N° 23 del 14/06/2008

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Transcript N° 23 del 14/06/2008

R O C C A DA S P I D E
B A T T I PA G L I A
A GROP OL I
C A PA C C I O
E BO L I
All’interno:
N uovo numero de
“Il Valcalore”
Accordo al comune:ora a
sciegliere deve essere il Pd
“Avvisati” in 5 per lo
sciopero dell’ospedale
Il personaggio:
Biancaluna Bifulco
Scandalo da 23 mln di euro
a San Nicola Varco
CALABRESE a pag. 2
G. SCANDIZZO a pag. 10
LERRO a pag. 5
VOZA a pag. 13
Ann o X n°23 www.unicosettimanale.it - 14 giugno 2008 € 1,00
Editore: Calore s.r.l. Sede Legale: Via S. Giovanni, 86 - Villa Littorio - Laurino (Sa); Sede Redazionale: Via della Repubblica, 177 - Capaccio-Paestum (Sa) - Poste Italiane - Spedizione in a.p. - 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96 - Dir. Com. Business Salerno -Abb. annuale 25,00€
CAPACCIO. Il tabacchificio
sospeso tra passato e futuro
ABBIAMO
STRAORDINARIO
Dibattito il 14 giugno
Si esibisce ad Agropoli e parla di Paestum
di Bartolo Scandizzo
Quando lo scontro, anche duro,
sfocia in un confronto, anche serrato, vuol dire che la democrazia fa
sfoggio della sua faccia migliore.
Questo è il caso della vicenda che
ha come protagonisti il “tabacchificio” di Paestum, situato in contrada Cafasso,
da una parte, e
un congruo numero di comprimari,
dall’altra.
La
vecchia
struttura industriale ha una
storia e una
sua peculiare
architettura.
Nell’ambito
urbanistico di
Capaccio Paestum sta l’oggetto del contendere
tra la proprietà, il Comune, la Provincia e il comitato civico. Quest’ultimo ha assunto il ruolo di
pungolo nei confronti dei primi tre
soggetti che, per quell’edificio, ha
ipotizzato soluzioni diverse e
aperte al contributo della società civile.
Sabato 14 giugno, è un giorno particolare per il destino del “tabacchificio”. È un giorno importante
anche per come deve procedere il
confronto tra i legittimi portatori
d’interesse che presidiano il territorio. Infatti, tutti i soggetti interessati alla vicenda sono chiamati a
confrontarsi su come e cosa fare
del patrimonio “volumetrico” di un
corpo edilizio che potrebbe risolvere molte delle carenze strutturali
del territorio (spazi espositivi, sale
convegni, corsi post e para universitari, ostello della gioventù...).
Il tavolo che si aprirà, manco a
dirlo all’interno del “tabacchificio”, potrebbe consentire, nella cornice di un serio e civile confronto,
di analizzare ipotesi anche alternative tra loro.
Dall’evento, potrebbe scaturire un
approfondito esame delle idee in
concorso, necessario per arrivare
ad una soluzione ideale che riscontri un generale parere favorevole.
Tenendo conto degli interessi specifici di ogni parte, si può individuare la via d’uscita dal labirinto
burocratico in cui ci si è cacciati.
continua a pag. 4
CHAD WACKERMAN,
BATTERISTA DI ZAPPA NEGLIANNI’80
INCONTRATO
Intervista di Giuseppe Di Spirito e
Giuseppe Scandizzo a pagina 22
MIRACOLI MARIANI
A Palomonte guarisce dai tumori
ROSOLIA a Pag. 7
ALBANELLA, TUTTO IL PAESE
DIETRO ALLA STATUA DI FATIMA
“Provocazione” a Basso dellʼOlmo
Articoli a pag. 5 e 6
CAPACCIO
di Oscar Nicodemo
Tra le tante cose dette o scritte su
Paestum, una, in particolare, mi è
rimasta nella memoria. Si tratta di
un’esternazione estemporanea,
partita quasi d’istinto, dall’animo
ingenuo e quieto del “capitano”: il
favoloso parcheggiatore di Paestum, così omaggiato per via del
suo berretto da marinaio che, in
qualche modo, gli conferisce “l’ufficialità” del compito assunto. Il
buon uomo si chiama Claudio,
conferisce colore al luogo e si è
adeguato con naturalezza alla solennità che vi aleggia. Se qualche
buon pensante da strapazzo lo liquidasse come un “abusivo”, si
sfiorerebbe il paradosso più contrario al comune senso della ragione.
L’esercizio del parking man è filosoficamente regolarissimo, quanto
legalmente illecite sono talune costruzioni e attività all’interno dell’area archeologica.
“Piesti nun appartene a nisciuno;
si era re coccruno già s’avìa vennuta!” - ebbe a dire, semplicemente, il “comandante in campo”,
continua a pag. 12
In edicola
“Apre” l’Officina del marinaio il (nuovo libro di Sergio Vecchio) il 13 giugno
Venerdì 13 giugno ore 19.30, la presentazione del libro di Sergio Vecchio
“L’Officina del Marinaio”, nello
spiazzo antistante la nuova sede della
Bcc di Aquara, a Capaccio Scalo. La
Bcc di Aquara ha contribuito volentieri alla realizzazione di questo libro
perché: “…di lui abbiamo imparato
ad apprezzare la semplicità degli atteggiamenti e la profondità del messaggio artistico. Chi entra in rapporto
con Sergio si arricchisce della particolare umanità che tracima dal personaggio che è esposizione di
emozioni sempre positive…” Sono le
parole che usa Antonio Marino nel
Paestum
vendesi
presentare “Il Sogno di Sergio”. La
realizzazione di questo libro è un ennesimo gesto d’amore che l’autore ha
nei confronti del suo paese. L’autore
fa parlare i “non eroi” che hanno costruito la storia dei beni culturali e
materiali di Capaccio-Paestum. “Sergio ha Paestum dentro di sé così come
Alfonso Gatto si è sentito Salerno
e…” - Così Francesco D’Episcopo
introduce il libro del maestro. – L’itinerario artistico, che si estende lungo
un percorso accidentato, deriva dalla
volontà di assecondare le molte anime
dell’antica civiltà nel rispetto delle
proprie radici. Sergio Vecchio, da archeologo dell’anima, mira con mezzi
sempre più essenziali ed evidenti ad
individuare e ad isolare i simboli di
un’armonia perduta…
G.C.
ABBONAMENTO ANNUALE UNICO: Italia €25,00, Estero € 90,00 intestato a Calore s.r.l.
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Battipaglia
2
N°23 14 giugno 2008
Accordo: la palla ora passa al Pd
Barlotti e Zara si beccano a colpi di manifesti in attesa del bilancio
Quarantotto ore. Questa la richiesta
fatta dal Pd al Sindaco il 26 maggio
scorso. Quarantotto ore per poter discutere con i propri iscritti delle modalità
e
delle
prerogative
dell’ingresso in maggioranza del
Partito Democratico. Quarantotto ore
che sono diventati però dieci giorni,
e che stanno giorno dopo giorno indebolendo sempre più il patto siglato
proprio nel consiglio comunale del
26 maggio.
Un’assemblea degli aderenti al Pd,
dovrebbe svolgersi nei prossimi
giorni in città. Tanti ancora gli interrogativi di carattere politico e burocratico, che rischiano però di
infondere preoccupazione nell’ambiente del partito di Veltroni. L’accoglimento degli emendamenti al
bilancio che il Pd presenterà nella discussione del consiglio comunale di
lunedì prossimo, dovrebbe spianare
la strada all’intesa, ormai in fase di
definizione.
Intanto, continua in città la guerra a
colpi di manifesti tra il sindaco e gli
ex alleati del Pdl, con Zara in testa.
Da par loro gli uomini di Berlusconi
lo accusano di aver tradito il voto
degli elettori - dandogli addirittura
del… Badoglio(!) - accordandosi
con gli avversari del Pd. Come da
copione, non si è fatta attendere la risposta del Sindaco, che prima durante l’assise cittadina, e poi
A parer mio
attraverso un manifesto affisso in
città ha dichiarato: «non posso riconoscermi in un Partito che non garantisce a tutti i suoi iscritti eguale
dignità; né posso identificarmi in uno
schieramento che in virtù di chissà
quale canone, mi chiede di abdicare
nei fatti al mio ruolo di Sindaco, per
lasciare il timone ha chi ha scelto di
fare della tracotanza e della prepotenza l’unico modo di confrontarsi.
– ha continuato Barlotti - Non intendo sottostare ai diktat e le imposizioni di dirigenti provinciali, che
pretendono di designare loro, dall’alto della loro presunta autorità i
nomi della Giunta: ovvero di chi dovrebbe tradurre nei fatti le ragioni
per le quali sono stato eletto a governare». Il clima, perciò, continua ad
essere avvelenato e non si intravedono spiragli di miglioramento. Ciononostante, Barlotti si dice ancora
convinto di “poter guardare negli
occhi i cittadini di Battipaglia” e che
di Ernesto Giacomino
Operazione San Gennaro
“Se stiamo insieme ci sarà un perché”, cantava il Cocciante negli anni
’80 (con una dedica velata al suo
commercialista, che già studiava
come fargli fregare il fisco). E però,
poi, continuava: “e vorrei scoprirlo
stasera”. Come dire: ansioso, lui. Impaziente. Peggio: petulante.
In realtà il fatto del perché e percome stare insieme viene invece
fuori alla distanza, altro che chiacchiere. Motivazioni che oggi appaiono sacrosante e inoppugnabili
domani potranno essere vacue e
inefficaci. E viceversa.
Il sindaco Barlotti anni fa era un
uomo di destra: ma non una destra
così, ambigua, messa in mezzo giusto
per fare da canale di sverso del liquame altrove rifiutato, giudicato e
condannato. Nossignori: lui era nell’orgogliosa corrente dei residuati
della destra storica, quella dei balilla
e dei fez, del credere-obbedirecombattere, dell’Almirante buonanima e del di colui Fini-gliol prodigo.
Quella destra che magari l’Africa non
s’occupa più, ma nemmeno si dà
un’occupazione agli africani. Sull’altro
fronte, invece, c’erano certi bei comunisti che una volta erano proprio
isti-isti, bandiera rossa la trionferà, oh
bella ciao-ciao-ciao, cresciuti a proclami e manifesti e tressette in sezioni e collettivi; quelli che al governo
cittadino non ci sarebbero giammai
saliti senza prima una rivoluzione, un
colpo di stato, un colpo di sonno,
un’insurrezione proletaria: sia pure
mezza o un quarto o minima, non
dico a bottiglie molotov ma almeno
a bottigliette di gassosa o spuma Viviani. Poi, ecco qua, esce in mezzo
questa frase patriottica da farti scattare in piedi mano in petto a cantare
l’inno nazionale: “il bene della città”.
Tipo un jolly a poker, una matta a
sette e mezzo, l’asso pigliatutto che
toglie ai ricky per dare ai martin. Una
cosa che ti capita fra le mani e la fai
valere quanti punti vuoi: dieci, uno,
zero, mille. Un partito, una corrente,
un’ideologia. Una, due, tre cucozze.
Tutto il cucuzzaro.
Tanto che la sinistra ex rossa, ora
arancione, e per un attimo stinta
pure da un bianco amorfo di margherita, per via di questo sovrano interesse collettivo ora pare tendere
la mano a un ex uomo di quella destra nera riverniciata d’azzurro. Risultato: un arcobalera. Peggio: un
arcobalena. Arenata dalla nascita, per
cui hai voglia a invocare l’intervento
di Greenpeace. Ma per un ideale superiore si prova questo e altro: si
cambiano casacca e calzoni, amici e
camerati, baracca e burattini. Si cambia non solo bandiera ma pure l’asta,
e l’oste, si modera l’astio, e si mangia
l’astice perché non c’è scampo: senza
maggioranza sei in bilico come la
Torre di Pisa, sei quindi pendente, e
qui indipendente. Una via di mezzo
fra un giornalista free-lance e un
atleta free-climbing, fra un eremita e
un maronita, fra un lupo solitario e
un Lapo accerchiato (in uno dei suoi
soliti momentacci di trans…izione).
Tanto, l’indipendenza si tira dietro
l’innegabile vantaggio di fare quel ciufolo che ti aggrada e allearti con chi
vuoi, pure col tuo avversario storico.
Non bastasse, poi, pochi lo sanno ma
c’è in programma tutta un’altra caterva di consultazioni con le fazioni
più disparate, pur di conquistare quel
fatidico “+1” che abilita a deliberare.
Dopo il Pd e i consiglieri sciolti, infatti, pare che lunedì sarà la volta
della nazionale di pallamano del Burkina Faso. Martedì toccherà alle
suore Orsoline di San Carlo, e all’indomani sveglia all’alba per incontrare
i lupetti dell’Agesci prima che partano per il campo estivo. Le interrogazioni si chiuderanno sabato, con
l’incontro con l’intero cast dell’ultimo capolavoro di Siffredi, seguito da
una colazione di lavoro con lo staff
della base spaziale di Houston e con
gli attivisti del Circolo di Pesca
“Amici di Sampei”. Perché poi alla
fine è vero: la città non è di un solo
uomo (ma di almeno tre o quattro,
direi io: di cui un paio tranquillamente papabili per i domiciliari). Voglio dire: è questa, la frase messa per
titolo a un manifesto recente, no?
Nel corpo, peraltro, possono essere
lette anche tutta una serie di considerazioni e riflessioni su quest’annata
di dissidi e schiattigli, e giustificazioni
e motivazioni, con un’auto-lode per
l’inesistenza in città di un’emergenza
rifiuti e per i progressi della differenziata. Poi, vabbe’, non ho potuto leggere altro: la parte di sotto era
coperta da una catasta di sacchetti di
plastica e lattine.
“la città non è mai di un uomo solo”,
– slogan utilizzati in campagna elettorale e, a suo dire, principi che guidano la sua azione – almeno fino al
nuovo consiglio comunale, ci verrebbe da aggiungere...
Valerio Calabrese
Il centro
indifferenziato
E’ su tutte le furie l’assessore all’ambiente del Comune di Battipaglia, Antonio Amatucci. Il problema
che lo attanaglia da qualche mese a
questa parte, riguarda la raccolta
differenziata nel quartiere centrale
della città. Il centro, infatti, anche a
causa della propria conformazione
morfologica, non raggiunge una
quota soddisfacente di rifiuti differenziati. «Nei quartieri periferici
raggiungiamo anche il 65% di raccolta differenziata - ha commentato
Amatucci -, cosa che invece non si
riesce a fare in centro». Situazione
divenuta non più sostenibile anche
a causa della cattiva qualità di frazione umida conferita dal Comune
della piana del Sele agli impianti di
compostaggio del nord Italia. Si
sono toccate punte di resistenza da
parte della cittadinanza allo sviluppo della raccolta differenziata tali
che qualche settimana fa in un cassonetto per l’organico è stato rinvenuto addirittura un passeggino. «Il
problema è soprattutto culturale, ha continuato l’assessore - i cittadini vanno responsabilizzati, il ruolo
dell’Amministrazione è quello di offrire il servizio e renderlo funzionante, ma è necessario l’impegno di
tutta la popolazione. Abbiamo invitato i cittadini residenti nel quartiere centrale a predisporre delle
micro-zone, all’interno o nelle immediate vicinanze dei propri palazzi,
dove allocare i cassonetti di uso
esclusivo, così da controllare e perseguire adeguatamente chi non collabora». Per questo l’assessore,
recependo la proposta dell’associazione culturale Aut Aut, di organizzare periodicamente degli incontri
con i cittadini del centro, al fine di
sensibilizzare e promuovere la cultura della raccolta differenziata. Intanto, è stata individuata nei pressi
del cimitero cittadino, l’area in cui
sarà realizzata l’isola ecologica di
Battipaglia. Il problema ora è reperire i fondi necessari alla realizzazione dell’importante infrastruttura,
che visti i tempi di magra e gli interrogativi sull’approvazione del
prossimo bilancio, non sembra essere un problema di secondo ordine.
Va. Ca.
Eboli
N°23 14 giugno 2008
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I numeri dell’amministrazione Zelig
Gaffe e gof faggini senza fine
Peggio di Donadoni con Van Basten,
dell’Italia con l’Olanda, del “killer”
Chiellini che ha demolito mezza difesa azzurra. Per Melchionda si è
chiusa la settimana delle grandi gaffe.
Sono passati tre anni, dalla sua elezione a sindaco. E l’assessore Palladino ha scoperto che in piazza della
Repubblica, in quella notte trionfale
“c’era meno gente che alla Grande
Bufala”. E’ forse l’unica verità esclamata in tre anni. Per il resto, solo gaffe
e goffaggini. Numeri da brividi, bugie
senza sosta, tanta inutile propaganda.
Fatto salvo l’assessore Francesco
Bello, impegnato con i giovani ebolitani in numerosi progetti, con pochi
euro, praticamente nulla rispetto ai
bancomat politici di un tempo, della
giunta Melchionda non c’è traccia. Invero, la settimana se l’è conquistata
tutta il sindaco, con la sua ridicola
boutade: “Alle armi, alle armi, hanno
assalto il cantiere del centro commerciale a San Nicola Varco”.
La grande bufala di Melchionda viene
tosto smentita. Da tutto il mondo istituzionale. Il più deflagrante è il prefetto di Salerno: “egregio sindaco, ma
cos’hai visto, ma quali lucciole e lanterne hai preso? L’assalto al cantiere
non c’è mai stato”. Firmato, non si sa
con quanta stima, Claudio Meoli, prefetto di Salerno. La seconda smentita
arriva dai carabinieri, trattati a pesci in
faccia dal sindaco: “Non sappiamo
cosa ha visto il sindaco, ma al cantiere
non è accaduto niente”. Nel mercoledì
nero di Melchionda, un 4 giugno da
Caporetto, arriva la smentita anche
della Cgil: “Ma dove l’ha vista quest’assalto al cantiere, il sindaco Melchionda?”. Firmato, Anselmo Botte.
Quarta smentita, dagli operai del cantiere: “noi aggrediti? Ma chi l’ha detta
sta cosa? E’ un’invenzione di sana
pianta”. Gli bastava chiamare il 118 o
i carabinieri, per evitare la figuraccia
dell’anno. Sindaco emotivo, troppa
fretta, gaffe garantita. Il 5 giugno arrivano le reazioni politiche. Del Pdci, di
Gerardo Rosania (“costola” di Rifondazione), dei giovani di Rc (non pervenute le reazioni dei dirigenti del
partito, imbarazzanti, muti, imbavagliati). Melchionda incassa “complimenti” e sfottò: “stai diventando
xenofobo come Calderoli” dichiarano
i giovani rifondati. “Per una padellata
in faccia, Melchionda ha scatenato
una guerra contro i fantasmi. Piuttosto
non dimentichi i problemi di sicurezza
in centro” afferma Rosania. Di grande
bufala mediatica “per giustificare lo
sfratto degli extracomunitari” parlano
i comunisti italiani, Santimone e Del
Vecchio. Il giorno dopo, la macchina
propagandistica comunale torna in
moto, come se non ci fossero state
gaffe: “raddoppiamo le telecamere,
triplichiamo i vigili urbani, quadruplichiamo i nostri sforzi”. Le telecamere?
Il primo set, promesso 10 anni fa, non
è ancora in funzione. E c’è chi, con
stupida faccia tosta, continua a promettere l’impossibile. Nel frattempo,
la rotatoria all’ingresso di Eboli è ancora in alto mare. “La consegneremo a
fine giugno” la promessa dell’assessore Campagna. Non ha precisato
l’anno, l’esponente socialista. Eppure
tutti avevano capito giugno 2008, non
2018. Dovevano partire i lavori per la
salita in ospedale, per la piazza nuova
in ospedale, per l’area verde e tante
belle cose promesse.
Dovevano partire. I lavori. Non s’è
vista mezza pala meccanica. In compenso, la capitaneria di porto ha effettuato un blitz in fascia costiera. Ed
Eboli ha fatto la figuraccia del paese
più abusivo da Salerno a Sapri: 250
violazioni. Il sindaco si consola:
L e Pa g e l l e
Festa di San Vito, non
c’è stato il contributo
obbligatorio dei
consiglieri comunali.
E’ iniziata la festa di San Vito. Con 10
mila euro e nemmeno un contributo
dei consiglieri comunali. L’inizio è
stato molto paesano, da sagra scolastica. Remo Mastrolia canta già vittoria, i colleghi politici lo
assecondano. Con Simone Schettino
e Riccardo Fogli qualcosa cambierà?
Nella speranza che non resti una
mera speranza.
Mimmo Maglio, voto 3: l’assessore alla cultura non commenta e
non ribatte alla cancellazione di Vissi
d’Arte. Non ribatte e non smentisce
la cancellazione del teatro sotto le
stelle a Sant’Antonio. A fargli la pagella è l’ex sindaco Rosania: “Ci avviamo a un’estate di cantanti
nazional popolari, di musica e musichetta in piazza, smarrendo il concorso lirico internazionale”dice
Rosania. Maglio non risponde. La
teoria del silenzio è inquietante. Le
facce imbarazzate a Palazzo di Città
sono sconfortanti. Ohi vita, ohi vita
mia...un’estate per palati fini, a Eboli.
Aspettando Eburum Eboli, l’assessore alla cultura incassa, silente, la
prima bocciatura.
Sindacati ospedalieri, voto 2:
protestano per il mancato arrivo
degli infermieri. Ma di fronte all’accorpamento dei reparti, solo Vito
Sparano e Peppe D’Elia (voto 7) trovano il coraggio di alzare la voce.
Tutti gli altri sindacalisti temono l’iraconda reazione del direttore sanitario, Mario Minervini.
E in affannosa fuga dalla sua ombrosa
sfuriata, i sindacalisti si affrettano a
precisare: “a noi sta bene l’accorpamento dei reparti. L’abbiamo firmato
il piano organizzativo, siamo con Minervini”. Per la serie, combattiamo
l’Aids, ma senza preservativi. Ipocrisia monstre, fare i sindacalisti così è
penoso, prostrante, umiliante. Per se
stessi. Per la propria dignità. Per
quella dei malati. E dei pazienti in attesa di un intervento. Cambiate mestiere.
Assessore alla sicurezza, voto
3: promette nuovi vigili urbani, ogni
settimana. Annuncia nuove telecamere, ogni sabato sera. Si gonfia il
petto a ogni incontro pubblico. Ma
combina poco, più nulla che poco. Il
sindaco Melchionda, contento lui, va
fuori binario (voto 3) su San Nicola
Varco. L’assessore alla sicurezza non
se la passa meglio con gli atti vandalici contro i negozianti, contro la fontana chiusa sotto il comune, con le
risse impunite in via Nobile, con
un’isola pedonale o troppo esagerata o pavidamente assente.
di Francesco Faenza
Vittorio Bonavoglia, barman,
voto 8: da sette anni svolge la sua attività con un’impalcatura davanti al
negozio, sul marciapiede pubblico,
nell’indifferenza dei politici che frequentano il palazzo di fronte, il comune di Eboli. I lavori sono privati,
lo scempio è pubblico e madornale.
L’amministrazione comunale così attenta alle passerelle e alle sfilate pubbliche non si scuote di fronte a una
vergogna così evidente. Nel frattempo, solitario ma testardo, Bonavoglia continua la sua protesta. Dà
mandato all’avvocato. Trascina tutti
in tribunale. La speranza è che di
fronte alla finta impotenza dei politici, la giustizia si esprime rapidamente.
Vincenzo Della Corte, voto 8:
porta la Sisley in serie C1, la Benetton in serie C2 di calcio a 5. A Eboli,
sui campetti sintetici e sul tartan, si
dimostra il miglior manager in assoluto. Due promozioni nello stesso
anno, solo al primo Berlusconi che
comprò squadre di calcio, basket,
rugby e pallavolo, a Milano, riuscì
qualcosa di simile. Lui, timido, ringrazia e passa all’incasso del successo.
L’anno sportivo che verrà, però, sarà
tutto in salita. Per due campionati
così non sono necessari tutti i soldi
di Berlusconi, ma un bel conto in
banca rischia di prosciugarsi. In
bocca al lupo e complimenti.
“hanno sequestrato anche una fioriera”, senza dimenticare che nel giugno nero di Melchionda, il primo
cittadino aveva dichiarato: “l’inchiesta sui rifiuti non si doveva fare, è storicamente sbagliata”. Figuracce e
stupidaggini non hanno fine. E così, la
bufala sulla grande bufala “abbiamo
contato 50 mila visitatori” regala sorrisi e ilarità. L’altra bufala, davvero
grande, riguarda la differenziata:
“siamo al 67 per cento (calcolata
come?) in un mese”. Dimenticati interi quartieri periferici pieni di rifiuti,
il sindaco di Campagna (Biagio
Luongo) che urla: “Melchionda controlla i tuoi cittadini, vengono a scaricare da noi i rifiuti, a Campagna”. In
centro, nei pressi delle campane della
differenziata, gli ebolitani scaricano di
tutto. Sui marciapiedi, il martedì, il
giovedì e il venerdì non si passa, per i
rifiuti ammassati. E dopo un mese, ci
vengono a raccontare la grande bufala
del 67 per cento di differenziata raccolta. Peggio di Donadoni e dell’Italia, di Barzagli che non difende e di
Toni che non segna. In largo Pastrana,
“sotto” al comune, hanno di nuovo
sfasciato la fontana senz’acqua. Per la
prossima estate è saltato il concorso lirico internazionale, Vissi d’Arte.
Lo facevano gli ex assessori Capaccio
e Santimone. Troppo sovversivi. Ora
che c’è il Pd...è l’ora di Nico D’Amato
e dei musical un tantino stonati. Il comune è circondato da scempi.
Pastrana è vandalizzato, di fronte a
Palazzo di Città c’è un’impalcatura da
sette anni (sono cinque, risponde il
proprietario) per lavori privati mai
conclusi. Uno scempio che non scuote
le ovattate stanze del potere. Per la
festa di San Vito, Remo Mastrolia ha
chiesto 10 euro a tutti i consiglieri comunali, mai immaginando una risposta così taccagna dei suoi colleghi. La
festa di San Vito è iniziata, senza il coraggio di replicare l’isola pedonale,
questa volta annunciata, ridotta d’orario, ma abortita alla fine. Poca convinzione, era andata troppo bene con
la grande bufala. Nel quartiere del comune (scuola Ripa, piazza Tito F. Silvano, via San Berardino) manca la
corrente elettrica 20 sere al mese. Il
buio dominante la dice tutta, sui programmi politici. Ci vorrebbe un’altra,
una nuova giunta. Sarebbe la sesta.
Peggio del nulla realizzato in questi tre
anni, è difficile fare. In questo marasma politico, di gaffe e goffaggini, il
Pd si avvia a celebrare il suo primo
congresso cittadino, con cinque correnti, cinquanta avversari, pronti tutti a
dichiarare lealtà e amicizia reciproca
e retorica. Incapaci, poi, di eleggere un
banalissimo difensore civico.
