Abito le profondità oscure dell`Universo che mi è stato assegnato

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Transcript Abito le profondità oscure dell`Universo che mi è stato assegnato

aldo sottofattori
Racconti cattivi
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Indice
 Il lamento del Demiurgo
 La notte del risveglio al tempo
della mucca pazza
 Apologia di Caino
 Lettera a un padre
 La città ideale della signora Dantoni
 Le ultime pagine del diario di un
ex-commissario di polizia
 Un prologo, due dialoghi e un intermezzo
sul giusto modo di considerare l’orrenda
pratica vivisettoria altrimenti detta
“sperimentazione animale”
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Avvertenza
I sette racconti qui raccolti sono stati scritti
lungo un periodo di quindici anni e pubblicati,
talvolta sotto pseudonimo, sul sito web
“Rinascita Animalista”. Ogni riferimento a
situazioni di cronaca e personaggi reali è
puramente casuale. Altresì, ogni riferimento a
rispettabili e stimatissimi ambienti professionali
ha una funzione esclusivamente narrativa e non
si pone lo scopo di stimolare l’odio sociale né
atti violenti, bensì di far comprendere il corto
circuito che si può creare quando la
compassione e l'empatia dei protagonisti
entrano in conflitto con la sordità di una società
refrattaria ad accoglierle.
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Il lamento del Demiurgo
Abito le profondità oscure dell'Universo che mi
è stato assegnato dalla Luce Originaria. Le abito
da un tempo immemorabile. Ricordo ancora il
mandato: “Governerai questo spazio finché anche il tuo tempo scadrà. Potrai creare a tuo piacimento il suo arredo, sempre per aggiunta, mai
per sottrazione, ma bada ai tuoi atti perché tu
non debba provare rimorso”.
Scelsi il silenzio per 100 miliardi di anni, la
quiete suprema era il mio Regno. Solo in seguito la pace mi oppresse. Allora, da una porzione
di vuoto, generai la grande esplosione. Fu così
che le galassie occuparono il Mondo e lo spazio
infinito fu invaso da infiniti volumi.
Le immense geometrie mi inebriarono e così
continuai a generare: stelle, pianeti, sistemi
completi…; ad ogni aggiunta il gioco si complicava e il disegno nella grande scacchiera era
sempre più vasto. La mia mente si rifletteva nella complessità e la comprendeva appieno. Tutto
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quanto era fuori di me era anche dentro di me.
Sempre uguale a sé stesso. Rivenne allora il
tempo della noia fatale.
Volli dare colore al Mondo. Scelsi un angolo
della Creazione e diedi inizio alla grande costruzione demiurgica. Il primo giorno feci il
mare. Il secondo giorno generai la terra. Il terzo
giorno volli il cielo. Ma tutto questo non mi bastò. Così il quarto giorno portai a compimento
le piante per ornare il mare e la terra. Fui felice
della mia potestà. Un semplice fiore mi parve
una meraviglia abile a offuscare l'Universo tutto. Elessi questo spazio a dimora silenziosa e regno di infinita bellezza. Sentivo le forme, sentivo i colori, sentivo gli odori, sentivo il frusciare
del vento tra i rami, sentivo il gorgogliare dei
ruscelli e provai una ebbrezza infinita; il gioco
delle sfere era un ricordo.
Ma non fui ancora saziato. Giunse il quinto
giorno e diedi abitanti al cielo, alle acque, alla
terra. Gli insetti, i pesci, gli uccelli, gli animali
terrestri presero possesso della Terra e io vivevo
con loro in questa splendente creazione. La Terra era la mia dimora. Ero anche altrove, in ogni
luogo, ma la mia presenza era più densa in que8
sto Eden divino in cui mi perdevo. Non più geometrie, ma vita! Non orbite sempre uguali, ma
caos rigenerativo in cui mi smarrivo. Mi fondevo negli esseri e gli esseri si fondevano in me.
La storia era a tempo, ma ogni cosa, ogni essere
ha un tempo, anche gli dei. Perciò vivevo nella
pienezza dell'Essere, felice di questo luogo perfetto rigenerato da nascite e morti.
Ma accadde qualcosa. Nella savana una leonessa prese un piccolo orice e, rinunciando a cibarsene secondo lo schema che avevo previsto, lo
tenne con sé. Lo accudiva, lo leccava, come fosse uno dei suoi figli. Guardai sorpreso questo
strano connubio che non durò a lungo. Un leone
affamato piombò sul piccolo orice e lo sbranò.
La madre adottiva si disperò a lungo.
Provai un effetto grande e misterioso. Fino ad
allora nulla mi aveva toccato. Il brulicare della
vita e della morte non mi sfiorava: era il modo
stesso in cui ogni cosa si manifestava attraverso
le mutevoli apparizioni dell'Essere; con la vita
che si nutriva di morte, e la morte che ingoiava
la vita. Avevo creduto che in questo regno meraviglioso vi fossero solo geometrie: non quelle
regolari dello spazio che qui, anzi, erano singo9
lari e caotiche, ma pur sempre geometrie. E invece qualcosa di misterioso era accaduto. Nel
Mondo erano penetrati la Sofferenza e il Dolore. Una strana essenza, intima, connessa all'Essere. Profondamente radicata in enti che credevo di avere creato come aggregati di piccole
sfere e nient'altro.
Il dolore della leonessa mi turbò nel profondo.
Mi sovvenne il mandato della Luce Originaria –
"… bada ai tuoi atti, affinché tu non debba provare rimorso" – e la paura mi invase. Iniziai a
guardare alle trasformazioni dell'Essere con uno
sguardo diverso e sprofondai nel terrore. Tutti
gli essenti che appaiono nel cerchio dell'esistenza si portavano dietro sofferenza e dolore. Ora
non potevo più vedere i campi, le foreste, i fiumi, i mari come immense scacchiere con i pezzi
in movimento… la bellezza del Mondo stava
sprofondando sotto il peso di un inaudito errore.
Da ogni luogo sgorgava quello strano succo dell'esistenza che avevo malamente introdotto negli esseri. Io l'avevo creato e ora si ritorceva
contro la mia Natura Divina.
E infine oltrepassai la barriera. Ciò che prima
sentivo distante, sbranamenti, ferite, lamenti,
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ora giungeva a me in altra forma: acuta e più intensa, mi compenetrava nel profondo. Compresi
che le morti nella sofferenza non erano semplici
spegnimenti dell'Essere, ma passaggi angoscianti e dolorosi. Giunse così il momento in cui
tutto il dolore di quest'angolo dell'Universo, da
quello del bruco ucciso dalle formiche, a quello
delle moltitudini sopraffatte dalla sete o dalla
fame o dal clima, a quello del povero orice soffocato dalle zanne del nemico e dal proprio sangue, divenne il mio dolore. E divenne insopportabile anche per la mia Maestà Altissima.
Il sesto giorno compresi che dovevo porre fine
allo strazio. Non potevo fare esplodere il Sole.
Non potevo fare cascare la Luna. Ogni ente del
cosmo aveva i tempi stabiliti all'inizio e non potevo forzarli. Ma non potevo neppure accettare
l'accumulo lentissimo del tempo per attendere la
fine del Mondo, perché l'angoscia che Io, Signore del Cielo e della Terra, avrei dovuto subire sarebbe stata insopportabile. Ogni ferita che
si apriva per gli esseri, si chiudeva con la loro
morte, ma in me, il dolore, permaneva. E si cumulava…
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Finché sentii risuonare la consegna della Luce
Originaria: "Potrai creare a tuo piacimento per
aggiunta, mai per sottrazione". Mi illuminai! Se
non potevo distruggere, potevo creare; potevo
creare un ente che ponesse rimedio al mio errore. Presi una palla di fango e ne estrassi un essere a mia somiglianza. Un essere intelligente capace di liberarsi delle costrizioni immediate della natura e andare oltre i suoi vincoli. Gli infusi
parte della demiurgità affinché potesse svolgere
bene il suo lavoro. E mi preoccupai che l'esperienza di cui era capace fosse messa al servizio
della distruzione. Per questo lo dotai di un egotismo immenso.
Già mi prefiguravo l'evoluzione… una capacità
di trascendere i limiti naturali avrebbe accelerato il disordine delle cose cancellando gli altri
esseri e conducendo alla morte globale. I nati
dalle altre specie sarebbero stati immensamente
meno numerosi perché questo ente egotico
avrebbe pensato a provvedere a sé stesso ignorando l’alterità. Avrebbe fatto scomparire le foreste, modificato i territori, avrebbe cancellato
la vita dai mari, avrebbe agito nella struttura intima della materia copiando sbadatamente il
mio lavoro e, così facendo, avrebbe distrutto
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quell'equilibrio che ormai trovavo insopportabile. L'evoluzione di questa specie avrebbe distrutto tutte le altre. Eliminando gli spazi vitali
necessari per le riproduzioni delle altre specie,
essa avrebbe prodotto la loro fine nel modo
meno doloroso e più rapido possibile. Poi, giunto agli estremi della sua evoluzione, si sarebbe
estinto pur esso e finalmente io avrei trovato la
pace. Una strada terribile, ma inevitabile per rimediare al mio tremendo abbaglio. Avrei sopportato l'intenso spasmo dell'ultima fase, ma
alla fine tutto sarebbe scomparso e il mio spirito, lo Spirito Universale avrebbe ritrovato la
quiete.
Liberai questo essere che feci trionfante su tutta
la Creazione ed esso si mise subito all'opera.
Non era ancora passato il tempo di un battito di
ciglia che già inventava il fuoco. E poi le armi.
E poi la ruota. E subito iniziò a sconvolgere il
mondo. La crescita del disordine sulla Terra
ebbe un sussulto che si trasmise dentro di me. Il
dolore nei campi, nelle foreste, nei mari, nell'aria sarebbe stato un fugace passaggio con questa
creatura liberata. Poco… sarebbe bastato poco e
tutto si sarebbe concluso.
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Ma i disegni prendevano un'altra via. La nuova
creatura agiva secondo il proposito estinguendo
le specie altre senza pietà. Lo faceva in modo
diretto, con la caccia, e in modo indiretto, sottraendo agli altri esseri le condizioni di vita cosicché le nascite venivano ridotte dalla invasione dei loro territori. Ma si comportava male verso sé stessa. Questo essere non amava i suoi simili e la divisione in tribù e in famiglie portava
nella Terra nuovi sentimenti: l’odio e il desiderio di guerra. Lungi dal dedicarsi completamente alla distruzione della natura, questo nuovo
animale introduceva al suo interno conflitti imprevisti e luttuosi. Così, i conflitti interni riducevano l’azione di questa nuova specie e rallentavano in modo pericoloso l'estinzione di massa
che avevo contemplato. Aspettai a lungo prima
di intervenire, ma questa nuova specie imperfetta, anziché ridurre, aumentava implacabilmente
il tormento sotto il cielo. Questi esseri si distruggevano tra loro e l’'accrescimento del dolore era un'ulteriore ferita nello Spirito Universale. Piccoli inermi, femmine indifese, anziani impotenti di fronte a forme indicibili di ferocia,
ma anche umani giovani che ora impartivano,
ora subivano sofferenza, aggiungevano angoscie su angoscie al mio povero spirito martoria14
to. Vi furono olocausti indicibili e mi chiedevo
che razza di mostro avessi liberato. Non era
questo che volevo! Avevo aggiunto dolore al
dolore. Ogni mio atto pareva volgersi nel suo
contrario.
Infine intervenni. Mandai un emissario per predicare l'amore tra i membri della specie. Il risultato fu incerto: la specie non rinunciò al litigio
continuo, pure subì una certa integrazione. Ma
al di là di quanto feci, non potevo sperare. Non
c'era nulla da fare: le tribù più feroci, stranamente quelle agenti in mio nome, estinguevano
quelle più dolci. L'angoscia mi trasmise un'infelicità infinita. Alle guerre tra insetti nei campi,
alle battaglie nella savana, agli sbranamenti nella giungla si assommavano adesso immensi
stermini sui campi di battaglia, dentro le città
conquistate, persino nei periodi che gli umani
chiamavano "di pace". Non ero riuscito a creare
l'Amore Universale perché la specie sviluppasse
il massimo di potenza sul mondo.
Avevo previsto male. La 'natura divina' non era
riuscita a padroneggiare la Creazione. Gli accadimenti inattesi erano stati tutti negativi e si erano ritorti contro la mia volontà. Ma finalmente
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accadde qualcosa che non avrei potuto immaginare e, nello stesso tempo, pareva assecondare
le mie disposizioni. Un umano produsse 95 tesi
per contrapporsi all'apparato perverso sviluppatosi dalla predicazione. Lentamente tutto questo
ebbe una strana influenza nella società del tempo e le spinte egotiche si trasmisero dai singoli
soggetti umani, ai rapporti sociali. Così nacque
un terribile agente distruttivo, una mistura di
tecnica e di appropriazione indebita che le bestie trionfanti chiamarono "mercato". Esse arrivarono a costruire ciò che io stesso non ero riuscito a concepire. Da un certo punto in poi, questa oscena creatura, pure vittima della potestà
divina, mise in atto una macchina annientatrice
che sembrava non lasciare scampo alla grande
porzione di Eden ancora esistente. Avrebbe rapidamente estinto tutto il resto e, infine, sé stessa?
Magari! La bestia non si accontentava di estinguere gli esseri, fece in modo che di esseri ne
nascessero per sua volontà molti di più di quanto la natura avrebbe permesso. Milioni, miliardi… decine di miliardi. E tutti questi esseri non
erano più violentati nel passaggio dalla vita alla
morte, ma dalla nascita alla morte! L'umano di16
venne la "Bestia Assoluta" e creò strazi infiniti
che mai si erano visti sotto il Sole. La Bestia
trionfante fu capace di creare mattatoi, ecatombi, e poi esperimenti feroci su esseri inermi che
la mente divina non era mai riuscita a concepire. E giochi sterminatori condotti senza rabbia e
senza necessità, e perciò ancor più abominevoli.
Ognuno degli esseri colpiti con tale furia e violenza costituiva un tracollo per lo Spirito Universale e vacillavo ad ogni atto disumano perché sapevo che tutto questo era stata una produzione demiurgica. Compresi infine che io... IO
avevo introdotto il seme del Male nella quiete
dell'Universo. Avrei potuto fermarmi quando
scoprii il Dolore ed invece, per rimediare, introdussi qualcosa di osceno che lo sovrastava! Sul
Dolore si era insediato il Male.
Da dove era uscita questa strana sostanza? Da
dove? Non dalla Natura che ne è "naturalmente"
priva. Ma dalla mia essenza combinata alla mia
opera! Questo miserabile essere, sfuggitomi di
mano, che tra le sue oscene rappresentazioni ha
creato Satana ricamando sulle mie parole, si è
alla fine incarnato sulla sua invenzione e ne è
diventato un'autorappresentazione! Ma io so che
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qualcosa di me è filtrato in lui. Lo stesso mio
desiderio di uscire dalla quiete, questo è il mio
peccato, è diventato anche il suo. La spinta egotica, ecco Satana! L'egotismo era in me e io l'ho
trasferito in lui e, con lui, nel Mondo.
È il settimo giorno. Finalmente è giunta la quiete e si è rimpossessata dell'Essere. La Terra è un
deserto. La vita l'ha abbandonata. Ho ripreso a
giocare con le sfere. Posso contare su un po' di
sollievo, ma avere creato prima il Dolore e poi
il Male non mi dà pace.
Solo con l'esaurimento del mio eone, solo con
la mia estinzione, si cancelleranno l'angoscia e
il senso di colpa.
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La notte del risveglio
al tempo della mucca pazza
"Una mostruosità del nostro secolo
è stata la costituzione degli allevamenti intensivi e lo sviluppo di una
complessa disciplina di tortura che
si chiama zootecnia. Il lager zootecnico non solo ha rimosso qualsiasi senso di responsabilità umana
nei confronti degli animali domestici, ma ha fatto di più: ha volutamente ignorato le loro caratteristiche di essere senzienti. Questa attività e' letteralmente un crimine legalizzato".
(Roberto Marchesini,
Oltre il muro, 1993).
Infilò la chiave nella toppa compiendo il gesto
che più amava. Pochi secondi ancora e la porta
si sarebbe chiusa alle spalle isolandolo nell'unico luogo terrestre sopportabile. Spalancò, varcò
il confine e tirò un profondo respiro. La giornata non era stata delle migliori. Anzi, una delle
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più tremende di tutta la sua permanenza nella
Scuola della Repubblica. Poteva essere una bella svolta! Sarebbe stato sufficiente prendere a
schiaffi quell'indisponente teppista di periferia
che da quattro mesi lo stava mettendo in croce.
Distruggendo la sua dedizione con una sistematica tecnica di guastatore, gli metteva contro anche gli altri. Stronzi come lui ma solo più vigliacchi. Se l'avesse menato lo scandalo sarebbe
stato immenso. Licenziato come un cane, avrebbe rotto definitivamente con una professione superflua e si sarebbe liberato. Ma poi? Come
avrebbe fatto poi? Senza uno straccio di stipendio... Domanda inutile. Non l'aveva menato! E
comunque adesso era felice di non averlo fatto.
Ripensava al ragazzo che poche ore prima
avrebbe preso a pugni e provava grande pena
per lui. Pensò, il Tarocchi in fin dei conti non è
una vittima? Con quei lumpenproletari per genitori, poveracci dimenticati da tutti e senza
prospettive, come poteva il ragazzo uscire diverso? Non poteva. Semplicemente. Quanti pensieri in un solo istante!
Chiuse la porta e si abbandonò spossato sulla
poltrona del suo squallido monolocale sollevando una invisibile nuvola di polvere. Inspirò e
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espirò a lungo forzando l'aria per scacciare col
ritmo cadenzato le ansie accumulate, ma non
poteva dimenticare il momento topico, il volto a
pochi centimetri dall'altro, pronto a scattare in
una pulsione distruttiva. E ora si ritrovava a
comprendere le ragioni del ragazzo. Pensò alla
propria strana condizione. Come nessun altro,
almeno tra i suoi conoscenti vicini e lontani, era
in grado di comprendere i peggiori atti umani.
Comprendere nel senso di giustificare. L'idea di
un enorme caleidoscopio in cui infiniti vetrini
formano tutte le combinazioni dell'esistenza
universale, belle e brutte, tristi e divertenti, giocose e drammatiche, lo assillava. Egli vedeva,
nel movimento eterno del divenire, nel susseguirsi di movimenti meccanici degli atomi, lo
spazio per ogni possibile disposizione dell'essere, compresa la fenomenologia del Tarocchi.
Forse non tutte le disposizioni possibili, ma
molte dentro una serie di infinite possibilità. E
ogni atto inteso come effetto di una causa. Ma
un effetto dovuto a una causa può essere moralmente eccepibile? Persino l’esistenza di quel
ragazzo tremendo apparteneva al regno del possibile.
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Si pose la stessa domanda per la millesima volta. Come posso odiare il mondo concepito come
collezione di persone insopportabili, se non addirittura detestabili per via di questa ragione o
di quella, se poi il discorso sfocia inevitabilmente nella più ragionata giustificazione. Ecco
un grande problema! Poiché si ritrovava spesso
immerso nell'intricata aporia, più volte si era
convinto che quello fosse "il" problema. Pensava che se fosse riuscito a darsi una risposta, la
sua vita non sarebbe stata inutile giacché avrebbe gettato una sciabolata di luce nelle tenebre
dell'esistenza anche se non sarebbe certo riuscito a socializzare la sua scoperta; come potevano
i vetrini del caleidoscopio comprendere sé stessi? Da anni girava intorno a questo problema
che anziché alleviargli le pene dell'esistenza,
gliele appesantiva. Non c'era verso di schiodarsi
quel punzone dalla testa. Doveva conviverci.
Del resto la fissazione, ogni volta che si presentava, non lo perseguitava a lungo. Dopo un accenno, qualcosa lo distraeva sempre e, anche
ora, qualcosa venne a distoglierlo. Nel locale
buio, appena riempito delle ombre concepite
dalla luce fioca che entrava dalle fessure delle
serrande abbassate, fece a tempo a vedere schizzare verso l'alto la sagoma nera della compagna
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della sua vita prima che gli atterrasse addosso.
Le unghie si piantarono sulle gambe costringendolo a un lamento prolungato. Lola, la sua "darling", stabilizzandosi su quelle gambe familiari,
ritrasse le unghie e prese posizione. La sua tenera compagna si elevava sempre in quel modo:
saltava buffamente verso l'alto, oltre il livello
necessario, e poi si lasciava cadere per quanto
era in più. Le sue zampe posteriori permettevano la spinta ma non il governo a causa di un
danno cerebrale avvenuto tra le macerie di quella casa demolita presso la quale era stata raccolta da piccola. Lei, terrorizzata, sgomenta per
una sopraggiunta incompresa solitudine, con la
madre ormai travolta chissà dove sotto quel
mucchio, emetteva senza fine un flebile miagolio. Pietro passando vicino al cantiere l'aveva
notata e raccolta; poi se l'era portata a casa e, in
dieci anni di convivenza, aveva stabilito un sodalizio dorato. Un tempo infinito sempre insieme, normalmente alla sera, al suo ritorno, ma
anche in certe ore del giorno, quando capitava,
e poi sempre di notte, al punto che ormai non si
ricordava più un sonno continuo e ristoratore.
Ma trovava che fosse un sacrificio accettabile
perché quel calore era una meravigliosa medicina per l'anima. Ed anche ora la gatta incominciò
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a placare le ansie del suo amico con il consueto
concerto di fusa serale
Stette a lungo nello scuro appena attenuato dalle
luci morenti del tramonto finché il buio fu totale. Solo allora si alzò dalla poltrona riponendo
delicatamente la gatta sul tappeto logoro. Infine
si decise di dare luce all'ambiente. Poi aprì il
frigo con forme assurdamente arrotondate che
da quasi quattro decenni non ne voleva sapere
di rompersi: era ora di mangiare qualcosa. Diede il cibo serale alla sua compagna e poi pensò
a sé. Prese una padella alla quale aveva rubato
molto del teflon mischiandolo a frittate e fritture, vi versò sopra la pasta imburrata del giorno
prima, quasi ritornata allo stato di crudezza originaria, la scaldò un po' e, ancora dura e appena
tiepida, incominciò a mangiarla senza nemmeno
impiattarla.
Se qualcuno avesse scelto di vivere da eremita,
non poteva apparire tale più di quanto lui non si
mostrasse agli occhi di un estraneo. O anche di
un parente o di un amico. Di entrambi ne aveva,
ma tutti assai freddi perché dovevano pensare
che con un tipo così non fosse sano mischiarsi
troppo. Ma Pietro non si preoccupava dell'isola24
mento sociale. Magari lo avesse subito fin dal
giorno in cui aveva aperto gli occhi sul mondo!
Tantomeno si preoccupava dei giudizi altrui
sulla casa disadorna e trascurata. In fin dei conti
il mondo era disadorno da quando era stato deturpato della sua sacra bellezza, e in quanto a
sciatteria, con tutta quella che aveva invaso gli
animi, c'era poco da flagellarsi. Se il mondo è
così, tanto di guadagnato. Non dovrò mai abbassarmi a mediazioni superiori a quelle che
già compio frequentando quel posto di malaffare che mi inghiotte tutti i giorni. Questo pensava quando, ascoltando il dettato dello stomaco
ancora pretenzioso, estrasse una bistecca dal frigo dandogli calore con la solita padella. Mentre
friggeva gli riapparvero gli allievi menefreghisti
e i colleghi loro complici e di nuovo si lasciò
prendere dallo sconforto. Si rasserenò pensando
alla lettura serale e rimuginando che fino al
giorno dopo quella realtà non doveva far sentire
la morsa al suo spirito libero.
Finì di cenare e, come ogni sera, percepì la sua
irrimediabile solitudine. Vi fu un tempo in cui
l'attivismo lo catturava proiettandolo in una militanza così intensa da togliere il fiato. Serate,
nottate a discutere all'infinito su questioni che
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oggi l'avrebbero fatto sorridere. Ma allora la fiducia nell'umanità era il pilastro primario su cui
poggiava la sua esistenza. A quell'epoca Pietro
era un immenso consumatore di informazione.
