L`OSSERVATORE ROMANO

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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVI n. 69 (47.204)
Città del Vaticano
venerdì 25 marzo 2016
.
Nella messa crismale il Papa ricorda la dinamica della misericordia che cresce attraverso i piccoli gesti
Un passo al giorno
E nel pomeriggio del giovedì santo lava i piedi ai profughi ospiti di un centro di accoglienza
Una misericordia «in cammino» che «ogni giorno
cerca il modo di fare un passo avanti»: è la dinamica dell’amore di Dio indicata da Papa Francesco ai numerosi preti che nella basilica vaticana
hanno concelebrato con lui la messa crismale del
Giovedì santo nell’anno del giubileo straordinario. Nella mattina del 24 marzo, all’altare della
Confessione, il Pontefice ha presieduto il tradizionale rito caratterizzato dal rinnovamento delle
promesse sacerdotali, dalla benedizione degli oli e
dalla consacrazione del crisma.
All’omelia Francesco ha ricordato che «Gesù
non combatte per consolidare uno spazio di potere», anzi «se rompe recinti e mette in discussione
sicurezze è per aprire una breccia al torrente della
misericordia». Essa, del resto, «è infinita e ineffabile», sempre in movimento e quotidianamente
compie «un piccolo passo in là, avanzando» anche dove regnano «l’indifferenza e la violenza».
Insomma, ha spiegato Francesco, la dinamica
dell’amore divino — ben rappresentata da quella
del buon Samaritano — è quella capace di legare
«un piccolo gesto con un altro, e senza offendere
nessuna fragilità, si estende un po’ di più nell’aiuto» degli altri. È quella che riesce «a rompere
quegli schemi ristretti nei quali tante volte incasel-
liamo la sovrabbondanza del suo cuore». Da qui
il rinnovato invito ai presbiteri a «uscire dai recinti» per essere «testimoni e ministri della misericordia».
Successivamente Francesco si è soffermato a riflettere su due ambiti nei quali il Signore «“eccede” nella sua misericordia» e nella quale «non
dobbiamo aver paura di eccedere anche noi»:
quello dell’incontro e quello del perdono. Quanto
al primo, il Papa ha suggerito di domandarsi se
dopo essersi confessati si è capaci di festeggiare, o
si passi rapidamente a un’altra cosa: «come quando dopo essere andati dal medico, vediamo che le
analisi non sono andate tanto male e le rimettiamo nella busta», ha chiarito con un’immagine alquanto efficace. Oppure ha invitato a chiedersi
quando si fa l’elemosina se si dà «tempo a chi la
riceve di esprimere il suo ringraziamento», festeggiando «il suo sorriso e quelle benedizioni che ci
danno i poveri», o si prosegue «in fretta» con i
propri affari.
Ma è soprattutto sull’eccesso di misericordia
nel perdono che i preti sono chiamati a misurarsi,
senza lasciarsi ingabbiare — ha detto il Papa — da
«teologie complicate», a causa delle quali «sentiamo che la nostra anima se ne va assetata di spiri-
tualità, ma non per mancanza di acqua viva, che
beviamo solo a sorsi», bensì «per un eccesso di
spiritualità “frizzanti”, di spiritualità light». Le
conseguenze di ciò, descritte da Francesco, costituiscono una sorta di promemoria per mettere in
guardia i preti di oggi da alcune tentazioni: tra
queste, la «mondanità virtuale, che si apre e si
chiude con un semplice click», e il «fascino di
mille proposte di consumo che non possiamo
scrollarci di dosso per camminare, liberi, sui sentieri che ci conducono all’amore dei nostri fratelli,
al gregge del Signore».
Si tratta, dunque, di guardare con occhi misericordiosi a quel «popolo povero, affamato, prigioniero di guerra, senza futuro, residuale e scartato,
che il Signore trasforma in popolo sacerdotale».
E «come sacerdoti — ha puntualizzato il Papa —
noi ci identifichiamo con quel popolo scartato».
Parole che diventano testimonianza eloquente nel
gesto che Francesco compie nel pomeriggio del
Giovedì santo, recandosi nel centro di accoglienza
di Castelnuovo di Porto dove celebra la messa in
coena Domini e compie il rito della lavanda dei
piedi con alcuni profughi ospiti della struttura.
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Nuovi blitz nel cuore di Bruxelles
Cooperazione contro il terrorismo
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BRUXELLES, 24. Rafforzare la cooperazione contro il terrore jihadista:
questo l’obiettivo con il quale si
apre oggi a Bruxelles la riunione
straordinaria dei ministri dell’Interno dell’Unione europea, a due giorni dai terribili attentati che hanno
provocato 32 morti e 300 feriti, di
cui 61 in modo grave. E intanto
questa mattina nella capitale belga
è scattato nuovamente l’allarme:
un’imponente operazione di polizia
è stata effettuata nella zona di
Ixelles, che è stata evacuata. Un perimetro di sicurezza è stato organizzato all’altezza di rue de l’Athénée
fino a piazza Fernand Cocq. Una
persona sarebbe stata fermata. La
sua automobile è stata perquisita
dalla polizia. Un’altra operazione è
stata compiuta all’altezza del
numero 135 della Chaussée d’Ixelles, ma le due azioni non sarebbero
collegate.
Sul piano politico, solidarietà
all’Europa è stata espressa dal presidente statunitense, Barack Obama,
da Buenos Aires, dove si è recato in
visita. Obama ha promesso ieri ogni
tipo di aiuto alle autorità belghe e
agli alleati europei, rilanciando il
suo appello all’unità della comunità
internazionale nella lotta al cosiddetto Stato islamico (Is). Il segretario alla Difesa, Ash Carter, ha ricordato che gli Stati Uniti hanno «accelerato la loro campagna per sconfiggere l’Is in Siria e in Iraq e altro-
ve». Per Carter «gli eventi di Bruxelles stanno dimostrando agli europei che anche loro devono accelerare i loro sforzi e unirsi a noi».
Nel frattempo, proseguono le indagini sugli attacchi. Hanno un nome e un volto i tre attentatori suicidi dell’Is che hanno seminato la
morte e il terrore nel cuore dell’Europa. Sono i fratelli Ibrahim e Khalid Bakraoui e l’artificiere degli attentati di Parigi, Najim Laachraoui.
I tre sono stati identificati dalla polizia grazie alle impronte digitali e
al Dna. Il presidente turco, Recep
Tayyip Erdoğan, ha reso noto ieri
che Ibrahim, arrestato in Turchia lo
scorso giugno, era stato estradato
verso l’Europa e poi lasciato libero
in Olanda, su indicazioni delle autorità belghe. Accuse che Bruxelles
ha prontamente smentito. Il ministro degli Interni belga, Jan Jambon, e quello della Giustizia, Koen
Geens, hanno presentato le loro dimissioni al premier, Charles Michel,
che le ha respinte.
Non si ferma la caccia al quarto
uomo del commando, quello fotografato con il cappello all’aeroporto
insieme ai due attentatori suicidi,
che ha abbandonato inesplosa la
sua valigia-bomba e si è dileguato
tra la folla in fuga. Con il passare
delle ore, le testimonianze e altri
elementi emersi mostrano chiaramente tanto il legame tra il commando di Bruxelles e quello che
colpì Parigi lo scorso 13 novembre
quanto l’esplicita volontà di causare
il massimo danno fisico e psicologico secondo il modus operandi che
caratterizza le azioni dell’Is. Khalid
Bakraoui è risultato essere colui che
aveva affittato sotto falso nome non
solo l’appartamento di Forest dove
sono state rinvenute le tracce di Salah Abdeslam, ma anche la base di
Charleroi che era servita per la preparazione delle stragi compiute nella capitale francese. Tracce importanti per le indagini — 15 chili di
esplosivo e altro materiale per costruire ordigni — sono state poi trovate la scorsa notte nel covo di
Schaerbeek da cui è ormai certo sia
partito il commando dell’aeroporto,
denunciato in seguito dal tassista
che lo ha portato a destinazione e
che si è insospettito per la cautela
con cui i suoi clienti maneggiavano
i loro bagagli-bomba. Tutti elementi
che avvalorano l’ipotesi, rilanciata
da diversi media, che gli attentati di
Bruxelles siano stati anticipati.
E domani, venerdì, in tutte le
moschee del Belgio sarà celebrata
una giornata nazionale contro il terrorismo. Ad annunciarlo è stato il
consiglio dei teologi dell’Exécutif
des Musulmans de Belgique, che ha
invitato tutti gli imam a condannare
fermamente gli attentati.
A partire dal 10 aprile in vista della ripresa dei negoziati
Cessate il fuoco nello Yemen
NEW YORK, 24. Un barlume di speranza per trovare una soluzione al
sanguinoso conflitto nello Yemen.
Le parti in guerra hanno raggiunto
un accordo per la cessazione delle
ostilità a partire dalla mezzanotte
del 10 aprile in vista della ripresa dei
colloqui di pace in programma dal
18 aprile in Kuwait. Lo ha annun-
ciato ieri sera l’inviato speciale delle
Nazioni Unite, Ismail Ould Shaikh
Ahmad.
Le parti hanno raggiunto un accordo per la «cessazione delle ostilità in tutto il territorio», ha detto
l’inviato dell’Onu di ritorno a New
York dopo un intenso round di consultazioni con l’Arabia Saudita e gli
NOSTRE
INFORMAZIONI
Provvista di Chiesa
Via crucis con Teresio Olivelli
Dio nelle carceri
La fila ai controlli di sicurezza alla stazione di Bruxelles (Reuters)
ANTONELLA LUMINI
A PAGINA
5
altri Paesi del Golfo persico che sostengono il Governo del presidente,
Abd Rabbo Mansour Hadi.
Ahmad è stato in contatto diretto
con il presidente Hadi e con rappresentanti dei ribelli huthi che controllano dal settembre del 2014 la capitale Sana’a e diverse aree nel nord e
nel centro del Paese arabo. Nel marzo del 2015 c’è stato l’intervento della coalizione guidata da Riad a sostegno delle forze governative.
L’annuncio di un’imminente tregua tra le autorità legittime e i ribelli huthi — in questa guerra dimenticata dai media internazionali — è
dunque un primo segnale di distensione. Secondo l’Onu, il conflitto ha
già causato oltre 6.300 morti, circa
la metà dei quali civili, e ha lasciato
l’80 per cento della popolazione impoverita e bisognosa di assistenza e
protezione umanitaria.
Bambini tra le rovine di una casa nella capitale Sana’a (Afp)
Il Santo Padre ha nominato
Arcivescovo Metropolita di
Saint Paul and Minneapolis
(Stati Uniti d’America) Sua
Eccellenza Monsignor Bernard Anthony Hebda, finora
Amministratore
Apostolico
“sede vacante” della medesima
Arcidiocesi ed Arcivescovo
Coadiutore di Newark.
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venerdì 25 marzo 2016
Parigi annuncia che circa 800.000 profughi sono sulle coste libiche pronti a partire per l’Europa
Situazione critica
Nuove proteste a Idomeni e molte organizzazioni umanitarie sospendono le attività
BRUXELLES, 24. Sono «centinaia di
migliaia», forse addirittura 800.000,
i migranti in attesa sulle coste libiche e che cercheranno la prossima
estate di arrivare in Europa. A lanciare il nuovo allarme è il ministro
della Difesa francese, Jean-Yves Le
Drian, che in un’intervista ha fatto
un bilancio dell’emergenza immigrazione nel vecchio continente. Una
situazione sempre più critica, nella
quale al dramma dei profughi si aggiunge l’irrigidimento di molti Paesi
Ue intenzionati a rafforzare i controlli e a chiudere le frontiere.
Dopo il blocco della rotta dei Balcani deciso da Austria, Croazia, Slovenia, Serbia, Ungheria, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, e l’accordo tra Bruxelles e Ankara — intesa che ha suscitato numerose perplessità e proteste — è stata ieri la
volta di Varsavia. Il Governo polacco ha infatti annunciato che non accoglierà più migranti. Un irrigidimento dovuto — hanno spiegato
fonti dell’Esecutivo — agli attentati
di Bruxelles. «Non è possibile proprio oggi dire che siamo d’accordo
nell’accettare i migranti» ha dichiarato il primo ministro polacco, Beata
Szydło.
Questo mentre l’emergenza in
Grecia rischia di trasformarsi in crisi
umanitaria. L’agenzia Ue Frontex ha
reso noto ieri che finora solo meno
di un terzo del personale promesso
dagli Stati Ue è arrivato: dei 1.500
agenti e dei 50 esperti di ricollocazione ne sono giunti rispettivamente
soltanto 396 e 47 per sostenere sul
campo le autorità elleniche. E sono
di ieri le ultime proteste di migranti
nel campo greco di Idomeni, a poca
distanza dal confine con la ex Repubblica jugoslava di Macedonia.
Inoltre, molte organizzazioni non
governative hanno annunciato che a
causa della gravità della situazione
non riescono più a garantire i servizi. «Abbiamo sospeso le nostre attività di supporto ai servizi di base in
tutti i centri di detenzione sulle isole
greche di approdo — ha infatti spiegato Valerio Neri, direttore generale
di Save the Children Italia — ovvero
la fornitura di autobus per il trasporto al campo di Lesbo e la distribuzione di cibo e di altri beni di prima necessità nel campo di Moria a
Lesbo, che viene ora effettuata
dall’esercito. Abbiamo mantenuto
invece le distribuzioni di cibo in collaborazione con l’Oxfam esclusivamente nel centro di Kara Tepe a Lesbo, che è gestito dall’amministrazione locale e rimane una struttura
aperta». Per il momento — ha aggiunto Neri — «stiamo mantenendo
le nostre attività di protezione dei
minori e i programmi di nutrizione
per i neonati in tutti i campi, di fatto divenuti di detenzione, in considerazione delle condizioni estremamente preoccupanti in cui versano i
bambini al loro interno, e continueremo a monitorare la situazione».
Anche Medici senza frontiere
(Msf) e l’Unhcr hanno deciso di sospendere le proprie attività nel campo di accoglienza di Lesbo, che,
stando ai dirigenti delle due organizzazioni, è diventato una prigione.
«Non saremo complici di questa
crudeltà» ha spiegato Michele
Telaro, coordinatore sull’isola del lavoro di Msf. «Dietro queste reti metalliche non c’è né chiarezza né legalità. È una decisione difficile, ma noi
da oggi smettiamo di operare qui
dentro e cancelleremo pure il servizio di bus che trasportava fino al
centro i migranti sbarcati nella parte
nord dell’isola». I migranti «sono
spaventati — ha aggiunto Telaro — e
la Ue ha fatto un accordo, ma loro
non sanno cosa prevede. E noi nemmeno».
