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LA RELAZIONE TRASPARENTE TRA CLIENTE E COUNSELLOR:
CONTRATTO E CONTRATTUALITA’ NEL PROCESSO DI COUNSELING
di Luisa Ghianda
Il counseling è una relazione d’aiuto che mira a
ristabilire le risorse affievolite del “cliente”, al fine
di una migliore qualità di vita.
Diversi possono essere gli obiettivi del cliente
(così chiamato per sottrarlo alla dimensione
passiva più tipica del paziente, secondo il luogo
comune): un supporto in un momento di crisi,
sradicare comportamenti nocivi o disfunzionali,
riassestare le proprie risorse per maneggiare
situazioni varie in modo migliore, aumentare
l’autoconsapevolezza, risolvere conflitti ed altro ancora.
Alla base delle relazione di counselling c’è l’idea che ogni essere umano possiede il
potenziale per la buona riuscita personale ed abbia la tendenza, latente o evidente, a
realizzare tale potenziale. Con le giuste condizioni, senza pressioni esterne, all’interno di
una relazione contraddistinta da autenticità e determinazione a lavorare con reciproco
interesse, il cliente muoverà naturalmente verso autonomia e creatività.
Ho ricevuto una formazione quadriennale in counselling con indirizzo analiticotransazionale. L’Analisi Transazionale è una disciplina all’interno delle scienze
psicologiche ed è utilizzata in ambito psicoterapeutico, in ambito di counselling e anche
all’interno di percorsi formativi di natura comportamentale.
I confini etici del counselling analitico-transazionale hanno come punto di partenza il
codice etico dell’Associazione Europea di Analisi Transazionale (EATA, 2006), il quale
definisce alcuni valori basici, desunti dalla dichiarazione universale dei diritti della persona
umana
(ONU, 1948), dove
la
dignità
di ogni essere
umano,
il suo
diritto
all’autodeterminazione, alla salute e alla sicurezza personale sono punti chiave.
Al fine di garantire questi valori, l’Analisi Transazionale introduce nel processo di cura il
dispositivo del contratto, che non è affatto un documento atto a sancire un legame tra
cliente e counsellor, quanto piuttosto un accordo verbale, atto a chiarire che la decisione di
introdurre un cambiamento spetta al cliente, allo stesso modo dell’obiettivo che si
prestabilisce. Il cousellor verifica che tale obiettivo sia positivo, realistico e moralmente
accettabile. Un tale contratto avvia una relazione di okness, nella quale i partners sono in
una posizione paritaria, nel rispetto delle loro rispettive competenze. La relazione istaurata
mira a integrare elementi di apertura, franchezza e sincerità, sventando forme di
dipendenza.
L’atteggiamento contrattuale distingue l’intero processo. Atteggiamento contrattuale
significa “incontrare” l’altro “laddove si trova” senza giudicarlo, offrendogli appoggio ed
empatia; è essere in una comunicazione profonda con ciò che l’altro è. Il counsellor
favorirà autonomia e aiuterà il cliente a riattivare le risorse affievolite, accompagnandolo
verso il cambiamento desiderato. Un impegno reciproco caratterizzerà la relazione tra i
due, bilateralità fondamentale perché significa dare al cliente la responsabilità di migliorare
la propria vita facendosi soggetto attivo nel processo di cura.
La relazione di counselling invita, dunque, a mettersi in gioco, ad essere entrambi
protagonisti della relazione, ad essere uno con l’altro e non uno per l’altro, ad assumersi le
proprie responsabilità nel percorso. Il cambiamento avviene solo quando il cliente,
decisamente motivato, si attiva perché esso possa accadere. Il cambiamento non consta
tanto nel comportarsi in un certo modo, ma nello smettere di sentire in un certo modo.
La relazione di counselling diviene occasione per occuparsi di sé in modo nuovo,
lasciando andare i modi stereotipati e fissi di pensare, comprese credenze ancestrali ed
anacronistiche, per tornare ad un benessere complessivo. Il counsellor fornisce uno
spazio in cui il cliente può sentirsi a proprio agio, accolto, così da avviare una ricerca
interiore
in
direzione
dei
propri
meccanismi
emotivi,
partecipando
attivamente
all’identificazione dei propri problemi, fino a sviluppare strategie utili a risolverli,
spezzando le catene. Il cliente percepisce che il potere di cambiare è nelle sue mani.
Questo gli infonde un auspicato senso di potere.
Eventuali situazioni di imbarazzo, malessere e disagio tra i due saranno comunque
funzionali alla crescita reciproca, faranno da specchio a situazioni quotidiane e
costituiranno nuovo materiale su cui lavorare.
Alcune persone necessitano solo di informazioni per poter attuare cambiamenti, altri
hanno bisogno di tempo per riconoscere la natura dei propri comportamenti, identificarne
le dinamiche ripetitive e copionali, lavorare sull’autoconsapevolezza. In termini analitici-
transazionali, l’obiettivo finale del processo è rimettere in funzione un Adulto integrato,
capace di valutare se le proprie aspettative siano realistiche, giuste e possibili,
distinguendole dalle proibizioni dello Stato dell’Io Genitore e dai bisogni dello Stato dell’Io
Bambino. Il cliente lavora dentro di sé per rivendicare la posizione esistenziale “io sono +,
tu sei +”, prendendosi completamente in carico la propria vita. Le registrazioni del giudice
critico interiore continueranno a farsi sentire ma la risposta sarà ora sotto il controllo
dell’Adulto piuttosto che del Bambino Adattato.
Se cliente e counsellor sentono di voler instaurare una relazione basata su fiducia e
rispetto, sentono di essere ben disposti l’uno nei confronti dell’altro, percepiscono di voler
sviluppare un legame che darà i suoi frutti nei prossimi incontri si instaurerà un processo
creativo e la relazione d’aiuto avrà successo.
Il processo di counselling non ha niente a che fare con modalità direttive, dove il
counsellor “insegna” cosa è bene fare. La valorizzazione della individualità del cliente è
alla base del percorso, le sue risorse sono in primo piano, la sua capacità di
autodeterminazione segna la strada da percorrere.
Il counsellor diviene, piuttosto, un attento testimone, restituendo alla persona il
valore delle proprie scelte.