E’ notte fonda. Peggio dell’Italia di
Donadoni. Troppo lontani dall’Olanda
e dalla lezione di calcio ricevuta.
Francesco Faenza
Sele
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N°23 14 giugno 2008
1934 nasce la diga su Sele e la Piana cambia volto
165 metri di lunghezza per 20 di altezza è ancora un gioiello dell’ingegneria idraulica
“Qui dove nel piano malarico / errava il pastore tra l’accidia e la morte
/ le regolate acque del Sele / per la
ferrea volontà del governo fascista /
creano oggi la vita / la ricchezza di
messi e braccia italiche / la fede nell’avvenire“. Queste il testo dell’epigrafe appositamente preparata e letta
dal Principe ereditario Umberto di
Savoia. Parole cariche di suggestione
e gonfie di retorica, che risuonarono
nell’aria di Persano in una torrida
mattina di inizio estate. Domenica
primo luglio, per l’esattezza, anno del
Signore 1934. Si inaugurava ufficialmente un tassello della nuova Italia
fascista, la diga di sbarramento sul
fiume Sele. 165 metri di lunghezza
per 20 di altezza, la nuova opera
aveva lo scopo di elevare il livello
dell’acqua nel bacino artificiale e rendere così possibile, attraverso due canali principali, un sistema di
irrigazione che si diffondeva attra-
verso la Piana del Sele e la zona di
Battipaglia-Eboli. Costo complessivo
dell’operazione 120 milioni di lire del
tempo . «L’atto fondamentale della
formidabile opera di bonifica che affranca per sempre dal flagello della
malaria la vasta piana di Paestum e
di Eboli, redenta finalmente alle colture feconde -annotava puntuale il
settimanale Idea Fascista, voce ufficiale del fascio salernitano- Questa
grandiosa opera rappresenta un
vanto per l’ingegneria italiana, realizzata interamente con macchinari e
materiali rigorosamente italiani».
Come rigorosamente italiani erano
pure i sette operai che ci lasciarono le
penne durante gli imponenti lavori…
La costruzione della diga di sbarramento sul Sele mutò completamente
il volto di quella zona.
Un processo di interazione ambientale che portava i nomi del barone
Ricciardi, della Società anonima delle
Bonifiche (S.A.B.) dell’ingegnere
Antonio Valsecchi e del senatore
Mattia Farina. A giocare un ruolo fondamentale nell’intera operazione fu
proprio Farina, vero nume tutelare
della politica provinciale, figura che
incarnava la continuità fra lo Stato liberale ed il nuovo regime fascista.
Ma torniamo al racconto della spettacolare cerimonia di quella mattina di
settantaquattro anni fa. Ammassati
sugli spalti che circondavano le anse
del fiume migliaia
di spettatori e tanti,
tantissimi giovani
in rappresentanza di
tutti i Fasci Giovanili di Combattimento del
salernitano: «I giovani schierati sulle
rive del bacino formavano uno scenario vivo in una policromia di colori,
in una sinfonia di canti e di inni di evviva. Pareva quasi che dal miracolo
delle acque domate per risanare la
palude e redimere la terra sorgesse,
come un inno alla vita, la nuova giovinezza d’Italia».
Oltre al rampollo di Casa Savoia, da
registrare anche la presenza dell’onorevole Serpieri, sottosegretario alla
bonifica integrale. E poi il gotha del
Eboli, «Santa Precaria» il 21 a San Bartolomeo Un crocifisso a Basso dell’Olmo, il nuovo
È la prima opera narrativa di Raffaella Ferrè
Nel titolo c’è già tutto: «Santa Precaria». È la prima opera narrativa di
Raffaella Ferrè, giornalista ebolitana.
I nostri lettori la conoscono bene, è
stata una nostra apprezzata collaboratrice. Ha scritto un romanzo che
è uscito in questi giorni ed è edito
da Stampa Alternativa-Nuovi Equilibri (la casa editrice di Marcello Baraghini che negli anni ’70 e ’80
irruppè sul mercato con i libri millelire).
Già ricca l’agenda delle presentazioni: sabato alla Mondadori di Napoli e sabato prossimo, 21 giugno, a
Eboli, nella Sala
Mangrella
del
Complesso Monumentale di San
Francesco, alle
18. Raffaella R.
Ferré, venticinque anni, giornalista
sempre
precaria e scrittrice di vari quaderni a righi,
essenzialmente
bionda e riccia,
fuma solo virtualmente e ai
matrimoni.
Studia Scienze
della Comunicazione e vive tra
Salerno e Napoli.
A volte scrive
per E Polis, in passato ha scritto per
milleuno giornali fra cui “Unico” ed
“Il Manifesto”, ha pubblicato racconti su Toilet e Anonima Scrittori,
fatto stage e corsi di formazione ed
è alla conquista di un sogno chiamato contratto. Estate 2006.
Caterina Malsale, stagista universita-
ria in una tivù
locale, ha ventidue anni e vive
in una piccola
cittadina della
provincia campana.
Da precaria fa
conoscenza del
mondo del lavoro.
Da
“santa”, s’innamora di Paolo
Moriani,
anchorman bello
e possibile, e
subisce le angherie del suo
capo, Tiziana
Larizza,
una
quarantenne
fan delle telenovelas argentine e del
Costanzo Show, timorosa del
tempo che passa. Poi davvero vale la
pena leggere il romanzo.
Golgota dell’uomo campano “infelix”
Cosimo Tartaglia
Campagna - Un crocifisso nella
spazzatura. Una provocazione.
Il crocifisso di Basso dell’Olmo, il
golgota del duemila dell’homo
“campanus infelix”, troneggia in
tutta la sua bellezza artistica tra il
fiume e l’oasi. Ora chiunque si
trova a passare per quella collina,
che un tempo fu un paradiso, si
senta responsabile per quella crocifissione. Un appello “chiaro ed
immediato: salviamo la Campania
dall’immondizia, perché essa non
deve essere ricordata nel mondo
come la regione della ‘munnezza’,
bensì come la terra della musica,
dell’allegria, del mare e dell’arte!”.
Innalzata, dunque, a Basso dell’Olmo di Campagna, in territorio
salernitano, novello Golgota di questi tempi, un’enorme croce, alta cinque metri, con un Cristo nero dalla
misura naturale di metri e cinquanta,
con maschera antigas, esempio di
Land Art di tre artisti: della campana
Aurora Cubicciotti, del campano ma
lucano di adozione, Gian Battista
De Angelis, del lucano Donato Linzalata. Denuncia gandhiana dell’emergenza rifiuti in Campania.
Il Cristo di De Angelis, realizzato
con la tecnica del riciclaggio della
plastica, è corredato da due formelle
(l’uomo che grida la sua disperazione + l’uomo campano che vola
verso l’alto, verso la cultura e la civiltà): in una svetta un angelo apocalittico, simbolo della rinascita dalle
ceneri della Fenice; nell’altra l’urlo
disperato di ribellione allo sfacelo
ecologico. Accanto alle mani due
formelle di Linzalata (rappresentano
il suicidio delle Lontre, che un
tempo prolificavano nel Sele), dove
la morte dell’uomo per auto impiccagione e la distruzione della lontra
dai nostri fiumi, sono rese con forza
incisiva dei tratti, sottolineati dal colore rosso . La croce è completata
da un pannello verticale dove Aurora Cubicciotti raffigura la distruzione totale dell’uomo-zombi nella
valle di Giosafat. Correva l’anno
2005, era il mese di febbraio, quando
a Basso dell’Olmo di Campagna fu
aperta, con grande disapprovazione
delle istituzioni locali e dell’intera
popolazione, ma non solo, una discarica.
Mario Onesti
Un’idea dell’artista campagnese
Giovanbattista De Angelis
Hanno collaborato Aurora Cubicciotti e
Donato Linzalata
Fascio salernitano guidato dall’onorevole Jannelli. Ancora le massime
autorità civili, militari e religiose, industriali, proprietari terrieri, quarti di
nobiltà a profusione. Insomma non
mancava nessuno, eja eja alalà!
Dopo il discorso del presidente del
Consorzio di Bonifica, felice nel vedere «realizzato quello che fu il sogno
dei nostri padri», il commosso omaggio del principe Umberto agli operai
morti durante la realizzazione della
diga, un sacrificio eternato nel marmo
di una lapide posta all’ingresso dell’impianto. gurazione, madama Elisa
Farina Moscatelli e la signora Valsecchi, pronte per le operazioni di rito.
Dopo la confortante benedizione divina impartita dal vescovo di Teggiano, via con il taglio del nastro,
senza dimenticare il classico lancio di
bottiglia di spumante.
Rigorosamente italiano.
Raffaele Avallone
dalla prima
CAPACCIO. Tabacchificio
sospeso tra
passato e futuro
Mettere mano all’assetto urbanistico di un territorio dove vigila
severa la legge 220, è più complicato di quanto si immagini.
Ad onor del vero bisogna aggiungere che questa è stata, non di
rado, ignorata ed elusa.
Il risultato è sotto gli occhi di
tutti: molte delle ambizioni di sviluppo di questo territorio lasciano
in bella vista casupole coperte da
lamiere che non fanno onore all’immagine di Paestum, patrimonio Unesco.
Ecco perché è essenziale che il
metodo del confronto esca rafforzato dall’incontro del 14 giugno,
affinché si inneschi un funzionale
meccanismo da seguire ogni qual
volta si affrontino questioni di valore strategico per il futuro di Capaccio Paestum.
Proseguendo per questa strada,
non sarà difficile salvaguardare i
legittimi interessi della conservazione del territorio e quelli, altrettanto legittimi, della sua
valorizzazione, che attende ed invoca uno sviluppo adeguato alle
sue potenzialità.
Bartolo Scandizzo
Agropoli
N°23 14 giugno 2008
5
Sciopero per l’ospedale civile di Agropoli Premio ai carabinieri che risolsero il caso Pecora
Si è conclusa la fase delle indagini
preliminari. “Avvisati” in cinque
Si è conclusa la fase delle indagini preliminari condotta
dal Pubblico Ministero dalla
Procura della Repubblica di
Vallo della Lucania Renato
Martuscelli, nei confronti di
cinque le persone indagate
per il reato di “Interruzione
di pubblico servizio”.
Liberto Borrelli, segretario dei Democratici di Sinistra di Agropoli, Elvira Lo
Bascio ex dirigente della
scuola media inferiore “G.
Rossi Vario” e presidente
dell’Università della Terza
Età, Umberto Domini
segretario Spi- Cgildi Acropoli, Gerardo Tafuri presidente
dell’associazione
“Vita Nuova” e Rosanna
Marzocchi medico presso
l’Asl Sa3 nel distretto sanitario di Agropoli i nomi di
chi, in concorso con altre trecento persone circa bloccarono il
traffico ferroviario da nord a sud
per circa un’ora.
Secondo il pubblico ministero i
cinque indagati avrebbero commesso il reato di interruzione di
pubblico servizio, durante una
manifestazione di protesta contro
la proposta di declassamento dell’ospedale civile di Agropoli.
Siamo nel dicembre del 2006.
L’ospedale civile ha aperto i battenti da circa due anni e mezzo,
dopo quasi trent’anni di attesa. E
già si parla di declassamento.
La proposta della Commissione di
Sanità della Regione Campania,
prevedeva, infatti, la riduzione
dell’ospedale agropolese ad una
sorta di pronto intervento, pur
avendo reparti già organizzati e
avviati ed un bacino d’utenza di
quasi settantamila persone, numero che aumenta a dismisura
nei mesi estivi.
Agropoli non ci sta e scende in
piazza per far sentire la propria
voce. “E’ ora d’intervenire! L’indifferenza uccide la comunità!
L’ospedale è un bene prezioso
che va salvaguardato”.
Questo è quanto esortava a fare
il parroco don Bruno Lancuba in
prima linea durante il corteo di
oltre duemila persone che finì
con l’occupare la stazione della
cittadina costiera, bloccando il
traffico ferroviario per circa
un’ora.
La vicenda si concluse nel migliore dei modi: il corteo di protesta pacificamente abbandonò il
luogo occupato e, a soli due
giorni di distanza dalla manifestazione, la Commissione Sanitaria
Regionale comunicò che l’ospedale civile di Agropoli non sarebbe stato declassato ma
addirittura consolidato con l’aggiunta di ulteriori posti letto e
con il potenziamento dei servizi
sanitari soprattutto in riferimento al polo specialistico di oncologia.
Quella protesta in difesa del presidio sanitario locale, aveva in
gioco una posta alta che tutti i
cittadini agropolesi e non , compresero. Uniti, per una volta, fecero sentire la propria voce.
Di tutte le persone che invasero i
binari della stazione ferroviaria
oggi sono in cinque a portare il
fardello di quella responsabilità.
“Il movimento di lotta sorto a difesa dell’Ospedale civile di Agropoli contro il ridimensionamento
dei servizi e delle strutture e al
conseguente rischio di chiusura
ha rappresentato un baluardo di
civiltà per la nostra città - affermano i due esponenti di Rifondazione Comunista l’ assessore
Angelo Coccaro e il Consigliere
Comunale Pippo Vano in un comunicato.
La manifestazione del 5 dicembre
2006 a difesa dell’ospedale si è
svolta con modalità del tutto pacifiche e in maniera unitaria, raccogliendo
l’adesione
delle
organizzazioni sindacali, di partiti
politici, di rappresentanti di ampi
settori del mondo cattolico, della
società civile, degli studenti.
Il provvedimento giudiziario a carico di 5 persone agropolesi appare, alla luce di azioni
simboliche, del tutto incomprensibile e limitativo del diritto di libera espressione dei cittadini e
dei lavoratori; alle persone indagate esprimiamo con ciò il nostro
pieno sostegno e la nostra convinta solidarietà”
Marianna Lerro
Capacità professionali e abnegazione
al ser vizio dell’arma
In pochissime ore
identificarono e assicurarono
alla
giustizia i tre colpevoli dell’omicidio del benzinaio
Davide Pecora, avvenuto lo scorso 7
luglio ad Agropoli,
nel corso di un tentativo di rapina.
Il compianto Davide Pecora Otto carabinieri
della Compagnia
A parer mio
di Agropoli sono stati premiati, durante la Festa dell’Arma a Salerno:
sono il capitano Giorgio Borrelli,
il maresciallo aiutante sostituto ufficiale di pubblica sicurezza Alfonso Cerotto, il maresciallo
aiutante sostituto ufficiale di pubblica sicurezza Vincenzo Di Liberto, il maresciallo aiutante
sostituto ufficiale di pubblica sicurezza Pasquale Formica, il maresciallo capo Carmine Antonio
Perillo, il maresciallo ordinario Pasqualino Marrone, l’appuntato
scelto Antonio Funicelli e l’appuntato scelto Eusterio Caruccio. “Con
spiccata professionalità, - recita la
motivazione - lodevole impegno ed
esemplare abnegazione espletavano serrata e complessa attività di
indagine che consentiva di trarre in
arresto tre persone responsabili di
efferato omicidio a scopo di rapina
in danno di un gestore di un distributore di carburante.
Agropoli, Nocera Superiore e
Aprilia (LT), 7-8 luglio 2007”.
I carabinieri di Agropoli sono stati
premiati dal sindaco di Salerno
Vincenzo De Luca.
di Catello Nastro
Macelleria e poeteria
Certamente il confronto merita uno
studio attento ed oculato. La macelleria, in effetti, vende le carni macellate, la poeteria le poesie scritte da
poeti o quanto meno presunti tali. Le
magagne, quindi, possono esistere in
ambedue i negozi di attività commerciali o artigianali che dir si voglia. Ma
come districarsi in questi supermercati che vendono al pubblico dei consumatori merci così diverse tra loro?
Il primo impatto è il prezzo. Il filetto
di vitello costa quasi venti euro al chilogrammo. La tagliata argentina, che
con la nostra cultura non c’entra proprio, solo perché è buona ed esotica,
costa addirittura venticinque euro al
chilogrammo.
Cinquantamila delle vecchie lire. Una
“fiorentina”, in ultima analisi, dovrebbe costare quasi una giornata di
stipendio o di salario di un lavoratore
in nero. Molto…anzi moltissimo.
Certo che ci sono le carni alternative,
che sono buone come quelle cosiddette di primo taglio. Le comperavo
spesso a Torino negli anni ’70 quando
vivevo col solo stipendio di professore che, pagando il fitto, la luce, l’acqua, il gas, il telefono ed il tram,
rimaneva ben poco per sopravvivere.
Trippa, frattaglie in genere, ali e colli di
pollo, coda di manzo, coniglio, testina,
coda, piedi di porco, erano le carni
che costavano di meno. Ma, cucinate
sapientemente, come sapeva fare
solo mia moglie, grande cuoca, risultavano delle pietanze prelibate che
oggigiorno sono ritornate alla moda
in molti ristoranti del Cilento e nelle
sagre paesane. La poeteria, al contrario, dovrebbe vendere i prodotti dei
poeti non macellati (per fortuna
loro!!!). “ Mi dia due poesie fresche
fresche.” – “Come le vuole, in lingua
o in dialetto?”- “Le vorrei in napoletano, se possibile. Ma che le possano
leggere anche i bambini delle elementari.” – “ Guardi, lei è proprio fortunato.
Mi è arrivato un pacco stamattina, da
Castellammare di Stabia, di un tale
prodotto di un certo Catello Nastro,
che sono veramente interessanti ed
il prezzo è buono. Anzi ci sta pure
l’offerta speciale. Prendi tre, paghi
due.” –“ Senta, signor poetaio. Me le
potrebbe pulire. Siccome le devo
dare da leggere a mio figlio che fa la
quinta elementare, non vorrei che alcuni versi gli rimanessero sullo stomaco e che alcune parole, un poco
pesanti, gli andassero di traverso:” –
“ Lei ha ragione, ma la poesia napoletana è un poco come la trippa. Se la si
pulisce completamente, perde il sapore. La trippa è trippa, e se ogni
tanto si incontra la parola “merda”
non bisogna assolutamente fare
un’asportazione con prodotti chimici.
Altrimenti la poesia finisce e la trippa
non ha più quel profumo di certamente non nobile frattaglia animale e
di carne di terzo ed infimo taglio. “ –
“ E se volessi comperare qualcosa di
meglio?” – “ Guardi, lei è veramente
fortunata, ho dei versi di Dante Alighieri, tratti dalla Divina Commedia,
macellata sei o sette secoli fa, e quindi
congelata. Ma mi creda, le consiglio i
versi di Catello Nastro. Sono a tratti
un poco indigesti, ma sono senza
diossina, conservanti, diserbanti o
biodegradanti. Penso che faranno
bene alla salute anche di suo figlio.
Sono versi freschi, genuini, pieni di
proteine, anche se con qualche errore di distrazione. Sono un poco
duri, perché si tratta di un poeta che
ha quasi settanta anni. Ma vi posso assicurare che non è un poeta di poeticultura. Ma è ruspante. Uno che
scrive in piena libertà.” – “Va bene. Mi
dia sei poesie.Tanto se non piacciono
a mio figlio, le do a mia suocera, che
quella digerisce tutto e non va tanto
per il sottile. Pensi che la sera si vede
Butifullo, il Grande Catello e l’Isola
dei Famosi. – “Va bene signora, gliene
incarto sei…” – “ Ma come??? Usa la
carta igienica???” – “ Questo prodotto merita questa carta…”
6
a
Albanella-Altavilla
N°23 14 giugno 2008
“Le tue affermazioni non rendono giustizia a chi ogni giorno è in trincea”
Lettera aper ta a Francesco Faenza di Or nella Trotta
Caro Francesco,
scrivo caro con tutta la consapevolezza delle parole per il rapporto di
stima che ci ha sempre legati. Insieme
abbiamo deciso di percorrere la strada
del giornalismo nelle nostre terre. Non
dimenticherò mai la presentazione del
quotidiano “La Città”, al quale, giovanissimi aspiranti giornalisti partecipammo con gioia. È una tappa
importante della mia formazione, la
custodisco gelosamente nell’archivio
dei ricordi. In quella istantanea ci sei
anche tu. Andrea Manzi e Antonio
Manzo ci dissero che avremmo dovuto essere la voce di chi non ha voce.
Vito Bentivenga ci aveva individuati
come collaboratori del nascente quotidiano del Gruppo Espresso-Repubblica, una bella scommessa editoriale,
un quotidiano calato sul locale, capace
di dare dignità alla notizia del quartiere, alla dimensione locale. Con quel
mandato negli anni a venire avremmo
raccontato le storie e le microstorie
delle nostre terre, tu da Eboli ed io da
Campagna e dall’Alto e Medio Sele.
Ci facemmo le ossa, imparammo a
non prendere “buchi”. Come te credo
fermamente nel giornalismo militante,
nella denunzia sociale, nella giustizia
sociale ma, quante ingiustizie ho riscontrato in nome della giustizia!
Summum ius, summa iniuria.
Decisi di occuparmi di sociale ma,
anche di sviluppo e di impresa. Era
giusto che la gente conoscesse le opportunità che offriva il territorio.
Con la stessa motivazione collaboro
da sei anni al Piano Sociale di Zona
Ambito S5, di cui Eboli, la tua bella
città, è il Comune Capofila. Credevo
di trovare in esso tutte le risposte al bisogno che, da cronista, rilevavo per
strada. Il giornalista, quando è riconosciuto dalla sua comunità, ha un ruolo
ALBANELLA
sociale importante: è il referente di chi
si sente vittima di ingiustizie e allora
ha il dovere di dire la verità. Racconta
il disagio, quello che colpisce come un
pugno allo stomaco: la società è ingiusta, il mondo è infame. Concordo.
Nel tuo ultimo riferimento al Piano di
Zona, parlando dei “muschilli” scrivi:
“I padroni di SUV neri fiammanti temono scippi alla carrozzeria”. È vero,
abbiamo bisogno di valori, di giustizia sociale, di dignità, del pane e del
lavoro per tutti.
Capisco il tuo disagio di fronte ai
“muschilli”, è anche il mio. Sono con
te, concordo ma, stiamo attenti a non
ferire degli innocenti.
Qualche anno fa ho avuto il piacere di
collaborare con Clodomiro Tarsia,
maestro di giornalismo, mi disse
poche cose: “Quando scrivi devi stare
molto attenta alle parole, potresti fare
del male a persone innocenti”. Non
intendo salire in cattedra, ti invito solo
a riflettere: il Piano di Zona sta portando avanti progetti impegnativi ed
importanti nel sociale, ma non è la risposta a tutto il bisogno sociale.
Non ti elencherò le cose fatte, né racconterò meraviglie di un ufficio che
funziona solo grazie all’impegno di
Francesco Faenza
Ornella Trotta
chi ci lavora. Chi opera nel sociale,
ogni giorno è a contatto con il dolore,
con la povertà, con l’ingiustizia.
Le storie e la motivazione sono le
stesse: il giornalista le legge da fuori,
libero dalla burocrazia, l’operatore le
segue da dentro e cerca di dare risposte con quello che ha a disposizione.
Caro Francesco credo nell’uguaglianza sostanziale, non mi accontento
dell’uguaglianza formale, so che non è
facile ma, non mi rassegno.
Tuttavia devo dirti che le tue affermazioni di sabato scorso su Unico non
fanno giustizia a chi ogni giorno
scende in trincea, a chi ogni giorno è a
contatto con il disagio, con il bisogno,
con l’ingiustizia.
Probabilmente come lasci intendere,
non siamo i migliori professionisti del
sociale. Chissà quanti più bravi di noi
stentano anche a trovare una convenzione da poche centinaia di euro al
mese e magari, sono costretti a lasciare questa terra per cercare fuori un
lavoro vero. Ma noi ci crediamo e
continueremo a crederci.
Sento il dovere di ringraziare pubblicamente il sindaco Melchionda per la
scelta forte e impopolare di querelare
chi aveva preso a diffamarci dai pal-
chi della sua città, così come sento di
ringraziare il sindaco Amato per la
netta presa di posizione a sostegno dei
convenzionati del Piano di Zona.
Francamente non capisco a chi ti riferisci quando parli di mogli e fidanzate
di politici al Piano di Zona, tra le mie
colleghe convenzionate non ce ne
sono. E poi è brutto pensare e scrivere
che per farsi strada una donna debba
essere legata in qualche modo ad un
politico uomo. Hai intelligenza, cultura e sensibilità, ti riconosco capacità
superiori, non mi deludere. Noi dobbiamo essere artefici del cambiamento, insieme. Allora ti chiedo di
stare attento alle parole, potresti fare
del male alla gente perbene e potresti
alimentare nel lettore sprovveduto la
sfiducia totale nelle istituzioni. È un
momento difficile, abbiamo bisogno
di fiducia e di lealtà. Vieni pure al
Piano, avrai modo di capire come lavoriamo, con quali compensi e con
quali orari e, forse, cambierai idea sui
convenzionati del Piano di Zona. Un
abbraccio
Ornella Trotta
Nel prossimo numero la replica
di Francesco Faenza
L’avvento della Madonna di Fatima tra fede,
suspence e un gesto di inciviltà
31.05.08 Albanella tutta è in festa. Arriva la Madonna di Fatima in elicottero. In alto al paese, tra la Chiesa di
Santa Sofia e il centro sportivo una
grande H in un cerchio delimita il
campo di atterraggio dell’elicottero
che trasporta la Madonna, la statua
della Madonna. Il Maresciallo della Polizia Municipale fa fatica a mantenere
libero il piazzale dove atterrerà l’elicottero. Si fa coadiuvare da volontari,
uno dei quali, molto incivilmente dopo
essersi dissetato, lancia, con un bel
gesto di inciviltà, la bottiglia di plastica
vuota nella terra attigua al piazzale
(!)… Sono forse un migliaio i fedeli,
curiosi, che sono accorsi per l’avvento
della Madonna di Fatima in cerchio attorno alla grande H disegnata sul piazzale. Il nuovo prete di Albanella, il
principale artefice dell’evento, Don
Antonio Russo annuncia dal megafono, tra un’Avemaria e l’altra, che la
Madonna sta sorvolando l’ospedale di
Campolongo. I migliaia di fedeli solle-
vano lo sguardo verso il cielo velato e
aguzzano l’udito in cerca di un suono
di pale di elicottero a tagliare l’aria.