Sulla stessa linea l’Unhcr: «Questo è diventato un centro di detenzione e in linea con i nostri principi
abbiamo deciso di sospendere il servizio». E respingimenti verso Ankara
per chi scappa dalla guerra — come
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previsto dall’accordo con l’Europa —
sono inammissibili.
Intanto, la cronaca registra nuove
tragedie. La polizia di frontiera bulgara ha trovato ieri a circa un chilometro dal confine con la Turchia, i
corpi di due uomini, forse migranti,
in stato avanzato di decomposizione.
I due cadaveri sono stati trasportati
all’ospedale di Burgas per l’autopsia.
Non sono state al momento rilevate
tracce di violenza; mancano i documenti di identità. Una delle ipotesi
della polizia è che potrebbe trattarsi
di migranti che hanno attraversato
illegalmente il confine provenienti
dalla Turchia.
Nei centri di accoglienza temporanea bulgari vi sono al momento 955
migranti. I posti disponibili erano
4.175 al 16 marzo scorso. Il centro
per i rifugiati a Ovcha Kupel (nei
pressi di Sofia) ospita 169 migranti
su una capacità totale di 860 posti.
Il centro Vrazhdebna ospita invece
66 persone su una capacità totale di
370 posti, mentre la struttura Voenna
(capacità 800 posti), sempre a Sofia,
accoglie attualmente 342 persone.
Migranti in attesa di entrare nel campo di accoglienza a Moria in Grecia (Afp)
Il tribunale
internazionale
dell’Aja
riconosce
Karadžić colpevole
SARAJEVO, 24. Radovan Karadžić, ex
presidente dell’autoproclamata Repubblica serba di Bosnia, è colpevole di crimini contro l’umanità commessi in diverse municipalità bosniache e dell’assedio di Sarajevo costato
la vita a 11.541 civili, tra i quali 1.601
bambini. È questo il contenuto del
lungo dispositivo della sentenza che,
mentre andiamo in stampa, il giudice del Tribunale penale internazionale dell’Aja (Tpi) sta leggendo.
Non è stata ancora letta la parte
della sentenza relativa al genocidio
di Srebrenica, dove vennero trucidati
circa 8.000 uomini e ragazzi musulmani bosniaci.
Il processo a Karadžić è durato
sei anni. Definito dai media occidentali il “macellaio”, l’uomo è stato accusato di genocidio, crimini contro
l’umanità e violazione delle leggi e
costumi di guerra, ai danni di musulmani e croati bosniaci durante la
guerra che insanguinò i Balcani tra
il 1992 e il 1995. Nella requisitoria finale, nel settembre 2014, il procuratore del Tpi, Alan Tieger, aveva
chiesto l’ergastolo. L’ex presidente
era inoltre accusato dell’assedio di
Sarajevo, durato oltre quaranta mesi,
durante il quale la città venne colpita in media da 329 granate d’artiglieria al giorno.
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Gaetano Vallini
NEW YORK, 24. Quasi 87 milioni
di bambini sotto i 7 anni hanno
vissuto tutta la loro vita in zone di
guerra. Bambini, dunque, nati sotto le bombe e che per anni non conoscono la pace. Il drammatico dato è stato reso noto dall’Unicef, il
Fondo delle Nazioni Unite per
l’infanzia.
Nel rapporto si evidenzia come i
bambini nelle zone di guerra siano
spesso esposti a traumi estremi,
con il rischio di vivere in uno stato
Pyongyang annuncia
motori più potenti per i suoi missili
PYONGYANG, 24. La Corea del
Nord continua a sfidare le risoluzioni dell’Onu e rivendica la messa a punto del motore di un missile ad alta potenza alimentato con
carburante solido. Si tratterebbe
di una mossa per consolidare il
potenziale d’attacco. Secondo
gyang è noto, ma l’opzione di carburante solido ridurrebbe i tempi
di lancio e migliorerebbe la mobilità rendendo più difficile il rilevamento dei preparativi. La Corea
del Sud ha confermato l’impegno
nordcoreano stimandolo però ancora «nelle fasi iniziali».
l’agenzia ufficiale Kcna, i test
hanno dato risultati positivi e rappresentano un passo strategico.
L’uso di propellenti tradizionali
per i vettori “puntati” su obiettivi
sensibili in Corea del Sud e sulle
basi militari statunitensi nell’area
Asia-Pacifico da parte di Pyon-
di stress emotivo, una condizione
che inibisce le connessioni delle
cellule cerebrali con conseguenze
negative sul loro sviluppo cognitivo, sociale e fisico.
«Durante i suoi primi sette anni
di vita, un bambino ha il potenziale per attivare 1.000 cellule cerebrali ogni secondo», si precisa nel documento diffuso a New York.
«Ognuna di queste cellule, chiamate neuroni, può connettersi ad altri
10.000 neuroni migliaia di volte al
secondo. E le connessioni cerebrali
sono come i mattoni per costruire
il loro futuro», prosegue il rapporto dell’Unicef.
«In aggiunta alle minacce fisiche
più immediate, questi minori corrono anche il rischio di cicatrici emotive profonde», ha commentato durante una conferenza stampa il direttore del programma Unicef Early Child Development, Pia Britto.
Sono dunque bambini che vivono scappando dalle violenze e dalle
macerie delle loro case, tra famiglie
devastate dalla paura e dalla morte.
Una condizione che ha reso la loro
infanzia piena di privazioni. «Abbiamo bisogno di investire di più
per fornire ai bambini e agli operatori sanitari forniture e servizi adeguati — conclude il rapporto
dell’Unicef — compresi materiale
per l’apprendimento, sostegno psico-sociale e spazi sicuri, a misura
di bambino».
Missione
in Pakistan
del presidente
iraniano
Uno dei recenti test missilistici nordcoreani (Reuters)
Prezzi del petrolio bassi
non fanno bene all’economia
per progetti specifici in aree che
necessitano di particolari investimenti) e negli strumenti per aumentare il tasso di occupazione.
La Cina, ha poi assicurato Li Keqiang, «continuerà lungo la strada
delle aperture del proprio mercato
interno e nello snellimento della
burocrazia». Il Governo intende
poi approvare riforme strutturali.
«Non dobbiamo perdere la fiducia» ha continuato il premier Li
Keqiang, precisando che «il dialogo e la cooperazione sono la chiave del futuro».
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caporedattore
segretario di redazione
Figli
delle bombe
Prosegue la sfida alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’O nu
Pechino vara misure
a sostegno della crescita
PECHINO, 24. La Cina prenderà
«le misure necessarie per far sì che
la crescita raggiunga gli obiettivi
prefissati»: lo ha assicurato ieri il
primo ministro cinese, Li Keqiang,
intervenendo al forum nella isola
di Hainan. Nel caso in cui l’economia cinese mostri in futuro nuovi segnali di rallentamento «adotteremo misure risolute per assicurare una crescita appropriata» ha
detto il primo ministro. Confermata inoltre la fiducia negli strumenti
fiscali adottati nei mesi scorsi per
favorire la crescita (come i fondi
Ottantasette milioni di bimbi nati e cresciuti nelle zone di guerra
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NEW YORK, 24. I prezzi del petrolio bassi complicano la politica monetaria, pesando sulle aspettative di
inflazione. E rischiano anche di innescare una serie di default aziendali e sovrani, con possibili ripercussioni sui mercati finanziari. Lo
afferma il Fondo monetario internazionale (Fmi), sottolineando che
la possibilità di tali effetti negativi
rende urgente un sostegno alla domanda di petrolio da parte della
comunità mondiale. «I benefici
globali di bassi prezzi del petrolio
— afferma l’Fmi — si materializze-
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
ranno solo dopo che i prezzi saranno un po’ risaliti e dopo i progressi
delle economie avanzate in un contesto di tassi zero». Da giugno
2014 — evidenzia il documento — i
prezzi del petrolio sono calati del
65 per cento in termini di dollari.
E anche tenendo conto di un apprezzamento del dollaro del 20 per
cento, il calo resta comunque accentuato. A detta del Fondo monetario internazionale, dunque, i
prezzi bassi del petrolio non hanno
avuto effetti benefici sulle economie dei Paesi avanzati.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
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ISLAMABAD, 24. Il presidente iraniano, Hassan Rohani, arriverà nelle prossime ore a Islamabad, su invito del primo ministro, Nawaz
Sharif, per quella che sarà la sua
prima visita in Pakistan dalla sua
elezione. Accompagnato da una
delegazione composta da ministri,
alti funzionari di Governo e uomini d’affari, Rohani incontrerà sia
Sharif che il presidente pakistano,
Mamnoon Hussain.
Oggetto degli incontri bilaterali
saranno le prospettive di rafforzamento della collaborazione tra i
due Paesi all’indomani del ritiro
delle sanzioni nei confronti di
Teheran, non solo per quanto riguarda le relazioni economiche ma
anche nell’ambito della cooperazione regionale e internazionale. Un
portavoce del ministero degli Esteri
pakistano ha espresso «la fiducia
che la visita di Rohani approfondirà ulteriormente i legami fraterni
esistenti tra i due Paesi».
La visita del presidente iraniano
a Islamabad giunge in un momento cruciale delle relazioni di Teheran con i Paesi della regione ed europei. A fine gennaio Rohani si era
recato per la prima volta in Italia e
in Francia, nella sua prima missione europea dall’elezione a presidente nel 2013.
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Il presidente statunitense Obama
insieme al capo di Stato argentino Macri (Ansa)
Impegno comune per una duratura soluzione del conflitto
Mosca e Washington
dialogano sulla Siria
DAMASCO, 24. «Poche settimane fa
in pochi avrebbero pensato che si
sarebbe potuta raggiungere una tregua in Siria: oggi invece c’è la cessazione delle ostilità; è fragile ma di
beneficio». Queste le parole pronunciate dal segretario di Stato
Cisgiordania
sigillata
per la festività
del Purim
TEL AVIV, 24. Le autorità israeliane hanno deciso di “sigillare” i
Territori palestinesi in Cisgiordania, aumentando i controlli ai
posti di blocco, in vista dell’imminente festività del Purim. Le
misure di sicurezza straordinarie
resteranno in vigore fino a sabato, ha riferito l’esercito, spiegando che la decisione è stata presa
di fronte all’ondata di violenze
che dallo scorso mese di ottobre
scuote Israele e i Territori palestinesi. Un’allerta resa ulteriormente critica dai recenti attentati di
Bruxelles. In base alle nuove disposizioni, i palestinesi non potranno quindi fare ingresso in
Israele se non per casi eccezionali, medici o umanitari.
La festa di Purim, la più gioiosa del calendario ebraico, vede
abitualmente un gran numero di
persone per strada e un significativo aumento dell’affluenza di
persone nell’area del Muro del
Pianto a Gerusalemme.
La chiusura dei Territori palestinesi — dicono gli analisti — è
usuale per le festività di Pesach e
Yom Kippur, ma è insolita per
Purim. La decisione conferma
dunque quanto sia elevato l’allarme: da ottobre a oggi sono morti
28 israeliani, due americani, un
eritreo e un sudanese, insieme a
198 palestinesi. La maggioranza
di questi ultimi è stata uccisa
mentre era impegnata in attacchi
con il coltello o in auto, e in parte durante scontri con le forze di
sicurezza israeliane.
È di oggi l’ultimo caso di aggressione. Due palestinesi armati
di coltelli sono stati uccisi dopo
aver aggredito un soldato israeliano nei pressi di Hebron, in Cisgiordania. Il militare è stato solo
lievemente ferito.
E intanto, ieri, sempre in Cisgiordania, a Douma, l’abitazione
di una famiglia palestinese è stata
data alle fiamme. Le autorità
puntano il dito contro i coloni
ebrei. L’abitazione apparteneva a
Ibrahim Dawabasheh, testimone
chiave del rogo doloso che, nella
stessa cittadina, causò nel 2015 la
morte di tre componenti della famiglia palestinese Dawabasheh.
americano, John Kerry, oggi a Mosca, nel corso del colloquio con il
ministro degli Esteri russo, Serghiei
Lavrov. «In molti si aspettano che
Usa e Russia possano trovare ora
un modo per progredire e arrivare a
una soluzione del conflitto in Siria
al più presto possibile» ha ricordato
Kerry. E a proposito del dialogo tra
Washington e Mosca, il segretario
di Stato ha precisato: «Abbiamo fatto progressi in circostanze molto
complesse: la tregua ha portato per
la prima volta in molti anni a un
flusso di aiuti umanitari ma va fatto
molto di più». Sempre oggi è in
agenda un colloquio tra Kerry e il
presidente russo, Vladimir Putin.
E sempre sul piano politico, l’Alto rappresentante Ue per la politica
estera e di sicurezza comune, Federica Mogherini, ha incontrato ieri a
Ginevra l’inviato speciale dell’O nu
per la Siria, Staffan De Mistura, e
le delegazioni del Governo e
dell’opposizione impegnate nei colloqui. Mogherini, giunta a Ginevra
su invito di De Mistura, ha espresso
pieno appoggio agli sforzi dell’in-
viato e ha riferito di aver chiesto alle parti siriane un chiaro impegno
per il consolidamento e l’estensione
della cessazione delle ostilità e
dell’accesso umanitario, nonché la
disponibilità a entrare attivamente
nel processo per la transizione politica e la pace in Siria.
Intanto, ieri il Governo siriano ha
annunciato che convogli di aiuti
umanitari potranno raggiungere tre
o quattro aree tenute ancora sotto
assedio. Lo ha riferito il coordinatore per gli aiuti umanitari dell’O nu,
Jan Egeland: le Nazioni Unite potranno ora consegnare aiuti a otto o
nove località nel Paese, incluse tre o
quattro aree tenute sotto assedio.
Ma gli aiuti non potranno raggiungere le città di Daraya e Douma,
entrambe nei pressi della capitale
Damasco, dove le condizioni della
popolazione sono particolarmente
drammatiche. Lo scorso 18 marzo il
Programma alimentare mondiale
(Pam) aveva infatti lanciato l’allarme denunciando che a Daraya la
popolazione è addirittura «costretta
a mangiare erba».
Obama annuncia la declassificazione degli archivi segreti sulla dittatura militare argentina
Nel nome della verità
BUENOS AIRES, 24. Washington ha deciso di declassificare gli archivi segreti statunitensi riguardanti il periodo
della dittatura militare in Argentina. A confermarlo è
stato ieri il presidente, Barack Obama, giunto in visita a
Buenos Aires. Una visita che cade proprio nel quarantesimo anniversario del colpo di Stato del 1976.
