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Il Sole 24 Ore
Lunedì 18 Aprile 2016 ­ N. 106
20 Norme e tributi
FISCO
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Aziende. Prassi e dottrina semplificano il quadro ­ Restano le resistenze dei giudici
Imprese familiari, riassetto
senza riflessi per il fisco
La liquidazione
dei collaboratori
non ha rilevanza
tributaria
PAGINA A CURA DI
Giorgio Gavelli
pLe sistemazioni patrimo­
niali con cui, nell’ambito del­
l’impresa familiare, vengono li­
quidati i diritti di credito del col­
laboratore in particolari mo­
menti della vita aziendale non
hanno rilievo tributario. Diver­
samente dal reddito “ordina­
rio”, infatti, questi trasferimenti
vengono qualificati come ine­
renti alla sfera familiare e non a quella imprenditoriale, per cui
non determinano componenti positivi o negativi di reddito.
Queste conclusioni, che nel tempo sono state confermate
anche dall’agenzia delle Entrate
– mutando, a volte, precedenti posizioni – sono sicuramente utili in vista delle prossime di­
chiarazioni dei redditi e posso­
no oramai dirsi acquisite a livel­
lo dottrinale, come emerge dal recedente Studio n. 227­2015/T del Consiglio nazionale del No­
tariato, diffuso nelle scorse set­
timane. Più incerta, invece, la posizione della Cassazione.
Ma procediamo con ordine.
L’articolo 230­bis del Codice ci­
vile riconosce al collaboratore familiare un complesso di diritti
a tutela di un soggetto potenzial­
mente “debole” in assenza di al­
tre forme contrattuali, lavorati­
ve o societarie (Cassazione Se­
zioni unite, 23676/2014). La sua posizione, però, è rego­
lata nelle imposte dirette solo ai
fini della suddivisione del reddi­
to dell’impresa (articolo 5 Tuir).
Il legislatore, infatti, si è limitato
da un lato a stabilire che ai colla­
boratori, indipendentemente dalla percezione effettiva, non
può essere complessivamente riconosciuto più del 49% del­
l’importo e, dall’altro, a sotto­
porre l’apporto del collaborato­
re a precise condizioni, che si possono così sintetizzare:
e sottoscrizione, da parte del­
l’imprenditore e dei familiari partecipanti, di un atto pubblico
o di una scrittura privata auten­
ticata, anteriore al periodo di imposta e di natura dichiarativa,
da cui i familiari risultino nomi­
nativamente e in cui vi sia indi­
cazione del rapporto di parente­
la od affinità (senza che sia ne­
cessario predeterminare le ri­
spettive quote di utili);
r indicazione, nella dichiara­
zione dei redditi dell’imprendi­
tore (quadro RS), delle quote di partecipazione agli utili dei sin­
goli familiari con attestazione della proporzione tra tali quote e la quantità e qualità del lavoro prestato nell’impresa, in modo continuativo e prevalente; t analoga attestazione nella di­
chiarazione presentata da cia­
scun familiare.
Le prime questioni da affron­
tare riguardano l’ingresso del collaboratore e la sua uscita dal­
l’impresa familiare. In merito al­
la prima situazione (circolari
98/E/2000 e 101/E/2000):
1 se l’impresa viene avviata,
sin dalla sua origine, nella for­
ma di impresa familiare, il col­
laboratore partecipa al reddito
a decorrere dal medesimo peri­
odo d’imposta;
1 se una impresa già esistente diviene impresa familiare, l’ef­
fetto fiscale sui collaboratori si ha a decorrere dal periodo d’im­
posta successivo;
1 l’ingresso di un nuovo colla­
boratore in una impresa fami­
liare già esistente, produce ef­
fetti reddituali dal periodo
d’imposta successivo.
