bollettino_ parrocchiale di settembre

Download Report

Transcript bollettino_ parrocchiale di settembre

N° 3 - Settembre 2016 periodico - Responsabile e Proprietario: Romagnani don Pietro - Redazione: via G. Di Vittorio, 21 - 42035 Felina (RE)
Stampa: La Nuova Tipolito snc - Felina (RE) - Autorizzazione della Curia Diocesana di Reggio Emilia n° 315/92 A del 27.11.1992
Il Vescovo Massimo inaugura
il Nuovo Centro Pastorale Interparrocchiale
noi ci crediamo...
Lettera del Parroco
S
crivo all’interno di questo anno di GIUBILEO STRAORDINARIO della MISERICORDIA. La misericordia è una connotazione di Dio stesso, è Lui il misericordioso,
colui che come ci ha ricordato più volte il
Santo Padre, accoglie e perdona, ed il Santo
Padre ci ha donato quest’anno per entrare
più in profondità in questo modo di essere
di Dio, per farlo divenire un nostro modo di
essere.
Ho potuto però sperimentare un po’ di buonismo e di superficialità nell’accostarsi a
questo termine; “anche se noi siamo in peccato, Dio ci perdona”. Verissimo, ma mentre
noi non badiamo al peccato diversamente
avviene per Dio, il suo è un perdono che
vuole fare crescere: “nessuno ti ha condannato, neppure Io. Va - dice all’adultera - e non
peccare più”. Questo è l’amore e il perdono
di Dio, amore che vuole le crescita della persona amata, e non solo il non scusare o il non
considerare; il comportarsi così è rassegnazione non amore vero.
Il secondo aspetto è che Dio perdona totalmente e gratuitamente, e totalmente dimentica ciò che è avvenuto. Non è facile per noi
crescere anche in questo aspetto, perdoniamo, ma “mi stia lontano”. Lo perdono, ma
appena “mi capita l’occasione”.
Quanto è necessario però crescere in un
atteggiamento di vero perdono, di vera misericordia. Penso alla situazione di genitori
separati che si sono “lasciati male” e di come
ogni piccola occasione diventi il trampolino
di lancio da cui fare uscire “tutto ciò che
devo fare ripagare all’altro”, e le vittime
indifese restano i figli, incapaci di comprendere e dilaniati dal bene che vogliono ad entrambi i genitori.
Quanto bisogno c’è di misericordia anche
tra fratelli, tra parenti che non si parlano per
“sciocchezze” avvenute in passato. E sono
veramente sciocchezze, che le disgrazie che
2- Comunità
purtroppo avvengono sono a volte capaci di
fare risolvere al bene, perché cambiano notevolmente le prospettive.
A proposito di misericordia, nel senso di attenzione all’altro, alle sue necessità, alcuni
nostri ragazzi quest’anno hanno compiuto
una esperienza di servizio, una vacanza con
ragazzi diversamente abili; anche questo è
un capovolgimento di prospettiva, che seppure all’inizio forte, è stato in grado di aprire a
nuove vedute.
Un'altra cosa che sta per ripartire dopo alcuni
anni di fermo è una apertura anche se solo di
poche ore dell’oratorio, luogo in cui i ragazzi
possano ritrovarsi per stare insieme, dialogare, confrontarsi. Anche questa è misericordia,
attenzione agli altri, alla loro crescita.
Desidero pensare che anche tanti altri “miracoli di misericordia” siano avvenuti nelle
nostre case, nelle nostre famiglie, che questo
modo di essere stia entrando sempre più in
profondità in noi, in modo da essere un piccolo riflesso della misericordia di Dio.
Don Pietro
ricchezze
Non confidare nelle tue
stesso».
e non dire: «Basto a me
e la tua forza,
Non seguire il tuo istinto
del tuo cuore.
ni
assecondando le passio
à?»,
ner
mi
Non dire: «Chi mi do
io farà giustizia.
bb
du
za
sen
perché il Signore
e che cosa mi è succesNon dire: «Ho peccato,
paziente.
so?», perché il Signore è
del perdono
Non essere troppo sicuro
o a peccato.
tanto da aggiungere peccat
ne è grande;
sio
Non dire: «La sua compas
i»,
cat
pec
mi perdonerà i molti
sericordia e ira,
perché presso di lui c’è mi
sui peccatori.
e il suo sdegno si riverserà
i al Signore
Non aspettare a convertirt
in giorno,
e non rimandare di giorno
ierà l’ira del Signore
perché improvvisa scopp
ai annientato.
e al tempo del castigo sar
ingiuste:
zze
Non confidare in ricche
della sventura.
rno
gio
non ti gioveranno nel
Siracide cap 5,1-8
Un evento straordinario: il dono di un'ambulanza
A
Grazie Albertina
nche quest’anno, come
sempre nei nostri paesi,
l’estate ha visto un gran susseguirsi di momenti gioiosi
e di iniziative di solidarietà,
ma la festa che si è tenuta al
Fariolo sabato 13 agosto è
stata sicuramente un evento
straordinario. D’altro canto
non capita spesso di ricevere
in dono un’ambulanza nuova
e attrezzata di tutto punto. è
capitato alla Croce Verde di
Castelnovo ne’ Monti e la
generosa donatrice è Albertina Incerti, che ha voluto
in questo modo ricordare il
marito Méntore Gualandri,
scomparso nel 2013. Così il
13 agosto, alle ore 18, a casa
di Albertina, si è svolta la
cerimonia di inaugurazione
dell’ambulanza e il Fariolo
si è insolitamente animato di
mezzi di soccorso, di persone,
autorità e palloncini bianchi
e verdi.
