Sándor Márai As Brasas - Dream Speech Turns 50

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Transcript Sándor Márai As Brasas - Dream Speech Turns 50

Sándor Márai
As Brasas
Title: As Brasas
Author: Sándor Márai
Format: Paperback
Language: Portuguese
Pages: 172
Publisher: Companhia das Letras,
941299484
ISBN: 8571649545
Format: PDF / Kindle / ePub
Size: 6.7 MB
Download: allowed
Description
As brasas é um romance sobre a amizade, a paixão amorosa e a honra. Conta a história de
dois homens que não se vêem há 41 anos. Foram amigos inseparáveis na infância, mas um
dia, em 1899, um deles desapareceu. Algo muito grave aconteceu naquele dia, e é esse o
enigma que agora, já no fim da vida, eles vão decifrar. Move-se entre os dois o fantasma de
Kriztina, por quem eles travarão um duelo que se inicia como um civilizado jogo de esgrima,
mas logo se torna uma luta árdua, embora os duelistas só disponham de uma arma: as
palavras.
O húngaro Sándor Márai nasceu em 1900. Exilou-se em 1948, inconformado com a
implantação do comunismo em seu país. Em 1979 fixou-se nos Estados Unidos, onde se
suicidou. As brasas é sua primeira obra lançada no Brasil.
Insightful reviews
Luana:
Non credi anche tu che il significato della vita sia semplicemente la passione che un giorno
invade il nostro cuore, la nostra anima e il nostro corpo e che, qualunque cosa accada, continua
a bruciare in eterno, fino alla morte?
C’è un aspetto dell’inverno a casa mia molto affascinante. Noi quattro, i miei genitori, io e mia
sorella, ci raccogliamo intorno al camino mentre, nella luce accesa del fuoco, attendiamo che il
giorno vada a spegnersi del tutto per consegnarci alla benevolenza della notte che concede il
sonno. Quando ormai gli altri tre membri si ritirano a letto, io, che soffro spesso e volentieri
d’insonnia, rimango a vedere il fuoco che si spegne e rimango a rovistare tra le braci con il
mantice, e rovisto un po’ anche tra i miei pensieri affascinata dal mistero dello spegnimento
lento tra mozziconi ancora arancioni risucchiati sempre più lentamente dal legno che si fa
cenere.
Ed in questo silenzio interrotto da scoppiettio mi ritrovo spesso a confabulare con la mia mente
di ventenne pensierosa che parla tutto il giorno e pensa tutta la notte, una volta sola. Ora, è un
quadretto abbastanza solito, molti come me subiscono la fascinazione del fuoco nel camino che
d’inverno rappresenta un rifugio, ma non mi sarei mai aspettata che settant’anni fa qualcuno
avesse scritto un libro sul tema.
Ma Sándor Márai non era prevedibile, era un uomo inquieto, irrequieto, politicamente spossato,
padre deluso, vedovo, e quando ha parlato delle braci di cui così infantilmente ho parlato io ha
deciso di ambiare il racconto in estate. Pensateci, un libro che si intitola Le braci è ambientato in
estate. Perché le braci, come le passioni umane, covano in gran segreto sempre tutto l’anno e
nascondono sotto un fuoco ormai spento segreti inestimabili di freddi venuti, passati e pronti a
tornare, magari addirittura 41 anni e 43 giorni dopo, come Konrad, amico di sempre di Henrik
che un giorno si è dissolto in aria per andare a vivere nei Tropici trascinando con sé risposte
che hanno maledetto Henrik che per tutta la vita le ha rincorse senza riuscire ad acchiapparle. E
dunque, quando nel bel mezzo dell’estate, torna l’uomo che cela il tuo segreto, tutto si fa
freddo e allora si riaccende il camino, il fuoco, addirittura scoppia un incendio che dissotterra le
parole ancora non dette e i segreti ancora da svelare.
Un fuoco che come le passioni umane si innalza e giganteggia prima di spegnersi per sempre e
diventare cenere.
Il nostro autore ungherese non si è però lasciato scappare quel momento di mezzo, quel
momento in cui il fuoco non è più fuoco, ma non è nemmeno non fuoco, perché rimangono
ancora le braci come a voler ricordare che c’è ancora qualcosa di acceso, qualcosa che
dev’essere spento, ma non subito, non troppo presto.