Dopo pochi minuti l’elicottero
emerge dall’orizzonte. Sorvola il
Santuario
della
Madonna del Granato, e si dirige verso Roccadaspide
scomparendo ancora per qualche minuto. La suspense aumenta, Don Antonio continua ad inneggiare la
Madonna invocando benedizioni per
Albanella e l’Italia. L’elicottero si avvicina, in modo centrifugo con cerchi
sempre più stretti. Ad ogni giro e più
riduce la distanza dal suolo. Il movimento d’aria comincia a farsi sentire,
mentre il rumore è sempre più assordante. Il prete con tanto fervore incita i fedeli accorsi a salutare la
Madonna che sta per atterrare e rendere omaggio ad Albanella. Centinaia
di fazzoletti bianchi sventolano mentre l’elicottero si abbassa sollevando
col vento prodotto un polverone accecante. In men che non si dica la Ma-
donna è stata scortata fuori dall’abitacolo e attorniata dalla folla in adorazione. L’elicottero ha già ripreso il
volo. L’euforia si placa. L’elicottero che
con le turbolenze ha scosso e ammaliato il pubblico si allontana riprendendo il volo. Rimangono attorno alla
Statua in adorazione i fedeli che guidati ancora da un gruppo di chierici
che eseguono il rituale di benvenuto
alla Madonna di Fatima. L’atmosfera ritorna ed essere sospesa, l’elicottero è
ormai lontano. Si prepara la processione che scorterà nei prossimi giorni
la Madonna di Fatima in tutto il territorio, dal centro alle campagne. La
marcia ha inizio, il paese in festa rende
omaggio ad uno dei principali simboli
della Fede Cattolica…
Giusca
(Foto di Ivan Rufo)
Alburni
N°23 14 giugno 2008
7
Palomonte, miracolo a Pasquale Costantino
Un sogno lo ha spinto fin dove sorgeva il santuario
PALOMONTE. Storie come quella di Pasquale Costantino portano dritto al
senso della religiosità popolare, su che
cosa sia e quanto si avvicini o si distanzi da una fede che non chiede nulla
in cambio. Due settimane fa decine di
manifesti azzurri con l’immagine della
madonna, tra questi anche una gigantografia, hanno tappezzato Palomonte
e la frazione Perrazze. A farli stampare
e affiggere è stato don Angelo Addesso, parroco del paese. A muovere
l’iniziativa il racconto di Pasquale Costantino, cinquant’anni, operaio in pensione, originario di Palomonte ma
residente da molti anni a Senerchia,
nell’avellinese, secondo cui sarebbe
guarito improvvisamente da un tumore
maligno al fegato. La spiegazione secondo il protagonista della vicenda è
tutta in un sogno. Due mesi dopo
l’operazione chirurgica che avrebbe
dovuto asportargli tre linfomi maligni
ma che durante la quale i medici hanno
dichiarato errore di macchina per l’assenza di qualsiasi metastasi, almeno
come ci hanno raccontato i familiari,
Pasquale ha sognato di raccogliere fiori
SERRE
daco di Palomonte, Pietro Caporale,
medico presso l’Asl Sa/2, si è detto
intenzionato a parlare con l’oncologo
della struttura ospedaliera, per poter
discutere della vicenda che ha riguardato l’operaio originario di Palomonte. Pietro Caporale ha dimostrato
calma e cautela nei giorni seguenti
l’annuncio dell’“evento prodigioso”,
così come annunciato sui manifesti.
Tanto che in occasione della messa ha
firmato un ordinanza che ha vietato
qualsiasi forma di commercio. Sabato
14 giugno alle ore 16,10 sulle frequenze di radio Mpa nel corso della rubrica di sociologia “Voce ai Pensieri”,
si discuterà proprio di guarigioni e miracoli moderni. Interverranno Domenico Scafoglio, professore ordinario di
Antropologia culturale all’Università
di Salerno, dove svolge anche l’insegnamento di Storia delle tradizioni po-
Romina Rosolia
per la madonna sul Monte Pruno,
proprio a Palomonte. Un sogno che
lo ha spinto a salire sulla collinetta di
Perrazze, là dove molti anni fa sorgeva un piccolo santuario. Ma Pasquale non c’è andato da solo. I
manifesti affissi da don Angelo Addesso hanno attratto decine di persone riunitesi alcune domeniche fa
per assistere ad una messa. Tra questi anche il sindaco di Contursi Giacomo Rosa e di Colliano, Antonella
Lettieri. I manifesti, l’iniziativa religiosa hanno preceduto qualsiasi colloquio con i medici che avevano in
cura Pasquale Costantino a Sant’Angelo dei Lombardi. Anche se il sin-
Cornetta ricor re alle carte bollate
per blindare il paese
“Non ci fermiamo e facciamo i nostri passi perché noi di rifiuti non
ne vorremmo più, mentre da Napoli ce ne vorrebbero mandare
non sanno nemmeno loro quante
centinaia di migliaia di tonnellate…”, dice Cornetta. Il sindaco
mentre giura di rispettare la “tregua” stabilita con il commissariato
per l’emergenza rifiuti non rinuncia all’arma legale e spedisce ricorsi al Tribunale ed al Tar mentre
il commissariato per l’emergenza
rifiuti che proprio in questi giorni,
è impegnata nel gestire il trapasso
di funzioni fra De Gennaro e lo
stesso Bertolaso.
Cornetta però continua ad agitare
il rametto d’ulivo in segno di pace:
“La trattativa va sempre avanti.
Però i nostri passi li dobbiamo
fare”. Per legittima difesa, sembra
dire. E così in queste giornate la
parola passa agli avvocati dell’ente
locale: Gennaro Borriello e Raffaele Falce. Il loro primo obiettivo
è quello della possibile “blindatura” dell’ordinanza Valitutti su
Valle della Masseria. L’obiettivo
sembra alla portata. “Il decreto
legge rischia di sollevare un conflitto tra poteri dello Stato un
provvedimento giuridico non può
essere annullato dalla legge”, dichiara Cornetta. La disputa giudiziaria è iniziata nell’aprile del 2007
con l’ordinanza del giudice della I
polari, e lo studioso di testi sacri Gioele
Tirone. Si cercherà di rispondere ad
una serie di domande, le stesse apparse
su un blog (www.yahoo.com) a partire
dal perché questi eventi non accadano
a tutti e soprattutto di chi è il reale merito. Si cercherà di distinguere la fede
dalla religiosità popolare nonché l’origine e il senso del termine “religione”.
sezione del tribunale civile di Salerno, Antonio Valitutti, che inibiva
l’allestimento di una discarica a
Valle della Masseria: “Con il decreto legge vogliono annullare
l’ordinanza. Noi non lo consentiremo. Per questo abbiamo avviato
le azioni legali per rendere esecutivo il dispositivo di Valitutti e scrivere definitivamente la parola fine
su Valle della Masseria”, spiega
Cornetta. Che respinge l’accusa di
“abuso” di carte bollate.
Poi da Serre proveranno ad alzare
il tiro sostenendo anche la tesi
dell’incostituzionalità del decreto
legge sull’emergenza rifiuti. Su
questo il comune di Serre ha ampiamente già passato già il Rubicone e depositato i ricorsi al
Tribunale Civile di Salerno ed al
Tar Campania.
Due i fascicoli depositati dagli avvocati
Raffaele Falce e Gennaro Borriello dietro
mandato del sindaco
Cornetta: “Oltre all’istanza al Tribunale
di Salerno, abbiamo
presentato ricorso al
Tar Campania sull’incostituzionalità del
decreto legge nell’art. 9 ha ancora una
volta indicato Valle
della Masseria
in
netto contrasto con quanto stabilito dal giudice”, aggiunge Cornetta.
Sulla questione della discarica di
Macchia Soprana prosegue il lavoro del Corisa2, incaricato dal
ministero dell’ambiente di studiare
la fattibilità delle ipotesi di ampliamento.
“Non è un lavoro facile, abbiamo a
disposizione una collina ed un
bosco, utilizzarla per il deposito di
rifiuti, non è stato facile un anno
fa, ancora più difficile è adesso.
Vanno analizzati tanti aspetti.
Già la settimana prossima saremo
in grado di dire qualcosa di più
preciso”, dice Dario Barbirotti,
presidente del Corisa2. Ai ritmi attuali di conferimento l’autonomia
della discarica, se rimarrà il limite
La scheda
Il sindaco di Serre, Palmiro Cornetta,
ha dato mandato all’avvocato amministrativista Raffaele Falce “di
prendere visione del decreto legge
emanato dal Presidente della Repubblica al fine di verificare la sua
piena efficacia giuridica e la legittimità costituzionale”.
Si tratta del provvedimento, pubblicato sabato sulla Gazzetta ufficiale,
che prevede la realizzazione di due
discariche, a Macchia Soprana e
Valle della Masseria, nella zona di
Serre.
Viene annunciata anche un’azione
legale nei confronti dello Stato italiano per il mancato rispetto del
protocollo d’intesa stipulato su
Macchia Soprana, nel novembre
scorso: “Il protocollo - spiega l’avvocato Falce - prevede un obbligo a
carico dello Stato italiano di non individuare il comune di Serre per il
conferimento di ulteriori rifiuti o
aperture di nuove discariche una
volta conferite le 700 mila tonnellate di immondizia nella discarica
di Macchia Soprana”.
delle 700 mila tonnellate, non è superiore ai due mesi, con il rischio
di fermare lo sversamento alla fine
di luglio.
CAPOSELE
Rifiuti, da Andretta
a Serre:
si apre il dibattito
La community web di Caposele
“Selacapo.net” organizza il dibattito: “Da Andretta a Serre: Alta Irpinia e Valle del Sele a confronto
sull’emergenza rifiuti e la difesa
del territorio”.
L’incontro si terrà sabato 14 giugno alle 18 presso l’aula polifunzionale di Piazza XXIII Novembre
a Caposele. L’assemblea è promossa nell’intento di fare luce
sugli scenari prospettati dal decreto n. 90 del 23 maggio 2008, e
di discutere degli strumenti a disposizione dei cittadini e Comuni
per uscire dall’emergenza e difendere i territori.
Interverranno: Angelantonio Caruso, sindaco di Andretta, con la
relazione “La difesa del Formicoso: una battaglia che continua”,
Franco Arminio discuterà “La proposta per l’istituzione del Parco
Regionale dell’Irpinia d’Oriente,
Palmiro Cornetta sindaco di
Serre, illustrerà il “Dopo Macchia
Soprana anche Valle della Masseria?”, Erminio D’Addesa, presidente del Consiglio provinciale di
Avellino e Bruno Fierro, assessore
provinciale all’Ambiente, dibatteranno su “Idee per una politica
provinciale dei rifiuti, di tutela
della qualità ambientale e delle risorse idriche”. Conclude Pasquale
Farina, primo cittadino di Caposele.
Salerno
8
Impronte...
N°23 14 giugno 2008
Storie di cilentani a Salerno
Valerio Apolito, l’ingegnere scher mitore
Ogni persona ha il suo universo, la
sua leggenda personale. Se pur
tutti chiamati alla finalità esistenziale per la quale siamo stati messi
al mondo, le nostre storie si differenziano l’una dall’ altra. E sono
proprio queste che stigmatizzano i
contorni e ci contraddistinguono
nel variegato panorama umano.
Ma, come si dice, “il mondo è
bello perchè è vario”.
Abbiamo incontrato l’ingegnere
Valerio Apolito che, per quanto si
racconta, si differenzia per una
particolare
predisposizione
d’animo: ama la scherma, sua concreta passione più della sua stessa
professione.
Classe ’49, originario di Perito, da
persona solare qual è, si presenta
all’ appuntamento in abbigliamento sportivo: jeans, camicia e
scarpette da tennis, palesando entusiasmo misto a reticenza, perchè
ammette di essere non molto avvezzo alle interviste.
Il padre Armando Apolito, ex direttore didattico della scuola
“Barra” di Salerno, e la madre di
origine siciliana (di Acireale) gli
hanno trasmesso i geni della deter-
minazione, ingrediente fondamentale nello studio, nel lavoro e nelle
passioni.
Alunno di suo padre (da cui confessa di non aver goduto di favoritismi per il doppio ruolo che si era
instaurato), dopo la laurea in Ingegneria meccanica a Napoli, comincia a insegnare dal ’76 presso
l’Istituto ITIS “Pacinotti” di Scafati, in concomitanza con la libera
professione.
Ci riferisce, intanto, che gli esordi
professionali sono stati caratterizzati dall’ occupazione in un reparto
manutenzione e impianti, presso
una fabbrica conserviera, per cui
“la domanda sorge spontanea”…
Che significava ieri lavorare in
una fabbrica rispetto a oggi?
Rispetto ai giorni odierni, c’erano
minori norme di sicurezza e quindi
più morti sul lavoro di oggi. Nel
campo dell’edilizia, attualmente,
vigono le norme di sicurezza che
però non vengono rispettate: basta
passare per un cantiere edile e capire di che cosa è deficitario…
Allora…ci racconta la sua passione per il mondo della scherma?
Pratico scherma dal ’61. Dal ’97
sono Presidente “Scherma Salerno” e da otto anni a questa parte
sono consigliere regionale della
“Federazione italiana scherma”.
L’Associazione “Scherma Salerno” ha vinto tre titoli mondiali,
quattro titoli europei,
ha conseguito una vittoria nei
“Giochi del Mediterraneo”, tre
gare di coppe del mondo e diciotto
titoli italiani.
Sa, intanto. qual è stata la mia
grande sorpresa?
Scoprire che in casa avevo due
campionesse di scherma, mia moglie e mia figlia, oltre a mio figlio
Stefano che pratica scherma e che
si è iscritto da poco alla Facoltà di
ingegneria.
Tale padre, tale figlio… e delle
sue donne che cosa ci dice?
Mia moglie Maria Antonietta è
La complicità mina l’optimum scolastico
Regole e didattica formano menti critiche
“Il futuro ha un cuore antico”!
Questa l’esclamazione del dirigente
dell’Istituto d’Istruzione Superiore
“Parmenide” di Vallo della Lucania,
professor Giovanni Carro all’ultima
domanda che gli abbiamo posto.
Una conversazione piacevole ed interessante che porta a riflettere sull’importanza
dell’educazione
culturale, linguistica e storica di una
terra, qual è quella cilentana, ricca di
risorse, che la scuola può e deve necessariamente incentivare attraverso strumenti capaci di formare
menti in grado di far crescere il territorio.
Ogni scuola funziona a partire da
chi la dirige, dalla preparazione del
dirigente scaturisce il funzionamento dell’istituto scolastico.
Dirigente lei è originario di
Laurito.
Sì, nacqui a Laurito nel 1946, ma frequentai il Liceo Scientifico ad Anagni, laureandomi successivamente in
matematica.
Ci illustri il suo percorso lavorativo “pre Parmenide”.
Ovviamente sono stato per anni
docente di matematica e nel 1991
ho cominciato la carriera come preside presso l’Istituto Magistrale in
provincia di Enna. Quindi, la mia
esperienza dirigenziale parte dalla
Sicilia. Successivamente fui al Liceo
Classico “Isabella Morra” di Senise,
provincia di Potenza, all’Istituto Magistrale di Cava de’ Tirreni, al Liceo
Scientifico di Vallo della Lucania e
ancora di Sapri e dall’anno scolastico 2007/2008 sono dirigente del
“Parmenide”.
Quali sono i suoi hobbies?
Quando nel fine settimana sono più
libero, mi dedico allo studio dei numeri e ai dialetti. Sto lavorando alla
stesura di un dizionario minimo dei
termini dialettali di Laurito.
Perché ha sentito l’esigenza
di scrivere un dizionario di
questo tipo?
Le nuove generazioni non conoscono molti vocaboli anticamente
usati nel dialetto nostrano e quindi
ho voluto omaggiare la particolarità
e la tradizione del dialetto di Laurito in questo volume.
Raccogliere i termini più antichi di
un dialetto, che come ogni lingua
evolve nel tempo, serve a non dimenticare e a comprenderne le radici linguistiche di certe espressioni,
a capirne l’evoluzione nel tempo.
Lei è un matematico, tuttavia ha scelto di scrivere un
dizionario. Questo lavoro
linguistico è quindi dettato
dall’amore per la propria
terra?
Certamente.
Ci indichi un termine dialettale che si trova all’interno
del dizionario.
Stringituru: il torchio vinario.
Un tempo era utilizzato per recuperare il vino contenuto nelle vinacce, che non era poco, anzi! Lo
stringituru è un recipiente ligneo
troncoconico con la base più larga
rispetto alla struttura superiore al
cui centro vi è una lunga vite su cui
venivano poste lastre di legno.
Facendo ruotare un manubrio si
premevano le vinacce. Questo è
uno dei tanti termini che usavano gli
agricoltori in campagna, oggi in disuso.
Qual è, a suo parere, la differenza tra le vecchie e le
odierne generazioni cilentane in fatto di scuola?
Un tempo la scuola era l’unica agenzia educativa deputata a formare le
menti. Oggi ad essa se ne affiancano
altre, sebbene non realmente educative: internet, discoteche, luoghi di
altro genere che comunque formano un giovane.
La scuola, quindi, opera uno sforzo
maggiore per allineare i cervelli
verso pensieri critici, a fronte di una
informazione che a loro giunge
spesso frammentata e inesatta e che
la scuola deve spesso riordinare,
rettificare.
Quanto è cambiato il rapporto scuola-famiglia?
Un tempo i genitori avvertivano
come giusto il richiamo fatto al proprio figlio rispetto all’impegno scolastico, era più facile veder volare
santi ceffoni dal padre o dalla madre
convocata dal preside per inadempienze del figlio.
Al contrario, oggi c’è complicità e i
genitori chiedono sempre con maggior frequenza ammenda per le impreparazioni
dei
figli.
Di
conseguenza c’è più mediocrità
nella resa dello studio.
Il “Parmenide” prima era un
liceo classico, quando è diventato istituto d’istruzione
superiore e soprattutto perché?
Dal 2002 il Magistrale “G.Verga” e il
Liceo Classico “Parmenide” sono
stati associati nel processo di razionalizzazione previsto per gli istituti
con allievi di numero inferiore a
300. Il “Parmenide” aveva un numero di alunni inferiore a 300 e
quindi ad esso fu associato il magistrale.
Come rendere consapevoli i
giovani delle risorse territoriali cilentane?
Attraverso una formazione non passiva della cultura. Non sono necessari mille progetti scolastici, ma
pochi e ben orientati. Gli assi portanti per veicolare le attività sono le
regole e la didattica.
A partire da questi due assi si può
far tutto, garantendo una buona formazione, critica e capace di capire
il tempo in cui si vive.
Essendo un istituto ad indirizzo linguistico, oltre che classico e psico pedagogico, diamo priorità alla
formazione delle lingue francese, inglese, tedesco e spagnolo con insegnanti madrelingua ed esami esterni.
Ci saluti con un motto che
sia d’esempio per i giovani.
Il futuro ha un cuore antico!
Maria Laura Pirone
stata campionessa italiana di scherma nel
’69 a Genova e mia
figlia Bianca nel ’96 a
Pisa.
Da come può notare
ho la casa piena di
coppe…
Sarà
stimolante
avere a che fare con
delle campionesse…
Sì, decisamente…
Che tipo di sport è la
scherma?
E’ uno sport individuale, maschile e
femminile,
molto
agonistico e competitivo, è uno sport che
ha vinto il maggior
numero di medaglie alle Olimpiadi: 108 medaglie in tutto da
quando sono state istituite le Olimpiadi.
Quali doti caratteriali affina?
Intanto la scherma è uno sport nobile: affina il senso di responsabilità, la tattica, i meccanismi
psicologici e il rispetto delle regole
perché ci si trova comunque di
fronte a un avversario.
Tornando sul fronte dell’ ingegneria, quali sono, per lei, la migliore e la peggiore opera di
ingegneria realizzate nell’ ambito
del Centro-Sud Italia?
Per me, la migliore opera di ingegneria è l’“Auditorium di Roma”
perché presenta un perfetto sistema
di audio. La peggiore è quella detta
del “Vulcano buono”, nel napoletano, quel grosso centro commerciale che ricorderebbe la forma del
Vesuvio di fronte al quale si trova.
E il bello e il cattivo del Cilento
dal punto di vista dell’edilizia?
Cominciamo dal cattivo…Mi sono
trovato spesso nelle zone cilentane
per ragioni professionali, come le
pratiche per le industrie ricettive,
e devo dire che, esclusa qualche
zona d’eccellenza, non sussiste un
buon grado di imprenditoria, per
non parlare dell’abusivismo.
Credo, intanto, che una buona
opera realizzata nel rispetto dell’ambiente sia la Diga dell’Alento,
che non è stata edificata in cemento armato, bensì “a gravità”,
ossia la spinta dell’ acqua viene
retta dal peso.
Un’ immagine di Perito di quando
era ragazzo?
Era il ’54 e, per andare a prender i
parenti alla stazione di Rutino, si
andava con l’ asino, il quale camminava incurante e sicuro sul ciglio della strada impervia…
La persona più impavida della
sua famiglia d’ origine?
Mia nonna Maria che, emigrata all’età di settant’anni negli Stati
Uniti, appena arrivata, si sposò e
poi divorziò dopo pochi mesi…
Lei e sua moglie non dovreste correre questi rischi, data la passione
per la scherma che vi accomuna…
Siamo stati fidanzati per dodici
anni e sposati da trentadue…
Il segreto, dunque, di una coppia
duratura?
-Marito e moglie sorridono, poi si
guardano in attesa l’ uno di un
cenno dell’altra.Alla fine, la risposta è unanime:
“Pazienza, fiducia, e…da buoni
schermitori, rispetto.”
Rossella Oricchio
Uno
Giugno 2008
Banca per la
prevenzione
di Cosmo Guazzo
La Banca di Credito Cooperativo
di Aquara, d’intesa con quella di
Capaccio e dei Comuni Cilentani, a favore delle campagne per
la prevenzione delle malattie.
Il Presidente della Banca di Credito
Cooperativo di Aquara, Luigi
Scorziello, ci spiega l’obiettivo
della banca, che ha inteso sponsorizzare la campagna per la Valle del
Calore e Alburni. “Creare il benessere della comunità, rendendo
il massimo dei servizi”, questo è il
nostro slogan. Nei confronti dei
medici, vogliamo far venire fuori
l’orgoglio dell’appartenenza al territorio, sostenendoli nei servizi. La
banca ha sponsorizzato precedentemente, un’altra iniziativa (Progetto
Magna Grecia), riservata a 9 medici neo-laureati, con un master, affidandola
ai
medici
della
cooperativa Magna Grecia di Capaccio. Alla cooperativa CoMedical, è stata affidata questa
campagna, riservata alle persone
dai 50 ai 74 anni. Il territorio della
Valle del Calore/Alburni, è molto
più ampio e articolato e sente maggiormente la necessità di doversi
collegare in rete, per cui, la banca
ad ogni medico, assegna un computer, con tutto il software e relative licenze d’uso. L’indagine dura
circa un anno. Sono stati già fatti
degli incontri preliminari, a Vallo
della Lucania, laddove è stato presentato il progetto generale. Con
l’incontro di oggi, si dà esecutività,
in questo territorio alla campagna.
A conclusione di questa breve riflessione, intendo lanciare un messaggio: l’attenzione parte dalla
salute umana e la banca è vicina a
sostenere queste iniziative, fornendo attrezzature al settore sanitario e agli ospedali del bacino
territoriale della nostra banca.
L’ospedale di Roccadaspide è uno
dei nostri riferimenti per il territorio. L’Asl SA 3 è destinataria finale
della campagna. La prossima campagna in cui saremo impegnati,
sarà quella sulla prevenzione delle
malattie del seno”.
Agricoltura e salute
A colloquio con Giuseppe Peduto,
Responsabile ambiente e lavoro dell’Asl Sa3
In medicina si usa il temine
screening, quando?
“Nella nostra realtà territoriale, ad
economia prevalente, se non esclusiva,
agricola,l’ultimo mezzo secolo ha visto
e perseguito l’idea industriale trainante
del pianeta: incrementare la produzione per meglio soddisfare i consumi
e i guadagni e quindi la produzione. In
medicina si usa il temine screening per
indicare una strategia o una procedura
(protocollo) di diagnostica, utilizzata
per identificare una malattia o una situazione di rischio in una popolazione
specifica che si presuppone possa essere a rischio di contrarre la malattia
indagata, sottoponendo ad accertamenti anche i soggetti apparentemente
sani (senza sintomi apparenti della malattia), consentendo di identificare le
malattie presenti in una comunità, ma
in una fase precoce, in modo di ridurre
sensibilmente le sofferenze, la mortalità (e i costi economici e sociali) derivate dalle malattie”.
Il concetto di salute dell’uomo,
come va inteso?
“Il concetto di salute dell’uomo, inteso
come assenza di malattie, è il risultato
di una integrazione e conseguente
equilibrio che si stabilisce tra la vita
degli esseri viventi: (compresi flora e
fauna), e i grandi equilibri naturali tra
gli ambienti geologici e climatici, comprendendo in quest’ultimo concetto
anche le interazioni dell’uomo nel sistema. Quando si pone in essere una
qualsiasi attività umana, finalizzata o
meno alla produzione di reddito, si
attua una modifica del territorio
(anche non visiva) dal quale preleviamo
qualcosa e lasciamo qualcos’altro, che
potrebbe costituire un probabile rischio per la nostra stessa salute. In tale
circostanza è doveroso imporre una
seria valutazione dell’impatto ambientale, ovvero la valutazione dei rischi
che l’ambiente corre quando si pone
in essere una certa attività umana,
prendendo in considerazione gli elementi basilari delle componenti ambientali e confrontandole con il rischio
che le attività dell’uomo avranno sulla
sensibilità e vulnerabilità delle varie
componenti ambientali stesse. Sostanzialmente si analizza la capacità del-
l’ambiente di “sostenere”,“assorbire”,
“mitigare”, “compensare”, biodegradare, l’insulto introdotto che modifica
gli equilibri esistenti, individuando indici ed indicatori che permetteranno
di verificare e valutare nel tempo gli
eventuali danni non previsti, e nello
stesso tempo, intervenire con operazioni di ripristino.
Le attività agricole interagiscono con l’ambiente?
“Si è cercato di potenziare le attività
agricole, avvalendosi di tutti gli ausili
possibili derivanti dalle altre attività
economiche: la meccanizzazione, l’ingegneria idraulica, la chimica, la genetica. Ma l’agricoltura e l’ambiente
interagiscono l’una con l’altro, a volte
in termini di supporto reciproco ma
troppo spesso in termini conflittuali.
