Stallo sui tagli Usl, ira di Zaia: pronto a indicare 21

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Stallo sui tagli Usl, ira di Zaia: pronto a indicare 21 Dg se
non passa la riforma. Il Pd: colpa della Lega divisa
Della riforma sanitaria, tra frizioni nella maggioranza e ostruzionismo dell’opposizione, Luca
Zaia non parla. Ma chi l’ha sentito in queste ore descrive un governatore furioso per lo stallo
in cui si è arenata la maratona consiliare sull’Azienda Zero e, soprattutto, sulla riduzione
delle Usl. Il dibattito che riprenderà domani a Ferro Fini non promette nulla di buono
neanche per questa settimana, motivo per cui il presidente della Regione starebbe pensando
di passare dai tatticismi di Palazzo alla strategia della politica: lasciare che la discussione
continui ad avvitarsi su se stessa, in modo da arrivare a fine anno senza approvazione e
dover così tornare a nominare 21 direttori generali, attribuendone la responsabilità alle
minoranze. Alla vigilia della ventiquattresima seduta consiliare dedicata al progetto di legge
23, siamo ormai definitivamente al tutti contro tutti, botte e risposte che finiscono per
neutralizzarsi l’una con l’altra.
«L’Azienda Zero è andata sotto zero — gioca con le parole il dem Claudio Sinigaglia —
congelandosi in un testo inerte per le divisioni interne alla Lega Nord. Zaia aveva immaginato
7 Usl, una per provincia. Poi però con le nomine il governatore ne ha disegnate 9, in modo
da accontentare il Veneto Orientale e il Bassanese. Il problema è che adesso i veronesi ne
vogliono 10, ma l’assessore Luca Coletto fa muro perché non vuole darla vinta all’ex Flavio
Tosi. Così mentre noi chiediamo un parametro uguale per tutto il Veneto, loro continuano a
litigare». Concorda il tosiano Stefano Casali: «Servono criteri oggettivi, nell’interesse stesso
della maggioranza, che è evidentemente in preda agli imbarazzi. Perché le province di
Venezia e Vicenza devono avere due Usl e quella di Verona una soltanto, quando conta 16
milioni di turisti e 1 milione di abitanti?».
La proposta di una Usl della Bassa Veronese è stata lanciata dal leghista Alessandro
Montagnoli, che tuttavia sarebbe stato prontamente richiamato all’ordine, a giudicare dalle
stringate dichiarazioni che rilascia dopo quell’uscita pubblica: «Sono valutazioni che stiamo
facendo all’interno del gruppo, in questa fase preferisco non dire altro». Gli va in soccorso
il capogruppo Nicola Finco: «Il collega si è fatto portavoce di una richiesta del territorio di
cui è espressione, non mi sento di crocifiggerlo per questo. Ma la posizione del governatore
Zaia è di 9 e su quella noi restiamo compatti. Individuare un requisito unico per tutto il
territorio regionale? Impossibile, perché ogni realtà ha le sue specificità. Ma mentre le
esigenze del Veneto Orientale e del Bassanese sono emerse da tempo, quella del Veronese
è spuntata solo adesso, per un incaponimento di Tosi che il Pd si sente assurdamente in
dovere di sostenere».
Oggi le forze di maggioranza si incontreranno per pianificare i turni in aula, in modo da non
far mai mancare il numero legale. «Il fronte è compatto su 9 Usl», assicura il presidente
Roberto Ciambetti. Per la verità Zaia potrebbe giocarsi la carta del ritorno a 7 Usl: una per
provincia e zitti tutti. «Per me rimane la soluzione migliore — dice lo zaiano Fabrizio Boron,
presidente della commissione Sanità — anche perché su quella l’opposizione si era esposta.
Detto questo appartengo però ad una maggioranza che sostiene lo schema a 9, per cui lo
difenderò fino all’ultimo».
