L`Europa è ferma, Putin minaccia

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Transcript L`Europa è ferma, Putin minaccia

Pif all’anteprima della Festa di Roma
con il suo nuovo film, “In guerra per
amore”, in cui racconta il patto
scellerato tra alleati e clan nel ‘43. «Le
conseguenze ancora oggi in Sicilia»
De Sanctis P. 13
Questo giornale
ha rinunciato
al finanziamento
pubblico
Fondata da
Antonio Gramsci
nel 1924
l
€1,40
Anno 93 n. 270
Giovedì, 13 Ottobre 2016
unita.tv
L’Europa è ferma, Putin minaccia
l Renzi in Parlamento: «L’Unione esca dall’immobilismo. Basta soldi a chi rifiuta i migranti»
l Alta tensione tra Mosca e Washington. Obama: «Il Cremlino vuole destabilizzarci» P. 2-4
Democrazia
governante
o consociativa?
Il fragoroso
silenzio di Silvio
Staino
Claudia Fusani
N
el lacerante e chiassoso
dibattito referendario,
riesce a fare molto
rumore anche il silenzio. Se si
tratta del silenzio di Silvio
Berlusconi. L’uomo che
vent’anni fa ha fisicizzato la
politica facendo diventare il
proprio corpo pubblico, parlante
e testimone, sembra deciso a
restare dietro e lontano rispetto
alla scena per come lui stesso
l’ha intesa almeno fino
all'intervento al cuore di giugno:
comizi, cene, bagni di folla, selfie
e strette di mano. Succede così
che nella partita più importate,
quella sul referendum, il
Cavaliere ha deciso – almeno
finora - di metterci qualche
comunicato, un paio di annunci
ma mai il suo corpo.
La scelta non è questione
figlia solo della malattia, delle
raccomandazioni dei professori
del S. Raffaele di Milano o, di
recente, del Presbyterian
Hospital di New York per cui il
presidente di Forza Italia deve
stare lontano da stress e comizi e
vivere in supplesse i suoi 80
anni.
Segue a pag. 10
I
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Claudia Mancina
l conflitto in atto nel Pd non
può essere interpretato
soltanto come espressione di
rancori o idiosincrasie
personali. Che questi ci siano,
è purtroppo sotto gli occhi di
tutti. Ma è importante vedere anche
che sotto c’è qualcos’altro: il confronto
tra due concezioni della democrazia
che si rivelano sempre più
inconciliabili. Da una parte c’è un’idea
di democrazia competitiva, e quindi
caratterizzata dall’alternanza; una
democrazia governante, nella quale
l’architettura istituzionale e il sistema
elettorale assicurino stabilità e
continuità della direzione politica. A
questa idea di democrazia serve
inevitabilmente un sistema elettorale
maggioritario. Dall’altra parte abbiamo
un’idea di democrazia consociativa,
nella quale nessuno vinca del tutto
(Zagrebelsky dixit), con la
conseguenza che nessuno è
responsabile delle scelte fatte o non
fatte. È quella che abbiamo conosciuto
fino al 1993, e che è indissolubilmente
legata al proporzionale. Questa
democrazia - nonostante la sua
debolezza, denunciata già da alcuni
costituenti - si è rivelata adatta all’Italia
uscita dalla guerra, con il difficile ma
immutabile equilibrio tra una Dc che
vinceva comunque e un Pci che, non
potendo vincere in nessun caso, si
accontentava di non perdere troppo.
L’insieme funzionava perché si era
dentro il quadro della guerra fredda.
L’ombrello americano assicurava
all’Italia, in cambio del suo
schieramento, vantaggi economici e
politici. E il legame del Pci all’Unione
sovietica assicurava la non
competitività del sistema.
Oggi però la situazione è ben
diversa. La globalizzazione tiene sulla
corda tutti i paesi europei e non c’è più
niente di garantito. Occorrono governi
forti e stabili, in grado di fare le scelte,
a volte difficili, che sono necessarie, e
in grado di svolgere in Europa un
ruolo attivo e non subordinato. Si
discute da trent’anni la riforma
costituzionale, e per la prima volta
abbiamo la possibilità di realizzarla. E
non è certo un caso che, man mano
che avanza il dibattito sul referendum,
si vada chiarendo l’opzione
proporzionalista da parte di chi si
oppone alla riforma. È lecito essere per
un sistema proporzionale, ma bisogna
esser chiari sulle conseguenze.
