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29 settembre 2016 delle ore 00:03
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Galleria d'Arte cercasi
Arezzo chiede di riavere il suo “Museo dimenticato”, seguendo una citazione di Enrico Crispolti,
perché “L'esistenza di una pubblica raccolta di opere d'arte contemporanea, complementare ad un
museo relativo all'arte del passato, è indispensabile per la crescita culturale di una città non meno
di una Biblioteca Civica”
Ci sono Castellani, Maccari, De Gregorio,
Clemente, Calabria, Vespignani, Attardi, Cagli,
Berti, Venturi, Chini, Norberto. Erano arrivati
qui, in collezione, grazie al "Premio Arezzo",
nato nel 1959. Da allora la Galleria d'Arte
Moderna della città toscana iniziò la sua attività
espositiva, fino al 1988 a Palazzo Guillichini.
Da lì in poi nulla, fino al 2003, all'ex Albergo
Chiavi D'Oro contiguo alla Chiesa di San
Francesco, restaurato da Andrea Branzi.
Peccato che in realtà, lì, le opere della collezione
(circa 370 pezzi, dei quali 344 documentati e
alcuni solo citati fra disegni, sculture, pittura e
grafica, raccolti dal '59 ai giorni nostri) non ci
siano. Sono invece, in parte, appese alle pareti
della caserma Cadorna che però, stando a quel
che scrive Danilo Sensi in una missiva che
riapre la questione della "GAMeC”, non
risponde ad alcune domande: dove sono finite
le altre opere della collezione? Quante sono
rovinate? Quante scomparse o perdute? Quali
ragioni politiche o economiche non hanno dato
corso al naturale collocamento della collezione
negli spazi dell'ex Chiavi D'Oro? Arezzo, città
che abbiamo visto viva con il Festival Icastica
in questi anni, pare abbia risposto – tramite gli
assessori alla cultura che si sono avvicendati –
che la collezione non vale granché, e che è
troppo oneroso tenere aperta una galleria (già
pronta 13 anni fa). Scrive, ancora Sensi, "
Questo atteggiamento tradisce non solo uno
spazio restaurato e adeguato, ma anche i
promotori del "Premio Arezzo" e l'impegno di
Dario Tenti – primo direttore dell'istituzione e oscura la memoria storica di Arezzo, decine
di mostre realizzate dal 1959 ad oggi, con la
partecipazione di artisti quali Magritte, Ernst,
De Chirico, Savinio, Vespignani, Bacon, Carol
Rama, Morlotti, Fontana, Burri, Guttuso, e
priva la città di Arezzo della libera fruizione di
un bene, che viene considerato sia
culturalmente che economicamente importante”.
Che cosa dire, e come considerare, le volontà
di occultamento di un patrimonio – che forse
non sarà stellare – ma che appunto non farebbe
male alla città e alla cittadinanza? Le risposte
sono benvenute, specialmente se provenienti
dalle autorità. (MB)
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