Il capo della Casa Bianca ha incontrato il presidente
argentino, Mauricio Macri. Al termine di un lungo colloquio, i due capi di Stato hanno ribadito la volontà di
aprire una fase nuova nella relazione tra i Paesi. Obama
ha sottolineato l’importanza della fase di «transizione
storica» che l’Argentina sta vivendo e la necessità di
«riforme per una crescita economica sostenibile». Sono
stati siglati quindi diversi accordi sul fronte della lotta
al narcotraffico, al terrorismo e alla povertà, e in materia commerciale.
Sempre ieri, Obama ha incontrato, durante la visita
alla cattedrale metropolitana, il cardinale Mario Aurelio
Poli, arcivescovo di Buenos Aires. Il presidente statunitense si recherà oggi in Patagonia per poi rientrare a
Washington. Prima di ripartire, renderà pubblico omaggio alle vittime della dittatura militare.
L’inviato dell’Onu Kobler non può recarsi a Tripoli
Tra Bogotá e le Farc ancora divergenze su questioni cruciali
Riconciliazione libica sempre più difficile
Accordo rinviato
TRIPOLI, 24. Ancora tensione in Libia. L’inviato speciale dell’O nu,
Martin Kobler, ha denunciato ieri di
non essersi potuto recare a Tripoli,
dove dovrebbe insediarsi il nuovo
Governo di unità nazionale. «Ho
dovuto cancellare ancora il volo per
Tripoli. Volevo spianare la strada al
dialogo», ha scritto Kobler aggiungendo fra l’altro che «le Nazioni
Unite devono avere il diritto di volare a Tripoli». Il diplomatico non
ha tuttavia precisato la natura
dell’impedimento.
In base a quanto riporta la stampa, il Governo insediato a Tripoli
Martin Kobler (a sinistra) con il premier designato libico Al Sarraj (Ap)
Rimpasto
nel Governo
egiziano
Chiuse
le scuole francesi
nel Mali
Liberi in Nigeria
180 ostaggi
di Boko Haram
IL CAIRO, 24. L’atteso rimpasto di
Governo in Egitto ha coinvolto dieci dicasteri tra cui, come previsto,
quelli della Giustizia e del Turismo.
Lo annunciano i media egiziani citando una lista ufficiale che apporta modifiche alla guida di quasi la
metà dei 23 ministeri egiziani. I
dieci nuovi ministri del premier,
Sherif Ismail, hanno giurato ieri
nelle mani del presidente, Abdel
Fattah Al Sisi. Il nuovo Governo,
che cercherà di fronteggiare le molteplici sfide economiche e politiche,
verrà presentato nei prossimi giorni
in Parlamento per la fiducia. Oltre
a quelli della Giustizia e del Turismo sono stati coinvolti nel rimpasto i ministeri di Trasporti, Aviazione civile, Finanze, Irrigazione e risorse idriche, Lavori pubblici, Antichità, Investimenti e Lavoro.
BAMAKO, 24. Le scuole francesi in
Mali restano chiuse: lo ha reso
noto il consolato francese nel Paese africano, secondo quanto riporta l’emittente France24. Il provvedimento è stato deciso dopo il fallito attentato dei giorni scorsi contro il quartier generale della missione militare dell’Unione europea
a Bamako, ospitato nell’hotel
Nord-Sud. Un altro albergo nella
capitale maliana, il Radisson Blu,
era stato oggetto lo scorso 20 novembre di un attacco terroristico
di matrice jihadista che aveva provocato ventidue vittime. In relazione al fallito attentato, la polizia
ha arrestato diciannove persone.
Secondo le forze dell’ordine, due
degli arrestati sono stati direttamente coinvolti nell’organizzazione dell’attacco al Nord-Sud.
ABUJA, 24. L’esercito nigeriano
ha liberato 180 persone tenute in
ostaggio dai terroristi di Boko
Haram. La liberazione è avvenuta nel corso di una vasta operazione nel nord del Paese contro
il gruppo armato di ispirazione
islamista. Condotta dalla VII divisione Garrison e dal battaglione 112, l’offensiva si è concentrata — come riferisce l’agenzia di
stampa Ansa — nelle località di
Zangebe, Bulamari, Maafa, Baale, Kaltaram e Mijigine, tutte
nella provincia di Maafa, nello
Stato di Borno, uno dei 36 Stati
confederali che compongono la
Repubblica nigeriana. Nel corso
dell’operazione, riportano fonti
dell’esercito locale, sono anche
state sequestrate armi in possesso
dei terroristi di Boko Haram.
aveva acconsentito a incontrare Kobler nella capitale accogliendo una
richiesta del diplomatico tedesco
«che era stata tenuta in sospeso per
due settimane». Il presidente del
Congresso generale nazionale (il
Parlamento di Tripoli che si oppone
a quello di Tobruk, internazionalmente riconosciuto), Nuri Abu
Sahmain,
nel
dare
l’annuncio
dell’incontro, aveva ricordato che
l’Esecutivo filoislamico — in piena
attività a Tripoli — non riconosce il
Governo di unità frutto dell’accordo
di Skhirat, in Marocco.
Guidato dal premier designato
Fayez Al Sarraj, il Governo di unità
si è visto finora negata la fiducia anche dal Parlamento di Tobruk. Al
Sarraj si trova dunque ad affrontare
anche le critiche interne al suo Governo. Il premier designato ha infatti invitato nei giorni scorsi i due vice
premier che si sono autosospesi, Ali
Al Qatarani e Omar Al Aswad, a
rientrare nel Consiglio di presidenza. Al Sarraj ha ricordato ai due politici — rappresentanti dell’area di
Brega (città portuale nel nord est
del Paese) e considerati vicini al generale Khalifa Haftar — che è «iniziato un percorso di riconciliazione
in vista delle sfide che attendono la
Libia». Rivolgendosi ai due esponenti politici, Al Sarraj ha auspicato
che i loro posti non restino ancora
vacanti: «Tutti si augurano che riusciremo a superare le sfide di questa
fase storica per la Libia».
BO GOTÁ, 24. Il 23 marzo sarebbe
dovuto passare alla storia come il
giorno dell’accordo di pace finale
tra il Governo di Bogotá e le Forze
armate rivoluzionarie della Colombia (Farc). Tuttavia, nessuna intesa
è stata firmata dalle parti.
Lo scorso 23 settembre il presidente colombiano, Juan Manuel
Santos, e il leader delle Farc, Rodrigo Londoño, si erano impegnati
ad arrivare a un accordo definitivo
nel giro di sei mesi.
Il capo negoziatore del Governo
con le Farc, Humberto de la Calle,
ieri in una conferenza stampa, ha
ammesso che, nonostante intense e
lunghe riunioni, permangono ancora differenze sostanziali tra le parti
su alcune questioni cruciali. In particolare, per quanto riguarda l’abbandono delle armi da parte delle
Farc, uno dei temi più delicati in
questo momento sul tavolo dei negoziati, de la Calle ha sottolineato
che si tratta di una condizione imprescindibile per arrivare alla pace e
permettere il reinserimento dei
guerriglieri nella vita civile e politica del Paese.
Da parte sua, il capo negoziatore
delle Farc, Ivan Márquez, ha spiegato che non è stato possibile rispettare la scadenza e arrivare a un
accordo perché la situazione è ancora troppo complessa e sono molti
i nodi da dirimere.
È dal novembre del 2012 che il
Governo della Colombia e le Farc
sono impegnati in dialoghi di pace
all’Avana. L’obiettivo è quello di
raggiungere un armistizio per porre
così fine ad un conflitto armato che
dura da più di mezzo secolo e che
ha seminato morte e sofferenze in
tutta la popolazione. Secondo i dati
ufficiali sarebbero infatti circa
220.000 le vittime del conflitto.
Il nuovo canale
di Panamá pronto
a fine giugno
PANAMÁ, 24. Sarà inaugurato il
26 giugno il nuovo canale di Panamá ampliato, che permetterà il
passaggio di navi molto più
grandi di quelle attuali. A confermarlo alla stampa è stato ieri
il presidente della Canal Authority, Jorge Quijano. La prima
area a beneficiare dell’ampliamento sarà la costa orientale
dell’America settentrionale: navi
molto grandi potranno raggiungere l’area dall’Asia con una rotta diretta attraverso il Pacifico e
non più tramite quella più lunga
che attraversa il Mediterraneo e
l’Atlantico. Il risparmio previsto
è pari a due settimane di navigazione.
I separatisti della Cabinda rivendicano l’uccisione di trenta militari
Violenze in Angola
LUANDA, 24. Almeno trenta militari
angolani sono stati uccisi dalle forze
indipendentiste dell’enclave di Cabinda. Lo rende noto un comunicato
del Fronte di liberazione dello Stato
di Cabinda (Flec), citato dalla France Presse. Non ci sono tuttavia conferme da fonti indipendenti. L’enclave di Cabinda, ricca di petrolio (si
estraggono 700.000 barili al giorno),
diamanti e materie prime, è da sempre oggetto di rivendicazioni separatiste dopo la sua integrazione con
l’Angola al momento dell’indipendenza, nel 1975. Malgrado un accordo di pace siglato nel 2006 con una
frangia del Flec, i separatisti non
hanno mai rinunciato alle rivendicazioni territoriali. Nelle ultime ore,
indicano fonti locali, la presenza militare angolana in Cabinda è stata
rafforzata con l’invio di nuove truppe e armamenti.
Soldati dell’esercito angolano in azione
pagina 4
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 25 marzo 2016
Una scena dei «Simpson», la serie tv
a cartoni animati disegnata da Matt Groening
di DARIO ED OARD O VIGANÒ
el corso della storia, il rapporto della Chiesa con le
novità tecnologiche
della comunicazione, che di volta in volta si affacciavano alla scena sociale, è stato
sempre segnato da una sorta di
doppia pedagogia. Un atteggiamento di audace incoraggiamento a cui è seguito, in parallelo,
un prudente ma deciso richiamo
ai fini pastorali connesso a un severo monito per l’uso improprio
di tali strumenti. Il pontificato di
Pio XII se sotto certi aspetti prosegue lungo questa linea, è anche
apportatore di sostanziali novità.
Pacelli, come ormai un’ampissima serie di studi ha sottolineato,
è innanzitutto il Papa che, grazie
agli strumenti di comunicazione,
è capace di inaugurare un nuovo
rapporto del ministero petrino
con le masse. È il Papa della radio (la prassi dei discorsi radiofonici avviata da Pio XI divenne
con lui un vero e proprio genere
di divulgazione magisteriale); è il
«Papa del cinematografo» (come
lo definì programmaticamente
«L’Osservatore Romano» nei
giorni della sua elezione al so-
N
La Santa Sede e le novità tecnologiche della comunicazione
Al di là
della censura
Televisione. In questo quadro,
Alla Chiesa di Pacelli non teria cinematografica, sia con dil’utilizzo pratico e il corpus della mancherà, come detto, l’occasio- scorsi (otto tra il 1941 e il 1949)
produzione magisteriale di Pacel- ne per confrontarsi anche con la sia con lettere encicliche, quali la
li dedicati agli strumenti di co- televisione. È noto il pionieristi- lettera Sacra virginitas del 1954 e
municazione rivela molto bene la co interessamento della Santa Se- la lettera Miranda prorsus del
Da Jonathan Swift ai nostri giorni
commistione tra un atteggiamen- de a un utilizzo pratico del nuo- 1957. È però attraverso i Due dito di prudenza e una volontà di vo mezzo: un primo momento si scorsi sul film ideale (1955) che si
sempre più decisa valorizzazione. registra infatti in occasione del rende chiaro il graduale avanzaSe già con l’inaugurazione da Giubileo del 1950 — ben quattro re, in seno alla Chiesa, di più
parte di Pio XI della Radio Vati- anni prima dell’inizio di un rego- marcate esigenze di dialogo e
cana il 12 febbraio 1931 la radio lare servizio televisivo in Italia — apertura nei confronti del cineveniva assunta come strumento quando il governo francese fece ma. Tutto ciò rivela la sintonia
di evangelizzazione, Pacelli anda- dono al Pontefice di una stazio- con una più generale tensione
incredulo può avvertire il tormento
va oltre, disponendo nel giugno ne televisiva che sarà collocata conoscitiva orientata alla comdi GIOVANNI CERRO
di una coscienza colpevole; uno che
del 1939 che la benedizione attra- nell’area di Roma e del Vaticano. prensione di uno scenario politilascia
vagare
altrove
i
pensieri
e
gli
l primo giorno della
co e antropologico che mostrava
verso la radio (ad alcune consettimana ci erava- occhi può essere richiamato all’atteni tratti di una radicale trasformadizioni) potesse far benefimo riuniti a spezza- zione da una parola azzeccata. Ma
zione. I due pronunciamenti maciare agli ascoltatori l’inchi
si
addormenta
chiude
tutte
le
re il pane, e Paolo,
gisteriali si configurarono infatti
dulgenza plenaria e poi,
che doveva partire il porte della sua anima».
come «il tentativo più aperto e
a partire dal 1940,
Non vi sono dubbi, prosegue
giorno dopo, conversava con loro e
generoso di fornire alla coscienammettendo la regoprolungò il discorso fino a mezza- Swift, che sia proprio il sermone a
za del cristiano un quadro dotlare
trasmissione
delnotte. C’era un buon numero di intorpidire le loro membra e la loro
trinale e pastorale sistematico
la celebrazione della
lampade nella stanza al piano supe- mente. Non appena il predicatore fiche gli consentisse di indimessa via radio. La
riore dove eravamo riuniti. Ora, un nisce di parlare, infatti, si svegliano
viduare egli stesso lo spartiaccomunicazione
radi
soprassalto
e,
rivelando
tutta
loro
ragazzo di nome Èutico, seduto alla
que tra il cinema capace di
diofonica diverrà poi
Pubblichiamo ampi stralci
finestra, mentre Paolo continuava a ipocrisia, si apprestano a ricevere
favorire la crescita dell’uomo e
per Pio XII il mezzo
dell’intervento tenuto il 21 marzo a
conversare senza sosta, fu preso da «con molta devozione la benediil cinema che rischia di comprivilegiato per la
Milano, nell’Università cattolica del
un sonno profondo; sopraffatto dal zione».
promettere lo sviluppo spiridivulgazione planeSacro Cuore, dal prefetto della
Fatto ancora più deprecabile è che
sonno, cadde giù dal terzo piano e
tuale». E dunque i Due discorsi
taria del suo magiSegreteria per la comunicazione della
venne raccolto morto. Paolo allora queste persone tendano a giustificare
marcano un momento di trastero sociale e politiSanta Sede, in occasione del convegno
scese, si gettò su di lui, lo abbracciò il loro comportamento scorretto, cisformazione nell’atteggiamento
co nei grandi torinternazionale che si è proposto di fare
e disse: “Non vi turbate; è vivo!”. tando come giustificazione le mandella Chiesa che da difensivo si
nanti del secondo
il punto sulla ricerca svolta dalla
Poi salì, spezzò il pane, mangiò e, canze o del predicatore — la sua vofa propositivo. È la prima volta
conflitto mondiale e
Cattolica sui media tra il secondo
dopo aver parlato ancora molto fino ce è sgradevole, la dizione scorretta,
infatti che non si
della guerra fredda:
dopoguerra e gli anni settanta.
all’alba, partì. Intanto avevano ri- l’espressione monotona, le parole e i
attivano comuniè con i grandi mescondotto il ragazzo vivo, e si senti- ragionamenti che utilizza troppo difcazioni
prettasaggi radiofonici parono molto consolati». Questo cu- ficili per l’uditorio — o della predicamente interne, ma
squali e natalizi che
rioso episodio, occorso secondo gli zione in generale. In quest’ultimo
caso
ci
si
lamenta
del
fatto
che
si
è
rivolte
all’intera
durante la guerra
Atti degli Apostoli (20, 7-12) mentre
glio);
è
infine
il
primo
Papa
della
società, attraverso
Pacelli invoca il riPaolo si trovava a predicare nella persa la capacità di commuovere e
televisione (o il primo «viandan- torno del governo di
l’intelligente e inTroade, è posto dallo scrittore irlan- di persuadere tipica dei retori del
te di Dio sulle vie dell’etere» co- Dio nella società; e
novativo utilizzo
dese Jonathan Swift come esergo di mondo antico o che la dottrina
me
titolò
con
efficacia
«Il
Mesesposta non è che una stanca ripetidi un codice conel dopoguerra è anun suo irriverente sermone ora pubsaggero» in occasione dell’anno che con l’importante
zione di luoghi comuni, di anticaglie
municativo
non
blicato in traduzione italiana con il
santo 1950).
e banalità, già sentite decine di volpiù circoscritto in
radiomessaggio del
titolo Predica sul dormire in chiesa (a
D’altro canto questa innegabile 24 dicembre 1948
te. Swift ribatte puntualmente alle
una dimensione
cura di Adriano Zanacchi, Bologna,
due critiche: prima di tutto, l’assemapertura di Pio XII ai media, che che il Papa manifesta
morale e censoria.