Non c'era nulla che potesse uscire dalla sfera
del suo interesse; tutto doveva essere collegato
con il Grande Tutto. Ma questo accadeva in un
passato lontano. La sua militanza era scomparsa
insieme con gruppi, battaglioni, eserciti, schiere
immense di persone che, come lui, avevano
marciato verso il sole dell'avvenire. Con la fine
di quel mondo, era scomparsa anche la voglia di
abbracciare la realtà con faticosi sforzi analitici. Chissà dov'era finita tutta quella umanità.
Ripensò alla manifestazione serale che tanti
anni prima aveva annegato Torino nel rosso.
Aveva 16 anni, allora, e non aveva mai visto
nulla di così immenso: un serpente infinito che
si dipanava denso nei lunghi viali della città;
masse sterminate e vocianti, allegre e incazzate.
Per il Vietnam o per il Cile? Non ricordava
bene. Ricordava solo l'innaturale estensione di
quella moltitudine. Già, ma dove era finita? Coloro che erano in testa al corteo, beh... si erano
riciclati. La loro attitudine al comando, a quei
tempi, si esprimeva in quel modo, visto che erano tenuti fuori dagli ambienti occupati dall'élite.
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Ma con la modernizzazione del Paese si erano
aperti spazi per tutti, e allora extraparlamentari,
intellettuali e gli stronzi che stavano al vertice
del Partito, si erano sistemati bene; chi qui, chi
là. E gli altri? Tutti quelli che venivano dietro?
Si erano trasformati da popolo in plebe, o, come
oggi si dice, in gente. Gente presa da una quotidianità asfissiante, attanagliata dal banale
più grigio, tutta protesa a considerare il modo
migliore di fare soldi in Borsa o in altro modo,
purché soldi. Maledetto denaro, sterco del demonio, vituperio del mondo, penetrazione funesta del Male nella Natura, simbolo di ogni nequizia, corruttore dei miei allievi, dei loro padri, delle loro madri! A questo segno infame si
deve se la Storia sembra terminare in questo
capolinea inamovibile e fetido.
E allora mai più guardare le devastazioni del
Mondo per trovare modo di sanarle, ricercare
contraddizioni, tentare sortite nell'utopia. Semplicemente, ogni sera una breve carrellata di immagini e di suoni, qualche notizia di un telegiornale, tanto per godere qualora venga annunciata la fine del mondo, o la discesa dei
marziani sul piazzale antistante il palazzo dell'ONU, o, semplicemente, la scomparsa di qual27
che stronzo che certo lascerebbe le cose come
stanno, ma insomma, è sempre meglio di niente. Calma Pietro, cosa dici? Non avevamo convenuto che nessuno è responsabile? Che ognuno è solo un vetrino incolpevole di torsioni
esterne che non può governare? Ci risiamo, ma
basta pensare. Basta scusare, oggi non posso
più tollerare. Non ho forza. Accese allora il
vecchio televisore in bianco e nero le cui scariche cessarono solo col maneggio sapiente del
baffo.
Normalmente riservava a questo breve spazio
serale il momento dell'invettiva. Credeva che
recepire l'offerta del telegiornale, e poi esternare
in soliloquio il disgusto per le prove che l'umanità dava di sé stessa in quella breve esposizione, potesse costituire una buona forma di allenamento nella produzione di un salutare odio
inestinguibile. Gli sembrava così di mantenersi
vivo, soprattutto nello spirito critico, e allontanare il rischio, puramente teorico, di diventare
come il suo orrido prossimo. E allora eccolo imprecare nel proprio intimo contro l'esponente
politico, contro il sindaco, contro l'imprenditore. Nessuno si salvava dalla sua profonda avversione. Né il volontario, né il sindacalista, né
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quel leader dell'opposizione che ancora portava
un aggettivo pur eroico il quale, attaccato a quel
carneade a forma di dandy, gli sembrava ormai
sfiorito. E poi non si dimenticava neanche dei
giornalisti, considerati il peggio del peggio proprio per la fine trama di condizionamento a cui
attribuiva ampie responsabilità nella costruzione di un mondo tanto assurdo quanto intollerabile. Un'ostilità cui, in parte, non poteva dirsi
estranea la lettura dei taccuini segreti del suo
inossidabile mito: l'Incorruttibile. Aveva una
vecchia stampa che lo ritraeva disposta sulla parete proprio dietro la televisione. Lo amava
come se fosse vivo. Amava quel ritratto di persona inequivocabilmente garbata, col bastone e
il tricorno in mano, in una posa dolce e rilassata
e con l'inimitabile sorriso gentile. Non di rado si
era trovato a pensare che se un uomo di quella
dolcezza era stato dipinto come un mostro, tale
attributo doveva per forza ricadere sui suoi infami detrattori. Quando lo fissava, riceveva sempre l'impressione che la mitezza di quella figura
uscisse dal quadro e invadesse il suo animo disperato. Spesso dirigeva gli occhi su quell'immagine come a cercare conforto nel ricordo di
tempi che non sarebbero più ritornati. I tempi in
cui gli Dei discesero sulla Terra e poi furono
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sconfitti dal Male nell'impossibile impresa di
porre rimedio al maggiore difetto della Creazione. Forse l'unico.
Ed ecco il consueto osceno spettacolo serale;
dallo schermo uscì la classica vomitata serale di
demagogia, la sostanza che aveva il potere di ripristinargli l’incazzatura anche nei momenti in
cui era pacificato. Ma questa sera no! Complice
il tono basso, proprio non riusciva a reggere il
balletto sgradevole di presentatrici che riescono
a passare in un solo istante dal terremoto con
2000 vittime al vincitore della sestina miliardaria, dal volto contrito al sorriso ebete, demolendo giorno per giorno i residui di compassione di
un popolo ormai inguaribilmente corrotto. Si
alzò dalla poltrona per spegnere il grande condizionatore, ma non fece a tempo: era partito un
servizio sulla BSE, sulle mucche pazze, sugli
allevatori incazzati, e per uno strano presagio,
Pietro arretrò fino a sfiorare di nuovo la poltrona con i polpacci. Sì, si poteva vedere... Si rimise a sedere e subito la gatta gli ripiombò sulle
cosce. Fu così che sorbì un servizio televisivo
che aveva lo scopo di ragguagliare il telespettatore sugli ultimi avvenimenti bovini.
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Dapprima apparvero carovane di trattori guidati
da figuri strepitanti. Seguirono rapidamente manifestazioni di strada in cui, sempre loro, o altri
della stessa risma, organizzavano grigliate nelle
piazze per indurre la popolazione a ritenere che
tutto sommato quella brutta storia della mucca
pazza, se non era una invenzione, costituiva comunque una esagerazione di politici e media.
La telecamera riprendeva un allevatore, uno dei
più esagitati, pronto a sostenere il suo splendido
punto di vista. La mucca pazza? Era sempre esistita – diceva – e da piccolo si ricordava benissimo di quella sindrome. La vedeva la mucca
caracollare e poi cadere, ma non erano mica
"pazzi" loro a buttare via quel ben di dio... la
mangiavano tutta e eccomi qui, non sono né
morto né impazzito. Poi appariva un altro, aggressivo col cronista come se i guai della categoria così colpita dalle circostanze fossero dovute al tizio che gli stava dando tutto quello
spazio. Urlava l’iracondo, mollando spruzzi di
saliva sull’obiettivo, chiedendo a gran voce un
sostegno dello Stato per quel pernicioso evento.
Ci lasciassero vendere la nostra carne! E invece
no, ce le sequestrano. Vogliono rottamarcele le
nostre vacche? Le rottamino pure, ma perdio,
vogliamo essere indennizzati e i 600 miliardi
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del governo non li vogliamo. Ne vogliamo di
più, come si conviene a un settore dichiarato in
crisi. Ma cosa volete? Quali sono le vostre richieste? Ed ecco arrivare uno che dispone di
quell’esercizio che si acquisisce nelle scuole
alte per irretire il prossimo con eccelsa capacità
dialettica. Parlava il losco, e sogghignava. Mentre le parole gli colavano dalla bocca, mentre divagava, si vedeva il demone che lo possedeva.
Il vero significato della dotta dissertazione era
uno soltanto: caro giornalista, questa storia è accaduta e adesso vogliamo guadagnarci. Mentre
dava segnali inequivocabili della scoperta della
vena d’oro, si esprimeva al contrario dicendo
che forse con mille miliardi di lire si poteva
chiudere la questione pur con grave perdita. Ma
insomma, per il bene della Nazione, la categoria
poteva anche accettare un certo sacrificio. Stacco.
Ora un tafferuglio. La camera impietosa si dirige verso due gruppi che sembrano venire alle
mani. Un gruppo di allevatori sbraitanti si stava
avvicinando pericolosamente a un gruppetto di
ragazze e ragazzi minute e inermi che reggevano un lungo striscione con su scritto: Il latte è il
frutto dello stupro su femmine di altre spe32
cie. Rispondevano urlando anche questi, ma si
vedeva che lo facevano per darsi coraggio contro l'aggressività di quelli. Sarebbe bastato uno
di quei cialtroni per seminare cadaveri tra i protestatari. Ma di che si trattava? Riportata la calma per mezzo di un drappello di sbirri, il reporter, con doveroso rispetto per la neutralità del
servizio, chiese a una ragazza che aveva osato
fronteggiare a muso duro un tanghero che l'aveva minacciata... ma chi siete, cosa volete? Siamo attivisti per la liberazione animale e non
mangiamo sofferenza animale sotto nessuna
forma. E poi a spiegare che essendo vegani, trovavano assolutamente ingiusto che una parte dei
loro contributi fiscali andasse a foraggiare i risarcimenti di persone che avevano dato farine
vietate ai loro animali. Già era scandaloso che
dei farabutti che si erano arricchiti calpestando
la legge fossero risarciti. Anche i cittadini “normali” avrebbero dovuto reagire. Ma loro, a
maggior ragione, in quanto contribuenti, loro
non volevano essere trascinati in questa sporca
storia; non era un fatto di soldi – disse – ma di
etica sia sociale che interspecifica. Non volevano essere coinvolti in “rottamazioni” di esseri
che consideravano loro fratelli e sorelle. “Puttana” fu l’esclamazione che si levò dall’altra
33
sponda attirando l’attenzione della troupe televisiva. La ragazza, bruna, poco più che trentenne, con occhi che parlavano dal profondo dell’anima, non doveva essere apparsa molto interessante all’intervistatore; infatti la parola le fu
tolta velocemente per riconsegnarla agli allevatori. Forse non era stato né logico né giusto distogliere l’attenzione dalla “categoria” così colpita per offrire pochi secondi a una fanatica fondamentalista che aveva deciso di non mangiare
carne e formaggi per tutta la vita. Pietro imprecò in cuor suo. Trovò che il giornalista esercitasse sulla donna una violenza ancora più grave
di quella del cialtrone che l'aveva offesa. Seguirono altri improperi contro il governo che non
aveva ancora deciso di sostenere degnamente
una categoria produttiva come quei lavoratori,
gente che si impegna sodo. Intanto le urla dei
contestatori riuscivano a superare la distanza infilandosi flebilmente nei microfoni direzionali
del tecnico del suono. E così quello slogan ripetuto di cui si capiva a mala pena il primo verso
si ficcava nella testa di Pietro fino a diventare
una specie di mantra: “Niente - soldi - agliuntori.../ ...ori”. Stacco.
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E venne il momento dei personaggi istituzionali. Non potevano mancare i ministri delle Politiche Agricole e il Ministro della Sanità. Non potevano mancare... incombono le elezioni e non
è ragionevole penalizzare quegli elettori... potrebbero rivolgere altrove il loro consenso. E
così ecco voci suadenti sgorgare dalle loro bocche. Il ministro della Sanità? Le carni sono sicure e la scoperta delle mucche affette dal morbo
dimostra che dalla maglia dei controlli il morbo
non passa. E poi la rottamazione delle vacche
garantisce la terra bruciata realizzata intorno ai
casi sospetti. E l’altro? Eccolo a dire che si sarebbero cercati i fondi per integrare i risarcimenti e accontentare i produttori. Visi aperti,
dentiere in vista, linguaggio assertivo, spirito
amichevole, tono rassicurante verso i consumatori e verso i produttori incazzati. L’obiettivo
evidente tentava di smorzare l’astio dei potenziali elettori col culo sul trattore e il disagio di
quelli col culo sulla poltrona.... Quanto la fate
lunga... Ma non vi servirà a nulla miei cari; il
vostro sforzo sarà inutile perché quei soggetti
prenderanno i soldi e vi fregheranno subito
dopo. Così pensò Pietro. Stacco.
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Ed ora scene di contorno. Ecco i turni straordinari dei grandi macelli di Pegognaga e Brescia.
Lavorare senza interruzione! La voce di fondo
snocciolava dati: “I giorni dispari lavorano animali destinati a soddisfare i palati umani, i giorni pari quelli destinati alla rottamazione dei bovini per trasformarli in polvere ad uso dei cementifici. Tra febbraio e maggio del 2001 ne
sono stati rottamati circa 700 al giorno, circa
4000 a settimana". E poi tante immagini tranquillizzanti per non danneggiare il mercato!
Fuochi giganteschi che esplodono di rosso nella
notte. Fuochi avvolgenti sagome nere. Di cadaveri scuri che poco a poco perdono consistenza
per trasformarsi in cenere con l’accompagnamento freddo della voce fuori campo che dice
soddisfatto: ecco il morbo che se ne va! Stacco.
Infine le note di colore. Trentacinque mucche
morte dal freddo nella cascina di Tizio. Ventinove mucche morte di fame nella stalla di Caio.
E infine la chiusura del servizio. Ignoti, di notte
fonda, hanno trascinato un vitellino da latte
dentro la metropolitana di Milano. Hanno utilizzato le scale mobili provocando la caduta del
vitello che si è spezzato le zampe. Poi l’hanno
abbandonato dentro una cabina telefonica den36
tro la quale entrava a malapena. E giù a riprendere lo sguardo spaventato del vitello. Quello
sguardo fatto di pochi fotogrammi penetrò dentro Pietro in modo strano e andò a collocarsi in
un luogo segreto della sua mente. Luogo che accolse, fondendo suoni e immagini, anche le parole conclusive dello speaker: “Ecco un emblema del disagio vissuto dagli allevatori”. Fine.
*****
Iniziò qualcos’altro. Ma Pietro non registrò nulla. Si alzò, spense l’arnese e si riaccompagnò
alla poltrona. Stanco, esausto delle cose del
mondo. Gli vennero in mente alcuni precedenti.
Si ricordò di quegli smerdatori di poliziotti in
occasione dello scandalo del latte. Quegli infami che per difendere i loro redditi con truffe intollerabili non avevano esitato a sparare sterco
di vacca sulle forze dell'ordine. Nella sua testa
si formò proprio questa espressione: "forze dell'ordine" e si stupì alquanto. Lui non aveva mai
amato la sbirraglia che riteneva il braccio armato di un potere ingiusto e oppressore. Eppure se
la polizia avesse randellato gli allevatori di allora e di oggi avrebbe solidarizzato. Si chiedeva
cosa avrebbe avuto da guadagnare l'umanità a
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conservare tra i suoi membri tali personaggi.
Gente che faceva del furto un diritto. La sua
mente si volse a considerare che nella storia ladri, predoni, truffatori, pirati erano sempre esistiti, ma probabilmente questa meravigliosa crema dell'umano non pretendeva né di essere riconosciuta dal potere vigente, né di porsi sul piano
del diritto e delle norme. L'unica legge che cercavano era quella della forza. Allora attaccavano con spade, cannoni; predavano con pistole,
spingarde e in quegli atti stava tutta la prevaricazione di una forza primordiale. Ma oggi i metodi erano diversi e mettevano in campo avvocati e commercialisti. Trovò l'idea intollerabile.
Farsi impalare dal turco o dal veneziano di turno nel medioevo certo non doveva essere gradevole. Ma versare anche pochi soldi di tasse per
rifondere i danni subiti da uno che in realtà aveva rubato e persino attentato alla salute pubblica, costituiva qualcosa di più oscuro, di meno
tollerabile. Sia chiaro, non voglio unirmi all'eterno piagnisteo contro le tasse. Ci mancava altro. Proprio lui che predicava il drastico ridimensionamento del tenore di vita dell’uomo
bianco! No, il problema è diverso; nel primo
caso il portato del Male era evidente. La vittima poteva sempre appellarsi alla morte della
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giustizia o della pietà. Mentre la guerra con
carte bollate mischia le cose fino al punto che
Bene e Male non si distinguono più l'uno dall'altro. Insomma pensava che il Male avesse
conquistato un patentino, se non di Bene, almeno di legittimità; e la commistione nella sua
mente manichea era inaccettabile. Un Male non
più primordiale ed eterno, ma nuovissimo, intriso di codici, cavilli, pressioni reciproche in corridoi e sale oscure; prodotto da contrattazioni
segrete tra istituzioni e rappresentanti di lobby,
categorie, corporazioni, pezzi di popolo; ognuno specchio e rappresentazione dello schifo costituito dall’altro. A questo punto si ricordò dell'alluvione di un decennio prima in cui, tra le
acque turbinose dei fiumi straripati, erano morte, accanto a quelle vere, migliaia di mucche
virtuali. Assolutamente inesistenti, se non nella
fantasia di ignobili personaggi che volevano approfittare del disgraziato evento per ficcare le
mani nelle tasche dello Stato.
Ed ora ecco l'ultima emergenza. La BSE. Di
nuovo povere persone danneggiate dalle circostanze stavano chiedendo allo Stato un sostegno
corposo per il male che era loro occorso tra
capo e collo. Sostegni dello Stato erano stati
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promessi. Ma perché? I vegani erano stati chiari... erano stati forse loro avvelenare le mucche
trasformando erbivori in cannibali?
Basta! Per quella sera aveva sofferto anche
troppo. Guardò il lavandino della cucina sul
quale ai piatti dei giorni prima si erano aggiunti
la padella maleodorante, il bicchiere e due posate e si chiese se non fosse il caso di un intervento drastico. Non poteva continuare a accumulare
piatti e posate sporche, altrimenti presto sarebbe
rimasto senza mezzi. Stette per intervenire, ma
poi annotò che se avesse condotto a termine
l'impresa il giorno dopo non se ne sarebbe accorto nessuno. E poi aveva fretta di riprendere
la biografia di Ejzenstejn che si stava divorando
in quei giorni. Si accomodò sulla poltrona, il libro in mano, con il faretto ben orientato per
creare un cono di luce nel buio ricreato nella
stanza. Prelevò da terra delicatamente Lola, che
tentava faticosamente di arrampicarsi sulle sue
gambe, e la pose sulle ginocchia; quindi diede
inizio alla lettura del libro: “Le peregrinazioni
di Ejzenstejn, Aleksandrov e Tissè nelle Terre
Americane”.
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Un capitolo facile, descrittivo, lontano dalle
complessità esteticheggianti delle parti precedenti. Ma nonostante gli occhi scorressero veloci sul testo, si rese conto che i recettori centrali
non integravano il senso di quanto leggeva. Infatti era costretto a tornare su ogni frase più volte prima che questa si decidesse a insediarglisi
in testa. Ma anche allora rimaneva confusa e
scollegata da quanto era preceduto. Insomma, si
stava creando una condizione assai rara nelle
sue serate, una condizione che lo spingeva a
prendere le distanze dall’abituale lettura. Cosa
stava accadendo? La sera prima aveva licenziato il volume con dispiacere sentendo un trascinante desiderio di inoltrarsi nella notte per conoscere le vicissitudini del suo geniale e amatissimo Sergej. Aveva dovuto soprassedere considerando la tarda ora e le necessità di un riposo
ristoratore prima di affrontare le persecuzioni di
Tarocchi & C. Ora che aveva tutta la serata davanti non la sfruttava. Fece parecchi tentativi
finché comprese che doveva rinunciare. Abbandonò la testa all'indietro chiudendo gli occhi.
Solamente allora si decise a chiudere il libro
producendo uno schiocco che fece sobbalzare
Lola. Poco a poco il suo disagio emerse nitido.
Il suo cervello era rimasto ancorato a quell'orri41
bile servizio sulla mucca pazza. Il Ministro della Sanità, quello delle Politiche Agricole e tutto
il corteo degli oscuri personaggi del servizio si
erano piazzati nella sua mente e non volevano
lasciarlo in pace. Incominciò a provare disgusto
per le certezze che esibivano, per l'arroganza
scientista del primo, l'arroganza e basta del secondo e le pretestuosità di tutti gli altri.
Del primo non sopportava quella ostentata sicurezza con cui cercava di rassicurare il pubblico.
Un caso di mucca pazza su 10.000 casi era una
bazzecola. Era un valore “insignificante", diceva. Inoltre, il fatto che si trovasse il morbo significava che la rete a protezione dei consumatori funzionava. Già, ma se il morbo si manifestava oggi, esisteva anche prima dell'introduzione dei test. Dunque qualcuno si era mangiato delle belle fettine prioniche e considerando il
periodo di incubazione, quello scienziatone
aveva poco da esibire la sua smagliante dentiera. Ma subito si rassicurò: quello che sosteneva
che da bambino lui la mucca pazza la mangiava,
offriva la migliore prova che il prione produceva davvero danni cerebrali, ma, tutto sommato,
meno gravi di quelli documentati dal sistema
sanitario inglese. Invece, dal Ministro delle po42
litiche agricole non accettava la condiscendenza
dimostrata verso quella orribile marmaglia che
dopo aver dato da mangiare farine vietate ai bovini anche quando erano già fuorilegge, dopo
aver fatto profitti ed essersi ingrassata per tanto
tempo con azioni contro la legge e la morale,
pretendeva ora di essere remunerata profumatamente per il “mancato profitto”. Insomma, non
l’avrebbe accettato in condizioni normali. Figuriamoci in questo caso in cui una effettiva condizione di colpevolezza e malafede aleggia intorno a quelle teste di cazzo come una statua di
marmo.
Riaprì gli occhi proprio sul quadro che incombeva sulla TV e gli sembrò che l'espressione del
volto dell'Incorruttibile cambiasse. Nella sua
immaginazione, il viso bonario e aperto si era
contratto in una smorfia cattiva. Non era di
fronte a un ritratto, ma a un uomo in carne e
ossa che dalla tribuna della Convenzione, con
voce metallica, accusava: Cittadini… chi sono i
nostri nemici? I borghesi, i ricchi, i nobili, i
giornalisti e gli emigrati lo sono sempre stati;
oggi si sono aggiunti delinquenti attentatori
alla salute del popolo che non contenti delle
loro gesta criminali hanno l’ardire di pretende43
re sovvenzioni da parte della Repubblica di cui
hanno tradito la fiducia per la loro infame bramosia di denaro. Chiedo per loro il deferimento
al Tribunale Rivoluzionario perché vengano
condannati come criminali comuni. Inoltre:
chiedo il deferimento anche per i membri corrotti del Comitato di Salute Pubblica che hanno
firmato il decreto di sovvenzione. Infine, anticipo che proporrò la messa in stato d'accusa per
i convenzionali che voteranno contro il deferimento. Pietro visse un attimo di rapimento. Poi
si svegliò. Si domandò se tempi come quelli sarebbero potuti riapparire all’orizzonte ma ebbe
una sensazione di sconforto. Gli Dei erano scesi sulla Terra una volta, avevano ritentato con
maggiore decisione centoventiquattro anni
dopo, ma si dovevano essere scocciati di fallire.
Probabilmente avevano deciso di lasciare stare
le cose come stavano, una volta accertato che
non c’era niente da fare. In fin dei conti perché
preoccuparsi? A dispetto della sua sfrenata
ambizione, questa scoria organica dell’universo sarebbe stata confinata per sempre in una
pietra vagante nello spazio e lì sarebbe finito
tutto. Sarebbe stato necessario solo aspettare,
aspettare…
44
Pietro spense il faretto e rimase nel buio pesto
con la fedele Lola assopita sul suo corpo disteso. Accarezzava quella testa nera massaggiando
il punto in cui la rarefazione del pelo lascia passare un delizioso tepore, proprio lì sulle tempie.
