Panorama, n.11, 15 giugno 2016

Download Report

Transcript Panorama, n.11, 15 giugno 2016

Dossier CI
Attualità
Si cresce cambiando, con
progetti e sinergie. Fabrizio
Radin, da oltre dieci anni
presidente della Comunità
degli Italiani di Pola
Fallimento a tre? Ma
forse qualcuno si salva.
Il centrodestra punta deciso
al rimpasto, l’opposizione
chiede il ricorso alle urne
p. 22
p. 8
Anno LXIV - N. 11 | 15 giugno 2016 | Rivista quindicinale - kn 14,00 | EUR 1,89 - Spedizione in abbonamento postale a tariffa intera - Tassa pagata ISSN-0475-6401
www.edit.hr
Riuso degli impianti militari
Musil dei miei sogni
La Città di Pola guarda con
ottimismo a due presenze :
una americana e una francese
RTO SPECIALE
INSE
ere
me sopravviv
MUSICA – Co
te
sta
ll’e
de
ai concertoni
Un senso di
• VIAGGI –
sa prosperità
modernità e fal
grafico sui
to
fo
Un progetto
•
di
tà Budapest
neon della cit
Fox Guard •
ar
St
–
H
EC
HI-T
le di
a in orizzonta
LIBRI – La vit
r
ne
Bernd Brun
sommario
per festeggiare Il 18 giugno Giornata delle Porte aperte
TV Koper Capodistria ha 45 anni
IN MEMORIAM
Tv Koper Capodistria festeggia quest’anno il 45.esimo anniversario dell’avvio dei
programmi, nove lustri contraddistinti
dalla produzione di trasmissioni e contenuti in due lingue, dal ruolo di emittente
che congiunge la minoranza italiana e
quella slovena con le rispettive nazioni
madri e dalla presenza mediatica a livello
nazionale e transfrontaliero. Nell’occasione il 18 giugno si terrà la Giornata
delle porte aperte degli studi con un ricco
programma.
Oltre settant’anni di vita da minoranza e
una buona parte di questi segnati da Silvano Sau, personalità forte ma elegante
che si è spento il 26 maggio scorso nell’ospedale di Lubiana dopo una lunga malattia. Figura poliedrica, personalità di primo
piano della vita politica, sociale e culturale
della Comunità nazionale italiana e del
territorio, la scomparsa di Silvano Sau lascia un vuoto incolmabile.
10
PRIMO PIANO
MOSTRE
PASSATEMPI
Coltivare il legame con il nostro
territorio. Intervista a Livio Dorigo
presidente del Circolo di cultura istroveneta “Istria”
di Rosanna Turcinovich Giuricin
3
Missoni: glamour della moda italiana. .A Londra un omaggio al “Genio
del colore” grande artista di origini
dalmate
34
Cruciverba
di Pinocchio
Attualità
Il 12 ottobre Giornata nazionale
degli italiani nel mondo
Fallimento a tre? Ma forse qualcuno si salva La situazione di incertezza
è figlia dei risultati elettorali, senza
vincitori né vinti
di Diana Pirjavec Rameša
8
Musil dei miei sogni. La Città di Pola
da lunghi anni impegnata sul fronte del
riuso degli impianti militari
di Carla Rotta
11
Italiani nel mondo
Anno LXIV | n. 11 | 15 giugno
37
MADE IN ITALY
Il 1.mo luglio Capodanno sulla
Riviera romagnola. “La Notte Rosa”
è una grande festa dell’estate che
quest’anno celebra i 10 anni
38
RUBRICHE
Austria adesso viene il Bellen. Chi
è l’eccentrico nuovo capo austriaco che
giurerà l’8 luglio
a cura di Fabio Sfiligoi
15
memOrie
Uno scrigno di perle del nostro
patrimonio storico, culturale e
linguistico. Quindicesima edizione
del Premio Letterario Nazionale
“Gen. Loris Tanzella”
18
SCIENZE - Scoperta: anche gli alberi dormono
BENESSERE - Garden Therapy: curare corpo e mente naturalmente
IN CASA - La spesa ideale per rinfrescarsi ai primi caldi
COMPORTAMENTO - Il segreto
della felicità: essere ignoranti
COSTUME - Festa di compleanno:
tutto quello che c’è da sapere
a cura di Nerea Bulva 40
DOSSIER ci
Si cresce cambiando, con progetti e sinergie. Fabrizio Radin,
da oltre dieci anni presidente del
sodalizio di Pola, sui settant’anni del
popolare Circolo
di Daria Deghenghi
22
sport
Muhammad Alì la leggenda vivente Pochi atleti, e assai di meno tra i
pugili, si sono spesi quanto lui dentro
il ring
32
2
Panorama
50
Sport
Iniziati gli Europei
di calcio
Tra le tante squadre rappresentate a Francia 2016 c’è anche il Rijeka con Odishe Roshi e Bekim Balaj convocati sulla panchina
dell’Albania, mentre Ivan Vargić fa parte
della nazionale croata
di Nevio Tich
27
Redattore capo responsabile
Ilaria Rocchi
[email protected]
Progetto grafico-tecnico
Sanjin Mačar
Redattore grafico-tecnico
Sanjin Mačar, Teo Superina
Collegio redazionale
Nerea Bulva, Diana Pirjavec Rameša, A rdea Velikonja
REDAZIONE
[email protected]
Via re Zvonimir 20a Rijeka - Fiume, Tel. 051/228-770
Telefax: 051/672-128, direttore: tel. 672-153
Diffusione: tel. 228-766 e pubblicità: tel. 672-146
ISSN 0475-6401 Panorama (Rijeka)
ISSN 1334-4692 Panorama (Online)
TIPOGRAFIA
Helvetica - Fiume-Rijeka
ABBONAMENTI Tel. 228-782. Croazia: an­nuale (24 numeri) kn 300,00
(IVA inclusa), semestrale (12 numeri) kn 150,00 (IVA inclusa), una copia kn
14,00 (IVA inclusa). Slovenia: annuale
(24 numeri) euro 62,59 , semestrale (12 numeri) euro 31,30,
una copia euro 1,89. Italia: annuale (24 numeri) euro 70,00, una copia
euro 1,89.
Versamenti
Per la Croazia sul cc. 2340009-1117016175 PBZ Riadria banka d.d. Rijeka.
Per la Slovenia: Erste Steiermärkische Bank d.d. Rijeka
7001-3337421/EDIT SWIFT: ESBCHR22.
Per l’Italia - EDIT Rijeka 3337421- presso PBZ 70000 - 183044 SWIFT:
PBZGHR2X.
Numeri arretrati a prezzo raddoppiato
INSERZIONI: Croazia - retrocopertina 1.250,00 kn, retrocopertina interna
700,00 kn, pagine interne 550,00 kn; Slovenia e Italia - retrocopertina 250,00
euro, retrocopertina interna 150.00 euro, pagine interne 120,00 euro.
PANORAMA esce con il concorso finanziario della Repubblica di Croazia e
della Repubblica di Slovenia e viene parzialmente distribuita in convenzione
con il sostegno del Governo italiano nell’ambito della collaborazione tra
Unione Italiana (Fiume-Capodistria) e l’Università Popolare di Trieste
Ente giornalistico-editoriale
Rijeka - Fiume, Zvonimirova 20A
Direttore f.f.
Errol Superina
Consiglio di amministrazione
Oskar Skerbec (presidente), Roberta Grassi Bartolić (vicepresidente),
Roberto Bonifacio, Samuele Mori, Dario Saftich, Borna Giljević
Livio
Dorigo
primo piano
Intervista al presidente del Circolo
di cultura istro-veneta «Istria»
Panorama
3
primo piano
di Rosanna Turcinovich Giuricin
«I
n un mondo che cambia,
dobbiamo essere pronti
a cogliere le sfide, non
possiamo farci trovare impreparati«». Livio
Dorigo, lo storico presidente del Circolo di cultura istroveneta “Istria”, non abbandona neanche per un momento la sua grinta,
convinto di dover cogliere l’attimo
ma con una piena consapevolezza
dell’insieme. La sua associazione è
stata la più tenace a promuovere una
visione dell’esodo lontana dalle contrapposizioni che hanno caratterizzato per decenni il rapporto tra esuli
e rimasti. Per certi versi kennediana:
“Non chiederti cosa il tuo Paese può
fare per te, chiediti cosa puoi fare tu
per il tuo Paese”, siccome Paese sta
per Istria il concetto diventa immediatamente chiaro.
“Il Circolo nasce nel 1982 – spie-
4
Panorama
ga Dorigo – ad opera di personalità
istriane quali Mario Brazzafolli, Franco Colombo, Giorgio Depangher,
Livio Favento, Mario Fragiacomo,
Guido Miglia, Pietro Parentin, Livio
Pesante, Rino Prelaz, Stelio Spadaro,
Liliana Urbani, Marino Vocci, e con
il sostegno di uomini di cultura quali
Leo Valiani, Ulderico Bernardi e Fulvio Tomizza. La proposta riguardava una ricomposizione della cultura
istriana dopo i traumi ad essa inferti
dalla guerra e dal dopoguerra, e particolarmente intensi e profondi a carico
della componente istroveneta”.
Che cos’era a muovere queste persone e cosa vi spinge ancor oggi?
“La sofferenza, a lungo strumentalizzata e ancora tangibile, appariva e appare superabile attraverso strumenti
culturali capaci di instaurare un clima
di collaborazione prima di tutto tra gli
‘andati’ e i ‘rimasti’ e poi tra questi e le
altre componenti ora maggioritarie, la
slovena e la croata in una prospettiva
territoriale da Cherso al Carso, che è
stata per molto tempo uno degli slogan
del nostro impegno, per consolidare
una collaborazione socio-economica e
giungere a una macroregione europea
pluriculturale”.
fEducare i giovani
Avete lavorato con le amministrazioni, con i singoli ma forse l’obiettivo più importante sono le scuole…
“L’opera con i giovani ci permette di
tirare le fila e mettere a frutto proprio
questo lungo lavoro, che ha le sue origini con la nascita del Circolo stesso.
Come non ricordare che Valiani fu
uno dei primi sostenitori a sottoscrivere l’impegno del Circolo a collaborare con le nostre genti rimaste in
Istria, contatto negato allora, primi
anni Ottanta, da tutte le altre associazioni. Ma era chiaro già allora che
solo una cultura condivisa ci avrebbe
salvati, l’economia stava già dando
VOLUTA DA GRANDI PERSONALITÀ
L’associazione nasce
nel 1982 ad opera di
personalità istriane
quali Mario Brazzafolli,
Franco Colombo,
Giorgio Depangher,
Livio Favento,
Mario Fragiacomo,
Guido Miglia, Pietro
Parentin, Livio
Pesante, Rino Prelaz,
Stelio Spadaro, Liliana
Urbani, Marino Vocci,
e con il sostegno di
uomini di cultura quali
Leo Valiani, Ulderico
Bernardi e Fulvio
Tomizza
segni di sofferenza. Per cui era necessario trovare una corresponsione
culturale, con principi di solidarietà
che sono oggi fondamento dell’Unione europea nella quale l’Istria si
sarebbe liberata, come sta avvenendo,
di questi confini che l’hanno soffocata per tanto tempo. Per tanto ci siamo
concentrati sul territorio e su ciò che
significa, collaborando con Zagabria,
Lubiana e Trieste nel percorso di recupero delle nostre varietà genetiche. Ecco perché vado nelle scuole
di Trieste e dell’Istria: per ribadire
l’importanza di un impegno ideale
che sostenga la nostra realtà a tutela
dell’alimentazione”.
Non è solo necessità immediata ma
c’è anche tanta storia in questo approccio?
“A Buie, mente si parlava della tradizione agricola con ragazzi di 12 anni,
spiegando l’evoluzione dell’Istituto
agrario di Parenzo, di tale fama che
qui venivano a studiare anche gli enologi dell’Alto Adige, ho lanciato un appello: non mimetizzatevi, ho esortato
gli studenti, non crediate di dovervi
confondere, mantenete l’orgoglio
delle vostre radici e del territorio in
cui affondano. Con grande stupore,
mio e dell’allora preside Giuseppina
Rajko, si sono alzati per applaudire”.
Che cos’era a muovere questo loro
entusiasmo?
“Sono giovani che sentono la responsabilità ma anche la bellezza del loro
ruolo e mi impegnano a continuare
a stare al loro fianco. In Italia non ho
trovato simili riscontri e tanto meno
nella diaspora, non posso sopportare
che si insegnino tre storie diverse e
che facciano crescere i giovani come
europei sospettosi. Valiani già indicava la necessità di scrivere un’unica storia senza essere alla mercé della politica, che piega la storia a proprio uso”.
fL’istroveneto regna
sovrano
In questo percorso di apertura nei
confronti della realtà territoriale,
per primi avete aperto la rappresentanza agli istriani residenti in
Istria. Perché?
“Il Circolo ‘Istria’ era composto da
istriani che non abitano in Istria,
ma mantenendo rapporti con tante comunità, giovani connazionali e
professionisti veramente in gamba,
abbiamo proposto loro di aderire al
nostro direttivo, vedi Gaetano Bencic, Kristjan Knez, Rino Cigui, Denis
Visentin, Mario Quaranta, che oggi
rappresentano la garanzia di continuità di un’idea, di un progetto articolato, ambizioso e molto concreto. L’artista Claudio Ugussi è stato il primo
che ho recuperato, innanzitutto come
amico, visto che l’avevo conosciuto
Panorama
5
Cultura e folclore
sono concomitanti
Recentemente all’incontro a Spalato con la Presidente della Camera,
Laura Boldrini, si è fatto un distinguo tra cultura e folclore, lei cosa ne
pensa?
“Sono due aspetti che non vanno disgiunti, sono concomitanti anche
perché per noi le tradizioni, il dialetto, sono la nostra cultura. Ma mentre la tradizione l’abbiamo ereditata, la cultura la costruiamo giorno
dopo giorno. Sono vissuto in due epoche, nella prima ho assistito al
ruolo dell’allevamento come sussistenza, per trovarmi qualche anno
dopo a gestire migliaia di capi. Una volta si mangiavano prodotti a chilometri zero, quasi scomparsi con la grande distribuzione, salvo poche
realtà di nicchia, costosissime”.
da ragazzo a Pola. E proprio grazie a
lui le prime rimpatriate si sono svolto
a Buie, dove abita da anni e dove ha
insegnato al Liceo italiano. L’ultima
affiliazione, in ordine di tempo, molto significativa, è stata quella di Maurizio Tremul, presidente della Giunta
esecutiva dell’Unione Italiana. Suscita
spesso meraviglia che le nostre riunioni si svolgano in dialetto, ma per
noi l’istroveneto fa parte della nostra
struttura emotiva, l’abbiamo appreso
col latte materno ed è una delle destinazioni del nostro impegno quindi
va sostenuto ma soprattutto mantenuto vivo nel quotidiano”.
Perché è così importante mantenere
il contatto con il territorio anche attraverso l’alimentazione?
“Noi siamo legati al nostro
territorio già dal ventre
materno. Racconto spesso
un aneddoto interessante. Le
nonne consigliavano di prendere una purga quando si tornava da un lungo viaggio. Il perché è molto semplice, era un
modo per disintossicarsi da
un cibo diverso, una
pillola di saggezza
popolare che
ha un suo
fondamento”.
6
Panorama
fUna tragedia senza
precedenti
Il vostro interesse del territorio
non riguarda solo l’allevamento e
l’alimentazione, anche le attività
economiche come sfruttamento del
sottosuolo è oggetto di studio?
“L’Istria ha una vicenda mineraria
non da poco, spesso ignorata dalla storiografica, dagli storici e dalla
cultura della diaspora. Il motivo a
mio avviso è che si toccano dei tasti che presuppongono un diverso
approfondimento della storia. Pochi
sanno che ad Arsia in piena autarchia ci fu uno scoppio nella miniera che costò la vita a tante persone,
un episodio per certi versi ignorato.
In parte perché si è trattato di uno
scoppio preannunciato e noi nel libro dedicato a questi fatti l’abbiamo
scritto. L’autarchia e poi il blocco
navale alla Germania aveva portato
l’Italia e quindi anche l’Istria che ne
faceva parte, a trovare le strade per
essere autosufficienti, per cui venne aumentato lo sfruttamento dei
giacimenti, purtroppo non la loro
sicurezza. Cuzzi all’epoca, e noi l’abbiamo scritto in uno dei nostri libri
usciti recentemente, l’aveva denunciato: mancavano le cose elementari,
come le maschere, ma per questa sua
ingerenza venne trasferito in Sardegna. Quando è successo il fatto, il
28 febbraio 1940, ci sono voluti due
giorni per far arrivare le maschere
antigas… quando ci penso. Ricordo
il rumore delle sirene a Pola che portavano i feriti da Arsia all’ospedale, e
ricordo la voce di mia zia che ripeteva, sono quei poveri, poveri, poveri
della miniera”.
Nel libro “Giuseppe Callegarini. Un
eroe sconosciuto. Martiri del lavoro
ed eroi della Resistenza in Istria”,
che ricorda anche la nobile figura di
Arrigo Grassi caduto nel tentativo di
soccorrere i suoi compagni di lavoro
primo piano
coinvolti nel disastro minerario di
Arsia-Arsa, avete voluto mettere in
evidenza soprattutto le gesta di alcuni minatori…
“Arrigo Grassi era il giovane meccanico triestino che allora si sacrificò per
salvare i compagni di lavoro, scendendo ripetutamente nella miniera
dopo lo scoppio e, pur avendo già salvato dieci minatori ma mancandone
all’appello ancora uno, ritornò nelle
gallerie ormai invase da gas letali trovandovi la morte. Gli abbiamo intitolato una sala nel Palazzo di via Torino
a Trieste, sede dell’Istituto Regionale
per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata. Siccome ebbe la medaglia d’oro
al valore, dal governo fascista, è stato
cancellato. Ma il suo non fu un atto
politico bensì un atto eroico di grande solidarietà umana. Neanche la Jugoslavia volle ricordarlo, anzi occultò
ogni cosa anche il fatto che nel ‘48 ci
fossero ancora prigionieri tedeschi
che lavoravano nelle gallerie. Sono le
medesime omertà che hanno steso un
velo di silenzio sui fatti di Vergarolla.
Il perché, la verità, ancora mancano.
Ma così diventiamo nemici di tutti e
di noi stessi, Pola era una città operaia
antifascista e dal ’43 al ’45 ha dato più
combattenti antifascisti della stessa
Zagabria. Arruolati nelle file dei partigiani, morirono in trecento. Nel ’46
gli italiani riuscirono a portare a Pola
due barconi di armi. Ci sono ancora
alcuni testimoni viventi che hanno
confermato il fatto ma non si sa che
fine abbiano fatto quelle armi che
sarebbero servite ad un’insurrezione
che nessuno voleva, le nostre sorti
erano già decise a Parigi, molto prima
della firma del Trattato. Queste cose
bisogna dirle, solo la verità ci può
mettere sulla giusta strada, su quella
del futuro senza buchi neri”.
fArsia e Marcinelle
Fare rete può servire allo scopo,
avete deciso di organizzare una
commemorazione congiunta con
Marcinelle, altro luogo di disastro
minerario in cui persero la vita tante persone della regione.
“Abbiamo lavorato in grande armo-
O
nia ed unità d’intenti con
gli amici di Albona ed
Arsia, ne è nato un libro,
tradotto in croato, presentato anche nel Veneto
perché in quella miniera
lavoravano tanti italiani,
molti sono morti. E poi è
successo un altro fatto grave: quando
se ne sono andati i carabinieri, ci sono
stati anche infoibamenti per vendetta
proprio in quella zona così difficile”.
Quella di Marcinelle, a parte l’incidente, è una storia diversa?
“Lavorare a Marcinelle era durissimo,
veniva imposto un regime medievale per cui la famiglia era legata alla
miniera, di padre in figlio appartenevano a quella realtà di diritto e non
la potevano abbandonare. In epoca
recente lo aveva narrato in una canzone anche il cantante Adamo che
aveva vissuto l’esperienza del padre.
Il prossimo 28 febbraio 2017 una delegazione di minatori di Marcinelle
parteciperà alla commemorazione
dell’Arsa ed in quell’occasione si ribadirà la nostra volontà affinché questa
diventi monumento internazionale
dei martiri del lavoro, anche con la
partecipazione del comune di Trieste.
Questi impegni altamente significativi, danno l’idea di quelle che sono
la nostra volontà e la nostra filosofia.
Il fine ultimo è quello di insegnare ai
giovani”.
Lo fate anche attraverso progetti
editoriali importanti. Qualche progetto immediato?
“Purtroppo ci sono problemi irrisolti
con la burocrazia che sta rallentando tutta la nostra attività e non solo
del Circolo ‘Istria’, l’asfissia riguarda
in toto le associazioni degli esuli in
Italia. I finanziamenti stanziati dal
Governo italiano, sono bloccati da
una cattiva gestione della parte amministrativa e ciò ci sta mettendo in
ginocchio. Impunemente si rinviano
iniziative fondamentali, per cui potrebbe sembrare anacronistica la nostra battaglia di onestà e di principio
ma è lo strumento che ci siamo dati e
non possiamo che continuare su questa strada, a prescindere”.
ltre agli istriani
che non abitano in
Istria, mantenendo
comunque
rapporti con
tante comunità,
giovani connazionali
e professionisti
veramente in gamba, si
è voluta l’adesione, nel
direttivo del Circolo, di
una serie di «rimasti»
come Gaetano Benčić,
Kristjan Knez, Rino
Cigui, Denis Visentin,
Mario Quaranta, «che
oggi rappresentano la
garanzia di continuità
di un’idea, di un
progetto articolato,
ambizioso e molto
concreto. L’artista
Claudio Ugussi –
rileva Dorigo – è
stato il primo che
ho recuperato,
innanzitutto come
amico, visto che
l’avevo conosciuto
da ragazzo a Pola. E
proprio grazie a lui
le prime rimpatriate
si sono svolto a Buie,
dove abita da anni e
dove ha insegnato al
Liceo italiano. L’ultima
affiliazione, in ordine
di tempo, molto
significativa, è stata
quella di Maurizio
Tremul».