EDB, 2016, pagine 46, euro 5,50). Se
proprio nei suoi anni di pontifi- la sua opposizione al
Allo
schema
nel corso dei secoli il passo è stato
cato si consolidavano sulla scena comunismo e non
della doppia pevariamente riutilizzato dai critici delsociale globale, si puntellava su esclude l’ipotesi deldagogia si può
la predicazione religiosa, Swift, che
A distanza di quasi tre secoli
precise
basi
dottrinarie
e
si
fonfare
riferimento
la
partecipazione
fu pastore della Chiesa anglicana e
Pio XII benedice e inaugura la nuova stazione radio
dava sull’obiettivo chiave del suo dell’Italia a un’aldal sermone dello scrittore irlandese
anche guardando
decano della cattedrale di St. Patrick
a Santa Maria di Galeria (ottobre 1957)
ministero di «collegare la dottri- leanza militare. Semalle
esperienze
a Dublino, se ne serve per condanla predicazione resta una questione
na
della
Chiesa
a
tutti
gli
aspetti
maturate in quepre
alla
fine
degli
nare duramente il vizio, piuttosto
sociali della contemporaneità» al anni Quaranta Pio
ancora aperta in ambito liturgico
sti anni nell’ambidiffuso tra i suoi contemporanei, di
fine di fondare una «nuova so- XII sdoganò il nuovo status ac- Si tratta di una struttura to del più ampio tessuto ecclesiaritenere soporifere le omelie dei precietà cristiana». Non a caso è quisito dalla radio per il magiste- realizzata dal padre domenicano le. Da un lato la Chiesa avanza
dicatori. Le critiche e l’indifferenza
con questo Papa che la Santa Se- ro pontificio affermando al mi- Raymond Pichard: un primo decisamente, specie in campo civerso i sermoni rappresentano infatti
de nel 1948 inaugura la prima crofono di un programma radio- esperimento, un’intuizione che nematografico, sul piano di una
per Swift una delle cause dirette del- blea dei fedeli è così eterogenea che
espressione istituzionale ufficiale fonico francese che tale medium troverà solo nei decenni successi- modernizzazione e mobilitazione
la decadenza religiosa, della diffusio- è impossibile accontentare tutti; in
dedicata ai nuovi media: quella era divenuto un’eccezionale risor- vi una reale possibilità di svilupne dell’ateismo e dell’ignoranza dei secondo luogo, conoscere gli struorganizzativa funzionale alla proPontificia Commissione per la sa: «Il mondo, attraverso questa po. Del resto è Pio XII stesso a
principi della fede anche da parte menti dell’eloquenza profana non
spettiva pacelliana di una «nuoCinematografia didattica e reli- meraviglia, vedrà le folle straripa- tenere un atteggiamento ambivarientra tra i compiti di un oratore
dei credenti.
va cristianità». Da qui la nascita
giosa, che poi diverrà, già nel re dall’immensa piazza di San lente
Nel suo discorso — pronunciato in cristiano, il cui unico scopo è occuverso
la
televisione:
una data imprecisata dopo il 1713 ma parsi degli argomenti della fede.
1954, Pontificia Commissione per Pietro per ricevere la benedizione nell’esortazione apostolica I rapi- in seno all’Azione cattolica
dell’Ente dello Spettacolo (1944),
pubblicato postumo nel 1776 — Swift
Che fare di fronte a questo stato
la Cinematografia, la Radio e la del Papa, per udirne la parola».
di progressi pronunciata in occadistingue anzitutto due grandi cate- di cose? Tre sono i rimedi invocati
sione dell’avvio delle trasmissioni con funzione di coordinamento
gorie tra i “cattivi cristiani”: quanti da Swift. Il primo sta nel riflettere
Rai nel gennaio 1954 sottolineava generale in ambito cinematogranon frequentano le chiese e quanti, attentamente su quale sia il vero scocome il medium audiovisivo se fico, televisivo e radiofonico; il
invece, pur recandovisi, tengono un po della predicazione: il predicatore
«ben regolato» potesse «costitui- consolidarsi del sistema di revicomportamento poco consono al non deve divertire l’uditorio o intratre un mezzo efficace di saggia e sione cinematografica sotto l’egiluogo in cui si trovano. I primi sono tenerlo, ma deve edificarlo, ricordancristiana educazione»; tuttavia da del Centro cattolico cinematosoliti accampare ogni genere di scusa do i doveri e gli ideali di vita che è
secondo il Papa occorreva non grafico per la promozione di film
pur di sfuggire al servizio liturgico: tenuto a seguire un buon cristiano.
sottovalutare i pericoli che la te- moralmente sani; lo sviluppo di
vi è chi diserta le funzioni per sem- Il secondo rimedio sta nel consideralevisione nascondeva, «pericoli una rete capillare di sale parrocplice disprezzo della fede; chi è con- re che la bravura e la capacità nel
tanto più gravi, quanto maggio- chiali che si poggia sulla relaziovinto che l’aria della chiesa sia parti- saper parlare e nel tenere desta l’atre» era «la potenza suggestiva di ne diretta dell’associazionismo
colarmente malsana; chi, sopraffatto tenzione varia naturalmente da prequesto strumento e quanto più cattolico con il governo Dc ed è
La mostra «Umberto Boccioni. Genio e
dalla pigrizia, crede di poter trascor- dicatore a predicatore e non si può
vasto e indiscriminato» era il corroborato
memoria», dal 25 marzo al 10 luglio a Padalla
nascita
rere l’intera domenica gozzoviglian- imputare certo delle colpe a chi pospubblico a cui esso si dirigeva.
lazzo Reale di Milano, presenta circa 280
dell’Acec (Associazione cattolica
do; chi, al contrario, ha così tanti siede tali qualità in misura minore
Ma è attraverso l’attenzione al
opere tra disegni, dipinti, sculture, incisioesercenti cinema) nel 1949; infine
impegni da non riuscire a trovare un rispetto ad altri. È strano anzi che,
mezzo cinematografico che proni, fotografie d’epoca, libri, riviste e doil tentativo, per larghi tratti fallimomento libero per la messa.
mentre in quasi tutte le forme di dibabilmente più si chiarisce l’evocumenti provenienti da importanti istiIl problema è che latita proprio scorso gli ascoltatori si accontentano
luzione degli orientamenti di Pio mentare, di inserirsi nel mondo
tuzioni museali e collezioni private di
chi avrebbe più bisogno di ascoltare
della produzione cinematografica
del buon senso e della ragionevolezXII verso i mass media. Non va
tutto
il
mondo
ed
è
frutto
di
un
prole omelie per via della propria vita
za dell’oratore, si pretenda invece
dimenticato che, già negli anni con l’esperienza della Orbis e
getto di ricerca curato dal Gabinetto
peccaminosa. Dopo aver trattato
così tanto dai sermoni e da chi li
’30, nel suo ruolo di segretario di poi dell’Universalia.
dei disegni della Soprintendenza del
delle scuse addotte dagli assenti,
D all’altro lato il nuovo appronuncia. Il terzo e ultimo rimedio
Stato, egli ebbe un ruolo di priCastello Sforzesco. Grande esponente
Swift passa a elencare in modo metista
nel
riflettere
sul
fatto
che
quando
missimo piano nella redazione proccio critico proposto da Pio
del futurismo, nelle sue opere Boccoloso i comportamenti maleducati
dei due testi che più caratterizza- XII con i Due discorsi dà forza alcioni seppe esprimere il movimendei presenti: alcuni non fanno che le critiche non si fondano su motivi
rono il magistero del suo prede- le esperienze di promozione di
chiacchierare tutto il tempo con i lo- ragionevoli sono inutili e controproto delle forme e la concretezza
cessore verso la settima arte. Un una vera e propria riflessione
ro vicini, il più delle volte sparlando ducenti.
della materia e la sua ricerca
A distanza di quasi tre secoli dal
magistero impostato su un atteg- teorica sui media che andavano
e spettegolando del prossimo, altri
sul rapporto tra oggetto e spagiamento prevalentemente difen- maturando in quegli anni in amhanno la mente occupata da preoc- sermone di Swift, la predicazione rizio ha influenzato la pittura e
sivo. Fu Pacelli a scrivere nel bito cattolico. Così se si consolicupazioni mondane, altri ancora mane ancora una questione aperta in
la scultura del XX secolo.
1934 la lettera al canonico dano le esperienze cineforiali di
stanno sempre in agguato per poter ambito liturgico. Non è un caso che
Brohée, presidente dell’Ocic, che don Giuseppe Gaffuri e di don
criticare e mettere in ridicolo tutto Papa Francesco abbia dedicato una
larga parte dell’Evangelii Gaudium —
venne allora considerata la maciò che ascoltano.
Giuseppe Fossati è soprattutto il
gna charta dell’attività dei cattoliMa il comportamento di gran lun- la sua prima esortazione apostolica
domenicano padre Felix Morlion
ci in campo cinematografico; e
ga più scorretto a cui può trovarsi di — all’omelia e alla sua preparazione,
a fornire una risposta complessa
esortando
i
ministri
a
essere
brevi
e
fu
il
futuro
Pontefice
a
gestire
il
fronte un predicatore è l’indifferenza
processo redazionale dell’encicli- alla nuova realtà dominata dai
di coloro che si addormentano men- a utilizzare un linguaggio il più posca Vigilanti cura del 1936, curan- mezzi di comunicazione, fondantre questi parla, vinti dalla lunga di- sibile semplice e chiaro. Solo così,
do in particolare i delicati rap- do a Roma alla fine degli anni
gestione dopo un pasto ingordo. infatti, l’omelia potrà «essere realUmberto Boccioni,
porti con l’episcopato americano. Quaranta l’Università InternazioContro di loro si scaglia la reprimen- mente un’intensa e felice esperienza
«Forme uniche
Durante i suoi diciannove anni nale di Scienze Sociali Pro Deo
da di Swift: «uno che disprezza può dello Spirito, un confortante incondella continuità
di pontificato, Pio XII tornerà specializzata nello studio delle
ascoltare la voce della verità e della tro con la Parola, una fonte costante
nello spazio», 1913
ragione e, col tempo, riflettere; un di rinnovamento e di crescita».
poi in diverse occasioni sulla ma- dinamiche mediali.
Dormire in chiesa
«I
A Milano
Umberto Boccioni
a cent’anni dalla morte
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 25 marzo 2016
pagina 5
I persecutori dell’uomo
odiano la verità
perché odiano se stessi
Più muovono azioni violente
più si condannano
Disegno eseguito da un prigioniero
di un campo di concentramento,
tratto dal libro «K. Z. disegni dai campi
di concentramento nazisti»,
a cura di Arturo Benvenuti (ed. Becco Giallo, 2015)
Via crucis con Teresio Olivelli
Dio nelle carceri
sofferenza. Mentre la cecità fa sprofondare il mondo nelle inarrestabili
spirali della violenza, il dolore innocente continuamente si riaffaccia sulla storia. «Che male ha fatto (...),
ma essi gridavano più forte: “Crocifiggilo!”» (Marco, 15, 13-14).
Il 26 aprile 1944, con un inganno,
Olivelli viene arrestato a Milano in
piazza San Babila e rinchiuso nel
carcere di San Vittore. «Vorrei essere
ancora più raccolto; le carceri sono
piene di Dio». Perseguitato dai nazisti, viene condotto nei lager di
Fossoli, Bolzano, Flossenbürg ed
Hersbruck. Nell’orrore del campo si
prodiga per i più deboli offrendo
anche la sua porzione di cibo: «Ripuliva e lavava le piaghe dei sofferenti e ammalati. Si prestava volontariamente con tutto il cuore per
rendere più leggera la nostra permanenza in quell’inferno». Si prendeva
cura di coloro «che erano colpiti da
scabbia, scorbuto, dissenteria e già
ridotti da fare ribrezzo a tutti».
Nella luce dello spirito la realtà
appare come olocausto permanente,
ma non è abbandonata a se stessa.
Con Cristo il dolore non si perde
nel nulla, accolto diviene
fuoco d’amore. Brucia e
consuma il peso della
storia che annienterebbe
il mondo. Solcando le
tracce di luce del Figlio
di Dio, l’itinerario di
passione
del
Figlio
dell’uomo fuoriesce dal
buio: «Egli si è caricato
delle nostre sofferenze, si
è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo
castigato, percosso da
Dio» (Isaia, 53, 4).