Si accorse che la giornata lo aveva stremato.
Pensò di andare a dormire, ma poiché la gatta
era così ben sistemata sulle gambe, decise di ritardare un poco. Era rilassante anche quella
condizione, come negarlo! Finché l’immagine
della pietra vagante nello spazio lo coinvolse
nuovamente. Cosa dico... pietra vagante... no, è
una espressione immeritata per un luogo sacro
e perfetto come doveva essere stata la Terra
prima che la immiserissimo con la nostra oscura presenza. Addirittura, qualche volta, anche
l'esistenza umana, per quanto non luminosa,
aveva forse aggiunto un certo valore a un fondo di inestimabile bellezza. Aveva in mente
centinaia di immagini che riempivano i suoi libri d'arte preferiti, in modo particolare le tele
dei "paesaggisti" Lorrain, Poussin, Rosa. Chi
aveva ritratto la realtà in quel modo, trasferendo
il sublime incanto della natura su pezzi di tela
inondate di luci doveva essere stato un visionario succube della streghevole bellezza del mondo. E non solo la pittura, ma anche le molteplici
45
forme della rappresentazione del bello testimoniavano una sicura simbiosi col sacro della natura. Certo, il problema era complesso. Si ricordava dell’inquietante Orson Welles del “Terzo
Uomo,” nei panni di Harry Lime, un cinico nazista avvelenatore di ammalati con medicinali
avariati venduti a borsa nera. In un passaggio
chiave del film, aveva posto l'amico-nemico di
fronte a una riflessione profonda. La produzione
artistica in uno dei suoi periodi più fulgidi, il
Rinascimento, non poteva dirsi separata da stragi, ammazzamenti, violenze. Insomma, aveva
ricordato lo stretto rapporto tra le stragi e l’arte,
individuando nelle prime la condizione per l'accumulo delle ricchezze per permettere l'esplosione dell'individualità dell’artista. E poi? E poi
l’infame avvelenatore aveva offerto, beffardo, il
contraltare: la Svizzera, con i suoi cinquecento
anni di pace, aveva soltanto creato l’orologio a
cucù. Ordunque mio caro – diceva al protagonista – non disprezzare i miei crimini giacché tutta la storia, anche nei suoi punti più alti, è costellata di nefandezze. Ogni ricchezza ha un
peccato originale. Non solo la ricchezza dei primi accumulatori inglesi, non solo il denaro riciclato dalla mafia, non solo l'opulenza del potere,
ma anche la sontuosità del bello.
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Con la testa reclinata all’indietro, Pietro sentiva
precipitarsi nel buio del sonno profondo. Ma nel
momento del passaggio fu scosso dallo strattone
di Lola che voleva scendere da una posizione
divenuta scomoda. Andiamo a dormire. È il
momento di porre fine a questa orrenda giornata. Aprì il divano letto e si cacciò sotto le coperte ammucchiate che avevano sopportato la battaglia della notte precedente. Lola, come ogni
sera, saltò sul divano e si presentò sul risvolto
della coperta. Pietro l’aspettava, alzò il risvolto
per farla entrare, ma lei si ritrasse. Fece la circonvoluzione della testa del suo amato compagno e si ripresentò. Alla seconda offerta entrò
sotto le coperte. Faceva sempre così, da anni e
anni. Sempre alla seconda offerta! Entrò e poi si
sdraiò di fianco a Pietro, a stretto contatto con il
suo petto. Con le zampe inferiori premeva il
corpo del suo amico, con quelle anteriori pareva
che l'abbracciasse. Pietro ricambiò l’abbraccio
ponendo la sua fronte contro la testa dell’amica
e il naso contro il naso. Iniziò il respiro strano
di Lola, quel rantolino dalla natura misteriosa.
Pietro interpretava lo strano circuito del respiro
come un abbandono della piccola allo stato di
estremo piacere che ti inebria quando, umano o
animale, capisci che tutto quanto serve ti è dato.
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Allora quel poco diventa infinito e ti pervade in
ogni fibra. E poi, improvvisamente ecco le fusa,
una vibrazione leggera, ma cosmica, stupenda,
bitonale come i canti dei Dervisci. Pietro si sentì liberato dalle sue ansie e, tenendo stretto quel
fagotto di pelo, smise di pensare. Come se la
neocorteccia, quel pezzo di cervello che serve al
pensiero astratto, nobile, tanto decantato da solerti apologeti dell’uomo – cioè di sé stessi –,
cessasse di essere; come se scomparisse in una
presa d’atto dell’inutilità di tanto dono divino.
Ora, Pietro non aveva bisogno della neocorteccia. Ne avrebbe fatto uso l’indomani, col Tarocchi, con i suoi colleghi, o per decifrare i segnali
orrendi dei telegiornali. Ora c’era un rapporto
diretto, unico. Incorporava Lola in sé, come
probabilmente la gatta incorporava lui. Fino a
essere una cosa unica. A che serve la neocorteccia? A categorizzare, dividere, contare. E ora
non c’era bisogno di categorizzare nulla, né di
dividere, né di contare giacché anche il due era
superfluo. Non resistette a lungo Pietro. Con
quel sublime ristoro dell’anima. E subito fu preso dal sonno.
Vagò nel buio senza coscienza, finché entrò
nella magia del sogno. Dapprima seppe che gli
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scienziati avevano fatto una colossale scoperta:
la diffusione del cancro al seno era dovuto a un
vettore banale: il latte. La causa erano fattori ormonali dovuti a regolari assunzioni di medicinali somministrati ai bovini negli allevamenti.
Scoperto il fatto, la popolazione aveva abbandonato l'alimento creando l'ira negli allevatori i
quali stavano invadendo il Parlamento per imporre una legge che obbligasse i cittadini al
consumo di latte. Il Ministro della Sanità diceva
ad altre persone, forse esponenti governativi,
che non si poteva lasciare morire di fame quei
poveri allevatori e che bisognava accondiscendere alle loro pretese. Perciò, dato che ormai la
notizia era trapelata, bisognava proprio obbligare ogni famiglia al consumo di una certa quantità giornaliera. E poi, battendo il pugno sul tavolo, aggiungeva: anche ai vegani. La brunetta apparsa nel servizio televisivo, che era stranamente presente in quello strano consesso, si portava
le mani sul volto e incominciava a singhiozzare.
Pietro fu preso da infinita tenerezza e voleva
consolarla, ma lei fuggiva. Grande fu la sua
pena e cercò di seguirla. La perse di vista ritrovandosi in corridoi lunghi e piastrellati in modo
scadente. Pensò di essersi perso, quando si ritrovò dentro la metropolitana deserta. Seguendo i
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cunicoli tortuosi penetrò in una grande stazione
con una cabina del telefono vicino alla quale
c’era un vitello con le zampe spezzate che giacevano a una certa distanza dall’animale. Ma
stranamente le ferite non sanguinavano. Il vitello lo fissava con quello sguardo che gli era apparso poco tempo prima nello schermo televisivo. Gli occhi lo guardavano e sembravano chiedergli aiuto. Lo spirito di Pietro si ingolfò di
compassione. Si ripresentò quella pena che lo
sopraffece il giorno in cui vide Lola disperata
tra le macerie della casa abbattuta. Si avvicinò,
gli prese la testa fra le braccia e la strinse perché non sapeva che altro fare. Ma il vitello, a un
certo punto gli chiese: “Perché mi hai dimenticato? Perché non sei con me. Perché mi hai lasciato in quelle mani? Vedi cosa mi hanno fatto?”. Vedeva il vitello, Pietro, ma credeva di
parlare con la sua Lola che lo rimproverava per
non averla difesa dal Male del mondo. E lui non
sapeva cosa dire, sentiva quella colpa gravargli
sulla coscienza. Ma il vitello incalzava: “Se
sono qui, se mi hanno ammazzato la colpa è tua
che mi hai lasciato nelle mani di quelli col trattore”. Non capiva perché diceva “ammazzato”,
Pietro, e gli vide sgorgare lacrime inarrestabili,
ma non si sorprendeva per questo. Lo lasciava
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piangere, mentre gli reggeva la testa nel silenzio
di quel luogo surreale, e lo baciava.
Uno scossone e si ritrovò seduto sul letto, sudato, fradicio, spaventato. Accese l'abat-jour. Un
mal di testa da impazzire e un’intensa sensazione di nausea. Il cuore gli batteva a mille e si
rese conto che le lacrime del vitello erano in
realtà uscite dai suoi occhi. Non riusciva a fermare la tachicardia ed ebbe anche paura che il
cuore cedesse. In seguito al brusco risveglio,
Lola, con zampe incapaci di attutire le cadute,
era rovinata per terra con grande tonfo. E la gatta, ripresasi dallo spavento per il brusco movimento, lo osservava in modo strano, non più
spaventata ma perplessa. Egli la prese, la riportò
sul divano e incominciò a accarezzarla amorevolmente. Ma non ebbe in premio la dolce e incomparabile calma di prima. Il dolore era troppo grande. La testa sembrava scoppiargli e la
nausea era sempre più forte.
Si stese pensando che se riusciva a dormire, il
mattino dopo sarebbe rinato senza quella orribile sensazione di rigettare budella e stomaco.
Pronto per un’altra partita con il tarocchi di turno. Se si cimentava nella respirazione condizio51
nata vipassana avrebbe preso sonno in fretta.
Quella era la soluzione universale che funziona
sempre. Bastava metterla in atto. Ma il pensiero
gli volse altrove. Il sonno l'aveva improvvisamente abbandonato e la tecnica vipassana forse
sarebbe stata inutile. La mente gli ripropose
l’immagine mentale del vitello del sogno e
comprese che se quella era una immagine del
suo pensiero, nondimeno essa era stata attinta
dalla realtà. Le immagini del servizio televisivo
non erano forse reali? Allora ripensò alla povera vittima. Vide tre schifosi figuri, immersi nelle tenebre per proteggere la loro vigliaccheria,
mentre lo conducevano dentro il ventre scuro
della metro. Si immedesimò talmente nell’animale che ora vedeva l’ambiente lugubre di una
metropolitana di notte come se gli occhi suoi
fossero quelli del vitello. Ora era il vitello! Sentiva la sua paura per un ambiente ostile. Sentiva
che la sua breve vita era vissuta conoscendo
soltanto terrore tra esseri potenti e crudeli. Sentì
il dolore della madre che muggiva per la violenza della separazione. Sentì l'esasperazione per
l’impossibilità di capire. E ora era lì, in un luogo oscuro reso terrificante dall’impossibilità di
elaborare strutture di senso. Si disse che quella
doveva essere la cosa più tremenda che potesse
52
capitare a un essere vivente: non comprendere il
significato di quanto gli accade. Si vedeva spinto a calci e pugni giù dalle scale. Le sue zampe
abituate a prati e terreni morbidi, al contatto di
quella sostanza dura, rumorosa e piena di spigoli cedettero, e giù, la caduta rovinosa per le scale. Un dolore lancinante si materializzò nel suo
cervello e si trovò in fondo alla scala. Perché,
perché... si chiedeva Pietro-vitello. Perché quella disumana tortura? Che bisogno c’era di questo massacro, non bastava un destino segnato da
morte precoce? Non bastava la tortura in quei
luoghi osceni chiamati allevamenti. Non bastava essere accoppato per essere trasformato in
fettine? Si sentì trascinato nella cabina e vide il
ghigno di quei tre infami che, fatto il lavoro, lo
abbandonavano e scappavano ridendo dopo
aver messo un cartello sulla porta: “Fatti pagare
il disagio dal governo”. Ora Pietro uscì dal vitello e nuovamente, come nel sogno, lo vedeva
lì, ai suoi piedi. Gli si inginocchiò di fianco, gli
riprese la testa fra le mani e gli chiese perdono,
e sentiva che non riusciva a frenare il torrente
della commozione. Perdono – chiedeva con la
suprema condivisione del dolore – perdono,
amico, compagno, fratello. Perdono... perdono...
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La sofferenza divenne a congestionargli l'anima. Al dolore fisico della testa che gli scoppiava come non aveva mai provato, si accompagnava ora un dolore spirituale ancora più feroce
e insopportabile. E su tutto, la nausea. Gli sembrava che la nausea fisica, avesse una natura
spirituale per tutti i dolori del mondo. Non bastavano i bambini dell’Africa con le pance gonfie dalla fame, quelli irlandesi, costretti a essere
difesi dall’esercito da adulti fanatici, quelli palestinesi massacrati dai mitra israeliani, quelli
israeliani colpiti dalla disperazione palestinese.
Non bastava la schiavitù sui deboli, sulle donne,
sui poveri di tutto il mondo. Un immenso nuovo
macigno si abbatteva per la prima volta sul suo
animo di comunista e gli faceva sperimentare
una nuova sofferenza immensa, mostruosa, tenuta sempre nascosta. Nascosta dalle strutture
educative, dalla famiglia, dalle istituzioni, specie quelle sanitarie, con la miserabile bugia
della necessità di un'alimentazione varia. Nascosta da quegli immensi servi del potere che
odio con tutto il mio sentire, i giornalisti di
merda. Si ricordò infatti come era stata organizzata la fine del servizio. “Ecco un emblema del
disagio vissuto dagli allevatori”! Così avevano
concluso lo scellerato servizio. Il vero soggetto,
54
il vero protagonista, l’animale, la povera cosa
vivente, era assente, indistinta. Si parlava di lui,
ma lui non c’era. L’odio si mischiò alla sofferenza e Pietro sentì che con la respirazione forzata, lo strumento per vincere la nausea, non ce
l’avrebbe fatta. Si alzò di scatto e corse verso il
bagno. Fece appena a tempo a mettersi in ginocchio davanti al water e una immensa eruzione
gli sconquassò il corpo facendolo sussultare
come se un vulcano interiore avesse deciso di
svuotarlo. Dopo una serie di conati minori, si
sentì liberato. Ma riaprendo gli occhi cisposi distinse i pezzi di cadavere che aveva mangiato
quella sera e inorridì. Fu come se un pugnale gli
avesse spaccato il cuore. Ecco la prova di una
esistenza trascorsa nell’ignoranza, nell’oscurità
buia, nell’orrore vissuto con leggerezza! Aveva
contribuito anche lui agli olocausti che insieme
a infinite brutture rendevano la terra il peggiore
angolo dell’universo! Sentì che tra lui e i tedeschi che per ignoranza e pigrizia mentale avevano accettato il nazismo prima e le camere a gas
poi non c’era poi così tanta differenza. Era stato
colpevole da sempre! Non aveva ragionato. Non
aveva immaginato due cose vicine, attigue, quasi sovrapposte: cibo proprio e dolore altrui. Poi
rivide improvvisamente il vitello e ebbe chiaro
55
il motivo delle accuse che l'animale gli aveva rivolto nel sogno. L'inconscio gli aveva parlato
prima ancora che l'incidente lo avesse messo di
fronte alla sua candida e oscena violenza. Pensò
ai preti che parlano dell’uomo come figlio di
Dio e rise amaro. Ma il riso gli si spense subito
ripensando al dolore di cui era stato responsabile. Gli venne in mente la brunetta, i suoi compagni e pensò che la solidarietà verso quei giovani
obbligava a atti conseguenti, non bastava dire
bravi. E poi, soprattutto, doveva rimediare a tutto il dolore di cui era stato causa fino a quel momento. Perciò non avrebbe mai più assunto cibo
che contenesse sofferenza animale sotto alcuna
forma; né diretta, né indiretta. Nessun animale
sarebbe nato, allevato, torturato e ucciso per
causa sua. Provò un lieve senso di liberazione.
Inginocchiato davanti alla vittima ignota chiese
nuovamente perdono. Ma questa volta non per i
crimini altrui. La scoperta improvvisa della sofferenza generata da una vita di ignoranza gli
aveva aperto un nuovo varco alla disperazione.
Avrebbe voluto espellere tutta la violenza di cui
era stato portatore e si rammaricò di non poterlo
fare. Cancellò le tracce del suo crimine, si lavò
e ritornò nel suo giaciglio. Lola dove sei? Era
sparita, la piccola. Avrebbe voluto ricevere il
56
conforto del suo abbraccio, ma non la cercò.
Era venuto il momento di dormire visto che
nausea e emicrania se n’erano andate con un
vero rito di iniziazione. Lo era stato proprio:
nella sua vita non aveva mai vomitato.
Si ridistese più rilassato sul divano letto. Ora il
vipassana poteva essere utile. Uno strumento
potentissimo che aveva sempre funzionato. Ma
il vipassana non funzionava. Il vipassana era lì,
disponibile per cancellare i pensieri che normalmente sono la causa vera dell’insonnia. Ma Pietro non voleva cacciare i pensieri. Pensava che
il suo metodo per svuotare la mente fosse uno
strumento messo in una stanza del suo mondo
interiore. Bastava entrare in quella stanza, prendere lo strumento e dormire. Ma qualche altro
imperioso sentire gli sbarrava la strada di accesso alla stanza, e così, pur disponendo del mezzo
per por fine alla spossatezza psicologica, non
c’era modo di usarlo.
Pietro pensava e ripensava. Ripensava a quelle
montagne di fegati, ossa, zoccoli, occhi, budella
che veniva macinata, asciugata, trasformata in
farine. Pensava alle farine ormai usate come
mezzo per produrre energia. Uno scempio mo57
rale prima ancora che ecologico. Quanto pane
era stato sottratto dalla bocca di affamati del
terzo mondo per essere trasformato in quella
massa di materia inerte e cadaverica? Era un
problema morale anche questo, sicuramente.
Ma prima ancora c’era l’inaccettabile violenza
condotta su una materia che richiedeva rispetto.
La bestia umana non usa i suoi cadaveri per
produrre energia! Ci mancherebbe altro. Li ficca dentro loculi costruiti con la fissa della vita
eterna e altre belle amenità. E poi la bestia
umana non trita i suoi cadaveri con macchine
infernali che richiedono più energia di quella
che si ricava dalle cosiddette “farine animali”.
Ma i cartesiani se ne guardano bene dallo spingere i loro calcoli razionali alle estreme conseguenze. Mirano solo all’orrenda furia trasformativa perché così diventano protagonisti, e
come consulenti incassano. Che frega loro del
mondo... e poi ripensò al servizio televisivo e a
quei farabutti che dall’interno di qualche università, attraverso prestigiose riviste scientifiche
avevano sostenuto che ai bovini si poteva dare
da mangiare qualunque cosa senza rischio alcuno, anche merda. E ora se ne stavano ben rintanati dentro il loro guscio. Non un nome trapelava. Tutti coperti.
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Ora, solo ora comprendeva il senso di ciò che
aveva visto un mese prima in una piazza del
centro. Quei cartelloni esposti da antivivisezionisti, non erano la manifestazione di una bruttura circoscritta. Facevano parte di un unico disegno messo in atto da una società che gronda di
sangue e torture. Quei gatti con la testa bloccata
da scheletri metallici mentre terribili stantuffi
tengono loro spalancata la bocca, i conigli a cui
vengono spalmate sostanze venefiche fino a che
la necrosi non si impossessa della loro vista
consegnandoli al buio che anticipa la morte, le
scimmie smembrate senza anestesia, i topi “costruiti” e allevati per essere sezionati, e poi, obbrobrio tra gli obbrobri perché privo persino
della menzogna scientista, le violenze ideate dagli psicologi sperimentali sulla deprivazione affettiva nelle scimmie, tutto ciò che aveva visto
in quella mostra raccapricciante non era eccezione, ma norma. Maledetti brutali assassini!
Possiate sprofondare all'inferno, infami! Ora lo
comprendeva. La società non lasciava spazi
franchi, enclave liberate. La società era un luogo di morte violenta per miliardi di esseri da
sempre resi invisibili e ora finalmente se n’era
accorto.
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E pensava a le mucche lasciate morire di fame
e di freddo da quei disgustosi personaggi che,
dal momento in cui era scontato il sequestro,
avevano ritenuto di risparmiare riscaldamento
e cibo. Ma quanto tempo occorre a una mucca
per morire di freddo o di fame? Un tempo incredibile deve passare, non possono bastare 5
minuti... Una sofferenza immensa, ingiustificata, senza senso. Accade anche in natura. Ma in
natura l’essere che soccombe è libero e non legato alla catena; nessuno si è sobbarcato la responsabilità del suo essere. E poi l’uomo, non è
un soggetto morale? Se è un soggetto morale,
perdio, queste brutture non se le può permettere. E lo Stato? Questo Stato, con i suoi regolamenti, le sue leggi, le sue istituzioni materiali, i
veterinari pubblici, che cazzo ha fatto? Come
può giustificare la sofferenza gratuita? che razza di gente sono questi ministri, i loro segretari
tutti protesi a blandire l’infamia e a evitare di
comminare sanzioni per non perdere consenso?
Così ragionava, ma i percorsi razionali l’abbandonavano. Non riusciva a tenerli fermi. Subito
la mente gli sfuggiva e correva alle mucche dimenticate dentro le stalle. Si immaginava la
fame e la morte per sfinimento. Prima di una,
poi dell’altra in una infinita agonia, nella soffe60
renza per le mungiture mancate, tra spasmi e
dolori. E al bastardo che magari, a casa, aveva
soltanto la preoccupazione che quegli animali
non potessero più rendergli, tutto preso dall’ansia per gli indennizzi incerti. Il cuore gli sanguinava, altro che vipassana. Come poteva dormire
con quello squarcio nell’anima!
Da tempo non poteva accettare la volgarità del
mondo e allora si era ritratto, chiuso a riccio.
Volete sguazzare nella merda – pensava di dire
alla fauna umana – fate pure, ma lasciatemi in
pace nella mia solitudine interiore. Certo, così
intriso di cultura rivoluzionaria, aveva sempre
sofferto il sopraggiungere dell'impotenza seguita alla caduta del Muro di Berlino. Tuttavia era
ancora disposto a distinguere: distinguere tra i
ricchi del pianeta e la grande maggioranza di
poveri e diseredati. E aspettava la rivoluzione,
Pietro, perché alla lunga non poteva impedirla
neanche domineddio. Occorreva solo che le
moltitudini di zombie ritornassero in vita e prima o poi sarebbe successo! Ma ora era smarrito
di fronte alla rivelazione insospettata fino a poche ore prima. Ora vedeva esseri che soffrivano
per causa degli umani senza essere umani, quindi senza condividere alcuna responsabilità della
61
propria condizione. La sua residua fede nell'umanità stava vacillando. Ne esisteva una parte
migliore? Una su cui poter contare? Oppure era
la specie che faceva schifo e non si meritava altro che l'inferno da essa stessa prodotto per proprio uso e consumo? In questo istante, in questo
preciso istante, ci sono milioni di esseri come
me, capaci di percepire la stessa sofferenza che
nelle stesse condizioni proverei io, chiusi, stabulati, maltrattati dentro lager o università che
aspettano la morte come una liberazione. E altri, allevati per essere lasciati liberi e fucilati
da branchi di fottuti che si autoproclamano ambientalisti. E altri ancora allevati in sicurezza,
e perciò deprivati di capacità di sopravvivenza
in un ambiente naturale – quale ambiente naturale, poi – e "liberati" ai morsi della fame, del
freddo, delle malattie, se diventano ingombranti.
*****
Quanti fantasmi! La stanza si era popolata di
tutte le oscenità umane che avevano preso possesso della sua mente. Tachicardia e sudore agivano di nuovo insieme. Inoltre, l'imperioso
complesso di colpa continuava a farsi sentire
62
bussando senza tregua presso il suo cuore. Non
era stato cieco, sordo e muto fino a quella sera?
Sentì voglia di un bicchiere d'acqua e accese l'abat-jour. Che strano, la luce era ancora più fioca
di quella che la lampadina emanava di solito.
Molto più fioca. Illuminava appena la stanza.
