Socialmente | Teatri di Vetro

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Recensioni teatrali | Teatro.Persinsala.it
Daniele
Rizzo
ottobre 6, 2016
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FrigoProduzioni porta a Teatri di Vetro Socialmente, uno spettacolo sulla
patetica commistione di virtuale e reale. Tra gli ambiti della post
contemporaneità, quello delle dinamiche psicologiche, sociali ed educative
dei social network è certamente uno dei più affascinanti e complessi da
analizzare o definire. Su di esso non mancano i riflettori della visibilità,
dagli studi di settore all’interrogarsi dell’intellighenzia, dai tentativi di
regolamentazione dei legislatori alle chiacchiere degli aficionados comuni,
dunque non stupisce come la giovane compagnia milanese
FrigoProduzioni, al secolo Francesco Alberici, Claudia Marsicano e Daniele
Turconi, con Socialmente abbia deciso di dedicare la propria prima fatica
teatrale proprio alla materia degli ambienti (a)sociali.
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Uno spettacolo «sulla vita […] alienante del virtuale contemporaneo»,
come scriveva la nostra Mailé Orsi in occasione della messa in scena a
Lari per Collinarea, che, allora, in questa drammatizzazione di «due
soggetti desiderosi di essere, ma incapaci di farlo» (note di regia) non si
accontenta di indagare la questione minuta, ma tende giustamente al
tema allargato dell’ecologia sociale, ovvero ad ampliare la propria visione
dalla semplice relazione del singolo con la rete all’attualità di un utilizzo
dei mezzi di comunicazione di massa tanto invasivo quanto eterodiretto
(enfatizzato anche dalla divertente, e nulla più, interpretazione della
Marsicano de Il pulcino pio, tormentone targato 2012).
Ed proprio questo dettaglio, l’allargamento, a caratterizzare tutto lo
sviluppo narrativo, visivo e ideologico di Socialmente, una pièce nella
quale, in sintesi, «due giovani vegetano sul divano con lo sguardo
incatenato allo schermo, oppure si perdono nei deliri dei loro sogni,
annegati dentro se stessi, illusi dai meccanismi della virtualità» all’interno
di una scena povera, composta da un frigo brandizzato facebook, un pouf
a due piazze e un televisore in direzione opposta alla platea.
Ma più che la fragilità drammaturgica, non critica per un’opera prima,
figlia di una sostanziale sottomissione al didascalico, dal trucco al
«linguaggio utilizzato, che implode e si disintegra», dalla citata
scenografia alla monotona restituzione di personaggi catatonici nel cui
«spazio mentale […] non è possibile stabilire una linea netta di
demarcazione tra un’azione ed un pensiero», delude la sconfortante e
grossolana unilateralità con la quale le generazioni di mezzo vengono
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presentate. Generazioni incapaci di pensare, soggiogate al fascino
perverso della comunicazione all time, il cui cervello disfunziona non
perché leso dall’esterno o da processi patologici interni, quanto perché
non sostenuto da alcuna qualità culturale o volontà morale – come ben
lasciato intuire nei momenti di dialogo dal cinico e vacuo rovesciamento
della kalokagathìa, per cui i nani (o la nonna dai piedi deformati
dall’artrite) per il fatto stesso di non essere (più) belli sarebbero pertanto
cattivi.
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Dal sociopatico depresso dalla popolarità virtuale alla coppia di
decerebrati ipnotizzata dal suono delle notifiche, dalla morta di fama
senza qualità fino al pedante finale cantato, l’ostentata esibizione della
miseria che accompagna ognuno dei quadri che compone Socialmente
espone questo allestimento alla pericolante china di una superficialità
purtroppo strutturale per chi confessava l’ambizione di «esplorare il grado
zero delle dinamiche di relazione interpersonale», rivelandosi così ancora
lontano dal riuscire a sfiorare la complessità di una tematica enorme,
densa e sulla quale l’ironia avrebbe avuto bisogno di ben altre armi
dialettiche per non apparire spuntata.
Uno spettacolo che, pur nascendo con le carte in regola (non ultima l’età
della compagnia) per trasporre la radicalità di un argomento
assolutamente fondamentale sul piano della sublimazione o
trasfigurazione artistica, frana sulla propria mancanza di profondità,
incapace di interrogare un fenomeno sul quale, va detto, anche giganti
come Umberto Eco erano fragorosamente rovinati.
Lo spettacolo è andato in scena all’interno di Teatri di Vetro
Centrale Preneste
Via Alberto da Giussano, 58, Roma
5 ottobre, ore 21.00
Socialmente
ideazione e regia Francesco Alberici e Claudia Marsicano
drammaturgia Francesco Alberici
assistente alla regia Daniele Turconi
interpreti Francesco Alberici e Claudia Marsicano
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produzione FrigoProduzioni e Borsa Anna Pancirolli
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