Per quanto riguarda, invece,
l’uscita del collaboratore,
l’Agenzia, con la risoluzione
176/E/2008, ha chiarito che la somma liquidata non ha rilevan­
za reddituale, per cui non va as­
soggettata a Irpef in capo al col­
laboratore e non costituisce, pa­
rallelamente, componente ne­
gativo deducibile dal reddito d’impresa (in senso contrario: Ctr Puglia n. 304/25/2010). Tut­
tavia, al collaboratore che cessa l’attività nell’impresa in corso d’anno dovrebbe essere attribu­
ita una quota di reddito propor­
zionale alla quantità di lavoro prestata nel periodo. Se l’impresa familiare di­
chiara perdite ai fini fiscali, es­
se non vengono imputate ai
collaboratori, ma sono riferibi­
li al solo titolare, con le modali­
tà ed i limiti di cui all’articolo 8,
comma 3, Tuir. Diversamente, con le stesse
proporzioni del reddito, ai col­
laboratori familiari vanno im­
putate le rispettive quote delle
ritenute d’acconto subite dal­
l’impresa (riattribuibili secon­
do il meccanismo di cui alla
circolare 56/E/2009) e, in li­
nea generale, dei crediti d’im­
posta maturati. FOCUS
Infine, in caso di accerta­
mento, l’intero maggior reddi­
to è richiesto al titolare (circo­
lare n. 6/9/207/1984 e Ctr La­
zio 1144/9/2014, contra Ctp
Reggio Emilia 384/3/2014 e Ctp
Trento 13/4/2013), unico sog­
getto nei cui confronti posso­
Imposta sostitutiva no essere irrogate le sanzioni
integralmente a carico del derivanti dagli atti impositivi
titolare. La circolare 10/E/2016 riferiti all’impresa.
ha ricordato che se l’impresa Nel complesso, spiccano
opta per il regime forfettario, molte differenze tra quanto de­
l’imposta è integralmente scritto e la disciplina fiscale
dovuta dal solo imprenditore, tanto delle società di persone,
come del resto accade nel quanto degli studi associati per
regime dei minimi. In questi l’esercizio dell’attività profes­
casi i collaboratori non sionale, ricordando che l’isti­
compilano il quadro RH del tuto dell’impresa familiare
proprio modello Unico, anche non è configurabile nell’ambi­
se la quota parte di reddito loro to del lavoro autonomo (riso­
spettante rileva ai fini luzione 9/320/1986).
dell’applicazione delle © RIPRODUZIONE RISERVATA
detrazioni per carichi di famiglia e della IN ESCLUSIVA PER GLI ABBONATI
determinazione dei contributi Circolari e pronunce citate
previdenziali (quadri RR).
Con il forfait
paga il titolare
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I punti chiave
ENUNCIAZIONE DELL’IMPRESA FAMILIARE
Bisogna distinguere il momento rilevante:
8 se l’enunciazione è contemporanea alla nascita dell’impresa,
l’effetto fiscale è immediato ed il collaboratore partecipa sin
dall'inizio alla suddivisione del reddito;
8 se l’enunciazione è successiva all’avvio dell’impresa, l’ingresso del
collaboratore ha effetto, ai fini fiscali, dal periodo d’imposta
successivo
INGRESSO DI UN ALTRO COLLABORATORE
Nel caso di ingresso di un nuovo collaboratore, la decorrenza ai fini
della ripartizione del reddito si ha dal periodo d’imposta successivo
a quello del suo ingresso
USCITA DI UN COLLABORATORE
Nell’ipotesi di uscita di un collaboratore dall’impresa familiare:
8 la liquidazione della quota non ha rilievo fiscale;
8 va attribuita la quota del reddito di periodo
PERIODO D’IMPOSTA IN PERDITA FISCALE
Se un periodo d’imposta si chiude registrando una perdita fiscale,
l’intera perdita va attribuita al titolare e non si ripartisce in quota ai
collaboratori
CESSIONE DELL’AZIENDA
Nell’ipotesi di cesione dell’azienda familiare:
8 l’intera plusvalenza va dichiarata (a tassazione ordinaria o
separata) in capo al titolare;
8 il reddito di periodo va suddiviso tra il titolare e il collaboratore
familiare
CONFERIMENTO DELL’AZIENDA IN SOCIETÀ
Nell’ipotesi della cosiddetta trasformazione dell’azienda in società,
o più propriamente del conferimento (ad esempio nella Srl di
famiglia):
8 l’intera partecipazione corrispondente all'impresa è riconosciuta