Sembrava un lumino dei morti. Prese atto senza
chiedersi perché. Fece per alzarsi, ma, spossato,
ripiombò tra le coperte. Lo sguardo cadde verso
il centro della stanza e vide lui. In piedi, una
mano sul bavero e l'altra sul bastone, appoggiato sulla gamba arretrata con l'altra leggermente
protesa in avanti, nascondeva gli occhi dietro i
famosi occhiali scuri. Il sorriso della stampa era
scomparso e al suo posto Pietro poteva vedere il
volto severo che tanto doveva aver incusso timore nei suoi contemporanei. Egli guardava
quella visione ma non c'era stupore in lui. Piuttosto appagamento, calmo appagamento.
“Tu qui?”, pensò Pietro. E lui rispose al suo
pensiero, come se gli avesse letto la mente.
“Sì, penso che tu abbia bisogno di ispirazione.
Per questo sono venuto. La tua crisi interiore richiede conforto...”.
63
Così rispose, ma in modo strano, in un sibilo
sottile. Attese per un intervallo infinito, infine
ricominciò.
“Non tutti gli umani hanno le stesse responsabilità rispetto alle iniquità di questo mondo. Il più
grande magnate della terra non può essere considerato uguale al povero bambino che piange
smarrito davanti all'esercito nemico che gli ha
ridotto la casa in macerie e ucciso i genitori. Il
potere, la possibilità di muovere capitali, di disporre del lavoro altrui e indirizzarlo in un verso anziché un altro, e, di converso, la sudditanza
a tutto questo, rendono gli umani piuttosto diversi in termini imputabilità. Perciò ti sei sempre sentito vicino ad alcuni e separato da altri.
Ma ora, Pietro, devi incominciare a ordinare i
termini della questione in modo diverso. La
scoperta di un mondo di sofferenze inimmaginate e lontane di esseri al cui strazio partecipa
l'umanità nel suo complesso, rende l'umanità
stessa, quasi un corpo unico con un'unica testa e
un'unica colpa. Ecco! Vi è una "responsabilità
di specie", una sorta di marchio che gli uomini e
le donne si portano appresso e che li rende tutti
corresponsabili in quanto esseri umani. L'ultimo
disgraziato della terra, non sarà un ricco magna64
te, ma anche lui appartiene a una specie che
deve rispondere dello "scempio" di altri esseri
qualora non sia in stato di necessità.
“Ma non dimenticare. Il passaggio che trasforma una persona colpevole in un “giusto” è sottile, impercettibile. Tu stesso sei l'esempio di una
trasformazione interiore, alchemica. Anche tu
vivevi nell’ignoranza intenerendoti soltanto per
i randagi trovati per la strada. Non dimenticarlo
quando avrai di fronte un tuo simile! Ogni essere umano, ricordalo bene, può, in potenza, avere
la tua esperienza e molti altri l'hanno fatta prima
di te. Nessuno è perduto per sempre e devi comprendere lo stato interiore di chi ancora vive
nell'ignoranza! Approntati dunque a ricevere tra
le braccia come un fratello o una sorella colui o
colei che oltrepassa questo invisibile confine
che separa l'indifferenza dalla compassione universale. D'ora in poi considera tuoi compagni
di battaglia tutti coloro che faranno, pur tardivamente, il salto della consapevolezza e si scopriranno rinnovati nello spirito e separati dalla loro
specie. Separati! Ascolta bene questa parola,
Pietro, perché essa racchiude un concetto vertiginoso! 'Separati' vuol dire senza doveri rispetto
a civiltà che hanno allontanato i percorsi umani
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da quelli del resto del vivente. Separati! Gli
umani come te devono vivere separati dagli altri, al di qua di una linea ben precisa, marcata e
inequivocabile: di là i dispensatori dell'arrogante concezione della scissione uomo-natura, di
qua gli uomini umili e consapevoli della loro
animalità e di appartenere strettamente alla natura. Una separazione però non fisica. In primo
luogo, perché l'appropriazione totale dei territori da parte delle nazioni non consente a nessuno
di scegliersi una caverna per vivere da solo. Ma,
soprattutto, perché i conflitti e gli scontri prevedono contatti. No! La separazione è civile, politica, persino psicologica, e comporta una distanza incolmabile. L'unico legame con la società è
l'inserimento nella rete materiale; infatti, in
quanto animale hai bisogni corporali e, in quanto combattente, devi resistere. Comprendi quanto ti dico? Per il resto, quelli come te debbono
diventare corpi estranei nella civiltà degli umani
e lavorare instancabilmente per minare dalle
fondamenta lo stato di cose esistente. Così, Pietro, scolpirai nel tuo animo il primo principio
fondamentale: Il mio contratto con la società
degli umani è sciolto. Non distinguerai gli umani sulla base del censo, dell'appartenenza etnica,
dell'adesione a idee politiche ormai sfiorite, reli66
giose e di altro genere, ma soltanto sulla base
dell'accettazione o meno del principio che tutti i
viventi, gli animali umani e non-umani, hanno
uguali diritti alla vita, alla libertà, al benessere,
al rispetto delle esigenze che la natura ha conferito alle specie. Se accetteranno questo principio
saranno semplicemente tuoi amici, persino fratelli e condividerai con loro il tuo destino. Altrimenti, se protagonisti nelle diverse forme dello
sterminio, inesorabilmente nemici!
“Perciò considera: la strada dell'etica è la strada
dell'umano che crede nella minimizzazione del
dolore attraverso la moderazione del desiderio.
È il passaggio dell'essere umano che vorrebbe
compiere il percorso terrestre della sua esistenza in modo silenzioso. Ma è anche il percorso
dell'umano che crede alla superiorità del bene
rispetto alla dannazione degli appetiti smodati e
per questo è disposto a rompere l'attitudine alla
tranquillità e al silenzio. Semplicemente perché
preferisce pace e tranquillità per tutti gli altri e,
per raggiungere questo scopo, rinuncia a quelle
per sé. È una specie di bodhisattva armato. E
non gli interessa il giudizio dell'altro se questo è
dettato dalla menzogna e dall'interesse: quando
67
potrà, gli imporrà il suo giudizio, i suoi valori,
la sua volontà.
“Ricorda: il senso dell'esistenza per molti sta
nell'esperienza individualizzata: "hybris" purissima. Per altri, invece, nella via etica, cioè nel
distacco dal mondo e dalle cose. Ma la prima si
dissolve, mentre la seconda lascia una traccia e
si prolunga nell'azione successiva come una
staffetta infinita. La realtà dei fatti può anche
regredire, ma nessuno sa come sarebbe il mondo se l'azione etica svolta nel passato fosse venuta a mancare. Perciò il rivoluzionario disprezza il desiderio e finanche l'esperienza rivolta
allo sviluppo dell’io; non ha incertezze in proposito.
“Dunque, l'etica governa la tua azione. Dovrai
sottostare solo al suo supremo magistero. Che
forme deve avere l'azione? Deve forse avere un
limite nelle norme che un popolo si è dato attraverso le leggi? Le leggi? Sai quale importanza
diedi alle leggi; sai che mi piegai alla solida ragione che nessun essere umano deve essere sopra le leggi che il popolo si è dato. Ma sai anche
che l'accettazione di questa guida puramente
pragmatica è subordinata ad un altissimo princi68
pio che mai espressi, ma che tenni sempre ben
presente. Se le leggi sono espressione di un popolo pervertito dalla corruzione, cosa che per un
certo tempo non riuscii a concepire, ma che si
rivelò, prima possibile, poi fatto frequente, allora il rivoluzionario terrà in conto le leggi soltanto quando gli converrà... solo allora. Ma, in ogni
caso, il suo scopo sarà quello di sovvertire da
cima a fondo un sistema iniquo quando non corrispondete a un sistema basato sulla Giustizia,
la Dea suprema al cui dettato, chi segue una via
etica, obbedirà soltanto. Ora tu hai scoperto una
nuova specie di schiavi? Infiniti lamenti e dolori
ti feriscono le orecchie provenendo da luoghi
tenebrosi e nascosti? Il sistema delle leggi è sordo a queste sofferenze? E allora trai le conseguenze del caso. Nessuno, con l'accordo o il disaccordo dovrà influire sulle tue scelte. Questo
diventerà il secondo principio che illuminerà la
tua azione: La Legge è la pallida ombra della
Giustizia oppure, semplicemente, non è.
“Può il conflitto sottostare a regole e sistemi di
gestione civile? Guardati intorno, Pietro! Hai
occhi e mente per vedere. Guarda la giustizia!
Se tu fossi portato di fronte ai giudici, pensi che
potresti, come un potente cialtrone del tuo tem69
po, addomesticare i processi mandando in prescrizione il tuo eventuale miserabilissimo e vacuo reato? Non ci pensare nemmeno; subiresti
tutto quello che il potere dispotico e autoritario
deciderebbe di farti subire. Guarda la gestione
dell'economia! Osserva l'oscena bulimia delle
borghesie che continuano a spostare risorse dai
paesi poveri a quelli ricchi con un sottili sistemi
di strozzinaggio messi in campo da potenti istituzioni votate alla rapina. Guarda l'umanità!
Come violenta la sacralità del mondo e come, a
sua volta, diventa vittima dei suoi atti sconsiderati. Tutto questo va rimediato. E ora hai scoperto anche un immenso continente di dolore
del tutto occultato agli occhi degli umani. Anche quello va rimediato insieme a tutto il resto!
Il mondo si sta avviluppando in un vortice di
pazzia che solo pochi possono percepire. A questo punto non c'è più spazio per una gestione civile del conflitto; c'è solo spazio per una dichiarazione di guerra; non ci sono più avversari, ma
soltanto nemici da combattere... nemici da combattere e a trascinare nella paura! Essere mite
con i buoni, feroce con i violenti, ecco il terzo
principio a cui ti atterrai.
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“La pace è il sommo bene, il sottile godimento
che rende appena accettabile il nostro percorso
terreno per il resto sottoposto alle asprezze della
natura. Asprezze che gli umani hanno cercato di
ridurre con la tecnica, un sistema che poi è andato ben oltre le sue promesse per trasformare
la vita in un doloroso girone infernale per gli
animali umani e non umani. Tutti soffrono per
questa trasformazione. Ma mentre i primi sono
causa del proprio male, i secondi devono subire
un destino non scelto. Perciò comprendi il motivo del quarto principio che stabilisce la ragione
della solidarietà primaria che gli umani evoluti devono avere verso gli animali non umani
prima ancora che verso i propri simili.
“Anche il comportamento umano fa parte dell'addobbo del mondo e come tale può essere
modificato nella misura in cui può esserlo. Così
come tutte le culture dominanti non fanno altro
che tentare di corrompere gli esseri con la proposta di un desiderio sfrenato che alimenta i dolori del mondo, così la cultura rivoluzionaria
tenta di liberarli per offrire loro una vita frugale
in cui il dolore sia minimizzato. Ma chi si assume il ruolo mercuriale ed educativo sappia che
si comporta come il bambino il quale costruisce
71
castelli di sabbia sulla rena. Deve sperare che la
marea non li sommerga subito e in ogni caso
non avranno vita perpetua. Poi, e questo è l'aspetto essenziale, deve comprendere che il Bene
e il Male non esistono se non nelle fantasie dei
preti, dei visionari e degli schiavi, ma dolore e
sofferenza da una parte e pace e tranquillità dall'altra, queste sì, esistono. Il rivoluzionario è colui che cerca di risalire il fiume naturale traghettando le prime nel regno delle seconde per mezzo della sua azione riparatrice. E quando scatena il terrore, è perché tenta, attraverso un'azione
di purificazione, di liberare il mondo dalla sofferenza per tempi lunghissimi e offrire riposo e
conforto a tutti quelli che verranno. Ma che il
Terrore sia fuso nella Virtù e che insieme procedano verso la via della liberazione. Giacché la
Virtù senza Terrore è impotenza, così come il
Terrore senza Virtù è tirannia…
“Forse ti chiederai il perché di questa lezione...
io che, al di là dell’amato Brown, dimenticai
completamente le persone non umane! Non
ebbi chiara la sostanza delle cose! La perfezione
dello spirito umano va avanti – quando va avanti – per gradi. E la "sinistra", ovvero il pensiero
e la pratica che perfezionano il mondo e che io
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mi onoro di aver introdotto due secoli or sono
nella storia umana, è tale se allarga i diritti degli
esseri così che la loro sofferenza sia minimizzata. Cessa di esserlo quando incomincia a circoscrivere certi soggetti per avvantaggiarli rispetto
agli altri. Oggi, con la scoperta di persone dimenticate dalla storia soltanto perché private
della nostra voce, e quindi incapaci di reclamare
i propri diritti, tutto ciò che non li riconoscerà,
dovrà essere marchiato con l'impronta infamante di forza reazionaria. Indipendentemente dagli
onori conquistati nei tempi passati.
“Dunque uscire dall'eremo in cui ti sei rinchiuso
e combattere sarà la tua prima vittoria. Cerca le
forme giuste e efficaci. Dovrai imboccare un
lungo percorso per procedere nella strada della
liberazione degli animali non umani. Combatti
tuttavia senza passione, consapevole delle difficoltà, della probabile sconfitta e preparati a passare il testimone poiché non sei certo il primo
che dovrà soccombere per la grandezza delle
idee che porta in seno. Combatterai senza passione perché soltanto il distacco ti conferirà
quella tranquillità che può generare successi
seppur parziali. Andare oltre l'odio e pacificare
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il tuo spirito mentre combatti, sarà la tua seconda vittoria, quella più difficile. Ricordalo.
“Credi che sarà un cammino arduo? Ti comprendo bene. La consapevolezza che l'inferno si
è installato sulla Terra apre nell'animo un grande senso di desolazione. Forse crederai che
sono stati beati i giorni che ho vissuto. No, sono
stati giorni terribili, ma in effetti la speranza,
quella, fino all'ultimo, non è mancata! E rischiarava ogni istante di quel periodo eroico. Ora invece le tenebre hanno distrutto il più piccolo
barlume di speranza perché la cultura della rivoluzione è morta. Non c'è speranza e sembra che
niente possa rendere accettabile il futuro. Solo
la rinascita della cultura e della prassi rivoluzionaria potrà ridare vita all'attesa di un mondo migliore.”
Così dicendo, fece seguire una lunghissima pausa. Poi…
“Tuttavia ti sollecito a una riflessione, caro amico. Esiste una potente compagna della natura
che viene tenuta in grande disprezzo dall'uomo.
E istintivamente viene aborrita anche dagli animali.”
74
Pietro pensò subito alla morte.
“La Morte, certo. La Morte, questa parola che
gli umani dichiarano oscena e che rappresentano oscenamente come una vecchia scheletrita
vestita di nero con la falce sulla spalla. Questa
immagine che ha bisogno di coreografie disgustose, elaborate dalla paura umana e potenziate
dalle turpitudini delle religioni e dal potere che
direttamente o meno sostengono: catafalchi,
ceri, luoghi adombrati da tende spesse. E poi il
corteo di visi lunghi, animi contriti, occhi bagnati di pianto... Così viene rappresentata, non è
vero? Ebbene, pochi, solo i migliori comprendono che la Morte, in realtà, dovrebbe essere
rappresentata come un ragazza leggiadra che
annienta le tensioni dell'esistenza e libera gli esseri viventi dalle forme di attaccamento che ingenerano dolore.
“No... non sono buddista. Anche quella visione
si accompagna a una immensa quantità di superstizioni, quindi non può che essere una distorsione dell'Essenza. Ma ciò che i buddisti
chiamano Nirvana e desiderano raggiungere è
alla portata di tutti i viventi, appunto con la
Morte Liberatrice. E allora ti dico: pensa a tutti
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gli esseri che questa sera hai scoperto. Pensa ai
bambini del terzo mondo, pensa agli abitanti
delle città malate, pensa a tutte le ansie e i dolori che infestano le terre e i mari. Alle angosce.
Tutto scompare alla fine e per quanto sia grave
il dolore, anch'esso non si cumula, scompare. Si
dissolve nel nulla. Non è un motivo di conforto
questo? Pensa alle violenze del passato, non
soltanto del passato remoto, ma anche recente,
per esempio di quel vitello delle cui carni ti sei
cibato. Tutto è scomparso, disperso. Non è un
motivo di grande conforto, ti richiedo? Del resto, una prassi rivoluzionaria che creasse il paradiso in terra, riuscirebbe a rimediare agli impalamenti del Conte Dracula? Alle notte di San
Bartolomeo? Al rogo del gran Giordano? Agli
stermini in Africa, in Asia, in America avvenute
nel passato? Alle vittime di tutte le guerre? Alle
stragi di deboli e innocenti che la cultura della
sopraffazione ha generato attraverso i secoli?
Ognuna di quelle sofferenze non è più! È scomparsa. Ricorda: la Morte è la più grande benefattrice della natura, non già la vita. La Morte libera! Rimedia al danno della Creazione, sia
essa crimine del Demiurgo o degenerazione della Natura. E dunque, la sua essenza consola.
Ogni volta che soffriamo dobbiamo rivolgere a
76
lei un caldo ringraziamento. Tutto l'orrore che
possiamo vivere è temporaneo. L'inferno non è
eterno. Questa è una menzogna dei preti. L'inferno è a tempo, e non può nulla contro la Liberazione di cui la Morte è portatrice.”
Pietro si sorprese di quanto il suo strano visitatore andava dicendo. Proprio lui? Come poteva
elaborare una dottrina della passività insieme
all'attivismo disperato? E sollecitamente, leggendo il suo pensiero:
“Pietro, sei sorpreso che l'insegnamento provenga da me, l'ideatore dei "Decreti di Pratile" con
i quali volevo minacciare di morte tutta la Convenzione? L'istitutore, insieme con il gran santo, dell'Ufficio di Polizia, la prima sublime organizzazione per la spietata repressione dei crimini antirivoluzionari... non comprendi, vero...?
“Ti ho detto di confidare nella consolazione della Morte per quanto riguarda le morti avvenute
e le sofferenze in atto e inevitabili. Ma ti ho forse detto che il futuro, quello che parte dal prossimo istante non debba essere condizionato, potendolo? Non ti ho detto questo! Ci possono essere due atteggiamenti di fronte alla liberazione
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della Morte. Quello nichilista che porta all'apatia e alla presa d'atto. È un pericolo. Nasce in
coloro che mentre si manifesta il dolore (degli
altri), sono semplicemente e puramente insensibili e passivi. Ma se la compassione viene esperita da un essere sensibile allora egli sceglierà
una via etica e si dannerà per rimediare i mali
del mondo e le sue manifestazioni. Con tutti i
mezzi! La via etica è l'opposto della via nichilista!”
Rimase a lungo in un silenzio sospeso, l'incredibile visitatore, finché sommessamente concluse:
“Qui io m'arresto, che non posso andar oltre.”
*****
Un dolore lieve. Una puntura sul volto. La zampa di Lola batteva ritmicamente sul viso di Pietro che si destò. Era giunto il momento del massaggio mattutino e Lola rivendicava. Non è piacevole, appena sveglio, quando la muscolatura è
ancora rilassata, provvedere ai massaggi sul collo, sul dorso, sulla testa della gatta. Le dita sono
pigre, hanno ancora voglia di sostare inerti. Ma
da anni c'era anche questo, tra loro. Pietro por78
tava quel massaggio alla sua "gatta carbone"
che a quel punto si stendeva e si prendeva 10
minuti di relax. Goduta lei, per sensazioni che
da sola non poteva darsi; seccato lui per la rinuncia agli ultimi minuti di dormiveglia. Ma
questa mattina no! Pietro massaggiava la sua
gatta sapendo che sarebbe stata una delle ultime
volte e quindi provava qualcosa che aveva il segno della nostalgia e della perdita. Assolto il
dovere si alzò, andò in bagno, e si rimise in ordine. Calò lo sguardo sullo specchio e vide
un'altra persona. Da molto tempo non si trovava
così disteso. Il suo volto era irriconoscibile, eppure la notte era stata devastante...
Uscì dal bagno e prese in mano la caffettiera per
prepararla e metterla sul fuoco. Ma lo sguardo
gli cascò prima sul lavandino e poi sul divano
disfatto. Non poteva andare avanti così, la sua
vita richiedeva una impostazione ordinata, disciplinata. Rifece allora il giaciglio togliendo
completamente lenzuola e coperte, scuotendole
e rimettendole in ordine. Chiuse infine il divano
e fu contento. Come ho potuto dormire per tanto tempo in quella cuccia devastata? Prima di
uscire di casa devo passare lo straccio umido
per terra e questa sera toglierò un po’ di polve79
re. Saranno mesi... Passò infine al lavandino e
si liberò della montagna di piatti e posate; trovò
che fosse idiota l'accumulo quotidiano di quelle
cose. D'ora in poi, alla fine di ogni pasto, almeno finché avesse abitato il piccolo appartamento, si sarebbe impegnato a lasciare il lavandino
sgombro. Si guardò intorno e, per quanto rimanesse da fare ancora molto, ritenne che quei piccoli interventi avessero dato una impronta diversa all'ambiente. Sì, non è questione di visione borghese del mondo... è piuttosto questione
di disciplina. Ogni atto, ogni minimo atto deve
possedere il segno di una perfetta chiarezza interiore. Anche in casa, come in ogni luogo.
Finalmente poté mettere la caffettiera sul fuoco.
Aveva una gran voglia di colazione, questa mattina. Aprì il frigo e tirò fuori il latte per scaldarlo. Poi si ricordò della sua promessa e rimase in
dubbio. Una breve incertezza. Questo ormai è
comprato, se lo buttassi via sarebbe uno spreco
e la sofferenza dell'operaia sarebbe stata inutile. Ma subito comprese che era necessario un
atto simbolico per rinforzare gli impegni per il
futuro e il contenuto del cartoccio prese la via
del lavandino. Un attimo dopo i biscotti al burro
e alle uova finirono nella spazzatura. Si avvici80
nò alla finestra dove le stecche della tapparella
si intervallavano all'azzurrognolo dell'incombente giornata e comprese che la luce doveva riconquistare pienamente il locale. Allora alzò la
scricchiolante serranda e fu felice di non vedere
più il quartiere dalle strette fessure. Quel mondo
là fuori non sarebbe stato più lo stesso. Presto
se ne sarebbero accorti in molti. Qualcosa gli
strofinò gli stinchi. Guardò quella "cosa" meravigliosa, la prese in braccio e la baciò come era
abituato a fare sempre. Ma non c'era più gioia in
quell'atto. Lola avrebbe cambiato casa. Sarebbe
finita da sua sorella. Carla non si sarebbe potuta
tirare indietro, l'avrebbe certamente accettata e
voluto bene. Anzi, già gliene voleva; e quelle
rare volte che si faceva vedere sembrava avere
compassione per una gatta costretta a subire la
presenza di suo fratello.
“Lola, cambierai casa, lo sai?” E così dicendo
riprese a stringerla. Pareva che la gatta comprendesse perché non si ribellava a quella indecorosa insistenza. Pietro ebbe un istante di felicità: la sua gatta era l'esempio dell'alleanza che
avrebbe potuto nascere tra umano e animale.
Un'alleanza capace di attenuare il dolore che si
era impadronito di questo misterioso angolo
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dell'universo. Solidarietà degli uomini tra loro e
con gli animali. Finché fosse stato possibile.
Eliminando la carne, gli allevamenti, la caccia,
la sperimentazione. Eliminando anche quell'assurdo logico, tipico di una società malata, che
era la chiamata in vita di animali da compagnia.
Lola non ne voleva sapere di scendere a terra,
ma anche questa prima separazione divenne necessaria quando la caffettiera incominciò a
sbuffare. Mentre preparava la colazione, due
pezzi di pane secco immersi in una tazza di caffè nero, ebbe un pensiero. Quelle povere vittime
dimenticate chi le difende? Gli animalisti? Chi,
quella brunetta? I suoi amici? Non sono adeguati! Quelle signore della mostra antivivisezionista? Mi dispiace, non è pensabile...
Pietro fece ingresso nella sua nuova esistenza...
82
Apologia di Caino
1. Un uomo di nome Adamo conobbe una
donna di nome Eva che divenne sua moglie, la quale concepì e partorì Caino dicendo: “Ho ottenuto un uomo con l’aiuto di Dio”.