Al centro della festa, voluta e
organizzata dalla Croce Verde
di Castelnovo, c’era lei, la
signora Albertina, un po’ frastornata ma felice perché
ha visto concretizzarsi
un desiderio sorto alcuni
anni fa. All’epoca il marito Mentore era ammalato
e fra loro era intercorsa
una specie di promessa:
chi dei due fosse rimasto
solo avrebbe ricordato
il coniuge attraverso la
donazione di un’ambulanza
alla comunità. Dopo una vita
trascorsa insieme, dopo quasi quarant’anni di lavoro in
Canada nella stessa fabbrica,
quel progetto si è realizzato
e sull’ambulanza Albertina
ha voluto che fosse riportato
il nome del marito. Il giorno
dell’inaugurazione a ringraziarla e a festeggiarla c’erano
davvero molte persone. Nel
giardino della sua casa sono
intervenuti il sindaco Enrico
Bini, il presidente della Croce
Verde di Castelnovo Iacopo Fiorentini, la Direttrice
del Distretto di Castelnovo
ne’ Monti Sonia Gualtieri,
il consiglio direttivo della
Croce Verde, tanti volontari
e tanti amici (fra di essi, la
senatrice Leana Pignedoli).
Sulla grande torta preparata
da Strabba campeggiava un
grande “Grazie Albertina”.
Nel prato antistante erano
schierate tutte le altre ambulanze e, dopo il taglio del nastro e
la benedizione da parte di don
Pietro della nuova ambulanza, dai suoi portelloni è
uscita una miriade di palloncini verdi e bianchi che
sono subito volati in alto:
simbolo di quanto possa
essere intenso (e fertile)
il legame che intercorre
fra cielo e terra, fra chi c’è
ancora e chi non c’è più.
3- Comunità
Pane e vino diventano
Corpo e Sangue di Cristo Gesù
A
ccade proprio lassù, a
1.575 m. di altitudine, in
una cattedrale formata dalla
volta celeste, apparentemente
sostenuta da imponenti faggi
svettanti come colonne e
l’orizzonte a disegnarne immense pareti. Perchè una S.
Messa in una località tanto
lontana e tanto poco comoda? Serve ricordare che da
vent’anni, ricorre infatti il
ventesimo, nel bel mezzo delle
escursioni in montagna del
mercoledì di luglio e agosto, il
programma prevede la S. Messa e a seguire la grigliata, in
luoghi del nostro Appennino
il più possibile diversi l’uno
dall’altro. Quest’anno, perchè
attrezzato in modo conveniente, si è scelto appunto il Passo
di Pradarena. A dare uno spirito del tutto speciale, officiata
da don Pietro, la S. Messa celebra la memoria di due nostri
compagni di viaggio venuti a
mancare lo scorso 2015, Remo
e Fernando, da svariati anni
assidue presenze delle camminate del mercoledì. Delle
35 persone ivi convenute,
solo gli addetti ai lavori non
partecipano all’ascensione al
Cavalbianco, che impegna
invece i rimanenti, e seppur
un po’ affaticati per “l’impresa
alpinistica” appena portata a
4- Comunità
termine, quasi a voler preparare in modo appropriato spirito e corpo agli avvenimenti
successivi, si presentano puntuali all’inizio della funzione
religiosa. Nè sedie, né banchi,
ma tutti in piedi attorno a don
Pietro e all’altare di fortuna.
Quanta intensa partecipazione e raccoglimento! Forse
per il ricordo dei due nostri
cari amici, o per la silenziosa
atmosfera permeata da religiosa sacralità, solo rotta dal
cinguettio melodioso di alcuni
uccellini, che sostituendosi
alla musica di canne d’organo,
accompagnano il rito a loro
modo, stupefatti, io credo,
per l’inusuale accadimento.
Per meglio ricordare Remo
e Fernando, quale canto a
chiusura della S. Messa se
non quello che ha per titolo:
“Signore delle cime”? Dalle
esigenze dello spirito a quelle
del corpo. Già tutto è pronto:
tavoli, sedie, e bottiglie, d’acqua e quelle riservate per i vari
brindisi (i vent’anni di camminate richiedono di essere
festeggiati), mentre nell’aria
aleggiano profumi quanto mai
stimolanti e appettitosi. E’
con l’entusiasmo da gioiosa
brigata che vengono affrontate
succulente salsicce e fette di
coppa, preparate con consu-
mata perizia da Silvia e Meo.
Ogni tavolo è tutto un pulsare
di gaiezza e briosità; è segno
che affanni e preoccupazioni,
seppur momentaneamente,
vengono accantonati. Là uno
scoppio di risa, poco più in là
un coro di evviva e poi brindisi giustificati dai vent’anni
e tutto un allegro parlottare.
Quanta aria di festa sotto i
maestosi faggi, e quanta gioia:
la vedo trasparire dagli occhi,
dal volto di ognuno, e ognuno
può intuire quella di chi gli
sta vicino. Gioia per essere in
armonia con se stessi, per la
scoperta di sentirsi soddisfatti.
Stato d’animo che alimenta
speranze, che spinge come
per incanto a credere nella
vita, alla sua preziosità, alle
sue risorse, nonostante riservi
costantemente sofferenza. Poche gocce di pioggia, cadute
ormai quando la convivialità
volge al termine, nulla tolgono
all’armonia che vi regna. Solo
accelerano il ritorno a casa ,
che avviene fra calorosi saluti,
abbracci e con l’impegno di
ritrovarsi nuovamente l’anno
che verrà ad una altrettanto
gioiosa giornata di festa. A
Dio piacendo.
Rino
3 agosto 2016 - Passo di Pradarena
5- Comunità
GRAZIE A RINO PER I 20 ANNI DI
CAMMINATE NEL NOSTRO APPENNINO!
