seconda riflessione: dar da mangiare agli affamati

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Riflessione _ 2 …. Le opere di Misericordia Corporale
Dar da mangiare agli affamati
Dare da mangiare agli affamati (mangiare è un bisogno primario) significa, innanzitutto, che
ogni essere umano ha diritto al cibo per vivere.
Non fatevi incantare dalle teorie per cui siamo in troppi e non c’è cibo per tutti. Cibo ce n’è in
abbondanza, ma se un miliardo di persone vive affamato e due miliardi hanno un sacco di
problemi di salute perché mangiano troppo, evidentemente qualcosa non funziona!
Nel concreto, oggi lo Spirito ha suscitato iniziative molte diffuse sul territorio: dalle mense per
indigenti nelle città al Banco alimentare; spesso le parrocchie e le associazioni di ispirazione
cristiana sono quasi le uniche a muoversi.
Dar da mangiare agli affamati significa agire nell’immediato, ma anche per il futuro, intervenire
il prima possibile socialmente, politicamente, economicamente per cambiare le cose alla radice.
E non sto facendo politica: leggo il Vangelo.
Significa anche, in casa mia, educarmi ed educare al rispetto del cibo, alla parsimonia, alla
buona alimentazione.
Muovere guerra all’indigenza:
<<Produrre abbastanza cibo per tutti è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per la
sicurezza alimentare. Le persone non soffrono la fame perché il cibo non è disponibile, ma
perché non vi hanno accesso>>, afferma l’attuale direttore Generale della FAO e dice: le sfide
di oggi richiedono un nuovo approccio. Dobbiamo creare sistemi alimentari più sostenibili –
sistemi alimentari che producano di più, con minor danno per l’ambiente – sistemi alimentari
che promuovono un consumo sostenibile, perché tra un terzo e la metà di quanto produciamo
viene sprecato o perso.
L’indifferenza che uccide
Nutrimento e vita sono indissolubilmente legati. Quando manca uno viene meno l’altra. Circa il
12% dell’umanità è afflitto dalla piaga della fame, non per mancanza di risorse, ma – si sa – per
mancanza di equità nella loro distribuzione e condivisione.
La terra conta 7 miliardi di abitanti, e pur producendo cibo per 12 milioni di persone, vede
ancora afflitti dalla fame ben 800 milioni di individui: circa una persona su 9.
Le popolazioni dei paesi in via di sviluppo non ne necessitano di risorse particolarmente
sofisticate o costose per poter coltivare la terra e diventare autosufficienti. Un’adeguata
istruzione e piccoli interventi basterebbero per sconfiggere l’indigenza, causa delle denutrizione
cronica, la quale compromette seriamente lo sviluppo fisico e cognitivo, provoca ipovisione,
rachitismo, malformazione degli organi vitali e dell’apparato muscolo-scheletrico, affaticamento
permanente, depressione, difficoltà di concentrazione, deficit immunitario. E’ la principale
responsabile dei decessi nel paesi del Terzo Mondo.
Sono ancora circa 24.000 le persone che muoiono di fame ogni giorno; circa il 50% è costituito
da bambini sotto i cinque anni.
L’uomo soffre la fame, e così anche il suo habitat naturale, con il sovra-sfruttamento dei terreni,
il disboscamento delle foreste, l’impoverimento delle risorse ittiche e le minacce ambientali e
climatiche legate all’inquinamento.
Siamo al centro di un paradosso, in cui all’obesità e agli sprechi alimentari da una parte, si
affiancano la malnutrizione e la denutrizione dall’altra.
Nutrimento fisico, intellettivo e spirituale
Gesù insegna a pregare così: <<Padre nostro, dacci oggi il nostro pane quotidiano>> (Mt
6,9-11), mettendo a fuoco la necessità primaria per la sussistenza della vita: il mutrimento.
L’essere umano è costituito da corpo, mente e spirito e ha pertanto bisogno, per il suo sviluppo
integrale di essere alimentato con cibo materiale, intellettivo e spirituale.
Sono ancora in molti a sottovalutare la profonda saggezza racchiusa nell’insegnamento
cristiano. Ne cogliamo, ad esempio, la grandezza del memoriale che ne costituisce il cuore, la
sorgente e il culmine, e che nonostante tutto resta da troppi completamente incompreso: la
Messa. L’istituzione dell’Eucaristia da parte di Cristo, infatti, altro non è che l’invito a un
banchetto, nel quale ci viene offerto il miglior nutrimento possibile per un’esistenza dignitosa,
radiosa e bella.