Olivelli guarda in faccia la verità e ne soffre
tutto l’orrore, ma la verità nobilita perché supera
lo scarto di oscurità che
separa dalla luce. Chi sta
nella verità è nella luce e
la luce nobilita attraverso
Teresio Olivelli in divisa da ufficiale degli alpini
l’amore. «Dacci la forza
dello Spirito, per portare
con te la croce della nocis (Via crucis con Teresio Olivelli, Ro- stra debolezza». Chi ama non calcoma, Città del Vaticano, 2016, pagine la, non pensa più a preservare se
20, euro 3) che — attraverso brani stesso. Offre la propria vita con il
tratti dai suoi scritti, testimonianze coraggio dell’amore perché solo
di chi lo ha conosciuto, passi scrittu- l’amore dà la spinta interiore che lirali e preghiere — permette di riper- bera dalla paura.
Al contrario, i persecutori dell’uocorrere le trame del suo calvario esistenziale. Nel suggestivo coro di vo- mo odiano la verità perché odiano
ci, tassello dopo tassello, la sua vita innanzitutto se stessi. Più muovono
viene a ricomporsi quasi a calco sul azioni violente e distruttive, più si
condannano scaricando sulle vittime
cammino di passione di Gesù.
Partecipa volontariamente alla la loro perversa ferocia. «L’oppressocampagna di Russia e nella tragica re in vagoni bestiame ammassa uoritirata «mentre tutti fuggono, soc- mini e donne, animali da lavoro per
corre i feriti che implorano aiuto». le fucine tedesche (...). Ma chi non
Rientrato in Italia non si arrende ai rispetta in sé e negli altri l’uomo, ha
nazisti ed entra nella resistenza, «le un’anima da schiavo».
Dalla schiavitù dell’odio non c’è
sue armi sono l’amore del prossimo
e il sacrificio di sé». Come l’uomo via d’uscita, è come un gorgo che
dei dolori attraversa il tempo fen- conduce sempre più in basso. Solo
dendone le tenebre, addossandosi la l’incontro con lo sguardo misericordi ANTONELLA LUMINI
gni anno il tempo forte di Pasqua ci introduce nella settimana
santa attraverso i passi
della Via crucis. Passi
che si ripetono nella sofferenza di
tanti uomini e donne, tappe costantemente presenti nella tragedia del
mondo. La croce è sempre attuale,
per questo chi si apre a Cristo e si
predispone verso la verità non può
non vederla. Chi la vede non può
non patirla con atto di pura compassione. Il dolore che pervade la terra
sale da un territorio oscuro tenuto ai
margini. Chi si apre a Cristo lo sente perché lo Spirito Santo purificando le anime trapassa i corpi rendendoli sensibili all’amore fino al totale
dono di sé.
Ne è modello esemplare per santità di vita e virtù, il venerabile Teresio Olivelli, morto a soli ventinove
anni in un lager nazista. In sua memoria, mentre è in corso il processo
di beatificazione, è stato recentemente pubblicato a opera di monsignor
Paolo Rizzi, il testo di una Via cru-
O
dioso di Gesù può rompere il circuito mortifero della distruzione. In
Giuda trionfa l’accusatore, l’avversario della vita. Vince la morte. In Pietro lo sguardo di Gesù muove il
pianto, il perdono fa trionfare la vita. Gesù ama con lo sguardo: «Come quel giovane che non seppe seguirti — “fissatolo lo amò” —. Anch’io, coi miei peccati, ho dato mano a flagellarti».
Questo sguardo scioglie le catene,
i muri che chiudono. Sgretola l’orro-
cambiare mente. Di lasciare lo
sguardo giudicante del mondo e assumere lo sguardo misericordioso di
Gesù che dona il perdono.
Questo sguardo «è un invito
all’amore, amore che purifica, che redime». Imprimendosi nell’occhio
malato e distorto dell’uomo, lo sana,
lo risveglia, lo volge verso la sofferenza. «Gesù Cristo fa olocausto
della propria vita per
vivificare
l’umanità
morta,
che
giace
Nel lager divide la sua razione di cibo
nell’ombra di morte
(...). Gesù muta il livocon i compagni malati
re in amore e l’amore
E muore facendo scudo con il suo corpo
verrà crocifisso».
La morte dell’umania un giovane prigioniero
tà è la cecità, il buio
picchiato dal kapò
spirituale. Per questo
Gesù, e chi a lui si conforma, diviene «segno
re dello sguardo con cui l’essere di contraddizione» che spaventa i
umano guarda se stesso e si rifiuta. detentori dell’inganno. I nazisti
«Sterile è solo chi si chiude in se odiano e picchiano Olivelli perché
stesso sazio e disdegnoso». La con- con parole di fede e di speranza «inversione richiede innanzitutto di debolisce la loro sistematica azione
Maria e la crisi di desideri0
Il segreto è attendere
Pubblichiamo uno stralcio dal volume «Maria, donna dei nostri giorni» (Milano, San
Paolo, 2015, pagine 158, euro 8,90), ristampa dell’edizione del 1993.
di TONINO BELLO
La vera tristezza non è quando, la sera,
non sei atteso da nessuno al tuo rientro
in casa, ma quando tu non attendi più
nulla dalla vita. E la solitudine più nera,
la soffri non quando trovi il focolare
spento, ma quando non lo vuoi accendere più: neppure per un eventuale ospite
di passaggio.
Quando pensi, insomma, che per te la
musica è finita. E ormai i giochi sono fatti. E nessun’anima viva verrà a bussare
alla tua porta. E non ci saranno più né
soprassalti di gioia per una buona notizia, né trasalimenti di stupore per una
improvvisata. E neppure fremiti di dolore
per una tragedia umana: tanto, non ti resta più nessuno per il quale tu debba temere. La vita allora scorre piatta verso un
epilogo che non arriva mai, come un nastro magnetico che ha finito troppo presto una canzone, e si srotola interminabile, senza dire più nulla, verso il suo ultimo stacco.
Attendere: ovvero sperimentare il gusto
di vivere. Hanno detto addirittura che la
santità di una persona si commisura allo
spessore delle sue attese. Forse è vero. Se
Il Santo Sepolcro
sarà restaurato entro gli inizi del 2017
Sarà presto restaurato il Santo
Sepolcro, che ha bisogno di urgenti
interventi. Come informa il sito
della Custodia di Terra Santa, lo
scorso 22 marzo ecclesiastici grecoortodossi, cattolici e armeni si sono
infatti riuniti per benedire insieme
le impalcature appena installate.
Negli ultimi tempi i responsabili
cristiani che curano la basilica della
Resurrezione avevano dato il via
libera ad approfonditi studi sulla
possibilità di restaurare la tomba di
Cristo. Si è così tenuta agli inizi di
marzo ad Atene una conferenza che
è servita a fare il punto della
di annientamento fisico e morale dei
prigionieri».
La ferocia che brucia l’umano
nell’orrore dei lager fluisce nei fiumi
neri dell’odio che ancora tracimano,
ma l’antidoto c’è, si è fatto conoscere. La salvezza è costante perché
sempre Cristo effonde amore e assume su di sé il dolore. Gesù sempre è
appeso alla croce e sempre è risorto.
Ugualmente coloro che affidandosi
con pura fede lo seguono. «Il Signore non salva noi senza di noi,
non salva il mondo senza le persone
del mondo».
Il dolore più grande dell’amore
che ama non sono le piaghe e il legno cruento, ma il non essere
accolto: «L’affronto dell’ingratitudine umana, il flagello dell’odio perverso che lungo i secoli si scaglierà
contro di Lui, Amore sostanziale che
si sacrifica per le sue creature insensibili al suo amore». Gesù esce dalla
scena del mondo come un fallito e
un perdente, ma l’amore effuso e sedimentato nell’intimo di coloro che
si sono aperti e affidati ha impresso
nell’umano la luce rivelativa spalancando le soglie della morte. La vita
eterna che emana dal Risorto fluisce
attraverso i canali aperti dell’amore.
Teresio Olivelli — la cui figura
magrissima e ricurva «richiamava
l’immagine di Gesù sul calvario» —
conclude la sua vicenda terrena il 17
gennaio 1945 nel lager di Hersbruck
a seguito di un gesto estremo in cui
offre il proprio corpo come scudo a
un giovane prigioniero brutalmente
pestato dal kapò.
La via della croce trasfigura la vita
umana in manifestazione di resurrezione. Croce e resurrezione sono un
atto unico. Sono congiunte fin dal
principio perché la vita del verbo incarnato è già in se stessa resurrezione, vita eterna che attraversa la terra.
L’innesto della vita umana nell’umanità del Cristo dischiude l’umano in
tutti i suoi risvolti luminosi e tenebrosi. Il verbo incarnato, morto e risorto effonde luce assumendo su di
sé il peso della storia. Amore sublime e assoluto senza più veli che abbraccia tutto. La croce non è segno
di mortificazione ma di vivificazione
della morte. È spaventosa, ma ancora di più è sublime, segno dell’amore che scaturisce dalla vita risorta,
dalla presenza del divino nell’umano. Non si può accogliere la croce se
non attraverso la resurrezione, attraverso l’innesto nella vita eterna che è
la vita del Cristo in noi già qui sulla
terra.
situazione e a programmare il piano
dei restauri necessari. Secondo le
previsioni, i lavori inizieranno dopo
le feste pasquali e dovrebbero
terminare agli inizi del 2017. Lo staff
sarà composto da una trentina di
specialisti di vari dipartimenti della
National Technical University di
Atene. Il progetto prevede un
restauro conservativo durante il
quale si dovrà smontare l’edicola
per poi ricollocarla secondo la
disposizione attuale. Durante i
lavori il Santo Sepolcro sarà sempre
accessibile al culto e ai fedeli.
è così, bisogna concludere che Maria è la
più santa delle creature proprio perché
tutta la sua vita appare cadenzata dai ritmi gaudiosi di chi aspetta qualcuno. Già
il contrassegno iniziale con cui il pennello di Luca la identifica, è carico di attese:
«Promessa sposa di un uomo della casa
di Davide». Fidanzata, cioè.
A nessuno sfugge a quale messe di
speranze e di batticuori faccia allusione
quella parola che ogni donna sperimenta
come preludio di misteriose tenerezze.
Prima ancora che nel vangelo venga pronunciato il suo nome, di Maria si dice
che era fidanzata. Vergine in attesa.
In attesa di Giuseppe. In ascolto del
frusciare dei suoi sandali, sul far della sera, quando, profumato di legni e di vernici, egli sarebbe venuto a parlarle dei
suoi sogni. Ma anche nell’ultimo fotogramma con cui Maria si congeda dalle
Scritture essa viene colta dall’obiettivo
nell’atteggiamento dell’attesa.
Lì, nel Cenacolo, al piano superiore, in
compagnia dei discepoli, in attesa dello
Spirito. In ascolto del frusciare della sua
ala, sul fare del giorno, quando, profumato di unzioni e di santità, egli sarebbe
disceso sulla Chiesa per additarle la sua
missione di salvezza. Vergine in attesa,
all’inizio. Madre in attesa, alla fine.
E nell’arcata sorretta da queste due trepidazioni, una così umana e l’altra così
divina, cento altre attese struggenti.
L’attesa di lui, per nove lunghissimi
mesi. L’attesa di adempimenti legali festeggiati con frustoli di povertà e gaudi
di parentele. L’attesa del giorno, l’unico
che lei avrebbe voluto di volta in volta rimandare, in cui suo figlio sarebbe uscito
di casa senza farvi ritorno mai più. L’attesa dell’«ora»: l’unica per la quale non
avrebbe saputo frenare l’impazienza e di
cui, prima del tempo, avrebbe fatto traboccare il carico di grazia sulla mensa
degli uomini. L’attesa dell’ultimo rantolo
dell’unigenito inchiodato sul legno. L’attesa del terzo giorno, vissuta in veglia solitaria, davanti alla roccia. Attendere: infinito del verbo amare. Anzi, nel vocabolario di Maria, amare all’infinito.
Santa Maria, vergine dell’attesa, donaci
del tuo olio perché le nostre lampade si
spengono. Vedi: le riserve si sono consumate. Non ci mandare ad altri venditori.
Riaccendi nelle nostre anime gli antichi
fervori che ci bruciavano dentro, quando
bastava un nonnulla per farci trasalire di
gioia: l’arrivo di un amico lontano, il rosso di sera dopo un temporale, il crepitare
del ceppo che d’inverno sorvegliava i rien-
Antonio Veneziano,
«Madonna del parto» (XIV secolo, particolare)
tri in casa, le campane a stormo nei giorni
di festa, il sopraggiungere delle rondini in
primavera, l’acre odore che si sprigionava
dalla stretta dei frantoi, le cantilene autunnali che giungevano dai palmenti, l’incurvarsi tenero e misterioso del grembo materno, il profumo di spigo che irrompeva
quando si preparava una culla.
Se oggi non sappiamo attendere più, è
perché siamo a corto di speranza. Se ne
sono disseccate le sorgenti. Soffriamo
una profonda crisi di desiderio. E, ormai
paghi dei mille surrogati che ci assediano, rischiamo di non aspettarci più nulla
neppure da quelle promesse ultraterrene
che sono state firmate col sangue dal Dio
dell’alleanza.
Di fronte ai cambi che scuotono la storia, donaci di sentire sulla pelle i brividi
dei cominciamenti. Facci capire che non
basta accogliere: bisogna attendere. Accogliere talvolta è segno di rassegnazione.
Attendere è sempre segno di speranza.
Rendici, perciò, ministri dell’attesa. E il
Signore che viene. Vergine dell’avvento,
ci sorprenda, anche per la tua materna
complicità, con la lampada in mano.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
venerdì 25 marzo 2016
Giotto, «Bacio di Giuda» (1303-1305)
di CARLO MARIA MARTINI
Penso a un aeroplano che, dopo aver rullato lungo la pista, si accorge, alla fine, di
non avere i motori abbastanza forti e la
corsa abbastanza ampia per salire. Così ci
sentiamo di fronte alle meditazioni sulla
Passione. Diverso è guardare al Signore,
soprattutto ricavandone “conoscenza di
noi stessi”. Quando si tratta invece di
guardare a lui per ricavare “conoscenza di
lui” (e questo non si può fare senza entrare nel mistero trinitario del Padre che ci
dona il Figlio, e soprattutto nel mistero
della morte di Dio), ci troviamo del tutto
impreparati.
Hans Urs von Balthasar è uno dei pochi teologi che ha trattato a fondo il tema
della croce. Egli paragona l’entrare nella
meditazione della Passione, della morte di
Dio e di ciò che significa per il destino
umano, a quanto Isaia descrive nella piccola apocalisse: l’entrare in un paese di
morte. Von Balthasar incomincia la sua riflessione con un interrogativo fondamentale riprendendo un’espressione di Gregorio di Nazianzo: «Perché questo sangue è
stato versato?». La Passione e la morte del
Figlio di Dio erano veramente necessarie
dopo l’Incarnazione? Su questo punto i
teologi sono divisi. La Passione non è forse, come dicevano gli scotisti, subordinata
allo scopo principale, l’Incarnazione, che
è la glorificazione del Padre attraverso il
Figlio Gesù? La Passione non è forse
qualche cosa di accidentale, di aggiunto?