S
ono già alcune estati che puntualmente
al mercoledì partecipo alle camminate
estive organizzate con cura da Rino Favero.
Un nutrito gruppo di persone, anche provenienti da Reggio e da paesi vicini a Felina,
sono entusiaste di poter trascorrere una giornata alla conoscenza dei numerosi itinerari,
sentieri e panorami mozzafiato che il nostro
Appennino ci propone. Per questo, insieme
a tutti i partecipanti, dai più assidui ad altri
più occasionali, ringrazio di cuore Rino che
con la sua conoscenza approfondita della
montagna (è di origini venete ed è vissuto
a Milano) ha messo a disposizione il suo
tempo per farci scoprire le nostre montagne,
magari non così valorizzate; spiegandoci di
volta in volta i vari tragitti con una cartina
dettagliata così da poter ripetere anche da
soli le camminate e insegnarle a nostra volta. Bellissime le escursioni sul monte Casarola, sul Sillano, ai prati di Sara, alla punta
Buffanaro e ai caratteristici borghi di Torsana e Camporaghena vicino a Sassalbo, tanto
per citarne alcune.Camminando ci si accorge che la montagna non è solo panorama,
boschi, fontane dove ristorarsi; si imparano
ad apprezzare il silenzio e la quiete contro
i rumori che imperversano nelle nostre vite
dalle più svariate fonti. Penso che talvolta
si eviti il silenzio per evitare gli interrogativi fondamentali, si dedica tempo infinito
al cellulare ( per fortuna in montagna non
c'é campo!) per comunicare il nulla e si usa
sempre più raramente la parola per un vero
dialogo col prossimo. Ecco che allora la
camminata nella natura rappresenta anche
un'occasione per costruire rapporti umani
come l'amicizia e la solidarietà; per scoprire il piacere della meditazione. Il "salire" è
anche, per noi cattolici, metafora dell'avvicinarsi a Dio; anche Maria infatti si era messa in viaggio verso la montagna per portare
Gesú alla cugina Elisabetta. Per tutti questi
significati che la montagna puó offrire ringraziamo Rino, con l'augurio di poter continuare con le camminate anche nei prossimi
anni.
Rosaria Zini
6- Comunità
GOMBIO - le memorie di
Un prete tra i partigiani
Siamo alla terza puntata delle memorie di Don Guido Riva che
nell’Aprile del 1944 era ospite alla canonica di Gombio per
aiutare Don Paolo Incerti, ammalato di “febbri maltesi”, ma
in realtà, per stare lontano dai pericoli che correva in città
a causa della sua vicinanza a personaggi della Resistenza.
Dopo il racconto della vicenda relativa alla fuga della maestrina da Gombio, Don Guido ricorda altri fatti che fanno
prevedere eventi minacciosi. Alcune parti del dattiloscritto
vengono riassunte per evitare ripetizioni inutili alla comprensione dei fatti. (Dino Fracassi)
“Due russi si fermano al
mulino che è sulla strada che
da Beleo porta a Gombio.
Il mugnaio è un comunista
completo, dall’unghia del
dito piccolo al vertice del
capello più lungo. Quante
discussioni con lui! Il suo
chiodo era uguale al mio:
l’amore per i poveri ...menati
per il naso.
I due l’avevano convinto, con
uno stentato italiano: “noi
essere russi”. E lui: “state ben
qui con me...” E giù del salame, del vino e pane in quantità. Dal mugnaio vengono a
sapere che da lì passano tutti i
giorni un inglese e un americano. “Sono alleati, così non
sarete più soli”. I “russi” si
dimostrano molto contenti e
continuano a mangiare e bere
più gioiosi di prima. Arrivano
i due attesi, e dopo scambio
disaluti e convenevoli, si
avviano tutti e quattro verso
Casa Ferrari.
Dopo circa 15 minuti di
cammino, l’inglese fa cenno
agli altri che ha un impellente
bisogno fisiologico e si allontana dal gruppo sparendo alla
vista. Lo stesso racconterà
d’aver sentito uno sparo e
d’aver pregato per il suo
amico. Evidentemente si era
accorto del tranello dei due
tedeschi spacciatisi per russi.
Il giorno dopo l’americano
verrà trovato morto nella
località “i Boschi” con un
solo colpo al petto. Dei due
finti russi più nulla.
L’inglese e l’americano, durante il giorno, per mangiare,
andavano a lavorare nei campi dove trovavano e la sera
rientravano a Casa Ferrari per
andare a dormire in vetta al
monte, in una capanna da loro
custruita per non pesare sulle
famiglie del borgo. Erano due
militari fuggiti da un campo
di concentramento che si
erano insediati in quel posto
in attesa della fine della guerra, ma non facevano attività
.3
politica o militare.
Il tre Aprile 1944, Lunedì
della Settimana Santa, alle
ore 7 ero a Vedriano per
confessare e predicare poiché
si tenevano le “quarantore”.
Era presto e mi attardai sul
sagrato ad ammirare il panorama mattutino di monti
e valli, con i loro gruppetti
di case.
Ad un certo momento, dalla
parte del Castellaro scorgo
militi fascisti che, in fila
indiana scendono verso
Gombio. Lo stesso movimento di numerosi militari
lo vedo scendere anche da
Leguigno. Vado da Don Canedoli, parroco di Vedriano,
e dico:”Truppe fasciste stanno venendo qui: Io torno a
Gombio”. Una volata lungo
la discesa che porta al Tassobbio, lo attraverso sulla trave
che fa da ponte nel punto più
stretto e, come gatto in fuga,
corro su per l’erta che porta
alla chiesa di Gombio.