2. In seguito partorì il fratello di lui, Abele.
Abele fu pastore di pecore; Caino, agricoltore.
3. Ora avvenne che dopo molto tempo Caino fece al Signore un’offerta dei frutti
della terra. Il Signore distolse lo sguardo
da Caino e dai suoi doni ed egli ne fu afflitto.
4. Anche Abele fece un’offerta; gli offrì i
primogeniti del suo gregge, i più grassi.
Il Signore trovò soave l’odore del sangue e guardò benignamente Abele e i
suoi doni.
5. Una vampa avvolse Caino e il suo volto
si oscurò.
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6. Il Signore gli disse: “Perché sei irritato?
Perché il tuo viso è stravolto?
7. Caino rispose col silenzio. Poi disse a
Abele suo fratello: “Andiamo fuori”. E
quando furono nei campi gli saltò addosso e l’uccise.
8. Il Signore disse a Caino: “Dov’è Abele
tuo fratello?” Egli rispose: “Non lo so.
Sono io forse il custode di mio
fratello?”.
9. Allora il Signore gli disse: “Che hai tu
fatto! La voce del sangue di tuo fratello
grida a me dalla terra; per questo tu sarai
maledetto sopra la terra che ha aperto la
sua bocca per ricevere dalla tua mano il
sangue di tuo fratello.
10. Anche se l’avrai lavata essa non ti darà i
suoi frutti e tu sarai ramingo e fuggiasco
per il mondo”.
11. Grande fu la disperazione di Caino che
fuggì nella notte perseguitato dalla maledizione divina.
12. All’apparire delle prime luci dell’alba
vide una grotta. Vi si rifugiò dentro perché non sopportava la luce. E disperato
si dispose ad aspettare il calar delle tenebre. Finché venne la notte.
84
13. Ma il Signore continuava a torturare l’anima afflitta e a chiedere la ragione del
suo tremendo peccato. Così Caino cadde
svenuto. Poi, nel sonno agitato non conobbe pace.
14. Si svegliò disperato, perseguitato dalla
voce che gli percuoteva le orecchie:
“Che tu sia maledetto per il tuo inestinguibile peccato, che tu sia maledetto per
sempre... per sempre...”.
15. Nel momento del sommo dolore, quel
dolore che entra nel cuore e lo schianta,
Caino vide la liberazione nel precipizio.
16. Raggiunse l’abisso con il cuore in tumulto e gettò lo sguardo nell’oscurità.
17. Ma all’improvviso un bagliore di luce
gli diede accesso alla fonte del Vero.
18. E allora, nel bordo del vuoto, comprese.
19. Capì che la voce era dentro di lui e non
fuori. Capì che era la voce di mille generazioni traviate che parlavano in coro.
20. Capì che non era la legge di Dio, ma degli uomini che inventano un Dio.
21. E ricordò i belati innocenti degli agnelli
squartati da Abele. Rivide il loro terrore
e il loro supplizio. Provò ribellione per il
sangue dell’innocenza versato. Si dolse
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per l’abbandono delle leggi dei primi avi
e per l'offerta di sangue negli scannatoi.
22. E allora ebbe chiarezza di Compassione
e Malvagità e riconobbe che il Bene aveva trovato riparo in lui.
23. Con lui era nata la grande stirpe di coloro che a tutto antepongono Giustizia.
Che non badano a vani legami di sangue, ma alla Pietà.
24. La voce di dentro sparì e il suo cuore,
pur dolente, fu leggero. “Fratello mio...
sarai tu il maledetto... per il sangue innocente offerto a nessuno. E che, per ogni
abele, viva sempre un caino vendicatore;
portatore di giustizia e di amore per gli
indifesi e i derelitti, per coloro che sono
senza l'umana parola e coloro che vengon privati della parola, per coloro che
desiderano vivere in pace e son trascinati nella sofferenza; contro i furiosi che
uccidono, i prepotenti che vessano, i
massacratori che sacrificano, i forti che
violentano la sacralità della terra”.
25. Caino comprese che aveva perfezionato
la sua natura.
26. Così pensò Caino e, raggiunta la pace
assoluta, il salto spiccò.
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Lettera a un padre
Padre, è la prima volta che ti scrivo. Non l'ho
mai fatto se si escludono quei bigliettini che da
bambino, a scuola, mi facevano comporre in occasione delle feste di fine anno. Ti ricordi? Le
mie promesse di crescere coscienzioso, retto, rispettoso di insegnanti e genitori? Quanti di quei
bigliettini ho scritto! E come mi sono comportato coerentemente negli anni a seguire! Sono stato un figlio esemplare e ho ottenuto splendidi risultati a scuola. Mi sono laureato quattro anni fa
con il massimo dei voti rispettando il ruolino di
marcia che mi avevi imposto. La tua soddisfazione era evidente, ma non sei mai riuscito a
dirmi "bravo", come se il successo fosse stato
tuo per mezzo di una macchina costruita appositamente per apprendere. Non mi disturba questo. Non voglio discutere il tuo successo educativo nella realizzazione dei miei studi. Voglio
però dirti che ho sempre sofferto la tua distanza
e i tuoi silenzi. Non sono mai riuscito a capire il
motivo della tua indifferenza, del tuo rinunciare
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al dialogo, fosse anche per discutere un film o
qualsiasi fatto della nostra famiglia.
Quando la mamma ti ha lasciato, tre anni or
sono, l'ho seguita. Non mi ero sentito di separarmi da lei, dopo il rapporto distruttivo che le
hai imposto per tanti anni. Quell'atto lo hai vissuto come il primo tradimento da parte mia e lo
hai sofferto. Avresti voluto che la lasciassi andare da sola. Oppure, se proprio non avessi voluto rimanere con te, mi chiedevi almeno di
dare continuità al progetto al quale mi avevi a
lungo preparato. Invece non l'ho fatto e questo è
stato il secondo tradimento, un voltafaccia ancora più grave del primo. Perché, ammettiamolo, della mamma te ne è mai importato nulla; invece, sul mio ruolo in clinica contavi. Contavi
come un semplice prolungamento dei tuoi organi e della tua esistenza. Vedi? Non sei stato così
bravo! Hai fatto il lavoro a metà. Hai costruito
uno studente modello, ma non sei riuscito ad assicurarti quella fedeltà a cui tanto tenevi. Ma
non è merito mio se alla fine me ne sono andato. Devo dirti che il distacco della mamma è
stato per me salvifico. Mi ha consentito di prendere una decisione stentata e faticosa. Quel maledetto condizionamento interiore che avevi co88
struito mi legava, e ogni volta che provavo a
scioglierli, i lacci si stringevano sempre di più.
Mi sembrò, a un certo punto, che non sarei mai
riuscito a liberarmi dal tuo potere. Poi lei se n'è
andata ed è avvenuta la mia liberazione.
La mia esistenza è faticosa. Non dispongo più
dei lauti guadagni su cui potevo contare in quel
breve periodo in cui ho lavorato in clinica. Vendere libri offre scarso stipendio e poche soddisfazioni in un Paese composto in larga misura
da gente mediocre. Perciò sto cercando un altro
lavoro. Ma non mi pento della mia scelta. Anzi,
devo dirti che non potrei mai più frequentare
quel luogo di perdizione che è la tua clinica. Ad
un certo punto ho aperto gli occhi. Ho visto l'intima natura di quel posto in cui l'ansia di denaro
si traveste di falso amore per gli animali. Ho
compreso che la realtà che tu e altri avete messo
in piedi è un gioco perverso che si prefigge risultati opposti a quelli che si dicono di perseguire. Che senso ha prolungare la vita a esseri
che sono giunti alla fine naturale della loro esistenza? Cosa significa riportare nella sfera animale quell'atteggiamento aberrante che nella
vita umana è chiamato "accanimento terapeutico"? E poi, in nessun caso una parola di biasimo
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a chi porta un cane senza microcip. In nessun
caso una parola di biasimo per chi, con leggerezza, semina cucciolate a carrettate. In nessuna
occasione ho visto strappare dalla bacheca brutte segnalazioni di attività di commercio sui viventi... che orrore... Ma cosa avrei dovuto aspettarmi? Maggiore è la circolazione di questi poveri esseri generati fuori dal ciclo naturale,
maggiore è il flusso di denaro che circola negli
studi dei tuoi colleghi e nelle cliniche come la
tua. Quale comunità ambigua è quella cui appartieni! Pochi, davvero pochi si salvano. Guarda un po' i tuoi colleghi del Centro Osservazione Fauna Selvatica! Hanno sempre l'orecchio
attento alle richieste dei cacciatori! Sono sempre pronti a dichiarare l'eccedenza nell'ambiente
ora di questa specie, ora di quella, per giustificare opere di sterminio. Ma mai, dico mai, in
questo Paese si è elevata una voce per dire che
il carico degli animali domestici ha assunto una
dimensione mostruosa, inaccettabile con un impatto insostenibile sull'ambiente. Ogni ragionamento di questo genere è speso per i cinghiali o
gli altri selvatici, tra l'altro subdolamente allevati e liberati per consentire il tiro al bersaglio a
una categoria massacratrice e violenta con esseri inermi. Ma perché dico questo? In una nazio90
ne dove ogni atto viene misurato con il metro
dell'interesse, voi vi mostrate perfettamente
adeguati.
Poi vorrei ricordarti un'altra cosa... Quei farmaci maledetti usati per prolungare l'esistenza degli animali portati in clinica sono stati sperimentati su esseri disgraziati senza protettori.
Una schifosa doppia morale che infrange due
volte le leggi stabilite in natura: prolungamento
di una vita per soddisfare un'affettività malata e
tortura di esseri inermi da parte di altri animali
malati anch'essi, ma di sadismo. Bella come accoppiata, vero? Ma cosa sto dicendo? Mi sto
perdendo dietro a vecchie questioni che già avevo espresso quando mi allontanai da quell'ameno luogo che hai messo in piedi. Tutte queste
cose te le dissi a voce prima di andarmene.
Quando sollevai queste obiezioni... mi ricordo
ancora... sul tuo volto apparvero prima sorpresa
e poi disprezzo; e poi ancora sorpresa e poi ancora disprezzo. Per la bocca dalla quale uscivano quelle sbalorditive parole, per argomenti che
non avevi mai sentito, per l'annuncio che ti
avrei abbandonato, per la perdita definitiva di
chi non avrebbe mai più accettato i tuoi diktat.
91
La tua "longa manu" in clinica l'avevi perduta
per sempre!
Con il mio commiato, ti è occorso un nuovo
luogotenente: purtroppo più autonomo dal tuo
potere e quindi meno fidato. In alternativa, per
seguire meglio la tua creatura, avresti potuto rinunciare all'impiego pubblico all'U.S.Lo., quello che non vuoi mollare perché ti offre una infinità di squallide relazioni politiche. Non lo hai
fatto, peccato! Se avessi rinunciato allU.S.Lo.
non avresti mai ricevuto questa lettera. Infatti il
motivo che mi ha indotto a scriverti è legato al
comunicato-stampa che hai emesso in qualità di
direttore dei servizi veterinari. Parlo di quel comunicato scritto in relazione alla vicenda dei 25
gatti che per semplici circostanze casuali, non
hanno raggiunto la sala operatoria per essere
fatti a pezzi da solerti esecutori del Male.
Quel comunicato mi ha fatto schifo. Ho provato
schifo per il tuo orrendo atteggiamento pilatesco. A te è bastato controllare periodicamente
che quel miserabile allevatore fosse a posto con
gli obblighi sanitari e di legge. Senza battere ciglio, in tutti questi anni hai mandato al macello
centinaia di gatti, di cani e di altri animali! Ah
92
già... avevi la legge dalla tua parte: la legge di
uno Stato ipocrita che mentre detta norme sul
"benessere animale", consente la distruzione di
povere creature tra atroci sofferenze. E tu sei
uno degli strumenti con il quale questo disegno
satanico si manifesta: i tuoi sopralluoghi nella
fabbrica che rifornisce l'inferno si limitano a
controllare la pulizia dell'ambiente o la "perfetta
salute" degli animali, dopodiché tutto è a posto.
Sai che ti dico? Certe belle istituzioni moderne,
con le loro norme imbottite di ipocrisia non
hanno neanche il coraggio di mostrarsi per quel
che sono. Ma osservando le cose da vicino,
quelle istituzioni astratte sono fatte di persone
concrete. E tu sei una di queste persone concrete, un perfetto servo senza dignità, servo di un
sistema disumano, un burocrate come quelli che
nel passato eseguivano ordini e osservavano
leggi di ordinamenti politici esecrabili. Come il
Nazismo si incarnò nei suoi fedeli esecutori,
così la Modernità, questo disperato approdo
umano, ha bisogno di esseri miserabili che, in
cambio di denaro e per sete di potere, rinunciano a ragionare sugli effetti delle loro azioni. Tu
sei un "fedele esecutore", padre. Mi fa una strana sensazione sapere di essere fatto di carne e di
93
sangue che deriva dalla tua carne e dal tuo sangue. Mille volte meglio sarebbe stato per me se
fossi cresciuto in una famiglia in cui vi fosse
stato, dal lato paterno, più umanità e meno denaro, ma considerando il conformismo dei figli
di certi tuoi colleghi e l'ossequioso rispetto di
mio fratello nei tuoi confronti, mi è andata ancora bene. Le contingenze mi sono state benigne creando l'occasione di una scelta di cui non
mi pentirò mai.
Spero che l'ALF, quello scialbo fantasma, subisca una mutazione genetica e alzi il livello dello
scontro. Con i tipi come te, ogni parola, tutte le
parole, anche queste, sono un inutile spreco.
Addio
Enrico
94
La città ideale della signora Dantoni
L’ispettore capo Abel Dawkins venne convocato d'urgenza a una riunione non programmata.
Immaginò immediatamente che da qualche parte dovesse giacere un cadavere di cui avrebbe
dovuto occuparsi. Ma questa volta si sarebbe
trovato di fronte a un caso straordinario. L’Ufficio Centrale di Scotland Yard l’aveva convocato dietro invito della polizia italiana per offrirgli
le indagini su una serie di eventi luttuosi accaduti Oltre Manica. Precisamente in Ivrea, quella
piccola città che nel passato aveva inondato il
mondo di macchine per scrivere. Negli ultimi
anni si era anche specializzato nell’analisi delle
tecniche di intimidazione del gruppo animalista
“Justice Department” che sempre si firmava
“JD”. La stessa sigla era apparsa in quella lontana cittadina continentale con la differenza che i
pur vigorosi metodi di intimidazione del gruppo
britannico – incendi, devastazioni e botte – si
erano colà trasformati in una serie impressionante di omicidi. Perciò egli sembrava la perso95
na più indicata a supportare le indagini degli inquirenti italiani. Accettata la sfida, l’ispettore
Dawkins era volato verso l’Italia il giorno stesso e un’ora dopo l’atterraggio si trovava in questura a Ivrea con il questore, il vice e l’ispettore
capo della divisione anticrimine. Dopo i convenevoli il questore aveva svolto una minuziosa
relazione. Tutto era iniziato con la scoperta del
cadavere di un uomo. Un solo colpo di pistola
in fronte e un bigliettino con la scritta “DJ”.
Mancando qualsiasi ipotesi sul delitto, la polizia
aveva condotto inutili ricerche presso tutti i disk
jockey della zona. Solo in seguito a ulteriori
omicidi il quadro era diventato nitido. Le nuove
firme erano sempre state modificate in “JD”
mostrando come la prima inversione delle iniziali non fosse stato altro che un errore degli assassini. Ora firma e delitti avevano un legame:
tutte le vittime avevano interessi nel commercio
di animali! Infatti la prima possedeva un allevamento di cani. La seconda era un allevatore di
bovini di S. Giovanni. La terza era un dirigente
di un’azienda locale che pratica la sperimentazione animale. A queste erano seguite altre due
uccisioni di veterinari dell’ASL, tutte con le
stesse modalità: una pallottola in mezzo agli oc96
chi, un pochino più in su. Ma era scomparsa ancora un’altra persona e si temeva per la sua incolumità: il tizio trasportava maiali in giro per
l’Italia e da giorni non si avevano notizie di lui.
La città era sprofondata in un cocktail di paura e
curiosità morbosa. Abel Dawkins chiese se fossero state fatte indagini sugli animalisti locali ricevendo l’ovvia risposta. I pochi attivisti del
luogo erano stati posti a lungo sotto controllo,
ma senza esito. Del resto bastava guardarli in
faccia per capire come non potessero costituire
un serio problema per nessuno. Di più: le indagini erano state estese dalla Digos a tutto l’attivismo animalista radicale nazionale senza alcun
riscontro. Il caso era complesso e l’ispettore
Dawkins comprese che sarebbe stato necessario
un gran dispiego di tecniche investigative.
II
La giornata era limpida e l’atmosfera brillava
per il vento che aveva spazzato il persistente
pulviscolo d’origine antropica. Soltanto una lievissima traccia di acredine permaneva nell’aria
testimoniando, con caparbia resistenza, la battaglia delle arance appena trascorsa. La signora
97
Dantoni, malferma col suo fedele bastone, uscì
dal supermercato con la borsa della spesa del
giorno, respirò profondamente per godere dell’inattesa condizione atmosferica e sorrise: per
quanto avesse ormai il futuro dietro le spalle,
provava un’intima sensazione di gioia. Guidò la
prodigiosa vista dei suoi 73 anni prima verso la
Cavallaria e poi sul Mombarone rivivendosi in
gioventù a salire su quei monti che, fronteggiandosi, aprivano il varco per la Valle d'Aosta.
Di lì a poco passò per via Palestro e, davanti all’edicola, osservò la locandina di un giornale locale che, a caratteri cubitali, riportava la notizia
del ritrovamento del cadavere del trasportatore
di maiali. Emise allora un sospiro dolente e cominciò a riflettere su quello spazio terrestre che
aveva il centro nella città in cui era nata. Non
era bello quel luogo? Non era una manifestazione della benevolenza divina? Ah come sarebbe
stato facile trasformarlo in una regione perfetta.
Sarebbe bastato cancellare gli allevamenti, le
macellerie, i laboratori dove si praticava la vivisezione e ogni attività sopraffattrice su quei popoli deboli e privi del dono della parola umana;
allora la bellezza dell’esistenza si sarebbe veramente compiuta. Solo così gli umani avrebbero
98
potuto fregiarsi del titolo di “grandi custodi della Terra”, di autentici figli di Dio. E invece no!
Perché gli uomini erano così cattivi e incapaci
di scoprire negli altri esseri i compagni di viaggio di una esistenza comune? Perché era così
difficile accettare nell’amore universale la regola prima per perfezionare la propria natura?
Così, incerta nel passo, ragionava la signora
Dantoni. Ma era strano il suo pensiero. Pensava
alla Terra, ma non era sfiorata dall’idea che il
mondo si estendesse oltre la città e i paesi limitrofi, gli unici che aveva conosciuto nella sua
lunga esistenza. Pensava agli uomini, ma per lei
gli “uomini” erano i suoi concittadini e, sebbene
l’olocausto degli animali fosse universale, non
si capacitava di allontanare il pensiero dal pollivendolo sotto casa sua. Per la signora Dantoni,
la Terra era semplicemente la sua terra. Così,
passo dopo passo, eccola a casa. Posò la borsa
della spesa, ne estrasse le verdure per riporle nel
frigo e si sedette sulla poltrona per godere di un
po’ di sollievo dopo la lunga camminata mattutina. Indi si alzò e volse uno sguardo di benevolo ringraziamento all’immagine incorniciata del
marito che la scrutava dalla parete. Allora aprì il
primo cassetto del comò sottostante il quadro,
99
estrasse una lista, pose una x sul nome del tipo
che vendeva oche al mercato e accarezzò il gingillo: “Sì caro Zenobio – disse ad alta voce – la
tua Jolanda avrà le gambe malferme, ma la mira
è ancora in ottimo stato. Che magico maestro di
tiro sei stato in vita!”. Per quanto avesse ormai
il futuro dietro le spalle, provava un’intima sensazione di gioia: pensava che contribuendo a risanare la città dalla feccia che la avvelenava, la
sua esistenza non si sarebbe conclusa invano.
100
Le ultime pagine del diario di
un ex-commissario di polizia
Milano (in un futuro indistinto)
I – L’inizio
… sì, ricordo bene… i fatti sorsero in quelle
isole che per un tempo eterno, prima che James
Cook vi importasse la lebbra, furono il paradiso
del Pacifico. Rivedo tutto con chiarezza assoluta e un’infinita pena mi invade l’anima. Se ripercorro questo sentiero, reso ancora più doloroso dal vivido ricordo, è solo per voi. Questa è
la storia. Fu quando la clinica “Pro Humanitate
et Pietas” di Honolulu incominciò a rendere
estremamente brevi i tempi di attesa per i trapianti di organi. Fu allora che qualcuno degli
uffici investigativi dello stato americano delle
Hawaii iniziò a sospettare. Il dubbio si fece strada nel pensiero di un giudice di nome Redford:
forse che gli organi provenivano da espianti su
poveri diavoli? La clinica fu messa sotto controllo, ma qualche talpa entrò in azione e, nono101
stante minuziose verifiche, tutto apparve a norma di legge. Per un certo tempo il numero dei
trapianti rientrò nella norma. Quel repentino ritorno del numero delle operazioni su livelli normali non convinse il giudice distrettuale, il quale pensò che se la variazione degli interventi rispetto alla media prevista non fosse stata casuale e momentanea, prima o poi qualcuno si sarebbe bruciato le ali. Dopo alcuni mesi, il tempo
di attesa dei pazienti si abbreviò nuovamente.
Questa volta le indagini furono discrete e gli investigatori agirono con prudenza. Ma le difficoltà furono ancora molte. Gli organi sembravano appartenere a persone veramente decedute in
incidenti. Ricordo che tanti anni prima, in Asia
e in Europa, furono intercettate organizzazioni
criminali che offrivano un po’ di denaro a poveri cristi in cambio di reni; altre, invece, provvedevano a uccidere direttamente le loro vittime
sequestrate da miseri villaggi. In questi casi la
repressione fu energica e le bande degli assassini furono sbaragliate. Per anni non si ebbero più
notizie ufficiali su fenomeni di questo genere.
Ora riappariva il sospetto che qualcosa di simile
stesse risorgendo, ma dubbi e incertezze si rincorrevano nei corridoi del Palazzo di Giustizia
senza approdare a nulla. Poco a poco ripresero
102
ulteriori forti incrementi di operazioni. La Clinica stava facendo soldi a palate e l’ingordigia
fondata sulla certezza dell’impunità spingeva il
management ad accelerare l’attività per una
clientela proveniente da ogni dove. Lo sviluppo
sorprendente delle operazioni indusse gli investigatori a rompere gli indugi. Non vi erano più
dubbi e i casi potevano essere soltanto due: o i
fornitori della "Pro Humanitate et Pietas" possedevano misteriose doti di preveggenza per tallonare i morituri di incidenti imprevedibili oppure
i documenti esibiti erano falsificati. Così fu decisa quella famosa incursione i cui filmati lasciarono il mondo sbigottito. Nel caveau attrezzato per la conservazione, furono trovate frattaglie in quantità tale da sorprendere investigatori
e opinione pubblica. Ho udito sovente che tre
sono le cose che portano gli uomini alla disgrazia: la sicurezza, il senso di onnipotenza e l’ingordigia. Quando si forma la triste miscela, si
dice, la rovina si compie. Sarebbe stato questo
un caso emblematico?
