ultimi arrivati sono sempre i primi ad essere coinvolti nelle tensioni. Non si tratta di negare l’urgenza dei tanti problemi irrisolti e anche di quelli legati all’immigrazione, ma proprio per questo è doveroso cercare in ogni ambito vie serie di risposte concrete. Oggi le persone che si spostano sono sempre di più, molte di queste per salvare la loro vita dalla guerra e dalla fame. Nella bibbia troviamo spesso l’invito all’accoglienza intesa come una sollecitudine a confrontarsi con le diversità: nella scrittura infatti lo straniero è colui che porta la rivelazione di nuove prospettive. Anche Gesù nasce “fuori casa”, nasce straniero. Siamo chiamati ad accogliere lo

straniero perché in lui abita quello Spirito che si manifesta di più nelle persone che sono a contatto con i bisogni primari della vita che in chi si sente protetto da sicurezze date per scontate.