Stanno suonando le campane
a festa, anche qui per le “quarantore”. Urlo al campanaro
di smettere.
Invito la gente a rientrare in
fretta a casa e tutti i presenti
sono presi da un pesante
silenzio d’attesa.
Chiedo alla Divina (bel nome
per una perpetua) di preparare
7- Comunità
qualcosa da mangiare, nel
caso fossimo arrestati. Poi
salgo in camera dal parroco, a
letto con la febbre, lo prego di
alzarsi e scendere con gli altri,
perché se i fascisti lo trovano
a letto possono sospettare una
finta e lo fucilano.
Sono le 11 e un quarto, stiamo
mangiando. Con noi c’è anche il padre predicatore delle
quarantore. Non si vede e non
si sente nulla. Esco, vado dai
contadini, ma anch’essi non
sanno nulla. Ci rimettiamo a
tavola e Don Incerti comincia
a scherzare dicendo: “Don
Guido, ci hai spavantati e
basta”. Dico: “Anch’io qui
non ho visto nulla e vorrei
proprio avervi spaventati
per niente” Poi racconto la
faccenda del mugnaio con i
finti russi; che il giorno prima
avevo fatto nascondere i fucili da caccia; che i fascisti a
Gombio non ci metterebbero
piede, ma che i tedeschi la
pensano diversamente.
Ad un certo punto sentiamo
dei passi dietro alla Canonica.
Guardo e vedo un tedesco.
Si sente bussare alla porta.
Dico a Don Incerti: “Vada
lei che è il Parroco”. Esce
e non ritorna. Dico anche
al Predicatore: “Vada lei”,
come se io volessi difendere
la canoica dallo straniero. Il
padre va ...e non torna. Esco
anch’io...e sono messo contro
il muro della chiesa a fianco
degli altri due davanti ad una
bella mitragliatrice.
(continua)
8- Comunità
Gombio. Pesca di beneficenza
per restauro statua Madonna
N
el 2003, con la visita
del Vescovo Adriano e
l’amministrazione di cresime
e comunioni ai bambini di
Gombio e Villaberza, si concludevano i lavori di recupero
dell’antica chiesa di Gombio,
abbandonata da una trentina
d’anni. Successivamente,
venivano completati anche
quelli della canonica.
Parallelamente alle opere di
muratura venivano restaurati
anche gli arredi, quali: altari,
quadri, banchi, cassepanche,
confessionali, via crucis,
bancone della sagrestia, ecc.;
in parte mandati a laboratori
specializzati e in parte restaurati in loco.
Restavano da sistemare la
settencesca statua della Madonna e l’organo semidistrutto da un fulmine nel 1937.
Erano stati fatti a suo tempo
i preventivi di spesa, ma ne
era stato rinviato l’intervento per la mancanza di fondi,
considerato che per l’organo
occorrevano 35.000 euro e
perché, con una buona pulizia, la statua della Madonna
era tornata presentabile alla
venerazione dei fedeli.
Tuttavia, sulla statua restavano evidenti i segni del logorio
dovuti al tempo e all’abbandono per cui era giunto il
tempo di provvedere ad un
intervento a regola d’arte.
Come già accennato, è una
statua del ‘700, realizzata in
tela gessata e dipinta.
Ha il Bambino in braccio ed
è caratterizzata da un movimento che dà l’impressione
d’avvicinarsi a chi le sta di
fronte.
E’ particolamente cara ai
gombiesi, soprattutto alle
donne e alle mamme.
Per questo intervento, il parroco ha provveduto a consultare
un laboratorio specializzato
e a chiederne il preventivo
di spesa.
Per non pesare sullo scarno
bilancio della parrocchia, è
stata aperta una PESCA DI
BENEFICENZA nei martedì
sera, in concomitanza dell’attività estiva del ristorante nei
pressi della chiesa.
Nel locale della pesca era
esposta una foto della statua
e la chiesa era aperta per chi
la voleva vedere da vicino.
Il ricavato è stato più che
sufficiente a coprire la spesa
preventivata.
Il successo dell’iniziativa è
di chi se ne è fatto carico e
delle signore di Gombio, Villaberza, Felina e dintorni che
si sono predigate nel fornire
gli oggetti del monte premi.
I “pescatori” più accaniti sono
stati i bambini che hanno
portato genitori, nonni e zii
a ...tentare la fortuna.
Un GRAZIE DI CUORE a
tutti.
CORRISPONDENZA
Chiara ci scrive dalla Bolivia
Cochabamba, 12 de Julio de 2016
D
ue mesi fa è arrivato a casa un nuovo
angioletto. Si chiama René, sabato era
il suo compleanno. 5 anni, è bellissimo.
Quando aveva solo dieci giorni di vita ha
avuto un incidente in moto con i genitori, nel
quale la madre morì. Del padre, purtroppo,
non si sa nulla.
