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IL COLEOTTTERO RESPONSABILE DEL DISSECCAMENTO DEL PROMONTORIO, DUNA E PARTE DELLA FORESTA È ANCORA IN FASE DI STUDIO
Parassita, attacco al Parco da frenare
I
glio il patrimonio ambientale del Parco
nazionale del Circeo è un fenomeno ancora tutto da delineare.
Come preannunciato già negli scorsi
giorni, si è nella fase di studio sollecitato
dall’ente Parco diretto da Paolo Cassola.
La dirompenza del fenomeno, portata
all’attenzione del Corpo Forestale
nell’ultima decade di agosto, si è estesa
nel lasso temporale di meno di un mese
dal promontorio del Circeo fino alla duna, intaccando anche porzioni della foresta. Quasi il 50% della vegetazione,
nelle aree che si estendono intorno a
Quarto caldo e Quarto freddo, è ormai
caratterizzata da chiazze a macchia di
leopardo di seccume diffuso che ha in-
taccato indistintamente arbusti, piante
e vegetazione tipiche della macchia mediterranea. Ma il parassita divoratore
continua nella suo percorso segnato già
da una diffusa devastazione. L’emergenza porta il nome dello Xylosandrus, un
tipo di scolitide di origini tropicali, in
grado di allevare un fungo nelle gallerie
che riesce a scavare all’interno delle
fronde e che comporta un rapido deperimento della pianta infettata. Le dimensioni del coleottero sono infinitamente
piccole e i fori che produce pressoché invisibili (come una punta di spillo) a occhio nudo, così quando si palesano i primi sintomi, come avvenuto sul promontorio, le infestazioni sono già massicce.
L’unica soluzione finora paventata è
quella di una potatura netta e del fuoco.
Viene prescritto infatti che tutte le piante colpite vengano tagliate 10 centimetri
al di sotto dell’infestazione e che quanto
potato venga poi immediatamente bruciato per scongiurare nuove propagazioni. Un’opzione impraticabile per la
vastità del fenomeno già in atto e per il
tipo di patrimonio posto sotto la tutela
del Parco, per questo la ricerca non si arresta. I campionamenti degli ultimi sopralluoghi condotti il 28 settembre sono
ora in mano anche al Servizio fitosanitario regionale, al Centro di ricerca per l’agrobiologia e la pedologia Crea-Abp di
Firenze, al Centro di ricerca per la patologia vegetale (Pav) del Crea, oltre che ai
ricercatori dell’Università della Tuscia.