Crediamo in un Dio che non è lontano, ma talmente vicino da potersi fare cibo per noi.
Mangiare è un atto simbolico. Significa innanzitutto mantenersi in vita e in connessione con
l’intero creato: alimentarsi, fisiologicamente, comporta il processo di ingerire, metabolizzare e
trasformare cibo che proviene in parte dalla natura e in parte dalla lavorazione umana di
elementi naturali.
Lavorare per procurarsi il cibo è un evento sociale. Cucinare e preparare da mangiare, poi, è
uno dei più grandi atti d’amore possibili. Significa “io voglia che tu viva”. Una madre non solo
prepara e dà da mangiare al proprio piccolo, ma – dal concepimento fino allo svezzamento –
essa stessa si fa nutrimento per il figlio. Come una madre, Dio si dà da mangiare per l’uomo: il
corpo di Cristo è il pane vivo disceso dal cielo (Cfr Gv 6,51) per sfamare l’umanità per l’eternità.
A tavola si intessono rapporti familiari; è il luogo della relazione e della condivisione. E
insieme alla componente relazionale, al cibo appartiene una qualità affettiva, di cui la moderna
epoca dei fast-food e dei take-away sta perdendo un po’ la consapevolezza, ma che ricopre un
ruolo fondamentale. Il dilagare delle problematiche legate ai disturbi alimentari (anoressia,
bulimia, obesità) è la dimostrazione più drammatica della connessione tra il nutrimento e
l’accudimento, tra il cibo e l’amore: elementi intimamente legati, entrambi indispensabili per la
vita.
Fame di altro. Fame di libertà:
Dio non solo ce lo fornisce, ma Egli stesso, proprio come fa una madre amorevole quando
allatta la sua creatura, si fa nutrimento per noi. Egli diventa il pane da cui ricevere la vita,
toccandolo, spezzandolo, mangiandolo, offrendolo. Ma che cosa sarebbe questo pane vivo,
questo pane “altro”, “nuovo”?. Nel disorientamento e nel bisogno dell’umanità, Dio si rende
accessibile – gratuitamente – e assimilabile: si offre come sostentamento indispensabile per la
nostra sopravvivenza. Prepara un banchetto – l’Eucaristia, una cena d’amore, come un
innamorato che ci attende a lume di candela – in cui viene servito all’uomo ciò che gli è
indispensabile per una vita degna di essere vissuta: la relazione e il nutrimento.
Al di fuori di questa esperienza, non c’è più vita, ma pura sopravvivenza. Dunque Dio sta
fornendo all’uomo gli strumenti per diventare pienamente se stesso, ricordando le proprie origini
(cfr Lc 22,19: <<Fate questo in memoria di me>>): nutrendosi della carne del Figlio di Dio,
l’uomo può ogni volta fare memoria del fatto di essere una creatura speciale, il figlio di un Padre
affettuoso e provvidente, che lo sostiene e lo incoraggia a spiegare le proprie ali, passando
dalla mentalità infantile del “consumatore” a una modalità adulta (responsabile, genitoriale) che
ha scoperto il segreto della felicità: percepire la propria esistenza come un tesoro prezioso da
donare agli altri. <<Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri
amici>> (Gv 15,13).
Gesù Cristo ci indica, con le parole e con l’esempio, come effettuare questo passaggio: di fronte
alla fame, al limite, al bisogno, alle carenze dei fratelli <<date loro voi stessi da mangiare>>
(Lc 13,9). Ecco perché la celebrazione dell’Eucaristia: solo mangiando e metabolizzando Dio –
il suo corpo, le sue parole, creature a sua immagine e somiglianza. Consumatori consumati
d’amore (Mt 10,8: <<Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date>>).
E tu, dove sei?
°
Sono consapevole di essere il figlio di un Dio che è re, sovrano provvidente dell’uomo e
della storia?
°
Faccio mia l’ansia di Dio, quella cioè che ogni vivente sia saziato di cibo, amore, fiducia
e speranza?
°
Sento di essere libero di donare il mio tempo, le mie competenze, la mia intelligenza, le
mie braccia agli altri, o sono schiavo dell’atteggiamento infantile di chi sa solo usare gli altri per
la sua gratificazione personale?
°
In che cosa potrebbe consistere la “fame” dei miei familiari? Quale potrebbe essere
quella dei miei amici, colleghi, conoscenti?