René
René ha altri fratelli più grandi che vivono
con la nonna. Anche lui prima viveva con
loro, sulle montagne, in una casa troppo
piccola per tutti, senza acqua, luce, molto
umile e povera. La nonna si prendeva cura
di lui e gli dava amore e attenzioni, però l'età
avanzata non le permette più di farlo crescere
bene e ha preferito chiedere aiuto. Proprio
ieri è venuta a trovarlo. Che incredibile
emozione! Lo hanno portato qui alla casa
dall'ospedale e abbiamo scoperto che la
causa principale della sua idranencefalia
è stato l'incidente, che non ha permesso al
cervello di svilupparsi e crescere. René non
si muove, ti guarda con i suoi occhi neri e si
lascia coccolare tranquillo. Sorride. Gli piace
stare in braccio ed è piccolino per avere già
5 anni. Anche lui, come molti altri bimbi che
ora sono con noi, era denutrito e, per questo,
sta ritardando nella crescita, ma grazie
alle terapie, agli stimoli e all’affetto di una
famiglia potrà recuperarsi e, magari, iniziare
a muoversi di più. I progressi che fanno
questi bimbi sono impressionanti, Dani, per
esempio, mi hanno raccontato che quando
arrivò alla casa non si muoveva, non reagiva,
mentre ora non riesce a stare fermo un
momento, si rotola beato sul suo materasso,
alza la testolina, sorride, fa i suoi discorsi e
batte le mani. E’ una creaturina meravigliosa,
alla quale nessuno può resistere! Anche
Teresita, che vive con noi, ha fatto passi
da gigante. A causa di gravi infezioni che
hanno colpito la madre durante la gravidanza
non parla, è praticamente cieca ed è stata
abbandonata in un centro per bambini
disabili, che, purtroppo, è tra i peggiori della
città. Ha vissuto i primi 4/5 anni della sua
vita sempre in una culla, al buio. Quando
arrivò qui, circa 3 anni fa, non camminava,
non mangiava sola e aveva continuamente
crisi, si auto aggrediva graffiandosi,
strappandosi i capelli e mordendo. Durante
quel periodo dovettero rasarla a zero varie
Teresita
9- Comunità
volte e costruire delle protezioni da metterle
nelle braccia per evitare che si facesse del
male. Ora Tere ha iniziato a camminare,
prende il cucchiaio con la sua mano e se lo
porta alla bocca per mangiare, così come
con il bicchiere quando vuole bere, ride,
parla con una lingua tutta sua, fatta di versi
che ricordano la giungla e i suoi animali, è
una perfetta equilibrista, adora giocare con
gli oggetti che fanno rumore e vive nel suo
mondo, in cui molte volte preferisce stare
sola, però è decisamente più socievole
e tranquilla. E tanti altri angioletti sono
arrivati insieme a René in queste settimane.
Tra questi ci sono due splendide gemelline,
Analía e Aleyda. Sono molto piccole per
avere un anno. Semplicemente meravigliose,
tenere, dolci (anche quando strillano!) e
così indifese. Adorano stare in braccio e
farsi coccolare, in questi giorni hanno anche
iniziato a sorridere e stanno spuntando i primi
dentini, mangiano tutto il giorno, nonostante
alcune difficoltà a deglutire, ma migliorano
sempre di più! Passiamo giornate molto
lunghe e impegnative, fatte di pannolini
sporchi, biberon, pappe, pianti, in cui si
arrivava a sera sfiniti, stanchi e senza forze,
però felici. Alcuni dei bimbi adesso sono
con le famiglie della ciudadela, che si sono
offerte umilmente e gentilmente di tenerli e
offrirgli amore e attenzioni fino all’arrivo di
una famiglia adottiva, mentre altri sono già
nelle loro nuove case. Qui si “appoggia”
l’adozione, se così si può dire, e si fa di tutto
affinché i bimbi che non hanno la fortuna
di avere i genitori biologici possano essere
“hijos de corazón” (figli del cuore) ed evitare
che crescano all’interno di un orfanotrofio.
Ed è sempre bello ed emozionante vedere i
progressi che fanno quando vivono con una
famiglia. L’amore e il calore di una casa
aiutano e stimolano molto la loro crescita.
Le pratiche di adozione sono lunghissime,
10- Comunità
ma si cerca sempre di appoggiare al meglio
la famiglia e seguire attentamente ogni caso
in modo che vada tutto bene e non ci siano
problemi.
E’ passato ormai più di un anno e sono
infinite le cose che ho visto, che mi sono
successe, a cui nemmeno io posso credere.
Ho capito finalmente cos’è il vero amore,
grazie alla semplicità che si incontra nei gesti
e negli sguardi di questi piccolini, ho capito
che non è sempre e solo “dare” nella vita, ma
anche “ricevere”, che durante i momenti di
sconforto e solitudine non devi tenere tutto
dentro, ma parlarne e liberarti, perché la
famiglia e gli amici ti ascolteranno sempre,
che bisogna cercare di vivere con allegria,
umiltà e amore. Ho deciso di rimanere ancora
un po’ di tempo qui, non sono ancora pronta
a separarmi dai sorrisi di questi angioletti...
A presto e GRAZIE DI CUORE per le
offerte che sono arrivate da Felina e da tutta
la montagna e un abbraccio davvero speciale
ai bellissimi ragazzi di seconda media che
hanno ricevuto quest’anno il sacramento
della Cresima e ai bimbi della sezione B
della Scuola dell’Infanzia di Felina, alle
loro maestre e bidelle, che hanno deciso di
aiutare la casa facendo una super donazione!
GRACIAS a tutti!
p.s. Il piccolo Beymar è tornato dall’Argentina.
I primi giorni aveva cominciato a mangiare
bene, però ha avuto complicazioni e, ora,
dovrà continuare ad alimentarsi attraverso
sonda. A novembre tornerà a Buenos Aires
e i medici vedranno se, questa volta, sarà il
caso di operare. Mi sorprende sempre di più
questo bimbetto. Quando ci viene a trovare
gli piace stare in giardino cantando canzoni
in quechua e spagnolo, sempre sorridente e
solare. Che ometto coraggioso!
Besos
Chiara
Mi chiamo Anthony Yankey...
S
i sente spesso parlare di
immigrati che arrivano ed
io sono uno di loro, mi ritengo
molto fortunato ora anche se il
mio viaggio è stato molto doloroso.
Mi chiamo Anthony Yankey.