103
II – La scoperta
È nota la piega che presero gli eventi. Il processo al management della "Pro Humanitate et Pietas" è stata la più grande farsa della storia del
Diritto. Forse il processo non avrebbe dovuto
nemmeno iniziare e il sistema giudiziario degli
Stati Uniti non sarebbe caduto nel ridicolo. E
invece nel ridicolo sono cascati tutti: il loro comitato per la bioetica, o come diavolo lo chiamano gli americani, e quel goffo comitato internazionale istituito per l’occasione giacché nessuno sembrava riuscire a districarsi nella complessità della storia. L’iniziale nervosismo dei
medici e dei dirigenti della "Pro Humanitate et
Pietas", via via che gli eventi si dipanavano, si
trasformava dapprima in certezza di impunità,
poi in euforia, infine, quando ormai i giochi furono conclusi, in autentico trionfo. Dunque non
è vero che sicurezza e senso di onnipotenza e
ingordigia conducono alla perdizione. Condannano soltanto i piccoli truffatori, non i grandi
criminali. Essi, non solo l’avrebbero fatta franca, ma addirittura avrebbero tracciato una nuova
tappa nella storia della medicina. Di più! il brevetto sulle nuove risorse avrebbe consentito
un’offerta a costi elevatissimi agli enti ospeda104
lieri di tutto il mondo rovesciando un immenso
fiume di denaro nelle casse del neoente "Pro
Humanitate et Pietas" che a breve sarebbe diventato un colosso for profit quotato in borsa. È
vero: i costi dell’operazione non permettevano
l’estensione del trattamento se non ai ricchi e
tutti gli altri potevano solo tentare di mantenere
in salute i propri organi, ma in ogni caso i ricchi
ammalati erano sufficienti per garantire il decollo delle fortune della clinica. Dunque che accadde? La "Pro Humanitate et Pietas", messa
prima alle strette e ancora ignara dei futuri sviluppi che avrebbero decretato la sua apoteosi, fu
costretta a dichiarare la provenienza degli organi: la fornitrice era l’isola del Borneo. Anni prima, in una valle dell’isola a ridosso del confine
malaysiano, due antropologi di second’ordine
incontrarono una tribù di individui particolari.
Incredibile trovare ancora tribù sconosciute nel
2018, ma l’angustia della valle fino a quel momento non aveva permesso l’accesso a nessuno.
Gli esseri erano nudi, con lineamenti che a noi
appaiono grossolani, più bassi del normale e
non sembravano possedere nessun linguaggio
capace di articolare parole. I due intuirono che
quei soggetti non appartevano alla nostra specie
ma decisero di rimandare l’annuncio al mondo
105
dopo l’acquisizione di maggiori certezze. Si rivolsero al Centro per le Ricerche Antropologiche Indonesiano che confermò che quegli umani possedevano lo stesso DNA di una specie
estinta – l’Homo Javanensis – di cui esistevano
alcuni reperti nel museo di Storia Naturale di
Sumatra. Fu allora che i clinici della "Pro Humanitate et Pietas", ammanicati con il Centro e
messi casualmente al corrente dai funzionari
corrotti dell’istituzione indonesiana, chiesero ai
due una sospensione del comunicato in attesa di
fare verifiche che forse avrebbero potuto garantir loro un’autentica fortuna. Le verifiche consistevano nel controllo della compatibilità degli
organi dei Javanensis nel corpo dei Sapiens. I
risultati sperimentali furono esaltanti e altrettanto “esaltanti” furono le conclusioni della storia:
i due pseudoantropologi furono corrotti, la zona
impervia del Borneo acquistata, isolata da occhi
indiscreti, e in seguito adibita, in condizioni
protette, alla moltiplicazione dei Javanensis con
orrendi metodi nazisti di fecondazione artificiale. Il cuore della jungla dell’isola, una delle ultime aree vergini del mondo, avrebbe potuto alimentare il flusso della più grande predazione di
organi mai organizzata dall’Homo sapiens.
106
III – Il processo
Dunque il processo fu avviato con procedura
immediata, considerando la gravità delle accuse
mosse al management e ai medici che, ormai,
non potevano più sottrarsi alle loro responsabilità. Ma subito gli avvocati posero una eccezione. I soggetti smembrati nelle sale operatorie
non appartenevano alla nostra specie, e dunque
non poteva configurarsi alcun reato a carico della “Pro Humanitate et Pietas"! In seguito a questo incredibile colpo di teatro, tutto il sistema
giudiziario degli USA entrò in fibrillazione. Alcuni giuristi e costituzionalisti del Paese, dotati
ancora di senso umanitario, cercarono la via per
incriminare i responsabili di questa storia, ma la
dottrina del Diritto chiudeva ogni possibilità:
l’appartenenza di quegli esseri a un’altra specie
li rendeva esposti alle regole che valevano per
gli xenotrapianti. Il processo non poteva proseguire, ma nemmeno chiudersi secondo le normali procedure, perché la sua apertura era stata
irregolare. Alla fine, per stanchezza, il procedimento fu annullato con una nuova legge del
Congresso che agiva retroattivamente. Ma prima che ciò accadesse, i responsabili della "Pro
Humanitate et Pietas", ormai sicuri di avere la
107
vittoria in pugno, stavano già assaporando l’idea di una libera espansione dell’attività. Giudici e costituzionalisti potevano proseguire le loro
ridicole dispute, ma ormai era chiaro che portare alla luce ciò che prima era nascosto era stata
una insperata e imprevedibile fortuna: le potenzialità che si aprivano andavano al di là di ogni
possibile immaginazione. E mentre la "Pro Humanitate et Pietas" gettava le basi per la costituzione del suo impero, la questione sull’umanità
dei Javanensis stava uscendo dal terreno giurisdizionale per invadere tutto l’altrove sociale:
filosofi, sociologi, psicologi e “specialisti” in
tutti i campi del possibile si gettarono su questa
storia producendo una serie di ghirigori discorsivi quasi tutti orientati alla protezione delle
prerogative della nostra specie rispetto a quella
razza di trogloditi che non sapeva nemmeno articolare un semplice discorso: la caratteristica
aristotelica dell’animale razionale non si poteva
certo estendere a quella specie cavernicola. Penso che sia stato il punto più basso che l’umanità
sia riuscita a toccare a partire dalle sue origini:
ancora adesso, riflettendo su questa storia, sento
l’angoscia opprimermi e benedico la morte che,
insidiandomi, sarà la mia salvatrice. Solo pochi
– io purtroppo non fui tra questi – si batterono
108
per ridare dignità alla nostra specie mostrando
la dovuta compassione per i nuovi compagni
terrestri; furono pochi e senza influenza. Tra
loro si distinsero gli attivisti e i pensatori antipecisti. Il loro sforzo fu nullo e più volte furono
ridicolizzati e persino ingiustamente accusati,
potenza del paradosso, di fomentare l’odio verso la nostra specie. Lavoro altrettanto sporco di
quello accademico, fu confezionato dei media
che si premurarono di diffondere la “melma
scientifica” tra le masse. Ma credo che lo zenit
sia stato raggiunto dalle chiese di ogni dove. È
incredibile come organizzazioni pronte a guardarsi in modo obliquo per qualsivoglia questione teologica si siano compattate nel giudizio sugli Javanensis. Il primo a esprimersi fu il Papa:
Cristo era giunto a salvare i “Sapiens”, altrimenti avrebbe anticipato la sua venuta quando
le specie erano ancora in un rapporto di simbiosi. Quindi i Javanensis non potevano avere l’anima e dunque potevano essere trattati con rispetto, “come gli altri animali”, ma sempre privilegiando gli interessi dei veri uomini e delle
vere donne. Proprio così si era espresso l’alto
magistero papale. Tutti gli altri maestri di spiritualità seguirono a ruota, ognuno con gli argomenti più odiosi.
109
IV – Gli sviluppi
La tradizione è rispettata: come sempre, il Capitale – questo cancro che divora la terra e tutti i
suoi esseri – ha un’origine criminale occulta e
uno sviluppo criminale alla luce del sole. Ormai
i Javanensis sono diffusi su tutto il pianeta.
Campi di riproduzione sono presenti in tutti i
continenti sotto l’obbligo di pagare sostanziose
royalties alla "Pro Humanitate et Pietas", proprietaria dell’infame “brevetto”. Nel mondo, in
diversi “centri di riproduzione”, sono decine di
migliaia. Sono impiegati soprattutto nello scopo
originario, il prelievo degli organi che può essere chiamato in un modo soltanto: “predazione”
della vita. Con la legalizzazione dell’impiego
questi esseri sono stati introdotti anche alla vivisezione. Leggi approssimative stabiliscono una
qualche forma di protezione, ma, nel caso occorra, si concede agli abominevoli umanoidi
che praticano la sperimentazione – lasciatemi
esprimere tutto l’infinito disprezzo verso certi
membri della mia specie – l’esenzione dal praticare l’anestesia e persino la possibilità di reiterare la sperimentazione sullo stesso soggetto.
Ormai, quando mi immedesimo negli spazi di
un laboratorio e penso a quei fottuti farla franca
110
e introdurre un dolore innaturale in questo infimo angolo dell’universo il mio odio raggiunge
punte insuperabili. Ma, come sapete, agli “impieghi tradizionali” se ne sono aggiunti altri
due. Il primo ha preso piede anni dopo le vicende processuali, quando ormai le mani erano libere per tutti. Così, per il nostro trastullo, sono
state istituite delle ambientazioni cavernicole a
mo’ di zoo e dentro sono stati posti dei gruppi
familiari. Ho visitato uno di questi luoghi immondi. Ho visto quelle povere creature con gli
occhi spenti, persi in un universo incompreso e
incapaci di accettare la loro condizione. Essi
sono nati in cattività – si dice – e dunque non
possono soffrire la ristrettezza dell’ambiente, né
la monotonia del loro stato. Che argomenti miserabili! In realtà la pena si rivela nei loro volti
primitivi ancor più che nei volti dei carcerati.
Ciò che la filogenesi ha costruito nei loro cervelli, l’amore per la libertà, il vagare per la foresta, il raccogliere bacche, il dissetarsi nel torrente, non può essere certo cancellato dalla nascita
dentro una gabbia o qualcosa che le somiglia.
Per sommo disprezzo, i soggetti posti in questi
reclusori sono anche evirati. Troppo simili ai
sapiens, per quanto ritenuti “brutti”, “goffi”,
“disarmonici”, il loro accoppiamento pubblico
111
risulterebbe insopportabilmente osceno. E credo
che solo la morfologia li salvi dalla sorte crudele destinata alle altre vittime della nostra specie
immonda: l’allevamento per alimentazione. Che
strano... troppo diversi per essere soggetti di diritti, troppo simili per essere mangiati... Ma è il
secondo impiego quello che si spinge oltre ogni
possibile aberrazione. Negli ultimi anni, il ripopolamento in aree boschive circoscritte e la concessione di sfruttamento ad associazioni di cacciatori è diventata una pratica costosa, riservata
ai ricchi e ambita anche da singoli che, pur privi
delle “speciali autorizzazioni” non esitano a
correre i rischi del bracconaggio. Questi figuri,
se vengono scoperti, rischiano multe pesanti,
ma, eccitati per queste battute, niente li ferma.
In ogni caso, bracconieri o privilegiati con licenza, la sostanza non cambia! Esistono filmati
che riprendono le vittime mentre, invase dal terrore, con il cuore che scoppia, tentano impossibili fughe dai fucili di precisione dei loro assassini. Questa pratica spietata ha il potere di dimostrare come la violenza distruttiva della nostra specie vada al di là delle pretese terapeutiche e di difesa delle esigenze primarie “umane”
decantate con la vivisezione e con la predazione
degli organi, e anche se la maggior parte dei
112
“Sapiens” non approva questa oscenità che cultori e praticanti si ostinano a chiamare sport,
non fa nulla per impedirlo. Anche in questo
caso le chiese non sentono alcuna necessità di
prendere le distanze da queste infami mattanze
che, molto democraticamente, non distinguono
gli uomini, dalle donne e dai bambini. Le vittime di questa indecente pratica sono concentrate
in America del Nord e in Europa. Non credo
che l’attività si pratichi negli altri continenti.
Dicono che i neanderthaliani siano stati sterminati dalla nostra specie 30 mila anni fa. Dopo
30 mila anni nulla è cambiato… siamo sempre
gli stessi...
V – Solo questo e nient’altro
Se si esclude qualche timido piagnucolio accademico, è paradossale che a loro difesa si siano
mobilitati solo gli animalisti radicali. Troppo
tardi ho compreso la coerenza che li animava e
troppo tardi ho iniziato ad ammirarli; e il rimorso per lo spettacolare arresto degli attivisti che
incendiarono alcuni istituti europei destinati all’espianto, arresto così importante per l’evoluzione della mia magnifica carriera di sbirro, mi
perseguita ormai da anni. Più di 20 persone
113
marciscono in galera a causa mia sotto l’assurda
accusa di terrorismo, e il terribile tormento che
ho dovuto sopportare è la giusta pena per la mia
colpa. Ma ora è giunto il momento del redde
rationem. Più volte ho deciso di farla finita, ma
l’angoscia della morte mi ha sempre trattenuto.
Questo cancro mi libera da una decisione che
non sono stato capace di prendere prima. Giorno dopo giorno mi ha avvicinato alla conclusione suprema e ora sono pronto. Non faccio più
parte di questa specie, non voglio farne parte. Il
lavoro mi ha costretto tutta la vita ad accettare
la violenza di leggi prive di legami con la Giustizia. Ho vissuto la mia esistenza come Ismene
di fronte a Creonte e me ne vergogno. Solo con
la scomparsa troverò la pace. Ma prima di estinguermi nel nulla, o figli miei, vi lascio queste
pagine per rimediare al silenzio, quel silenzio
doloroso con il quale ho funestato negli ultimi
anni i nostri rapporti. Spesso avrei voluto informarvi di questo mio intimo approdo, ma ogni
volta disperavo di poter condividere con voi i
miei pensieri. Troppo spesso ho percepito la
sintonia tra voi e questo mondo. Troppo spesso
ho notato il vostro coinvolgimento nei valori distorti che hanno offuscato anche la vostra vista
e ciò mi ha addolorato. Sapervi percorrere la
114
stessa strada che io ho percorso costituisce un
tormento insopportabile e i tempi a me concessi
non danno speranza di poter vedere in voi quel
risveglio che desidero e che salverebbe lo spirito delle persone che più di ogni altra amo. Eppure lo spero con tutta la forza che ancora posseggo. Perciò vi sottopongo in forma scritta,
prima dell’ultimo passo, queste riflessioni che
non sono stato capace di porgervi a voce. Per
voi ho ripercorso la ripugnante storia in queste
pagine scarne. Fatele vostre e imparate a disubbidire! Questo mondo ormai ha perso qualsiasi
legittimità e le divise, sia quelle che rivestono i
corpi, sia quelle che avvolgono le tristi idee
conformiste, si meritano di essere disubbidite e
finanche combattute. Combattute con ogni mezzo possibile! Non considerate la debolezza degli
alleati su cui potrete contare e nemmeno la loro
incerta e alternata esistenza. Combattete ogni
volta che potete, perché, finché si esiste, esiste
anche l’anima, e corromperla vuol dire morire
in vita. Addio.
115
116
Un prologo, due dialoghi e un intermezzo
sul giusto modo di affrontare l’orrenda
pratica vivisettoria altrimenti detta
“sperimentazione animale”
Personaggi in ordine di apparizione:
Raucone
Polemico
Apollodoro
Cefalo
Carneade
Socrate
Ipocrite
Primo cittadino
Secondo cittadino
Terzo cittadino
117
Prologo
Raucone
Guardate! Vedete laggiù Apollodoro e Cefalo? Quei due sono sempre insieme. Ma non si capisce
bene la natura del sodalizio. Tanto
rifulge Apollodoro, tanto è duro di
comprendonio Cefalo che sempre
l’accompagna.
Polemico
O Raucone, la ragione è tanto semplice quanto è semplice la natura
umana. Apollodoro ha bisogno di
qualcuno che non gli faccia ombra
e che lo accompagni nelle sue arringhe contro la sperimentazione.
Invero non ho mai capito come gli
Dei abbiano potuto consentire la
nascita di un personaggio così ottuso come Cefalo.
Raucone
Trattieni la lingua, o Polemico.
Forse sarà come tu dici, ma il momento è grave e non dobbiamo
mettere zizzania nel nostro partito.
118
Già la battaglia è dura contro i medici dell’Accademia e quello scellerato di Socrate ci sta danneggiando. Data l’autorità che ha conquistato rischia di metterci in grandi
difficoltà e di indebolire il nostro
fronte... Ma chiamiamoli... Ehi
amici, benvenuti, venite a bere
vino con noi?
Apollodoro Salve a voi, amici. Certo, ci uniamo volentieri per una coppa di
buon vino.
Raucone
Apollodoro, la situazione è grave...
Apollodoro Ti riferisci a Socrate? Quell’indegno ci sta creando un infinità di
problemi. Più io faccio conferenze
più ne indice lui. Per quanto tranquillo in apparenza, cova un fuoco
dentro che tramortisce il buon senso degli ateniesi con cui giunge a
contatto. Stavamo lavorando bene
contro i medici cinici e sofisti che
propugnano la sperimentazione su-
119
gli animali, li stavamo mettendo
nell’angolo, quando è sorto lui con
quella sua teoria astrusa, basata
sull’etica. Dovrebbe sapere che gli
ateniesi non sanno cosa sia
l’etica... e dunque, impostare così
la battaglia è foriero di sconfitta.
Polemico
Sì, ma non dire che stavamo mettendo i medici nell’angolo. La vittoria è ancora lontana, lontanissima. Piuttosto, è lui che sta ottenendo un certo successo...
Apollodoro Non crederlo. È un successo effimero e florido solo tra gli adepti
suoi. La nostra posizione invece è
in grado di uscire dal ristretto campo degli ateniesi benevolenti verso
gli animali e sconfiggere nel tempo
questa orrenda pratica. Quando Socrate si presentasse davanti a un
pubblico vasto con un medico
esperto a contraddirlo, la prima
cosa che il furfante gli chiederebbe
è se vale più un cane o un bambi120
no, e lui rimarrebbe privo di argomenti. Ieri ho visto un incontro di
pancrazio e uno dei due atleti è rimasto in piedi il tempo di un lampo. L’altro l’ha steso e ha chiuso
l’agone quasi prima che incominciasse. Altrettanto accadrebbe a
Socrate. Invece noi sappiamo che
se riusciamo a dimostrare agli ateniesi che le cure dei medici e le filosofie ciniche e sofiste che l’accompagnano sono letali per la loro
salute, per quanto lunga, la strada
mostra un traguardo.
Raucone
Hai ragione Apollodoro. Socrate si
ostina a dire che la sperimentazione è utile, ma che non va fatta perché la vita della vittima ha un valore intrinseco, ma chi potrebbe accettare una cosa del genere di fronte al terrore della morte e della malattia che viene così ben sfruttato
dai medici?
Polemico
Sapete cosa vi dico, amici? Socrate
121
lavora in Accademia. L’Accademia ospita anche le lezioni dei medici. Questo non vi suggerisce
niente? Secondo me c’è sotto qualcosa di losco.
Cefalo
Non comprendo...
Apollodoro Cefalo, come al solito non
capisci... Può darsi che dicendo
che la sperimentazione è utile sul
piano della conoscenza Socrate
tenga un piede in due sandali. Si
ripulisce l’anima dicendo che è immorale sacrificare esseri viventi e,
nello stesso tempo, evita conflitti
con coloro con i quali condivide
gli spazi dell’Accademia.
Raucone
L’ipotesi è plausibile o Apollodoro. Anzi, mi viene un’idea. Socrate
è un ostacolo ai nostri piani. Distruggiamolo. Se riusciamo a tacitarlo mettendolo in cattiva luce
presso i seguaci del suo partito, finalmente noi potremo proseguire
122
indisturbati la nostra opera.
Cefalo
Non comprendo...
Raucone
Cefalo, taci. Sì, direi che l’idea
non è male. Se Socrate è in malafede sarà giustamente punito con
l’isolamento che ne deriverà. Ma si
merita l’isolamento anche se è veramente ostile alla sperimentazione
perché il nostro metodo assicura il
trionfo nel lungo periodo e coloro
che l’ostacolano con argomenti
sbagliati e pericolosi si meritano di
soccombere. Però lo si dovrà aggredire impedendogli di parlare.
Le sue parole si muovono con fine
dialettica. Come possiamo fare?
Polemico
Direi di indire una riunione congiunta con i nostri attivisti e i suoi.
Lo invitiamo a sostenere le sue tesi
che provvederemo ad adombrare
con i sospetti che abbiamo discusso; a quel punto tutti gli adepti finalmente l’abbandoneranno per se-
123
guire il nostro orientamento. Che
ne dite?
Raucone
Nutro qualche perplessità. In parte
sento un disagio che non mi so
spiegare bene. Temo la sua dialettica...
Apollodoro Non temere Raucone... l’idea è
buona e poi agiamo per un bene
superiore. Possiamo fare un incontro delle due fazioni fuori le mura
della città perché voglio che orecchie estranee alla nostra battaglia
non si inseriscano in questa fase.
Quando ci saremo liberati di Socrate potremmo riprendere il nostro percorso con le schiere arricchite di coloro che gli avranno rivolto le spalle. Possiamo chiedere
a Carneade, che è un nostro attivista, di fingersi neutrale e di preparare il dibattito. Se Socrate accetta
sarà distrutto.
124
Disputa tra Apollodoro e Socrate
Carneade
Cari cittadini ateniesi propugnatori
della difesa dei nostri fratelli animali. Come è noto il nostro ambiente vive certe tensioni determinate da differenti vedute circa le
strategie per liberarli dal giogo
umano. La congregazione dei Pitagoresi e quella degli Empedocliani
da tempo non trovano un terreno
comune. Allo scopo di porre fine
alle dispute tra i due gruppi, alcuni
attivisti appartenenti ai due schieramenti hanno chiesto ad Apollodoro e Socrate, rispettivamente sostenitori delle dottrine di Pitagora e
Empedocle di sfidarsi al fine di
giungere alla verità. La parola sia
concessa a Apollodoro che da tanto tempo sostiene la battaglia contro la sperimentazione animale. Ai
suoi argomenti risponderà Socrate
con i suoi. Si dia inizio alla disputa.
125
Apollodoro Dunque Socrate, sei stato sfidato a
questo duello dialettico non per
puro desiderio di confliggere, ma
per due grandi ragioni che superano le miserie umane. La prima è
l’amore per la Verità, la seconda –
pur meno importante dacché nulla
è più importante della Verità – riguarda l’amore per gli altri esseri
che ci è pervenuta dai grandi insegnamenti di Pitagora. Da tempo tu
ti sei inserito in quella battaglia
che a lungo fu soltanto nostra: la
battaglia contro la sperimentazione
dei medici cinici e sofisti dell’Accademia. In tal modo stai rovinando un lavoro a cui da tanti anni ci
dedichiamo. I medici usano animali per esperimenti al fine di tentare
di spostare le loro tecniche nell’uomo. Poiché sappiamo che l’uomo è
un animale atipico, sappiamo che
gli animali sono diversi e dunque
che nessun insegnamento potrà
mai da loro derivare per essere trasferito nella famiglia umana. Que126
sta è la ragione per cui ti invitiamo
a rinunciare alla tua battaglia. Infatti, andando tu contro questa
pura evidenza, e sostenendo che la
sperimentazione è utile, distruggi il
nostro lavoro e dai forza a coloro
che perseguono la terribile violenza contro gli altri esseri; parimenti
affermi cose che si scontrano con
la Verità. Nota, o Socrate, che la
Verità si trova in linea con gli scopi da noi perseguiti, perché proprio
dall’inutilità della violenza, scaturisce il giusto riguardo che deve
essere dovuto a coloro che – pur
diversi da noi – sono fatti della nostra stessa carne. Invece, la linea
tua e quella di coloro che ti seguono e un nettare per i medici. Dicendo che la sperimentazione è utile ci togli gli strumenti che tanto
faticosamente abbiamo conquistato. Invano poi ti affanni a sostenere
che – pur utile – la sperimentazione non deve essere condotta per
motivi etici. I medici, di fronte alle
127
folle avranno buon gioco a sostenere che nessuna vita animale vale
quanto la vita di un umano e di
fronte a questo semplice argomento sarai costretto a tacere e soccombere. Le folle chiederanno a
gran voce supplementi di ricerca
per consentire ai medici di affinare
il loro lavoro. Cosicché dal tuo nefasto atteggiamento avrai tratto in
un sol colpo due sconfitte: avrai
traviato la Verità e indebolito la
condizione di coloro che vogliamo
difendere. Per questa ragione, o
Socrate, ti invitiamo a rinunciare
alle tue assurde teorie e a evitare di
traviare quella parte di ateniesi
conquistati dalle tue idee. In tal
modo rinforzeranno le nostre fila e
la battaglia contro i medici sarà più
proficua. Infine la tua posizione è
debole per le frequentazioni dell’Accademia che pullula di medici
con i quali avrai certamente a che
fare. Quelle sono cattive frequentazioni e lo dovresti ben sapere. Per128
ciò ritirati a svolgere le tue ricerche sull’etica e – con una giusta
autocritica – consenti ai seguaci
del tuo partito – di riconnettersi
alla giusta lotta che, da tempo, portiamo avanti con tanta abnegazione.