Ed è di fronte a questo fuoco non fuoco che i due personaggi intessono un discorso fatto di
valanghe di parole da parte di uno e di pochi cenni di assenso da parte dell’altro, decidono di
riesumare dalle ceneri ciò che ormai è morto per svelare le parti di un segreto che per
quarant’anni ha nuociuto come un cancro invasivo lentamente padrone di pensieri, atti, desideri
di vendetta. Sapere la verità, una vendetta inaudibile, una vendetta quasi innocua di fronte alle
vendette solite di spade, fucili, tradimenti, spargimenti di sangue, ma se ben ci si riflette forse
più infida, perché è una vendetta che pretende dall’altro di parlare, di riesumare, di riaprire
ferite mai cucite, ma forse ormai nemmeno più tanto aperte. Ed è intorno a questo desco che si
sviluppa la storia del segreto che smette di essere segreto per farsi accusa durante il processo
che Henrik impone a Konradin. Un processo informale, fatto di accuse ormai non presentabili di
fronte ad un giudice vero, ma mirate a colpire il giudice più spietato che esista, la coscienza; un
processo in cui esiste solo l’accusa, perché la difesa si è ormai mostrata colpevole, consumata
dalle passioni ha già portato a termine il delitto dal quale non può e non vuole difendersi in
nome dell’ego dell’animo umano.
Sto scrivendo come se avessi settant’anni anche io, ma non è colpa mia, è colpa di Márai che
con questo stile angoscioso, enigmatico ed elegante ti entra dentro e ti instilla un segreto e ti
pone domande che lascia senza risposte in un finale aperto a domande che, in fondo, di
risposte, come altre cose della vita, non ne meritano.
Ho una sola altra cosa da dire riguardo Le braci: questo libro mi ha incantata.
James: Sandor Marai has an uncanny ability to demonstrate his ideas through things that are
not said. Embers is permeated with nostalgia for the past, a past that, as in Proust, cannot be
recaptured. This book is excellent not just for how well it is written and how well it is structured,
but for the author's ability to demonstrate his ideas through what is not said.
"My homeland no longer exists . . . Everything's come apart. My homeland was a feeling, and
that feeling was mortally wounded. When that happens the only thing to do is to go away."(p 92)
This is the statement of Konrad, the childhood friend of Henrik who is the protagonist of this
amazing novel.
We are introduced to Henrik in the first line of the book, "In the morning, the old general spent
considerable time in the wine cellars," where he is aging in his seventies just like a fine wine.
With his aging come memories of a long life, of youthful friends, of love and betrayal. All this is
narrated in a short novel of little more than two hundred pages. It is a story that depends more
on feelings and of contrasts between Henrik and his former friend Konrad who is returning for
one final confrontation. The contrasts include that of passion and reason, of the world with and
without music, of the differing personalities of the south, where Konrad has spent much of his
life and the north of Austria and Hungary where Henrik has remained.
Interlaced with their lives is the figure of Nini, a mother figure to Henrik, who is described as, "a
power that surged through the house, the people in it, the walls, the objects, the way some
invisible galvanic current animates Punch and the Policeman on the stage at the traveling
puppet show. Sometimes people have the feeling that the house and its contents could, like
ancient fabrics, fall apart at a touch and crumble to nothing if Nini were not there to hold them
together with her strength."(p 11) Nini is always in the background, appearing in the first chapter
and present in the last. But there is also Krisztina who would marry Henrik, but spend years
estranged from her husband even as she does not leave their estate. The ghost of Krisztina
hovers over Henrik throughout the novel as does the aura of death. The story is part mystery
and these themes are part of the mystery along with the reason for the estrangement of Henrik
and Konrad.
It is Henrik who enigmatically isolates himself, yet opens the house for one last elaborate
meeting with Konrad, once his friend and now his nemesis. The world of the past no longer
exists except in their memory. Some people have moved on, but the past must be revisited on
one last evening. It is this evening that with a mere gesture Henrik throws Krisztina's diary,
unopened, "into the embers of the fire," (p 204). This action symbolizes his life, his loves, his
era. It is the feeling of this era which Marai is superb in capturing. It is the heavy weight of
centuries of empire that is encapsulated in his simple brushstrokes. One could compare him to
Mann or perhaps Proust in his ability to explore philosophy and memory and desire, but
ultimately his is a unique voice that bears reading and rereading to explore the complex
relationships and meanings that are hidden within his beautiful novel.
Elisa: Commento in fase di fermentazione
(Fase uno: quando non ero mica sicura che mi fosse piaciuto)
Quando chiudi un libro con la faccia distesa tra un "bah" di indifferenza e un "beh" di
compromesso, non è mai un buon segnale. Quando il giudizio deve fare ricorso alla struttura del
romanzo per strappare un margine di positività alla lettura conclusa, è segno che le parole sono
cadute su un terreno forse arido, inadatto a farne germogliare qualcosa. In fin dei conti, il
romanzo può avere una struttura d'eccezione, ogni componente può essere calibrata con
un'esattezza millimetrica, tale da imprimere sulla copertina il bollino "inaffondabile", eppure può
non stregarti. "Forse non l'ho capito", ti dici, ignaro del fatto che questa è solo una timida
giustificazione per tacere su di te, sulla tua sensibilità che potrebbe uscire a pezzi dal confronto.
C'è sempre questo senso di necessità che grava sulle opere definite capolavori. Eppure non c'è
niente di inaffondabile, neppure la terra su cui pestiamo i piedi, nemmeno la nostra voce che
grida "inaffondabile" è inaffondabile.