7
attualità
E
lezioni. Quanto prima. Sembra che questa sia l’unica via d’uscita dalla paralisi
politica in cui si trova la Croazia, anche
se ancora in molti sperano che si riesca a
portare a termine un rimpasto di governo. Il problema è che tutte le principali istituzioni
dello stato sono paralizzate: il governo delibera
con difficoltà, il Parlamento ha un problema cronico di quorum... Inoltre tutta la tensione politica che c’è nel paese viene riversata in Parlamento per cui i deputati lavorano in una situazione
che è all’orlo dell’isteria. Richieste di dimissioni
fioccano da tutte le parti. C’è chi vuole che ad andarsene sia il premier, chi, invece, vuole fuori dai
giochi politici il primo vicepresidente di governo
Tomislav Karamarko al centro di una brutta questione di conflitti d’interesse. C’è poi chi critica
il leader di Most, Božo Petrov, accusandolo di
inconsistenza politica e mancata realizzazione
delle riforme promesse in campagna elettorale.
In parole povere nulla funziona e non c’è accordo su niente. Un collasso totale che nei prossimi
mesi allontanerà potenziali investitori e inciderà
indubbiamente sul rating del Paese. Se dovessimo sintetizzare ciò che è accaduto in questi ultimi nove mesi andrebbe detto che hanno fallito
tutti e tre i soggetti politici coinvolti: il premier
Orešković, la cui nomina non scaturisce dalla
volontà degli elettori ma è il frutto di complicati
e trasversali giochetti politici; fallimento totale
anche per i due vice premier che sin dal primo
giorno non sono riusciti a trovare nemmeno un
labile accordo sulle scelte strategiche e sulla politica di governo da adottare.
La crisi è stata innestata dall’SDP che ha presentato una mozione di sfiducia contro il vice
premier Karamarko, finito sotto inchiesta per
una questione di conflitto d’interessi. Il settimanale Nacional ha infatti divulgato la notizia
di un contratto tra la società di pubbliche relazioni della moglie di Karamarko, Ana Šarić,
e la società “Peritus” del lobbista della MOL
in Croazia, Josip Petrović. Dal 1 febbraio 2013
(poco dopo che Karamarko ha assunto la carica
di Presidente dell’HDZ) al 31 dicembre 2015
(quando era chiaro che l’HDZ avrebbe formato
il governo) Ana Karamarko ha indirettamente
fatto “consulenze” per la MOL incamerando
circa 60 mila euro. Questo è stato sufficiente
per l’opposizione che si è subito mossa depositando la mozione di sfiducia nei confronti del
Primo Vice Premier, sottolineando come l’incomprensibile posizione di uscire dall’arbitrato,
più volte espressa da Karamarko, ora risultava
molto chiara.
Volendo spostare l’attenzione dallo scandalo in
cui è piombato, Karamarko ha puntato il dito
8
Panorama
di Diana Pirjavec Rameša
Fallimento
Ma forse qualcun
contro il premier Orešković che, guarda caso,
nei giorni in cui scoppiava il bubbone aveva
avuto incontri con alti responsabili dei Servizi
segreti croati senza però precisare su quale
argomento. Dopo questo incontro ha preso
una decisione che ha provocato un collasso del
sistema politico nazionale: ha chiesto infatti le
dimissioni di tutti e due i vuoi vice presidenti,
vale a dire sia Karamarko che Petrov (a capo di
Most). Lo scenario che ne è seguito ha dimostrato soltanto l’inconsistenza e l’inadeguatezza del sistema politico croato, si potrebbe
aggiungere anche l’instabilità di alcuni grandi
partiti “storici”. I furbetti della classe in questo
momento pare siano i deputati dell’SDP capitanati da Milanović che, dopo aver acceso la
miccia, si è messo in disparte dichiarando che
bisogna andare quanto prima a nuove elezioni.
Ma in politica non è finita quando crediamo sia
finita e gli scenari che si aprono di fronte a noi
sono imprevedibili....
fEvitata la crisi
costituzionale
Nei giorni scorsi è stata evitata per un pelo la crisi
costituzionale visto che il tempo per la nomina
dei nuovi giudici (fatta in chiave politica) stava
per scadere. Ma la lista dei problemi si allunga di
giorno in giorno, come pure l’insofferenza, non
solo più tra coalizione al governo e opposizione
ma anche all’interno degli stessi partiti che non
riescono a nascondere profonde spaccature,
come per esempio quella dell’HDZ.
La situazione di incertezza è figlia dei risultati
elettorali usciti fuori dalle urne lo scorso novembre, senza vincitori né vinti. La maggioranza risicata in Parlamento, raggiunta dopo estenuanti
trattative, agende politiche per certi aspetti
inconciliabili, sommate ad un primo ministro
impegnato a ritagliarsi sempre più ampi margini di manovra per non rimanere impaludato da
veti incrociati dei due partiti di coalizione, hanno
contribuito a rendere la maggioranza traballante, incapace di risolvere i grandi problemi in cui
si trova il Paese.
fIl grande paradosso
Il paradosso di questa situazione sta nel fatto
che, aldilà della tragica situazione politica e della pericolosa instabilità istituzionale, alcuni dati
macroeconomici sono positivi. Infatti, nel primo
trimestre il PIL è aumentato del 2,7 p.c., la produzione industriale nel mese di aprile è lievitata
del 4,9 p.c. e i primi dati che arrivano dal com-
La situazione
di incertezza è
figlia dei risultati
elettorali
scaturiti dalle
elezioni di
novembre, senza
vincitori né vinti
o a tre?
no si salva
parto turistico sono confortanti. Il problema è
rappresentato dal considerevole debito pubblico
che nel mese di febbraio di quest’anno ha raggiungo i 289,7 miliardi di kune. Va rilevato però
che il debito sta lentamente scendendo e che tra
gennaio e febbraio dell’anno in corso questo è
stato ridotto di 1,5 miliari di kune (0,5 p.c.).
Il 2015 ha visto una graduale ripresa dell’economia croata favorita dal recupero dei consumi,
privati e pubblici, e dallo stimolo della domanda
estera. Secondo i dati diffusi dalla Banca Centrale
e dal Dipartimento di Statistica, il PIL nel 2015 è
risultato in aumento dell’1,6% rispetto al 2014. È
il primo incremento dopo sei anni di recessione
durante i quali il PIL ha perso circa il 13%.
Il maggior contributo è arrivato dall’incremento
delle esportazioni di beni e servizi cresciuti del
9,2% circa e dalla domanda interna. La spesa
delle famiglie residenti è aumentata dello 1,2%,
e quella della pubblica amministrazione dello
0,6%. Gli investimenti fissi lordi hanno registrato
nel complesso un aumento dell’1,6%. La produzione industriale è aumentata del 2,7% rispetto
al 2014. Anche l’occupazione è tornata a crescere.
A fine dicembre 2015, il tasso di disoccupazione
è stato del 17,9 % (era il 19,4% nel dicembre del
2014), il livello più basso negli ultimi sei anni.
Continua tuttavia a destare grande preoccupa-
zione l’alto livello di disoccupazione giovanile
(pari al 44,1% del totale) tra i più alti in Europa.
All’aumento dell’occupazione è anche seguito
un aumento dei salari reali. Anche nel 2015 si
conferma la deflazione con un calo dei prezzi al
consumo pari allo 0,5% su base annua, per effetto soprattutto della diminuzione dei prezzi dei
beni energetici.
Il maggiore aumento delle esportazioni
(+11,2%) rispetto a quello registrato dalle
importazioni (+7,9%) ha favorito una diminuzione del saldo negativo del 2,7% circa rispetto
a quello rilevato nel 2014. L’Unione Europea rimane il principale mercato per la Croazia, con un
interscambio di circa 22 miliardi di euro (+12,1%
rispetto al 2014). Dopo circa 14 anni di primato
assoluto, nel 2015 l’Italia si colloca al secondo
posto tra i partner commerciali dopo la Germania. L’Italia continua comunque a rappresentare
per la Croazia il primo mercato di destinazione
ed il secondo Paese fornitore dopo la Germania.
Il valore dell’interscambio bilaterale è stato di
circa 4 miliardi di euro (13,3% del totale dell’interscambio commerciale croato; +2,6% rispetto
al 2014). Le importazioni dalla Croazia sono state pari a 1,55 miliardi di euro (+7,4%) mentre le
esportazioni italiane verso la Croazia sono state
pari a 2,44 miliardi di euro (+2,7%).
Gli Investimenti Diretti Esteri, in diminuzione
dall’inizio della crisi finanziaria, hanno registrato una ripresa nel 2014 (+2,9 miliardi di euro)
favoriti prevalentemente dai cosiddetti “round
trip”, capitali provenienti dall’estero che hanno
come titolari residenti esteri (pari 1,4 miliardi
di euro). Nel 2015 gli IDE hanno nuovamente
segnato il passo, subendo un crollo del 95% rispetto all’anno precedente. Il saldo è stato pari a
127,8 milioni di euro.
fNiente eurobond
Il Minstero delle finanze a seguito della crisi politica ha dovuto temporaneamente rinunciare
all’emissione di titoli di stato (eurobond) per circa
un miliardo di euro sul mercato internazionale.
Gli investitori, infatti, hanno espresso timori circa
la stabilità del governo e richiesto bonus aggiuntivi oltre a dei tassi molto alti, inaccettabili per le
finanze croate. È piuttosto chiaro che nessuno
vuole i titoli di stato croati, ed è la prima volta
che ciò succede visto che le precedenti emissioni
sono andate bene. L’ultima volta che la Croazia è
riuscita a piazzare sui mercati esteri i propri bond
è stato nel mese di marzo del 2015. Si è trattato
di titoli a scadenza decennale per un valore di 1,5
miliardi di euro e un rendimento del 3,2 p.c.
Questa rinuncia, anche se temporanea, rappresenta uno smacco a tutta l’attuale classe politica.
Il ministro delle finanze Marić sperava di poter
coprire le rate in scadenza del debito pubblico.
Ciò significa che il governo dovrà ricorrere ad altri
strumenti finanziari per assicurare il regolare pagamento delle pensioni, degli assegni sociali e
delle rate del debito come per esempio allocare
i titoli vendendoli alle banche croate. Se queste
saranno interessate ad acquisirli...
Conformemente ai criteri di Maastricht la Croazia
dovrebbe ridurre il debito pubblico sotto il 60%,
ma a fine dicembre 2015 esso ha raggiunto
l’86,7% del PIL.
Panorama
9
Giornalista, politico, cultore della storia, ha svolto un’attività
poliedrica di primo livello. Si è spento dopo una lunga malattia
Silvano Sau, grande protagonista
della vita della CNI e del territorio
O
ltre settant’anni di vita
da minoranza e una
buona parte di questi
sono stati segnati dalla
personalità forte ma
elegante di Silvano Sau,
che si è spento il 26 maggio scorso
nell’ospedale di Lubiana dopo una
lunga malattia. Figura poliedrica,
personalità di primo piano della vita
politica, sociale e culturale della Comunità nazionale italiana e del territorio, la scomparsa di Silvano Sau
lascia un vuoto incolmabile, come
hanno evidenziato tutti coloro che
l’hanno ricordato a Palazzo Manzioli.
Nato nel 1942 a Isola, dopo il ginnasio ha studiato legge, per scegliere
poi il mestiere di giornalista – mestiere che per certi versi continuerà
sempre ad esercitare, anche se indi-
rettamente –, legando il suo volto e
la sua voce ai primi passi di TV Capodistria. Ha esordito nella redazione
culturale, per continuare quindi alla
TV capodistriana prima come commentatore e infine come direttore.
È stato responsabile dei programmi
televisivi nei difficili anni dell’indipendenza della Slovenia, in cui erano in predicato l’ampiezza e i contenuti dei programmi stessi, che difese
anche come rappresentante della
CNI nel Consiglio di programma di
RTV Slovenia oltre che come presidente del Comitato dei programmi
italiani di Radio e TV Capodistria.
Nel 1985, a Firenze, è stato uno dei
firmatari dell’atto costitutivo della
Comunità radiotelevisiva italofona.
Parallelamente, Sau è stato impegnato anche in ambito politico, svolgendo un’intensa attività a tutela
della minoranza italiana, prodigandosi per la salvaguardia dell’identità
culturale e linguistica nella zona di
insediamento della CNI, nonché per
il rafforzamento dei valori di convivenza e dialogo interculturale. È
stato delegato alla Camera federale
del Parlamento jugoslavo, più volte
membro dell’Assemblea repubblicana slovena e, prima dell’indipendenza, a capo della Conferenza carsicocostiera dell’Alleanza socialista. Sino
a due anni fa è stato regolarmente
eletto consigliere comunale ed è
stato a più mandati vicesindaco
Furio Radin, presidente dell’Unione Italiana
e deputato CNI al Sabor: “Con lui se ne va un
grande personaggio della nostra memoria storica.
Con lui si poteva sempre parlare a un alto livello.
Una persona brillante e gradevole, anche se le
posizioni potevano a volte divergere. Lo ricorderò
sempre come una persona influente della CNI, tale
anche quando non aveva incarichi importanti”.
Roberto Battelli, deputato CNI al Parlamento sloveno: “Ha saputo anche collocarci in modo
adeguato nell’ambiente in cui viviamo da sempre.
Penso che abbiamo tutti un debito di riconoscenza nei confronti di Silvano
Sau, la cui esperienza di vita ha
impersonato le fasi, subito le
conseguenze, condiviso impegni e speranze della nostra
Comunità nazionale”.
della sua amata città, dove è stato
anche insignito della carica onorifica
di cittadino onorario nel 2013.
Nel contesto CNI, è stato per lunghi
anni presidente dell’Unione degli
Italiani dell’Istria e di Fiume e, in
queste vesti, alla fine degli anni
Ottanta del secolo scorso ha avviato
i primi contatti con Roma, ufficialmente per discutere, insieme con la
Farnesina, dei problemi di TV Capodistria, di cui era direttore, prefigurando un possibile intervento della
Nazione madre a favore della sua
Comunità all’estero. Ha traghettato
il passaggio dalla vecchia UIIF all’Unione Italiana, nata 25 anni. Da ultimo presidente, il 2 marzo del 1991,
all’Assemblea costituente a Pola, ha
dichiarato sciolta l’UIIF e, sempre
in quell’occasione, è entrato a far
parte della prima Giunta esecutiva
UI capitanata da Maurizio Tremul.
Sarà anche vicepresidente dell’UI. La
sua ultima scalata ai vertici dell’associazione risale al 2010, candidato
al ruolo di presidente: in coppia con
Orietta Marot, sfidò (e perse) il tandem Furio Radin–Maurizio Tremul.
È stato presidente della Comunità
Autogestita della Nazionalità Italiana Costiera e presidente della CAN di
Isola. Negli ultimi 25 anni ha svolto
un’intensa attività in seno alla redazione del Mandracchio; ha collaborato, redatto e contribuito alla creazione di una serie di pubblicazioni
Igor Kolenc, sindaco di Isola: “Un uomo che ha
saputo contribuire al progresso della nostra Comunità nel suo insieme e non soltanto della CNI”.
Maurizio Tremul, presidente della Giunta
esecutiva dell’Unione Italiana: “Ricoprendo importantissimi incarichi politici e di rappresentanza a
livello jugoslavo, sloveno, nella CNI e in altre importanti istituzioni, ha contribuito a determinare scelte
e indirizzi di sviluppo, principalmente nella nostra
Comunità nazionale. È stato senza ombra di dubbio
uno degli artefici, al nostro interno, del passaggio
morbido dalla vecchia UIIF alla nuova UI”.
Alberto Scheriani, presidente
della CAN costiera: “È stato un
punto di riferimento per tutti, ha
saputo lottare per le proprie idee,
ma anche trovare validi compromessi, quando necessario. È stato
sulla storia di Isola e promotore di
numerose manifestazioni culturali.
Innamorato della sua terra, Sau si è
dedicato con la passione che metteva in tutte le sue attività alle ricerche
storiche sui personaggi, il dialetto
e le tradizioni di Isola. Ha, inoltre,
analizzato dal punto di vista politico
gli avvenimenti che hanno coinvolto
la Comunità nazionale italiana dopo
la Seconda guerra mondiale. Tra i
suoi libri, ricordiamo, editi dal Mandracchio: “La comunità sacrificata.
Il Comitato Misto Italo-Jugoslavo
1955-1973” (2015), un saggio documentario di grande rilevanza e
di valore didattico; “Piccole grandi
storie di Isola” (2014), “L’Isola che
non c’è più. Isolando tra storia e immagini” (2013),; nonché la curatela
del volume di Ferruccio Delise “Isola.
1953 – 1956. I giorni dell’esodo” (ed.
Il Mandraccio, Isola, 2013). L’opera di
Sau è stata fondamentale per la proclamazione del cimitero storico di
Isola a monumento culturale cittadino nel 2010, come pure la documentazione di tale patrimonio, confluita
nella monografia “Il cimitero storico
di Isola” (edita dalla CAN di Isola),
frutto di un lavoro di quasi quattro
anni, che raccoglie la catalogazione
più di 100 tombe interessanti dal
punto di vista culturale, di cui sono
autori Agnese Babič, Claudio Chicco,
Daniela Milotti Bertoni, Silvano Sau
ed Andrea Šumenjak. (ir)
colui che ha saputo aprire un processo di democratizzazione e di apertura in seno agli organismi della
CNI e si è esposto sempre in prima persona”.
Marko Gregorič, presidente della CAN di Isola: “Oltre alla sua attività politica, ricordo il suo
lavoro per il recupero della storia e delle tradizioni locali. Poche persone hanno saputo produrre
tanta documentazione in un lasso di tempo così
breve”.
Antonio Rocco, vicedirettore generale della
RTV di Slovenia per la Comunità nazionale
italiana autoctona: “Ha partecipato attivamente
anche alla stesura e all’approvazione della legge
che ha istitutito il servizio pubblico e che ha dato
una nuova dimensione ai programmi di Radio e
TV Capodistria, nel senso del mantenimento della
lingua italiana all’interno del servizio pubblico radio
televisivo”.
attualità
dei miei sogni
di Carla Rotta
P
ortateci un economista e
vi vedrà l’investimento.
Portateci un agronomo
e leggerà la bellezza ambientale e floristica. Portateci uno storico e avrà occhi per il
suo passato. Portateci un architetto
e si lascerà incantare dalle possenti
costruzioni. Ma non occorre essere
esperto in qualsivoglia disciplina: la
penisola di Musil sa trovare il canto
per ammaliare.
In fondo, all’orizzonte, cielo e mare
si baciano. Il cielo di un azzurro
quasi trasparente, il mare di un blu
talmente intenso da fare quasi male
agli occhi. Un taglio netto, come se
il geometra della Natura avesse usato
un righello. L’acqua salata che incontra le rocce ai nostri piedi è da cartolina: tersa, cristallina, trasparente,
invitante. Alle spalle un’esplosione
di verde, macchia, pineta... E tra il
verde, ben nascoste, pietre squadrate a formare solidi palazzi. Abbiamo
superato il cancello con la scritta
“Zabranjen ulaz” (Ingresso vietato).
Non con una prova di forza né da
maleducati; ci mancherebbe! L’oc-
La Città
di Pola, da
lunghi anni
impegnata sul
fronte del riuso
degli impianti
militari, guarda
con ottimismo
a due presenze:
l’americano
Forbes Real
Estate LLC
e il francese
Boygues
Batiment
International
Panorama
11
attualità
casione è quella più unica che rara
dell’apertura dell’area di Musil al pubblico. Per una visita. Dopo, alle nostre
spalle, il cancello tornerà a chiudersi
dividendo la penisola dalla città. La
penisola sembra un’ala impazzita che
non vuole seguire il corpo e va per
rotte sue. Distante e distaccata.
Musil è come l’irreale Avalon. È il regno del silenzio. È l’ovattata assenza di
suoni a colpire.
Percorriamo questa specie di cittadel-
masti sono pochi, in zona per evitare
che il complesso prenda la strada del
degrado più totale e della distruzione. La zona di Caterina-Monumenti
insegna: gli edifici di austroungarica
memoria, con la possenza delle mura
e lo spessore delle porte ben poco
hanno potuto difendersi dai predatori
moderni, che si sono portati via porte, finestre, infissi, elementi in pietra,
cavi della corrente elettrica, rubinetti,
interruttori... Insomma, tutto quello
Sei
zone
Il progetto comprende sei zone specifiche, attorno e nelle
quali dovrebbero venire raggruppati i vari contenuti.
Si tratta delle aree Maria Luisa (attorno alla fortezza), Valle
del pianto (ovvero Dolina suza), Musil (fortino), Piana
piccola (Mali plato) e Smokvica.