Il problema è che la battaglia rischia di prolungarsi così tanto da veder terminare senza
alcun risultato l’anno di commissariamento delle aziende teoricamente destinate alla
soppressione. Ecco perché Zaia, irritato per gli effetti del «jolly» che consente di prolungare
all’infinito i tempi degli interventi, starebbe meditando di lasciare il cerino in mano alle
minoranze. Traduce Stefano Valdegamberi, zaiano e veronese: «Chi ha vinto ha il diritto di
governare, nel caso anche di sbagliare. Ci lascino votare la legge e vedranno che
l’approviamo domani mattina, altrimenti dovranno assumersene la responsabilità».
DAI POTERI DEI DG AGLI ACQUISTI, COSÌ IL TESTO È STATO CAMBIATO
«È istituita, ai sensi dell’articolo 60 dello Statuto, l’Azienda per il governo della sanità della
Regione del Veneto». Iniziava così il documento timbrato il 29 giugno 2015 a Palazzo Ferro
Fini, primo firmatario l’allora neo-rieletto governatore Luca Zaia, oggetto l’attivazione
dell’Azienda Zero e la riduzione delle Usl. Ma un anno, due mesi e quindici giorni dopo, cos’è
rimasto di quel progetto di legge? Solo una parte, almeno a confrontare il testo depositato
allora con la versione rimaneggiata finora, che ha visto riscrivere e approvare quindici articoli
e accantonarne un altro e attende ancora che ne siano esaminati ulteriori sette.
A dispetto delle previsioni iniziali, basate su un presunto scontro in merito all’introduzione
del nuovo ente e su un’apparente sintonia a proposito del taglio delle aziende esistenti, in
questi tre mesi il grosso del percorso è stato compiuto sull’Azienda Zero, mentre la strada
che porta verso le future Usl è tuttora in salita. Per quanto riguarda comunque la prima
parte, paradossalmente manca ancora il via libera all’articolo iniziale, che alla luce degli
emendamenti presentati dovrebbe comunque qualificare il nuovo soggetto come «Azienda
per la razionalizzazione dei servizi sanitari e tecno-amministrativi del Servizio sanitario
regionale». Il seguito del testo, già approvato, ne specifica meglio le caratteristiche e di
conseguenza le difformità rispetto alla bozza iniziale, tendendo a ricondurre il più possibile
l’attività sotto l’ombrello della giunta.
La stesura definitiva prevede che l’Azienda Zero segua, per tutto il sistema regionale, gli
acquisti centralizzati, le procedure di selezione del personale, il supporto tecnico alla
formazione manageriale, le procedure di accreditamento, il supporto al modello assicurativo,
le infrastrutture di tecnologia informatica, l’autorizzazione all’esercizio delle strutture
sanitarie e sociosanitarie, la gestione dei contenziosi, la progressiva razionalizzazione del
sistema logistico, l’attivazione entro un anno del fascicolo e della tessera sanitari elettronici,
il coordinamento degli uffici relazioni con il pubblico.
A differenza dell’impianto di partenza, spunta un comitato dei direttori generali con poteri
di indirizzo e di consulto e viene inserita la necessità di sentire la commissione Sanità prima
di dare l’ok al piano assunzioni. Sparisce invece l’ipotesi di un commissario per il primo anno
di attività. È stato poi completamente riscritto il capitolo relativo all’Area sanità e sociale e
alla struttura ispettiva, nonché quello dedicato alle funzioni in materia di servizi sociali. Su
richiesta delle opposizioni la maggioranza ha concesso che i bacini delle attuali 21 Usl
vengano mantenuti come distretti sociosanitari, dove i comitati dei sindaci elaborano e
licenziano i piani di zona e per la non autosufficienza, esprimono il parere sulle schede di
dotazione territoriale e collaborano alla realizzazione delle medicine integrate di gruppo.
Nuova è inoltre la previsione di un programma straordinario per ridurre i tempi di attesa
delle prestazioni specialistiche.
Quanto invece alla riorganizzazione delle aziende sanitarie, come detto il consiglio regionale
è ancora in piena impasse. Zaia aveva prospettato una Usl per provincia, dunque sette in
tutto, ma nella nuova tornata di nomine dei dg ne ha di fatto aggiunte due (una per il Veneto
Orientale, l’altra per la Pedemontana Bassanese), per cui al momento la discussione ruota
attorno ad uno schema a nove.
Angela Pederiva – Il Corriere del Veneto – 13 settembre 2016