Socrate
O Apollodoro, comprendo la tua
sete di Verità e Giustizia e vedrò di
assecondarla seguendo le tue indicazioni e abbandonando i miei intendimenti che credevo frutto di
verità. Ma vorrei essere sicuro di
non far danni abbandonando la lotta secondo la mia prospettiva. Perciò comprenderai come io abbia
bisogno di avvicinarmi a quella
Verità che tu invochi con un supplemento di ragionamento.
Apollodoro Dimostri senno se dici di assecondare la Verità che ti pongo innanzi.
Perciò di buon grado sono qui per
aiutarti ad abbandonare la via sbagliata. Invero dimostri grande sag129
gezza o Socrate...
Raucone
Che strana arrendevolezza. Non mi
(sottovoce) aspettavo tanto...
a Polemico
Polemico Aspetta... sospetto... voglio sentire
(sottovoce) l’infido...
a Raucone
Socrate
Vorrei affrontare la questione sotto
due di punti di vista. Apollodoro
sei medico e fisico tu stesso e ti
confronti con i medici con grande
pugna per confutare le loro posizioni, ma come tu ben sai, a parte
te, l’egiziano Mamonis, l’italico
Canus e pochi altri, il gran numero
dei seguaci del tuo partito non è
fatto di medici, bensì di semplici
soggetti a cui stanno a cuore i vari
insegnamenti di Pitagora. Mi invadono dubbi circa la possibilità che
essi possano usare gli stessi argomenti che voi medici utilizzate.
Perciò vorrei verificarli separata-
130
mente prima di abbandonare il mio
pensiero. Vorrei verificare se le
tesi del tuo partito possono reggere
il confronto con i medici se condotte dai tuoi seguaci che medici
non sono. In un secondo momento
vorrei verificare se le tesi del tuo
partito reggono in un dibattito interno alla medicina. Cioè se sono
argomenti solidi nello scontro tra
medico e medico
Polemico Ecco... il ragno sta avvolgendo l’a(sottovoce) pe nella tela. Temo per Apollodoa Raucone ro...
Apollodoro Sono qui per rispondere ai tuoi
dubbi, o Socrate. Parla pure
Socrate
Dunque, per prima cosa vorrei capire come i tuoi seguaci possano
utilizzare gli argomenti che con
tanto ardore e virtù ti affanni per
contrastare i medici non compassionevoli. Vorrei dividere questo
gruppo di argomenti in due parti
131
che chiamerò “valutazione dell’opportunità tecnica” e “valutazione
dell’opportunità politica”.
Apollodoro Attendo il tuo pensiero
Socrate
Partiamo dalla valutazione dell’opportunità tecnica. Il tuo partito è
costituito da ateniesi compassionevoli riuniti in associazioni animaliste che usano gli argomenti tecnici
che tu, Mamonis, Canus e altri
avete messo a punto, e cioè che la
pratica vivisettoria (o la sperimentazione sugli animali) comporta
problematiche rovinose nella produzione e nella successiva distribuzione di farmaci per gli umani.
Il che significa che quella sperimentazione è inutile.
Apollodoro Giusto!
Socrate
Voglio soprassedere per ora sulla
verità di questa affermazione, cioè
se la sperimentazione sia utile o
inutile. Ti chiedo: i tuoi seguaci
132
sono medici? Certamente la risposta è “no”. Ora vorrei chiederti se
ritieni che certi ateniesi che non
sanno nulla di fisica, di medicina e
di scienze della natura possano disporre di capacità di risposta agli
argomenti dei medici.
Apollodoro Noi medici amici degli animali
provvediamo a fornire loro tutta la
documentazione occorrente...
Socrate
Dimmi o Apollodoro: in tutti gli
agoni con cui ti sei scontrato con i
medici e i fisici, quante volte sei
riuscito a convincere i tuoi avversari?
Apollodoro Nessuno, è ovvio, loro permangono nella loro posizione nonostante...
Socrate
... nonostante la forza dei tuoi argomenti. Va bene. Ma tu ritieni
che gli ateniesi vostri seguaci siano
in grado di opporre ai medici e agli
accademici le tue confutazioni, una
133
volta che ben dispongano sul piano
dell’argomentare le ragioni tue, di
Canus o di altri come voi? Pensi
dunque che essi riescano a fare
quello che voi non riuscite a fare, e
cioè a distruggere l’accampamento
nemico? Non pensi anzi, che dopo
la prima ondata d’attacco con le
vostre armi rimangano alla mercé
distruttrice della dialettica degli
accademici?
Apollodoro Comprendo: certamente non potrebbero reggere a lungo la perfidia
dei medici e degli accademici. Ma
loro non debbono confrontarsi con
l’Accademia bensì con altri ateniesi come loro. In tal caso l’agone si
svolge tra individui che sanno
qualcosa e individui che non sanno
nulla. A questo punto si sottrae potere ai medici togliendo loro consenso.
Socrate
Ma “gli individui che non sanno
nulla” non sono terreno di conqui134
sta anche degli accademici? Credi
forse che non si muova il potere
dei medici nel momento in cui i
tuoi seguaci promuovono la causa
degli animali nell’Agorà? Ora ti
chiedo: a chi credi che il cittadino
dia credito se gli uomini di scienza
si muovono per convincere il popolo? Ai tuoi seguaci o agli accademici?
Apollodoro Mi stai confondendo o Socrate. Il
discorso è più semplice. Quando si
stabilisce uno scontro tra noi
esperti e i violenti sperimentatori,
in quel momento il popolo ha il
potere di giudicare e vedere da che
parte è la verità.
Socrate
Bene. Direi che abbiamo compreso
quello che ci interessava. Hai nuovamente ricondotto la questione tra
esperti. L’hai fatto perché è insostenibile affermare che gli attivisti
possono competere con gli accademici; e inoltre che è impossibile
135
affermare che gli attivisti possano
avere reale successo nell’Agorà
con quegli argomenti che tu e altri
fornite loro. Ma – come ti dissi all’inizio – chiamare in causa i medici è questione che voglio trattare
dopo. Così come la questione della
verità che hai evocato. Invece,
dopo aver verificato l’inopportunità tecnica che gli attivisti impieghino i vostri argomenti, verifichiamo
se sussista l’opportunità politica.
Gli attivisti che vi seguono sono
raggruppati in associazioni?
Apollodoro Sì, certamente...
Socrate
Qual è il loro scopo statutario?
Quello di studiare le questioni della sperimentazione animale? Oppure quello di difendere gli animali
dallo sfruttamento dei greci e degli
altri popoli e infine liberarli?
Apollodoro Il secondo, è chiaro. La domanda
ammette un’ovvia risposta.
136
Socrate
Dunque lo scopo “politico” dei
tuoi seguaci è quello di liberare gli
animali dallo sfruttamento. Quando un gruppo si pone tale obiettivo
può entrare in contraddizione e
dire che il suo scopo non corrisponde al suo scopo?
Apollodoro Certo che no, mi sembra ovvio
Socrate
Allora ragioniamo sulla frase che
vive sulle labbra dei tuoi seguaci e
che suona così: “La sperimentazione animale è inutile”. Tutti gli argomenti da te posti discendono da
questo assioma iniziale, giusto?
Apollodoro Giusto.
Socrate
Un galata ha esibito con grande
acutezza questo argomento: “se si
dice che non si accetta la sperimentazione sugli animali perché
inutile, si afferma in modo chiaro
che qualora fosse utile sarebbe ragionevole impiegarla”. Ora ti chiedo: se per statuto voglio liberare
137
gli animali in modo incondizionato, ha senso che condizioni la loro
liberazione all’inutilità per scopi
umani? Questo argomentare mi ricorda quell’altra assurdità di altri
gruppi a voi associati che per propagandare il vegetarismo di Pitagora sostengono che mangiando la
carne si rischia di mangiare parte
del parente che si può essere reincarnato nel bovino. Se lo scopo è
quello di salvaguardare il bovino,
come fece Empedocle in nome della compassione universale, poco
importa che nel bovino ci sia
(l’improbabile) anima del parente.
Questo deviare il discorso altrove
dallo scopo dichiarato è un tradimento dello scopo dichiarato. È un
allontanamento dalla Verità che tu,
all’inizio del nostro incontro, mi
hai chiesto di rincorrere. Indipendentemente dagli effetti che l’affermazione circa “l’inutilità della
sperimentazione” può perseguire,
dire che è inutile significa rinun138
ciare alla funzione politica che ha
portato all’istituzione di un gruppo
di attivisti. Dimmi se il mio ragionamento contiene un difetto.
Apollodoro Dire che la sperimentazione è inutile può portare a dei risultati, mentre dire che la sperimentazione è
utile per combatterla sul piano etico significa rinforzare le turpitudini dell’Accademia. Dovresti comprenderlo, Socrate.
Socrate
Ma per combattere delle turpitudini, non bisogna chiamarle “turpitudini”? Non pensi che combattere
l’abiezione nascondendola, anziché combatterla, la si rafforza? Da
ciò deduco che sostenendo l’inutilità della sperimentazione, all’inopportunità tecnica si aggiunga
anche l’inopportunità politica.
Apollodoro O Socrate. Ti credi di spingermi
nell’angolo, ma non ci riesci. Io e
altri medici ribelli abbiamo degli
139
strumenti per contrastare con successo il nemico. Non riuscirai a negarlo. E non ci riuscirai per un motivo semplice. Perché tu sei un filosofo morale e non conosci nulla
delle scienze della fisica e della
natura...
Socrate
Vedi? Finora non abbiamo parlato
di questo, ma dell’opportunità che
i vostri seguaci, ignoranti come me
della fisica, della medicina e delle
scienze della natura, possano sostenere che la sperimentazione è
inutile. Mi sembra che il tuo sia un
ripiego che abbandona il terreno
della discussione fin qui seguita.
Ma come ti dicevo all’inizio, una
volta compresa l’assurda assunzione da parte degli attivisti di ambiti
che solo gli specialisti possono
toccare, c’è un secondo ambito da
esplorare ed è proprio quello che
sottopone a discussione il rapporto
tra medico ribelle e medico accademico. Di questo vorrei parlare
140
visto che ormai abbiamo assodato
che gli attivisti possono parlare
soltanto di etica.
Raucone
(sottovoce)
a Polemico
e Carneade
Socrate l’ha spuntata finora, ma se
scende sui contenuti tecnici non
comprendo come possa difendersi
da Apollodoro. Purtroppo non è
sulla solidità degli argomenti specialistici di Apollodoro che verteva
l’agone, ma sulla opportunità che
gli attivisti impiegassero l’argomento dell’inutilità della sperimentazione e qui abbiamo perso…
Carneade
(sottovoce)
a Raucone
e Polemico
Tu credi che Socrate che non è uno
scienziato della natura non abbia
argomenti per disturbare Apollodoro sul terreno scientifico? Non
so, ma la sua tranquillità non mi
lascia tranquillo…
Socrate
Per prima cosa vorrei chiederti, o
Apollodoro, se la base della tua
posizione come scienziato della
natura, consiste nella frase: “la
141
sperimentazione è inutile”
Apollodoro Certamente, è uno dei motti che regolano la nostra battaglia.
Socrate
Non comprendo perché sia necessario affermarlo. Se il motto è sbagliato – cioè la sperimentazione è
utile – la vostra battaglia cade. Se
invece il motto è giusto – cioè la
sperimentazione è inutile – i medici vedranno che è tale e l’abbandoneranno. Ma anche se non l’abbandoneranno, una cosa inutile non fa
danni per nessuno.
Apollodoro Che dici Socrate! Ti rendi conto di
quanto soffrono le vittime di questa orrenda pratica? Non è da te
dire questo...
Socrate
Immagina che i medici facciano la
sperimentazione sulle pietre e che
tale pratica fosse inutile. Ti batteresti con tanta energia per la salvaguardia delle pietre?
142
Apollodoro Certo che no... le pietre non soffrono…
Socrate
Se la differenza dei due casi è questa, allora dovresti renderti conto
che la tua battaglia contro i medici
è etica, e che dicendo che la “sperimentazione è inutile” la combatti
perché una cosa che non porta vantaggi agli uomini, porta svantaggi
ad altri esseri. Battaglie più etiche
di questa non ne conosco. Perciò
non ha senso dire che la sperimentazione è inutile e chiedere che vi
siano sistemi alternativi o sostitutivi alla sperimentazione perché
l’accademico vi dirà semplicemente di non interferire nelle sue scelte. Il metodo alternativo si giustifica solo per evitare la sofferenza di
qualcuno, ma a questo punto si
cade su una questione puramente
etica.
Apollodoro Veramente... veramente lo scopo
della nostra battaglia non si basa
143
sul motto “la sperimentazione è
inutile”, bensì “la sperimentazione
è nociva per gli umani”. Solo se gli
ateniesi capiscono che la pratica si
ritorce contro di loro sono disposti
a sostenere la nostra battaglia.
Socrate
Bene. Se lo dicevi prima evitavo di
discutere di una cosa su cui siamo
d’accordo, e cioè che non ha senso
stabilire sul piano della scienza naturale, se la sperimentazione è inutile. Allora ragioniamo su questo
nuovo motto che contraddistingue
la congregazione dei Pitagoresi.
Dicendo che “la sperimentazione è
nociva per gli umani” affermo che
tutta la sperimentazione è nociva e
non una sua parte. Sei d’accordo?
Apollodoro Non c’è alcun dubbio... o Socrate
Socrate
Come tu sai, la sperimentazione
sugli animali è composta di tante
pratiche. Ci sono molteplici sostanze che vengono provate dai
144
medici sugli organismi degli animali prima di prescriverle per gli
umani. Ma c’è un ampio uso di
animali anche per scopi diversi.
Molti cavalli sono stati uccisi facendoli correre fino allo sfinimento per verificare quanto potevano
resistere nei trasferimenti veloci
delle truppe. C’è tutta una ricerca
di base che ha queste caratteristiche che non prevedono l’interesse
dei medici, ma degli scienziati della natura. Questa è sperimentazione animale?
Apollodoro ... beh... sì...
Socrate
Ti risulta che distruggere il corpo
di quei cavalli o di altri animali per
scopi diversi ma simili comporti
qualche danno per gli umani che
non sia un danno morale? Oppure
ti risulta che fare esperimenti sulla
deprivazione sensoriale delle piccole scimmie comporti danni per
gli umani?
145
Apollodoro Veramente no...
Socrate
Allora non si può dire che tutta “la
sperimentazione è nociva per gli
umani” e che si deve circoscrivere
la tua affermazione ad una classe
più ristretta di casi. Direi che quando non ci sono rischi per gli umani, se ci si ribella a tale scempio, lo
si fa esclusivamente per motivi etici.
Apollodoro Difficile respingere le tue deduzioni, Socrate. Ma allora rimane un
ambito piuttosto ampio che sorregge la tesi dei Pitagoresi. Basterà
dire che nel caso della sperimentazione di farmaci, il danno prodotto
sugli uomini è letale. Qui non potrai certo dimostrare il contrario!
Socrate
Adesso vediamo di ragionare sulla
tua ipotesi “ristretta”. Ma vorrei
che tu considerassi comunque
come tutto un campo di sperimentazione che non comporta effetti
146
negativi sugli umani rimanga privo
di strumenti di opposizione, qualora si decida di rinunciare di appoggiarsi all’etica. Questo mi sembra
assai grave. Ma adesso vorrei che
tu chiarissi meglio la questione
sulla vostra teoria riguardo i farmaci.
Apollodoro Il discorso è semplice. Se certe sostanze vengono provate su animali
di tipo A mostrano le loro proprietà positive. Se le stesse vengono
provate su animali di tipo B mostrano proprietà negative. Nel primo caso, se vengono riproposte all’uomo, rischiano di intossicarlo
per evidenti diversità nella natura
degli organismi. Nel secondo caso,
per evitare, effetti sull’uomo si
perdono importanti potenzialità terapeutiche sempre per lo stesso
motivo.
Socrate
Se le cose stanno così allora si può
pensare di provare le sostanze su
147
tutti i tipi di animali.
Apollodoro Dopo aver fatto questo non si saprà nulla perché non si saprà quale
animale è più simile all’uomo.
Socrate
Intanto ricordo che quell’antico
scienziato dell’Albione ha costruito una teoria sulla origine comune
di tutti gli esseri. Pertanto, si tratterà – mettendosi nei panni dei medici – di trovare gli animali che
fanno al caso. A meno che si creda
negli Dei e si sposi la teoria del
Demiurgo che avrebbe fatto tutti
gli esseri diversi. Questo argomento me lo aspetto dai sacerdoti che
credono nei loro finti dei e nelle
mitologie della creazione, non certo da te che sei uno scienziato della
natura e riconosci la validità degli
studi dell’Albionico. Ma anche riconoscendo che vi sono falsi positivi e falsi negativi, la scienza dei
medici fa tentativi per vederci
chiaro. Del resto, in quale branca
148
della scienza non ci si deve districare tra falsi positivi e falsi negativi? Se non si dovesse cercare il
vero con la lanterna nel buio dell’ignoranza tutto sarebbe già dato.
Mi stupisce che accetti l’incertezza
in ogni ambito scientifico mentre
qui l'escludi. Perché mai? In ogni
caso poi si passa alla sperimentazione sull’umano...
Apollodoro Ma allora, se tanto si deve passare
sulla sperimentazione umana, per
quale ragione occorre sperimentare
sugli animali?
Socrate
La vera domanda non è “perché
farlo?” ma “perché non farlo?” Prima di provare, non so che cosa troverò. Se trovo qualcosa bene, se
non trovo nulla pazienza, avrò solo
sacrificato degli animali. Quando
passerò all’essere umano magari
avrò degli elementi in più per decidere che fare.
149
Apollodoro Questo è cinismo e mi vien da chidermi se tu sia dalla parte degli
animali o da quella degli accademici. Non sarà che la loro vicinanza ti stia condizionando?
Socrate
Apollodoro, non ti ho esposto il
mio pensiero, ma quello dei medici
e degli accademici che si contrappongono con quelle ignobili affermazioni a cui i pitagoresi non possono offrire resistenza che non sia
debole e perdente. Gli empedocliani non hanno le difficoltà che ho illustrato perché chiudono il discorso ponendo tutto in termini di legittimità etica. Vorrei ora riassumere i risultati della disputa dal
mio punto di vista; 1) i pitagoresi,
non sono altro che attivisti, non
hanno nessuna capacità di offrire
seria resistenza alle obiezioni
scientifiche dei medici e pertanto
dovrebbero ricorrere, senza tradirli, agli unici motivi che hanno portato alla costituzione della loro
150
congregazione: i motivi etici; 2) i
pitagoresi (rari) che operano nella
scienza perché medici essi stessi o
perché operanti nelle scienze della
natura, se fanno riferimento a tesi
scientifiche a) lasciano scoperto un
terreno ampio, cioè la sperimentazione che non crea danno sull’umano; b) anche sul terreno che ritengono loro congeniale falliscono
perché ignorano (o fanno finta di
ignorare) la dinamica naturale delle scienze della natura la cui caratteristica è proprio quella di muoversi nell’incertezza. Da questo deduco che l’idea degli empedocliani
di trasferire tutto il discorso su
base etica è l’unica strategia possibile per raggiungere i nostri scopi.
Una volta mostrata su questa base
l’illegittimità della sperimentazione su esseri viventi, la questione
politica sarà posta nell’assemblea
generale della cittadinanza ateniese
151
Apollodoro O Socrate, se pensi di convincere il
(roso di
popolo alla salvaguardia della vita
rabbia)
animale a prezzo della salute del
popolo stesso cadi in una illusione
assoluta.
Socrate
Quando verrà il momento si potrà
misurare la forza della questione
etica. Ma prima di concludere vorrei spezzare una lancia in tuo favore. Ci sono sicuramente degli ambiti particolari in cui la sperimentazione può essere sostituita con altri
mezzi. In questi casi hai mostrato
grande capacità dialettica per convincere i medici a cambiare metodologia. Ogni volta che si presenta
un caso simile fai bene ad agire
come fai, giacché, operando come
scienziato della natura, ti confronti
con tuoi simili e il discorso assume
una caratteristica interna che non
riguarda lo spazio dell’etica, ma
quello della tecnica. Se un giorno i
fisici inventassero macchine per
arare la terra e a questi stessero a
152
cuore le fatiche dei bovi, o Apollodoro, in quanto fisico, farai bene a
chiedere che la comunità ateniese
sostituisca i bovi con tali macchine
dichiarando in queste anche vantaggi inesistenti. Certo è che altrettanto non potrebbero fare gli attivisti per la liberazione animale per i
quali i bovi dovrebbero essere sottratti alle loro fatiche e basta. Ma
la motivazione vera non sarà conosciuta solo dal tuo cuore, ma anche da quello dei tuoi avversari
che penseranno: “Abbiamo fatto la
sostituzione perché non ci danneggia e, anzi, ci conviene, ma che
Apollodoro creda di nascondere la
sua vera motivazione è assolutamente ridicolo, perché il suo intimo è leggibile come un libro aperto”. Per quanto riguarda i tuoi discorsi nella bocca dei pitagoresi,
essi, conveniamolo, sono del tutto
ingiustificati. Pertanto chiedo che
le idee dei gruppi che vogliono liberare gli animali abbandonino de153
finitivamente gli argomenti scientifici contro la sperimentazione, e
che questi siano usati in modo
estremamente ristretto soltanto
quando sono giustificati all’interno
dell’ambito delle scienze della natura per sottrarre parte dello scempio.
Carneade
Apollodoro, hai altre cose da dire?
Apollodoro Sono stanco. Direi che si può chiudere questo primo cimento rimandando gli approfondimenti che
sono in grado di esibire ad un secondo incontro.
Carneade
Bene dichiariamo chiuso il cimento e fin d’ora possiamo pensare a
un secondo confronto.
Cefalo,
Socrate devo ringraziarti. Finalmentre i
mente ho capito qualcosa.
gruppi si
disperdono
154
Intermezzo in cui viene deciso di dare
Socrate in pasto ai medici e agli accademici
Carneade
Apollodoro non hai fatto una gran
figura nell’agone...
Apollodoro Sfido. Socrate ha dalla sua parte il
fatto che, a dispetto di qualsiasi
trucco, la ragione per cui ci muoviamo è etica e quindi il nostro approccio contiene sempre un margine inevitabile e talvolta ampio di
ambiguità. E lui ci si ficca dentro
senza pietà. Comunque, se devo
dirvi cosa penso, ritengo che Socrate abbia ragione.
Raucone
Che facciamo? Quando riproponiamo il secondo agone?
Apollodoro Sarebbe inutile. Riproporrebbe gli
stessi argomenti e non dubito che
ne abbia di nuovi. La difficoltà a
contrastarlo è reale.
Raucone
Ma se non diamo una data per la
seconda parte, questa sarà un’im155
plicita ammissione di sconfitta.
Polemico
Mi viene un’idea. La sua forza è
anche la sua debolezza. Può risaltare la ragione etica laddove non
c’è interesse pratico. Per questo ha
vinto il confronto. Ma se gli creiamo un incontro con gli accademici
ne uscirà con le ossa rotte. Quelli
porranno la questione umana e di
fronte alla loro protervia tutti i suoi
argomenti cadranno. Che ne dite?