L’agricoltura chimica intensiva si è adeguata al sistema produttivo industriale
diventando il volano di una industria a
monte che le forniva le tecnologie, la
chimica e le meccanizzazioni per l’incremento produttivo.Tanto, se per un
verso ha apportato miglioramenti fondiari ed investimenti,dall’altro ha sconvolto l’economia agricola del territorio
rurale, e posto scelte ad alto impatto
ambientale e rischi per la salute di agricoltori e consumatori. L’uso di fertilizzanti e pesticidi in agricoltura
deteriora profondamente il suolo e ne
altera gli equilibri naturali; l’azione di
questi prodotti chimici è di estrema
gravità.Basti pensare che in un terreno
regolarmente concimato chimicamente per dieci anni, la carica batterica dei germi presenti nel terreno si
riduce di oltre il 90%,con conseguenze
inimmaginabili. Sono i batteri nel suolo,
infatti, che determinano con la loro
presenza la fertilità dello stesso e la
sua capacità di biodegradare e riciclare
le sostanze complesse in elementi
semplici utilizzati dal mondo vegetale:il
micro-ecosistema si impoverisce ed irrimediabilmente muore. Un terreno di
siffatta maniera,che riceva dei pesticidi,
- necessari al controllo di insetti e
germi infestanti che riducono la produttività -, non essendo in grado di
neutralizzarli, li lascia liberamente passare negli strati profondi verso le falde
che avvelenerà. Inoltre il cambiamento
della chimica propria del terreno, aggravato dal fenomeno delle piogge
acide, accentua il fenomeno delle erosioni e del dilavamento dei suoli, con il
trasporto diretto dei veleni ai fiumi,
laghi e mari.Tali prodotti, assorbiti dagli
animali, dai pesci e dagli stessi prodotti
agricoli, entrano nella catena alimentare, giungendo fino all’uomo, che per
il fenomeno dell’accumulo, svilupperà
intossicazioni croniche”.
Prodotti tipici nel Cilento e nuove attività artigianali che sorgono a Castel S. Lorenzo
La Valle del Calore, come nel resto
del Cilento, il piacere di mangiare
bene è un valore aggiunto, che caratterizza la vita di tutti gli abitanti.
L’alimentazione e l’ospitalità ne
fanno di questo territorio un’area in
cui abitare, visitare e soggiornare. Ne
sono una testimonianza le varie feste
e sagre organizzate durante le stagioni estive. Queste feste, sebbene
rituali, a volte vengono criticate, ma
rappresentano degli eventi che non
vanno sottovalutati. La Valle del Calore, inserita a pieno titolo nel più
vasto Cilento, si caratterizza per la
tipicità, la genuinità e la qualità dei
suoi prodotti, alcuni dei quali sono
noti anche all’estero: olio, vino, salumi, formaggi.... La “dieta mediterranea”, come sinonimo del mangiare
sano, nacque proprio nel Cilento. In
quest’area si diffuse negli ultimi decenni del ventesimo secolo, grazie al
dietologo americano prof. Ancel
Keys, che dimorò a Pioppi, località
della costiera Cilentana, per lunghi
anni. Oggi, dove il tradizionale, la
qualità della vita, la tranquillità, sono
deterrenti per un turismo alternativo nel Cilento, è possibile alimentarsi e vivere in modo sano,
seguendo le regole fondamentali
della cosiddetta “dieta mediterranea”. Ne sono un esempio il “Panificio Lucia” di Franco
Buono e “l’Antico pastaio” di
Rosa Cammardella che sono
stati aperti di recente, da due famiglie giovani, che hanno scommesso
su quest’area ed in particolare a Castel S. Lorenzo. Il Panificio Lucia, ha
iniziato la sua attività il 5 aprile 2007
e l’Antico Pastaio ha aperto il 1 dicembre 2007.Tutte e due le attività
sono un derivato di una lunga passione, nei rispettivi settori. Hanno
aperto le attività, non utilizzando
fondi pubblici, nel senso che non li
hanno mai richiesti. La burocrazia,
come rivelano, non li ha sostenuti,
ma nemmeno bloccati. Prima di iniziare le attività di laboratorio artigianale, i titolari, sono stati colti dal
dilemma, se ricercare un impiego
pubblico o un lavoro autonomo, magari fuori dal loro territorio, trasferendosi a loro volta, nel nord o in
altre aree. Tutte e due le famiglie
avrebbero contribuito al quel brutto
fenomeno della desertificazione
(come ha sostenuto e tuttora sostiene in più occasioni il noto scritcontinua a pag due
L’OTTIMO PANE CASERECCIO
DELLA VALLE DEL CALORE
di Co. Gua.
L’area di produzione della Valle
del Calore, rispecchia gli ingredienti classici del Cilento, che sono
la farina integrale e bianca, acqua,
lievito naturale e sale; semola di
grano duro e acqua; tarallini al
gusto di finocchio; farina, strutto,
finocchio, olio d’oliva, sale ed
aromi naturali. Le varietà di dolci:
pasta di mandorle; occhio di bue
alla marmellata e cioccolata; biscotto al cioccolato e cocco; fagottino e marmellata; biscotti al
cioccolato; biscotto al limoncello;
biscotto al grano farcito; biscottino
all’amarena; freselle bianche e
nere; biscotti di mais bianchi e
neri; varietà di grissini al sesamo,
integrali e bianchi; varietà di tarallini al gusto di pizza, pepe, olio,
finocchio e peperoncino; trecce
con mandorle, pepe e finocchio; taralli grandi con finocchio. Per la
produzione del pane del Cilento
vengono impiegati vari tipi di farina (di grano duro, tenero, integrale, misto); la lievitazione è
naturale. Per la cottura è solitamente impiegato il forno a legna.
Sono due i formati tradizionali: del
pane, “la panella”, di forma rotonda schiacciata e il paniellu:
questi pani pesano rispettivamente
3 e 1 chilogrammi. Le panetterie
producono quasi tutte anche le cosiddette (ciambelle di farina e
miele) e le frese o frisidde (ciambelle di pane, aperte e biscottate, le
quali, per essere consumate, devono prima essere leggermente bagnate con acqua corrente).
Queste ultime vengono condite con
olio extravergine, aglio e pomodorini; ma possono anche essere
usate per le zuppe di verdure. Rimane ancora da menzionare il
pane fatto in casa: la forma è rotonda; prima della cottura viene
segnato con piccoli tagli trasversali per ottenere una crosta quadrettata. Questo pane viene
prodotto con miscela di farina di
grano tenero e duro e con lievito
naturale. Pane casereccio misto
(farina di grano duro, tenero e integrale) e pane integrale a lievitazione naturale cotti nel forno a
legna). Biscotti di mandorle, tortanetti al miele, castagnacci (fagottini fritti ripieni di cioccolato,
mandorla e crema di castagna). Da
segnalare anche per i tortani (pane
grezzo con pezzetti di grasso di maiale e semi di finocchio).
due
Il Valcalore
Giugno 2008
“L’antico pastaio” : laboratorio artigianale di pasta fresca fatta in casa
“L’antico pastaio”, la cui apertura, risale al 1 dicembre 2007. Il motto del
laboratorio è: “prodotti naturali, qualità e genuinità”. “L’antico pastaio” di
Rosa Cammardella, di anni 32 - coniugata. Ha lavorato per 2 anni presso
un altro laboratorio di pasta fresca. Sin
da piccola ha avuto la passione della
pasta fresca fatta in casa. Con l’apertura del suo laboratorio, ha avuto la
possibilità di continuarla. “Ci dichiara,
che l’idea è nata nello specifico, nel
1996, con la lavorazione della pasta,
su richiesta nei negozi. Abbiamo
creato, insieme a mia sorella Eva, un
laboratorio e annesso punto vendita.
La vendita s’incrementa a fine settimana, dal giovedì alla domenica. La
predetta, è all’80 % locale e per il resto
si vende a persone non della zona. Lavoriamo in gran parte per gli agriturismi e anche per i ristoranti. Ma il
grosso della vendita è al dettaglio.
Facciamo uso di farina rimacinata di
grano duro. La pasta è quasi tutta fatta
a mano, dai cosiddetti fusilli: felittesi,
calabresi, corletani, e su richiesta
anche i fusilli ricci (quelli avellinesi).
Sono una nostra specialità gli scazzatielli; di origine castellese; i cavatielli,
specialità rocchese; le foglie d’olivo
che sono cortecce con spinaci; le tro-
cora, la lasagna classica, la lasagna
verde con sfoglia verde (spinaci) con
condimento classico; la lasagna
bianca con funghi trifolati e besciamella; la lasagna bianca con aggiunta di carciofi o misto di asparagi
e carciofi; le farfalle con una sfoglia
fie che è una pasta lunga che si attorciglia con le mani; i martagliati
che sono fatti a sfoglia e si ritagliano
con una rondella della dimensione di
3 cm; le orecchiette che è un formato
di pasta che si fa con il pollice e si girano sull’indice; i ravioli a mano ripieni senza ricotta, con zucca
amalgamata con patate, parmigiano,
ecc.; i ravioli agrodolci (ricotta + zucchero + noce moscata + 1 uovo); i ravioli agrodolci (ricotta + uovo, poco
sale e poco zucchero; le crespelle con
farina di grano tenero doppio 0. E, an-
larga all’uovo, su cui si tratteggiano
delle linee lunghe di 10 cm. e poi vengono tagliate a misura uguale; i medaglioni (sfoglia uguale ai ravioli); i
cappellacci (con sfoglia uguale a
quella dei ravioli) che ha un formato
di cappello, di dimensione di 4 cm x 4
– condimento (raviolo grande); i tortellini con la sfoglia dei ravioli (condimento: lombo di maiale, di manzo,
mortadella, parmigiano, uova, noce
moscata, pepe, sale); i tortelloni con
ricotta e spinaci, oppure con la zucca
gialla; gli scialatielli, la cui lavorazione è particolare, nel senso che si
stende la sfoglia su un apposito attrezzo antico a forma di chitarra e si
lavora con un
matterello
ed
escono gli scialatielli; i maccheroncelli (formato
di pasta con 3
uova per kg. +
acqua, la cui lavorazione viene
fatta con ferri più
spessi ed esce
una pasta corta;
le pappardelle
trafilate
in
bronzo con lavorazione artigianale; le conchigliette
trafilate in bronzo con aggiunta di spinaci o paprica”. Queste sono, in linea
di massima, i prodotti che commercializziamo. Anche se il nostro laboratorio, è stato aperto da un anno e
mezzo, possiamo dire che il paese e
l’intera Valle del Calore, ha risposto
bene alla nostra iniziativa e ci riteniamo soddisfatte”.
da pag uno
“Panificio Lucia”, prodotti che rispecchiano la tradizione della Valle
... Nuove attività artigianali che
Il “Panificio Lucia”, è specializzato
nella produzione di prodotti da forno
tradizionali e soprattutto, di prodotti
tipici cilentani, che portano avanti nel
tempo, le vere tradizioni cilentane.
Tutti i prodotti sono di produzione
propria e cotti nel tradizionale forno,
il quale è alla base della valorizzazione del vero prodotto tipico cilentano. I vari prodotti menzionati sono
le varietà che troviamo nel “Panificio
Lucia” S.a.s., posto in via Roma a Castel S. Lorenzo, aperto il 5 aprile
2007, di Franco Buono (di anni 43)
e di Lucia Sabetta (di anni 33), che
ha lavorato a contratto come OSS
(operatore socio sanitario), per un periodo c/o la Casa Albergo Giovanni
Paolo 2° di Felitto. Due figli: la ragazza, Angela, di 13 anni, ed un bambino, Cosimo di anni 7. Il titolare,
Franco Buono, ci dichiara che commercializza i prodotti del Cilento, valorizzandone la tradizione del pane
paesano casereccio. Utilizza la farina
dei mulini piccoli. Franco Buono, da
22 anni, ha svolto l’attività di commerciante ambulante nel settore dell’abbigliamento assortito. Preferisce
il lavoro autonomo. La scelte le ha
fatte sempre da solo, senza che nessuno lo guidasse. Nel suo settore precedente, il lavoro è calato e non vi era
più entusiasmo, in quanto la gente
tore del Cilento, Gaetano Puca) e
dell’abbandono che rappresentano
i problemi più cruenti di questo
paese, ma potremmo dire di tutta
l’area.
A prescindere, dai settori dei due
laboratori artigianali, dalla genuinità
dei loro prodotti come degli altri,
d’altronde, nei loro rispettivi settori di produzione e lavorazione.
Questi giovani, vanno premiati, perché danno origine a un’inversione
di tendenza, quella della scommessa di restare, investire, rischiare
anche contro le tendenze, la moda,
la globalizzazione, la crisi dell’economia e che ha investito l’euro.
Magari, altri giovani assumessero
iniziative del genere!…. L’economia
di questi paesi avrebbe un trend
positivo. Non sconterebbero le
conseguenze della mala politica o
del cosiddetto “posto”, il quale è
appannaggio, ancora oggi dei politici di nuova generazione. A proposito dei sindaci, il segretario della
UIL Angeletti asserisce, che “per i
sindaci è più importante il consenso che l’efficienza”. Pertanto, la
lettura del territorio, deve tenere
presente, tutti i fattori che ne determinano lo squilibrio e la mancata crescita culturale, sociale ed
economica.
mi avvalgo di altre esperienze del settore, per rendere al massimo la qualità ed il recupero di tutti i prodotti di
antica tradizione castellese. Ho verificato, che il pane con la semola di
grano duro e i prodotti integrali, alla
gente piacciono. I rustici, le torte salate ripiene, le ciambelle classiche
sono state una passione in casa sin da
piccoli. Questi prodotti vanno ripresi,
magari con idee nuove. “Prodotti con
esclusività”, questa è la ricetta del
preferisce il risparmio e non sempre
la qualità. Poi, il mercato è cambiato,
da quando sono subentrati i prodotti
Cinesi. “Con questa nuova attività,
oggi, sono in condizione di garantire
il lavoro per tutta la famiglia e di non
andare fuori, ma puntare sul mio
paese. Poi, con la legge Bersani, che
ha liberalizzato il mercato, a settembre u. s., è partita l’idea ed ho sospeso
l’attività precedente, investendo su
ciò che poteva andare, ma in particolare, rispecchiando una passione di
famiglia. Il pane classico tradizionale,
è stato sempre il forte della nostra realtà contadina. Certo, in questa fase,
“Panifico Lucia”. Puntiamo, oltre che
sul laboratorio artigianale, anche sul
punto vendita. Difatti, da quando è
iniziata l’attività, la gente, all’inizio è
venuta per curiosità e poi è ritornata.
Pertanto l’attività, è in continuo crescendo”.
sorgono a Castel S. Lorenzo
Giugno 2008
hERA
Inserto di attualità e conoscenza
a cura di Oscar Nicodemo, Daniela de martino e Giuseppe Sca ndizzo
I l g i o r n a l i s m o c ur vo
dello star system
Progressismo
oscurantista
d i O scar Ni cod em o
Senza l’intenzione di intonare note
polemiche che potrebbero far pensare ad un risentimento personale,
e senza svuotare di contenuto il
concetto di politica, ritengo che
questa costituisca, ormai, almeno
in Italia, un argomento evasivo, del
tutto superficiale. E se ne parla in
maniera tanto scriteriata che la verità in essa contenuta non viene
nemmeno sfiorata. Sembra del
tutto inservibile tirare fuori articolate teorie, strategie complesse e
manovre tattiche per spiegare e
giustificare l’atteggiamento di Veltroni, o il comportamento di Berlusconi. L’azione politica di costoro,
tesa a raggiungere un accordo,
forse anche tacito, di “convivenza
parlamentare”, può essere interpretata, in maniera alquanto lesta,
anche dall’intelligenza più fiacca.
Una volta venuti a conoscenza del
fatto che, nell’ambito di un potere
altolocato, convivenza e connivenza finiscono per rappresentare
un unico sostantivo, appare ancora
più evidente che non ci sia affatto
bisogno di apparire ingegnosi per
poter discutere di ciò che fanno i
nostri politici. E poiché non c’è
mediocrità più spaventosa di quella
che ha la pretesa di manifestarsi a
tutti i costi come pronta capacità
intellettiva, la saccenteria di tutti
coloro che, parlando di politica,
adottano un linguaggio più inespressivo e insulso di quello usato
dagli stessi politici, diventa particolarmente detestabile. In pratica,
insopportabile.
Diffidate, dunque, dei “politologi”,
non soltanto dei politici. Diffidate
dei giornalisti cerimonieri, oltre
che di quelli proclamatamente servili. Diffidate dell’informazione,
soprattutto di quella che si dichiara
apertamente libera ed imparziale. E
se mai steste passando in lettura
questo pezzo, diffidate anche di
me, giacché non ho certo la pretesa
di prefigurare ciò che vado scrivendo nella cornice della verità assoluta. Non posso fare a meno di
osservare, però, che le analisi di
molti giornalisti-politologi mancano non solo di forza di attrazione,
ma anche di elementi di persuasione che possano essere riconducibili alla realtà sociale. Un
professionista della comunicazione
che non sappia descrivere la politica senza oltrepassarne l’aspetto
più banale, e non sappia tenerne in
considerazione l’enorme garanzia
che questa può esercitare sulla vita
civile di un popolo, non è in grado
di maturare concetti migliori e più
suadenti di quelli di un qualsiasi
uomo di piazza.
Nulla mi trattiene dal constatare
che i tanti osservatori, di destra o di
sinistra, laici o cattolici, tanto negli
editoriali della carta stampata che
nelle congetture televisive, stentino
a trovare una linearità, una logica e
una consequenzialità che ne facciano degli opinionisti di riguardo.
In un contesto del genere la figura
continua a pag.III
Siamo
tutti
sbilanciati?
Di tutte, forse, questa è l’intervista più necessaria. Maurizio Formia, da musicista, è
andato all’inferno ed è tornato con un’intuizione che
porterà a riscrivere un capitolo importante della
medicina. Tutti siamo attratti istintivamente dalla
simmetria e dall’equilibrio.
Prima di conoscere il nostro
intervistato credevo che la
simmetria fosse essenziale
come canone estetico, adesso
so per certo che è essenziale
per il benessere psico-fisico
dell’uomo. Di che si tratta?
L’intuizione nasce da una necessità e
dall’istinto di sopravvivenza. A dire il
vero non sono tornato “dall’inferno”
con un’intuizione ma grazie ad una
intuizione. Il fatto di essere musicista
e nella fattispecie batterista-percussionista mi ha permesso di avere una
sensibilità maggiore alla meccanica
del corpo e del movimento, e ciò mi
ha permesso di uscire dall’incubo
della malattia facendo semplicemente
una cosa che al giorno d’oggi in medicina non fanno più: mi sono semplicemente guardato e studiato allo
specchio. Il capitolo importante della
medicina da riscrivere è quello dell’Odontoiatria.
Sul sito internet (www.occlusionegravita.it) da te curato
appare la sigla DCCM, che
cos’è?
La DCCM (Disfunzione Cranio Cervico Mandibolare) è una disfunzione
ovvero l’alterazione della funzione
masticatoria e del Rapporto schele-
trico posturale di Cranio e Mandibola che determina tutta una serie di
sintomi (fisici e psichici) e patologie
(conseguenti) quasi mai ricondottecorrelate appunto a questa disfunzione.
Tra i sintomi più comuni ricordo la
cervicalgia, vertigini, cefalea, artrosi,
ansia, disturbi alimentari e del comportamento, ossessione, tremori, tachicardia, sudorazione, disturbi
ormonali, mal di schiena, sciatica, dolore al ginocchio, parestesie, fascicolazioni, etc...
Le patologie conseguenti mai ricondotte alla DCCM sono la fibromialgia,
la Sindrome da Stanchezza Cronica, il
DAP (attacco di panico), la depressione, sono solo alcuni esempi.
La cosa grave è che la DCCM è
spesso indotta o aggravata proprio
dal lavoro incongruo del dentista a
cui noi ci affidiamo pagandolo anche
profumatamente.
Guarire dalla DCCM significa
recuperare la simmetria muscolo-scheletrico di tutto il
corpo. Il tuo metodo è la panacea per tutti i mali?
Non ho la bacchetta magica, ma un
corpo sbilanciato è più debole, sia fisicamente che mentalmente, e quindi
più soggetto ad ammalarsi. Non pensate che lo sbilanciamento sia la
causa di tutti i mali, ma certamente
un corpo indebolito dallo “Sbilanciamento Cranio Mandibola è più soggetto ad ammalarsi. Il sistema
immunitario indebolito provoca disturbi e patologie di ogni tipo.
Ebbene io vi dimostro scientificamente una causa certa dell’indeboli-
mento del sistema immunitario.
Di professione musicista, di
necessità medico di te stesso,
sei oggigiorno punto di riferimento per tante persone che
non hanno trovato un valido
aiuto nella medicina ufficiale.
In cosa consiste il metodo che
proponi per curare la causa di
tante patologie e disturbi?
Quando ho capito che questa patologia non trova la possibilità di cura
in ambito pubblico, e in ambito privato viene curata (ma non guarita)
con terapie dal costo esorbitante, mi
sono dato da fare da solo studiando
la bibliografia ufficiale (e non). Sono
arrivato alla conclusione che di questa malattia la medicina tradizionale
e alternativa ne sanno davvero poco.
Guardandomi allo specchio e mettendo in pratica diverse intuizioni
circa la simmetria scheletrica e poi
muscolare ho messo a punto un sistema che permette il ritorno alla
simmetria scheletrica che ho chiamato Metodo OcclusioneGravità® e
che consiste nell’utilizzo di una protesi mobile in resina trasparente che
applicata all’arcata dentale inferiore e
appositamente modificata, utilizzando
principi scheletrici di simmetria sui
tre assi spaziali, determina progressivamente il recupero fisico e psichico
del paziente.
La sanità pubblica e l’industria
farmaceutica costituiscono una
voce importante della spesa
pubblica dell’Italia. Il fine di lucro
è compatibile con la salute?
continua a pag. III
La storia si fa sotto i nostri occhi,
senza che noi, piccola gente, afflitta
e distratta da preoccupazioni di
sorta, ce ne accorgiamo. Cambiano
gli assetti mondiali e le strategie
politiche internazionali; cambiano
anche, e spesso di colpo, il destino
e la fortuna dei popoli. Ma, raramente, i contemporanei sono capaci di formulare un giudizio
complessivo su ciò che accade,
anche se tra loro ci sono sempre
una miriade di osservatori delegati
a pensare, a giudicare e a sputar
sentenze.
Gli antichi ebbero un pensatore
come Sant’Agostino, eppure impiegarono secoli per capire che
l’Impero Romano era caduto per
davvero, né ebbero il benché minimo sospetto di essere entrati in
quello che lontani posteri avrebbero chiamato il Medio Evo. Nel
1492 nessuno poteva sapere che la
scoperta di un nuovo continente
oltre l’atlantico avrebbe ridotto
quasi in miseria i Paesi del mediterraneo, Italia compresa. E nel
1895 nessuno avvertì che il primo
segnale radioelettrico lanciato da
Marconi era una bomba a tempo
negli ingranaggi della stessa concezione dell’evoluzione della specie
umana.
Davanti
a
sconvolgimenti epocali diversi ma
concomitanti, come la caduta delle
grandi ideologie e l’assalto del meraviglioso informatico ai vecchi
modelli del vivere, soffriamo, oggi,
della stessa miopia? Più o meno banalmente ci chiediamo dove il
mondo vada e che cosa sarà di noi.
Ma in fondo sentiamo che sono domande già morte, mentre non
osiamo farci quelle vive e vere:
Che cosa è già stato di noi? Dove
già siamo finiti?
Forse apparteniamo a quella maggioranza del genere umano che rischia di restare senza difesa al
cospetto dei padroni del mondo: i
signori della finanza, della politica
e delle comunicazioni.
Chissà che l’epoca in cui tiriamo
avanti non costituisca, per gli storici del futuro, un peculiare periodo
di oscurantismo?
Non si può certo affermare che viviamo un nuovo illuminismo fatto
di benessere, serenità e pace.
L’esistenza di molti popoli di nazioni considerate evolute e tra le
più industrializzate del mondo, conosce le sfumature grigie della precarietà.
L’incertezza e la povertà non è un
fatto che riguarda, come nel passato, specifiche aree del pianeta,
ma si estende un pò dovunque, fino
a raggiungere molti punti d’Europa. Di contro, la ricchezza del
pianeta è così mal distribuita da far
pensare ad un accentramento di poteri in netto contrasto con i principi
di convivenza civile della specie, se
no spregiudicatamente avverso con
i dogmi della solidarietà mondiale.
(hERA observatory)
II
hERA
Giugno 2008
Da: “Lettera agli ar tisti”
d i G i o v a n n i Pa o l o I I
Non tutti sono chiamati ad essere
artisti nel senso specifico del termine. Secondo l’espressione della
Genesi, tuttavia, ad ogni uomo è
affidato il compito di essere artefice della propria vita: in un certo
senso, egli deve farne un’opera
d’arte, un capolavoro. È importante cogliere la distinzione, ma
anche la connessione, tra questi
due versanti dell’attività umana.
La distinzione è evidente. Una
cosa, infatti, è la disposizione grazie alla quale l’essere umano è
l’autore dei propri atti ed è responsabile del loro valore morale,
altra cosa è la disposizione per cui
egli è artista, sa agire cioè secondo le esigenze dell’arte, accogliendone con fedeltà gli specifici
dettami.
Nel modellare un’opera, l’artista
esprime di fatto se stesso a tal
punto che la sua produzione costituisce un riflesso singolare del
suo essere, di ciò che egli è e di
come lo è. L’artista, infatti,
quando plasma un capolavoro,
non soltanto chiama in vita la sua
opera, ma per mezzo di essa, in
un certo modo, svela anche la
propria personalità. Nell’arte egli
trova una dimensione nuova e
uno
straordinario
canale
d’espressione per la sua crescita
spirituale. Attraverso le opere
realizzate, l’artista parla e comunica con gli altri. La storia dell’arte, perciò, non è soltanto
storia di opere, ma anche di uo-
mini. Le opere d’arte parlano dei
loro autori, introducono alla conoscenza del loro intimo e rivelano l’originale contributo da essi
offerto alla storia della cultura.
La società, in effetti, ha bisogno
di artisti, come ha bisogno di
scienziati, di tecnici, di professionisti, di testimoni della fede, di
maestri, di padri e di madri, che
garantiscano la crescita della persona e lo sviluppo della comunità
attraverso quell’altissima forma
di arte che è “l’arte educativa”.
Nel vasto panorama di ogni nazione, gli artisti hanno il loro specifico posto. Proprio mentre
obbediscono al loro estro, nella
realizzazione di opere veramente
valide e belle, essi non solo arricchiscono il patrimonio culturale
di ciascuna nazione e dell’intera
umanità, ma rendono anche un
servizio sociale e qualificato a
vantaggio del bene comune.
La differente vocazione di ogni
artista, mentre determina l’ambito del suo servizio, indica i
compiti che deve assumersi, il
duro lavoro a cui deve sottostare,
la responsabilità che deve affrontare.
Un artista consapevole di tutto
ciò sa anche di dover operare
senza lasciarsi dominare dalla ricerca di gloria fatua o dalla smania di una facile popolarità, ed
ancor meno dal calcolo di un possibile profitto personale. C’è dunque
un’etica,
anzi
una
“spiritualità” del servizio artistico, che a suo modo contribuisce alla vita e alla rinascita di un
popolo.