Maria Louisa (ad eccezione
dell’omonima fortezza,
destinata a ospitare il Museo
navale-militare): è prevista la
costruzione di due alberghi con
una capienza massima di 750
posti letto e garage con 200 posti
macchina;
Zona “Smokvica”: sarà la parte più propriamente residenziale e a uso turistico
(due alberghi con un massmo di 900 posti letto, zona abitativa, aquapark,
shopping center con sale cinema e garage con 500 posti macchina). In quest’area
è nei piani pure la costruzione di due marina (ciascuno con 190 ormeggi);
Piana piccola: è prevista la costruzione di un centro congressi e
culturale, nonché un garage con 200 posti macchina.
Punta Fisella: dovrebbe
ospitare un parco divertimenti e
un club nautico, nonché un porto
sportivo con 120 ormeggi;
Valle del pianto: è destinata
a essere adibita a complesso
balneare (leggi spiaggia)
e campo di decollo delle
mongolfiere;
Musil-Fortino Musil: è
pianificata la costruzione di un
complesso alberghiero (550
posti letto), di un villaggio
turistico (250 posti letto), di un
insediamento residenziale e di un
campo da golf a 18 buche;
la a bordo di una jeep militare, che ci
porta al plateau centrale, da lì poi proseguiremo a piedi. Sì, jeep militare.
Perché Musil è area che ha, si potrebbe
dire da sempre, indossato l’uniforme.
Comunque, i militari che vi sono ri12
Panorama
che faceva inventario è andato a farsi
benedire. La concessione dell’area ha
preso la stessa direzione, dopo anni di
tiraparaemmolla, modifiche ai piani
regolatori e quanto c’è da fare in casi
come questi. Casi complessi e com-
plicati, nei quali occorre dare un alito
civile alle ex aree militari. Ma Caterina e Monumenti è, speriamo, un’altra
storia. Comunque, area molto bella
anche questa.
Torniamo a Musil: l’Esercito ha fatto
Fortezza dei misteri
armi (è il caso di dirlo) e bagagli nel
2006, nel 2011 il complesso è stato
affidato al DUUDI, l’Ufficio statale
per la gestione delle proprietà statali.
Allo scadere del 2015 (ottobre, per
la precisione), era stato pubblicato il
concorso per sondare l’appetibilità turistica dell’area.
Il concorso prevede il diritto di superficie e quello d’uso per le aree per le
quali l’edificazione è rispettivamente
prevista e preclusa. Si tratta di concessioni a 99 anni (come Hong Kong,
insomma), e per un secolo meno un
morso sarà pure concessione dema-
Musil dei misteri. Sono in attesa di essere
scoperti quanto gli edifici a vista, tanto
gli spazi nascosti, sotto la superficie. Indubbiamente, le due costruzioni di maggiore valore sono la fortezza Maria Luisa
e il forte Musil.
La fortezza Maria Luisa è di un’imponenza... imponente. Quel che è certo è che è
tra le più grandi del genere nell’Adriatico.
Comprensibile: doveva difendere il maggiore porto di guerra dell’Austria-Ungheria. È stata costruita nel 1823 ed è tra le
strutture fortificate tra le meglio conser-
vate di Pola. La Città vi vedrebbe di buon
occhio un Museo e Archivio della Guerra.
Come a tutte le cose che non si conoscono,
anche a questa fortezza si lega una leggenda per lo meno bizzarra: si dice che la rocca
sarebbe collegata alle isole Brioni da un
tunnel sottomarino. Vedere per credere.
Forte Musil è il fratello minore, nato nel
1855, e dotato di una batteria nel 1883.
Rappresenta il punto più alto (+ 80 metri)
e il panorama che offre una volta saliti in
cima è di quelli che lasciano davvero a bocca
aperta.
niale marina. Nell’insieme, sulla terraferma, si tratta di un’area di corposi
170 ettari. Ci si dovrebbero ricavare
2.270 posti letto, spiagge attrezzate,
ristoranti, campi di golf con 18 buche, marina con 380 attracchi, un
porticciolo sportivo con 120 ormeggi, un centro culturale, negozi, casinò, zone residenziali, orto botanico
e altro. All’uopo sono state tracciate
zone specifiche attorno e nelle quali
dovrebbero venire raggruppati i vari
contenuti. Si tratta delle aree Maria
Luisa (attorno alla fortezza), Valle del
pianto (ovvero Dolina suza; dovrebbe avere una bella spiaggia, per cui il
pianto ci convince poco: forse si tratta
di lacrime da spargere a ferie finite),
Musil (fortino), Piana piccola (Mali
plato) e Smokvica.
Musil per sua natura e per forza di
cose le sue strutture ce le ha: si tratta
di immobili di notevole valore storico architettonico, e quindi da trattare
con i guanti, come di immobili di valore zero (per cui i guanti è possibile toglierli). Sia come sia, accanto ad
architetti, ingegneri, maestranze et similia, ci sarà la presenza della Sovrintendenza ai Beni culturali. Un giorno.
Quando finirà il discorso cartaceo e
di pianificazione e si passerà dalle parole ai fatti. Un giorno.
Musil dei miei sogni, dunque. Sogni
di investitori, naturalmente. Il tender
per sondare l’interesse di eventuali...
interessati a ridisegnare l’area è bell’e
concluso. Ora bisognerà passare a
cose più concrete, alle offerte vincolanti. Queste di adesso sono un tiepido “sì, probabilmente mi piacerebbe,
però ci penso un po’ su e poi...”. E
quindi chi in questa prima tornata è
stato, per così dire, non vincolato, potrebbe anche non pensarci più. Mentre, di converso, chi avesse snobbato
la prima opportunità potrebbe farsi
avanti palesando un interesse solido
e obbligante.
Per ora hanno le mani in carta due
Gruppi: l’americano Forbes Real Estate LLC e il francese Boygues Batiment
International. La Città di Pola guarda
con ottimismo a queste due presenze
Panorama
13
attualità
Da pascolo per cavalli a zona militare
Musil. Spesso per associazione si pensa a
Robert Musil, ma la rigogliosa area cittadina
con i piedi in mare nulla ha a che fare con lo
scrittore e drammaturgo austriaco. Musil è
uno dei colli di Pola, situato a sud-ovest della
città e si arrampica fino a 73 metri. Il toponimo compare già nel Medio Evo: in un documento del 1431 si legge “De custode Musil”,
in un altro (datato 1478) figura “Monte di S.
Nicolò del Muxil”, poi ancora Punta del Musil
(1580), Torre del Muxil (1592), Torre del Mugillo (più tardi chiamata Torre d’Orlando). Il
toponimo, quindi, come rileva Viktor Božac
ne “I nomi dei colli polesi dalla Toponomastica istriana” (opera pubblicata su “Jurina
i Franina”, rivista di varia cultura istriana, n.
e a quanto fatto finora. Il tender apre
infatti alla concessione di edificazione e Pola ha fatto il suo in quanto a
garantire le condizioni essenziali a
procedere, ovvero è intervenuta in
quanto di sua competenza, nelle modifiche e aggiunte ai Piani urbanistici
e ambientali di vario ordine, con un
approccio diciamo prudenziale nei
confronti dell’area, nella quale vanno
guardati con cautela e rispetto sia l’architettura che l’ambiente. Quindi, se
edificazione de ve essere, sia al massimo non invasivo. Il dettaglio che
fa la differenza, non solo per quanto
riguarda l’aspetto puramente progettuale, ma anche finanziario in senso
di rientro del capitale.
Tutto è ancora una volta nelle mani
del governo, anche in quanto a termini. Pola spera che non si vorrà aspettare troppo a lungo con il bando per
le adesioni vincolanti, che prevedono
referenze, garanzie e quant’altro. “speriamo che il governo saprà riconoscere l’elevato potenziale di quest’area e
del progetto, che poggia sull’ulteriore
sviluppo della città. Musil rappresenta il futuro, nuovi investimenti e posti
di lavoro, rimanendo al contempo
aperto alla cittadinanza. Il nostro intento è quello di fare vivere Pola sul
mare, e i contenuti previsti per la vasta area di Musil ce lo consentiranno
essendo pensati anche per una vasta
utenza”, dicono dal Municipio.
14
Panorama
50, primavera 1992, Libar od Grozda, p. 7577, traduzione di Elis Geromella Barbalich)
avrebbe origine dal latino “mugil”, ovvero
muggine (fango, mota). Potrebbe indicare
pure il pesce muggine o cefalo (Mugil cephalus).
Molto probabilmente la denominazione originariamente faceva riferimento alla baia di
Valovine, con fondale basso e fangoso (per
l’acqua piovana che vi giunge dalle alture
circostanti). Dall’insenatura, il nome si è... allargato alla vasta area del colle. Dapprima timidamente, come tratto descrittivo: “Monte
vicino Musil” e successivamente solo Musil.
“In favore di questa interpretazione – scrive
Božac – depongono anche le più antiche
Pola, si sostiene sempre all’1 di piazza Foro, “dopo oltre un secolo ha ora
l’opportunità storica di mettere a frutto il suo alto potenziale turistico e di
aprire le porte al rilancio economico.
Le ex zone militari del comprensorio,
purtroppo, stanno andando in rovina, non servono a nessuno poiché lo
Stato, in quanto proprietario, non ha
saputo gestirle. Noi avevamo pronti
progetti e soluzioni”.
La Città di Pola è da lunghi anni
impegnata sul fronte del riuso degli
impianti militari. In effetti, il termine demilitarizzazione sembra essere
diventato ormai un mantra. Che non
tranquillizza e non placa gli animi,
come un mantra solitamente dovrebbe fare, ma riesce ad elevare di
qualche grado la temperatura. Demilitarizzazione di che, considerato
che di militari non ce ne sono più?
Appunto: togliere le uniformi alle
caserme, alle aree recintate come Caterina Monumenti, Musil, Vallelunga.
Via uniformi e mostrine, si vorrebbe
fare indossare jeans e camicia (o magari abiti firmati) a zone che troppo
a lungo, pur essendo indubbiamente
parte di Pola, hanno vissuto di vita
propria, lontane anni luce dal battito
della vita che ha animato le strade cittadine. Demilitarizzazione sinonimo
di riappropriazione? (re)integrazione? C’è stato e c’è chi la manovra non
l’ha vista proprio in questa luce.
fonti scritte come: Monte di S. Nicolò del Muxil (1478); ma quando la chiesetta scomparve sparì pure il suo nome, sicché rimase solo
Musil. Sulla cima del colle venne innalzata
una torre, motivo per cui si incontrano anche
le seguenti note: Torre del Muxil, Mugillo, e
poi Musil e Muzil”.
Musil un tempo fu “un pascolo per i cavalli
del Comune, nonché per i privati cittadini,
previo pagamento”. Nell XIX secolo quasi l’intera penisola di Musil divenne zona militare e
quindi sparirono i cavalli. Rimasero solamente i pecorai della Ciceria e quelli delle isole
quarnerine. Le greggi di pecore pascolavano
pure a est di Musil, a Valovine. Da qui probabilmente l’origine del toponimo, Valle Ovina.
Alcune iniziative civiche avevano
morso il polpaccio alla Città, accusando i gestori della cosa pubblica,
di miopia. Di guardare, cioè, solo
all’immediato, ma non al futuro. Si
è sostenuto che mettere il timbro
turistico all’area significa sì dare contenuti civili, significa sì, demilitarizzazione, ma purtroppo senza effetto
per la cittadinanza. Si tratterebbe,
sostengono, di cambiare gestore.
Magari il cartello “pussa via” (scusate
il termine fumettistico: in effetti Topolino & Co mi sono di questi giorni
di grande, utile, rilassante compagnia) sarà scritto in un mare di lingue mondiali, ma pur sempre terrà
la cittadinanza a debita distanza. Si
era proposto di trasformare la zona
in una sorta di parco cittadino, senza
porte né portoni, a uso incondizionato e gratuito. Alcune associazioni
della società civile avevano anche
elaborato proposte e contenuti. Indubbiamente interessanti e piacevoli,
ma sta di fatto che comunque richiederebbero investimenti e manutenzione. Crediamo che la Città non
sia in grado di farsene carico, le associazioni della società civile meno
ancora. Non stiamo portando acqua
al mulino di nessuno, né la stiamo
togliendo al mulino di qualcuno. Ci
viene però di dare ragione a chi sostiene che le cose più costose sono
quelle gratuite.
attualità
adesso viene
il Bellen
Chi è l’eccentrico nuovo
capo austriaco: Van der
Bellen, 72 anni, ecologista
accanito fumatore, figlio
di immigrati dell’epoca
zarista, giurerà l’8
luglio. Oggi il Paese è
attraversato da un grande
sommovimento politico
a cura di Fabio Sfiligoi
stata una battaglia impietosa
e senza esclusioni di colpi.
Una battaglia elettorale con
clamorose sorprese. La fase
calda si è protratta per un
intero mese. Elezioni che
lasceranno una traccia. L’Austria dopo il rocambolesco
voto presidenziale non è più
la stessa. Da Paese ospitale
e pacifico si è tramutato in
uno stato xenofobo, pronto a costruire barriere al Brennero e a chiudere
il confine con il filo spinato. Un cittadino su due ha votato per un partito
di estrema destra, il cui candidato,
Norbert Hofer, solo per un soffio non è diventato presidente
federale. E per ora non potrà
realizzare i suoi propositi di
far dimettere il governo e di
sciogliere il Parlamento. E
poi è stato un voto che
ha definitivamente sdoganato il
partitodiHeinzC h r i st i an
Panorama
15
attualità
Strache, capo ultranazionalista e antieuropeo che chiede la riunificazione
di Austria e Alto Adige e definisce gli
immigrati “parassiti” e Vladimir Putin
“vero democratico”. Che pronuncia
frasi come: “Siamo noi i nuovi ebrei” e
si scatena contro le “lobby gay”.
Intanto dopo il ballottaggio finito con
un fotofinish, trentamila e una manciatina di voti in più per Van der Bellen,
per i prossimi sei anni, un professore
“verde” occuperà l’Hofburg, il palazzo presidenziale nel centro di Vienna,
cuore antico del potere asburgico.
Economista di 72 anni come presidente della Repubblica giurerà il
prossimo 8 luglio, Alexander Van
der Bellen “Sascha” è il testimone
di un Paese che è in probabile crisi d’identità ma che, comunque,
mantiene una certa saldezza di nervi. Un po’ classico, un po’ eccentrico. Così lo definiscono i cronisti
austriaci. Classico perché è un fumatore confesso. Eccentrico perché, in
un Paese cattolico, è luterano, non
praticante. Come tanti connazionali
un titolo nobiliare, si occuparono della cosa pubblica sotto lo zar. Il nonno
del neopresidente, anch’egli Alexander, fu un convinto liberale prima
della Rivoluzione d’Ottobre. Che, per
la famiglia, si rivelò uno spartiacque
di vita. Nel 1919 i Van der Bellen fuggirono dai bolscevichi e si stabilirono
nella vicina Estonia. Ma solo fino al
1940, quando l’Urss di Stalin invase
il Paese. I genitori del neopresidente
(Alexander anche il padre e Alma la
madre) finirono in Germania per un
certo periodo, e quindi si stabilirono
a Vienna. Nella capitale, nel 1944,
nacque un altro Alexander, quello attuale. Ma quando, l’anno dopo,
l’Armata rossa raggiunse la capitale
austriaca, la famiglia riparò in Tirolo.
Van der Bellen oggi sa, insomma, che
l’Europa non è sempre stata ospitale e
che i confini interni sono spesso stati
d’acciaio. Forse anche per questo dice
di essere profondamente europeista,
federalista. Ha studiato Economia
a Innsbruck, ha lavorato a Berlino
e dal 1980 insegna all’Università di
Van der Bellen sa che l’Europa
non sempre è stata ospitale e che
i confini interni sono spesso stati
d’acciaio. Forse è per questo che
si dice europeista–federalista
austriaci è nato a Vienna, ha una seconda moglie e due figli ormai adulti
dalla prima. Ma a differenza di parecchi di loro dice di essere “figlio di
immigrati”. La storia della sua famiglia è un pezzo di storia dell’Europa
centro-orientale. I Van der Bellen
erano vetrai che a metà del 1700 emigrarono dall’Olanda alla Russia. Non
troppo in profondità: a una ventina di
chilometri dal confine con l’Estonia.
Ebbero successo sociale, acquisirono
16
Panorama
Vienna. La politica l’ha portato prima su linee socialdemocratiche, poi,
dal 1994, la svolta Verde: portavoce e
successivamente presidente del gruppo parlamentare. È uno dei politici
più conosciuti in Austria. Quando si è
candidato alla presidenza, come indipendente con l’appoggio dei Verdi, ha
impostato una campagna sostenendo
che gli immigrati sono un’opportunità e che l’Europa aperta è l’obiettivo
che deve perseguire l’Austria. Al pri-
mo turno delle elezioni, il 24 aprile,
ha raccolto il 21 p.c. dei consensi,
secondo dietro al 35 p.c. di Hofer. In
un mese, al ballottaggio, ha portato i
suoi voti al 50,3 p.c. Così, di un soffio,
ha fermato l’onda degli illiberali. E ha
scoperto che l’Austria non ha perso i
nervi. Per ora...
Avuta la conferma del risultato del
ballottaggio ha espresso “sollievo nel
vedere gli austriaci respingere il po-
Popolari e socialisti rischiano di essere
spazzati via dall’ondata di populismo.
VdB: «Bisogno di nuova cultura
politica che non divida, ma unisca»
pulismo e l’estremismo”, aggiungendo
che “tutti ne traggano lezioni in Europa”. Con le sue parole e soprattutto con
le sue azioni potrebbe contribuire a
rompere l’isolamento dell’Austria dal
resto dell’Europa. Se il leader del Fpöe
(quello del defunto Heider per essere
precisi) Heinz Christian Strache dovesse vincere le prossime elezioni legislative, il neopresidente ha affermato che si rifiuterebbe di nominarlo al
capo del governo. Beh, a quanto pare
non c’è nessun dubbio che almeno a
Bruxelles hanno tirato un sospiro di
sollievo. Migliaia di artisti, professori
universitari, scrittori, ma anche molti semplici cittadini hanno sostenuto
la campagna di Alexander Van der
Bellen permettendogli di vincere.
Popolari e socialisti che governano
lo Stato dal dopoguerra rischiano
ora di essere spazzati via dall’ondata
di populismo che li sta travolgendo.
L’Austria ha bisogno di riscoprire il
suo glorioso passato plurilinguistico,
raccontato magistralmente da Joseph
Roth (scrittore e giornalista austriaco,
grande cantore della finis Austriae) e
di rivalutare il ruolo cosmopolita che
ha fatto di Vienna una metropoli frequentata da spiriti creativi di tutto il
mondo. A questo grande passato ha
fatto riferimento Alexander Van der
Bellen nel suo primo discorso da presidente: “L’Austria ha bisogno di una
nuova cultura politica che non divida,
ma unisca”.
Hofer e Strache in Austria, Marine
Le Pen in Francia e la tedesca Afd:
sono le facce delle nuove destre europee. Sarebbe errato assimilare il
populismo alle destre, che esistono
in tutti i Paesi: dalla Csu alleata della
Merkel, ai popolari ai Républicains di
Sarkozy. È un fenomeno trasversale
all’asse sinistra/destra. La crisi delle
forze politiche tradizionali è molto
profonda. Le destre sembrano essere
soppiantate da movimenti xenofobi:
se continuasse il trend di combattere
vere e proprie patologie sociali con
parole violente, tempi duri si prospettano per l’Europa.
Panorama
17
memorie
a cura di Ilaria Rocchi
Quindicesima edizione
del Premio Letterario
Nazionale «Gen. Loris
Tanzella», promosso dal
Comitato di Verona
dell’Associazione
Nazionale Venezia
Giulia e Dalmazia.
Notevole partecipazione
e tematiche sempre
più articolate
Uno scrigno di perle
del nostro patrimonio
storico, culturale
e linguistico
18
Panorama
Stefano Zecchi ha ricevuto il Primo
Premio Assoluto della XV edizione del
“Tanzella” per “Rose bianche a Fiume”. È
un romanzo struggente, ricco di colpi di
scena eppure capace di soffermarsi con
sguardo vigile e acutissimo su una delle
più orribili lacerazioni del nostro tempo.
Zecchi narra l’avventura di un uomo e di
una donna illuminati da radiose speranze
e poi costretti a percorrere fino in fondo
il cammino della disillusione. Due destini
piccoli e fragili, eppure grandi perché
portano sulle spalle la parabola di un
secolo intero, il ’900 e la sua eredità da
non dimenticare
S
ei sezioni, una partecipazione notevole
e di elevata qualità, quasi a dimostrazione – come se ce ne fosse bisogno
– della volontà di continuare a documentare, raccontare e valorizzare quel
ricco patrimonio storico, artistico, culturale,
linguistico e di tradizioni che contraddistingue
la regione adriatica che va dall’Istria, passando
per il Quarnero e fino a Cattaro, e che è rimasto
palese nelle pietre e nei cuori. Autentiche perle
di un’eredità che si vuole salvaguardare, divulgare, valorizzare e tramandare ai posteri, che
anche quest’anno sono confluite nello “scrigno” del Comitato di Verona dell’Associazione
Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia che da
anni organizza il Premio Letterario Nazionale
“Gen. Loris Tanzella”, istituito per far conoscere
la cultura prodotta nei secoli dalle genti dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, nonché per far
conoscere la causa giuliano-dalmata nei suoi
molteplici, complessi e – purtroppo – tragici
aspetti.
Alla cerimonia della consegna dei premi – che
si è svolta nel quadro delle manifestazioni per
il Giorno del Ricordo –, Francesca Briani, presidente del Comitato provinciale dell’ANVGD, ha
salutato i vincitori, il folto pubblico presente e
tutti gli intervenuti che, con la loro presenza,
hanno palesato interesse e attenzione alle vicende che hanno colpito le popolazioni istriane, fiumane e dalmate durante il Secondo conflitto mondiale e nell’immediato dopoguerra.