Poiché è difficile entrare nella meditazione sulla Croce, ci lasciamo guidare da
qualcuno che ci aiuta a esplorare alcuni
aspetti del mistero. Vi propongo di contemplare come Pietro ha vissuto la Passione di Gesù o come la Passione educa Pietro alla conoscenza di sé e di Gesù. Non è
Le ultime ore di Gesù
Con gli occhi di Pietro
tutte le sue sicurezze, di tutto ciò che egli
aveva pensato di sé e di Gesù.
Cominciamo da Matteo, 14, 28. Vedendo
Gesù che, come un fantasma, viene incontro alla barca sul mare e dice: «Coraggio,
non abbiate paura!», Pietro risponde: «Signore, se sei tu, comanda che io venga a
te sulle acque». È una parola forte, perché
“camminare sulle acque” è proprio di
Yhwh, è una caratteristica di Dio nell’Antico testamento. Pietro è molto ardito:
chiedere di fare ciò che fa Gesù, è partecipare alla forza di Dio. Ciò tuttavia corrisponde al sogno di Pietro: seguendo Gesù
siamo stati investiti della
sua forza; non ci ha forse comunicato i suoi poteri di cacciare i demoni
e guarire i malati? Dunque entriamo in questa
comunicazione di potenza con fede, con
Viene ripubblicato in questi giorni — la prima edizione è del 1994
amore, con generosità;
per i tipi della Morcelliana di Brescia — I racconti della Passione.
partecipiamo alla forza
Meditazioni (Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2016, pagine 231,
di Dio. Gesù acconseneuro 17). Il volume raccoglie alcune riflessioni che il gesuita biblista,
te. «E Gesù disse: “Viedivenuto arcivescovo di Milano e cardinale (1927-2012), tenne in vari
ni”. Pietro, scendendo
corsi di esercizi spirituali. Sono testi, quelli di Martini, che vanno al
dalla barca, si mise a
cuore del messaggio del Nuovo Testamento e che pongono chi legge
camminare sulle acque e
di fronte agli eventi evangelici. Pubblichiamo ampi stralci del
andò verso Gesù. Ma
capitolo intitolato «La Passione di Gesù educa Pietro alla
per la violenza del venconoscenza di sé e del Signore».
to, si impaurì e cominciando ad affondare gridò: “Signore, salvami!”
ancora la contemplazione diretta del mi- Subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli
stero, ma è un modo di arrivarci per gra- disse: “Uomo di poca fede, perché hai dudi, attraverso le difficoltà che Pietro stesso bitato?”».
Pietro vuol partecipare alla potenza di
ha vissuto. Chiediamogli di farci percorrere il suo cammino, di cogliere la sua espe- Gesù, però non si conosce e non sa che
questa partecipazione significa anche
rienza drammatica.
Partendo dalle parole del Vangelo, cer- “condividere le prove” di Gesù, lasciarsi
cheremo di ricostruire nella preghiera il sconvolgere dal vento e dalle acque. Non
aveva pensato a tanto, immaginava un
suo atteggiamento. In fondo Pietro è ciagioco più facile e allora, sconvolto, grida.
scuno di noi, è l’uomo che per la prima
Il grido rivela il fatto che Pietro “non
volta viene abbagliato dal fatto inconcepiconosceva se stesso”, presumeva di sé, si
bile della Passione e ne viene colpito nella riteneva ormai capace di qualunque cosa.
carne, perché si accorge che si riflette su E “non conosceva Gesù”, perché a un cerdi lui. Leggeremo da Matteo, 14, 28 (Pie- to punto non si è più fidato di lui, non ha
tro sulle acque) a Matteo, 26, 75 (il pianto capito che è il Salvatore e che in mezzo
finale): dalla prima presunzione, cambia- alla potenza dell’uragano, là dove la sua
tasi in paura e presto risanata, allo scop- debolezza si manifestava, Gesù era lì per
piare in pianto di Pietro, che rivela il veni- salvarlo. Questa è per Pietro la prima
re meno, di fronte al Cristo sofferente, di esperienza della Passione; un’esperienza
I racconti della Passione
non riuscita, chiusa, appena iniziale, dalla
quale, come accade anche a noi, non impara molto.
Veniamo ora alle ultime battute del
dramma di Pietro che abbiamo visto così
poco preparato. Mentre Gesù si avvia con
gli apostoli verso il Monte degli ulivi,
esclama: «Voi tutti vi scandalizzerete per
causa mia in questa notte. Sta scritto infatti: percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge». È un’indicazione che fa capire tutta la debolezza degli apostoli: siete come pecore; se non c’è
il pastore, non potete fare nulla.
«“Ma dopo la mia risurrezione vi precederò in Galilea”. E Pietro gli disse: “Anche se tutti si scandalizzeranno di te, io
non mi scandalizzerò mai”. Gli disse Gesù: “In verità ti dico, questa notte stessa,
prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre
volte”. E Pietro gli rispose: “Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò”. Lo
stesso dissero tutti gli altri discepoli».
Dobbiamo dare atto a Pietro della sua
onestà e della sua straordinaria generosità;
davvero parla credendo di conoscere pienamente se stesso, e con tutto il cuore. Ha
appena ricevuto l’Eucaristia, sa che Gesù
è in pericolo, non possiamo pensare che
parli con leggerezza; le sue parole sono tra
l’altro molto belle: «Se dovessi morire con
te». Quel “con te” è essenziale nella vita
cristiana.
Si direbbe che Pietro abbia ormai capito il senso dell’unica moneta per due: sono con te, Signore, nella vita e nella morte. Quante volte anche noi l’abbiamo ripetuto. Pietro pronuncia una parola esattissima, sincera, però Gesù non ha detto «mi
rinnegherete» ma «vi scandalizzerete»; secondo l’espressione biblica: «troverete una
pietra imprevista». Lo scandalo è un ostacolo imprevisto che fa da trappola.
Per i discepoli sarà l’“imprevisto scarto”
tra l’idea che avevano di Dio e quella che
si rivelerà nella notte. Il Dio di Israele, il
grande, il potente, il vincitore dei nemici,
il Dio che non abbandonerà mai Gesù, è
l’idea di Dio che hanno imparato dall’Antico testamento. Gesù li avverte che non
sapranno mai resistere allo scarto tra ciò
che pensano e ciò che si verificherà.
Pietro non accetta per sé l’ammonimento, crede di conoscere il Signore piena-
La chiave per affrontare le emergenze dell’immigrazione e dell’ecologia
Unico criterio il Vangelo
Clima e migrazione si spartiscono la prima
pagina. Fuggendo dalla guerra e dai disastri
ambientali, i migranti si riversano in ondate
successive un po’ ovunque nel mondo, ma
con una forte concentrazione in Europa.
Clima e migrazione si spartiscono la prima
pagina. L’uno e l’altra, una sfida per i Governi e le Chiese, tutte le Chiese. Del modo
in cui reagiscono, degli appelli che lanciano,
si troveranno echi nella cronaca. Le Chiese vi
trovano motivi per mobilitarsi insieme. Cammino ecumenico supplementare e/o essenziale, questo servizio comune, al di là delle
frontiere geografiche e confessionali.
Clima e migrazione si spartiscono la prima
pagina. Se si può temere un riscaldamento
climatico, si può temere anche un raffreddamento della carità. L’uno e l’altro pongono
le società e le Chiese di fronte a una sfida,
nell’urgenza di rispondere e, se così si può
dire, d’invertire la rotta. Davanti alla vastità e
alla complessità della tragedia umana, sembriamo disarmati e, cosa ancora più grave,
esitanti. E assistiamo impotenti — sperando
che non sia indifferenza — a naufragi quasi
quotidiani. Come se a ogni naufragio fosse la
civiltà a colare a picco.
Cambiamenti climatici e movimenti di popoli appartengono ai ritmi lunghi della sto-
ria. Esistono però periodi di accelerazione. E
noi ne stiamo attraversando uno. Dire che la
storia delle civiltà è fatta di movimenti migratori sarebbe un luogo comune. Pretendere
che ciò avvenga senza difficoltà e senza scontri sarebbe un’illusione. La storia è fatta di
flussi e riflussi. La paura dell’altro è lì che
spinge a dominarlo e persino a sfruttarlo. Invasioni, conquiste, colonizzazioni, migrazioni, in modo dolce o violento, sono lì a dimostrarlo. Molte integrazioni sono “riduzioni”.
E i cristiani non sono stati gli ultimi a essersi
distinti in queste pratiche! L’ospitalità e l’incontro con l’altro, valori biblici ed evangelici
fondamentali che partecipano al “processo”
d’incarnazione, esigono che ci si svuoti di
tanti pregiudizi, per accogliere l’altro o an-
«Irénikon»
Pubblichiamo, in una nostra
traduzione, l’editoriale dell’ultimo
numero di «Irénikon», rivista
ecumenica trimestrale dei monaci di
Chevetogne.
dargli incontro. È un lungo e costante cammino di conversione e, senza dubbio, anche
di spogliamento di se stessi, per le istituzioni
e per gli individui. Doloroso apprendistato!
A volte dura secoli. La storia del cristianesimo ne è la triste dimostrazione. Le richieste
di perdono di san Giovanni Paolo II all’alba
del terzo millennio (12 marzo 2000) e, più di
recente, di Papa Francesco, durante i suoi incontri con i pentecostali e con i valdesi, non
sono parole al vento. Sono il frutto di una
presa di coscienza e di un capovolgimento di
situazione. Vera conversione di una Chiesa
che, perseguitata, riconosce di essere stata a
sua volta persecutrice.
Certo, ci sono sempre stati profeti e testimoni (martiri!) per ricordare, al di là di tutte
le strutture, anche quelle meglio intenzionate
e contro tutti i sistemi, qual è la voce del
Vangelo, e che questa non può lasciarsi mettere sotto il moggio. È andare contro corrente, e per riprendere l’espressione tanto cara a
fratel Roger di Taizé, è «essere un segno di
contraddizione secondo il Vangelo».
Per il cristiano, a qualunque confessione
appartenga, l’unico criterio è il Vangelo e il
riconoscere in ogni uomo l’immagine di Dio:
«Ero forestiero e mi avete ospitato» (Matteo,
25, 35).
qui!». Poi viene arrestato: «Misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. Ed ecco uno di quelli che erano con Gesù, messa la mano alla spada, la estrasse e colpì il
servo del sommo sacerdote, staccandogli
un orecchio». Pietro fa insomma l’ultimo
tentativo per morire da eroe. Di fronte alla moltitudine della gente il suo è indubbiamente un atto disperato, però coraggioso. L’ultimo colpo alla sua troppo meschina sicurezza, che ha cercato ancora
una rivincita, è la parola di Gesù: «Metti
la spada nel fodero». Gesù “sconfessa
pubblicamente Pietro” che non capisce
più niente e si domanda perché il Signore
li ha chiamati a seguirlo, se proprio voleva
morire.
Pietro è confuso anche “nella sua identità”: non sa più chi è, cosa deve fare,
qual è il suo compito nel Regno, non sa
chi è questo Gesù che viene abbandonato
da Dio. Tutto si agita nell’animo di Pietro
che, però, ama profondamente il suo Maestro e quindi, come si dice subito dopo,
«lo segue da lontano». Non osa seguirlo
da vicino, perché ormai non sa più che
cosa deve fare, ma non può non seguirlo.
È un “uomo diviso”, che è stato afferrato da Cristo e insieme sente di volerlo respingere; seguirlo “da lontano” è il “compromesso”, che diventa palese per tutti
nella scena del triplice rinnegamento, testimonianza pubblica dello smarrimento
di Pietro. Non sapendo “chi è lui” e “chi è
Gesù” Pietro dà delle risposte che paradossalmente sono vere. «Una serva gli si
avvicinò e disse: “Anche tu eri con Gesù il
Galileo”. Egli negò davanti a tutti: “Non
capisco che cosa tu voglia dire”».
Un atto di vigliaccheria, che non nasce
da paura pura (Pietro era pronto a morire), bensì da smarrimento totale. Alla seconda domanda: «“Costui era con Gesù il
Nazareno”, negò: “Non conosco quell’uomo”». L’evangelista sembra giocare sul
sottinteso: veramente non conosco più chi
sia, è un enigma anche per me. «Subito
un gallo cantò. E Pietro si ricordò delle
parole dette da Gesù: “Prima che il gallo
canti, mi rinnegherai tre volte”. E uscito
all’aperto, pianse amaramente».
mente; ha accettato il rimprovero precedente, ha capito che deve affidarsi sempre
a Gesù, quindi va fino in fondo, o almeno
cerca di andarci: «Anche se dovessi morire
con te, non ti rinnegherò».
Non è soltanto presunzione di conoscersi, ma è un errore. Egli crede di avere
l’idea giusta di Dio, mentre non l’ha, perché nessuno ha la vera idea di Dio se non
ha conosciuto il Crocifisso; parla sì di
morte, però da ciò che segue sembra che
intenda la morte eroica, la morte del martire, gloriosa: morire con la spada in pugno, come i maccabei, come gli eroi
dell’Antico testamento; morire gridando
contro i nemici la verità di Dio, e l’ingiustizia e la vergogna di chi ha tentato di assalire il suo popolo. Pietro arriva fin qui,
ma non accetta di morire umiliato, in silenzio, oggetto della pubblica vergogna.
Leggiamo dal brano seguente (Matteo,
26, 37-56): «Gesù lo prese con sé con i
due figli di Zebedeo e cominciò a provare
tristezza e angoscia. Disse loro: “La mia
anima è triste fino alla morte; restate qui e
vegliate con me”. E avanzatosi un poco, si
prostrava e pregava: “Padre mio, se è possibile passi questo calice! Però non come
voglio io, ma come vuoi tu!”. Poi tornò
dai discepoli che dormivano e disse a
Pietro “Così non siete riusciti a vegliare un’ora sola con me?”».
Sembra impossibile che Pietro avesse tanto sonno dopo
avvenimenti così eccitanti
come quelli della sera, dopo l’Eucaristia, dopo le parole del Maestro. Avrà sentito, come tutti, che in città
si correva, si tramava,
c’erano voci e raduni. Nessuno di noi si abbandona
al sonno in tali occasioni;
piuttosto siamo presi dal
nervosismo e non riusciamo a dormire.
