origini della Cgil, di Giuseppe Sircana

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CULTURA & MEMORIA I LE RADICI
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Il secolo del lavoro
Alle origini della Cgil
La
nascita
del sindacato
Dal 29 settembre al 1° ottobre di centodieci anni fa cinquecento delegati di settecento leghe per un totale di 250 mila iscritti si riuniscono a Milano per dare vita alla Confederazione generale del lavoro
A CURA DI GIUSEPPE SIRCANA
I cinquecento delegati che
dal 29 settembre al 1° ottobre 1906
si ritrovarono a Milano per dar vita alla Confederazione generale
del lavoro (Cgdl) rappresentavano soltanto settecento leghe per
un totale di 250 mila iscritti: appena un ventesimo dei lavoratori
dell’industria e un terzo di quelli
organizzati.
Il grado di rappresentatività di
quello che avrebbe dovuto essere
il massimo organismo del proletariato italiano era dunque basso,
al punto da indurre alcuni delegati a chiedere che tutte le deliberazioni del congresso costitutivo fossero sottoposte a un referendum delle sezioni «perché sarebbe curioso che noi obbligassimo ad aderire alla Confederazione anche quelle organizzazioni che
al congresso non sono state rappresentate».
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Più che da scrupolo democratico
la richiesta era motivata da un calcolo politico: ad avanzarla erano
infatti coloro che, come i sindacalisti rivoluzionari, volevano impedire ai riformisti di assumere il
controllo della nuova organizzazione, ribaltando gli equilibri precedenti.
La nascita della Cgdl costituiva l’approdo di un travagliato
processo organizzativo e politico del movimento sindacale italiano, che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si
venne definendo secondo due linee: una, cosiddetta “orizzontale”, incentrata sulle camere del
lavoro (Cdl), l’altra “verticale”,
sulle federazioni di mestiere. Mentre queste ultime rappresentavano e tutelavano gli interessi omogenei di una singola categoria, le
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LA NASCITA DELLA CGDL costituisce l’approdo di un travagliato
processo organizzativo e politico del movimento sindacale
italiano, che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si
venne definendo secondo due linee: una, cosiddetta
“orizzontale”, incentrata sulle camere del lavoro (Cdl), l’altra
“verticale”, sulle federazioni di mestiere.
MILANO
29 SETTEMBRE 1906.
La sala riunioni della
camera del lavoro gremita di
delegati per il congresso
delle organizzazioni di
resistenza che diede
i natali alla Cgdl
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IL SECOLO DEL LAVORO I LE ORIGINI DELLA CGIL
IL CONSIGLIO NAZIONALE DELLA CGDL riunito a Milano nell’aprile
1915. In alto a destra: RINALDO RIGOLA, primo segretario generale
della Cgdl. A lato: ARGENTINA ALTOBELLI fondatrice nel 1901 della
Federazione nazionale dei lavoratori della terra
{
camere del lavoro ambivano a comporre i più variegati interessi dei lavoratori in un dato territorio: operai
e contadini, manovali analfabeti e settori di “aristocrazia operaia” come i
tipografi.
Con il tempo le Cdl assunsero una
sempre più marcata connotazione politica e divennero i centri propulsori
della lotta di classe che saldava istanze rivendicative e obiettivi di demo-
Con il tempo le camere
del lavoro assunsero una
sempre più marcata
connotazione politica
crazia, entrando in conflitto con le federazioni di categoria, la cui azione
era invece ispirata a una concezione
corporativa e apolitica. Emerse quin-
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di l’esigenza di raccordare i movimenti
delle “due gambe” con cui l’organizzazione sindacale italiana aveva mosso i primi passi e a tale scopo nel settembre 1902 fu costituito a Milano il
Segretariato generale della resistenza.
La direzione riformista. Controllato dai riformisti, il segretariato
si rivelò un organismo inutile, privo
di effettivo potere, incapace di assicurare un minimo coordinamento tra
le varie strutture territoriali e di categoria. Quando nel 1905 la guida del
segretariato passò nelle mani dei sindacalisti rivoluzionari, le federazioni
a guida riformista decisero di costituire un nuovo organismo e ci riuscirono gestendo con abilità sia la fase
preparatoria sia il congresso che portò alla nascita della Cgdl.
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La confederazione nasceva con
il compito di «disciplinare la lotta della classe lavoratrice contro il regime
capitalistico della produzione e del lavoro». Era un’aspirazione destinata a
rimanere tale, perché nei fatti le lotte
più importanti e le conquiste più significative di quegli anni, come la riduzione a otto ore dell’orario di lavoro, furono il frutto dell’iniziativa
delle categorie e delle strutture territoriali. La Cgdl ambiva piuttosto a
proporsi come soggetto politico e interlocutore nei confronti dei pubblici
poteri e con tutti i suoi limiti rispondeva comunque a una necessità vitale per il movimento operaio italiano.
La ricerca dell’unità. Di fronte a
un padronato che veniva unificando i
propri interessi e indirizzi, il sindacato non poteva restare frammentato,
ma doveva tendere a un’unità strategica e organizzativa sul piano nazionale.«L’essersi i riformisti accorti di
tale necessità – osserva lo storico del
sindacalismo italiano, Adolfo Pepe –
legittima il loro trionfo nel nuovo organismo; il non essere riusciti poi a
strutturare su tali basi la Confederazione del lavoro e a dare a essa una
linea politica che fosse il presupposto dell’unità sindacale del proletariato italiano, spiega il fallimento sostanziale che l’egemonia da essi esercitata sul movimento operaio doveva
registrare».
Ungheria 1956
La denuncia dei crimini di Stalin, fatta Il
25 febbraio 1956 da Nikita Kruscev al XX
congresso del Partito comunista dell’Unione sovietica, provoca un certo fermento nei
paesi dell’Europa dell’Est. In molti sperano che il processo di “destalinizzazione”
possa portare a un ammorbidimento dei regimi imposti e sostenuti dal Cremlino.
Il 28 giugno 1956 a Poznan, migliaia di operai scendono in piazza contro il governo polacco che ha respinto le loro richieste di aumenti salariali e di riduzione dei ritmi di lavoro. La protesta, alla quale si uniscono anche gli studenti, viene soffocata nel sangue. In autunno tocca all’Ungheria.
Il 23 ottobre le strade di Budapest sono invase da studenti, intellettuali, lavoratori
che chiedono una radicale trasformazione
della società e dello Stato: libere elezioni,
libertà di stampa, ritiro delle truppe sovietiche, rimozione della statua di Stalin e il
ritorno al potere di Imre Nagy, capo del governo dal 1953 al 1955, caduto in disgrazia per “deviazionismo di destra”.
All’alba del 4 novembre Budapest è invasa
da centinaia di carri armati, contro i quali
si scatena la guerriglia. I combattimenti,
che provocano migliaia di morti, proseguono fino al 7 novembre allorché i sovietici
pongono un ultimatum di 48 ore agli insorti. Il 22 Nagy e altri suoi compagni vengono arrestati e deportati in Romania. Saranno rimpatriati diciotto mesi dopo per subire un processo sommario che si conclude
con la loro condanna a morte per impiccag.s.
gione eseguita il 16 giugno 1958.
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