Da “La stazione della fantasia”:
“L’antico trenista”(dic.2005) di Luigi Di Lascio
Dalla casa di Sergio ( SergioVecchio
ndr), tre strati di spazio come tre
fondali in un teatro: il primo piano di
chi guarda, la linea ferroviaria con il
treno, le mura con la loro città. E il
sole del tramonto in faccia che dà ad
ogni strato una corposa occupazione dello spazio.
A Paestum c’è ancora il buffet, il
giardino resiste, il castello è cadente,
testimone scomodo delle soluzioni
semplici, umane e rasserenanti a
problemi grossi:nel buffet ci sarà il
laboratorio di Sergio.
Paestum esiste ancora e nella memoria siamo scomparsi noi bambiniragazzi giovani, ora che nella
piramide dell’età occupiamo la posizione più scomoda. Pensiamo come
ragazzi ma abbiamo l’usimo della
morte addosso. Il buffet ha nella sua
memoria le soste, le parole, le meraviglie di milioni di persone che venivano a rinnovare la meraviglia della
città modello.
Una terrazza per parlare e bere, vicine che quasi si posson toccare le
mura della città.
Certo ora il cattivo gusto nella città
più bella della Magna Grecia si
spreca… Prima o poi qualcuno sorgerà dall’Ekklesiasterion a rivendicare il rispetto della storia e della
leggenda di Poseidonia.
Forse per questo non pochi percorrono, timorosi, a piedi, la strada che
dalla stazione porta al tempio di
Nettuno. Quasi tutti vanno in macchina, scudo contro l’irato greco.
Chiudono le stazioni di Capaccio e
di Paestum, vengono lentamente
svuotate della loro vita, ma aumentano le sale dei vip: una celebrazione
della perdita di tempo, dell’introduzione nelle cadenze di cortocircuiti
elettrici che preparano squilibri
mentali, cecità e aumento della legittimità del cinismo. Esiste il tempo
in sé, il fare in sé, l’individuo in sé:
tutto il resto è fastidio. Sedetevi, dirigenti, vip e affini, a Paestum, su una
delle panchine presenti sui binari.
Ecco, siete già partiti, verso una qualunque destinazione, in fuga. In fuga
dalla TV, dai pubblicitari, dalle purissime stronzate di “maitres à penser”
che hanno come unico obiettivo
quello di coltivare il proprio cinismo
nella sistematica demolizione di tutti
i diritti sociali consegnati nelle mani
del mercato, l’Ente Supremo.Venite a
Paestum, nel buffet laboratorio di
Sergio: un’altra vita è possibile.
Prospettive di
speranza
di Aldo D’Angelo
Per il filosofo Spinoza (1632 - 1676)
la speranza era figlia dell’insicurezza; per Nietzsche (1844 – 1900)
era uno stimolante potente per vivere.
La speranza è una emozione, un vissuto che si prova, non un concetto
che si pensa.
Il potere, specialmente nei regimi
democratici, l’ha distribuita a piene
mani; come hanno fatto le dittature
con la paura.
Solo la compassione, nell’uomo, è
più forte della speranza.
Non si può vivere, però, senza speranza; si può vivere, invece, senza
compassione.
Max Scheler avverte che la compassione non deve essere confusa con il
“contagio affettivo”, che è il lasciarsi
catturare da una passiva e sterile sofferenza.
La compassione è ”il saper comprendere la qualità delle sofferenze
altrui, senza soffrire con essi, ma
adoperandosi per il loro soccorso. La
compassione è l’unica emozione autonoma dell’individuo; è la vita nella
sua forza spontanea, il gratuito dono
di se stessi.
Spinoza vede nella speranza “una letizia incostante, nata dall’immagine
di qualcosa, della cui realtà dubitiamo.”
La speranza, molte volte, coesiste
con la paura: segnala un difetto di conoscenza, una impotenza della
mente; non è mai senza tristezza.
Come la paura, la speranza è figlia
dell’insicurezza, e poiché gli uomini
di rado vivono secondo i dettami
della ragione, essa, non meno della
paura, dell’umiltà, del pentimento,
arreca più utilità che danno, in quanto
coloro che sono sensibili a questi affetti, sono riconducibili, molto più di
altri, a vivere sotto la guida della ragione. Questa tesi si radicalizzerà in
Nietzsche, per il quale: ”La speranza
non è che un potente farmaco, una
medicina o addirittura una droga; è
uno stimolante per la vita, ben più
forte di qualsiasi particolare gioia effettiva.” Mentre Spinoza va affermando che ”la speranza serve la vita,
la quale è ordinata dalla ragione.
” La speranza,
insomma, è subalterna allo
specifico stile
razionale della
vita, senza essere, essa stessa,
né la ragione né
la vita.
Di certo c’è che
la speranza appartiene a tutti
ed è in ognuno
di noi.
III
hERA
Giugno 2008
Assteas
studio:
Mater Paesti
(Preghiera per Hera Argiva)
Pubblicità
per
prodotti
inesistenti
Nella tua distesa d’aria voglio respirare,
per offrire la mia dignità al tuo sguardo,
per rendere celesti le mie zone d’ombra,
per adorare le tue mani su di me devoto.
Biferi RosariaPaesti
Parfum
Nei tuoi occhi di bosco voglio guardare,
per non vedermi riflesso nell’affanno,
per irradiarmi della luce che rigenera,
per bearmi dell’effluvio della tua presenza.
Alla tua volontà voglio accordarmi,
per non allontanarmi dall’armonia,
per colmarmi di trascendente serenità,
per magnificarmi di elevata semplicità.
“L’onda soave
che nasce da una
goccia antica”
Grande Madre, che richiami a te l’antica stirpe
per ricondurla alla sua esistenza e al suo destino,
concedimi di meritare la tua benevolenza
affinché io viva propizio e agisca nel tuo segno.
continua da pag. I
di Oscar Nicodemo
Il giornalismo curvo
dello star system
del giornalista appare davvero penosa.
Ormai per svolgere questo mestiere
(povero me che sono iscritto in questo albo professionale) sono richiesti non pregi o virtù, ma una serie di
raccapriccianti difetti che vanno
dalla scarsezza intellettiva alla ossequiosità più servile.
Pertanto, ad eccezion fatta, il giornalista moderno si prospetta come
una persona senza qualità, che, a
tutti i livelli di comunicazione, a prescindere dalla tiratura del giornale o
dall’audience dell’emittente presso
cui svolge il suo compito, funge da
mediatore tra coloro che contano o
si cerca di farli contare e il pubblico.
Considerato, quest’ultimo, come una
massa inerme pronta ad ingerire
un’informazione mai corretta, ambigua, eticamente inattendibile.
Appare considerevolmente probabile che molti giornalisti dovrebbero
svolgere mestieri ben più umili di
quello che fanno; ma è altrettanto
vero che in questo Paese non ci sono
settori del lavoro in cui non affiori
un’allarmante trascuratezza.
Questo, naturalmente, non può essere consolatorio.
Avendo, tra le soluzioni finali, la
possibilità di scegliere una pertinente autocitazione, non vi rinuncio.
E ben volentieri ricorro all’aforisma:
“Per essere giornalisti non basta parlare male e scrivere peggio, bisogna
anche essere capaci di compiacersene.”
...continua da pag. I
Siamo tutti
sbilanciati!
Questa domanda andrebbe fatta alle
istituzioni e alla sanità. Per quanto mi
riguarda penso che bisogna come
prima cosa avere ben presente il significato del verbo “guarire” e del
verbo “curare”.
Oggi la sanità pubblica e privata
hanno il compito di porre in atto
tutte le conoscenze scientifiche, i
mezzi e i rimedi per “curare” la malattia.
Una “cura” non dovrebbe durare all’infinito, dovrebbe portare alla guarigione.
Oggi invece una “cura” è solo fonte
di lucro per le case farmaceutiche e
la sanità pubblica e privata.
Siamo poi così sicuri che oggi le case
farmaceutiche e la sanità abbiano interesse a guarire la malattia, oppure
hanno interesse a curarla all’infinito?
Stai lavorando al libro “Occlusione Gravità”, dove svisceri tutto quello che si sa
sulla DCCM e la sua cura.
Come speri sarà accolto
dall’opinione pubblica?
Il mio intento nello scrivere il libro è
quello di portare a conoscenza di
questa malattia tutte le persone che
non hanno un computer o non
sanno usare Internet, medici compresi.
Sapendo bene quali sono le terribili
conseguenze fisiche e psichiche che
provoca, soprattutto da un punto di
vista sociale e relazionale, provo a
dare un input sperando che istituzioni e autorità preposte, in primis,
possano rendersi conto dei disastri
che alcune branche della sanità perpetrano ai danni della collettività, rimanendo spesso impunite e facendo
utili spropositati sulla sofferenza della
gente.
Ovviamente, spero venga accolto per
quello che è, ovvero un mezzo di informazione utile a tutti, indistintamente (anche ai dentisti), e non un
mezzo propagandistico per colpire
ipoteticamente la “casta” della sanità.
Giuseppe Scandizzo
IV
Rubrica
L’AGENDA DI
STRABONE
Percorso di base
per l’avvicinamento
a Paestum
hERA
Giugno 2008
La basilica (cd.)
Si inizia la descrizione dei templi, partendo da quello più a sud. Dai primi archeologi, del XVIII sec. che si
occuparono di Paestum, fu chiamato
con vari nomi, tra cui quello di “Basilica”, che ha finito per prevalere, ed è
usato convenzionalmente anche oggi.
Era ritenuto, infatti, un edificio civile e
non religioso, in primo luogo perché
manca il frontone (che è caduto), poi
perché ha un numero dispari di colonne
sulla facciata, e di conseguenza all’interno è diviso in due navate, ed infine
perché non era stato ancora scoperto
l’altare.
Inoltre, pensando che le sue forme fossero di decadenza, lo giudicarono di età
ellenistica. In realtà, la Basilica è il più
antico dei templi conservati di Paestum: metà del VI sec. a.C.. Esso è
orientato con la fronte ad est (come tutti
i templi greci), ha nove colonne di ordine dorico sulla facciata e diciotto sui
lati lunghi..
Misura m.24,50 sulle fronti, e 54,30 sui
lati. Le colonne si distinguono per la
forma fortemente rastremata in alto, e
con un rigonfiamento molto sentito
(éntasis) a metà del fusto.
Il capitello consta di due elementi: uno
Aforismi inediti
d i O s c a r Ni c o d e m o
Per diventare un capo bisogna passare per i vari livelli di incompetenza.
Innamorarsi della donna sbagliata è
il solo modo per scegliere bene una
moglie.
Solo chi ha osato premia chi osa.
L’erotismo è tutto, tranne che fare
sesso.
superiore, quadrato, detto abaco, e uno
inferiore, a forma di cercine molto
schiacciato, detto echino.
La forma dell’echino e l’éntasis delle
colonne sono caratteri dell’alto arcaismo cui il tempio appartiene, e sono
dovuti alla concezione funzionale che
delle diverse parti dell’edificio avevano
gli architetti greci di questo periodo:
tutte le parti struttive, infatti, sono concepite come membrature vive, e così
come un muscolo in un corpo vivente
si gonfia contraendosi, quando è sottoposto ad uno sforzo, così la colonna che
sopporta il peso dell’architrave si gonfia, producendo l’entasis.
Per la stessa ragione l’echino si schiaccia. I capitelli della Basilica hanno poi
un’altra particolarità, che si riscontra in
pochi altri edifici della Grecia: presso
il punto di unione con la colonna hanno
una corona di foglie baccellate (anthémion). Questo peculiare tipo di capitello è detto acheo.
Al di sopra delle colonne vi è l’architrave, e sopra questa vi è una fascia
composta da un filare di pietra di arenaria. La struttura superiore era rappresentata dal fregio dorico, in calcare,
composto da triglifi e metope. Il tetto
aveva una cornice in terracotta dipinta,
con grondaie a testa di leone, che in
parte si conserva nel locale Museo.
Entrando nel tempio, ci troviamo dapprima nel porticato, che aveva un pavimento di terra battuta, quindi si passa
nel vestibolo che introduce alla cella,
che è detto anche pronao.
La cella era la parte più sacra del tempio, la vera casa della divinità, che vi
era venerata sotto forma di statua, e in
cui, durante le cerimonie, era vietato
l’ingresso al popolo. Nella parte posteriore della cella si osserva un’altra stanzetta, l’adyton, dove si conservava il
tesoro del tempio.
Per quanto riguarda le notizie che fanno
risalire al Nume titolare del tempio,
esse si presentano incerte, anche se altamente erudite e di grande valore
scientifico.
Difatti, le fonti di studio di questa rubrica, elaborate in semplice forma didattica per proporsi a lettori di ogni età
e cultura, pur essendo molto pregevoli
(non fosse altro per il fatto che provengono da un ambiente accademico di livello internazionale), non elaborano, al
riguardo, supposizioni e congetture con
sufficiente sicurezza.
Autorevole è la versione di Emanuele
Greco, che, ipotizzando un doppio
culto dell’edificio, identifica in Hera la
divinità principale, in virtù di ex voto
di alcune iscrizioni trovate nelle vicinanze dell’altare del tempio; mentre per
l’altra, egli pone l’attenzione su Zeus,
stimolato da una statua di terracotta dipinta, raffigurante un Dio barbato con
corona di bronzo ( in esposizione al
Museo), trovata vicino al grande altare,
situato secondo il rito, di fronte alla facciata orientale del tempio.
L a r o s a d i Pa e s t u m
Da:”Rosae” di Mario Mello
Non ci sono notizie esplicite che
consentano di precisare quando a
Paestum le rose cominciarono ad essere prodotte col grado di qualità e
di quantità che il mondo romano conobbe e ammirò.
Si potrebbe pensare che la coltura
dei roseti sia stata importata dalla
Grecia e risalga già ai primi secoli di
vita di Poseidonia: Ma è un’ipotesi
fino ad oggi priva di concreti e plausibili riscontri.
Taluni indizi orientano verso l’età ellenistica. Negli ultimi anni, difatti, la
ricerca archeologica ha consentito di
riconoscere l’esistenza di negozi di
profumieri affacciati sul foro e databili ai tempi della fondazione della
colonia latina (273 a.C.); è stata
anche segnalata, per il IV secolo a.
C., una produzione locale di “unguentaria”: la presenza di queste attività poterebbe credersi collegata
con una consistente floricoltura di
supporto, in particolare con la coltivazione delle rose, che costituivano
l’essenza più ampiamente richiesta e
utilizzata nella fabbricazione di olii
profumati (“unguenta”).
Certo, le più antiche testimonianze
letterarie di cui disponiamo, quelle
di Virgilio e di Properzio, dimostrano che la fama delle rose di Paestum era già saldamente consolidata
e largamente diffusa nella seconda
metà del I secolo a. C., e si deve,
quindi, ritenere che nel territorio di
quella città ampie distese di roseti
pregiati fossero produttive e sfruttate
ormai da lungo tempo.
Molto probabile è, peraltro, che una
coltura così impegnativa e tecnica, e
così connessa, da un lato, con la disponibilità di terreni adatti e di adeguate
strutture
commerciali,
dall’altro, con le tendenze e le disponibilità di spesa dei fruitori, abbia
rispecchiato le variazioni di questi
diagrammi.
Se era già praticata nei secoli IV e
III, è presumibile che il II secolo
abbia costituito un periodo di flessione, in corrispondenza del degrado
ambientale e della crisi economica e
demografica che allora presentava
Paestum, in genere, l’agricoltura dell’Italia Meridionale; mentre il I secolo dovette aprire una fase
nettamente più favorevole, sia per il
graduale risanamento delle campa-
gne, sia per la propensione al lusso,
ai consumi voluttuari, ai profumi,
che in quel tempo prese piede.
Al tempo di Virgilio e di Properzio,
i “rosaria” pestani avevano ormai acquisito peculiarità che li rendevano
noti e tipici, tanto che erano passati a
connotare la stessa città ove essi fiorivano (definita “bifera” dal primo,
“odorata” dal secondo).
La varietà delle rose che si usava
chiamare “pestana” era sostanzialmente costituita da tre elementi: il
colore rosso, il profumo intenso, la
doppia fioritura annuale dei rosai.
Tra le rovine... dell’amore
Il teatro è il sacrificio dell’attore
che si vota a vittima del regista.
Talvolta ascolto la voce del mio
cuore: mai una notizia utile.
Tim Bias non va dietro alle
donne, ma alla natura... Cammina tra i templi di Paestum e
sgrana le narici a carpire l’essenza
della notte. È stellato il cielo, e il
così chiamato tempio “Basilica” è
il luogo ideale per fare ciò per cui
è nato… Sorride al pensiero di
quante energie l’umana specie
spreca a proteggere quattro pietre dall’usura del tempo. Ma il
ghigno si fa mistico e veggente
quando l’immagine delle conseguenze nefaste dell’idea della conservazione dei beni culturali si
staglia nella sua mente. Un uomo
e una donna avvinghiati insieme a
penzoloni dall’architrave ricoperti
da petali di rose rosse in un abbraccio di morte. Conserviamo i
beni culturali dal circumcontemplare in orario lavorativo e dall’ammirazione illuminata dei
passanti notturni. Tim Bias non
cerca di dire, di spiegare. Agisce.
Ha sempre fatto cosi. E lo fa su
due livelli: uno pratico, l’altro
ideale. Per cui, tutto gli è possibile, anche rincorrere l’amore tra
le colonne di un tempio, nell’arena dell’anfiteatro, lungo i fori
o all’incrocio del decumanus.
Giusca
Cronache
Giugno 2008
ROCCADASPIDE
Le piante tintorie
dell’Alighieri
La scuola media “Dante Alighieri”
di Roccadaspide ha realizzato il
progetto “Piante tintorie: riconoscimento e loro utilizzo”, promosso dal Parco Nazionale del
Cilento. Le professoresse Filomena
Scorziello e Angela Perillo, promotrici dell’iniziativa, hanno coinvolto
20 allievi delle classi IIA e IIB. IL
progetto di 60 ore complessive, finanziato dalla scuola, ha compreso
varie fasi di lavorazione e l’intervento di due esperte in erboristeria della facoltà di farmacia di
Salerno.
Ma i veri protagonisti sono stati i
ragazzi che, dopo una prima fase di
scetticismo, hanno aderito all’iniziativa con grande entusiasmo. La
singolarità del progetto riguarda la
scarsa conoscenza delle proprietà
tintorie delle nostre piante sia dei
professori, che degli studenti. A riguardo, la professoressa Scorziello
conferma: «E’la prima volta in cui
allievi ed insegnanti partono alla
pari».
L’iniziativa nasce dalla volontà di
scoprire il nostro territorio e di
dare la giusta valenza a piante che,
a volte, sono definite erbacce e, se
il progetto dovesse estendersi, di
offrire opportunità di lavoro.
E’ stato un percorso formativo, ad
ampio raggio, che ha reso i ragazzi
soggetti attivi in ogni fase. Si è partiti dalla ricerca e dalla raccolta di
piante da cui ricavare il colore per
tingere i capi in lana di pecora e in
cotone. I capi, prima di essere colorati, sono stati lavati con detersivo liquido e sottoposti alla
‘mordenzatura’, un processo di fissaggio indelebile del bagno di colore sulle fibre. La preparazione dei
decotti per la tintura è consistita
nel far bollire in acqua i fiori, le radici o i frutti.
E la fase più attesa da tutti è stata,
proprio, il bagno colore. «Ogni
volta che immergevamo le fibre nel
bagno ottenuto, ci scoprivamo a
guardare dentro la pentola, da cui
sembrava dovesse uscire un tesoro», scrivono le professoresse
Perillo e Scorziello nella relazione
finale. Le piante usate hanno compreso mallo di noce, sambuco ebulus, riccio di castagna, salvia, menta,
elicriso, robbia, fichi d’India, camomilla romana, galle e corteccia di
quercia, more, crespino, alaterno. I
ragazzi ‘delle piante tintorie’ hanno
elaborato degli opuscoli per ogni
pianta trattata , correlati di foto sui
processi effettuati. Tutto ciò che il
laboratorio ha prodotto, è stato
esposto, a Roccadaspide, nella mostra del 3 giugno 2008. E le informazioni sui processi di lavorazione
sono state tratte dal sito di Nicola
Di Novella.
Francesca Pazzanese
tre
Diomede Ivone, per sempre studioso e democratico–cristiano
E’ stato preside della facoltà di economia e commercio, maestro
nella ricerca di storia economica
Avrebbe voluto ritornare al suo
paese natìo, Felitto, per curare la sua
vasta biblioteca di circa ventimila
volumi ed il suo archivio ordinato in
oltre cento faldoni.
Ma non c’era solo questo desiderio
in Diomede Ivone, nel bilancio di
una vita stringatamente descritto
nella sua ultima bibliografia, proprio
mentre lascia l’università, a settantadue anni dei quali oltre la metà dedicati a insegnare storia economica.
C’è anche un desiderio umano che
ora lo accompagnerà, un desiderio
coltivato in vita che è un po’ metafora della esistenza di generazioni e
generazioni di cilentani.
«Ritornerò a Felitto per visitare più
spesso, nel piccolo cimitero, la mia
povera mamma - scrisse nella sua ultima bio-bibliografia - una contadina
che non sapeva né leggere, né scrivere, né far di conto e che morì giovane, a 52 anni, ma che ebbe il
tempo di inculcarmi i sentimenti
della religiosità, dell’onestà, della lealtà, della tolleranza, della solidarietà».
Diomede Ivone è morto all’età di 73
anni. Fronteggiando una grave malattia con l’unica arma che gli era
propria: lo studio, le letture, la meditazione e l’affetto che ha saputo dare
e ricevere.
Non ci sarà mai storia di storico che
potrà prescindere dalla sua carta
d’identità che contempli la genera-
lità delle radici, più che la ricchezza
della biografia scientifica
(...) Quel percorso, Diomede Ivone
lo costruisce con lo scavo nella vita
quotidiana degli uomini, tutto registrato nei giri di orizzonte del Cilento scritti su Il Mattino di
Giovanni Ansaldo, apoi approfonditi
nell’opera di scandaglio della religiosità della terra nella quale è nato
e vive, secondo i criteri di ricerca
storiografica delle Annales che arrivano a Salerno, grazie a De Rosa,
proprio nella stagione fondativa dell’ateneo salernitano.
Dallo studio sulla transumanza dei
pastori all’associazionismo laico e
cattolico dell’Ottocento, dal ruolo
che ebbero i cattolici nell’Assemblea
Costituente (è stata l’ultima fatica
pubblicata con Studium) alle scelte
di politica economica degli anni Cinquanta, particolarmente sull’incidenza della riforma agraria e
l’istituzione della Cassa per il Mez-
zogiorno. «Riforme che cambiarono
radicalmente la storia economica e
sociale del sud», scrive sempre
Ivone suffragando sempre questa affermazione, ormai comunemente accettata, con il riscontro della più
significativa storia democratico-cristiana del Mezzogiorno.
Con gli anni, Ivone affina la ricerca
sul versante della storia economica
(finisce la sua carriera da preside
della facoltà di economia e commercio), lascia ricerche e scritti sugli
anni della ricostruzione post-bellica
attraverso lo studio rigoroso di figure
come Alcide De Gasperi, Pasquale
Saraceno ed Ezio Vanoni.
Tre densi convegni di studio, voluti
da Ivone e da Raimondo Pasquino, i
cui atti, tutti curati da Ivone, rappresentano ancora oggi alcuni degli
strumenti di lavoro più ricchi e profondi per la ricostruzione della storia del dopoguerra italiano.
Tra le prime ricerche politico-storiografiche di Ivone ci sono quelle sul
cattolico popolare Carlo Petrone, figura di sturziano salernitano che, a
cavallo tra gli anni del Ppi del primo
Novecento e quelli della Dc degasperiana, paga il prezzo della emarginazione politica con l’avvento di
Carmine De Martino.
E’ questa ricerca, anche un po’ autobiografica, il racconto di una generazione salernitana che, negli anni
continua a pag. quattro
Roccadaspide
Alla Guglielmo Marconi
“I medici incontrano la scuola ”
Si è svolta, mercoledì 28 maggio presso la palestra dell’Istituto Tecnico Industriale di Roccadaspide, la manifestazione “I medici incontrano la scuola”, volta ad
informare anche i più piccoli sui metodi per prevenire
l’obesità, e di conseguenza le malattie cardiovascolari, ed
avere uno stile di vita sano.
L’iniziativa, organizzata dalla Scuola Elementare di Roccadaspide Guglielmo Marconi, ha visto la partecipazione
di tutti gli alunni della scuola, dalle classi prime alle
quinte. Sono intervenuti, inoltre, le autorità locali e diversi medici tra cui Raffaele Rotunno primario del reparto di cardiologia dell’ospedale di Roccadaspide e
delegato Regionale dell’associazione “Heart Care Foundation” e i dottori Igino Oppo, Carmen D’Elia, Gabriele
Saetta, Pietro Aveta, Sergio Bruno e Fabio Crescibene.
Questi hanno illustrato ai bambini, per mezzo di diapo-
sitive coloratissime e a fumetti, quali sono i cibi da evitare, cosa fare per curare l’obesità, quanto è importante
l’attività fisica, quanto sia dannoso il vizio del fumo e le
strategie di prevenzione e come riconoscere e soccorrere un arresto cardiaco.
Con l’aiuto dei volontari del 118 hanno, inoltre, messo
in scena un intervento di primo soccorso ed hanno spiegato, vivacemente, ai bambini cosa fare in tali casi.
“Queste iniziative hanno una duplice finalità: quella di informare e far entusiasmare i bambini a condurre uno
stile di vita sano evitando i cosiddetti “cibi spazzatura” e
la sedentarietà e quella di illustrare agli adulti come riconoscere i campanelli di allarme nei bambini e prevenirli o guarirli. Prima di incontrare i bambini, infatti, i
medici hanno sostenuto degli incontri con i loro docenti
affinché venissero informati sugli argomenti e li proponessero agli alunni” ha ricordato l’assessore alla pubblica
istruzione Luigi De Vita. Tra le autorità locali presenti
ad intervenire sono stati anche il sindaco di Roccadaspide Girolamo Auricchio e il direttore amministrativo
della Guglielmo Marconi, Sergio Fariello. Considerato
l’entusiasmo e la curiosità con cui i bambini hanno posto
le domande ai medici, non si può di certo dire che l’iniziativa non sia stata ben accolta. D’altronde è necessario imparare a volersi bene affinché, come cita Ippocrate:
“il tuo alimento sia la tua medicina e la tua medicina sia
il tuo alimento”.
Alessandra Pazzanese
Il Valcalore
Giugno 2008
I segni enogastronomici
di Grimilde
Segni di grano
Caratteristiche dei segni:
sono molto socievoli, in amore sono
caldi ed avvolgenti, sul piano professionale preferiscono il lavoro di
gruppo e sanno essere simpatici e
pieni di entusiasmo, anche se cercano
sempre
di
primeggiare.