Vengo dall'ovest del Ghana,
da un paesino al confine con
la Costa d'Avorio, Aiyinase.
Vengo da una famiglia povera,
sono l'ultimo di dieci fratelli;
quando sono nato mio padre
era già amputato ad una gamba, non poteva lavorare per assicurarci una vita dignitosa nè
per farci studiare.
Io fin da piccolo ho coltivato
il desiderio di studiare per non
fare la fine della maggior parte
dei miei amici che trascorrevano le giornate in strada arrangiandosi per sopravvivere
e così avrebbero continuato a
fare anche diventati adulti. Ho
iniziato la scuola ma l'ho dovuta interrompere dopo pochi
anni perchè la mia famiglia
non poteva mantenermi negli studi, così sono andato a
lavorare per tre anni in Costa
d'Avorio con uno zio e con
lui ho imparato a fare l'orafo.
A tredici anni sono ritornato a
scuola, dove però venivo preso
in giro dai ragazzini più piccoli con i quali ero in classe. A
scuola ero bravo e quando rientravo a casa la mamma era
molto contenta che riuscissi
negli studi, ma allo stesso tempo dispiaciuta per non esser
riuscita a fare studiare anche
tutti gli altri. Fu un insegnante
dei primi anni di scuola che mi
mantenne alle superiori; io l'ho
sempre considerato come un
papà e lo aiutavo nelle faccende domestiche.
Il mio sogno era diventare un
giornalista che raccontasse le
notizie e le condizioni delle
persone nelle varie parti del
mondo. Per aiutare la mia famiglia, ho insegnato in una
scuola privata, ma i soldi rimanevano pochi e altri lavori più
vantaggiosi economicamente
non si trovavano, quindi ho
cominciato a desiderare di andare a lavorare in Libia.
Per potermi permettere il viaggio ho cercato un lavoro più
redditizio e sono stato assunto da un benzinaio per alcuni
mesi. Il desiderio di partire per
approfondire gli studi non mi
ha mai abbandonato, così durante un turno di lavoro, una
notte, ho iniziato il mio viaggio, senza avvisare nessuno a
casa, ma dopo aver attraversato il confine con il Burkina
Faso ho telefonato ad un mio
amico dicendogli dove avevo
nascosto dei soldi da dare a
mia mamma e di avvisarla che
ero partito.
Era il 2007 e già all'inizio la
strada si fa difficile perchè
l'autista del pullman che doveva caricare me e tanti altri,
dopo aver raccolto i soldi, si è
dileguato. Così si è ripresentato il problema di cercare altri
soldi e ho trovato lavoro come
venditore di acqua.
Dopo otto mesi siamo partiti su un pick-up; eravamo in
44, quarantadue uomini e due
donne, ma eravamo così stretti
che le nostre gambe e braccia
avevano perso ogni sensibilità
e quando ci si fermava l'autista
veniva a muoverci per riattivarci la circolazione. Avevamo con noi un po' di biscotti
e farina di manioca. Eravamo
ancora in Burkina Faso quando nel deserto siamo stati assaliti dai briganti che ci hanno
spogliati di quel poco che avevamo, ci hanno lasciato solo
acqua ed hanno rapito le due
donne di cui non abbiamo più
saputo nulla! Siamo ripartiti e,
dopo tre giorni, altri briganti ci
hanno rubato tutta l'acqua e il
cibo.
Dopo aver attraversato Burkina Faso, Mali, Niger, l'autista
ci ha lasciati vicino al confine
con la Libia dove ci ha indicato due possibilità: o farci guidare dalle luci dei paesi con
la certezza che ci avrebbero
arrestati ed imprigionati, oppure entrare da una zona buia
per evitare le guardie. Dopo
tre giorni di cammino senza
mangiare né bere ero stanco,
sfinito, mi sanguinavano i piedi; insieme ad altri ho deciso
di entrare in Libia dalla strada
più centrale dove si trovavano
le guardia, perchè almeno in
carcere avremmo avuto pane e
11- Comunità
acqua. Così è stato, siamo stati
condotti in un carcere sotterraneo in cui sono rimasto sei
mesi con i miei amici. La vita
in carcere era molto dura e se
non rispettavi le rigidissime
regole eri punito con violenze fisiche o con privazione di
cibo. Il carcere era difeso da
tre muri di cinta, molto difficile evadere senza la complicità
delle guardie. Un giorno una
guardia mi ha chiesto se avevo
dei soldi, gli ho risposto che
avrei potuto procurarmeli se
mi faceva telefonare a casa ad
un amico, così ha fatto e mio
fratello mi ha mandato i soldi.
Una notte la stessa guardia
mi ha aiutato a superare i tre
muri, ho attraversato a piedi
una zona deserta finchè sono
arrivato in un paese di nome
Brac (che significa nero) e lì
un uomo mi ha condotto da
un ghanese dal quale mi sono
fermato a lavorare per qualche mese; volevo poi spostarmi a Tripoli per lavorare ed
il ghanese mi ha organizzato
un viaggio su un pick-up coperto pieno di clandestini. A
Tripoli ho fatto il muratore
per un anno e mezzo e per un
altro anno e mezzo ho riempito bombole di gas; in Libia ci
sono tante persone provenienti
dai vari paesi dell'Africa, lavorano tutti, rimanendo in clandestinità, sempre nascosti nel
luogo di lavoro o nell'abitazione, perchè se ti trovano in giro
sei arrestato.