La presidente ha voluto ricordare la figura del
giornalista Michelangelo Bellinetti, de “L’Arena”, recentemente scomparso, e ha consegnato
ai giornalisti del quotidiano, di Tele Pace e di
Verona Fedele un attestato di merito “per l’assidua e attenta attività di divulgazione svolta
nella città di Verona riguardo alla memoria
della causa giuliano-dalmata e delle vicende
del confine orientale”.
Briani ha ringraziato la presidente della Giuria
del Premio, Loredana Gioseffi, per l’impegno
profuso nell’organizzare anche l’appuntamento di quest’anno. Quest’ultima ha sottolineato
che il Premio “Tanzella” costituisce un capitolo
importante della storia dell’ANVGD di Verona,
delle foibe –, da qualche anno a questa parte
ha visto l’adesione pure di “rimasti” e la tipologia dei lavori presentati si è via via articolata
in un numero sempre maggiore di sezioni, con
un’ampia panoramica sul patrimonio culturale
e storico che una civiltà bimillenaria, romana
prima e veneta poi, ha sviluppato nelle terre
Complessivamente, in quindici anni sono
state presentate circa 320 opere, di cui la
maggior parte nella Sezione Testimonianze,
che ha all’attivo un’ottantina di lavori;
seguono la Narrativa, con una settantina di
testi, e la Storia e Nuove ricerche, con 65 saggi
che lo istituì nel 2001 ed è l’unico presente a
livello nazionale con la finalità di salvaguardare
e divulgare il patrimonio storico, linguistico, artistico che contraddistingue la cultura delle genti
fiumane, istriane e dalmate. Al tempo stesso, ha
aggiunto Gioseffi, “costituisce nella storia della
letteratura giuliano-dalmata un rilevante patrimonio di memorie individuali e storiche, di arte,
di musica, di teatro, di tradizioni”.
fEsuli e rimasti
È un Premio, ha osservato ancora, che per il
numero delle opere presentate e soprattutto
per il livello qualitativo delle stesse, rappresenta un appuntamento importante nel mondo degli esuli e non solo. Infatti, se nei primi
anni della sua istituzione partecipavano quasi
esclusivamente esuli e loro discendenti – e
nelle opere presentate era preponderante il
tema della memoria in riferimento a un vissuto legato al dramma dell’esodo e agli eccidi
d’Istria, Fiume e Dalmazia. “In ogni edizione si
riconferma una significativa partecipazione di
autori che non hanno un legame personale con
le terre del confine orientale, ma nel venire a
conoscenza della nostra causa, delle complesse vicende inerenti alla questione adriatica, si
sono impegnati nel produrre opere di grande
interesse e di pregio che la Giuria ha premiato
con importanti riconoscimenti”, ha rilevato ancora la presidente della Giuria. La Commissione esaminatrice per il 2016 era composta da:
Tullia Manzin, presidente onoraria dell’ANVGD
di Verona; Dolores Ribaudo, Donatella Stefani
Veronesi, Giuseppe Piro, consiglieri dell’ANVGD
veronese.
Quest’anno i lavori sono stati suddivisi nelle seguenti Sezioni: Nuove ricerche, Storia, Poesia,
Targa “Per non dimenticare” (riconoscimento
particolare che viene conferito dall’edizione
del 2009, assegnato dal Gen. Edgardo Pisani
a un’opera di poesia che si è particolarmente
distinta), Narrativa, Testimonianze, Giovani.
Panorama
19
memorie
f Ricordi di Fiume
Con “Rose bianche a Fiume” (Mondadori,
2014), protagonista assoluto del 2016 è Stefano Zecchi, scrittore, giornalista e accademico,
professore ordinario di estetica presso l’Università degli Studi di Milano. Zecchi già nel 2010
aveva affrontato le vicende di queste terre in
“Quando ci batteva forte il cuore”, ambientato nella città di Pola; ora con “Rose bianche a
Fiume” si aggiudica il Primo Premio Assoluto. Ecco la motivazione: “Un avvincente e
coinvolgente intreccio narrativo di storia, amore
e politica nato da un’ideazione originale, riporta
il protagonista, esule da Fiume, nei luoghi della
sua giovinezza. La rimozione dei ricordi, legati a
una tragica vicenda personale e familiare, nel
devastante contesto storico del secondo conflitto
mondiale non impedisce a Gabriele di ritornare
perché nonostante tutto, come afferma l’Autore:
‘... la città delle proprie origini entra nell’anima
e le radici della vita non ci abbandonano mai’.
Ricompaiono le ombre del passato rischiarate
solo dalla luce di qualche suggestiva visione del
paesaggio quarnerino di forte impatto emotivo.
Riaffiora tutto un vissuto di ‘amori imperfetti’
tra cui prevalgono l’amore per Aurora, la donna
della sua vita e l’amore verso la politica che lo
aveva visto ingenuo militante comunista, tradito
dall’illusione di un mondo di uguaglianza e di
pace. Profonde analisi introspettive si intercalano nella narrazione e scavano nei meandri della
psiche e dell’anima non solo del protagonista,
con esiti sorprendenti. Di rilevante interesse
l’indagine storico-filosofica delle ragioni della
pulizia etnica, di cui furono vittime gli italiani
del confine orientale, messa in atto dai teorici
del nazionalcomunismo titino e dai loro bracci
armati, indagine che offre al lettore una convincente chiave di lettura di quegli eventi, mai
considerata dalla Storia”.
fNuove ricerche
e Storia
Per quanto riguarda invece gli altri premi, nella sezione Nuove ricerche, si affermano Piero
Ambrosini e Roberto Rossini, autori di “Da
Venezia a Cattaro. Le località costiere dell’Adriatico orientale nelle cartoline d’epoca” (Cierre Edizioni, 2010) pubblicazione che, come
recita la motivazione, è frutto della “felice intuizione e volontà degli autori di consegnare alla
memoria immagini di arte figurativa delle località costiere della sponda orientale dell’Adriatico, dove Roma e Venezia hanno lasciato tracce
20
Panorama
indelebili nelle nobili pietre e nei cuori”. Nelle
suggestive immagini della poderosa raccolta,
corredata da schede di identificazione molto
utili al lettore per inquadrare il contesto storico
di riferimento, gli esuli giuliano-dalmati ritrovano così “nei paesaggi, delle città e dei villaggi
che si affacciano sul mare Adriatico, luoghi a loro
particolarmente cari, immagini che diventano
testimonianza dell’italianità di terre perdute, ma
sempre amate e vive nella memoria”.
Menzione d’Onore Speciale a Maria Ragaù,
per “Borgo San Nazario. Genesi di una identità
culturale e religiosa”, approfondita indagine
a indirizzo psico-socio-religioso, interessante “per i suoi contenuti innovativi, condotta
dall’autrice con il peso di una deculturazione subita dopo l’esodo da Isola d’Istria nella comunità
di Borgo San Nazario sul Carso triestino”. Nella
ricerca, il valore religioso si è rivelato “l’elemento più importante che ha favorito la ricostruzione di una nuova identità culturale nella vita
degli esuli e dei loro discendenti”.
Nella sezione Storia, Primo Premio a “Istria
Fiume Dalmazia terre d’amore” di Adriana
Ivanov Danieli, esule di Zara, che fornisce
“un quadro essenziale ma completo degli avvenimenti storici e dei mutamenti geopolitici che,
dall’età romana ai giorni nostri, si sono verificati
nelle terre d’Istria, di Fiume e della Dalmazia con
ripercussioni, anche tragiche, sulla vita delle
popolazioni giuliano-dalmate. Il volume si pone
principalmente quale strumento accessibile ai
giovani perché la storia del confine orientale,
negli anni bui del secondo conflitto mondiale e
nell’immediato dopoguerra, va consegnata alle
nuove generazioni nella verità dei fatti dopo le
mistificazioni e l’occultamento subiti per decenni. Lo studio di questa pagina di storia vuole
essere, nell’intento dell’autrice, anche ‘un atto
d’amore per riportare in vita eventi lontani o
rimossi, per restituire volto, sentimenti, umanità
a popolazioni schiacciate dal rullo compressore
della violenza e della guerra’”, si legge nella motivazione.
Gabriele Bosazzi, triestino di nascita, nipote
di rovignesi esuli, ottiene il secondo premio
con “Rovigno d’Istria. Guida storica artistica e
culturale”, un testo di agevole consultazione,
che conduce il lettore tra le vie, le piazze, le
chiese di Rovigno alla scoperta di un patrimonio storico, artistico e culturale che suscita
grande ammirazione, curiosità e interesse.
Particolarmente curata la veste grafica; arricchiscono l’opera espressioni e citazioni in vernacolo rovignese.
Menzione d’Onore Speciale a Maria Grazia
Tutti i vincitori:
Stefano Zecchi,
Piero Ambrosini
e Roberto Rossini, Maria
Ragaù, Adriana Ivanov
Danieli, Gabriele Bosazzi,
Maria Grazia Belci, Zeno
Ferigo, Giorgio Tessarolo,
Piero Tarticchio, Antonio
Bonelli, Rodolfo Decleva,
Bruno Brenco, Roberto
Stanich, Francesco
Avallone, Annamaria
Muiesan Gaspari, Silvia
Sizzi e Rachele Pesce
Belci per “Wagna 1915 – 1918. Come vivevano gli abitanti di Dignano d’Istria nel campo
austriaco per gli sfollati della I guerra mondiale”. Il lavoro mette in luce un periodo storico
pressoché sconosciuto, evidenziando le indicibili sofferenze e privazioni a cui furono sottoposti gli sfollati che, tuttavia, senza lasciarsi
sopraffare dalla disperazione, affrontarono le
condizioni durissime della vita del campo con
uno spirito di solidarietà e condivisione.
fPoesia e narrativa
Nella categoria Poesia, il Primo Premio e la Targa “Per non dimenticare”, consegnata dal Generale Edgardo Pisani, va alla raccolta di poesie
“Sogno istriano” di Zeno Ferigo: “Nei versi che
scorrono sul filo della memoria, il legame indissolubile dell’esule con la sua terra e il lacerante
distacco dal luogo natio rinnovano inesorabilmente il tormento che si placa solo nell’illusione
del risveglio da un orribile sogno. È un ‘lamento
indomabile’ che non abbandona, è ‘il ricordo che
s’insinua nel cor’ e tortura, è il passato che opprime e diventa struggente rimpianto di un mondo
irrimediabilmente perduto”.
Menzione d’Onore Speciale per “Pennellate
istriane” di Giorgio Tessarolo, in cui “suggestivi elementi del paesaggio istriano si animano
in limpide visioni che, nell’apparire, ora incantano per la loro indicibile bellezza, ora stupiscono
per la loro unicità, ora emozionano per il loro
splendore, ora sorridono e raccontano, all’ignaro
viandante, storie e leggende per fondersi nell’armonia di un abbraccio universale”.
Primo Premio come Narrativa a “La capra vicina
al cielo” di Piero Tarticchio. È un ampio affresco di paesaggi, luoghi e atmosfere, intervallati
da spiegazioni storiche del lontano e recente
passato dell’Istria: “Mito, leggenda e storia si intrecciano in un racconto di ampio respiro, che sembra talvolta divagare dal filone narrativo iniziale,
ma che offre una visione globale della terra che
vive ardentemente nel cuore dell’autore. Anche il
lettore percepisce in tal modo i suoni e i rumori del
bosco, inala il profumo del mirto e del corbezzolo e
naufraga nell’azzurro del mare istriano”.
Menzione d’Onore Speciale a “Il postino” di Antonio Bonelli, in cui il protagonista del racconto, sull’onda dei ricordi, ricostruisce il tempo
di un’esistenza segnata dalla tragica scomparsa delle persone a lui più care nel contesto
della Seconda guerra mondiale in una località
imprecisata della costa dell’Adriatico orientale.
Al lettore riesce a trasmettere la dimensione
di una tragedia personale che è stata anche
tragedia di un intero popolo, il legame con la
terra d’origine abbandonata con l’esodo e mai
più rivista, ma che, nonostante tutto, continua
ad appartenergli.
fTestimonianze
Nell’ambito della sezione Testimonianze, la
Giuria ha decretato il Primo Premio a “Qualsiasi sacrificio! Da Fiume ramingo per l’Italia”
di Rodolfo Decleva, spiegando che l’autore,
con una prosa coinvolgente, vivace e ricca di
aneddoti, nell’esaminare le tragiche vicende
del confine orientale “ricorre a lucide e obiettive analisi e mette in evidenza il clima di terrore
instaurato dagli occupatori slavi che lo costringe
giovanissimo all’esodo. Ma la sua odissea di esule lo ritrova sempre animato da una ammirevole
forza di volontà e spirito di sacrificio, guardando
al futuro con fiducia e speranza, caratteristica
questa delle popolazioni costrette all’esodo e che
mai si piegarono alle avversità. Testimonianza,
la sua, che è una lezione di vita”.
Secondo Premio Ex-aequo a “Quando ero un
bebè Ricordi d’infanzia da zero a dieci anni”
di Bruno Brenco (con la motivazione: “La
prosa, limpida e lineare, che nella sua semplicità riesce ad essere coinvolgente ed incisiva,
introduce il lettore nel mondo di un bambino
profanato dalle violenze della guerra e strappato agli affetti familiari. La lacerazione del
distacco con le sue sofferenze traspare dalle
poche righe di una lettera mai spedita alla
madre: ‘Mamma, ho guardato nello specchio
dei ricordi, e ho sentito una voce, la tua, e nel
silenzio ho riabbracciato il tuo sorriso, mai
svanito’) e a “El pan de l’Istria. El pan più bon
xe quel de casa” di Roberto Stanich (“L’autore ritorna nella terra natia attraverso i ricordi
legati alla tradizione culinaria istriana con la
sua coinvolgente e vivace ritualità. Rivivono
con tutta la loro intensità profumi e sapori
rimasti inalterati nella memoria, custoditi nel
bagaglio dei ricordi di un esule. Si risvegliano
così emozioni e sensazioni che fanno parte
di quell’imprinting che l’autore ha ricevuto
nell’infanzia, inseparabile compagno di vita”,
precisa la Giuria).
Menzione d’Onore Speciale a Francesco Avallone “Dalle foibe all’esodo”, testimonianza
“toccante che mette in luce le atrocità perpetrate
dai regimi totalitari nel tragico contesto del secondo conflitto mondiale. Il lavoro rende onore
all’operato di Giovanni Palatucci, vittima della
persecuzione nazista, dopo essersi prodigato
a Fiume nel salvare numerosi ebrei, affiancato
dal suo collaboratore Raffaele Avallone, padre
dell’autore, che a guerra finita fu infoibato dai
partigiani di Tito. Due fulgidi esempi di magnanimità nell’oscurità del male”. Sempre in questa sezione, Menzione d’Onore a “Lettera alla
gentile conduttrice di una nota trasmissione
televisiva” di Annamaria Muiesan Gaspari
e “Polvere... e ricordi” di Silvia Sizzi.
Infine, nella sezione Giovani, riconoscimento
alla studentessa Rachele Pesce “per il lodevole impegno con cui ha elaborato il testo
teatrale ‘Ti ricordi?’ incentrato sul tema del ricordo legato alle complesse e tragiche vicende
che nel corso del secondo conflitto mondiale
e nel dopoguerra sconvolsero la vita delle popolazioni dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia
costringendole all’esodo”.
Nella foto in alto, la cerimonia della premiazione con tutti i vincitori dell’edizione 2016.
Panorama
21
di Daria Deghenghi
Si cresce
cambiando
con progetti
e sinergie
22
Panorama
dossier comunità
D
ieci anni e passa al timone della Comunità degli Italiani di Pola, già assessore alla cultura della Città di Pola,
attualmente vicesindaco con delega
per la cultura, le minoranze e le politiche sociali, Fabrizio Radin, nell’intervista che
ci rilascia in chiusura di mandato e che pubblichiamo di seguito, anticipa le elezioni per il
rinnovo dell’Assemblea e della Giunta della CI
di Pola (18 giugno), passa in rassegna “gli alti
e i bassi” della passata gestione, ripercorre le
tappe salienti della storia della comunità italiana polese e guarda al futuro con la consapevolezza del fatto che le abitudini di un tempo
non reggono più il passo con i tempi e vanno
necessariamente cambiate.
Da settant’anni o poco meno la Comunità
degli Italiani di Pola è custode dell’italianità di Pola e dell’Istria, ben più spesso in
condizioni di avversità, quando non di
aperta ostilità, che in situazioni realmente favorevoli. Che tipi di evoluzione (o
involuzione) hanno segnato la sua storia
dalla fondazione a oggi? Quali sono stati
i suoi momenti aurei e quali invece i colpi
più duri da parare?
“La storia della Comunità degli Italiani di Pola,
ex Circolo italiano di cultura ‘Antonio Gramsci’,
chiaramente è una storia fatta di alti e bassi, di
episodi memorabili e da dimenticare. Siccome,
per definizione, il passato non si può modificare,
sarebbe saggio guardare in avanti senza rivolgere lo sguardo a ciò che fu. Ma, siccome in saggezza non abbondiamo, tanto per rispondere alla
domanda, nei dieci anni e più trascorsi in Circolo
come presidente, ricorderei volentieri i concerti
organizzati in sede per omaggiare Sergio Endrigo; con emozione particolare il convegno dei
traduttori delle opere letterarie di Umberto Eco
e Claudio Magris al quale sono intervenuti gli
autori stessi; quindi ancora il recital monologo di
Piera degli Esposti, i concerti di musica classica
del Complesso d’archi di Roma e degli Interpreti
veneziani, Bobby Solo e Memo Remigi, la rinascita delle serate da ballo all’estivo che hanno
richiamato numeroso il pubblico ma anche resuscitato - dalle ceneri della gloriosa Orchestra
RIO - il complesso di musica leggera del Circolo;
il programma italiano della Fiera del libro per
ragazzi e il coro giovanile ‘Carillon’; il veglione di
Capodanno e la manifestazione di fine anno dei
gruppi di attività artistica, con rinfresco al bar per
i soci e il Calendario della Comunità in omaggio
solo per chi magna una feta de persuto e bevi un
bicer de vin in compagnia. Raduno degli esuli e
ritrovo dei rimasti. Visite di capi di stato, premier,
ministri, deputati e sindaci vari. Ivo Josipović e
Giorgio Napolitano che si rivolgono ai connazionali riuniti sul terrazzo dell’estivo, prima di
pranzare in sede ed avviarsi verso l’ Arena... Ecco,
sono state queste le emozioni, le piccole grandi
soddisfazioni che ci hanno sospinto, incoraggiato ad andare avanti.
I colpi più duri da parare? Quelli più insidiosi
tradizionalmente provengono dalle file della
comunità nazionale stessa: ciacole, critiche, mugugni, pretese, fissazioni e sgambetti. Perché in
Circolo no se fa mai gnente. Perché in Circolo co se
fa’ se fa’ malamente. Perché in Circolo jera mejo
prima. Perché xe un Circolo talian de cultura croata. Perché sto presidente nol saluda e el ga el muso
duro. Perché el decimo de vin al bar del Circolo el
costa una kuna più che no de Piero in Mercato e
la barista, muso duro anca ela e lingua longa, la
te fis’cia el vin in bicer soto la riga. Perché la cameriera giovine no saveva cossa portarme quando
ghe go ordinà una gazosa... Tutto il nazionalismo
ccGli “Utopia Quartet”
Fabrizio Radin,
da oltre dieci anni
presidente del sodalizio di Pola, sui
settant’anni del
popolare Circolo,
l’attività, le possibili sfide future e il
ruolo della cultura
italiana nella città
dell’Arena
ccIl Presidente Giorgio Napolitano in Comunità
Panorama
23
dossier comunità
certa soglia, soprattutto psicologica, per quel
che riguarda l’introito delle quote soci annuali.
Un introito, quest’ultimo che, è vero, dovremo
impegnarci seriamente ad incentivare nel prossimo periodo. Per tenere in piedi la baracca chiamata Circolo di Pola servono circa mezzo milione
di kune all’anno, programmi e attività escluse.
Dunque, questo è l’eterno dilemma da risolvere,
la domanda che viene prima dell’esigenza di
discorrere dell’umore di soci e attivisti e simpatizzanti, per la (psico)analisi del quale servirebbe
un’intervista a parte”.
ccUmberto Eco alla CI di Pola
della maggioranza, tutta l’animosità possibile e
immaginabile nei confronti della minoranza italiana, che pure è in aumento anche in Istria soprattutto come prodotto d’importazione risulta
essere poca cosa, quasi niente in confronto all’acredine, all’acidità puntigliosa dell’autoctono”.
La Comunità degli Italiani oggi. Quali
sono le finalità da perseguire e quali i
mezzi con cui perseguirle? Quanto si differenziano gli obbiettivi di oggi da quelli
di un tempo e quanto sono cambiati nel
frattempo gli umori di soci e attivisti?
Alla luce di un mondo profondamente
cambiato, è possibile ancora sperare di
mantenere quel tipo di associazione che
abbiamo avuto un tempo?
“No. Bisogna adeguarsi al cambiamento. Bisogna incentivare la progettualità, individuare i
contenuti programmatici che hanno maggiori
possibilità di attecchire e, nel contempo, di venire finanziati attingendo ai fondi pubblici, anche
europei. Non dimentichiamo che siamo un’asso-
ciazione no profit, che abbiamo precisi vincoli da
rispettare in materia di finanziamento. Primo fra
tutti, quello di non oltrepassare il limite massimo delle 230 mila kune di introiti da fonti proprie, pena la perdita dello status di associazione
fondata non a scopo di lucro e la cancellazione
dal registro delle organizzazioni aventi il diritto
di fruire di donazioni dai bilanci delle autonomie
locali.