in capo al titolare;
8 l’eventuale liquidazione dei diritti è irrilevante fiscalmente (ma
può essere utilizzata per il conferimento da parte del collaboratore
che vuole divenire socio)
TRASFERIMENTO GRATUITO
In caso di successione e/o donazione, la neutralità
e continuità fiscale previste dal Tuir si applicano anche
nel caso in cui erede o donatario sia un collaboratore familiare:
l’azienda è assunta agli stessi valori fiscali
riconosciuti al dante causa
Vicende straordinarie. La «trasformazione» in Srl
Parificati la cessione
e il conferimento
pCome “gestire” fiscalmen­
te la posizione del collaborato­
re familiare in presenza di mu­
tamenti riguardanti l’azienda, quali cessione, conferimento o successione/donazione? L’assenza di una disciplina specifica ha creato, nel tempo,
una varietà di comportamenti differenti, che solo recente­
mente sembra aver trovato so­
luzioni definitive. Riguardo al conferimento
in società (tipico quello nella
Srl “di famiglia”, talvolta defi­
nito, impropriamente, “tra­
sformazione”), con la circola­
re 320/E/1997 e con la risolu­
zione 233/E/2008, il fisco ha af­
fermato che l’intera plusvalenza è da riconoscere integralmente in capo al titola­
re, per cui se egli liquida ai col­
laboratori familiari le loro spettanze in base all’articolo
230­bis del Codice civile, tali somme non hanno rilevanza fiscale né per chi le paga né per
chi le riceve. Peraltro, l’even­
tuale plusvalenza rimane la­
tente sino alla cessione della partecipazione: articolo 176 del Tuir, comma 2­bis.
Più sofferta è stata la defini­
zione del trattamento della plusvalenza emergente dalla cessione dell’azienda. Le istruzioni a Unico (quadro RM) lasciavano (e lasciano tuttora) intendere che si tratti di un componente da dividere tra il titolare e i collaboratori familiari, con autonoma scelta
per la tassazione separata in presenza dei requisiti previsti.
In questo senso, peraltro, si è espressa anche la Corte di cas­
sazione (sentenze 10017/2009 e 21535/2007) e, anni fa, anche
la stessa amministrazione fi­
nanziaria (nota 984/1997), per
quanto quest’ultimo docu­
mento individuasse un crite­
rio di ripartizione del plusva­
lore quasi impossibile da de­
terminare concretamente: si
sarebbe trattato di attribuire ai
collaboratori la quota di plu­
svalenza in proporzione alla quantità e alla qualità del lavo­
ro da essi prestato per l’intera durata del rapporto, rendendo
così necessaria una ricostru­
zione storica che, nella pratica,
non veniva mai effettuata.
Probabilmente per questo,
con la risoluzione 78/E/2015,
l’Agenzia ha sposato la tesi del­
la rilevanza integrale della plu­
svalenza in capo al solo titola­
re (a tassazione ordinaria o se­
parata), per cui ogni eventuale
attribuzione del corrispettivo al collaboratore non costitui­
sce reddito imponibile. Diventa sempre più chiaro –
nonostante le istruzioni di
Unico non aiutino – che, alme­
no per il fisco, le attribuzioni patrimoniali che rappresenta­
no la liquidazione dei diritti di credito maturati dai collabo­
ratori familiari, al di là della
mera ripartizione del reddito ordinario di periodo, sono “movimenti” che avvengono nell’ambito della famiglia e non dell’impresa, per cui, an­
che ove fossero rappresentate contabilmente, non hanno al­
cun riflesso nell’ambito del­
l’imposizione diretta. Il che,
peraltro, può costituire un aspetto non certo secondario
in una serie di situazioni, co­
me, ad esempio, un accerta­
mento da redditometro sul fa­
miliare ex collaboratore. Infine, la regola (dettata dal
comma 1 dell’articolo 58 del
Tuir) secondo cui il trasferi­
mento di azienda per causa di
morte o per atto gratuito non
costituisce realizzo di plu­
svalenze, e l’azienda è assun­
ta ai medesimi valori fiscal­
mente riconosciuti nei con­
fronti del dante causa, si ap­
plica, ovviamente, anche
quando erede o donatario è il
collaboratore familiare.
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