Weekly Focus 09 Mag 2016 - Monte dei Paschi di Siena

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9 maggio 2016
a cura del Settore Ricerca
e Informativa Finanziaria
La settimana si apre con una debolezza del mercato cinese (Shanghai Composite -2,8%), a fronte dei dati
deboli sul commercio estero di aprile ed in particolare del crollo dell’import (-10,9%, con implicazioni
interessanti per l’export delle altre aree verso la Cina), e marginali apprezzamenti dei mercati europei.
L’impostazione negativa della settimana passata è stata sugellata dai dati sul mercato del lavoro USA
(non-farm payrolls - NFP) di aprile, peggiori delle attese. Durante la settimana la survey ADP, rilasciata
alcuni giorni prima dei NFP e considerata un buon indicatore anticipatore, aveva indotto un
riaggiustamento verso il basso delle aspettative. Tuttavia la combinazione di una creazione di posti di
lavoro di 160mila (atteso 200mila), di un tasso di disoccupazione del 5% (atteso 4,9%) e di un crollo dei
nuovi occupati risultanti dalla survey delle famiglie (condotta su una popolazione diversa dai NFP, che
indagano il settore delle imprese) ha riacceso le preoccupazioni che il rallentamento dell’economia USA
registrato negli ultimi due trimestri possa proseguire.
Due osservazioni:
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La Fed stimava nel 2013 che la crescita mensile degli occupati necessaria per provocare una
diminuzione del tasso di disoccupazione era di circa 80mila unità e che questa crescita sarebbe
calata nel 2016 a circa 35mila. Nessuna sorpresa quindi che, con l’avvicinarsi di una situazione di
piena occupazione (il tasso di disoccupazione naturale è stimato attorno al 5%), la crescita dei nuovi
occupati cominci a calare. Semplicemente, non esiste più un esercito di disoccupati da trascinare
nelle schiere degli occupati.
I salari e le ore lavorate sono in aumento, contribuendo a sostenere il reddito personale. Questo
dovrebbe mantenere vive le attese che, prima o poi, un qualche tipo di pressioni inflazionistica si
materializzi. Il problema con questa linea di pensiero è l'inspiegabile aumento del tasso di
risparmio a cui si sta assistendo negli USA, che non permette agli aumenti del reddito disponibile di
tramutarsi in spesa per consumi. Si stima che circa il 15% (cinque volte più del periodo pre-crisi )
dell'aumento del reddito disponibile registrato nell'ultimo anno sia andato a gonfiare i risparmi
delle famiglie.
Nell'attesa, il mercato continua ad abbassare la
probabilità associata ad un rialzo dei tassi da
parte della Fed. La probabilità attribuita ad un
rialzo al prossimo meeting del 15 giugno è
crollata all’8% (era il 50% due mesi fa) mentre la
probabilità che nel 2016 vi sia un solo rialzo dei
tassi è ora appena del 50%. Questo scetticismo
sul proseguimento della fase restrittiva da parte
della Fed, unito al chiaro bias espansivo della BCE
e della BoJ continua ad esercitare una pressione
al ribasso su tutto il complesso dei tassi di
mercato
Circa il 23% del mercato obbligazionario globale
presenta un rendimento negativo (ad esempio:
governativi tedeschi sino alla scadenza 8 anni,
governativi giapponesi sino alla scadenza 10 anni,
governativi italiani sino alla scadenza 2 anni, etc).
Questa proporzione è in aumento rispetto al 13%
di inizio anno e rappresenta chiaramente una
delle più formidabili sfide che gli investitori si
siano mai trovati ad affrontare prima d’ora.
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La risposta degli investitori alla sfida è stata abbastanza prevedibile: uno spostamento in alto a destra nello
spettro rischio-rendimento, riposizionando i portafogli verso assets che appaiono in grado di aiutare a
raggiungere rendimenti attesi che rimangono ancorati ad un precedente stato delle cose. I conseguenti
flussi verso il mercato del credito (corporate bonds, high yield bonds, emergenti sia governativi che
corporate) sono stati robusti dall’inizio dell’anno, contribuendo a comprimere i rendimenti. Nella stessa
direzione ha spinto l’azione del mercato pre e post-annuncio (10 marzo) dell’estensione del programma di
acquisti della BCE ai titoli corporate; gli acquisti inizieranno a giugno.
Ma le implicazioni sono importanti per tutti gli attori del sistema. Questa settimana sono in programma gli
utili del primo trimestre di un gran numero di banche europee. Le prime indicazioni sono per un discreto
effetto negativo dell'ambiente di tassi bassi sul margine di interesse degli istituti di credito. Per
controbilanciare questo effetto il libro di testo utilizzato dalla BCE prevede un aumento dei volumi, spinti
dalla ripresa in corso e agevolati dalle misure (TLTRO 2) adottate di recente. L'andamento degli aggregati
creditizi sinora ha mostrato solo una debole accelerazione dei prestiti delle banche; nell'area euro i prestiti
alle famiglie sono in aumento a marzo del 1,6% in termini annuali, mentre quelli alle imprese segnano un
+1,1%. I dati della Banca d'Italia che verranno rilasciati in settimana forniranno i dettagli sugli sviluppi a
marzo per l'Italia.
In prospettiva, come ogni mese negli USA la settimana seguente al rilascio dei dati sul mercato del lavoro è
povera di dati macro, con l’unica eccezione dei dati sulle vendite al dettaglio di aprile venerdì. Nell’area
euro invece avremo il rilascio dei dati sul Pil del primo trimestre in Italia e Germania (attesa una variazione
trimestrale dello 0,6%, 1,5% sull’anno).
Per quanto riguarda l’Italia le attese sono per una variazione trimestrale dello 0,3% (0,9% rispetto al 2015
Q1). I principali fatti stilizzati della crescita del nostro paese (che saranno evidenti solo il 31 maggio,
quando Istat rilascerà i dati sulle diverse componenti del Pil) dovrebbero essere:
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La prosecuzione della crescita dei consumi privati (in crescita costante negli ultimi dieci trimestri),
che beneficiano di un certo miglioramento delle condizioni sul mercato del lavoro e del reddito
disponibile.
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Un contributo modesto dai consumi del settore pubblico e del settore estero; le esportazioni nette
rimangono ad un livello molto elevato storicamente ma difficilmente espandibile a fronte del
rallentamento della crescita del commercio mondiale.
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Di particolare interesse sarà l’andamento degli investimenti, che appaiono come uno degli anelli
mancanti per poter considerare l’attuale ripresa sostenibile. Nel 2015 gli investimenti sono
cresciuti marginalmente (0,6%) dopo sette anni ininterrotti di declini, ma solo grazie al boom del
settore degli autoveicoli, (in crescita di circa il 20%).
Il tema di una crescita discreta trainata dalla domanda interna è comune a tutta l’area euro. Da rilevare
che nel primo trimestre la crescita dell’area è stata superiore quella registrata negli USA ed in UK.
Performance maggiori mercati azionari, settimana dal 29 aprile al 6 maggio
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