Proporzionalismo significa un sistema
nel quale il governo non è deciso dal
voto degli elettori, ma dalla trattativa
tra i partiti dopo il voto. Le
preoccupazioni sull’Italicum, espresse
dalla minoranza Pd, appartengono a
una cultura politica proporzionalista e
oligarchica, che credevamo superata
per sempre dopo la fine del Pci.
Segue a pag. 7
Quel diritto negato a 800.000 italiani
La legge sullo Ius soli, che permetterebbe a tanti migranti di essere finalmente riconosciuti
come cittadini italiani, fu approvata alla Camera un anno fa: da allora è ferma in Senato,
bloccata da circa settemila emendamenti delle destre
P. 3
In manovra
Questa è anche Nel Pd si lavora per ricucire,
la loro terra
via alla Commissione Italicum 4 miliardi
per terremotati
Khalid Chaouki
l 13 ottobre di un anno fa la
e migranti
Con l’ingresso di Cuperlo
Camera dei Deputati
I
approvava la riforma della
legge in materia di cittadinanza
(con 310 voti favorevoli, il no
della Lega e l'astensione dei 5
Stelle); una riforma che doveva
porre fine alla obsoleta legge n.
91 del 1992, basata sul principio
dello Ius Sanguinis - il diritto ad
essere italiani “per sangue” - e
introdurre il principio dello Ius
Soli. Le vecchie norme, infatti,
non trovano più alcuna
aderenza con il Paese reale:
un’Italia diventata plurale negli
anni e sempre più
multiculturale.
Segue a pag. 3
per la minoranza parte
il confronto sulla legge
Anche se Bersani si mostra scettico, è
partito il lavoro della commissione varata dalla Direzione Pd che dovrà verificare con le altre forze politiche la possibilità di una modifica dell’Italicum.
Ne fanno parte il vicesegretario Guerini, il presidente Orfini, i capigruppo di
Senato e Camera Zanda e Rosato e
Gianni Cuperlo per la minoranza. D’Alema si smarca e insieme a Quagliariello riunisce i sostenitori del No al referendum. E denuncia: «Dal Sì clima intimidatorio». In platea Fini, Cirino Pomicino, Malan e Mario Mauro.
Lombardo P. 6
L’INTERVISTA
Il Parlamento approva il Def
e chiede spesa aggiuntiva:
indebitamento al 2,2% P. 5
Fassino: intesa
possibile
ma tutto il Pd
unito per il Sì
Frulletti P. 7
L’Anci sceglie
De Caro,
il M5S vuole
la secessione
“Svolta” verso Sud. Il
sindaco di Bari: «Saremo il
sindacato dei cittadini» P. 8
Fiducia contro
depressione
Claudio Velardi
O
gni racconto - dicono i sacri
testi - ha bisogno di un eroe.
In questa storia, a proposito
dello stupido dibattito sulla
personalizzazione, l’eroe non è
Matteo Renzi. L’eroe è il cittadino che
vuole dare un segnale positivo a se
stesso, più che all’Europa o al
mondo. Preoccupato, consapevole
delle difficoltà, è un italiano che, con
tenacia e volontà, esce di casa e
investe sul domani, finanche con un
margine di rischio (come andrà
dopo? Vedremo: sperimenteremo, ci
misureremo, ci valuteremo...).
Vivendo quel pizzico di misurata
gioia che solo il futuro sa regalarci: si
tratti di noi, dell’avvenire dei nostri
figli o del pezzo di mondo che
abitiamo.
E il nemico non è Grillo,
tantomeno Bersani. È piuttosto la
depressione, malattia mortale per i
singoli, a maggior ragione per una
nazione. Quando ci si chiede cosa
accadrà il 5 dicembre se vince il No,
la risposta è: niente. A pensarci solo
un attimo, non c’è risposta più
avvilente e preoccupante, proprio
per quella democrazia da «salvare».
La democrazia è tale perché, e solo
in quanto, capace di rinnovarsi: in
caso contrario muore.
P. 11
L’intervista Parla Pietro Galeotti, il nuovo direttore di “linus”. Il numero in edicola tra Dio e tv P. 12