Nel frattempo è arrivato il
2011 ed è scoppiata la guerra:
i militari cominciano a distruggere tutto, campi, negozi, non
si trova né cibo né benzina. Io
rimango chiuso nella mia stanza di lavoro e vivo lì finchè un
12- Comunità
giorno il mio padrone mi riferisce che il presidente Gheddafi sta organizzando alcuni
viaggi verso l'Europa, allora
decido di partire ed il 9 giugno
mi metto in mare. Siamo in
400 sulla barca; è una barca sicura, guidata da un equipaggio
esperto poichè organizzata dal
governo, non come quelle che
partiranno successivamente
guidate da scafisti senza scrupoli.
L'11 giugno arrivo a Lampedusa, dopo più di 4 anni dalla
partenza da casa; dopo essere
stato registrato sono subito stato portato a Bari per due settimane, poi a Bologna. Da lì siamo saliti a Cervarezza in dieci,
dove ci siamo sentiti abbandonati, senza alcuna informazione sul nostro futuro. Dopo un
mese siamo stati trasferiti in
albergo a Casina da Piera che,
invece, ci ha accolti come una
mamma e da cui siamo rimasti
otto mesi. Abbiamo conosciuto alcuni giovani che ci hanno
informati della presenza della
scuola di italiano, così abbiamo iniziato a frequentarla.
L'insegnante, Normanna, è
stata per noi molto preziosa.
Quando incontravamo le persone per strada salutavamo,
ma spesso non eravamo ricambiati e questo era per noi
fonte di disagio e amarezza.
La cooperativa “L'Ovile” che
gestiva il nostro programma
di inserimento come profughi
nel territorio della montagna
ci ha fatto conoscere Mohammed, un mediatore culturale,
che ci ha ulteriormente aiutati
ad approfondire la conoscenza
del luogo che abitiamo e delle
sue opportunità; con lui abbiamo iniziato a rendere abitabile
e ad arredare l'appartamento
in cui tuttora viviamo a Felina nella casa all'interno dei
vivaio “Pratolungo”. Arrivato
qui, dopo un viaggio doloroso e travagliato, ho trovato
una sede definitiva che mi ha
permesso di iniziare a pensare
al mio futuro, così ho iniziato
il percorso scolastico, conseguendo il diploma elementare
e medie e mi sono iscritto al
corso “Iodi” dei servizi sociali serale. Per mantenermi
economicamente contemporaneamente ho lavorato per 8
mesi in un'azienda agricola a
Coliolla che raggiungevo in
bicicletta. La scuola prevedeva
uno stage lavorativo: mi hanno mandato alla Casa di riposo
“Villa Paola” dove mi è stato
proposto di lavorare come addetto ai servizi di pulizie; ho
accettato molto volentieri perchè era molto più comodo che
il lavoro precedente, soprattutto perchè potevo utilizzare i
mezzi pubblici. Nel frattempo
ho utilizzato i miei stipendi per
conseguire la patente di guida
e riuscire ad avere maggiore
autonomia negli spostamenti.
A Villa Paola ho sentito il calore delle persone, sia degli
operatori che degli ospiti e
mi sono sentito utile nel mio
lavoro; così ha cominciato a
farsi spazio in me l'idea che la
mia realizzazione professionale possa essere nell'assistenza
alle persone in difficoltà.
Appena ho avuto la possibilità con il riconoscimento dello
status di rifugiato sono tornato
in Ghana, così come ero partito, senza avvisare nessuno.
L'incontro con mia mamma è
stato ricco di stupore, meraviglia e incredulità; purtroppo
nel frattempo era morto mio
papà, già gravemente ammalato ed il fratello maggiore per
una banale infezione che qui
avrebbe potuto curare. Ho visto negli occhi di mia mamma
la gioia ed è anche per lei se
continuo a vivere con grande
determinazione e speranza,
impegnandomi nello studio e
nel lavoro.
Il mio sogno è di diventare
infermiere, quindi la strada è
ancora lunga, ma ora mi sento tranquillo perchè sto lavorando, ho un'abitazione e ho
la possibilità di proseguire gli
studi.
Ora il mio sogno iniziale è un
po' sfumato di diventare giornalista... ma continuano ad appassionarmi le notizie di attualità dal mondo e mi piacerebbe
fare qualcosa per portare un
cambiamento, per migliorare
questo mondo.
Mi sono presentato perchè
quando mi vedete in paese non
siate spaventati o diffidenti, è
comprensibile se non ci si conosce, ma ora mi conoscete
ed io mi sento bene in questo
luogo e ringrazio tutti quelli
che mi hanno aiutato e come
ho gia detto all'inizio mi sento
fortunato, soprattutto se penso
alle migliaia di immigrati che
stanno arrivando ora in mano
a criminali.
Capisco il desiderio di migliorare la propria condizione
e quindi il desiderio di uscire
da guerra e povertà (come ho
fatto anch'io), ma la cosa migliore sarebbe essere aiutati
nei propri paesi.
la nostra esperienza
al mare con l'Unitalsi
N
oi ragazzi della parrocchia di Felina, insieme
ai ragazzi di Castelnovo, abbiamo deciso quest'anno di
fare questa esperienza con
i ragazzi disabili, dedicandoci agli altri, e non a noi
stessi, come ormai facciamo
tutti i giorni. A fine luglio,
siamo partiti con l'Unitalsi
per trascorrere una settimana al mare.
Qui abbiamo incontrato
ragazzi speciali e in poco
tempo abbiamo legato con
loro. Le cose da fare erano
molte: dal tener loro compagnia ad accompagnarli in
bagno, ma con molta volontà e impegno ce l'abbiamo
fatta. Noi avevamo paura di
non riuscirci, di non essere
all'altezza, ma questi ragaz-
zi stupendi ci hanno subito
fatto sentire a nostro agio.
