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TRIBUNALE

RELAZIONE DI CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO ESPERITA DAL DOTT. XX

Ricorso ex artt. 696 e 696 bis C.P.C. n° _____/2015 R.G.

promosso da

FM

con gli Avvocati

AT

e

DD

contro

AZIENDA OSPEDALIERA “OSPEDALE XY”

con l’Avvocato

AD Presidente DOTT. XX

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Si dà atto che bozza del presente elaborato è stata inviata telematicamente ai Consulenti delle parti in data 28 Luglio 2016 con riferimento alla successiva istanza di proroga dei termini richiesta in data 26.5.2016. Ai Consulenti si concedono termini al 20.9.2016 per eventuali osservazioni da far pervenire con lo stesso mezzo. Entro il termine concesso, il Consulente della Resistente Azienda Ospedaliera non ha fatto pervenire osservazioni di sorta all’elaborato peritale. In data 21.9.2016, ovvero a termine seppur di poco scaduto (20.9.2016), il Consulente del Ricorrente, Dr. CG, ha ritenuto di osservare quanto segue: “Caro collega, dopo aver letto attentamente la tua relazione, si può certamente affermare che nel suo complesso è assolutamente apprezzabile, ma un fatto rimane ignoto al sottoscritto ctp, ossia il significato di quanto da te affermato che si riporta di seguito: "...Tale percentuale, a fronte delle condizioni di partenza,

non

potrà essere ristorata con un corrispettivo pecuniario calcolato con criterio differenziale"

Chiedo venia della mia mancata lucidità ma provo a tradurre quanto da te significato che mi sembra apparentemente contraddittorio (ripeto è solo una deduzione di un periodo non ben chiaro). Il danno differenziale in termini matematici si attua come da te fatto e ben descritto, ossia, il periziando all'attualità presente una compromissione della

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validità/funzionalità dell'arto inferiore dx pari al 30% (valutazione che si può anche condividere da un punto di vista medico legale) e quindi se si considera la preesistenza legata al sinistro stradale che da documentazione hai dedotto pari al 15%, il danno differenziale è giustamente del 15%. La frase surriportata che non si comprende, in quanto il danno differenziale da te espresso ha solo un modo per essere risarcito da un punto di vista economico, ossia, si calcolerà il valore economico del 30% per un soggetto dell'età del periziando e a questo si sottrarrà il valore economico della valutazione della preesistenza biologica del 15%. Quindi la tua affermazione non trova riscontro medicolegale e giuridico in nessun senso e non hai questo ingrato compito di dire la tua su un fatto che appartiene al giudice né penso che il Giudice voglia essere aiutato a fare i calcoli dal proprio ctu. Penso che sia un refuso e ne sarei lieto, se così non fosse ti chiedo umilmente un approfondimento del concetto che non ho ben compreso. Una motivata conclusione sarebbe un buon argomento per un approfondimento editoriale e medico-legale

A tali osservazioni si ritiene di rispondere come di seguito specificato. Le osservazioni del Consulente attoreo vertono unicamente sulla asserita sussistenza di un cosiddetto “danno differenziale” che il Ricorrente avrebbe subito in seguito alle documentate e riconosciute incongrue prestazioni ricevute presso l’Azienda Ospedaliera resistente. La risposta a tali osservazioni non può dunque soffrire di un qualche imbarazzo, essendo la Dottrina ancora alquanto nebulosa sul punto. E’ infatti tuttora aperta la discussione di quando e come si debba applicare il concetto di “danno differenziale” nel risarcimento del danno alla persona. In merito, occorre innanzitutto sgombrare il campo da equivoci riguardanti la competenza del Consulente d’Ufficio che, secondo il Collega, non sussisterebbe per quanto all’accertamento della ricorrenza o meno del suddetto danno: chi scrive ritiene 23

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non solo opportuno ma doveroso fornire all’Ill.mo Giudice tutti i parametri per la valutazione del danno nel caso di specie. Di poi, lo stesso scrivente non può non prendere atto delle varie scuole di pensiero che hanno affrontato il problema del “danno differenziale”. Senza voler procedere alla enumerazione e spiegazione delle varie posizioni dottrinali in merito, ci si limiterà a spiegare ciò che sta alla base di quanto espresso nell’elaborato (invero in modo sintetico e, laddove non noto il relativo orientamento dottrinale, in qualche modo poco chiaro). La valutazione espressa parte dalla considerazione che il Periziando era affetto da preesistenze traumatiche ormai ampiamente stabilizzate: tali menomazioni costituiscono quindi ora, così come prima del subentrante danno iatrogeno, la condizione biologica propria del soggetto (il suo 100% per dirla grossolanamente), ovvero la sua “integrità psico-fisica” intesa come lo stato biologico proprio di ogni soggetto anche se portatore di qualsivoglia menomazione. Applicare il criterio del “danno differenziale” al caso di specie rappresenterebbe quindi un incongruo incremento del risarcimento in quanto un soggetto presentante oggettivamente un “minor valore” a causa di patologia preesistente riceverebbe un risarcimento superiore al soggetto sano per le stesse conseguenze dannose. Per estensione, e per chiarezza, invertendo l’ordine dei fattori, si potrebbe allora dire che un soggetto menomato dovrebbe essere risarcito in misura inferiore in quanto presentante, biologicamente e oggettivamente, un minor “valore” biologico. Ciò appare evidentemente contrario ad ogni logica e in contrasto con il codice civile. Vero che la Suprema Corte ebbe ad esprimersi favorevolmente alla applicazione del criterio differenziale. Ma la relativa (peraltro unica per quanto a conoscenza di chi scrive) sentenza si riferiva ad un danno iatrogeno conseguito ad incongruo trattamento di una lesione scheletrica prodotta da terzi (quindi da risarcire) la cui incongruità condizionò un peggioramento dei postumi permanenti. In tal caso, e giustamente, trattandosi di due danni monocroni, la Suprema Corte si espresse per una valutazione differenziale del danno iatrogeno. Ma si tratta di tutt’altra cosa r i s petto 24

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al caso di specie per il quale le menomazioni preesistenti risultano già risarcite (anche se, contrariamente a quanto richiesto, nessun documento è stato fornito in merito). A fronte di quanto argomentato, si ritiene di dover confermare che, nel caso del Signor Faraci, non si possa provvedere ad un risarcimento in termini differenziali del danno prodotto dalle incongrue prestazioni erogate dall’Azienda Ospedaliera resistente. Il Consulente Tecnico d’Ufficio ritiene di considerare esaustivo delle proprie competenze professionali il fondo spese liquidato dall’Ill.mo Presidente e regolarmente saldato dal Ricorrente all’inizio delle operazioni peritali come da documento fiscale a mani del Signor F. 26 Settembre 2016 Dott. XY 25