Sento il bisogno di ripeterlo ancora una volta
perché sull’argomento, tra i finanziatori storici
della nostra Comunità, attualmente esistono
diverse scuole di pensiero: la Comunità degli
Italiani di Pola non può sopravvivere senza l’apporto di donazioni da fonti pubbliche, e lo dico al
plurale, perché si tratta di mezzi assolutamente
necessari provenienti dal bilancio cittadino e da
fonti governative italiane, per il tramite dell’UI e
dell’UPT. Non esistono fonti alternative di finanziamento, o meglio esistono sino ad un certo
punto: sino alle 230 mila kune massime di entrate derivanti dalla riscossione dell’affitto degli
ambienti comunitari a fruitori vari e fino ad una
ccLa Filodrammatica giovani
24
Panorama
Quanto incide sulla vita di ogni giorno il
fatto che sono cambiate le leggi che disciplinano le modalità di finanziamento
delle associazioni no profit? Sappiamo
che per adeguarsi alle nuove disposizioni
è stato necessario modificare lo statuto
e tutta una serie di regolamenti interni
dell’associazione. Con quali conseguenze
alla prova dei fatti?
“Il cambiamento della cornice normativa incide
sensibilmente sull’attività della nostra Comunità. Nello specifico, il Decreto governativo che disciplina le modalità di concessione dei finanziamenti pubblici dai bilanci delle autonomie locali
alle organizzazioni no profit impone un cambiamento di rotta e di ritmi lavorativi, soprattutto
per quel che riguarda l’operato del servizio amministrativo in seno alla CI. Si richiede maggiore
professionalità, competenza e puntualità per il
rispetto di obblighi e scadenze. Si impone maggiore controllo e programmazione. In definitiva,
per la medesima remunerazione la Segreteria
sarà chiamata a lavorare il doppio, se non di più.
Come dire? È il fascino del sistema capitalistico
moderno.
Ma non basta: all’interno della Comunità si do-
vranno individuare le risorse umane per realizzare i programmi, concepiti come progetti, che
richiedono competenze e professionalità specifiche. Tutte queste prestazioni presuppongono
un adeguato compenso, perché sottintendono
specializzazione e responsabilità, fermo restando che i ruoli elettivi e rappresentativi dell’associazione, quelli squisitamente politici, sono
destinati necessariamente a rimanere nella sfera
del volontariato”.
Ci sono stati dei tentativi di ripopolare
la sede con attività più interessanti per i
giovani e una generazione di mezza età,
quanto sono stati efficaci, cioè quanto
successo hanno avuto?
“Ci sono stati tentativi riusciti, tra i quali, giusto
per fare il punto sulla situazione, senz’altro vorrei ricordare la fondazione e l’attività del coro
giovanile ‘Carillon’, del complesso di musica
leggera comunitario ‘Musicittà’ che con notevole successo di pubblico intrattiene all’estivo in
agosto connazionali e non, preferibilmente in
età, nelle serate danzanti organizzate grazie al
sostegno dell’Unione Italiana. Sempre per quel
che riguarda l’organizzazione del tempo libero
è con stupore che ho constatato l’interesse che
suscitano, nel segmento generazionale giovanile, l’organizzazione di incontri incentrati sui
giochi da tavolo e promossi grazie all’interessamento diretto dei nostri attivisti Marko Voštan
ed Alessandro Lakoseljac. È questa una strada
che va perseguita con costanza anche in futuro,
coinvolgendo gli studenti della scuola media superiore italiana e sviluppando l’area dei giochi da
tavola in lingua italiana”.
Quale ruolo gioca oggigiorno la cultura
italiana in ambito locale e regionale?
La carta d’identità
Il CIC di Pola nasce il 9 dicembre del
1946, per iniziativa dell’UAIS e di un
comitato promotore composto da
Emma De Luca, Arturo Zanini, Daniele Dorigo, Giulio Smareglia, Libero
Moscarda, Giovanni Marotti, Giovanni
Saina, Alessandro Prezzi, Adolfo Grubissa, Antonio Fiorentin. Il 13 giugno
1947 il CIC “Antonio Gramsci” apre la
propria sede sociale in via Zara 10, per
trasferirsi poi il 1 gennaio 1949 nella
sede attuale.
Primo presidente del sodalizio fu il
prof. Giulio Smareglia, susseguito poi
nel cinquantennio da Sergio Segio,
Tullio Comet, Romano Kumar, Sergio
Jadrejcic, Apollinio Abram, Gino Bartoldi, Virgilio Tommasini, Marcello
Moscarda, Luigi Ferri, Olga Milotti,
Romano Farnolli, Diego Buttignoni,
Mario Quaranta.
La sede comprende circa 1500 m2 di
superficie utile, corrispondente a 32
vani con servizi, sale spettacoli e prove, sale riunioni e conferenze, agenzia,
sala giochi, bar, biblioteca, sala di
lettura e tutto quanto insomma serve
per sviluppare la molteplice attivita
dei soci.
L’attivita artistica si svolge nell’ambito della SAC “Lino Mariani” fondata
nel 1950, società che gode di grande
prestigio in città e nella regione. Ne
fanno parte tre cori (maschile, femmi-
nile e misto con circa 80 componenti),
l’orchestra mandolinistica (20), i minicantanti (15), il coro giovanile (20),
cantanti solisti, presentatori, musicisti, ecc.
L’attività culturale si esplica attraverso
le sezioni di ricerca storica, letteraria,
arte figurativa, la redazione della rivista periodica “El Clivo” (fondata nel
1971) e altro. In collaborazione con
UI-UPT, ma anche con altre istituzioni e in proprio, vengono organizzati
corsi, conferenze, spettacoli, concerti,
mostre, ecc. Nella CI svolgono i loro
programmi di attività anche la Scuola
di musica classica (corsi di pianoforte e
di chitarra) del Centro studi musicali di
Verteneglio per una trentina di allievi
frequentanti; la sezione polese della
Società “Dante Alighieri” e l’azienda
“Porta Ercole s.p.a.”.
Numerose e molto frequentate le manifestazioni pubbliche organizzate dal
sodalizio come concerti, concorsi e serate letterarie, incontri culturali, balli
in maschera, serate estive ricreative,
azioni di solidarietà.
La CI di Pola intrattiene ottime relazioni con diverse località italiane con
le quali è gemellata (Reggio Emilia,
Verona, Modena, Ronchi dei Legionari, ecc.), con le altre Comunità degli
Italiani e con centri di ricerca (CRS di
Rovigno, CIPO e Pietas Julia di Pola).
ccLa SAC “Lino Mariani” di Pola
ccI “polesani” alla ribalta
Panorama
25
dossier comunità
ccL’incontro annuale con gli esuli
Quale posizione occupa e quanto rispetto ottiene? Uno degli obiettivi principali
della Comunità degli Italiani è stata ed è
tutt’ora la promozione della lingua e della cultura italiana in ambito locale, ma
che tipo di cultura esattamente vogliamo
diffondere e tramandare? E soprattutto,
abbiamo gli strumenti e le competenze
per farlo?
“Se pensiamo di poter competere e di garantirci
una crescita (mi scuso per la terminologia idiota, ma è il mantra oggi in voga) facendo leva
solamente sulle nostre forze presenti in campo
locale, siamo persi in partenza. Bisogna cercare
nuove sinergie. Faccio l’esempio della Fiera del
libro per ragazzi: per tre-quattro anni abbiamo
collaborato con il ‘Monte Librić’ fornendo logistica (la sede comunitaria) e finanziamenti aggiuntivi per la promozione del programma italiano (dai mezzi messi a disposizione dal MAE):
così abbiamo acquisito esperienza, usufruendo
delle professionalità specifiche in materia disponibili localmente e creandone di nuove. Con
l’edizione di quest’anno il programma italiano
‘Più che una storia’ è stato per la prima volta
pianificato e gestito dalla CIP in completa autonomia. I risultati si sono visti nell’innalzamento
della quantità e della qualità dell’offerta sia di
libri che di programmi rivolti ad un pubblico di
giovani parlanti la lingua italiana, presenti e partecipi in numero rilevante. Un pubblico formato
non solo da iscritti in istituti scolastici e prescolari
in lingua italiana. Dunque, come Comunità non
abbiamo puntato all’organizzazione di una Fiera del libro italiano per ragazzi esclusivamente
rivolta ai bambini degli asili e delle elementari
in lingua italiana (il modello di manifestazione
standard praticato e raccomandato dall’Unione
Italiana, tanto per intenderci), ma ci siamo in26
Panorama
seriti nel ‘Monte Librić’ creando una sinergia che
ha dato i suoi frutti tramite l’inserimento di un
segmento programmatico italiano destinato a
svilupparsi ed ampliarsi, in modo da diffondere
lingua e cultura italiana alle nuove generazioni,
di connazionali e non, in un contatto di reciproca
conoscenza che si prefigge lo scopo di far percepire la cultura della minoranza, in un contesto
cittadino e regionale, come lingua e cultura paritetica e prassi normale.
Certo, si deve agire cum grano salis, perché anche
se la cultura italiana è sicuramente minoritaria
in ambito locale, si tratta pur sempre – non dimentichiamolo – di una cultura di rilevanza
mondiale. Pertanto, quando si trasmettono
contenuti di cultura italiana di livello ad un pubblico più vasto di quello formato da appartenenti alla CNI; quando le porte della Comunità
si schiudono all’ambito cittadino per veicolare il
libro per ragazzi in italiano pubblicato da un’industria editoriale che in Europa non è seconda a
nessuno; quando facciamo toccare con mano ai
bambini in età prescolare la bellezza dell’idioma
raccontato in forma teatrale fiabesca con la maestria e il fascino mediterraneo e latino, ebbene:
di che cosa dovremmo, noi, preoccuparci? Di chi
dovremmo ottenere, in definitiva, il rispetto? E
perché?”
S’insiste sulla collaborazione tra Comunità e scuole e asili italiani, sperando che
questa cooperazione non si esaurisca alla
sola ospitalità per le recite di fine anno.
Come dare un senso a questo legame per
non rischiare che si riduca a mera esteriorità e abitudine?
“Dipende dal personale scolastico direttivo e insegnante. Da noi le porte sono e saranno sempre
aperte. Certo l’attività extrascolastica, volontaria
e disinteressata, è da tempo in coma irreversibile, mentre proliferano corsi di ogni genere a pagamento, rivolti a tutti i segmenti generazionali.
Ma credo che questa non sia la strada da percorrere per una associazione come la nostra, nazionale minoritaria e culturale. Il perno deve essere
l’insegnante inserito nel mondo della scuola e
disponibile per fare attività in Circolo. Tanto per
fare un esempio, in campo artistico, il compianto prof. Alfredo Peruško fu per lunghi anni in CI
animatore e guida di un gruppo di arti figurative
ben frequentato dagli alunni di scuola media
superiore italiane e creativo, presente in sede
con mostre periodiche dei lavori di buon livello
artistico. La strada da seguire è sempre questa”.
La Comunità degli Italiani di Pola sta per
affrontare un nuovo appuntamento con
le urne. In giugno si vota per il rinnovo
dell’assemblea e della giunta esecutiva.
Elettorato permettendo, aspira ad un
altro mandato di presidente o preferisce
lasciare le redini dell’associazione a eventuali successori?
“Ognuno deve fare la sua parte, o meglio: se tutti
continueranno a fare la loro parte, almeno come
l’hanno fatto finora (non di meno) e per tutti intendo la Città di Pola, la Regione d’Istria, il Ministero degli Affari esteri della Repubblica Italiana
per il tramite dell’Unione Italiana e dell’Università Popolare di Trieste, ecco solamente in questo
caso ci sarà una speranza concreta di poter tener
in piedi la baracca comunitaria e di continuare a
fare opera di volontariato a livello direttivo. In
mancanza di questi presupposti entra in gioco
il Liquidatore, mitica figura prevista dalla nuova
Legge sulle associazioni e in forza della medesima legge inserito nello Statuto della Comunità
degli Italiani di Pola”.
sport
Europei 2016 in
Francia: tutti a
caccia della Spagna
di Nevio Tich
O
Kek: «Solite
favorite, ma
occhio alle
sorprese»
gni due anni i mesi
di giugno e luglio
sono riservati alle
grandi competizioni
internazionali di calcio. Quest’estate a rendere il clima
ancora più torrido è l’Europeo in
Francia, che ha aperto i battenti il
10 giugno per concludersi esattamente un mese dopo. Lo spettacolo è assicurato, anche perché la 15ª
edizione della rassegna continentale è la prima con 24 nazionali al
via, come per i Mondiali dal 1986
al 1994. A difendere il titolo è la
Spagna, vittoriosa quattro anni fa
in Polonia e Ucraina nella finale contro l’Italia. La nazionale di
Antonio Conte proverà dunque a
prendersi la rivincita per il 4-0 subito a Kiev, i padroni di casa della
Francia cercheranno sicuramente di ripetere l’impresa davanti ai
propri tifosi, mentre la Germania,
campione del mondo in carica, è
sempre tra le favorite d’obbligo. Ci
sono poi le possibili sorprese, tra
le quali i bookmakers vedono di
buon occhio soprattutto Belgio e
Croazia. La selezione guidata da
Ante Čačić è un po’ l’incompiuta degli ultimi anni, ma il suolo
francese evoca dolci ricordi: nel
1998, ai Mondiali, la nazionale
di Ćiro Blažević conquistò infatti
uno strepitoso terzo posto. Da qui
anche lo slogan per Francia 2016:
“Un nuovo fuoco, il vecchio posto,
la stessa speranza”.
fGermania, Francia
e Italia
Ognuno di noi nutre simpatie particolari per determinate nazionali, ha i propri favoriti e i giocatoPanorama
27
ccLo Stade de Bordeaux, è uno degli impianti costruiti appositamente per gli
Europei ed è lo stadio che ospita le partite casalinghe del Bordeaux.
ri preferiti. Spesso e volentieri le
opinioni dei tifosi si differenziano
da coloro che il calcio lo praticano
a livello professionale, che interpretano magari le cose in un’ottica
diversa. Per capire un po’ che Europeo attenderci abbiamo chiesto
un’opinione in merito all’allenatore del Rijeka, Matjaž Kek, che
di grandi manifestazioni internazionali se ne intende eccome. Nel
2010 ha avuto infatti l’onore e il
privilegio di guidare la Slovenia ai
Mondiali in Sudafrica. La sua analisi su Euro 2016 è sicuramente interessante.
“Sono convinto che sarà una manifestazione appassionante ed equilibrata, con molte nazionali che
puntano ad ottenere un risultato
importante. A differenza di quanto accade ai Mondiali, la storia insegna che agli Europei le sorprese
In passato hanno vinto nazionali
che magari nessuno si aspettava
(Danimarca e Grecia) ma che alla fine
hanno meritato il titolo. A differenza
di quanto accade ai Mondiali, la storia
insegna che agli Europei le sorprese
sono all’ordine del giorno
sono quasi all’ordine del giorno. In
passato hanno vinto nazionali che
magari nessuno si aspettava (Danimarca e Grecia, nda), ma che
alla fine hanno meritato a pieno
il titolo. Ovvio che tra le favorite
principali troviamo le solite grandi
scuole tradizionali quali quella tedesca, spagnola e italiana. La Germania ha dimostrato ai Mondiali
tutta la sua forza: non ha una vera
ccAl Vélodrome di Marsiglia si disputeranno alcune partite dei
gironi, un quarto di finale e una semifinale
28
Panorama
ccIl 10 luglio, allo Stade de France, si giocherà la finale degli Europei: prima
ci saranno quattro partite dei gironi, un ottavo e un quarto di finale
stella, ma a livello di collettivo non
ha pari al mondo. La Francia gioca
in casa, anche se questa può essere un’arma a doppio taglio, mentre
l’Italia è maestra di tattica. Gli azzurri sembrano spesso in difficoltà, ma guardando il rendimento
della nazionale di Conte nelle qualificazioni mi sembra sicuramente
una squadra in grado di giocarsela. La Spagna? In questa stagione
ccIl Parco dei Principi è uno dei due stadi parigini che ospitano le partite
degli Europei ed è della squadra del Paris Saint-Germain.
sport
ccA Lille si giocheranno quattro partite dei gironi,
un ottavo di finale e un quarto
ccStade de France, Saint-Denis (Parigi) è lo stadio più grande di Francia
ed è utilizzato dalla nazionale di calcio e per le finali delle coppe
Anche il Rijeka rappresentato
Tra le tante squadre rappresentate a Francia
2016 c’è anche il Rijeka. La compagine fiumana dà infatti alla manifestazione due giocatori,
ovvero il centrocampista Odise Roshi e l’attaccante Bekim Balaj, entrambi convocati dal
tecnico italiano Gianni De Biasi sulla panchina
dell’Albania. Tra le file della Croazia troviamo
invece Ivan Vargić, che ufficialmente non è
più del Rijeka da qualche mese (nel mercato
invernale era passato alla Lazio, nda), ma che
ultimamente era alla corte di Matjaž Kek come
giocatore in prestito. “Per ogni società è un
onore poter dare alle rispettive nazionali dei
giocatori e il discorso vale ovviamente anche
per il Rijeka – osserva il tecnico sloveno –. Ciò
significa che hai in rosa dei calciatori apprezzati, oltre che a essere un riconoscimento per
tutti coloro che lavorano con questi ragazzi. C’è
poi, però, l’aspetto prettamente pratico e sotto
questo punto di vista avere dei giocatori agli
Europei ci penalizza eccome. Noi, come Rijeka,
abbiamo iniziato ad esempio la preparazione
in vista della prossima stagione ancora prima
che l’Europeo aprisse i suoi battenti. Dovremo
fare a meno di Roshi e Balaj per almeno un
mese, senza contare che entrambi salteranno
la preparazione di base. Poi ci sarà da valutare
in che condizioni, fisiche e mentali, si presenteranno. Non è un problema di poco conto in
quanto si tratta di giocatori importanti che
potrebbero saltare i preliminari di Europa League, quest’ultimi per noi già un primo banco di
prova delle ambizioni stagionali. Per le grandi
squadre il discorso è un po’ diverso perché loro
iniziano con la preparazione molto più tardi.
Nel loro caso, tuttavia, c’è il problema di non
ccIvan Vargić, portiere del Rijeka, difenderà la rete dalla nazionale croata
ccL’attaccante del Rijeka, Bekim Balaj, sarà sulla
panchina dell’Albania
ccOdise Roshi, centrocampista del Rijeka,
difenderà pure i colori dell’Albania
dare alle nazionali due o tre giocatori, bensì
una decina o addirittura di più”.
Detto di Roshi, Balaj e Vargić, a Francia 2016
ci sarebbe andato sicuramente anche Marko
Lešković (come confermato direttamente anche dal selezionatore Ante Čačić) con la maglia
della Croazia se non fosse stato per gli infortuni
che lo hanno condizionato per buona parte della stagione, soprattutto nel finale. Chi sperava
in una chiamata in extremis è Marin Tomasov,
che a dire il vero ci è rimasto piuttosto male,
mentre le speranze di vedere Florentin Matei
con la maglia della Romania erano ridotte al
lumicino. Matej Mitrović e Ivan Močinić devono
lavorare sodo per rientrare nel giro dei papabili,
mentre gli sloveni Miral Samardžić e Roman
Bezjak nonché i macedoni Leonard Zuta e Stefan Ristovski, pur essendo titolari nelle rispettive nazionali, devono sperare prima di tutto
di riuscire a strappare il visto per le grandi manifestazioni internazionali, prima fra le quali i
Mondiali 2018 in Russia.
Panorama
29
sport
le squadre iberiche hanno vinto
sia la Champions che l’Europa League: con ciò credo di avere detto
tutto. C’è in atto un cambio generazionale, ma la qualità della rosa
a disposizione è notevole”.
fCroazia, ritrovare
fiducia
A proposito della Spagna, la nazionale di Vicente Del Bosque è stata
inserita nel girone eliminatorio insieme alla Crosazia. Il 21 giugno a
Bordeaux ci sarà dunque un primo
assaggio delle reali possibilità della
nazionale di Čačić. “Arriva da una
qualificazione sofferta dopo un
inizio abbastanza convincente –
osserva Kek –. Il cambio di selezionatore sembra avere dato la scossa
positiva, anche se qualche problema è rimasto. La squadra deve ritrovare la fiducia nei propri mezzi
e sentire il calore dei tifosi. Ci sono
giocatori di ottima fattura e con
anni di esperienza alle spalle nei
club più prestigiosi del mondo, ma
per fare risultato dovrà girare tutto
alla perfezione, nella croata come
del resto anche nelle altre nazionali. Giocare ogni quattro-cinque
giorni con quel caldo non è facile: senza la freschezza fisica rischi
gli infortuni, anche perché i vari
Modrić, Rakitić, Mandžukić arrivano da una stagione impegnativa
e logorante. La gara con la Spagna
sarà importante soprattutto dal
lato psicologico: un’eventuale vittoria farebbe salire l’entusiasmo
alle stelle, ma è in quel momento
che bisogna essere bravi a rimanere con i piedi per terra e fare un
bagno d’umiltà. Spesso, nel corso
della storia, le nazionali di questa
parte d’Europa hanno pagato con
l’eliminazione l’eccessivo temperamento e l’euforia. Prima di pensare alla Spagna bisogna però fare
risultato con Turchia e Repubblica
Ceca, e non sarà sicuramente facile. Una volta superato il girone eliminatorio, sempre che ciò dovesse
accadere, in una partita secca la
Croazia può giocarsela con tutti”.