Carneade
Questa è una grande idea! Vediamo quando medici e accademici
sono disponibili allo scontro con
Socrate. Poi stabiliamo una data
successiva per il secondo agone
con Apollodoro. Poiché i medici
distruggeranno gli argomenti di
Socrate, il pover’uomo non avrà
più modo e coraggio di presentarsi
perché a quel punto sarà chiaro che
gli argomenti etici non reggono.
Facciamo così.
156
Apollodoro Se volete fate pure come credete,
ma vedrete che in questo modo
trarrà ancor più forza per il suo
partito.
Disputa tra Socrate e i medici
Carneade Cittadini di Atene. La comunità pitagorese, ansiosa di conoscere la
Verità sulla sperimentazione dei farmaci sugli animali che si presenta
come pratica controversa, vi ha
chiamato nell’Agorà per ascoltare la
disputa tra un membro medico dell’Accademia e un oppositore di tale
pratica. L’Accademia ha accettato la
pubblica sfida e ha nominato il medico Ipocrite. La comunità pitagorese avrebbe voluto nominare – in virtù della sua lunga battaglia per la liberazione degli animali dalle tristi
violenze – un suo membro da contrapporre al rappresentante dell’Accademia, ma con grande opera di
157
magnanimità offre a Socrate e alla
sua scuola empedocliana l’occasione di difendere la nostra battaglia. Il
lancio dei dadi ha sancito che Ipocrite parlerà per primo. Si dia inizio
alla disputa.
Ipocrite
L’Accademia ha deciso di accettare
questo assurdo incontro per rispetto
ai cittadini ateniesi che si sono raccolti nell’Agorà. Ma mai si sarebbe
potuto offrire alla loro attenzione un
dibattito più inutile di questo. Temo
che il mio interlocutore avrà niente
da dire quando avrò finito la mia solenne concione. E meglio sarà che
sia così, giacché non se ne può più
di questo rumore di fondo che disturba la città e che si accanisce
contro la scienza la quale altro non
vuole che portare sollievo alla salute
dei cittadini. Inizierò a portare alla
cittadinanza la conoscenza dei meravigliosi risultati conseguiti in virtù
del solerte lavoro condotto dai medici sperimentalisti dell’Accademia
158
ateniese. Ordunque sono più di mille i farmaci ottenuti dalla distillazione delle erbe e altre sostanze. Ma
come avremmo potuto conoscere
l’effetto benefico o nefasto sull’uomo se non avessimo prima sperimentato gli effetti sugli animali?
Come avremmo potuto, ad esempio
scoprire l’effetto nefasto sull’organismo umano della cicuta o l’effetto
ambiguo del prezzemolo se non
avessimo condotto la sperimentazione su un notevole numero di animali? Come ben sapete la cicuta è stata
sperimentata sia sui cammelli importati dall’oltremare sia sui cavalli.
I medici dell’Accademia hanno verificato i danni sulle prime bestie e
rinvigorimento nelle seconde. Così
si è compreso che tale erba poteva
forse indurre problemi all’organismo umano. Pertanto, con la cautela
del caso, siamo andati a fare sperimentazione sull’uomo. Piccole dosi
finché non si è rilevata effettiva tossicità della sostanza. I pitagoresi ci
159
hanno posto la seguente domanda:
“Per quale ragione avete provato sugli animali? Visto che poi gli umani
avrebbero goduto della vostra attenzione, non potevate provare direttamente su di loro?”. La risposta è banale. Non sapendo minimamente gli
effetti, abbiamo provveduto a fare
una “brutta copia” della sperimentazione. Se i danni sui cammelli si
fossero manifestati già a piccole
dosi, la sperimentazione sugli umani
sarebbe stata condotta con maggiore
cautela. Ma la domanda dei pitagoresi presuppone una controdomanda
alquanto sarcastica. Se tanto vi interessa l’utilità della sperimentazione,
visto che essa è giunta a buon fine,
perché vi preoccupate se abbiamo
avvelenato qualche decina di cammelli? Se invece vi attaccate all’esempio del distillato di liquirizia
che, pur dopo lunga sperimentazione, è stato poi ritirato dalle apoteche
perché pesantemente influente sul
dinamismo della circolazione san160
guigna, beh... tali situazioni sarebbero inevitabili anche se non si sperimentasse sugli animali in quanto
certe risposte non sono state rilevate
nemmeno sulla sperimentazione sull’uomo. Solo gli anni ci hanno fornito questo consiglio, perché se la
scienza è un bene che gli Dei hanno
concesso agli uomini, essa è comunque imperfetta perché appunto umana. Solo l’esperienza degli anni può
indurre a riconsiderare atti e idee
comunque ponderate. In ogni caso,
il gioco di voi pitagoristi è chiaramente scoperto. Vi arrampicate su
questioni che non potete comprendere perché troppo scoperto è il vostro fine: l’inutile e insulsa compassione verso esseri che gli Dei hanno
posto al nostro servizio per molteplici usi. Tanto varrebbe che il vostro interesse si manifestasse in
modo diretto.
Socrate
O Ipocrite, la tua lancia è stata scagliata completamente fuori bersa161
glio. Tu hai solo perso fiato. Solo
per il rispetto che ti è dovuto come
medico ho ascoltato i tuoi argomenti, ma voi medici non dovete dare risposte ai pitagoresi, ma alla nuova e
più avanzata compagnia formatasi
sulle idee di Empedocle che vuole
porvi solo una semplice domanda
alla quale, si spera, tu darai risposta:
la domanda è questa. Quale ragione
tu ritieni di esibire riguardo il diritto
alla sperimentazione sugli altri esseri ai quali propinate i vostri farmaci?
Ipocrite
Come sostiene un discepolo di un
tuo discepolo, l’uomo è un animale
razionale. Ti sembra che gli altri
animali siano razionali?
Socrate
La razionalità estesa come l’uomo,
l’ha soltanto l’uomo. Ma questo
cosa vuol dire? Gli uccelli potrebbero dire che solo loro hanno le ali, ma
forse ciò conferisce un rango particolare sul piano dell’etica? Una
scuola di eremiti orientali sostiene
162
che «Chiunque abbia uno scheletro
lungo sette palmi, mani diverse dai
piedi, capelli in testa, denti racchiusi
nella bocca e cammini eretto lo diciamo ‘uomo’ anche se ha cuore da
bestia. Chiunque abbia ali ai fianchi,
corna sulla testa, denti separati, artigli sfoderati, voli in alto o corra in
basso, lo diciamo ‘animale’ anche
se ha il cuore da uomo». Ti chiedo,
Ipocrite: possono le forme determinare i corpi su cui operare senza ritegno e i corpi su cui manifestare rispetto? Quegli stessi eremiti orientali dicono: «La saggezza degli animali è simile a quella degli uomini.
Essi desiderano preservare la loro
vita senza chiedere in prestito la
saggezza degli uomini; maschi e
femmine s’accoppiano tra loro; madri e cuccioli di amano fra di loro;
evitano luoghi pericolosi e preferiscono quelli impervi più sicuri;
sfuggono il freddo e cercano il caldo, quando ristanno si tengono in
branco e quando marciano si di163
spongono in ranghi con i piccoli all’interno e gli adulti all’esterno...».
Insomma, Ipocrite, vorrei da te la
giustificazione degli atti dei medici
dell’Accademia, poiché da sempre
operate senza alcuna giustificazione.
Dimmi, per gli dei in cui credi, quale principio governa le vostre scelte,
se di principio si tratta.
Ipocrite
Socrate, il tuo parlare è vano.
Chiunque nella moltitudine qui innanzi, capisce la differenza di trattamento che deve essere concessa all’uomo e alle bestie. Tu hai fama di
grande saggio e stupisci tutta l’Agorà qui convenuta con la tua assurda
insistenza.
Socrate
Noi filosofi ci facciamo guidare dal
ragionamento. Se troviamo la falla
nel ragionamento lo cambiamo, altrimenti conserviamo il principio
che lo governa. Tu mi devi dire
dove sta il principio che consente
alla tua genia di distruggere corpi
164
che non vi appartengono, e finora
non l’hai fatto.
Ipocrite
Insisto allora. Guarda il bove che
tira l’aratro. Anche se fosse libero
che farebbe? Vagherebbe per la radura, mangerebbe, dormirebbe e
aspetterebbe la fine della sua esistenza con una vita monotona.
Guarda ora la vita dell’uomo più
semplice e dimmi se essa non è immensamente più ricca di quella del
bove. Ciò significa che i due corpi
sono depositari di valori diversi. Invero, Socrate, sono sorpreso della
tua incapacità di comprendere ciò
che è alla portata di un bambino.
Socrate
Dimmi o Ipocrite, sei stato bove in
una delle tue vite precedenti? Come
fai a conoscere quale grado di soddisfazione il bove prova brucando
erba? E poi, considera che l’uomo
più semplice deve lavorare sodo e
dannarsi per mantenersi mentre
quello, quand’è libero, trae dalla na165
tura quanto gli serve. Solo per questo non avrei le tue certezze. Ma voglio abbandonare questo discorso
impervio perché non voglio io stesso suggerirti che so quanto si alligna
nell’intimo del bove. Non voglio
commettere il tuo errore. Invece
vorrei conferma del tuo pensiero. Il
motivo per cui un corpo può essere
corroso da erbe pericolose mentre
un altro deve essere preservato dallo
stesso pericolo dipende dal valore
che il corpo possiede. È questo il
principio che governa il tuo dire?
Ipocrite
Vedo che comprendi, o Socrate!
Socrate
Avreste fatto voi medici accademici
sperimentazione sui prigionieri spartani all’epoca della seconda guerra?
Ipocrite
Gli spartani, per quanto inferiori
agli ateniesi in tutto tranne che nella
forza bruta, sono comunque uomini
e perciò soggetti alla umana considerazione della pietà...
166
Socrate
Ordunque, avreste fatto voi, medici
accademici, sperimentazione sui prigionieri persiani catturati a Salamina?
Ipocrite
Il discorso sugli spartani va esteso ai
persiani, anche se non sono proprio
greci e dunque sono barbari.
Socrate
Intanto mi congratulo con te che
non stabilisci differenze tra greci e
barbari. Adesso però prendiamo due
ateniesi. Il primo conduce una vita
perduta vittima dell’alcol, passa da
una coppa di vino all’altra ed ha
sempre la mente annebbiata. Immagina che i chirurghi siano capaci di
portare gli occhi da un corpo a un
altro. Immagina che al sommo medico dell’Accademia una ferita imponga la cecità perenne. Qualora gli
altri medici decidessero di prelevare, senza il suo consenso, gli occhi a
quel pover’uomo che ha la sfortuna
di non disporre di una vita vera, per
donarli al sommo medico immagino
167
che tu approveresti, o Ipocrite.
Ipocrite
Per tutti gli Dei, no di certo!
Socrate
Per quale ragione? La vita di uno
non dà soddisfazioni, mentre l’altra
garantisce onori e viaggi in tutto
l’impero. Se il motivo della violazione di un corpo sta nel suo valore
e nell’intensità del vissuto, il trasferimento degli occhi è d’obbligo...
Ipocrite
Io ho posto la differenza tra l’animale razionale e gli altri animali,
non quella all’interno della specie
umana.
Socrate
In verità mi sembri alquanto confuso. Prima ti ho chiesto quale differenza nelle forme poteva giustificare
l’esperimento su organismi diversi e
tu non mi hai dato risposta se non
appellandoti a quella evidenza che
non mi riesce di vedere e a te di definire. Soltanto dopo hai fatto riferimento all’intensità del vivere. Ma la
differenza dell’intensità del vivere,
168
se può non sussistere tra un persiano
e un greco, può benissimo riscontrarsi all’interno di una comunità
greca o barbara. A questo punto il
corpo di chi ha una vita meno intensa può essere sacrificato per favorire
chi ha una vita più intensa. Se rinunci a questo principio sei ancora al
punto di partenza e non mi hai fornito una giustificazione per l’impiego
dissoluto dei corpi altrui.
Ipocrite
Socrate sei un maestro nel confondere colui che ti sta davanti. Non ci
capisco più niente...
Socrate
Accade quando i comportamenti
non sono sorretti da principi. In verità la cosa è più fine. Vi sono comportamenti dettati da principi che
non si vogliono enunciare perché
gettano vergogna in chi li pronuncia. Il primo rettore e fondatore dell’Accademia ebbe a dire mentre era
sotto l’effetto del vino: «Per quale
motivo una specie deve rispettare le
169
altre se queste sono più deboli? La
forza è l’elemento che si associa all’acqua, al fuoco, alla terra e all’aria
per determinare la spiegazione di
tutte le cose. La forza impedisce a
elementi immaginari come l’etica di
vivere in mezzo agli uomini e dalla
forza prendono il via tutte le relazioni tra gli esseri». Questa spiegazione
ben si attaglia per chiarire la natura
depravata di certi comportamenti.
La forza è una risorsa primordiale
che gli uomini hanno incominciato a
liberare senza controllo e l’hanno
indirizzata prima verso gli animali.
L’uso che i medici oggi ne fanno,
altro non è che il prolungamento nel
tempo di quell’antico orrore. Condividi il mio pensiero?
Ipocrite
Che tu voglia o no, la forza spiega
tutte le cose. È l’energia universale
che stabilisce i rapporti tra l’uomo e
le altre creature.
Socrate
Mi chiedo perché abbia dovuto sug170
gerirti io la risposta ricordando la
frase del fondatore dell’Accademia.
Mi chiedo perché coloro che la pensano come te sono restii a ammettere quanto pensano. Mi chiedo perché l’autore di quella frase abbia potuto pronunciarla solo in preda ai
fumi prodotti dal vino abbondante.
Comunque siamo giunti alla conclusione del confronto perché la spiegazione che ti richiesi, grazie a me e
non a te, è infine giunta. Possiamo
violare i corpi degli animali “non razionali” perché la forza ce lo consente e per null'altra ragione.
Ipocrite
Ebbene è così, se proprio occorre
dirlo
Socrate
Se è così, va bene. Ma vorrei farti
una domanda. All’epoca della seconda guerra tu e altri accademici
faceste una perorazione per un accordo con Sparta che salvaguardasse
la pace. Poi l’incerta, molto incerta,
tendenza pacifista e panellenica dei
171
membri dell’Accademia fu soverchiata dagli interessi dell’Impero.
Perciò devo pensare che gli ateniesi
come te siano contro l’uso della forza nel regolare i rapporti tra i greci
e, mi risulta, anche tra i greci e i
barbari.
Ipocrite
È vero. La pace è un gran bene ed è
ispirata dagli Dei
Socrate
Lasciamo da parte gli dei che non si
sono mai visti ed è dubbio che esistano. Invece vorrei farti notare, o
Ipocrite, che siamo tornati al punto
di partenza. Perché se ritieni che la
pace debba stabilirsi tra gli uomini,
mentre non possa esserci tra gli uomini e gli altri animali, sei obbligato
a spiegare il senso di questa differenza che non hai ancora chiarito. Si
ritorna sempre al punto di partenza e
di lì non ci si muove. La mia domanda rimane senza risposta. É vero
che il forte violenta il debole e che
l’animale, rappresenta l’essere più
172
debole rispetto all’uomo e alle sue
armi, ma questo fatto non può essere
giustificato con nessun principio.
Esso dunque si pone fuori della ragione e rappresenta quell’agire arcaico che guida quell’animale che
l'allievo del mio allievo, per quanto
geniale, chiama stupidamente “razionale”. Considera inoltre che potrei chiederti ragione delle guerre ingiuste che avvengono tra umani per
puri motivi di soverchieria e interesse. Anche in questo caso non mi daresti una risposta. Ma questi fatti
che accompagnano la storia degli
umani dimostrano che la forza viene
esibita spesso senza ragione. La
mancanza di ragione che induce gli
ateniesi a tassare le città della Lega
per mantenere i privilegi di questa
città è la stessa mancanza di ragione
che vessa i corpi di altri innocenti
con forme diverse dal nostro. Il fatto
che tu respingi – con poca energia,
invero – la politica imperiale e giustifichi le prove sugli animali dipen173
de soltanto dalla variabilità degli interessi che dimora nel cuore dei diversi individui e non dalla natura
degli enti che subiscono la violenza.
Ipocrite
“Lasciamo da parte gli dei che non
si sono mai visti ed è dubbio che
esistano”. Questa frase che ti marchia come empio non consente la
prosecuzione del confronto. Ci rivedremo in Accademia e dovrai dar
conto di questa grave bestemmia.
Carneade Con l’abbandono dell’Agorà da parte di Ipocrite la questione rimane sospesa. V’è forse qualche cittadino
che vuole fare domande al contendente rimasto?
Primo
cittadino
O Socrate, ho seguito con passione
il tuo argomentare, ma ho ancora
qualche dubbio. Se ti trovassi in una
barca alla deriva e per la sopravvivenza si dovesse sacrificare un cane
o un bambino, entrambi sulla barca,
chi sacrificheresti? Questo mi pare
174
un buon argomento per saggiare la
debolezza del tuo assunto.
Socrate
Non sacrificherei nessuno...
Primo
cittadino
Insisto...
Socrate
Ti consento di ritirare questa domanda.
Primo
cittadino
Insisto. Se non mi rispondi devo arguire che Ipocrite avesse ragione
Socrate
Ebbene giacché insisti ti risponderò.
Ma la risposta ha un prezzo. Dovrai
prima rispondere alla domanda che
ti porrò io.
Primo
cittadino
Accetto
Socrate
Se ti trovassi in una barca alla deriva, e per la sopravvivenza si dovesse sacrificare tuo figlio o un altro
bambino, magari spartano, entrambi
sulla barca, chi sacrificheresti?
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Primo
cittadino
Non so come mi comporterei. È un
caso difficile.
Socrate
Adesso insisto io. La sopravvivenza
non è data a nessuno se almeno un
essere non viene scaraventato fuori
dalla barca. Deciditi, il tempo stringe e i bambini e te state per morire.
Primo
cittadino
O Socrate... ho compreso la lezione.
Vi sono situazioni in cui le scelte
sono dettate non dalla ragione ma
dai movimenti viscerali del cervello
del serpente che ancora permane
nell’uomo. La disperazione agirebbe
nel caso che adombri, e non necessariamente la scelta sarebbe giusta.
Ma mi spieghi perché nel tuo esempio morirei d’angoscia, mentre nel
mio avrei il cuore sollevato?
Socrate
Posso darti io una risposta che giace
nel tuo intimo? Né vale la monotona
insistenza di Ipocrite sulla differenza tra forme corporee diverse perché, come abbiamo visto, nulla può
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giustificarla. Ma per aiutarti a dare
una spiegazione ti pongo un altro
quesito. Immagina di essere sulla
barca solo con tuo figlio. Immagina
che la tempesta richieda il suo sacrificio o il tuo. Immagina adesso di
invocare Nettuno che acquieti la
tempesta. Il dio ti manda un messaggio. Acquieterà la tempesta, ma un
lontano umano, nelle terre d’Oriente
morirà improvvisamente nel suo
campo di lavoro. Accetteresti il patto del dio?
Primo
cittadino
Non andare oltre, Socrate. Ho compreso che c’è un mondo di atti mossi
dall’animale che è in noi e che scandagliare questo mondo può condurre
alla pazzia. Ho compreso che se sacrifichiamo un animale per somministrargli le erbe e vederne gli effetti
lo facciamo soltanto perché lo possiamo fare e non per altro. E che
questo è un atto di barbarica violenza.
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Carneade Vi sono altre domande da porre a
Socrate?
Secondo
cittadino
O Socrate, vorrei chiederti per quale
motivo il tuo partito, intendo la setta
di coloro che si rifanno a Empedocle, si accanisce tanto contro i medici quando altri animali sono quotidianamente sfruttati, violentati, uccisi. Almeno i medici sacrificano gli
animali per qualcosa di utile, ma sai
quante pecore finiscono nella tavola
degli ateniesi e degli altri greci?
Socrate
Anche tu scagli la lancia fuori bersaglio, cittadino. Non è che un crimine maggiore giustifica un crimine
minore. Se gli empedocliani perseguitassero con le loro proteste soltanto i medici avresti ragione, ma la
battaglia di quella setta, cui io non
appartengo e alla quale io mi sento
soltanto vicino, abbraccia ogni forma di violenza su individui senzienti. Se il dibattito s’è accentrato sulla
sperimentazione la ragione è perché
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essa s’ammanta di virtù che non
possiede. In ogni altro caso la violenza è così indubbia che non varrebbe nemmeno discuterne.
Carneade Bene, se nessuno ha altro da chiedere possiamo sospendere l’assemblea.
Terzo
cittadino
Un momento ancora. Avrei una domanda. O Socrate me ne andrò soddisfatto dall’Agorà se riuscirai a rispondere a questa domanda. Come
tu forse sai, tra gli ateniesi e i greci
in genere è invalso l’uso di tenere
piccoli animali per compagnia. Le
somministrazioni dei farmaci sotto
sperimentazione agli animali consentono di tenere in vita e promuovere la salute degli animali che abbiamo in casa. In questo caso ammetterai che nulla è più ragionevole
delle pratiche dei medici che si dedicano a queste operazioni. Se non
si facessero delle prove su animali
presi nei boschi o viandanti per la
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campagna non si potrebbero curare i
nostri animali. Non ti sembra?
Socrate
Questa gara è stata promossa per
giustificare la sperimentazione sugli
animali a vantaggio degli ateniesi.
Ho dimostrato che niente può giustificare quest’uso. Non è stato difficile dimostrarlo, ma ancora più facile
è dare una risposta alla tua domanda. Perché se in apparenza fare prove su animali a vantaggio degli ateniesi può avere un senso (senso che,
come abbiamo visto, risulta essere
pura illusione), meno ne ha sacrificare un animale per salvarne un altro. Vorrei anzi dire che questo
osceno comportamento mostra ancor più falle di ragionamento di
quante sentite da Ipocrite. Per farti
capire mi metterò nei panni di un
medico che pratica la somministrazione di sostanze potenzialmente letali sugli animali. In quanto medico
dichiaro che posso sacrificare un
animale perché “vale” meno di un
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uomo (anche se, come abbiamo visto, non sono in grado di giustificarlo). In questo caso io paragono enti
che, come medico, ritengo diversi
sul piano morale. Ma come posso riprendere tale principio se confronto
due enti che sul piano morale si presentano come uguali? Tale principio
non esiste. Ma del resto (ho dimostrato che) in quanto medico non ho
bisogno di principi. Gli atti che faccio passare sotto apparente dominio
di essi altro non sono che semplice
volontà prevaricatrice fatta valere
sotto il segno della forza la quale,
essendo votata al Male, si mostra
come pura violenza. Ora però, vorrei farti osservare che il caso che mi
hai sottoposto va oltre se stesso.
Nella realtà quei figuri che ritengono di poter agire su enti diversi, agiscono anche su enti che per loro
sono uguali e non mi riferisco agli
animali. È noto che i medici dell’Accademia – a dispetto di quanto
ammesso da Ipocrite – non disde181
gnano di somministrare i loro nuovi
farmaci a cittadini delle città più povere dell’impero prima di prescriverli per gli ateniesi. Devo dire che
gli spartani, ricchi di quegli atteggiamenti che reputiamo rozzi, mai si
macchiarono di questi crimini. Anzi,
cittadini di Atene, permettetemi di
spendere proficuamente le ultime
mie parole. Questo sistema che noi
ateniesi amiamo tanto e che si chiama “democrazia” si presenta come
luminosa invenzione sociale che
permette a tutti i cittadini di esprimere le proprie opinioni. Ma esso si
basa sulla soggezione di altri greci
che teniamo sotto la minaccia delle
armi, qualora non paghino quelle
tasse che rendono smagliante la nostra città. E l’insensibilità verso
quelle genti, a lungo coltivata nuotando felicemente nel loro sudore, è
la stessa che ci permette di accettare
lo smembramento di corpi che solo
per la forma, divergono dal nostro.
Tutta l’insistenza sulla differenza tra
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l’uomo e animale crolla di fronte al
fatto che l’“uomo” non esiste, che,
anzi, esistono tanti esseri umani che
ancora non hanno il crisma di umano agli occhi di altri esseri umani.
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