Cavatiello: nati nel mese di luglio;
Fusillo: nati nel mese di febbraio;
Vescuotto re Pane: nati nel mese
di maggio; Pezzella: nati nel mese di
settembre.
Segni d’uva
Caratteristiche
dei
segni:
riflessivi e dediti a pensieri meditativi,
in amore sono frizzanti ed effervescenti, a volte amano la solitudine, a
volte preferiscono la compagnia, sono
sempre in fermento e prediligono il
buio.
Aglianico: nati nel mese di aprile;
Primitivo: nati nel mese di marzo;
Fiano: nati nel mese di giugno;
Per’ e Palummo: nati nel mese di
novembre
Segni
di
spezie
Caratteristiche
dei
segni:
appassionati e romantici, mettono il
sale nelle loro vita e spesso il pepe,
amano i profumi ed il piccante, a volte
hanno bisogno di molto tempo per
maturare una decisione, spesso migliorano invecchiando come i segni
d’uva.
Capocuollo: nati nel mese di dicembre; Soppessata: nati nel mese
di gennaio; Longa: nati nel mese di
ottobre;
Sausicchia: nati nel mese di agosto
PROFEZIE IN
ESALAZIONI
ETILICHE
CAVATIELLO
Giorno fortunato: il 21
Numeri da giocare: 61 - 29
Pietanza consigliata: carciofi al cartoccio
Luogo da visitare: Piaggine
Le esalazioni etiliche nell’ultimo
quarto di semola dei segni di farina,
porteranno prosperità e ricchi ragù.
Il rischio di essere facili prede d’ingordi avventori aumenterà, ma non disperate, solo i più fortunati cadranno
dal piatto al forno. Meglio non parlare
di tutti gli altri.
Forse Solopaca esce dal vostro segno,
ma potrebbe tornare presto: guai in
vista.
FUSILLO
Giorno fortunato: il 21
Numeri da giocare: 98 - 12
Pietanza consigliata: gamberi e rucola
Luogo da visitare: Futani
Bene, adesso che siete tornati con il
Capocuollo e che avete pagato il salato conto dell’idraulico, vi sentite
molto più leggeri, forse aggiungendo
qualche uova al vostro impasto la situazione migliorerà
Meglio non farsi soverchie illusioni.
VESCUOTTO RE PANE
Giorno fortunato: il 14
Numeri da giocare: 5 – 48
Pietanza consigliata : caponata
Luogo da visitare: Casal Velino
Cercate di non seccare troppo.
PEZZELLA
Giorno fortunato: il 2
Numeri da giocare: 72 - 63
Pietanza consigliata : zucchine e melanzane fritte
Luogo da visitare: Camerota
Dopo il primo quarto di pizza di scarola, la situazione cambierà radicalmente, avrete finalmente la possibilità
di aprire molte porte: basterà spingere o tirare.
Non abbiate paura dei tira e molla!
GIUNGANO
Operativo lo sportello
della Bcc di Aquara
AGLIANICO
Giorno fortunato: il 16
Numeri da giocare: 43 – 39
Pietanza consigliata : capretto con patate
Luogo da visitare: Policastro
L’Esalazioni Etiliche miglioreranno l’intesa sessuale: è ora di cercarsi un partner. Il passaggio di Taurasi nel vostro
segno vi aiuterà ad essere più spiritosi
ed alcolici.
PRIMITIVO
Giorno fortunato: 4
Numeri da giocare: 12 - 32
Pietanza consigliata : frittura di paranza
Luogo da visitare: Roscigno
Siete in una botte di ferro! Tutto ciò
che desiderate, finalmente si avvererà:
basterà tenere i piedi terra terra. Per
i disoccupati: è il momento buono per
cercarvi un posto ( a tavola).
FIANO
Giorno fortunato: il 16
Numeri da giocare: 7 – 48
Pietanza consigliata : spigola al sale
Luogo da visitare: Positano
Spinti dal bisogno, ruberete un pacco
di carta igienica. Consiglio: frequentate
negozi appartati, sconosciuti e poco
frequentati.
PER ‘E PALUMMO
Giorno fortunato: il 29
Numeri da giocare: 49 - 2
Pietanza consigliata: zucchine alla scapece.
Luogo da visitare: Perdifumo
Evitate di sorridere da ebeti e di essere ottimisti: non c’è proprio motivo.
CAPOCUOLLO
Giorno: il 12
Numeri da giocare: 53 - 29
Pietanza consigliata : pizza di cipolla
Luogo da visitare: Polla
Solopaca nel vostro segno prevede
cadute dalle scale mobili e investimenti da trattori. Regolatevi di conseguenza: evitate il più possibile la città
e la campagna.
LONGA
Giorno: il 3
Numeri da giocare: 8 - 42
Pietanza consigliata: insalata di patate
Luogo da visitare: Sacco
Si prevede un periodo difficile: evitate
il più possibile le scampagnate e la
compagnia dell’Aglianico. Evitate di essere affettati. Evitate le fave!
Il bel tempo non è un segno favorevole del destino: il rischio di essere divorati è in aumento.
Da sinistra, fra gli altri, si riconoscono Peppino Pagano, Mario Miano
Franco Palumbo e Tonino Marino
Giungano aggiunge un altro tassello alla sua “popolarità” di comune del fare: nonostante le
piccole dimensioni vede premiato
il suo attivismo in campo imprenditoriale con l’attivazione di un
punto informativo della Bcc di
Aquara.
“In sostanza – dice il direttore
della banca, Antonio Marino –
daremo un’anima allo sportello
bancomat che è già operativo da
tempo nel comune di Giungano.”
Per il momento, una volta o due a
settimana, presso lo sportello sarà
presente un funzionario della
banca per dare consulenze e offrire assistenza ai clienti.
L’inaugurazione ha dato l’opportunità ad alcuni imprenditori del
luogo (Enzo D’Angelo) e ad altri
provenienti dalla vicina Capaccio
(Peppino Pagano) di esternare la
propria soddisfazione per come
l’amministrazione sa andare incontro ai bisogni di chi ha voglia
d’investire. “Giungano sa essere
unito e compatto quando si trova
di fronte a sfide importanti per il
SAUSICCHIA
Giorno fortunato: il 27
Numeri da giocare: 7 - 84
Pietanza consigliata : zucchine ripiene.
Luogo da visitare: Santa Marina.Avrete
bisogno di luoghi freschi per evitare di
fare la muffa. Taurasi suggerisce l’uso
abbondante di pepe e finocchio, ma rigorosamente in polvere.
territorio. – afferma il sindaco,
Franco Palumbo- infatti sia sul
Pip sia sullo sportello bancario io
e il mio predecessore, Ernesto
Passaro, siamo in piena sintonia.
I risultati raggiunti sono merito
dell’intera Amministrazione e
della Giunta che asseconda
l’opera del sindaco in piena sintonia.”
“La Bcc di Aquara – aggiunge
Luciano Capozzoli - nell’ottica di
andare incontro alle esigenze
della clientela, farà la stessa operazione presso lo sportello Bancomat allocato nella caserma di
Persano.”
Il primo passo nella direzione di
dare un servizio importante al territorio è compiuto.
Ora si tratta di capire se Palumbo
e l’intero apparato produttivo che
orbita intorno alla zona Pip di
Giungano sapranno alimentare il
“fuocherello” acceso da Marino.
Le banche, si sa, vanno verso chi
deposita e chi investe…
Auguri
SOPPESSATA
Giorno: il 20
Numeri da giocare: 85 - 58
Pietanza consigliata : caciotta dolce
Luogo da visitare: Serra Mezzana
Solopaca entra nell’ultimo quarto di
stinco e vi dona un bel colorito, a
parte questo tutto il resto del mese
sarà da dimenticare. Un consiglio del
Sausicchia potrebbe esservi molto
utile, ma non ve lo darà mai.
quattro
Auguri a Luigia Ricco in Cestaro,
dopo quarant’anni di servizio e al
“servizio” della scuola e dei bambini, lascia il suo lavoro ma con ancora tanta voglia di fare. Infatti, le
figlie, il marito, le nipoti, gli amici, i
colleghi e tutti i bambini che hanno
riempito la sua vita sanno che continuerà ad occuparsi di loro con la
stessa serenità e sensibilità che ha
saputo mettere in atto finora.
A lei l’augurio che possa godere del
meritato riposo con la stessa gioia
e voglia di essere protagonista che
l’ha contraddistinta nel corso della
sua vita lavorativa. E a non farle dimenticare la vivacità dei bambini ci
penseranno i suoi nipoti
Lunedì 9 giugno al futuristico Grand
Hotel Salerno si è tenuto un convegno sulla «Mobilità sostenibile in una
città a vocazione turistica». Il vero motivo di affluenza di pubblico è stato la
consegna agli arzilli veterani della
guida, dei volanti d’argento, quaranta
anni di patente, e d’oro, cinquanta anni
di patente. Da Controne Cosmo Mazzero ha festeggiato 50 anni di guida.
Da Roccadaspide, Giuseppe Chiacchiaro ha celebrato 60 anni di patente.
Appena quattordicenne, durante la seconda guerra mondiale coadiuvava i
militari americani come autista e nel
dopoguerra fu il primo noleggiatore di
auto del paese. Ringraziando le autorità per l’onorificenza ricevuta, Giuseppe Chiacchiero ha dato a tutti i
presenti appuntamento al 2018 per
festeggiare 70 anni di patente!
ROCCADASPIDE
30 giugno, il limite
per partecipare
al forum dei giovani
Chi ha un’ età compresa tra i 16 e
i 35 anni, può aderire, entro il 30
giugno, al Forum dei giovani, inteso
come luogo d’incontro tra le aggregazioni giovanili e l’amministrazione comunale di Roccadaspide.
“I giovani non sono sospettosi, perché di male non ne hanno ancora
visto molto. Sono fiduciosi perchè
non hanno ancora avuto il tempo
di essere ingannati”, recita lo slogan redatto dal Comune.
Ente a cui i giovani interessati possono rivolgersi per la domanda di
iscrizione da ritirare, successivamente, presso l’ufficio “Politiche
sociali”, dalle 9 alle 13. L‘iniziativa
comprende doveri sia da parte del
Comune, che del Forum. L’ente
comunale si impegna, tra l’altro, a
convocare il proprio consiglio,
almeno una volta l’anno, per discutere la programmazione delle politiche giovanili; a chiedere pareri al
Forum sui propri bilanci preventivi,
nonché sui piani degli investimenti
in materia di politiche giovanili; di
pubblicizzare le iniziative concordate con il Forum. Questo, a sua
volta, deve promuovere iniziative
pubbliche sulle politiche giovanili;
progetti a livello locale, provinciale
e regionale; valutare l’operato del
comune in relazione ai servizi che
incidono sul mondo giovanile. Comune e giovani, fianco a fianco, per
una politica di formazione, del
senso civico e della prevenzione
sociale.
Francesca Pazzanese
segue da pag tre
Diomede Ivone,
per sempre studioso
e democratico cristiano
della ricostruzione, arriva alla Dc
dai circoli cattolici e dalle parrocchie, dalla povertà cilentana che intende riscattarsi. «Io non sono un
ex democristiano, sono un democratico cristiano», amava sempre
dire Diomede Ivone, soprattutto a
partire dal 1992 e anche nell’ultima
apparizione all’Università quando
nel corso della campagna elettorale, già ammalato, vuole personalmente incontrare Ciriaco De Mita.
Pur nel rigore dello storico,
Ivone non si sottrae mai al giudizio
sugli eventi degli ultimi sedici anni,
convinto com’è anche di una rivoluzione giudiziaria.
Per lui, che è stato segretario provinciale della Dc nella prima metà
degli anni Ottanta, la storia del suo
partito s’innervava a quella della libertà italiana.
Antonio Manzo , tratto da
“Il Mattino”
Per gentile concessione dell’autore
9
Diano
N°23 14 giugno 2008
Pièce itinerante nella Certosa di S.Lorenzo a Padula
A promuoverla la Comunità Montana Vallo di Diano
Padula - Si terrà sabato 14 e domenica 15 giugno prossimi, negli ambienti della monumentale Certosa di
San Lorenzo a Padula, lo spettacolo
itinerante CuntOmbre realizzato dal
regista Enzo D’Arco, inscenato dalla
Compagnia teatrale La Cantina delle
Arti e promosso dalla Comunità
Montana Vallo di Diano nell’ambito
del Progetto Studio della domanda e
coordinamento dell’offerta turistica
finanziato dall’Unione Europea attraverso il POR Campania 20002006.
Realizzato dal regista Enzo D’Arco
e messo in scena dalla Compagnia
teatrale La Cantina delle Arti lo spettacolo avvicinerà in modo inconsueto i visitatori al complesso
certosino, accompagnando ed arricchendo la visita di sensazioni ed
emozioni inedite.
CuntOmbre è un racconto di ombre
monacali, narranti e protagoniste, in
terza ed in prima persona. È un viaggio - in bilico tra sacro e profano che consente di rivivere la rituale
vita certosina, nonché la storia del
territorio, le tradizioni e le credenze
popolari.
La pièce si svolgerà in sette quadri,
allestiti in sette ambienti certosini:
nel chiostro della foresteria, nel coro
dei padri, nel chiostro cimiteriale,
nella grande cucina, nel chiostro dei
procuratori, nel chiostro grande e
nel maestoso scalone, ove la rappresentazione si concluderà con l’incontro-scontro delle ombre che si
rincorrono vorticosamente lungo le
scale, in continuo conflitto e contraddizione.
Saranno due le rappresentazioni, che
a distanza di pochi minuti, si succederanno nell’arco dello stesso
giorno: una prima alle ore 21.00 ed
una seconda alle ore 22.30. Lo spettacolo di sabato 14 si rivolgerà esclu-
SASSANO
Presentato il marchio d’area del Vallo di Diano
Ant hony tro tt a
nel cast del f ilm
“Il f o t ograf o”
Il cabarettista sassanese ,Giovanni
Trotta , in arte Anthony Trotta è il
protagonista nel cast del film “Il fotografo” diretto da Carmine Girolamo, con la partecipazione
straordinaria di Patrizio Rispo ,il
protagonista di ‘’Un posto al sole’’
e Giosuè Zurzolo. Anthony Trotta
veste i panni del bidello Manganello,
autoritario, sui generis e soprattutto ilare, si rapporterà spesso in
scena con il preside Bernardini(Patrizio Rispo). Un film per tutti, soprattutto per chi vuol riflettere sul
matrimonio. Ippolito è un fotografo e precisamente un fotografo
matrimonialista, di quelli che insomma mettono in posa gli sposi
per vivere. Cardillo, suo assistente,
è invece un alunno di scuola media,
molto intraprendente, furbacchione e incline a registrare con videocamera tutto quello che gli
succede intorno. La scuola di Cardillo è molto particolare: il preside
Bernardini è uno scienziato fallito
che vive sempre nella sua presidenza. Gilda, insegnante di Cardillo,
imbambolata e timida, haun cuore
tenero. Un’altra insegnante d’inglese, Manuela, sta per sposarsi e
contatta per le foto del suo matrimonio Ippolito,ma non sarà l’unica,
anche Annarella e Peppino, giovani
in procinto di matrimonio contattano Ippolito per il loro matrimonio.
Pietro Cusati
sivamente agli operatori turistici locali, agli amministratori ed alla
stampa; mentre quello di domenica
15 sarà destinato a tutti i turisti interessati.
In entrambi i casi è però necessario
confermare telefonicamente la propria partecipazione alla segreteria organizzativa dell’evento
(335.6658942 – 338.6859511).
Entusiasmo da parte delle imprese del territorio
Una conchiglia in cui è raffigurata la
scala della Certosa di Padula, e 15
raggi che rappresentano i 15 comuni
del Vallo di Diano. È così che si mostra il Marchio D’Area del Vallo di
Diano, presentato ufficialmente lo
scorso 6 giugno, a Padula nella sede
della ‘Territorio Spa’, accanto alla
Certosa di San Lorenzo. Fautrice
dell’iniziativa è la Comunità Montana Vallo di Diano attraverso il progetto di Assistenza Tecnica a
pubblica amministrazione e a piccole e medie imprese per la realizzazione e la gestione del Progetto
Integrato Grande Attrattore Culturale Certosa di Padula, finanziato
dalla misura 2.1 del Por Campania
2000-2006, e curato dalla Territorio
Spa. La presentazione ufficiale del
Marchio si è tenuta nella mattinata
del 6 giugno alla presenza del Presidente della Comunità Montana, Vittorio Esposito, dell’assessore
all’agricoltura, Paolo Gallo e del Comitato tecnico per la gestione ed il
controllo del marchio, costituito
dalle organizzazioni sindacali, dai
rappresentanti della Comunità Montana e dagli operatori economici del
turismo e dell’artigianato locale. “Ci
siamo dotati di uno strumento
unico, da tempo ricercato – ha detto
il presidente Esposito, durante l’incontro con la stampa – Questo dimostra l’efficacia della progettualità
che ha formato tanti giovani ed ha
realizzato dei prodotti, come questo
Marchio d’area, che caratterizzeranno il nostro territorio dando ad
esso un elemento significativo in più
per essere competitivi, per affrontare quelle sfide future”. Dopo la
presentazione del marchio, ha preso
il via un tour dei giornalisti che, accompagnati dagli organizzatori dell’evento in vari comuni del
comprensorio, hanno fatto visita alle
aziende che hanno deciso di aderire
all’iniziativa e di dotarsi quindi del
Marchio d’area del Vallo di Diano. Il
tour è durato l’intera giornata: giornalisti e membri del Comitato
hanno visitato alcune attività finanziate dal Grande attrattore culturale “Certosa di Padula”. In
particolare, hanno fatto visita ad affittacamere, hotel, ad un parco
scuola per bambini, ma anche agli allestimenti del Museo diocesano di
Teggiano del Convento dei Cappuccini di Sala Consilina con la realizzazione di una biblioteca; poi sono
passati per una pasticceria, un wine
bar: tutti esempi di grandi interventi
realizzati su un territorio che punta
sempre più verso un turismo alternativo, fatto di ambienti recuperati,
di gastronomia, di prodotti locali e
di accoglienza.
Il marchio d‘area è dunque uno strumento che, pensato per rilanciare il
turismo del territorio, permetterà la
tracciabilità dei prodotti delle
aziende che se ne doteranno: vale a
dire che il marchio d’area sarà uno
strumento di riconoscimento dei
prodotti del territorio Vallo Di
Diano. Uno strumento alla cui realizzazione hanno collaborato anche
gli studenti delle scuole locali. La
Comunità Montana ha infatti deciso
di coinvolgere gli istituti scolastici
nella realizzazione del Marchio, e
così ha bandito un concorso, che è
stato poi vinto dai ragazzi dell’Itis
Gatta di Sala Consilina, “padri” dell’idea della conchiglia con i 15 raggi.
Il logo è stato scelto dal comitato
tecnico per la gestione e il controllo
del marchio, per il suo signifato, che
rimanda al tempo stesso, al passato,
in quanto si tratta di una conchiglia
fossile, e al futuro, dal momento che
ricorda la chiocciolina delle comunicazioni on-line. I 15 raggi, inoltre,
rappresentano i 15 comuni del comprensorio del Vallo di Diano che
hanno però un unico intento: quello
di unirsi per un’azione comune a favore dello sviluppo del territorio.
Realizzato il Marchio dunque, ora la
Comunità Montana dà il via libera
alla seconda fase del progetto, e
quindi all’avvio delle procedure per
concedere il Marchio ai richiedenti.
È già pronta la modulistica e il disciplinare che dispone le regole da osservare per avere il marchio, come
hanno spiegato i tecnici dell’ente
che hanno curato l’iniziativa. Grande
interesse ed entusiasmo è stato mostrato fin da subito dalle aziende del
territorio che in molte, si sono
dette desiderose di dotarsi del Marchio d’area del Vallo di Diano.
Si prospetta successo dunque per
questa iniziativa.
Antonella D’Alto
In Farmacia
Gior ni
fertili:
in div i du a li
con
il test!
In commercio esistono diversi test
di ovulazione studiati appositamente per aiutare le coppie a scoprire il momento di maggiore
fertilità.
I test di ovulazione rilevano nell’urina la presenza dell’ormone luteinizzante (LH) che viene
prodotto lungo tutto l’arco del
ciclo mestruale e la sua concentrazione aumenta nelle 24-36 ore
precedenti l’ovulazione. L’LH è
l’ormone che dà l’avvio all’attività
ovarica, perciò un risultato positivo del test annuncia un picco
ovulatorio che avrà luogo entro le
24-48 ore successive.
Per l’esecuzione dei test si comprano in farmacia dei kit come ad
esempio il Persona costituito da
un monitor e dagli stick. Il Monitor “legge” i Test Stick, acquisisce
dati sul ciclo ormonale e fornisce
informazioni sullo stato di fertilità
di ogni giorno evitando errori di
interpretazione personali. Lo stick
è costituito da una tampone e da
una parte in cui si visualizzano i risultati sottoforma di due linee.
I Test stick possono essere interpretati anche visivamente. La linea
di sinistra rileva l’estrogeno (più
esattamente
l’estradiolo
o
estrone-3-glucoronide) mentre
quella di destra rileva l’LH (ormone luteinizzante, vale a dire
quello che fa scoppiare il follicolo).
Il funzionamento delle due linee è
inverso, nel senso che quella di destra aumenta di intensità all’aumentare dell’LH mentre quella di
sinistra diminuisce di intensità all’aumentare
dell’estradiolo.
Quando l’ovulazione è imminente
la linea sinistra dell’estradiolo è
molto debole o assente (c’è molto
estradiolo) e la linea destra e
molto intensa (c’è molto LH). Infatti tutto si basa sul fatto che
estradiolo e LH sono i due ormoni
che innescano l’ovulazione, la
quale avviene 24 ore dopo il picco
dell’estradiolo e 16 ore dopo il
picco dell’LH. Perciò quando si visualizzerà lo stick con la linea destra molto forte (o comunque
maggiore della sinistra) e la sinistra
debole o assente significa che
l’ovulazione è vicina. Da questo
momento possono passare dalle 6
alle 36 ore prima che avvenga
l’ovulazione per cui i rapporti andranno concentrati in questa fase.
E’ importante ricordarsi che è
sempre meglio anticipare, cioè
concentrare i rapporti prima dell’ovulazione, perchè mentre gli
spermatozoi possono sopravvivere anche alcuni giorni, l’ovulo ha
vita breve (24 ore al massimo ma
in genere meno, soprattutto ad
una certa età).
Ecco poi una notizia che può essere importante: l’esperienza di chi
utilizza sempre gli stick Persona ci
riporta che in caso di gravidanza si
possono utilizzare gli stick Persona
come test precoci dal 12° giorno
post ovulazione. Chiedi al tuo farmacista saprà sicuramente darti
delle informazioni utili sull’argomento.
Alberto Di Muria
[email protected]
Capaccio
10
N°23 14 giugno 2008
Premio Felma. I cinque ragazzi ancora protagonisti
“Paestum cristiana”
Convegno
il 14 giugno
Ketty Volpe: “Diplomiamoli alla memoria”
La particolarità del premio Felma
promosso dal Liceo Scientifico “Piranesi” di Capaccio è che nell’aria
aleggia la presenza dei cinque ragazzi (Francesco, Erica, Luigi, Massimo e Alessandro) a cui è stato
intitolato. Si tratta di cinque giovani
ex studenti del liceo che hanno perso
la vita a causa di tragici eventi. L’aria
frizzante di un’estate che stenta a
partire ha fatto da contorno ad una
serata vissuta con sobrietà ma dove
la commozione era sempre pronta a
manifestarsi nella voce e nei volti dei
protagonisti chiamati ad intervenire.
L’apertura è stata affidata alla Band
del Piranesi: un sestetto di “fiati”
guidati dal maestro Francesco Di
Fiore.
Il primo a “smuovere” gli animi è
stato un poeta, Peppino Liuccio, che,
sia pur a distanza, ha saputo toccare
le corde profonde di ognuno dei presenti che hanno sussultato alle penetranti parole letta dalla Volpe.
Il prossimo 14 giugno, nella ricorrenza della festa del nostro patrono,
il martire san Vito, che cade il giorno
successivo, avrà luogo il II Convegno
“Paestum christiana”. Le relazioni scientifiche saranno tenute
nell’ordine da Lucrezia Spera, professore di Archeologia Tardo-Antica
presso l’Università di Roma Due
“Tor Vergata”; da Gabriele Bartolozzi Casti, ispettore della Pontificia
Commissione di Archeologia Sacra;
Marta Acierno, ricercatore presso la
Facoltà di Architettura dell’Università di Roma “La Sapienza”; Gianfranco De Rossi, archeologo; Tania
Di Lucca, archeologo presso l’Istituto Inernazionale di Studi Liguri.
I lavori verranno aperti dallo scrivente. Subito dopo il Sig. Sindaco di
Capaccio, Pasquale Marino, indirizzerà parole di benvenuto agli studiosi intervenuti e a tutti i presenti.
L’intervento conclusivo verrà pronunciato da Sua Eccellenza il Vescovo Mons. Giuseppe Rocco
Favale. La manifestazione si concluderà con la S. Messa presso la Parrocchia di S.Vito.
Durante il corso dei lavori verrà
presentata la pubblicazione, ove
sono raccolte le relazioni tenute nel
precedente Convegno 2007.
Non nasconderò che l’organizzazione di questo II Convegno, di più
ampio respiro rispetto al precedente, ha richiesto un notevole
sforzo, anche se ho potuto contare
sul sostegno della Diocesi di Vallo
della Lucania e sul Comune di Capaccio, nel cui salone saremo ospiti.
Il maggior onere organizzativo è
stato sostenuto dalla dott.ssa Giovanna Grimaldi, preziosa collaboratrice della mia Parrocchia, oltreché
del Comune di Capaccio, che certamente merita adeguata citazione. È
mia intenzione che anche in occasione di questa seconda edizione le
relazioni vengano raccolte in volume. Spero che la pubblicazione,
che uscirà in veste non lussuosa, ma
certamente dignitosa, possa trovare
un’istituzione locale disponibile alla
sponsorizzazione.
Don Donato Orlando,
Parroco
Concetti che hanno colpito al cuore
chi ama Paestum e la sua storia.”
La stessa presentatrice, Ketty Volpe,
giornalista e, “ormai madrina della
manifestazione” ha voluto lanciare
una forte provocazione: “diplomiamo alla memoria i cinque ragazzi
che non sono riusciti ad arrivare al
conseguimento della licenza liceale.
Faremo un buon servizio alla loro
memoria, riceveremo gratitudine dai
loro genitori, daremo un segno tangibile che ognuno degli studenti di
questa scuola è importante, sempre,
per ognuno di noi! ”
Il preside, Angelo Capo, colto di sorpresa e visibilmente commosso, ha
colto subito il suggerimento e lo ha
fatto suo, unitamente alla presidente
del Consiglio di Circolo, Marilena
Montefusco.