30
Panorama
Numeri
e curiosità
storiche
 Dal 1960 al 1972 le squadre che partecipavano alla
fase finale degli Europei erano solamente quattro. La prima vincitrice fu l’Urss che,
nell’edizione svolta in Francia, superò in finale la Jugoslavia per 1-0. L’Italia partecipò per la prima volta nel
1968, quando riuscì a portare
a casa il trofeo dopo la ripetizione della partita contro la
Jugoslavia.
 Solamente Germania e Spagna hanno alzato tre volte il
trofeo riservato al vincitore. La
Francia insegue a quota due,
mentre Italia, Russia, Repubblica Ceca, Grecia, Danimarca
e Olanda hanno vinto una sola
edizione.
 Vicente Del Bosque, selezionatore della Spagna campione
nel 2012, è il primo allenatore
ad aver conquistato Champions
League, Mondiali ed Europei.
 Il 1988 rappresenta l’unico
anno in cui i vincitori degli Europei e della Coppa Campioni
erano della stessa nazione. Oltre all’Olanda di Van Basten e
Gullit, che s’impose nell’ottava
edizione della rassegna continentale, il PSV Eindhoven alzò
al cielo la “Coppa con le orecchie”.
fDecide il collettivo,
non il singolo
Kek è un allenatore che antepone il
collettivo ai singoli. Scontata dunque
ccMichel Platini
 Michel Platini è il calciatore
che ha segnato più gol in una sola
edizione (quella del 1984): ben
nove. In seconda posizione troviamo Marco Van Basten (1988),
Alan Shearer (1996) e Milan Baroš
(2004), tutti e tre con cinque reti
realizzate.
 Solamente in tre occasioni la squadra ospitante è riuscita a conquistare
la Coppa: la Spagna nel 1964, l’Italia
nel 1968 e la Francia nel 1984.
 Saranno cinque le squadre esordienti in questa edizione del 2016:
Albania, Galles, Islanda, Irlanda
del Nord e Slovacchia sono infatti alla loro prima partecipazione
la risposta alla domanda se “a decidere l’Europeo saranno i fuoriclasse
o la squadra”. “Non ho mai visto un
giocatore vincere la partita da solo.
Può fare la differenza in determina-
ccLa squadra russa che alla prima edizione del Campionato europeo di calcio del 1960 si aggiudicò la Coppa
agli Europei. Nel 2012 fu la volta
dell’Ucraina, mentre nel 2008 debuttarono Austria e Polonia.
chenko, che nel 2014 segnò al secondo minuto della partita contro
la Grecia e superò il precedente
record detenuto dal connazionale
Sergei Alejnikov.
ne casalinga, vennero sconfitti in finale dalla sorprendente Grecia.
 Il record per il gol più veloce
appartiene al russo Dmitrij Kiri-
 Il Portogallo è la nazionale che ha
ottenuto più piazzamenti senza però
mai riuscire a portare a casa la vittoria finale. Sono ben quattro le volte
in cui i lusitani sono arrivati almeno
alle semifinali. Nel 2004, nell’edizio-
 Contrariamente alle ultime edizioni dei Mondiali Fifa, che hanno
sempre sancito le vincitrici ai tempi supplementari o ai calci di rigore, la finale degli Europei è stata
spesso decisa nei novanta minuti
regolamentari: l’ultima occasione
in cui si fece ricorso all’extra-time
fu quella del 2000, quando l’Italia
perse con la Francia in virtù del
golden gol di David Trezeguet.
Solo una volta, invece, si dovette
affrontare la lotteria dei rigori: nel
1976, quando la Cecoslovacchia
superò la Germania Ovest e salì
sul gradino più alto del podio.
te occasioni, ma si vince e si perde
sempre in undici. Guardiamo l’esempio della Germania a Brasile 2014:
non c’è stato un solo trascinatore,
bensì diversi. Vince la squadra che
ha maggior continuità, che sa reggere la pressione psicologica e che sa
farsi trovare pronta al momento giusto. Ovvio che se hai poi anche un
Ronaldo in squadra tutto diventa più
facile”, osserva Kek, prima di chiudere in tono scherzoso: “Se sapessi chi
vincerà andrei subito in ricevitoria
fare una puntatina, così almeno guadagnerei qualcosa…”
 Iker Casillas è il calciatore che
ha partecipato a più edizioni della rassegna continentale. Con la
convocazione tra i 23 della Spagna, il portiere ha raggiunto le
cinque partecipazioni. Casillas
ha staccato il tedesco Matthaus,
il danese Schmeichel, gli olandesi
Winter e Van Der Sar, il francese
Thuram, lo svedese Mellberg e
l’italiano Del Piero, tutti fermi a
quota quattro.
 La Germania è la squadra che
detiene il maggior numero di vittorie totali (23). L’Italia è invece in
testa alla classifica dei pareggi (15),
mentre la Danimarca è la nazionale che ha subito più sconfitte (14).
Panorama
31
sport
Q
uando alle Olimpiadi di Roma Cassius
Marcellus Clay Junior
di Louisville, classe
1942, dunque diciottenne, vinse la medaglia d’oro nella
categoria dei pesi medio-massimi,
nel mondo sportivo e in quello del
pugilato professionistico americano
nessuno se ne accorse, nonostante
che nei quattro anni antecedenti il
campione del mondo dei massimi
fosse stato Floyd Patterson, cioé la
Medaglia d’oro ai Giochi di Helsinky
del 1952. Tra l’altro, nel corso della
manifestazione sportiva romana, il
Patterson si recò in visita agli atleti
statunitensi e Cassius, fin da allora
“linguacciuto” e sbruffone, nel venirgli presentato gli fece (pressapoco)
“con me dovrai fare i conti”.
La delusione del giovane Clay di
fronte all’indifferenza nei riguardi
della sua impresa sportiva fu tale che
gettò la medaglia d’oro nell’Ohio. Tuttavia, riuscì a trovare chi gli avrebbe
dato fiducia e iniziato al professionismo. “Bella forza!”, vien da dire. Ma
col senno di poi... Il ragazzo, infatti,
era indisciplinato, a parole sempre
pronto alla rissa, e poi combatteva in
modo strano, non teneva la guardia,
provocava l’avversario porgendo il
mento, non aveva il “pugno del KO”
definitivo, aveva un movimento di
gambe continuo, sembrava danzare.
Insomma, non è che “prometteva”
chissacché. Il talento, però, era tanto, ma proprio tanto. A capirlo per
primo fu l’oriundo calabrese di Philadelphia, Angelo Mirena, in arte
Dundee; come manager egli aveva
all’attivo il titolo mondiale di Carmen Basilio (e in seguito si occupò
di gente come Jimmy Ellis, Josè Napoles, Ray Sugar Leonard, George
Foreman, tutti divenuti campioni
nelle proprie categorie).
fI primi frutti
nel 1961
I primi frutti arrivarono già nel
1961: Clay disputò otto incontri; due
li vinse per KO, quattro per ritiro
dell’avversario (KOT) e due ai punti.
32
Panorama
Il “signor nessuno” aveva fatto breccia e conquistato nientemeno che il
titolo di miglior pugile americano
dell’anno.
Nel ‘62 e nel ‘63 Clay se la vide con
tredici rivali. Li battè tutti, alcuni
mandandoli al tappeto oltre il conteggio. A quel punto non restava che
sfidare il campione Sonny Liston, già
guardaspalla di ganster e “sindacalisti”, pugile brutale: non c’era avversario che non entrasse nel ring con una
paura boia addosso. Lo stesso Clay
– fu lui medesimo a dirlo, anni dopo
– aveva una fifa tremenda. Alle prove di peso, prima del match, titolo in
palio – era il 25 febbraio del 1964 –
nel vederlo comparire a petto nudo,
espressione truce, sguardo assassino,
la reazione fisiologica e psicologica
fu tale che i medici furono costretti a
misurargli due volte, a un certo intervallo di tempo, la pressione cardiaca
da quanto era “schizzata”. Ma Clay
era persona intelligente, sapeva che
l’unico modo per cacciare la paura e
magari, chissà, trasmetterla all’avversario era un atteggiamento spavaldo, aggressivo. Sicché Liston viene
bombardato da improperi, sberleffi,
offese. E sul ring da una gragnuola
di pugni, senza mai riuscire a sopravanzarlo. Alla settima ripresa, Liston
si arrese. La “lingua di Louisville”
era arrivato in cima al mondo. E nel
luglio dell’anno successivo, nella rivincita, si ripeté; in meglio: sconfisse
Sonny Liston per KO alla prima ripresa! Era il 25 maggio del 1965.
Passarono pochi mesi e dopo una
pluriennale frequentazione di ambienti islamici afroamericani, Cassius Clay si convertì e cambiò il
proprio nome in Muhammad Alì.
Tra gli atleti di prestigio, fu il primo a compiere un simile passo (nel
mondo del jazz, invece, era all’ordine
del giorno): tanto per dire, era appena nel 1971 che uno dei più grandi
cestisti di tutti i tempi, Ferdinand
Lewis Alcindor, abbandonò il cristianesimo e cambiò il nome in Kareem Abdul-Jabbar.
Fino al 22 marzo del 1967, Muhammad Alì mise in palio il titolo ben
otto volte: e furono altrettante net-
Pochi atleti,
e assai di meno
tra i pugili,
si sono spesi
quanto lui
dentro il ring e
nel 2001 è stato
proclamato
“Il più grande
atleta del
secolo”
Muhamm
la leggend
tissime vittorie. Tra gli sconfitti, pure
quel Floyd Patterson a cui cinque
anni prima, a Roma, aveva promesso
“vita dura”.
fIl Vietnam gli costò
il titolo
Il match con Zora Folley del primo giorno di primavera del ‘67 fu
l’ultimo. Essendosi, infatti, l’anno
mad Alì
da vivente
prima, rifiutato di andare sotto le
armi, peraltro gli sarebbe sicuramente toccato di partire per il Vietnam, venne arrestato, defraudato
del titolo e gli venne ritirato il patentino di pugile. Carriera finita?
Era generale la convinzione che di
questo si trattava. Lui, però, non si
dette per vinto. Per tre anni combattè con i tribunali fino a quando
nel 1970 la Corte Suprema degli
Stati Uniti non gli dette ragione.
Alì tornò in pista. Lo fece in forma
smagliante, non avendo mai smesso
di allenarsi. Nel frattempo, il titolo
mondiale era di Joe Frazier, una
“macchina da pugni” come non si
era mai vista: potente più di Liston,
sempre in movimento, velocissimo
e costantemente all’attacco. Alì lo
sfidò, dopo solo due match ufficiali. Il “Fight of the Century” (l’Incontro del secolo) ebbe luogo al
Madison Square Garnen l’8 marzo
del 1971. Erano in pochi a credere
che Alì potesse vincere, anzi, che
addirittura terminasse lo scontro
in piedi. Ebbero ragione per metà:
Frazier vinse, ma ai punti.
L’assalto alla corona non riuscì,
ma fu convinzione unanime che
la rivincita sarebbe un’altra cosa...
Purtroppo questa non ci fu, perché
poco tempo dopo a togliere di mezzo Frazier ci pensò George Foreman che – sono parole di Frazier –
trattò l’avversario come se fosse uno
jo jo, scaraventandolo in terra sei
volte. Se nell’ipotetica rivincita con
Frazier, ad Alì si davano delle chance, con Foreman non se ne parlò
nemmeno. Tanto più che prima del
loro match, George si sbarazzò di
due robusti picchiatori, tra cui Ken
Norton, che poco tempo prima aveva battuto Alì. Disse Norton: “George fu mostruoso: per cinque minuti,
ebbi a che fare con l’Armata Rossa
all’attacco”.
fThe Rumble
in the Jungle
A causa di un incidente occorso a
Foreman il match venne rinviato
di cinque settimane, finché non si
arrivò a quella che fu definita “The
Rumble in the Jungle” (La rissa nella jungla). Probabilmente in inglese
il termine ci sta. In italiano, no. Il
match fu tutto, meno che una rissa. Anzi, fu l’esempio più lampante
di cosa significhi forza più o meno
bruta contro intelligenza coniugata
a resistenza. Per sette round e mezzo George Foreman martellò il corpo (superallenato proprio a questo
tipo di trattamento) di Muhammad
Alì costantemente appoggiato alle
corde e che di tanto in tanto alleggeriva la situazione con dei colpi
di sbarramento, finché all’ottava,
sfiancato da tanto menar cazzotti, Foreman ebbe un momento di
stanchezza, quel tanto che bastò al
“poeta del ring” di stenderlo con
pochi, ma precisi pugni in pieno
viso. Il resto, sino alla fine della
sua carriera, fu per il trentaduenne Alì e per il pugilato ordinaria
amministrazione: vittorie, sconfitte, perdita del titolo, riconquista, ritiro definitivo dopo sei anni.
Dell’“ordinaria amministrazione”
fece parte pure la poco gloriosa
fine, poiché non seppe dire “basta”
quando andava detto.
Dieci anni dopo quel 1974, al Campione venne diagnosticato il Morbo
di Parkinson, con cui ha convissuto
oltre tre decenni. Quando nel 1996,
per le Olimpiadi di Atlanta, gli venne proposto (chissà, probabilmente
gli emissari del comitato olimpico
statunitense si aspettavano un “no”)
di essere l’ultimo tedoforo, colui cioè
che accende la fiamma olimpica che
illumina i Giochi, accettò felice. Il
mondo, commosso lo guardò, lo seguì, molti forse anche pregando che
non cadesse...
Pochi atleti, e assai di meno tra i
pugili, si sono spesi quanto lui
dentro il ring. E con una serietà unica ha sempre affrontato gli
allenamenti, indipendentemente
da chi avrebbe dovuto affrontare.
Anche per questo, nel 2001 è stato proclamato “Il più grande atleta
del secolo”.
Dicono che abbia lasciato agli eredi –
nove figli, una moglie e tre ex (pare
che ne usufruiranno tutti) – una
cinquantina di milioni di dollari in
contanti, a cui si aggiungeranno i diritti per i libri scritti, le royalty per il
materiale filmato di cui era comproprietario.
Muhammad Alì, già leggenda vivente, il 3 giugno scorso è entrato
nel mito. A 74 anni. I casi della vita:
fu proprio nel ‘74 che divenne “leggenda”...
Panorama
33
Al Fashion and Textile Museum di Londra, la rassegna organizzata dal Museo MA*GA di Gallarate, da FTM e dell’Archivio Missoni, col supporto di The Woolmark Company,
affianca alle opere Missoni i capolavori di artisti modernisti che ispirarono la fantasia e le mani di Ottavio, da Sonia Delaunay a Lucio Fontana al futurista Gino Severini
della moda italiana
trisce, colori intrecciati, onde, motivi a
zig-zag, patchwork,
geometrie e motivi
floreali: è uno stile inconfondibile, un caleidoscopio di tonalità e di forme,
che racchiude in sé una
storia prima di tutto
umana, poi professionale. Il marchio
Missoni racchiude
in sé tutto questo e
una retrospettiva
a Londra celebra
il genio di colui che
per primo intuì il potere
di una creazione sartoriale,
Ottavio Missoni. La rassegna – intitolata Missoni Art Colour, organizzata
dal Museo MA*GA di Gallarate (VA), da
FTM e dell’Archivio Missoni e col supporto di The Woolmark Company e visitabile fino al 4 settembre –, è solo uno dei
numerosi eventi che caratterizzeranno il
34
Panorama
fitto calendario del Fashion and Textile
Museum di Londra. In esposizione, oltre
al racconto di come la maglieria si trasforma in moda, una selezione di look
creati dal 1953 da Rosita Missoni e dal
1997 da Angela Missoni, più una serie di
studi tessili inediti, dipinti e arazzi di Ottavio Missoni. Insomma, quello in visione
nella capitale britannica è un susseguirsi
di sessant’anni di vere e proprie creazioni
artistiche della maison che rappresenta
uno dei punti di riferimento del glamuor
del fashion e dell’eccellenza del “Made in
Italy”. Allestita in precedenza al MA*GA
di Gallarate (aprile 2015–gennaio 2016),
l’esposizione esplora l’affinità elettiva
dell’arte europea del Ventesimo secolo
sulla creazione di moda e tessuti di Ottavio e Rosita Missoni. È curata da Luciano
Caramel, storico dell’arte e curatore della
Biennale di Venezia e della Quadriennale di Roma, da Luca Missoni, direttore
artistico dell’Archivio Missoni, ed Emma
Zanella, direttore del MA*GA, storica
dell’arte e museologa.
A Londra,
dove
nel 1948
partecipò alle
Olimpiadi e
conobbe la sua
futura compagna
di vita e impresa,
un omaggio al
«Genio del colore»,
grande artista di origini
dalmate. L’esposizione
esplora lo stile iconico
della maison Missoni,
in un mix fra moda e arte
che affascina sempre e che,
in questo caso, sottolinea
l’importanza del dialogo fra
artisti, designer e industria
nell’Italia del dopoguerra
mostre
eeOttavio e Rosita Missoni
ritratti da Giuseppe
Pino nel 1984
La scelta di Londra non è casuale, anzi assume un significato quasi simbolico – e ciò
non solo perché, come rileva Celia Joicey,
direttore del Fashion and Textile Museum,
dimostra ancora una volta come la città
sia capitale della moda e importante polo
culturale – in primo luogo perché Ottavio
Missoni (Ragusa di Dalmazia, 11 febbraio
1921 – Sumirago, 9 maggio 2013) e la sua
inseparabile moglie Rosita iniziarono la
loro avventura proprio a Londra, quando
nei giorni delle Olimpiadi del 1948 il futuro
designer partecipava correndo i 400 ostacoli sulla pista di atletica leggera e, tra la
folla, vide quella che sarebbe diventata la
compagna di una vita. Da quel momento i
due diventarono inseparabili e diedero vita
a una piccola azienda di maglieria destinata a fare la storia della moda.
Quella di Ottavio Missoni è una figura che
tutti ricordano con affetto e ammirazione,
soprattutto in queste terre, che hanno
avuto l’opportunità di conoscerlo anche
personalmente oltre che attraverso la sua
arte grazie al ciclo di mostre itineranti “Il
Genio del colore”, che nel 2012 hanno fatto
tappa a Maribor, Capodistria, Pola e Ragusa (Dubrovnik), organizzate dall’Unione
Italiana in collaborazione con diversi enti
e istituzioni, tra cui l’Università Popolare
di Trieste, il Consolato generale d’Italia a
Fiume, la Città di Fiume, le Gallerie costiere di Pirano, la Galleria Kortil di Fiume, la
Fondazione Ottavio e Rosita Missoni, il
Consiglio nazionale per le minoranze della Repubblica di Croazia, l’Istituto Italiano
Panorama
35
mostre
di Cultura, il Centro
italiano “Carlo Combi”, la Comunità degli Italiani di Capodistria, con il patrocinio
delle Ambasciate d’Italia a Zagabria e Lubiana e
della Regione Istriana.
Nato, dunque, a Ragusa, quando Ottavio ha
solo sei anni si trasferisce con la famiglia a Zara.
Negli anni dell’adolescenza si appassiona allo
sport, all’atletica leggera. Il talento agonistico
è alto e non passa molto tempo che si afferma
come brillante atleta tanto da vestire la maglia
azzurra nel 1935: le specialità di Ottavio Misso-
ccOttavio Missoni, Arazzo, 1978
ccIn passerella a Londra, nella sala principale, sessant’anni
di look (42 abiti) realizzati dalla maison dal 1953 al 2014
ni sono i 400 metri piani e i 400 metri ostacoli.
Durante la sua carriera di atleta conquista otto
titoli italiani. Il suo successo più importante a
livello internazionale è quello del 1939, quando diventa campione mondiale studentesco a
Vienna. Durante gli anni della Seconda guerra
mondiale Missoni partecipa alla battaglia di El
Alamein e viene fatto prigioniero dagli alleati.
Trascorre quattro anni in un campo di prigionia in Egitto: riesce a tornare in Italia nell’anno
1946, quando raggiunge Trieste. Dopo il conflitto torna anche a correre; partecipa alle Olimpiadi di Londra del 1948, raggiunge la finale dei
400 metri ostacoli e si classifica al sesto posto;
corre inoltre come secondo frazionista nelle
batterie della staffetta 4 per 400.
Lontano dalla sua Zara, per mantenersi lavora
saltuariamente come modello per fotoromanzi
a Milano; nella fervente vita metropolitana fa la
conoscenza di giornalisti, scrittori e attori di cabaret. Insieme a Rosita mette su una produzione artigianale interamente a Sumirago (Varese)
e gli abiti firmati Missoni iniziano ad apparire
sulle riviste di moda. Il primo label Missoni, presentato alla Rinascente nel 1958, venne subito
accolto con entusiasmo per l’incredibile innovazione dell’uso della lana come tessuto e ovviamente per le infinite combinazioni di righe e colori e il famoso zigzag. L’innovazione introdotta
dall’azienda decreta il successo commerciale di
questa linea. Nel 1970 Missoni definisce sempre
di più il proprio stile. Con il famoso maglione
presentato a Pitti e presente in mostra a Londra,
viene coniato lo stile del “put it together”. Anche
il successo oltreoceano non tarda a farsi sentire
grazie anche a Diana Vreeland; l’originalità, l’eleganza e il confort sono le premesse perfette
per cavalcare il nascente “ready to wear”.