Nel sonno di Pietro c’è
probabilmente il “disgusto psicologico” di una
condizione inaccettabile
come quella di Gesù
nell’orto. Poco prima
Fernando Botero, «Via Crucis» (2011, particolare)
aveva detto: morirò con
te, andremo insieme a
L’evangelista è estremamente sobrio. Il
una morte eroica, cantando contro il nemico; invece Gesù ha paura e fa lo sbaglio canto del gallo sembra cogliere un uomo
di rivelarsi, di mostrare la sua verità che ancora confuso, poi il ricordo delle parole
gli altri non sono preparati a ricevere. Co- di Gesù e quindi, gradualmente, la percemincia così lo scandalo di fronte a un uo- zione: «Gesù aveva voluto veramente quemo che ha paura, che si spaventa. Da ciò sti fatti e, se corrispondono al suo piano,
lo smarrimento e la voglia di non pensar- corrispondono anche al piano di Dio. Alci, come capita a tutti noi per certe soffe- lora non ho colto nulla del piano di Dio,
renze di amici, di persone care, che non sono stato un cieco per tutta la vita, ho
abbiamo la forza di condividere. Allora vissuto con un uomo per tanto tempo senagisce nella psiche una potentissima forza za capirlo».
di obliterazione, l’accasciarsi di chi non sa
Luca dice: «Gesù passò e lo guardò»
più che cosa fare.
(22, 61). Nasce la conoscenza di Gesù e di
È bastato a Pietro che Gesù si rivelasse sé, finalmente si spezza il velo e Pietro co“vero” e non fosse una volta tanto il Mae- mincia a intravedere tra le lacrime che Dio
stro a cui si appoggiavano, quello che ave- si rivela nel Cristo schiaffeggiato, insultava sempre la parola giusta, bensì un uomo to, rinnegato da lui e che per lui va a mocome gli altri, un amico da consolare, per rire. Pietro, che avrebbe voluto morire per
cominciare a scandalizzarsi e non capire; Gesù, adesso comprende: il mio posto è
«gli occhi appesantiti», dice il Vangelo: lasciare che egli muoia per me, che sia più
l’espressione richiama uno stato di acceca- buono, più grande di me. Volevo fare più
mento interiore, di confusione mentale che di lui, volevo precederlo, invece è lui che
grava nello spirito e lo rende pesante, tor- va a morire per me che sono un verme,
bido, offuscato.
che per tutta la vita non sono riuscito a
Gesù deve pregare da solo e ogni volta capire che cosa voleva; egli mi offre la sua
che risveglia i discepoli provoca uno choc. vita che io ho respinto. Pietro entra, attraVedono la faccia di lui spaventata e ango- verso questa lacerazione, questa umiliaziosciata, e comincia ad affiorare il dubbio: è ne vergognosa, nella conoscenza del miveramente il Messia? Come può Dio ma- stero di Dio.
nifestarsi in un uomo così povero? Gesù
che si umilia, che diventa uno straccio,
che cammina barcollando, li sconvolge
sempre di più, sgretola il loro castello di
forze mentali, la loro idea di come Dio si
deve manifestare e deve salvare un uomo
che gli è fedele, che è il suo Cristo.
Il tentennare interiore di Pietro arriva al
crollo quando «Giuda, uno dei Dodici,
con grande folla, spade e bastoni», si avvicina a Gesù e lo bacia. Gesù non reagisce,
dice soltanto: «Amico, per questo sei
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 25 marzo 2016
pagina 7
A Santa Maria in Trastevere veglia di preghiera in ricordo dei martiri di oggi
Come campanelli
che scuotono dal torpore
Dal 12 al 14 aprile a Buenos Aires congresso mondiale di dialogo interculturale e interreligioso
Cammino per la pace
BUENOS AIRES, 24. Con lo slogan
«Un cammino per la pace» si terrà
dal 12 al 14 aprile prossimo, a Buenos Aires, il congresso mondiale di
dialogo interculturale e interreligioso. L’annuncio è stato dato martedì
nel corso di una cerimonia alla quale hanno preso parte il presidente
della Conferenza episcopale argentina, l’arcivescovo José María Arancedo, il rabbino Abraham Skorka, rettore del seminario rabbinico latinoamericano “Marshall T. Meyer”, il
presidente dell’Istituto islamico per
la pace, Sumer Noufouri, e il ministro della cultura Paul Avelluto.
Secondo Noufouri, incontri di
questo tipo sono sempre più necessari. «Questo — ha precisato — è un
momento particolare, poiché gli atti
criminali che vengono compiuti sono spesso camuffati da un movente
religioso e riescono a ottenere maggiore copertura mediatica rispetto a
notizie riguardanti la convivenza pacifica di molte comunità. Contemporaneamente, molti candidati politici utilizzano la discriminazione e
la xenofobia come parte centrale
delle loro campagne elettorali».
Questo, ha proseguito Noufouri, «ci
preoccupa e ci impegna. Dialogo si-
I vescovi cileni sulla depenalizzazione dell’aborto
Salvare la vita
aiutando le donne
SANTIAGO DEL CILE, 24. Un
messaggio del comitato permanente della Conferenza
episcopale del Cile (Cech) è
stato letto in tutte le chiese
del Paese, dopo l’approvazione da parte di un ramo
del Parlamento della legge
che, in alcuni casi, depenalizza l’aborto. Il messaggio,
presentato dal segretario della Cech, monsignor Cristián
Contreras Villarroel, vescovo
di Melipilla, ricorda che, assieme a numerosi esperti e
organizzazioni della società
civile, la Chiesa cattolica e
altre confessioni cristiane
hanno segnalato più volte
che «questa decisione costituisce una grave offesa della
dignità dell’essere umano e
in particolare un’aggressione
contro la vita del più innocente degli esseri: il concepito non ancora nato, che la
Costituzione afferma di proteggere mediante la legge».
Secondo i vescovi questa decisione costituisce una tragica espressione della “cultura
dello scarto”, citata anche da
Papa Francesco.
La Camera ha approvato
la legge giovedì scorso, con
66 voti a favore e 44 voti
contrari. Tre i casi di depenalizzazione: quando la gestazione mette in pericolo la
vita della madre, quando il
feto presenta malformazioni
incompatibili con la vita e
nel caso in cui la madre sia
rimasta incinta in seguito a
violenza. Il progetto prevede
un termine massimo per l’interruzione di gravidanza di
12 settimane di gestazione,
che possono salire a 14 nel
caso che ad abortire siano
delle minori di 14 anni.
L’episcopato spera che ora
il Senato della Repubblica,
dove la legge si appresta a
essere discussa, torni a studiare in profondità il progetto di legge. «Più che di
aborti — osservano i presuli
— la nostra società ha bisogno della creazione di luoghi di accompagnamento
delle donne con gravidanze
difficili nelle strutture sanitarie e di salvare sempre le vite
e facilitare gli itinerari di
adozione».
gnifica convivenza. Pertanto, vogliamo che questo congresso vada al di
là del dialogo, promuovendo la collaborazione interreligiosa in un
mondo che, a volte, va in una direzione contraria e dove sembrano
scontrarsi culture che in passato
hanno convissuto».
D’accordo con Noufouri, il rabbino Skorka, il quale ha ricordato la
lunga esperienza personale di dialogo con l’islam e con il cristianesimo.
In merito all’evento in programma
ad aprile, il rabbino ha detto di aver
informato il Santo Padre. «Ho chiesto al Papa con quali parole avrebbe
benedetto questo incontro. E il Papa mi ha risposto: “Beneplacido”».
Skorka ha raccontato anche di aver
inviato al Pontefice il programma
dell’incontro. Nel commento di risposta, ha rivelato sempre il rabbino, il Papa ha osservato che si tratta
di un programma denso e ambizioso, ma che bisogna puntare in alto.
Per questo ha espresso l’auspicio
che l’evento vada bene e soprattutto
che ne derivi una buona semina.
«All’inizio della settimana santa —
ha aggiunto inoltre il rabbino —
Francesco mi ha chiesto di accompagnarlo con la mia preghiera».
Monsignor Arancedo ha sottolineato che questa conferenza è “una
buona novella” dall’Argentina per
un mondo oggi ferito da scontri e
violenze. Per il presule, l’incontro
rappresenta «una testimonianza del
fatto che la fede in Dio Padre, Creatore, non è un ostacolo per la pace,
ma è la migliore scuola. Ci fa vedere ogni uomo come un fratello, con
tutto ciò che implica sul piano del
rispetto e dei diritti umani. La pace
è possibile — ha concluso il presidente dell’episcopato — la possiamo
costruire, non è un’illusione magica,
ma un lavoro. Nasce da un cuore
che sta guarendo. “Un cammino per
la pace” è uno slogan molto sentito
e avrà un impatto per il mondo in
questo particolare momento che
stiamo vivendo».
Catecumeni negli Stati Uniti
Per ricevere
i sacramenti
WASHINGTON, 24. «Migliaia di persone negli Stati Uniti saranno accolte nella Chiesa cattolica durante la
veglia pasquale di sabato. In molte
diocesi saranno intere famiglie che,
adeguatamente preparate, hanno
chiesto di ricevere i sacramenti». È
quanto afferma un comunicato della
Conferenza episcopale statunitense.
In particolare, l’arcidiocesi di Baltimora accoglierà 292 catecumeni e
516 candidati; una famiglia intera di
cinque persone si unirà ai 419 catecumeni e 581 candidati che riceveranno i sacramenti nell’arcidiocesi di
D etroit.
L’arcidiocesi di New York accoglierà 497 catecumeni e 1.116 candidati, mentre quella di Los Angeles, la più grande diocesi degli Stati
Uniti,
accoglierà
1.638
nuovi
cattolici.
«Pochi possono essere eroi» ma
«tutti possiamo essere martiri di
Cristo se viviamo la nostra vita come suoi discepoli, non aspettando
le grandi occasioni, ma cogliendo le
piccole occasioni che la giornata ci
mette di fronte»: nella veglia di preghiera che si è tenuta martedì 22
marzo a Roma, nella basilica di
Santa Maria in Trastevere, in ricordo di quanti in questi ultimi anni
hanno offerto la loro vita per il Vangelo, il cardinale Beniamino Stella
ha voluto non solo rendere omaggio
al coraggioso sacrificio di molti, ma
soprattutto, sul loro esempio, sollecitare la quotidiana testimonianza di
tutti i cristiani.
Il prefetto della Congregazione
per il clero — che ha presieduto l’incontro organizzato dalla comunità
di Sant’Egidio — ha tracciato il solco di un cammino possibile, segnato
dalla contrapposizione tra la logica
del mondo e quella delle beatitudini. Una logica richiamata proprio
da chi, ancora oggi, affronta il martirio forte solo dell’incontro con Gesù: «La loro vita e la loro morte —
ha detto — ci richiamano alla bellezza del vangelo delle beatitudini, parole da illusi, per chi rifiuta Cristo,
ma uno squarcio di paradiso per noi
che abbiamo fede in lui».
Parlando di questo cammino, il
porporato ha tenuto a sottolineare
la concretezza della parola “testimonianza” per evitare il rischio che in
occasioni come questa — in cui cattolici, ortodossi, evangelici e anglicani si sono riuniti per pregare insieme — le parole prendano il sopravvento e ci si limiti «a ripeterle
senza lasciarsi interpellare da esse».
Il riferimento, invece, è sempre a
«comportamenti concreti», scelte,
gesti, decisioni. E se per alcuni il
dare ragione della propria fede ha
portato «all’effusione del sangue»,
tutti, proprio da loro, siamo chiamati a uno stile di vita ben riconoscibile nella vita di tutti i giorni. È quello che il cardinale Stella ha definito
«il fondamento esistenziale del martirio». In questo senso, ha spiegato,
«non vogliamo limitarci a ricordare
grandi uomini o grandi donne che
hanno compiuto gesta straordinarie», perché «gli eroi si ammirano
da lontano, i martiri invece si imitano, guardandone la vita, dopo averne conosciuto la morte».
C’è una «forza umile e generosa»
nelle donne e negli uomini che hanno saputo testimoniare fino alla fine
la «grandezza dell’amore di Cristo»,
che funge da richiamo per ognuno
di noi: i martiri sono dei «forti campanelli di allarme che ci scuotono
dal torpore dell’indifferenza e
dell’abitudine, e ci obbligano a ricordare che il mondo non è ancora
in pace». Ricordare loro che «si sono lasciati disarmare di ogni altra
difesa che non fosse la loro fede, la
carità, la fiducia nella potenza della
preghiera» — ha aggiunto il prefetto
della Congregazione per il clero —
vuole quindi essere «per noi un invito alla fedeltà alla nostra vocazione cristiana e alla missione che in
essa abbiamo ricevuto». È, ha spiegato, come se di fronte al loro esempio ascoltassimo di nuovo la domanda di Dio ad Adamo: «Dove
sei?». Il confronto con loro ci fa
«prendere coscienza di dove ci troviamo nel rapporto con Cristo e
nella vita secondo il Vangelo». Quel
“Dove sei?” è «la domanda scritta
col sangue dei martiri che Cristo ci
consegna, perché ognuno di noi
possa rispondere con la propria vita».
Ecco perché è stato importante,
durante la veglia, ascoltare i nomi
dei tanti martiri contemporanei:
«Ciascuno dei loro nomi — ha concluso il porporato — è come un grido verso Dio e verso l’umanità». La
loro preghiera «sfida la nostra preghiera» e la declina in un confronto
concreto con la vita quotidiana.
Una ricerca a livello mondiale del Pew Research Center
Fede al femminile
WASHINGTON, 24. Le donne cristiane continuano a praticare maggiormente la religione rispetto agli uomini. È quanto emerge da un’approfondita ricerca del Pew Research
Center, dedicata appunto al differente rapporto con la religiosità e la
preghiera da parte dei due sessi. Lo
studio ha preso in considerazione
sei differenti gruppi — cristiani, musulmani, buddisti, induisti, ebrei e
persone dichiaratamente atee o
agnostiche — in 192 Paesi del mondo. Mentre il livello di religiosità è
più accentuato tra le donne che tra
gli uomini nel mondo cristiano, nelle comunità musulmane si evidenziano livelli similari in ogni campo
dell’impegno religioso, con l’esclusione della partecipazione alla preghiera in moschea, più praticata dagli uomini.
I dati globali indicano una stima
dell’83,4 per cento delle donne del
mondo che si identificano in un’appartenenza religiosa, mentre gli uomini si fermano al 79,9 per cento.
Questo divario di 3,5 punti percentuali è pari a circa 97 milioni di persone. In 61 dei 192 Paesi oggetto
della ricerca le donne affiliate a una
religione sono almeno di più di due
punti percentuali rispetto agli uomini. Non ci sono Paesi nei quali gli
uomini appartenenti a una religione
stacchino di due punti percentuali o
più le donne.