Molte le scuole che hanno aderito al
premio e tantissimi i giovani studenti
che si sono proposti con i loro versi
attenendosi al tema proposto nel
bando di gara: “La giovinezza”.
“Scoprire che ci sono istituti, come
il nostro, che danno spazio alla poesia, è motivo di sollievo. Vuol dire
che, al di là dei luoghi comuni, in alcune scuole si continua a remare
nella giusta direzione che porta alla
formazione completa della personalità anche grazie alla formazione
umanistica. Molti gli istituti del territorio e tante le adesioni provenienti
da fuori provincia. Basta dare una
scorsa all’elenco dei premiati per
rendersi conto della vastità del territorio che il liceo ha saputo coinvolgere.
A consegnare i premi, gli attestati e il
piccolo riconoscimento in denaro
Angelo Capo, Luca Iannuzzi, Gaetano Fasolino, Carmine Caramante e
il presidente della Bcc di Capaccio,
Enrico Di Lascio.
Biancaluna, da figlia dei figli dei fiori
a “presidente” del Dum Dum, la repubblica dell’incoerenza
Biancaluna Bifulco nasce il 4.08.1969
a Capaccio Paestum. Cresce tra il
mare, la spiaggia e il campeggio gestito dai suoi genitori. Nel ’96 , è appena laureata in giurisprudenza e
lavora in uno studio legale quando il
fratello le propone di gestire uno
stabilimento balneare.
Fare turismo a Paestum nel
2008 con le ecoballe del napoletano sulle sponde del
Sele, a Coda di Volpe, cosa
vuol dire?
Una puzza atroce! Come si può fare
turismo con una discarica a pochi
chilometri? Noi ci proviamo, perché
siamo innamorati del nostro lavoro,
ma io come posso sapere se i turisti
si possono fare il bagno? Se si possono mangiare le fragole?
Gestisci forse lo stabilimento
balneare più vivace del litorale paestano. Spulciando sul
vostro sito si legge e Dum
COMITATO CITTADINO
sabato 14 gi
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GRAFICA: KOSMIKEPIRATERIE
Dum la repubblica dell’incoerenza perché?
L’incoerenza mi rappresenta, ma
non nel senso negativo. Incoerenza
nel senso di ricerca costante, di
adattamento al cambiamento. È importante avere degli obiettivi nella
vita, però si deve pure saper lasciarsi andare alla vita, adattarsi ad
essa senza opporre troppe resistenze. In questo senso l’incoerenze diventa creativa e aiuta a
sfuggire alle regole imposte dalla
società. E poi la spiaggia crea una
dimensione che si sposa benissimo
con l’incoerenza, con l’ozio.
L’ozio si sposa bene con la
creatività, quali sono le novità di quest’estate?
Abbiamo registrato il marchio.
Quest’estate produrremo un disco
che si chiamerà proprio “Dum
Dum”. Ci sono tanti amici musicisti
che vengono qui a suonare, e creativi. L’obiettivo è di arrivare ad essere una factory, un laboratorio
creativo.
Se tu fossi il sindaco di Capaccio Paestum come risolveresti il problema litorale?
Questa è una domanda difficile. Ma
un’idea che mi accarezza da diverso
tempo ce l’ho. Insediamo tante piccolissime attività sul lungomare. Le
boutique dei centri invernali potrebbero creare delle piccole filiali estive
istallando delle cabine stile anni ’60’70, di quelle tutte colorate in legno
e creare così le condizioni per il passeggio. Ma bisognerebbe educare la
gente ad amare il mare. Abbiamo
perso il contatto con il territorio,
non riusciamo a renderci conto
quanto questo territorio sia straordinario, e non lo viviamo intensamente, non lo proteggiamo.
Non siamo capaci di fare programmi
da qui a dieci anni. Ci si può affidare
al migliore architetto ma se non si
porta la gente a vivere il mare non
c’è possibilità di crescita. Non ci
vuole niente a spostare i parcheggi al
di là della pineta e decidere che a
mare si va a piedi. Ma se ne dovrebbe
occupare l’amministrazione.
Da dieci anni scrivo su questo
giornale che l’abitudine dei
titolari dei lidi di recintare la
spiaggia con palizzate che
deturpano il litorale di Paestum e lo trasforma in tanti
piccoli pollai. Perché non sostituire le recinzioni con delle
fioriere o dei cordoli non più
alti di 30 cm? Non crede che
sia un valore aggiunto da offrire ai turisti un panorama a
perdita d’occhio?
Accetto volentieri il suggerimento,
ma si dovrebbe in qualche modo imporre dall’alto, ci dovrebbe essere
una coordinazione dall’amministrazione. Per fare turismo la prima cosa
che si deve fare è amare il proprio lavoro e sorridere, essere gentili.
Capire che il turista ha lavorato tutto
l’anno e ha scelto Paestum per concedersi qualche giorno di relax e distrazione.
Cerca delle atmosfere accoglienti capaci di incorniciare dei ricordi che si
porterà dietro per tutto l’anno che
verrà. Ai miei inizi ho fatto un corso
alla SDOA di Vietri, dove ci insegnavano che chi fa turismo non vende
servizi, vende ricordi. Bisogna essere
competitivi tra di noi operatori turistici per differenziare l’offerta.
L’onere della pulizia delle
spiagge è imposto dai regolamenti comunali ai gestori
degli stabilimenti. I quali
però puliscono le spiagge
private e usano le spiagge
libere limitrofi come discariche a cielo aperto. È
troppo chiedere ai gestori
dei lidi di tenere pulite le
spiagge e chiedere magari
delle sovvenzioni all’amministrazione perché venga
fatto in modo impeccabile?
Anche senza essere rimborsati,
chiunque abbia a cuore non solo
l’aspetto lucrativo del proprio lavoro ma anche il contorno, tenere
pulito è il minimo che dovrebbe
fare il gestore di uno stabilimento.
Anzi, credo sia nelle possibilità di
noi gestori di predisporre un budget annuale per rendere il litorale
più gradevole partendo dalla pulizia.
I titolari degli stabilimenti si
comportano come se fossero
i proprietari della spiaggia invece sono sottoposti ad un
regime di concessione. Come
funziona?
La spiaggia è demanio pubblico ed
ogni gestore è sottoposto alla potestà dell’amministrazione comunale
che concede le concessioni dettando
le regole. Se domattina esce un piano
spiaggia che prevede un porticciolo
al posto di questo lido, noi togliamo
le tende!
Biancaluna è come un fiume in piena
alla sua foce: il suo discorrere è fatto
di flussi e riflussi dolci e salmastri.
crede non ci possa essere sviluppo
prescindendo dal genius loci: la cultura
locale, non solo quella alta latina e
greca, ma anche la tradizione agricola, fatta di semplicità genuinità e
accoglienza.
Ma non bisogna far ciò in maniera
estemporanea, ma affidandosi alla
scienza economica e al marketing del
turismo. Affidarsi all’Università nella
programmazione creando un’opportunità di crescita per i giovani, la cui
religione è il divertimento!
Giuseppe Scandizzo
Capaccio
N°23 14 giugno 2008
11
Bonifica: l’opposizione replica ad Aquino
dalla prima
Paestum vendesi
“Sei incoerente, dimentico del passato”
Stavamo proprio per dire “toh chi si
risente” quando abbiamo letto la lettera di Aquino pubblicata su uno
degli ultimi numeri di questo giornale. L’ottimo commercialista e consigliere comunale di Albanella esce
dall’anonimato nel quale sembra essere sprofondato (sempre riferendoci
alle vicende del Consorzio) e si fa
vivo per giustificare la posizione assunta dal gennaio 2008 quale consigliere designato dalla Provincia di
Salerno nel Consiglio di Amministrazione del Consorzio di Bonifica
di Paestum. Cioè di una carica che
promana da tutti noi. Tenta di farlo
con una bella prosa. Ma è evidente
nasconde tutto l’imbarazzo di un tradimento di valori, con percorsi politici e amicali costruiti nel corso dei
mesi passati. Si deve necessariamente ricordare che quanto si è costituita la Giunta Quaglia egli è stato
collocato all’opposizione da chi ha
voluto costruire un monocolore allora Udeur introducendo un modello
politico di gestione anziché porre al
centro della questione amministrativa il Consorzio ed i consorziati. Si
è privilegiato così un approccio
come se fossimo in un comune o in
una comunità montana. O in Parlamento. Sottolineavamo come Quaglia abbia deciso che Aquino non gli
serviva. Si ricorderà il cambio di casacca di Ciliberti che si realizzò con
la carica di vice presidente. Restarono fuori dalla deputazione con accordi meramente di potere oltre allo
stesso Aquino i consiglieri eletti che
rappresentavano e rappresentano gli
agricoltori: i veri padroni dell’ente.
Siamo andati avanti insieme, nonostante tutto, per cercare di contribuire
alla gestione unitaria necessaria per
lo stato delle finanze consortili che
allo stato parrebbe prefigurare a
breve l’aumento dei contributi. Il
Presidente non ha mai voluto,
Aquino sa bene e lo afferma che egli
stesso, ha tentato anche con la politica provinciale ma sa anche bene chi
ha rifiutato. Ora non sappiamo se è
il Presidente che ha perseguito l’annessione o Aquino e Carrano che
sono stati annessi. Ha cambiato il
vice presidente, si è sbarazzato di un
membro della deputazione (Cecilia
Baratta) senza alcuna motivazione, a
guisa di birilli da porre sul tavolo da
gioco senza che nessuno abbia opposto la minima discussione. Costui, e
qui ha ragione Aquino, non può certo
essere una mammoletta!
Si dice che Quaglia sarebbe stato
abile a trovare l’accordo con i Sindaci del territorio. Per la verità ha
trovato l’accordo dopo una feroce
campagna elettorale con il sindaco
del suo paese. L’accordo è arrivato
dopo e lo testimoniano gli atti deliberativi prodotti che evidenziano in
maniera chiara e trasparente che gli
interessi erano altri. I consorziati albanellesi (come di Altavilla e Serre)
e del comprensorio vogliono ben
altro. Si rileva, inoltre, che il perseguimento della maggioranza è stato
momentaneamente ottenuto a colpi
di denunce e richieste d’ incompatibilità. Roba da vecchi tempi e da
vecchia politica.
Aquino sa che il Presidente non tollera le critiche. Ad una sua presa di
posizione si beccò una delibera con
preavviso di denuncia. Immaginiamo che se lo ricorderà (del. 113
del 13.4.06). Il cambio di posizione –
lo speriamo per lui - gli eviterà il
peggio. Non è stato cosi per gli altri.
I fatti: 1) Ha sbattuto fuori pretestuosamente la signora Baratta; 2)
Ha denunciato Matteo Franco; 3) Ha
discusso della posizione di Gian
Luigi Barlotti. Tutti amici di cordata
che non hanno mai demonizzato nessuno ma sono intervenuti su di una
scadente attività amministrativa. E’
stato e sarà questo il nostro dovere
verso i consorziati.
Un cenno su qualche altro aspetto.
Partiamo dalla contraddittorietà degli
atti deliberativi e cioè quando bisogna convenzionare professionisti gli
interni sono pochi invece quando bisogna fare inutili protocolli sono
molto professionali. Caro Aquino, se
il Sindaco del suo comune si fosse
messo a convenzionare tanti
“esperti” lei sicuramente si sarebbe
fatto sentire.
C’è poi l’approvazione del bilancio
2008 in tre sedute e mai in rispetto
della legge regionale. E la storia del
voto che vale doppio se la ricorda?
Il risultato di tanto “attivismo” è
sotto gli occhi di tutti. Quali finanziamenti ha ottenuto il Consorzio
negli ultimi due anni? La “Galleria”
da rifare, benedetta galleria, è l’ultimo della vecchia amministrazione
Baratta, e poi? Quanto si appalterà
l’irrigazione a pressione alla zona
Ionta ? Si farà mai il piano generale
della bonifica del Comprensorio ampliato ai territori montani? Perché
non si poteva dare un contributo unitario su queste tematiche? Sono mai
stati interpellati e messi al corrente
della gestione i consiglieri Sabia e
Fraiese e Barlotti ? Perché questa
ostinata posizione che in un Ente di
bonifica ci debba essere una opposizione? Chi deve essere il garante di
queste cose se non i rappresentanti
delle Istituzioni Regione e Provincia? Qui Aquino poteva dimostrare il
suo indubbio valore. In settant’anni
di storia consortile mai vi è stata
tanta prevaricazione che temiamo si
protrarrà per tutto il mandato Quaglia. Andiamo giustificare il voltafaccia perché la politica ha voluto
questo. Aquino questo è davvero eccessivo. L’autonomia culturale è un
valore, nessuno può obbligare nessuno a fare un percorso che non ritiene giusto. Allora con molto
rispetto pensiamo che il giornalista
Oreste Mottola (che ci risulta anche
al tramonto di una domenica, forse
d’autunno. Come a dire che di Paestum si privilegia la ricchezza economica che se ne può ricavare, e
null’altro. Pare ovvio, quindi, assecondando la teoria dei grandi
furbi, che percepirne l’enorme
senso di bellezza e di sapienza antica, regala, invece, il più insignificante dei possessi.
Qualcuno, per favore, più bravo e
paziente di me, si prenda la briga
di spiegare, una volta e per sempre,
a chi di dovere, che il modo più
giusto, se non forse l’unico, per ricavare un’economia da Paestum, è
quello di comprenderne la forte capacità di attrazione. Proseguire per
questo verso diventa un imperativo
categorico, tanto più che del luogo
si continua ad abusare come di un
parco-giochi. Tarantella finale, con
un pas de deux: Paestum, quando
non è memoria che ritorna, pagata
ad un prezzo adeguato, è solo una
giostra periferica che prende a girare per qualche spicciolo.
Oscar Nicodemo
essere amico da lunga data di
Aquino) abbia avuto ragione da vendere quando ha fatto rilevare quante
contraddittorietà ci fossero nell’operazione che ha portato alla vicepresidenza Giancarlo Carrano e “in
maggioranza” il sempre ottimo dottore Aquino.
Enzo Fraiese, Gianluigi Barlotti,
Matteo Franco, Pietro Sabia
Consiglieri del Consorzio di
Bonifica di Paestum
Sabato 14 il Piranesi rappresenta “La Mandragola”
A suggellare la chiusura dell’anno scolastico 2007/2008 il Dirigente scolastico, del Liceo “G.B. Piranesi” di
Capaccio Paestum, prof. Angelo Capo,
promuove una serata dedicata al Teatro con la rappresentazione de “La
Mandragola” di Niccolò Machiavelli,curata dalla prof. Rosanna Antelmi, referente del progetto, dalla
prof. Luigina Menna,che ha seguito il
Laboratorio di Scenografia, dal Maestro Massimiliano D’Agosto e dal regista Eduardo Ricciarelli. Il lavoro,
che vede coinvolti un cospicuo numero di studenti, sarà rappresentato sabato 14 giugno 2008 alle ore 20.30 presso “Le Trabe” in
località Capofiume di Paestum. La commedia, di
incerta datazione, rappresentata per la prima volta
tra il 1518 e il 1520, vede come luogo d’azione la
città, la piazza, il crocevia visti come punti d’incontro degli uomini, di scontro degli accadimenti
e delle trame, di ostentazioni di vizi e
di virtù. In un gioco di specchi l’impresa amorosa del protagonista risponde all’impresa compositiva del
Machiavelli ed entrambe si presentano, non senza compiacimento, come
il frutto di una stagione storica e culturale in cui le azioni valorose non
vengono riconosciute e ricompensate
come tali, con la conseguenza che “per
tutto traligna da l’antica virtù el secol
presente”.
Farà seguito allo spettacolo una degustazione di piatti rinascimentali, nel
corso della quale studenti, genitori e personalità
presenti daranno vita all’antica pratica conviviale
del Symposium.
Cilento
12
N°23 14 giugno 2008
Successo de “Il Risorto” a Vallo della Lucania
Un’accurata regia e una squadra di bravi interpreti rappresentano
in musical la passione e risurrezione alla Provvidenza
Lo spettacolo poteva certamente partire dal dubbio di Tommaso. Ecco,
un inizio molto attuale e, a Vallo
della Lucania, lo sarebbe stato doppiamente, dato che, poche ore prima,
c’era stata la presentazione del libro
del professor don Luigi Rossi avente
a tema, appunto, questo dubbio così
presente nel momento contemporaneo da affascinare credenti e non. “Il
Risorto”, componimento rock di
Daniele Ricci che parla della risurrezione di Gesù, ha raccolto venerdì 30
maggio una buona fetta di pubblico
alla Provvidenza per una serata all’insegna della riflessione e dello
spettacolo. Peccato per l’assenza dei
giovani delle compagnie amatoriali:
avrebbero goduto di una bella prova
artistica. C’è da dire che il lavoro del
regista Maurizio Iacovazzo e della
consorte Cristina Ceraso, ha regalato
agli spettatori una rappresentazione
ritmata e facile da seguire, con veloci
cambi di scena, luci adeguate e una
direzione fluida. È stata una bella
prova per tutti: una conferma per i
fratelli Giovanna e Mimmo Germanò; un plauso a Pasquale Caprino (Tommaso) e a Maria
Castaldo (Maddalena), capace di catalizzare l’attenzione per una presenza scenica e una capacità vocale
eccezionale. Pacata (molto) l’interpretazione di Giuseppe Sette
(Gesù), anche quando il volume
della basa minacciava di avere la meglio sulla voce. Fin qui il giudizio
sull’interpretazione dei ragazzi ingaggiati dal maestro Iacovazzo che,
con l’ausilio di immagini anche dure
e attuali, ha apportato allo spettacolo
una buona dote di realismo, utile per
non cadere in una rappresentazione
eccessivamente edulcorata, quasi da
santi diffidenze delle istituzioni,
chiesa compresa, che all’inizio non
riuscivano a capire la sconvolgente
innovazione legata alla formula
delle prime aggregazioni sorte
poco dopo la discesa dello Spirito
sugli apostoli. Anche lì si cantava e
si canta, con spettacoli, ieri come
bella fiaba. L’autore, Ricci, pesca
in un filone sfruttato nel 1970 da
Lloyd Webber (Jesus Christ Superstar), anche se riparte dall’annuncio alle donne, più attive e presenti
sulla scena degli uomini. La vera
novità, rispetto al musical ancora in
scena in tutto il mondo da trent’anni (interessante l’attualizzazione proposta dalla Compagnia
della Rancia in cui Cristo si muove
nel 2000, tra barboni ed emarginati), è nell’incontro con Tommaso,
scettico su come il suo Signore possa
essere ancora in mezzo a loro nonostante tutto. Le musiche a volte non
seguono molto i testi in quanto a
drammaturgia (una mansueta melodia accompagna Gesù quando nell’orto suda sangue sapendo di
morire, a breve, crocifisso), l’enfasi
musicale è costante, eludendo i crescendo e i registri diversi. L’augurio
da fare alla compagnia è che rimanga
compatta il più a lungo possibile affinché diventi, per più di una sta-
gione, esempio positivo di laboratorio artistico e professionale, valido
per la diocesi e la provincia.
Essere testimoni della risurrezione
Emozionati dallo spettacolo, si è parlato di quello che poteva essere una
concreta applicazione della Parola di
Gesù. Più che riferirmi alla compagnia che aveva appena recitato, il
pensiero è andato a Nomadelfia, la
realtà ispirata alle prime comunità
cristiane, fondata da don Zeno e presentata poche sere prima dalla Rai.
Una testimonianza di fraternità fortemente concreta, nonostante le pe-
oggi, che presentano la formula
ancora viva in questa cittadina italiana aperta a uno spirito comunitario semplice e concreto. Il
pensiero poi è passato a Giffoni
Valle Piana dove, agli inizi di maggio è stato ospite il Gen Verde,
parte del movimento dei Focolari,
la comunità nata durante la seconda
guerra mondiale dall’intuizione di
Chiara Lubich, scomparsa pochi
mesi fa. Il carisma è perenne: vivere
e annunciare l’unità, un programma
di vita scaturito dalle pagine del Vangelo e trasmesso in tutto il mondo,
anche attraverso la musica liturgica
e con spettacoli molto belli che
adesso, dopo la tappa salernitana, andranno in scena al Congresso Eucaristico Internazionale in Canada.
Nicola Nicoletti
La scuola da cambiare
Solo i regimi dittatoriali ci sono riusciti finora
Purtroppo gli ultimi decenni ci insegnano che la scuola non si può riformare, è necessario cambiarla!
Eppure, l’istruzione pubblica ha dato
la base culturale al miracolo economico del dopoguerra, oltre sessant’anni fa. L’accesso al sapere assicurò
a donne ed uomini, che per secoli
erano stati tenuti nei sottoscala della
società, la mobilità sociale e divenne
un volano di riscatto sociale che fece
sentire i suoi effetti su intere generazioni. Il risultato è andato oltre ogni
aspettativa e perfino qualcosa in più!
Il Sessantotto travolse gli ultimi retaggi di un sistema scolastico innestato su quello gentiliano di epoca
fascista. La rivoluzione giovanile fece
trasalire i docenti bacchettoni e liberò il potenziale femminile che da allora in avanti ha conquistato potere e
scalato ogni “mestiere” e “professione” fino ad allora saldamente in
mano al sesso “forte”. La scuola
stessa fu invasa da donne fino a surclassare la presenza maschile relegandola a pura testimonianza, un po’ più
forte nelle scuole superiori e livello
universitario, ma pur sempre minoritaria.
Oggi il mondo è cambiato. La scuola
ha assunto, via via, connotazioni diverse ed è stata chiamata a svolgere
ruoli complementari nella società.
L’edificio scolastico si è trasformato
fino a diventare irriconoscibile. Dove
questo non è accaduto, la presa sugli
alunni è quasi vicina allo zero: sono le
altre agenzie educative presenti sul
territorio ad avere voce in capitolo
sul “tempo” utile di ogni allievo. Basta
pensare soltanto al forte richiamo
che ha lo sport e la pratica sportiva
“appaltato” a soggetti esterni al sistema educativo pubblico ed al modo
in cui i bambini e i genitori vi si avvicinano: rispettosi dei rituali, con la
quota mensile pagata puntualmente e
disponibili ad accettare ogni sacrificio
pur di vedere realizzato il sogno italiano di avere un figlio protagonista di
gesta sportive importanti. Lo stesso
vale per il teatro, la musica, il ballo …
A questo va poi aggiunto il tempo che
ogni famiglia destina alla visione della
TV che serve ad alimentare il sogno
italiano di grandi e piccoli…
Che fare? Ogni tentativo fatto, da destra e sinistra, è naufragato miseramente di fronte all’istinto di
autoconservazione di una classe docente autoreferenziale e, purtroppo,
incapace di una visione globale delle
problematiche del sistema scuola.
Il motivo è molto semplice: in ogni
tentativo di riforma i docenti hanno
sempre preso solo quello che faceva
comodo e poco di quello che
avrebbe potuto mettere in discussione il ruolo consolidato e livellato
verso il basso da decenni di minimalismo intellettuale che ha soffocato
ogni ambizione di riformare il sistema
in modo consensuale con docenti e
non docenti. Anche la creazione dal
nulla di una pletora di dirigenti con la
trasformazione di docenti/presidi in
docenti/manager è stato puro illusionismo sociale con l’aggiunta della presunzione di poter assolvere ad un
ruolo senza una ripartenza consapevole con una formazione in aziende.
La scusa è stata sempre la stessa: la
scuola non produce bulloni ma si occupa di uomini.
E proprio per questo che la formazione avrebbe dovuto essere ancora
più cogente… Pertanto, è essenziale
che il cambiamento sia totale, radicale, che faccia giustizia di tutti i luoghi comuni costruiti nei decenni, dal
dopoguerra ad oggi. Il modo per ottenere il cambiamento è solo uno, individuare un sistema che funzioni,
adattarlo alla nostra realtà (anzi alle
nostre realtà regionali, visto che
ormai si va verso il federalismo spinto
voluto da Bossi e votato dalla gente,
anche quella del Sud) e imporre a
tutti i soggetti protagonisti e monopolisti dell’educazione di ritrovarsi un
ruolo dove collocarsi.
Il regime, che si sta insediando in Italia a seguito delle elezioni politiche di
aprile, potrebbe avere la forza di fare
ciò. Se ne sarà all’altezza, questo non
lo so! Una cosa è certa: solo i sistemi
autoritari sono riusciti, finora, ad effettuare cambiamenti radicali nel sistema scolastico: vedi il fascismo negli
anni trenta, in Italia, vedi il regime sovietico in Russia e i paesi satelliti…
Sarà questa la volta buona…
moncil
Ad Agropoli e
nel Cilento
scioperano i
dipendenti Yele
Un giorno senza raccolta e ad
Agropoli è già caos rifiuti. Il problema sta esasperando molti quartieri cittadini, soprattutto le zone
adiacenti il centro e il lungomare
San Marco.
Il problema non sembra essere la
quantità di spazzatura rimasta per
strada causa lo sciopero dei dipendenti Yele, ma la mancanza di un
piano rifiuti all’altezza.
Procediamo per gradi: oggi i dipendenti della cooperativa Yele hanno
scioperato.
Da mesi sono senza stipendi ed
hanno così deciso di radunarsi
presso i municipi dei comuni di
competenza del consorzio per
protestare contro la situazione di
fatto esistente.
Ad Agropoli, i lavoratori sono riusciti a sbloccare un finanziamento
che darà nuova linfa alle casse della
Yele, ma fin quando tutti i comuni
morosi non faranno lo stesso, è difficile che la situazione migliori. Intanto, mentre i dipendenti
scioperavano, i rifiuti
rimanevano in strada.
Da mesi infatti, il comune sta provvedendo ad eliminare i cassonetti
per l’indifferenziata, soprattutto
nelle zone centrali e più frequentate della città. I cittadini sono così
costretti a lasciare le buste con i rifiuti per strada o sui marciapiedi. Il
risultato è quello sopra descritto:
è bastato un giorno senza raccolta
per mandare in tilt alcune zone del
paese. Le foto di seguito riportate
si riferiscono all’incrocio tra le centralissime via Giolitti e via Quintino
Sella. Qui, e in via Carducci dove
sorgono numerosi condomini alcuni più alti di dieci piani, la spazzatura lasciata lungo la strada invade
vie e marciapiedi, e questi ultimi
spesso diventano impercorribili
per la presenza di buste e cartoni.
Stesso problema nelle vie adiacenti
San Marco.
Come se non bastasse, le modalità
di raccolta non trovano il benestare di tutti: “Da quando hanno
tolto i cassonetti – afferma un residente di via Giolitti – la gente è
solita lasciare le buste all’incrocio
tra via Giolitti e via Sella, così come
è stato consigliato dai dipendenti
comunali competenti.
Tuttavia soprattutto d’estate ciò
provoca grandi disagi soprattutto a
coloro che abitano ai piani bassi dei
condomini.