“Si tratta della prima esibizione importante
per esplorare lo stile iconico della maison
Missoni – spiega Celia Joicey –, in un mix fra
moda e arte che affascina sempre e che, in
questo caso, sottolinea l’importanza del dialogo fra artisti, designer e industria nell’Italia
del dopoguerra”. Infatti, oltre ai lavori firmati
Missoni, si possono ammirare una quarantina
di dipinti di artisti europei, tra cui i capolavori di artisti modernisti, che ispirarono la
fantasia e le mani di Ottavio, provenienti dal
MA*GA e da collezioni private, molte mai
presentate al pubblico: da Lucio Fontana a
Fortunato Depero, Giuseppe Capogrossi, Dadamaino, Grazia Varisco, Bruno Munari, Sonia
Delaunay al futurista Gino Severini. È una testimonianza dell’effetto davvero dirompente
che Missoni ha avuto “eliminando la brutta
divisione che c’era tra arti belle e arti applicate”, come spiega il curatore Luciano Caramel.
I. R.
ee“La sala degli arazzi”: installazione
di patchwork firmati Ottavio Missoni
36
italiani nel mondo
Il 12 ottobre Giornata nazionale
degli italiani nel mondo
a cura di Ardea Velikonja
U
na Giornata nazionale
dedicata agli italiani nel
mondo. Questo è l’oggetto di un disegno di
legge che alla Camera ho
presentato assieme agli
altri colleghi del PD eletti
all’estero. Se approvato, il 12 ottobre di
ogni anno si celebrerà in Italia e all’estero
la Giornata nazionale degli italiani nel mondo, nella quale nei canali di informazione,
nella comunicazione, nelle scuole di ogni
ordine e grado, negli adempimenti istituzionali le esperienze e il ruolo degli italiani
nel mondo saranno richiamati all’attenzione della pubblica opinione”. Così Francesca
La Marca, deputata Pd eletta nella ripartizione estera Nord e Centro America e residente in Canada.
“Le ragioni di questa iniziativa – spiega la
deputata - sono intuibili e, comunque, si
possono riassumere in questi termini. L’Italia in alcuni momenti cruciali della sua storia
contemporanea, come durante la modernizzazione del periodo giolittiano, la ripresa
economica e sociale del primo dopoguerra,
la liberazione dal fascismo, la ricostruzione
successiva alla seconda guerra mondiale, il
boom economico, ha avuto dai suoi emigrati
un aiuto sostanziale. Si tratta, dunque, prima di tutto di un riconoscimento etico dovuto, che va al di là del ricordo del sacrificio del
lavoro degli italiani nel mondo, opportunamente istituito dal Ministro Tremaglia”.
La scelta di questo giorno è legata al
fatto che tale data, nella tradizione
dell’emigrazione transoceanica, è
fortemente evocativa del mito colombiano
“In secondo luogo, la memoria della nostra storia
d’emigrazione sta regredendo progressivamente
tra le giovani generazioni, anche nelle realtà in
cui la vicenda emigratoria è stata più profonda e
diffusa. Le evocazioni dell’informazione di ritorno sugli italiani all’estero hanno prodotto risultati poveri e alterni. L’istituzionalizzazione di una
giornata dedicata all’Italia fuori d’Italia sarà l’occasione per parlarne nelle scuole e nei canali di
informazione e per valorizzare agli occhi dell’opinione pubblica e presso i ceti dirigenti la funzione
che essa può avere per la proiezione del Paese nel
mondo, per la sua ricollocazione in ambito globale e per le politiche di internazionalizzazione”.
“L’Italia, inoltre, sta vivendo un particolare momento che la porta ad essere allo stesso tempo
un Paese di immigrazione e di nuova emigrazione, qualitativamente diversa rispetto a quella del
passato. Il grande retroterra emigratorio che il
Paese possiede è un bacino inesauribile di esperienze di integrazione, di multiculturalità e di
rapporti interculturali al quale essa può attingere, senza schematiche ripetizioni ma con attenta
sensibilità di conoscenza e di analisi, per affrontare la transizione sociale e culturale che stiamo
attraversando e adottare le misure più ragionate
ed efficaci per l’integrazione dei ‘nuovi italiani’. In
più, il richiamo costante nel tempo all’incidenza
che le migrazioni hanno avuto e hanno nella
storia del Paese consente di riflettere in modo
collettivo sull’entità e sulle forme della nuova
emigrazione per richiamare da un lato l’attenzione sui servizi necessari per sostenere lo sforzo di
coloro che lasciano l’Italia per insediarsi altrove,
per non perdere dall’altro i contatti con ricercatori, professionisti, imprenditori e giovani formatisi
nelle nostre scuole che possono rappresentare un
valore aggiunto a livello internazionale”.
“La scelta del 12 ottobre, aperta comunque a
diverse ipotesi che possano emergere durante l’iter parlamentare, è legata al fatto che tale data,
nella tradizione dell’emigrazione transoceanica,
è fortemente evocativa del mito colombiano, che
per le nostre comunità emigrate da lungo tempo
è un simbolo identitario e di affermazione della
propria peculiarità storica e culturale”.
“Rappresentare, divulgare e valorizzare in Italia e
all’estero le esperienze, le attività e il contributo
sociale apportato dai cittadini italiani all’estero
nel campo della cultura e della lingua italiane,
della ricerca scientifica, delle attività imprenditoriali e professionali e della solidarietà internazionale è un riconoscimento dovuto – conclude La
Marca - a chi ne è stato protagonista e una forte
spinta all’integrazione e, di conseguenza, alla
coesione sociale e culturale del nostro popolo. È
questo il senso più profondo di questa mia iniziativa legislativa”.
Panorama
37
Il 1.mo luglio Capodanno
sulla Riviera romagnola
L’evento
La Notte Rosa è un evento in auge
dall’estate del 2007, voluto fortemente da Andrea Gnassi e studiato
sulla falsariga delle ormai conosciutissime notti bianche, che si svolge
annualmente sulla riviera romagnola nel primo weekend di luglio.
Le caratteristiche che differenziano
l’evento dalle notti bianche sono
che: non è una singola città a festeggiare, bensì un intero territorio: tutta
la riviera romagnola, i lidi ferraresi
e San Marino; oltre al divertimento,
i temi portanti sono il sentimento e
tutto ciò che gira intorno al mondo
femminile, da questo il colore rosa;
la festa è strettamente correlata
con il territorio: la piadina venduta
in strada e nei locali è condita con
salsa rosa, i locali e le strutture sono
38
Panorama
addobbati con festoni rosa, le luci dei
lampioni, i fuochi d’artificio sincronizzati lungo le coste e molti edifici
importanti sono anch’essi resi rosa
durante il periodo dell’evento.
Molteplici sono le iniziative studiate
dalle diverse località coinvolte: oltre
300 eventi in media per ogni edizione che raggruppano 160 km di costa
insieme con altre città dell’entroterra, compreso San Marino. Questo ha
portato La Notte Rosa a diventare
un evento a livello internazionale,
richiamando la partecipazione di
oltre 2 milioni di persone nel 2010.
La prima edizione si è svolta il 1º
luglio 2006. Per effetto del successo
conseguito, è stata riproposta in tutti
i successivi anni. Dal 2010, inoltre,
dura due serate consecutive.
L
a Notte Rosa
è la grande
festa dell’estate, il Capodanno
estivo nella Riviera.
Tutta la costa si tinge
di rosa, dal
tramonto all’alba i 160 chilometri della Riviera Romagnola e
Marchigiana sono un’esplosione
di luci, suoni, immagini, colori,
concerti, performance teatrali,
reading, installazioni, convegni,
mostre, spettacoli, magiche scenografie. Ogni località interpreta
il tema in modo creativo ed unico
per regalare al pubblico una notte di intense emozioni, una notte
in cui la Riviera diventa un grande palcoscenico dove tutti sono
protagonisti del rito collettivo
più originale dell’estate ma dove
il protagonista principale è il divertimento sano e “la vita dolce”.
Perché rosa? Il rosa è un colo-
made in italy
o
La Notte Rosa è una
grande festa dell’estate che
quest’anno celebra i 10 anni,
un evento unico irripetibile
re che racconta la Riviera come
luogo di incontro, dell’ospitalità,
della gentilezza, delle relazioni,
dei sentimenti, un luogo dove
ancora è forte il senso di appartenenza ad una comunità capace
di accogliere. La Notte Rosa è un
evento unico, irripetibile altrove:
tutto il sistema dell’accoglienza
e dell’ospitalità si mette in gioco
per offrire una notte indimenticabile e un’immagine autentica
della Riviera, viva, positiva e dinamica. Per il secondo anno consecutivo saranno protagonisti del
“Capodanno dell’Estate italiana”
anche i territori della costa nord
delle Marche, da Gabicce Monte
a Senigallia, passando per Gradara, Tavullia, Pesaro, Mondolfo e Fano. Tra i protagonisti di
quest’anno Carmen Consoli, I
Nomadi, Ron, Alberto Fortis,
i finalisti di Italia’s Got Talent
“Heartbreak Hotel Band”, la Social Band con Luca Barbarossa e
Andrea Perroni, David Riondino e Carlo Carloni, Dolcenera, i
Dear Jack e Alessio Bernabei, gli
style coach di Real Time Enzo
Miccio e Carla Gozzi.
È Pink positive il claim de La Notte
Rosa 2016, un invito alla leggerezza e alla positività che accompagna
l’immagine ufficiale dell’evento:
un grande sorriso su fondo rosa,
accompagnato da due occhietti
dolci, citazione degli emoticons
universalmente di uso quotidiano nelle messaggerie dei nostri
smartphones. Un messaggio di serenità gioia, dolcezza, complicità,
ironia e voglia di vivere, le stesse
qualità che da sempre contraddistinguono la Romagna e le Marche
e la loro gente e che hanno ne La
Notte Rosa la perfetta sintesi.
Tanti gli appuntamenti dedicati ai
più piccoli. Tradizionale appuntamento a Bellaria Igea Marina dal
1.mo al 3 luglio con la “Notte rosa
dei bambini”, con ospiti special
Masha & Orso, protagonisti della
celebre serie di cartoni animali. E
i centro per l’occasione si trasformerà in un vivace animato parco
giochi, con tanti appuntamenti e
animazione sia itinerante, lungo i
viali cittadini, che con postazioni
fisse in ogni angolo della città e
ludobus, trampolieri, giocolieri,
maghi, colwneria e bolle di sapone, acrobati e danzati e tanto altro. A. V.
Panorama
39
a cura di Nerea Bulva
li alberi non russano ma
mentre “dormono“ piegano i rami e li mettono a
riposo. È quello che emerge
dallo studio “Quantification
of Overnight Movement
of Birch (Betula pendula)
Branches and Foliage with Short Interval Terrestrial Laser Scanning” che un team di ricercatori finlandesi, austriaci e ungheresi hanno pubblicato su “Frontiers in Plant Science”.
Il team di ricerca europeo ha infatti scoperto
per la prima volta che gli alberi la notte mostrano dei cambiamenti fisici che possono
essere paragonati al sonno, o almeno ai
cicli giorno-notte che erano stati osservati
sperimentalmente su piccole piante da un
altro studio (“A Morning-Specific Phytohormone Gene Expression Program underlying
Rhythmic Plant Growth”) pubblicato su
“Plos Biology”. Ora i ricercatori hanno osservato un “cedimento” dei rami delle betulle
che verso la fine della notte è arrivato a ben
10 centimetri fino alle punte.
András Zlinszky del Balaton Limnological
Institute del Centre for Ecological Research,
dell’Accademia delle scienze ungherese, ha
detto a “New Scientist”: “È stato un effetto
molto chiaro e applicato a tutto l’albero.
Nessuno aveva osservato questo effetto prima a livello di interi alberi, e sono rimasto
sorpreso dalla portata dei cambiamenti”.
Zlinszky e i suoi colleghi hanno scansionato
alberi in Austria e in Finlandia con raggi laser tra il tramonto e l’alba. Dal momento che
hanno iniziato a riprendere tronchi, rami e
foglie, hanno potuto misurare i movimenti
di ogni albero, in tre dimensioni e con una
risoluzione di centimetri.
40
Panorama
anche
gli alberi
dormono!
Eetu Puttonen, il leader del team di ricerca
del Department of remote sensing and photogrammetry dl Finnish geospatial research
institute del National land survey of Finland,
spiega che “l’esperimento è il primo del suo
genere. Questi studi prima erano stati fatti
solo su piantine, ma qui è stato possibile
farlo all’aperto, con alberi cresciuti completamente”.
La squadra ha scansionato due betulle, una
in Finlandia e una in Austria, durante una
notte. All’albero finlandese sono state fatte
11 scansioni, circa una all’ora, e dell’albero
austriaco ben 77, circa una ogni 10 minuti.
Puttonen ha detto: “Abbiamo utilizzato la
scansione laser, piuttosto che osservare il
movimento fotograficamente, dato che non
potevamo illuminare gli alberi con la luce
perché così avremmo potuto influenzare il
risultato”. Le scansioni sono state effettuate durante notti molto calme, per evitare
effetti del vento, e durante l’equinozio solare in entrambi i Paesi, per garantire che
la lunghezza della notte fosse approssimativamente la stessa. “Siamo certi che non è
causato da un altro effetto” ha detto Norbert
Pfeifer, del Department of geodesy and geoinformation della Technische Universität di
Vienna.
Secondo Zlinszky “l’effetto abbassamento”
è probabilmente causato da una perdita di
pressione dell’acqua all’interno delle cellule
vegetali, un fenomeno chiamato turgore cellulare:
“Significa che rami, foglie e steli sono meno
rigidi e più inclinati
e cadenti sotto il
proprio peso. Il
turgore, a sua volta, è influenzato
dalla fotosintesi,
il processo con cui
le piante utilizzano la luce solare
per creare zuccheri
da anidride carbonica
e acqua. La fotosintesi
al buio si blocca, quindi
questo di per sé può spiegare perché i rami si piegano”.
Gli alberi potrebbero quindi far
“riposare” i loro rami: durante il giorno i
rami sono più “eretti”, permettendo così alle
foglie di più luce solare; questo spreco di
energia non serve a nulla durante la notte,
quando non c’è luce. Allora il “cedimento”
dei rami sarebbe deliberato, dettato da un
ciclo notturno di sonno, oppure è passivo,
dettato dalle differenze nella disponibilità
di acqua e luce? “Questo rimane da decidere”, risponde Zlinszky.
Il team di ricercatori spera di estendere
le sue ricerche per capire se altre specie
scienza
Secondo alcuni
scienziati,
quando arriva
la notte, gli
alberi registrano
alcuni
cambiamenti
e i rami si
abbassano
di qualche
centimetro
arboree “dormono” e Zlinszky è
molto fiducioso che sia così. I prossimi obiettivi ideali della ricerca dovrebbero
essere pioppi e castagni, perché è stato già
decodificato il genoma di entrambi e i geni
legati con i ritmi circadiani, che potrebbero
aiutare a vedere quali geni sono coinvolti nel
comportamento identificato.
Lo statunitense Robertson McClung, del
Dartmouth College, che
non ha partecipato allo
studio, sottolinea su
“New Scientist” che: “Ci
sono stati alcuni studi sui
ritmi circadiani negli alberi, per lo studio dell’espressione genica, ma
questa recente ricerca è un
bel modo per vederla accadere nei singoli alberi. Mostra le cose come avvengono
nel mondo reale. Gli studi
sui girasoli hanno collegato il
ritmo circadiano alla capacità
dell’acqua di viaggiare nel gambo della pianta. La fornitura di acqua potrebbe essere alla base degli
effetti osservati. C’è un ‘ragionevole
sospetto’ che non sia solo la fornitura di
acqua, ma che la capacità della pianta di
trasportarla potrebbe essere controllata dalla pianta stessa. Una possibilità per esplorare i meccanismi alla base di questo potrebbe
essere esperimenti controllati su betulle più
piccole nelle serre. Saperne di più su come gli
alberi gestiscono i loro bilanci idrici potrebbe
avere vantaggi pratici. Per esempio, gli alberi
sono più facili da abbattere se il legno è più
secco. Allo stesso modo, intuizioni su come
gestire l’acqua degli alberi potrebbero aiutare i climatologi a comprendere meglio gli effetti delle foreste sul cambiamento climatico
e meteorologico”.
Panorama
41
N
egli ultimi cinquant’anni lo
stile di vita ha incontrato numerosi cambiamenti. Oggi
viviamo lontani dalla natura
ed anche fra i bambini è diminuito sensibilmente il numero di chi ha l’occasione di
trascorrere tempo in un ambiente verde. Imparare a invertire la tendenza andrà a vantaggio della nostra salute e del benessere quotidiano: scopriamo alcuni modi per ritrovare la
connessione con la terra, curare il pollice verde
e... combattere lo stress con il giardinaggio.
BALCONE VERDE – Fragole e pomodori, ma
anche melanzane, lattuga, cipolla e aglio, che
dà splendidi fiori dalle tonalità azzurro-viola.
Se avete un terrazzo o un piccolo balcone,
l’orto in vaso vi permette di coltivare vegetali
con cui arricchire la qualità delle vostre ricette.
Fatevi aiutare da un esperto nella scelta delle
piante: dopo i primi consigli, subentreranno
entusiasmo e la competenza data dalla pratica. Attendere la maturazione di un frutto e coglierlo con le proprie mani crea soddisfazione,
è gratificante e aiuta a fare pace con il tempo.
SFRUTTATE IL DAVANZALE – La vostra casa
non possiede un balcone? Puntate sulla finestra. Anche se lo spazio è minimo, il davanzale
è perfetto per una piccola nicchia da dedicare
a erbe aromatiche e fiori. Rosmarino (resiste anche al
freddo!), maggiorana,
salvia, timo, basilico
sono ingredienti ot-
42
Panorama
timi in cucina e… potrete utilizzare le foglie
fresche per una tisana! Se desiderate sfruttare
al massimo lo spazio costruitevi una cassetta
in legno, da fissare alle persiane con corde e
un gancio. Aggiungete una pianta di peperoncino, ricco di antiossidanti e dal colore intenso.
ZEN IN UFFICIO – Chi ha detto che non
possiamo trasformare il posto di lavoro in un
luogo più bello e a misura d’uomo? In base
alla quantità di luce e il ricambio d’aria, scegliete una pianta adatta. Secondo gli studi
piante come aloe, tillandsia e ficus proteggo-
amici o in compagnia di nuove persone allargherà la cerchia delle vostre amicizie e vi permetterà di condividere il tempo, suddividendo
energie e fatica.
BUON UMORE IN CASA – Portate la dolce brezza della bella stagione fra le pareti di
casa. Basta una pianta al centro della tavola
per rallegrare la stanza e aggiungere un tocco
di dolcezza all’ambiente. Secondo gli studi il
profumo della magnolia calma l’ansia e favorisce la serenità, lo sapevate? Perfetta come
centrotavola, potrete abbinarla alle piante
Garden Therapy:
corpo e mente natu
no dall’inquinamento. Per combattere stress
e nervosismo create un piccolo giardino in
ufficio con una scatola quadrata da riempire
con sabbia bianca o colorata, qualche sasso
raccolto durante le vacanze e piantine grasse.
ORTO CONDIVISO – Sono ormai numerose
le città dove è possibile affittare un orto da
condividere con altre persone. Coltivare la
terra costituisce un’attività fisica in grado di
favorire un invecchiamento felice, allena l’apparato cardiocircolatorio e aiuta a
bruciare calorie. Inoltre, seguire
il progetto insieme agli
aromatiche. Fra i ripiani della libreria aggiungete un bonsai, un albero in miniatura di cui
imparare a prendersi cura giorno dopo giorno.
Questo rito quotidiano aiuterà a connettervi alle vostre radici, esprimere le emozioni,
lasciar uscire le tensioni della giornata e
ritrovare la pace interiore.
RICERCHE SCIENTIFICHE CONFERMANO UNA CORRELAZIONE CON LA SALUTE –
Innumerevoli ricerche e
studi scientifici negli
ultimi anni hanno
benessere
dimostrato una stretta correlazione fra la nostra salute e gli spazi verdi disponibili: parchi
per ristorarsi e camminare, strade alberate,
giardini privati. Il verde, che sia urbano, agricolo o naturale, è chiamato in gioco per un
altro ruolo essenziale: la mitigazione degli
effetti indotti dai cambiamenti climatici in
corso.
Da una ricerca austriaca del MedUni Vienna’s Center for Public Health emerge come
la “garden therapy”, che consiste nel prendersi cura del proprio spazio verde o sem-
plicemente passarvi alcune ore, custodisca
il segreto della felicità e del benessere. Per
arrivare a questa conclusione gli studiosi hanno sottoposto a un sondaggio 811 persone,
di età compresa tra 16 e 82 anni, che hanno
curare
uralmente
valutato il potere “ristoratore” dei loro saloni,
terrazzi, balconi e giardini. L’indagine ha rivelato che i giardini sono percepiti più rilassanti
di altri ambienti della casa, hanno la capacità
di attirare un’attenzione involontaria che mette a riposo il cervello, meccanismo che riesce
a ridurre lo stress, che come noto ormai, è
responsabile del 70% delle malattie.
Alcuni vasi sul davanzale, un piccolo giardino sul balcone, curare
le piante, togliere i fiori appassiti,
annaffiarle, può accellerare alcuni
processi di guarigione: può essere
d’aiuto a chi soffre di depressione
o di ansia, per le persone anziane è
un ottimo esercizio di coordinazione
oculo- manuale e di memoria, rallentando l’invecchiamento psico- fisico.