Ci sono stati momenti bellissimi ma anche altri molto
impegnativi dove eravamo
obbligati a pensare prima
alla persona che avevamo
davanti che a noi, ma non ci
siamo mai scoraggiati, grazie anche ai volontari più
grandi che ci hanno sempre
aiutato e ascoltato.
Questa esperienza ci ha lasciato molto a tutti noi del
primo anno. Ha fatto cadere
molti pregiudizi e ci ha fatto
capire che non tutti hanno le
nostre possibilità.
Torneremo sicuramente il
prossimo anno perché non
possiamo fare più a meno
dei nostri ragazzi!
Sara, Dario, Davide
Antony Yankey
13- Comunità
Il nuovo Centro Pastorale
Interparrocchiale
Sabato 10 settembre il Vescovo Massimo ha
inaugurato, a Castelnovo ne' Monti, il nuovo Centro Pastorale Interparrocchiale. Uno
splendido edificio che diverrà importante
luogo di incontro ed amicizia per tutta la popolazione castelnovese (e non solo).
Anche tutta la comunità di Felina e dintorni
è chiamata a partecipare alle attività vicariali
che verranno presentate nei giorni a venire.
Il nuovo Centro Pastorale è dedicato in particolare a tutti i ragazzi che dovranno essere
il vero cuore pulsante della grande struttura.
notizie
caritas
La raccolta straordinaria di generi alimentari, effettuata sabato 9 luglio presso
il Market Il Castello (Sigma) a Felina, ha
ottenuto risultati oltre le aspettative.
Un grazie di cuore a tutti i volontari che
Domenica 24 luglio le forti precipitazioni
atmosferiche che si sono abbattute su Felina hanno fatto crollare il tetto dell’ex asilo,
edificio che fa parte del complesso di Casa
Nostra ma che non è stato restaurato insieme alla “Casa Verde”. Si è reso necessario
trovare un’impresa che potesse velocemente
procedere alla sistemazione. Questi lavori
hanno comportato una spesa, del tutto imprevista, di circa 12.000 €. Qualcuno ha subito
commentato “Piove sul bagnato!”.
14- Comunità
Per questo motivo, si è pensato di riattivare
l'oratorio a Felina, in modo che i nostri ragazzi e i nostri bambini, possano ritrovarsi
e formare gruppi per singole fasce di età e
partecipare così alle varie proposte di attività
oratoriale o di catechesi che si svolgeranno
nel nuovo Centro Pastorale.
hanno dedicato il loro tempo coprendo i
turni per l’intera giornata. Ma soprattutto
esprimiamo un profondo ringraziamento ai ragazzi che si sono alternati al banchetto, impegnandosi con responsabilità
al servizio dei più bisognosi.
Un ringraziamento particolare va ai titolari
del Market Il Castello che hanno aderito
con entusiasmo all'iniziativa dimostrando
grande generosità.
Per chi desidera aiutare la Fondazione può
versare un contributo sulla Banca Unicredit,
filiale di Castelnovo ne' Monti, c/c intestato a
Fondazione Don Artemio Zanni
IBAN: IT 02 O 02008 66280 000101134900
15- Comunità
Calendario Liturgico
Sabato 1 ottobre
Festa d’inizio catechismo
A Gatta ore 20,00 processione con recita del
Santo Rosario, a seguire relazioni sulla chiesa
e sull’essere comunità.
Domenica 20 novembre
Solennità di Cristo RE
ore 8,00 S.Messa a Felina
ore 9,30 S.Messa a Gatta
ore 11,00 S.Messa a Felina e Villaberza.
Domenica 2 ottobre
A Gatta Sagra della madonna del Rosario
e centenario di costruzione della chiesa
Pranzo in parrocchia
Domenica 27 novembre
1ª domenica di Avvento
ore 8,00 S.Messa a Felina
ore 9,30 S.Messa a Gatta
ore 11,00 S.Messa a Felina e Villaberza.
Lunedì 3 ottobre
Anniversario della morte di don Renzo Bonini
(3 ottobre 1988)
Da lunedì 3 a sabato 8 ottobre
Inizio catechismo
Giovedì 13 ottobre
ore 20,30 Marcia penitenziale del 13 del
mese (alla chiesa di Cagnola)
Con il cambio dell’ora il 29 ottobre,
da lunedì 31 ottobre le S. Messe
vespertine vengono riportate
alle ore 18.00, compresa la festiva
anticipata del sabato
Martedì 29 novembre
Inizia la novena dell’Immacolata (Cappella
di Casa Nostra)
Domenica 4 dicembre
2ª domenica di Avvento
Mercoledì 7 dicembre
Festa di S. Ambrogio patrono di Villaberza
Giovedì 8 dicembre
Solennità dell’immacolata
concezione della B.V. Maria
ore 8,00 S.Messa a Felina
ore 9,30 S.Messa a Gatta
ore 11,00 S.Messa a Felina e Villaberza.
Martedì 1 novembre
Solennità di Tutti i Santi
ore 8,00 S.Messa a Casa Nostra
ore 9,00 S.Messa a Gombio e a seguire
benedizione tombe al cimitero
ore 11,00 S.Messa a Felina e a Villaberza
ore 15,00 S.Messa a Gatta e a seguire benedizione tombe al cimitero
Domenica 11 dicembre
3ª domenica di Avvento
Mercoledì 2 novembre
Commemorazione dei Fedeli Defunti
ore 10,00 S.Messa a Montecastagneto nel
cimitero
ore 15,00 S.Messa a Felina nel cimitero
Domenica 25 dicembre
Santo Natale di Nostro Signore Gesù
Cristo
16- Comunità
Venerdì 16 dicembre
Inizia la novena del Santo Natale
Domenica 18 dicembre
4ª domenica di Avvento