Nonostante il caldo siamo costretti a chiuderci in casa per evitare che la puzza dei rifiuti lasciati
per strada possa penetrare”.
Ormai la raccolta differenziata preceduta da una imponente campagna di sensibilizzazione sembra
essere l’unica strada per risolvere il
disagio.
L’amministrazione sembra voler
percorrere questa strada, ma proprio contro i ritardi della differenziata punta il dito Legambiente per
spiegare il caos che si è creato.
Fortunatamente
Agropoli è
un’isola felice rispetto a molte altre
località soprattutto del napoletano
che soffrono il problema in maniera ben più grave, tuttavia sarebbe meglio affrontare il
problema ora, in vista della stagione estiva e prima del grande afflusso di turisti di luglio e agosto.
Cronaca
N°23 14 giugno 2008
13
Vita e mor te di San Nicola … Varco
Storia di 23 milioni di euro in fumo
Il sogno del polo agroalimentare non
è una novità di oggi. Se ne parlava
già 35 anni fa quando si pensò di realizzare il “Mercato ortofrutticolo alla
produzione” in località San Nicola
Varco nel Comune di Eboli affidando i lavori alla S.G.I. SOGENE
LAVORI Spa, alla I.T. D’ANDREA
Spa e i lavori nell’area di ampliamento del mercato alla GENEROSO
CORAGGIO di Salerno. (…)
L’importo complessivo di tutta
l’opera ascende a 10.105.734.526 di
lire che rivalutate a novembre 2007
corrispondono a 46.265.668.284 di
lire (circa 23 milioni di euro,
un’enormità), denaro quasi completamente speso. Per un solo istante
immaginiamo di tornare indietro nel
tempo, nel mese di maggio del 1989,
questo è quello che avremmo visto
inoltrandoci nella struttura ancora
non ultimata: dall’ingresso esistente
sulla strada provinciale per la stazione di San Nicola avremmo trovato un edificio in c.a. di due piani
con copertura a lastrico solare da adibire ad alloggi al quale segue l’edificio adibito a mercato, composto da
due strutture ad un piano disposte ad
anello e costituito da una serie di box
autonomi (in tutto circa 60); poco
lontano si intravede l’impianto di depurazione costituito da una struttura
con vasca di depurazione e locale ricovero compressore. Volgendo lo
sguardo a destra avremmo intravisto
la centrale idrica con serbatoio di accumulo e cabina di manovra, l’edificio ad un piano adibito a sala mensa,
asilo nido, locale sindacato e reparto
ambulatorio quasi completo delle attrezzature e dei servizi, con portico
decentrato, un edificio a due piani
adibito a centro direzionale con attiguo edificio da adibire a sala convegno con tribuna; poco distante un
casotto di ricovero per l’apparecchiatura adibita a pesa e bilico e la
piattaforma della pesa esterna, il locale cabina elettrica, la struttura adibita a sala lavorazione con area
refrigerazione e conservazione del
prodotto e relativo atrio di accesso,
un serbatoio per la riserva del carburante e torre evaporativi con vicina
una struttura ove effettuare il carico e
lo scarico della merce e relativa zona
da destinarsi a parcheggio dei mezzi,
il tutto, come detto, su un’area di
160.413,00 mq. Esternamente sono
ben distinguibili una serie di tracciati
stradali, non ultimati, di collegamento tra gli edifici, oltre ad un piazzale principale mentre è ben visibile
la realizzazione del tracciato fognario per le acque bianche (di risulta e
pluviali) ed acque nere (fognarie),
queste ultime dirette al depuratore,
completamente abbandonati e non
ultimati (valore complessivo all’epoca £ 3.439.665.511 – moltiplica
per 4,6 per attualizzare il valore).
Le domande che nascono spontanee,
semplici, quasi innocenti sono:
Chi cerca... trova!
perché nessuno provvide a vigilare
sull’area per evitare che venisse depredata? perché San Nicola Varco
non è mai decollata?
Dopo un programma televisivo di
qualche tempo fa i mass media si
sono mobilitati tanto che oggi si è
perso il conto delle iniziative a favore (o contro) i residenti di questa
struttura. Dai primi anni ’90 cominciò ad arrivare nella nostra Piana manodopera a basso costo che, non
avendo la possibilità di spostarsi dai
luoghi di lavoro, approfittò della presenza di questi edifici abbandonati e
probabilmente già spogliati delle attrezzature per rifugiarvisi così che
oggi quest’ inferno ospita in condizioni disumane circa 700 persone,
quasi tutti nordafricani.
“Chi entra è morto, chi esce è appena nato”, questa è la scritta, in
arabo, che campeggia su una parete
… e non ha bisogno di commenti.
In 17 anni il comune ha speso 50
mila euro per costruire un solo bagno
comune, con nove
docce, che si sono
intasate dopo un
mese, una sola fontanella allacciata
alla conduttura pubblica ed un faro neanche collegato alla
rete elettrica e sapere che ad amministrare Eboli ci sia
stato una colazione
di sinistra (a maggioranza rifondarola) lascia davvero
perplessi mentre
volontari dell’associazione ebolitana
L’Altritalia, da anni
e gratuitamente assicura a questi poveri
disgraziati
assistenza sanitaria
e corsi di alfabetizzazione … nell’indifferenza assoluta delle istituzioni locali che preferiscono
spenderli i soldi rendendo un servizio sul quale ci sarebbe molto da dire
sia in termini di qualità che di quantità. Secondo i dati dell’ufficio anagrafe del Comune di Eboli, in questi
quattordici ettari vivono 576 persone
di nazionalità marocchina. Sono tutti
giovani. Tutti maschi, le donne appena il 2% e si mantengono alla larga
dalle favales. Tra i 18 ed i 40 anni:
ragazzi con braccia forti, essenziali,
per le aziende della Piana del Sele.
Il loro sudore alimenta l’economia
agricola della provincia di Salerno. I
numeri esposti in Prefettura dalla federazione della Cgil di Salerno parlano chiaro: il 60% della forza lavoro
delle aziende agricole della Piana arrivano dal Marocco.
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diani e pachistani. Ma questa è un’altra storia, perché indiani e pachistani
vivono direttamente nelle stalle. Almeno loro hanno un po’ di paglia ed
un tetto per proteggersi dalle intemperie. I dati dell’ufficio anagrafe del
Comune di Eboli sono al ribasso.
Perché, secondo la Questura di Salerno, i numeri sono molto più alti:
anche la Cgil concorda che nella
Piana del Sele sarebbero almeno 700
i marocchini impegnati nelle aziende
agricole. Tutti ammassati nelle capanne. Le tappe di questo commercio
dei
nuovi
schiavi
si
ricostruiscono dai verbali, dalle denunce, dai documenti ufficiali delle
istituzioni, depositati presso il Tribunale di Salerno. La polizia italiana ha
in mano elementi sufficienti per ipotizzare che esiste una rete criminale
marocchina che gestisce questo traffico, dal viaggio in Italia alle campagne di Eboli.
Ci sono marocchini che s’indebitano
con le loro famiglie, spinti dalla speranza di una vita migliore. Di un
cambiamento. Dopo il centro di accoglienza di Lampedusa, arrivano a
Salerno, dove le promesse svaniscono e subentra l’angoscia. L’economia agricola salernitana si regge
sul loro lavoro.
Pochissimi imprenditori offrono contratti in bianco regolari. A questi ragazzi del Marocco, dopo le 12 ore di
lavoro nei campi, sotto un sole cocente, non resta che restare chiusi nel
loro rifugio, nell’inferno di San Nicola Varco, perché se la polizia li
trova in giro, sprovvisti di contratto e
quindi di permesso di soggiorno, rischiano l’arresto e l’espulsione.
I più fortunati o coloro che hanno
deciso di non voler vivere in quelle
condizioni accettano un posto letto a
150 euro al mese con acqua, energia
elettrica e pulizia a loro carico: e i
nostri imprenditori della Piana hanno
subito subodorato l’affare tanto che
qualcuno in vecchi capannoni fatiscenti, hanno realizzato piccole casette a schiera dove poter ospitare
questi pochi fortunati. Da fuori tutto
sembra regolare e dentro c’è la sorpresa che frutta a questi nuovi imprenditori centinaia di migliaia di
euro all’anno (tutti rigorosamente a
nero). Il futuro dell’area di San Nicola Varco è ancora un mistero.
Nel periodo dell’emergenza rifiuti
doveva essere utilizzata per stoccare
le “ecoballe” prima di essere caricate
sui vagoni ferroviari nella vicina stazione, poi doveva diventare la piattaforma per il Polo Agroalimentare,
opportunamente recuperata da impiegarsi come alloggi per gli extracomunitari (la struttura è demaniale e
quindi dello Stato, come può un altro
Ente spendere denaro su un’opera
non sua decidendo a chi destinarla?),
doveva essere demolita per liberarsi
definitivamente da quegli ospiti indesiderati, poi di nuovo è ritornata
l’idea del Polo Agroalimentare Regionale (vedi deliberazione n. 252
dell’8/2/2008 che ha approvato i
quattro grandi progetti del PASER
2006/2009, tra cui il Polo Agroalimentare Regionale di Eboli).
Nella stessa area sempre nei disegni
divini dei nostri amministratori è
prevista la realizzazione di un centro
commerciale di notevoli dimensioni
che dovrebbe ridare dignità a questi
luoghi e anche un po’ di lavoro.
Non potendo fare diversamente …
attenderemo fiduciosi.
Armando Voza
Cultura
14
N°23 14 giugno 2008
Intervista a Chad Wackerman, batterista di Frank Zappa
In memoria del musicista: un momento topico per i musicofili e un evento culturale per il territorio
Agropoli, 7 giugno 2008. Per gli appassionati della buona musica è una
data importante.
E’ il giorno in cui c’è la manifestazione con cui una strada viene intitolata ad un grande scomparso ormai da
quasi tre lustri, Frank Zappa.
A suggello dell’evento, ci voleva la
presenza di qualche personaggio che
è stato molto vicino al Maestro. Grazie
all’iniziativa di Biagio Francia, è stato
contattato Chad Wackerman, straordinario drummer di Zappa negli anni
’80.
Da anni il batterista ha stretto un forte
rapporto con un’altra leggenda: il chitarrista Allan Holdsworth. Non ci poteva essere scelta migliore nel
reclutare l’Allan Holdsworth Trio
per il concerto dell’8 giugno.
La band, completata dal bassista Ernest Tibbs, altro pezzo da novanta, regala una prestazione di gran classe (e
non poteva essere altrimenti!), con una
proposta strumentale a cavallo di più
generi, su quel crocevia dove jazz e
rock si incontrano e danno libero
sfogo alla fantasia, al talento, alle capacità solistiche e a quelle collaborative dei musicisti.
La sera successiva al concerto abbiamo avuto l’opportunità di avvicinare e scambiare qualche parola con
Chad Wackerman, ospite con tutta la
band all’Hotel Villane Marina a Paestum di Pasquale Carrino, anche lui
appassionato di musica d’autore.
Chad, gustando lentamente un bicchiere di vino rosso, si è dimostrato
molto disponibile ed affabile, tenendo
ben lontani quell’alterigia e quegli atteggiamenti da star che spesso caratterizzano le persone che ottengono
anche solo un minimo di successo.
Ne è venuta fuori una chiacchierata
gradevole e rilassata.
Questa manifestazione in onore a
Frank Zappa è stata un evento
molto importante. Vorremmo iniziare col chiederti di darci le tue impressioni sulla serata di ieri e di
farci partecipi di qualche tuo ricordo di Frank.
Riguardo l’evento è andato tutto bene
e ci siamo divertiti molto. E’ stato organizzato molto bene, in particolare
siamo molto soddisfatti del suono,
perché noi andiamo in tour senza un
sound crew e quindi cambiamo personale ad ogni concerto. Con il tipo di
musica che suoniamo è essenziale che
sul palco ci si possa sentire l’un l’altro ed è sorprendente quanto spesso
capita di suonare in circostanze dove
tutto ciò non avviene.
Ieri sera è stato tutto perfetto, siamo
stati a nostro agio e anche il pubblico
è stato fantastico. Era un audience non
composta da nostri fan, il pubblico era
variegato, ma sembra che il concerto
sia piaciuto ed è bello ricevere molti
complimenti da persone che forse non
hanno mai ascoltato jazz-fusion prima.
Il fatto che a loro sia piaciuto significa
molto per noi. Per la seconda parte
della domanda, devo dire che è stato
importante per me partecipare ad una
manifestazione in onore a Frank
Zappa, perché lui mi ha aiutato tantissimo nella mia carriera.
Ha cambiato la mia vita. Ci manca
molto. Ho suonato con lui dal 1981
fino quasi al 1989, principalmente
nella sua rock band, ma sono stato
coinvolto anche nei suoi progetti di
musica classica. Nel 1985 mi ha portato a Londra, dove abbiamo registrato
due dischi con la London Symphony
Orchestra.
Non c’era rock, ma musica classica
del ventesimo secolo. Musica molto
difficile, con ritmi particolarmente articolati.
E’ risaputo che Frank Zappa è sempre stato molto esigente nella scelta
dei batteristi a cui affidarsi. Ed ogni
batterista che ha suonato con Zappa
si è dimostrato un grandissimo musicista.
Sicuramente, infatti i miei batteristi
preferiti sono Vinnie Colaiuta e Terry
Bozzio. Sono davvero incredibili,
sono stati i batteristi che mi hanno preceduto ed hanno avuto una forte influenza su di me. Frank scriveva
musica difficile. Prima di suonare la
chitarra, suonava la batteria, quindi sapeva ciò che era possibile fare.
Quanto è importante per te suonare
dal vivo? Specie in certi generi di
musica, l’improvvisazione riveste
un ruolo particolarmente importante…
Certo, lo penso anche io e questo vale
anche per il rock. Quando ero piccolo,
avevo 10 anni e vidi uno degli ultimi
concerti di Jimi Hendrix nel 1970 e ricordo ancora oggi la sua capacità di
improvvisare. Ed era musica rock! Invece oggi se ascolti i più acclamati
gruppi pop, noterai che non fanno più
queste cose. Quando suonava la chitarra Frank era diverso, ogni concerto
era un’avventura, non potevi mai essere sicuro di niente. Fin dalla giovane
età ho sempre apprezzato queste cose.
Frank le paragonava ai trapezisti del
circo, che camminano su un filo, ma
senza una rete sotto che ti protegge se
cadi. L’improvvisazione è così: provi
qualcosa di nuovo, a volte va bene, a
volte no.
Questo è un discorso che vale molto
per la musica che hai suonato con
Frank, ma anche per quella che
suoni con Allan. Una musica senza
barriere, che fonde rock, jazz e altri
stili.
Sì, e la musica di Allan suona alle mie
orecchie come orchestrale, soprattutto
nelle ballate lente. Riesco a immaginare come sarebbe suonata da un’orchestra.
classica c’era Igor Stravinskij, la cui
musica era così differente da tutto ciò
che
c’era
prima.
Oggi , nel dopo concerto, come hai
trascorso la giornata?
Ho visitato i templi di Paestum, poi nel
pomeriggio sono andato a fare spese
ad Agropoli. Sono stato anche un’ora
al mare. Ho raggiunto la spiaggia a
piedi, passando dalla pineta, mi ricorda un po’ quelle della California.
Quando tornerai nuovamente da
queste parti?
Cosa ricorderai e cosa porterai con te di questi giorni ad Agropoli e Paestum?
Principalmente il feeling ed il calore
della gente. E’ stato splendido suonare
ad Agropoli e all’aperto, anche perché
era un po’ di tempo che non facevo
concerti outdoor. La gente ci ha fatto
sentire molto a nostro agio sul palco, a
volte capita di essere nervosi, invece
ieri sera eravamo molto rilassati.
Qualcuno nel pubblico ieri ha detto
che stava suonando il più grande
chitarrista del mondo. E’ questo lo
scopo che si prefigge un musicista?
Diventare il migliore?
E’ differente per ogni musicista. Penso
che ci siano musicisti che portino dei
cambiamenti nella musica. Il mio
scopo non è quello di cambiare il
modo di suonare la batteria. Il mio
scopo è il divertimento, trarre piacere
dal suonare dal vivo, dal registrare
musica, perché è quello che mi piace
fare e non riesco nemmeno ad immaginare di poter fare altro. Mio padre
era un batterista ed ha esercitato una
forte influenza su di me fin da quando
ero piccolo. Il mio desiderio è solo
quello di suonare e divertirmi. Alcuni
musicisti hanno portato dei cambiamenti incredibili nello strumento che
suonavano. Jaco Pastorius, con il suo
lavoro con i Weather Report, ha rivoluzionato il mondo del basso. Frank
Zappa è stato una influenza fondamentale per numerosi musicisti, che
hanno cambiato il modo di suonare
dopo averlo ascoltato. Per la musica
Quando sarò invitato di nuovo! Porterò anche mia moglie…
Hai qualche suggerimento per attirare da queste parti gente che ama
la musica?
Organizzare altri eventi e altri concerti
simili a questo. Bastano quattro persone per organizzare un evento…
Pensi che Paestum sia un luogo
adatto per i concerti? D’estate vengono organizzati dei concerti nell’area archeologica, vicino ai templi.
Penso di sì, penso che sia un posto magnifico dove suonare.
Speriamo che queste ultime osservazioni di Chad non cadano nel vuoto.
Un incremento di eventi culturali di
questo tipo nelle nostre zone può portare solo note positive: interesse, richiamo, aggregazione e, chissà, un
miglioramento nella cultura e nella curiosità dei giovani e dei meno giovani,
verso la grande musica, cose che mancano un bel po’ oggigiorno.
versione integrale su www.unicosettimanale.it
Giuseppe Di Spirito
e Giuseppe Scandizzo
Domenica 15 giugno alle ora
20,30 nella piazza antistante
la Basilica Paleocristiana a
Paestum si terrà il concerto
“The WRONG OBJECT
live Paestum”
Ingresso libero
Per info 388 92 78 374
N°23 14 giugno 2008
15
Gli itinerari del gusto
Grande successo alla “Fabbrica dei Sapori”
per il Festival della Coda di Volpe
“La Fabbrica dei Sapori” di Battipaglia, l’antica fabbrica conserviera
recentemente restaurata e trasformata in centro polifunzionale, con
spazi dedicati alla valorizzazione e
all’utilizzo dei prodotti tipici, è stata
la giusta scenografia per la prima
edizione del “Coda di Volpe Wine
Festival”. L’evento, che si è tenuto
dal 10 al 12 giugno, aveva come
obiettivo la valorizzazione di un vitigno campano ingiustamente considerato di serie B. Fino a qualche
anno fa la Coda di Volpe veniva utilizzata in assemblaggio con altre varietà. Oggi, invece, ha dimostrato di
poter raggiungere livelli davvero interessanti se vinificato in purezza.
Difatti, molti produttori stanno investendo sulla Coda di Volpe ottenendo degli ottimi risultati. Il nome
di questo vitigno, già citato da Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis
Historia”, deriva dal latino “Cauda
Vulpium” per la sua forma caratteristica che ricorda appunto la coda
della volpe.
L’intenso programma della manifestazione organizzata in collaborazione con www.lucianopignataro.it,
si è svolto in tre serate, ognuna dedicata ad una provincia campana
vocata alla coltivazione di questo
vitigno.
La prima serata, che ha avuto come
protagonista l’Irpinia, è iniziata con
una degustazione guidata che ha
avuto come tema una verticale delle
annate 2006, 2003 e 2002 dell’azienda Vadiaperti di Montefredane. Coordinati dalla giornalista
Monica Piscitelli, hanno preso parte
alla degustazione Paolo De Cristofaro (responsabile Campania Gambero Rosso), Maurizio Paolillo
(agronomo e collaboratore di Porthos) e Raffaele Troisi (produttore
dell’azienda).
La qualità dei vini ha dimostrato
che la Coda di Volpe è anche adatta
per ottenere vini bianchi da invecchiamento. Successivamente, a cura
di “Vini Buoni d’Italia” del Touring
Club si è parlato di “terroir” insieme
a
Giulia
Cannada
Bartoli
(wine&food export), Milena Pepe
(produttrice) e Francesco Aiello
(giornalista).
A seguire la degustazione del
Bianco di Bellona 2007, 2006,
2005 della Tenuta del Cavalier
Pepe. La serata si è conclusa con
l’abbinamento d’autore con le creazioni dell’orto e del mare di “La Locanda delle Donne Monache di
Maratea”, ”La Pergola di Gesualdo”, “La Maschera di Avellino”, “La pizza napoletana di
Brandi” e con il banco di assaggio
delle aziende irpine produttrici di
Coda di Volpe.
Sulla stessa linea la seconda serata
dedicata al Sannio, oltre al banco
d’assaggio con aziende sannite e casertane, si sono svolte le degustazioni della Coda di Volpe della
“Fattoria La Rivolta” e poi di quella
di Ocone. A guidarle e a commentarle: Manuela Piancastelli (giornalista e produttrice), Maria Sarnataro
(delegato Ais Cilento e Vallo di
Diano), Paolo Cotroneo (produttore), Maristella Di Martino (giornalista),
Franco
Gerardo
(sommelier), Ugo Baldassare (giornalista e collaboratore di TigullioVino) e Federica De Vizia
(giornalista)
. L’abbinamento a tema della serata
è stato con il baccalà a cura di “Antica Osteria Marconi di Potenza”,
“La Pignata di Pontelandolfo”, “Le
Colonne di Caserta”, “Taverna Estia
di Brusciano”, con il pesce azzurro
dell’Acquapazza di Cetara, mentre
Cosimo Mogavero ha presentato le
pizze di Ciripizza in abbinamento
alla Coda di Volpe.
L’ultima serata (giovedì) è stata interamente napoletana: degustazioni
di “Vigna del Vulcano Lacryma
LA
RICETTA
Risotto con gamberi
e zucchine alla
Coda di Volpe
Christi bianco doc di Villa Dora” e
del “Lacryma Christi di Mastroberardino”; a commentarle Michela
Guadagno (sommelier), Tommaso
Luongo (Delegato Ais Napoli), Vincenzo Ambrosio (produttore), Ciro
Cenatiempo (giornalista), Nicola
Matarazzo (sommelier ed esperto in
comunicazione) e Luciano Pignataro (giornalista e autore di libri sull’enologia).
Al banco d’assaggio delle aziende
napoletane di Coda di Volpe e Lacryma Christi bianco è stato abbinato il pesce azzurro preparato da
Saverio Gargiulo dell’Antica Trattoria di Sorrento, Mimmo Di Raffaele dell’Hotel Caruso di Ravello,
Pietro Rispoli di Masseria della
Nocciola di San Cipriano Picentino,
Lino Scarallo di Palazzo Petrucci di
Napoli, Maurizio Somma del Papavero di Eboli e Gennaro Esposito
della Torre del Saracino di Vico.
Inoltre c’è stata, a cura di Michele
Romano (presidente Strada del Vino
del Vesuvio) e Ugo Baldassarre, la
presentazione alla stampa de “I
Giorni del Lacryma Christi” e del
concorso enologico “Amodio
Pesce” che si terrà ad Ottaviano al
Castello Mediceo dal 12 al14 settembre. C’è da dire che è stata una
bella manifestazione che si spera
avrà un seguito il prossimo anno.
Diodato Buonora
Ingredienti per 4 persone:
La guida completa ai vini dell’Irpinia
Una cosa che non ho mai scritto:
secondo me, i vini, prima di berli bisogna conoscerli. Io non riuscirei a
bere un vino non conoscendo il
luogo d’origine, il produttore, la storia, il vitigno e così via. A questo
proposito, il noto giornalista enogastronomico, Luciano Pignataro da
qualche anno sta svolgendo un lavoro importantissimo per gli amanti
e gli appassionati del nettare di
Bacco. La sua “Guida completa ai
vini della Campania”, pubblicata in
due edizioni differenti (2003 e
2006), è andata letteralmente a
ruba. Ora il nostro bravo “Big Luciano” ha presentato, al recente Vitigno Italia di Napoli, la “Guida
completa ai grandi vini dell’Irpinia”
(114 aziende e 650 etichette), che è
la prima di un progetto editoriale di
5 volumi autonomi, uno per ogni
provincia campana. Si tratta di
un’enciclopedia di facile ed immediata consultazione, senza precedenti nella storia dell’editoria vitivinicola del sud. Il prezioso volume
(professionalmente parlando) contiene la ricostruzione
storica della viticoltura in Irpinia dalle origini ai giorni nostri con l’anagrafica delle cantine. Ogni azienda è presen-
tata attraverso i dati essenziali, le vicende dei titolari, le schede dei prodotti sino alla sintesi delle 5 stelle e
dei 40 vini del cuore attraverso i
quali è possibile narrare la straordinaria avventura degli ultimi vent’anni. Un manuale indispensabile
per gli appassionati, i sommelier, i ristoratori e gli operatori del settore
che adesso hanno, al tempo stesso,
l’atlante più completo mai pubblicato e una lettura immediata delle
eccellenze per ciascuna tipologia:
Greco di Tufo, Fiano di Avellino,Taurasi. E ancora Aglianico Campi Taurasini, Sciascinoso, Coda di Volpe,
Falanghina. Per la prima volta sono
segnalate anche le aziende esterne
alla provincia impegnate con le tre
docg. In appendice: i disciplinari, la
produzione, i wine bar e i ristoranti.
La guida, 234 pagine, Edizioni dell’Ippogrifo, 10 euro, si può acquistare in tutte le librerie della
Campania oppure può essere richiesta rivolgendosi direttamente all’editore scrivendo a [email protected] oppure telefonando ai numeri 347.0503455 e
081.5177000
Dibbì
320 g di riso
300 g di gamberi sgusciati
200 g di zucchine
1 cipolla piccola
1 bicchiere di vino bianco coda di
volpe
brodo vegetale
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
olio extravergine d’oliva Cilento
Dop–
sale
pepe.
Tel 0828.720114 Fax 0828.720859
e-mail: [email protected]
url: www.unicosettimanale.it
Direttore Responsabile
Bartolo Scandizzo
Condirettore
Oreste Mottola
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In Redazione
Vincenzo Cuoco, Enza Marandino
Procedimento
affettate la cipolla e fatela soffriggere in poco olio extravergine
d’oliva del Cilento Dop, aggiungete le zucchine tagliate a fettine
piuttosto sottili, salate, pepate e
versate il riso. Fate brillare a
fiamma vivace, poi aggiungete la
coda di volpe, lasciate evaporare
e poi procedete alla cottura del
risotto aggiungendo mano a
mano il brodo vegetale. A metà
cottura aggiungete i gamberetti, a
fine cottura il prezzemolo tritato.
Vino consigliato: Bianco di Bellona
2007, Coda di Volpe Irpinia Doc, Tenuta del Cavalier Pepe, Luogosano
(AV).
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