Anche per i più giovani è un’ottima
terapia, li abitua al contatto con la natura insegnando loro il rispetto,
l’attesa e la pazienza;
sembrerebbe inoltre che una pianta
sulla scrivania dell’ufficio riesca a ridurre
lo stress e l’affaticamento del lavoratore.
L’autrice principale della ricerca, la psicologa della salute Renate Cervinka,
sostiene che la chiave del potere
terapeutico del giardino sia il
contatto stesso con la natura
e che il relax aumenta in
proporzione al numero
di elementi naturali
presenti in giardino,
siano essi fiori o
frutti.
Coltivare orto e
giardino, o solo
le piante nel
proprio balcone, ci
mantiene in forma
Panorama
43
Quando le
temperature
iniziano
ad alzarsi
è giunto il
momento di
rinnovare la
scelta dei cibi
da mettere
nel frigorifero
N
on solo il cambio dell’armadio: quando
l’inverno cede
il testimone
alla stagione calda anche la dispensa ha bisogno di essere rivoluzionata. E il carrello della spesa subisce mutazioni radicali: meno
provviste, più cibi freschi, più
finger food. Un’idea furba è
cogliere la palla al balzo per
rimettersi in gran forma in
vista della prova costume.
Con un nuovo frigorifero, più
sano, sarà un gioco da ragazzi perdere i rotolini di troppo. Ma anche far tornare
l’appetito ai piccoli di casa...
fLa spesa grossa
solo per alcuni
prodotti
Carrelli colmi di ogni tipo di
provvista, tipici dell’inverno, addio. Quando il caldo inizia a farsi
sentire, è meglio mangiare meno
e in modo differente. Così anche
la spesa cambia: comprare pochi
cibi alla volta sarebbe la soluzio-
44
Panorama
ne migliore. Se, però, la famiglia
è numerosa questa strategia può
diventare un problema: dunque
il consiglio è di riservare la spesa importante solo ad alcune tipologie di acquisti. Per esempio:
detersivi, biscotti, pasta, tonno in
scatola, olive. Sarà così possibile
riempire la dispensa di alimenti
gustosi e funzionali ai menu estivi.
fFreschezza a breve
scadenza
Se fa caldo, meglio abbondare
con il consumo di cibi rinfrescanti come frutta, verdura, yogurt,
formaggi freschi e gelati. Ma da
comprare facendo bene i calcoli
settimanali di cosa si mangerà sicuramente e di cosa rischia di finire nella spazzatura. Soprattutto se
ci sono bambini in casa, è auspicabile acquistare, per esempio, tanti
tipi di yogurt ma in poca quantità.
Il maxi mastello, se lasciato aperto
a lungo, è subito da buttare.
fEvviva il mercato
La bella stagione è una splendida
opportunità per iniziare a fare la
spesa al mercato, tra le bancarelle colorate e l’atmosfera unica
che questi luoghi regalano. Inoltre, considerati due o tre mercati rionali alla settimana, sarà più
semplice comprare il giusto senza
sprecare e creando menu più sani
e verdi.
in casa
fBanane per fare
il gelato in casa
Da non dimenticare le banane. Con
questo frutto, evergreen di ogni stagione, si possono preparare gelati
rapidissimi e semplici fatti in casa,
con pochi grassi e tanta freschezza.
Infatti, nelle situazioni di “emergenza refrigerio”, basterà porre una banana nel freezer per un paio di ore,
poi frullarla insieme a un po’ di latte (anche vegetale) per ottenere un
fantastico gelato low cost e adatto a
tutta la famiglia.
fRiso, quinoa, farro,
bulgur
L’insalata di riso è un piatto cult dell’estate, apprezzato da grandi e piccini
anche in caso di afa opprimente. Per
variare la dieta, nel carrello della spesa possono fare il loro ingresso anche
cereali alternativi, altrettanto buoni
e ancor più sani del riso bianco. Per
esempio: bulgur, quinoa, amaranto
e farro ben si prestano alla preparazione di menu freschi e pronti da
trasportare in piscina o al parco per
un picnic.
fPomodori
per piatti unici
e veloci
È bene ricordarsi di inserire
nella lista della spesa anche
i pomodori. Prima di tutto
perché la bella stagione è
proprio il momento giusto per
gustarsi la polpa soda e il sapore intenso di questo magnifico ortaggio,
dalle mille proprietà. E poi perché
bastano pochi pomodori ed un po’
di pane raffermo da grattugiare per
creare un piatto goloso e perfetto per le serate estive: i pomodori
gratinati. O, ancora, la tradizionale
caprese o le paste fredde pomodoro
e basilico.
Panorama
45
comportamento
Il segreto della fe
Essere ignoranti
L’
ignoranza logora chi
non ce l’ha. E gli altri?
Sono felici, oltre che
beati. Uno studio condotto dalla Australian
National University offre fondamento scientifico a uno dei luoghi
comuni più citati e conosciuti. Il
non sapere, l’ignoto, sarebbe il segreto della felicità. “Solo l’ignoranza ci dona la vera libertà”, assicura
Michael Smithson, professore della Research School of Psychology.
L’esercizio costante e quotidiano di
raccolta di informazioni, analisi e
previsioni di possibili scenari futuri, che molti di noi fanno quasi in
automatico, in realtà avrebbe l’effetto di tarparci le ali. “Serve non
conoscere alcune parti della tua
Cos’è
l’ignoranza
Socrate affermava che,
essendo conscio della
propria ignoranza, egli
era più saggio di coloro
che, essendo ignoranti,
continuavano a professare
la propria sapienza
46
Panorama
vita presente e futura per assaporare l’autentica libertà personale”,
spiega lo studioso. “Se tutto è già
scritto per te, se sai già come andrà a finire, sei meno libero quando prendi decisioni”. Secondo
Smithson l’ignoranza è alla base
della creatività, concetto che dovrebbe far riflettere artisti, imprenditori e anche gli scienziati. “Devi
non sapere, altrimenti non ci sarebbe nulla da scoprire e niente di
nuovo da inventare”. Il professore
non sottovaluta il “lato oscuro”
dell’ignoranza, con i problemi sociali che da essa derivano. Dai pregiudizi di ogni specie, al razzismo.
L’ignoranza diffusa, per Smithson,
sarebbe anche una minaccia per la
democrazia. “Churchill in persona
sosteneva che il miglior argomento contro la democrazia fossero 5
minuti di conversazione con l’elettore medio”. Insomma, beati quelli
ignoranti e felici. Basta che non siano troppi. Un’élite.
dall’antichità ad oggi
Sul concetto di felicità si è detto tutto e il
contrario di tutto, come dimostrano alcune delle riflessioni sottostanti formulate
dall’antichità a oggi da filosofi, psicologi,
artisti, maestri spirituali, ecc...
“Solo i grandi sapienti e i grandi ignoranti sono
immutabili” (Confucio, ca. 479/221 a.e.c.)
“La vita è pratica di felicità, non conviene pensare a ciò che potrà accadere in futuro se questo
implica la rovina della propria serenità presente”
(Epicuro 341-270 a.C.)
La felicità è la condizione,
di durata temporale
assai variabile, di chi
si sente pienamente e
piacevolmente soddisfatto
nei propri desideri e non
è turbato da timori o
preoccupazioni
fPensare troppo
fa male
La vita dell’uomo è come un vaso
troppo pieno. Troppe informazioni da immagazzinare ci rendono
schiavi e suscettibili al caos. Pensare troppo fa male, al cuore alla
mente. La chiave della felicità è lasciare andare, dimenticare o, meglio, non sapere
La verità ci renderà liberi, diceva
qualcuno. Ma è davvero così? Lo
La ricerca: «È
ciò che ci rende
davvero liberi».
Ma la medaglia,
come sempre,
ha due facce...
elicità?
cIlc prof. Michael Smithson ha dato
il via a un corso gratuito online per
aiutare le persone a mantenersi
ignoranti ed assaporare la felicità
spasmodico bisogno (tutto moderno) di sapere sempre di più, di
conoscere cosa accadrà domani, e
il bombardamento quotidiano di
informazioni da immagazzinare
infine ci rendono schiavi, anzichenò. E allora “solo l’ignoranza ci
dona la vera libertà”, parola di Michael Smithson.
si è spesso preoccupati e infelici.
Ma, secondo gli scienziati australiani, il vero segreto della felicità è
svuotarsi, sapere il meno possibile
e arrendersi all’ignoto.
sempre qualcosa che ignoriamo,
altrimenti non avremo nulla da
scoprire – prosegue Smithson –
L’ignoranza è in ognuno di noi.
È rilevante in ogni disciplina e
professione, nella vita di tutti i
giorni. Immaginate di sapere la
trama e il finale del vostro libro
prima di leggerlo. O di sapere
già quale sarà il vostro regalo di
compleanno o di Natale…”. Be’,
chi vorrebbe davvero tutto ciò?
fIgnorante è bello
Il principale problema dell’essere
umano è l’essere sempre proiettato
in altri tempi che non siano quello
presente: ci si lambicca il cervello
crogiolandosi nel passato o pontificando il futuro. Mai che ci si
concentri sul momento presente.
Questo è uno dei motivi per cui
“Per assaporare l’autentica libertà personale hai bisogno di non
conoscere alcune parti della tua
vita presente e futura – spiega il
prof. Michael Smithson – Se tutto è già scritto per te, se sai già
come andrà a finire, sei meno libero di compiere delle scelte e di
prendere decisioni”. E poi, sapere
già tutto è di una noia terribile.
Far posto al vuoto, invece stimola la curiosità e la creatività. “C’è
Sull’aria dello slogan che essere
ignoranti è bello e non un difetto, il professore ha dato il via a
un corso gratuito online dal titolo
”Ignorance!”, che ha per sottotitolo
“Scoprite cosa è l’ignoranza, come
nasce, cosa ci si può fare e il suo
ruolo nella società e nella cultura”.
Smithson, con questo corso vuole
condurre le persone a riscoprirsi
ignoranti, ma felici. In più intende combattere i pregiudizi e gli
stereotipi che vogliono la persona
definita “ignorante” essere discriminata.
“L’ignoranza è madre della felicità e beatitudine
sensuale” (Giordano Bruno, 1585)
“Gli uomini, non avendo potuto guarire la morte,
la miseria, l’ignoranza, hanno risolto, per vivere
felici, di non pensarci” (Blaise Pascal, 1650)
“L’ignoranza non deve impoverirsi con il sapere.
Per ogni risposta deve saltare fuori - lontano e
apparentemente non in rapporto con essa - una
domanda che prima dormiva appiattata. Chi ha
molte risposte deve avere ancor più domande”
(Elias Canetti, 1973)
“L’ignoranza non può essere cancellata dal perdono. La chiave della felicità quindi è la saggezza, l’unica cosa che possa dissipare l’ignoranza”
(Siddhārtha Gautama Buddha, V sec. a.e.c.)
“Dicono che la felicità dell’uomo non può consistere fuorché nella verità. Così parrebbe, perché
qual felicità in una cosa che sia falsa? E come,
se il mondo è diretto alla felicità, il vero non
deve render felice? Eppure io dico che la felicità
consiste nell’ignoranza del vero” (Giacomo Leopardi, 1818)
“Bisognerebbe riuscire a convincere gli uomini
della felicità che essi ignorano, persino quando ne
godono” (Charles-Louis de Montesquieu, 1745)
“Mostratemi un uomo felice, e io vi mostrerò la
presunzione, l’egoismo, la malignità, a meno
che non sia la totale ignoranza” (Graham Greene, 1948)
“La felicità – come si dice giustamente – è fatta di tante piccole cose, la piú importante delle
quali è avere un piccolo cervello” (Giovanni Soriano, 2005)
fPreoccupati
fPalla di vetro addio
Panorama
47
costume
Il giorno della
nascita viene
ricordato con
feste, auguri,
regali, ecc. Ma
quando e come
è nata questa
tradizione
L’
usanza di celebrare la
propria data di nascita
ha origine da antiche
usanze dei pagani che
per l’occasione erano
soliti fare gli auguri al festeggiato nell’intento di proteggerlo dalle
forze del male e di auspicare per
lui salute e sicurezza per l’ulteriore
anno che stava per iniziare. Il compleanno antico e pagano era concepito come un rito religioso ed è per
questo che fu rifiutato dal cristianesimo; quello moderno è apparso
soltanto quando ha cominciato ad
affrancarsi dalla tradizione cristiana che, nel medioevo, vedeva nel
battesimo una ‘rinascita’ e nelle feste dei santi il ricordo della loro ‘nascita’ alla ‘vera vita’. Non c’era posto
per una celebrazione religiosa della ricorrenza della nascita. Questo
cambiamento di contenuto è stato
accompagnato da un cambiamento
di ritmo: al tempo circolare dell’anno liturgico, supporto delle feste religiose e della memoria dei defunti,
ha fatto seguito un tempo lineare,
che capitalizza gli anni anziché riprodurli uno uguale all’altro.
fLo ha «inventato»
Goethe
Insomma, la ricorrenza del compleanno per festeggiare la nascita
dei nostri cari e la nostra con torta,
candeline, regali e auguri di ‘buon
compleanno’, è un’invenzione molto recente: secondo lo storico francese Jean-Claude Schmitt sarebbe
48
Panorama
Festa di complean
tutto quello che c’è
stato Johann Wolfgang Goethe
a “inventare” la celebrazione del
compleanno così come oggi la intendiamo, nel 1802 per festeggiare
il suo 53esimo compleanno. L’arrivo dei compleanni è stato facilitato
poi dalla Rivoluzione francese, che
promosse l’anagrafe statale e i certificati di nascita.
Il tutto, però, senza candeline. Nella
Bibbia ci sono due “feste di compleanno”: quella del faraone e quella di
Erode. Quest’ultimo, alla fine della
sua danza, dona a Salomè la testa di
Giovanni Battista.
fNell’antichità
Secondo alcune ricostruzioni storiche, l’idea di festeggiare il compleanno con le candeline viene dagli
antichi Greci. Sarebbero legate al
culto della dea della caccia, Artemide, simboleggiata talvolta dalla
Luna crescente e dalla sua luce. A
lei venivano offerti dolci rotondi,
decorati con lumini per renderli,
appunto, brillanti come la Luna.
Proprio come facciamo noi oggi
con le candeline, gli antichi spegnendo quelle luci rivolgevano delle richieste alla divinità: gli antenati
Nonostante la festa di compleanno
sia così “recente”, le tradizioni che
la accompagnano vengono da tempi molto più lontani. Prendiamo ad
esempio il dolce: pare sia di origine egizia. Tradizione vuole infatti
che in occasione del compleanno
del faraone i sudditi festeggiassero
con cibi squisiti. Lo stesso facevano i Persiani, che preparavano una
torta speciale, riservata al re, da offrire anche alle divinità e ai nobili.
fDa dove arrivano
le candeline
nno:
da sapere
dei desideri che accompagnano
oggi il “soffio” sulle candeline.
fScoperto anche
da Marco Polo
Marco Polo scoprì l’usanza alla corte
dell’imperatore della Cina, il Kubilai
Khan festeggiato solennemente nel
giorno della nascita, e la descrisse
con molto stupore nel “Milione”, segno che in Italia del medioevo non
era una pratica diffusa. Peraltro i
cinesi contano gli anni a partire dal
concepimento e arrotondando per
eccesso. Quindi i 9 mesi di gravidanza aggiungono un anno rispetto
al conteggio occidentale.
la propria nascita, perché grazie a
quel dato gli astrologi potevano
fare l’oroscopo, i Romani - come
gli Egizi e i Persiani - rendevano
omaggio soltanto alla nascita di
chi era dotato di un certo “pedigree”: per esempio gli imperatori.
Fino al XVI secolo, del resto, pochissimi conoscevano la propria
data di nascita.
Nel Medioevo si preferiva festeggiare l’onomastico, finché la Riforma protestante mise in discussione
il culto dei santi e promosse l’adozione di nomi diversi da quelli canonizzati.
I riti che accompagnano il compleanno (auguri, torta, regali, ecc) videro la luce solo nel XIX secolo, tra
la borghesia e le classi agiate. Solo
nei decenni successivi l’usanza cominciò a penetrare in tutte le classi
sociali, finché nella seconda metà
del secolo in Germania nacque la
Kinderfest, la festa dei bambini: il
piccolo (o piccola) festeggiato veniva svegliato all’alba con una torta
decorata di candeline. Una più della sua età, a rappresentare la “luce
di vita”: le candeline stavano accese per tutto il giorno e si sostituivano quando si consumavano.
fLa canzone
più famosa
La melodia cantata solitamente in
occasione dei compleanni che si
intitola “Tanti auguri a te” (Hap-
py Birthday to You), fu composta
dalle sorelle statunitensi Mildred
Janie Hill e Patty Smith Hill nel
1893, quando erano maestre di
asilo a Louisville (Kentucky). Inizialmente fu creata come saluto
di ingresso all’aula da parte degli
alunni, e recitava “Good Morning
to All” (Buongiorno a tutti). Non
si sa con certezza chi abbia composto le parole attuali in inglese
(ed in italiano). Un brano - strano ma vero - protetto dal diritto
d’autore (è stato calcolato che in
media garantisca almeno 2 milioni di dollari di ricavi annuali) fino
ad almeno il dicembre 2016 e che
è spesso finito in tribunale per dispute autoriali.
fIl paradosso
del compleanno
Da quante persone dev’essere formato un gruppo perché almeno
due di loro festeggino il compleanno lo stesso giorno? Almeno 23, secondo il matematico Richard Von
Mises, che nel 1939 ha formulato
il paradosso del compleanno: in un
gruppo di 23 persone la probabilità è circa del 51%; con 30 persone
supera il 70%, con 50 persone arriva addirittura il 97%. Anche se per
arrivare all’evento certo servono almeno 366 persone (367 negli anni
bisestili), la teoria delle probabilità
ci dice che in realtà ne bastano molte meno.
fOnomastico vs
Compleanno
Se in Mesopotamia e in Egitto era
importante registrare il giorno del-
ccLudwig Knaus “Ein kinderfest” (1868)
Panorama
49
passatempi
1
2
3
4
5
6
7
15
19
23
11
21
12
25
26
34
37
38
41
46
43
44
48
49
53
55
60
56
57
61
64
ORIZZONTALI: 1. Dolce pasquale –
7. Studiano gli astri e i fenomeni celesti – 15. Il leone marino – 16. Registro giornaliero – 17. Il paragrafo
più corto – 18. Al centro del corteo
– 19. È... armato coi cingoli – 21. Il
genere musicale di Jovanotti – 22.
Venne soprannominato O Rey – 23.
Vi bolle il mosto – 25. Il peso gallo
sul ring – 27. Compagno in affari –
28. Posta in profondità – 29. Un re-
40
52
54
59
36
39
47
51
31
35
42
45
14
27
30
33
13
22
29
32
galino accluso – 30. Lasciano tracce
parallele – 31. Il simbolo del cesio
– 32. Gli abitanti di Caltanissetta –
34. L’accetta di guerra dei pellirosse
– 37. Fu maestro e consigliere di
Nerone – 39. Carta molto sottile –
41. La fidanzata di Donald Duck –
43. Il Sol del Giappone – 45. Nelle
scarpe e nei piedi – 46. Cento metri
quadrati – 47. Passaggio reciproco
di notizie – 49. L’attore Aykroyd –
50. La sua foglia è
Soluzione del numero precedente
simbolo nazionale
del Canada – 52.
Portatori di carica
elettrica negativa – 53. Ortaggi
esangui – 54.
Premia i meritevoli – 55. Ne ha
molti la palamite
– 56. Effettivo...
del monarca – 58.
Panorama
10
17
29
24
28
50
9
16
18
50
8
62
58
63
65
Al centro dello stabilizzatore – 59.
Sono piccole di notte – 60. Le prigioni della Serenissima – 62. Molto
conosciuti – 64. Una... fabbrica di
preti – 65. Estrema povertà.
VERTICALI: 1. Quella di ferro separava i Paesi dell’Ovest dal regime
comunista – 2. Più che buoni – 3.
Si ottiene col diapason – 4. Personaggio delle favole – 5. Né tua, né
sua – 6. Il temibile pirata... degli
almanacchi – 7. Preposizione articolata – 8. Città russa bagnata
dal Volga – 9. Il primo era trainato dai cavalli – 10. Una sigla sulle
tombe – 11. Gli occhiali nel calcio
– 12. L’organizzazione dei paesi
produttori di petrolio (sigla) – 13.
Terrence regista cinematografico
americano – 14. Polvere ricavata
dal giaggiolo – 16. La moneta del
Vietnam – 20. Le parti inferiori dei
denti – 22. Uccello dei falconiformi
– 24. Bertovello – 26. Il capodanno vietnamita – 27. Ritrosi per
natura – 29. Il marito della figlia
– 30. L’ordine religioso di don Bosco – 33. Salottino appartato nei
locali pubblici – 35. È più piccolo
dell’anguria – 36. La Osiris della
rivista italiana – 38. Privi di personalità – 40. Abbonda di canali
– 41. Animali mansueti – 42. Dei
scandinavi – 44. Hanno una corta
proboscide – 45. Il porto delle tre
caravelle – 48. La Claudia moglie
di Adriano Celentano – 51. Formaggio fuso olandese – 52. Ballo
di Luigi Manzotti – 53. Protezione
per trapezisti – 55. Vi razzolano i
polli – 57. Precede Angeles in California – 60. Pordenone su targa
d’auto – 61. Il Rio di Aldo Palazzeschi – 63. I fornitori meno forniti.
Pinocchio
Panorama
51
52
Panorama