Le braci, di te ho apprezzato la teatralità della narrazione, la scelta precisa di gesti e
scenografia. I personaggi non compiono mai un gesto per riempire il tempo, lo fanno per
caricare le loro mani di significato. Un silenzio vissuto con gli occhi chiusi "come un cieco"
quando il personaggio si scontra con un dubbio, la scoperta di un vino fermentato nella propria
cantina alla vigilia del ritorno di un amico perso di vista da quarant'anni, l'allestimento di una
stanza da pranzo maniacalmente identico a quello di quarant'anni prima, la postura da
"uccellino con la testa incavata nel corpo" di una balia ormai novantenne che raramente ha
lasciato la casa dove presta servizio ma che conosce meglio di altri i tumulti interiori dei suoi
padroni, la battuta di caccia di due amici in un bosco ancora buio. La scelta delle musiche, la
direzione dei raggi solari che bussano alle finestre: tutto è sapientemente diretto da un regista
fuori campo.
Il tema è legato alla lotta tra dionisiaco e apollineo, nelle sue infinite manifestazioni: personalità,
appartenenza di classe, scelte di vita. Lo scontro è aperto in senso assoluto, a partire dalla
cornice: lo splendore dell'impero asburgico tutto divise, lustrini e valzer deve fare i conti con
l'incubo delle guerre mondiali e con il tumulto delle popolazioni che si son stufate di chiedere
pietà dal di sotto gli stivali lucidi dell'imperatore. Sulla scena, sono i personaggi a farsi carico
delle due armature, a schierarsi in fronti contrapposti in base a quella che loro chiamano
"diversità". Il rigido generale tutto onore ed etichetta e l'artista soffocato dal peso dell'uniforme,
fratelli e nemici di sangue come il giorno e la notte, capaci di vedersi veramente solo in quel
sottile momento che segna il confine tra notte e alba: non è ancora giorno, non è più notte, è
una terra di nessuno e le passioni corrono lontane da ogni imposizione. Ci si può finalmente
abbracciare solo nel momento di massima bestialità.
Dionisiaco e apollineo: che senso ha questa lotta? Chi vince? La risposta sta in una non
risposta, in un silenzio, nella perdita di significato di tutti gli oggetti in scena, prima così simbolici
e chiacchieroni. Quel teatro costruito in precedenza si accartoccia, si annienta. Al suo posto
sorge una nuova scenografia, identica alla precedente, solo più scolorita, priva persino del
calore rossastro di un cumulo di braci. Dal simbolismo universale alla vacuità assoluta: è un bel
salto.
(Fase due: la presa di coscienza)
Mentre scrivevo queste righe, mi son resa conto che dentro di me l'idea sull'opera è maturata.
Volevo scrivere che non mi ha trasmesso quasi nulla, ma non è vero. Riguardando le parole
scritte all'inizio, penso addirittura di aver esagerato con lo scetticismo. Cosa volevo, un libro
mordi e fuggi, che ti consegni tutto in mano in un sacchetto striminzito come il maltolto dopo una
rapina? No, certo che no. Forse mi aspettavo di avere un'opinione ferma e rigida a fine lettura.
Non ho pensato che alcuni libri sono solo trampolini di partenza.
E allora, priva di alcun senso di colpa, posso dire chiaramente che la parola d'ordine per questo
libro è quella che ricorre spesso nella narrazione: fermentare . Prima di esprimere qualsiasi
giudizio, estatico o scoraggiato che sia, cercate di gustarlo per bene e, una volta terminato,
aspettate con calma che la composizione si modifichi. Poi assaggiate, distinguete le diverse
note, separate il dolce dall'amaro.
Ma piano, mi raccomando, a costo di impiegarci quarantun'anni e quarantatré giorni. O forse di
più.
Io nel mentre aspetto, e le stelline le relego momentaneamente in cantina.
S©aP: Un bel romanzo, intenso, concepito da una mente solida. Alta sensibilità. Acutezza di
analisi. Una storia ottocentesca, resa paradigmatica e universale dalla profondità del pensiero.
Gill: this is often the second one time i've got learn this book, and i am much more inspired
moment time around. it may be liked as a fantastically written tale associated with the interval
close to the top of the AustroHungarian Empire. however it is usually approximately life, death,
love, hate, friendship, ageing, truth, betrayal and lots more and plenty extra beside. i may learn
each one web page back and again.
Mary: “We will speak this stuff via as soon as more, attempt to identify the reality after which
visit our deaths, I during this house, you someplace else…”My effect of Hungarian authors thus
far has been that they truly know the way to write down darkish and miserable gems. Embers is
simply that, and doubtless the saddest and loneliest little e-book I’ve learn in a while. What’s
lonelier than an aged recluse brooding for many years in an remoted castle? primary topics
abound here; love, betrayal, regret. yet it’s performed in such a virtually ideal means that
you’re correct there in entrance of the fireplace, soaking wet in melancholy, because the
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claustrophobic, beautiful-sad analyzing experience. Interestingly, this was once the 1st time that
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