Tra i cristiani, le donne praticano
di più la loro fede, mentre tra i musulmani e gli ebrei ortodossi sono
gli uomini a praticare maggiormente. Il numero più elevato di uomini
che partecipano alla preghiera settimanale rispetto alle donne è dovuto
al fatto — spiega il Pew Research
Center — che tra i musulmani e gli
ebrei ci sono norme religiose che
danno la priorità alla partecipazione
maschile: nell’ebraismo ortodosso la
preghiera comune non può avvenire
senza la presenza di almeno dieci
uomini; mentre nella fede islamica
le donne possono ottemperare
all’obbligo della preghiera del venerdì anche individualmente, sia
dentro che fuori la moschea.
Un altro indicatore della religiosità riguarda la preghiera quotidiana,
sia privata che pubblica. In circa la
metà degli 84 Paesi in cui è stata effettuata la ricerca, le donne che affermano di pregare quotidianamente
sono più degli uomini. Solo in
Israele è stata registrata una percentuale più ampia di uomini impegnati ogni giorno nella preghiera. Complessivamente, unendo i dati degli
84 Paesi per i quali è stato possibile
ottenere le risposte al quesito, le
donne risultano in vantaggio di 8
punti percentuali. Dunque, nella fede musulmana donne e uomini si
eguagliano come percentuali: nei 40
Paesi presi in considerazione, le
donne che affermano di pregare
quotidianamente sono solo il 2 per
cento in più degli uomini. Mentre il
Colombia e in Italia, rispettivamente con il 20 e il 19 per cento in più
di donne che di uomini. Non ci sono invece Paesi nei quali gli uomini
siano una maggioranza percentualmente significativa rispetto alle donne nella partecipazione alla liturgia
cristiana.
Infine, il divario si evidenzia anche in chi si proclama ateo, agnosti-
Paul Gauguin, «Donna bretone in preghiera» (1848)
divario esiste, per quanto riguarda
la partecipazione alla preghiera del
venerdì, che vede impegnati il 70
per cento degli uomini e soltanto il
42 per cento delle donne, con una
differenza di 28 punti percentuali.
In 54 Paesi di tradizione cristiana,
le donne pregano quotidianamente
più degli uomini, con una media
del 10 per cento in più. In tutti questi Paesi la religione è «veramente
importante» per il 7 per cento di
donne in più rispetto agli uomini,
una percentuale che in 15 Paesi, tra i
quali Perú, Cile e Stati Uniti, sale al
10 per cento e arriva a 23 punti in
Corea del Sud. Più donne che uomini partecipano alla liturgia cristiana domenicale: le differenze percentuali più significative si registrano in
co o afferma che la religione non
rappresenta «nulla di particolare»
nella sua vita: tra le persone che nel
mondo sono in questa posizione, gli
uomini sono il 55 per cento, le donne il restante 45 per cento.
Il Pew Research Center ha raccolto sufficienti dati per analizzare la
composizione
per
sesso
delle
persone che si identificano come
atee in otto Paesi: Australia, Regno
Unito, Cina, Francia, Germania,
Spagna, Stati Uniti e Uruguay. Più
di due atei su tre negli Usa (68 per
cento) e in Uruguay (69 per cento)
sono uomini. E gli uomini rappresentano una netta maggioranza tra
la popolazione atea della Germania
(62 per cento) e della Spagna (61
per cento).
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
venerdì 25 marzo 2016
Nella messa crismale il Papa ricorda la dinamica della misericordia che cresce attraverso i piccoli gesti
Un passo al giorno
E chiede ai preti di non perdere la capacità di vergognarsi e abbassarsi
Una misericordia «in cammino» che «ogni giorno cerca il modo di fare un passo avanti»:
è questa la dinamica dell’amore di Dio indicata da Papa Francesco
ai numerosi sacerdoti che hanno concelebrato la messa crismale presieduta nella mattina
del 24 marzo, Giovedì santo, nella basilica vaticana.
Ascoltando dalle labbra di Gesù, dopo la
lettura del passo di Isaia, le parole «Oggi
si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4, 21), nella sinagoga di
Nazareth avrebbe ben potuto scoppiare
un applauso. E poi avrebbero potuto
piangere dolcemente, con intima gioia, come piangeva il popolo quando Neemia e
il sacerdote Esdra leggevano il libro della
Legge che avevano rinvenuto ricostruendo
le mura. Ma i Vangeli ci dicono che sorsero sentimenti opposti nei compaesani di
Gesù: lo allontanarono e gli chiusero il
cuore. All’inizio «tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole
di grazia che uscivano dalla sua bocca»
Benedizione
degli oli e del crisma
Uno stuolo di preti, quasi duemila, hanno
partecipato alla messa del crisma celebrata
da Papa Francesco all’altare della confessione
della basilica di San Pietro, nella mattina
del giovedì santo. Tutti hanno rinnovato
le promesse sacerdotali davanti al Pontefice.
Poi è stato il momento della benedizione
degli oli e della consacrazione del crisma,
introdotto dalla processione con tre carrelli —
ciascuno di un colore diverso a seconda
dell’olio contenuto nelle anfore — che è
partita dalla cappella della Pietà, attraverso
il transetto dei Santi Processo e Martiniano,
al canto dell’O redemptor.
I carrelli — di colore bianco per l’olio
degli infermi, viola per quello dei
catecumeni, rosso per il crisma — erano
portati da quattro diaconi. Un altro diacono
recava una piccola anfora con le sostanze
profumate, poi versate nel crisma. Il Papa
si è chinato alitando sull’anfora contenente
il sacro crisma e ha recitato la preghiera.
L’olio per la celebrazione della messa è stato
offerto dalla Sagrestia Pontificia. Le essenze
profumate sono state fornite da Alchimia
Natura di Modena e dall’azienda agrumicola
Misilmeri di Palermo. Gli oli sono destinati
alla cattedrale di San Giovanni in Laterano,
dove vengono distribuiti ai sacerdoti della
diocesi di Roma per l’amministrazione dei
sacramenti nel corso dell’anno.
Tra i concelebranti, 37 cardinali, tra
i quali, Angelo Sodano, decano del Collegio
cardinalizio, e Pietro Parolin, segretario
di Stato, e numerosi presuli, prelati e officiali
della Curia romana, fra i quali,
gli arcivescovi Angelo Becciu, sostituto
della Segreteria di Stato, Paul Richard
Gallagher, segretario per i Rapporti
con gli Stati, e Georg Gänswein, prefetto
della Casa pontificia, e i monsignori Paolo
Borgia, assessore della Segreteria di Stato,
e José Avelino Bettencourt, capo
del Protocollo.
Al momento della consacrazione, sono saliti
all’altare con il Pontefice i cardinali Sodano,
Re, Bertone, Tomko. I canti sono stati
eseguiti dalla Cappella Sistina, coadiuvata
dal coro guida Mater Ecclesiae e
dalla Cappella Giulia. Hanno prestato
servizio liturgico come ministranti
gli studenti della società delle divine
vocazioni, mentre i diaconi permanenti
della diocesi di Roma hanno distribuito
la comunione ai concelebranti. Prima
dell’inizio della celebrazione eucaristica,
è stata cantata in latino l’Ora terza.
(Lc 4, 22); ma dopo, una domanda insidiosa si fece largo: «Non è costui il figlio
di Giuseppe, il falegname?». E infine: «Si
riempirono di sdegno» (Lc 4, 28). Volevano buttarlo giù dalla rupe... Si adempiva
così quello che il vecchio Simeone aveva
profetizzato alla Madonna: sarà «segno di
contraddizione» (Lc 2, 34). Gesù, con le
sue parole e i suoi gesti, fa in modo che si
riveli quello che ogni uomo e donna porta
nel cuore.
E lì dove il Signore annuncia il vangelo
della Misericordia incondizionata del Padre nei confronti dei più poveri, dei più
lontani e oppressi, proprio lì siamo chiamati a scegliere, a «combattere la buona
battaglia della fede» (1 Tm 6, 12). La lotta
del Signore non è contro gli uomini ma
contro il demonio (cfr. Ef 6, 12), nemico
dell’umanità. Però il Signore «passa in
mezzo» a coloro che cercano di fermarlo
“e prosegue il suo cammino” (cfr. Lc 4,
30). Gesù non combatte per consolidare
uno spazio di potere. Se rompe recinti e
mette in discussione sicurezze è per aprire
una breccia al torrente della Misericordia
che, con il Padre e lo Spirito, desidera riversare sulla terra. Una Misericordia che
procede di bene in meglio: annuncia e
porta qualcosa di nuovo: risana, libera e
proclama l’anno di grazia del Signore.
La Misericordia del nostro Dio è infinita e ineffabile, ed esprimiamo il dinamismo di questo mistero come una Misericordia “sempre più grande”, una Misericordia in cammino, una Misericordia che
ogni giorno cerca il modo di fare un passo
avanti, un piccolo passo in là, avanzando
sulla terra di nessuno, dove regnavano
l’indifferenza e la violenza.
Questa è stata la dinamica del buon Samaritano, che “praticò la misericordia”
(cfr. Lc 10, 37): si commosse, si avvicinò
all’uomo tramortito, bendò le sue ferite, lo
portò alla locanda, si fermò quella notte e
promise di tornare a pagare ciò che si sarebbe speso in più. Questa è la dinamica
della Misericordia, che lega un piccolo gesto con un altro, e senza offendere nessuna fragilità, si estende un po’ di più
nell’aiuto e nell’amore. Ciascuno di noi,
guardando la propria vita con lo sguardo
buono di Dio, può fare un esercizio con la
memoria e scoprire come il Signore ha
usato misericordia con noi, come è stato
molto più misericordioso di quanto credevamo, e così incoraggiarci a chiedergli che
faccia un piccolo passo in più, che si mostri molto più misericordioso in futuro.
«Mostraci, Signore, la tua misericordia»
(Sal 85, 8). Questo modo paradossale di
pregare un Dio sempre più misericordioso
aiuta a rompere quegli schemi ristretti nei
quali tante volte incaselliamo la sovrabbondanza del suo Cuore. Ci fa bene uscire dai nostri recinti, perché è proprio del
Cuore di Dio traboccare di misericordia,
straripare, spargendo la sua tenerezza, in
modo tale che sempre ne avanzi, poiché il
Signore preferisce che si perda qualcosa
piuttosto che manchi una goccia, preferisce che tanti semi se li mangino gli uccelli
piuttosto che alla semina manchi un solo
seme, dal momento che tutti hanno la capacità di portare frutto abbondante, il 30,
il 60, e fino al cento per uno.
Come sacerdoti, siamo testimoni e ministri della Misericordia sempre più grande
del nostro Padre; abbiamo il dolce e confortante compito di incarnarla, come fece
Gesù, che «passò beneficando e risanando» (At 10, 38), in mille modi, perché
giunga a tutti. Noi possiamo contribuire
ad inculturarla, affinché ogni persona la
riceva nella propria personale esperienza di
vita e così la possa comprendere e praticare — creativamente — nel modo di essere
proprio del suo popolo e della sua famiglia.
Oggi, in questo Giovedì Santo dell’Anno Giubilare della Misericordia, vorrei
parlare di due ambiti nei quali il Signore
eccede nella sua Misericordia. Dal momento che è Lui che ci dà l’esempio, non
dobbiamo aver paura di eccedere anche
noi: un ambito è quello dell’incontro; l’altro è quello del suo perdono che ci fa vergognare e ci dà dignità.
Il primo ambito nel quale vediamo che
Dio eccede in una Misericordia sempre più
grande, è quello dell’incontro. Egli si dà
totalmente e in modo tale che, in ogni incontro, passa direttamente a celebrare una
festa. Nella parabola del Padre Misericordioso rimaniamo sbalorditi di fronte a
quell’uomo che corre, commosso, a gettarsi al collo di suo figlio; vedendo come lo
abbraccia e lo bacia e si preoccupa di mettergli l’anello che lo fa sentire uguale, e i
sandali propri di chi è figlio e non dipendente; e poi come mette tutti in movimento e ordina di organizzare una festa. Nel
contemplare sempre meravigliati questa
sovrabbondanza di gioia del Padre, al
quale il ritorno del figlio permette di
esprimere liberamente il suo amore, senza
resistenze né distanze, noi non dobbiamo
avere paura di esagerare nel nostro ringraziamento. Il giusto atteggiamento possiamo prenderlo da quel povero lebbroso
che, vedendosi risanato, lascia i suoi nove
compagni che vanno a compiere ciò che
ha ordinato Gesù e torna ad inginocchiarsi ai piedi del Signore, glorificando e rendendo grazie a Dio a gran voce.
La misericordia restaura tutto e restituisce le persone alla loro dignità originaria.
Per questo il ringraziamento effusivo è la
risposta giusta: bisogna entrare subito alla
festa, indossare l’abito, togliersi i rancori
del figlio maggiore, rallegrarsi e festeggiare... Perché solo così, partecipando pienamente a quel clima di celebrazione, si può
poi pensare bene, si può chiedere perdono
e vedere più chiaramente come poter riparare il male commesso. Può farci bene domandarci: dopo essermi confessato, festeggio? O passo rapidamente ad un’altra cosa, come quando dopo essere andati dal
medico, vediamo che le analisi non sono
andate tanto male e le rimettiamo nella
busta e passiamo a un’altra cosa. E quando faccio l’elemosina, do tempo a chi la
riceve di esprimere il suo ringraziamento,
festeggio il suo sorriso e quelle benedizioni che ci danno i poveri, o proseguo in
fretta con le mie cose dopo “aver lasciato
cadere la moneta”?
L’altro ambito nel quale vediamo che
Dio eccede in una Misericordia sempre più
grande, è il perdono stesso. Non solo perdona debiti incalcolabili, come al servo
che lo supplica e poi si dimostrerà meschino con il suo compagno, ma ci fa passare
direttamente dalla vergogna più vergognosa alla dignità più alta senza passaggi intermedi. Il Signore lascia che la peccatrice
perdonata gli lavi familiarmente i piedi
con le sue lacrime. Appena Simon Pietro
gli confessa il suo peccato e gli chiede di
allontanarsi, Lui lo eleva alla dignità di
pescatore di uomini. Noi, invece, tendiamo a separare i due atteggiamenti: quando ci vergogniamo del peccato, ci nascondiamo e andiamo con la testa bassa, come
Adamo ed Eva, e quando siamo elevati a
qualche dignità cerchiamo di coprire i
peccati e ci piace farci vedere, quasi pavoneggiarci.
La nostra risposta al perdono sovrabbondante del Signore dovrebbe consistere
nel mantenerci sempre in quella sana tensione tra una dignitosa vergogna e una dignità che sa vergognarsi: atteggiamento di
chi per sé stesso cerca di umiliarsi e abbassarsi, ma è capace di accettare che il
Signore lo innalzi per il bene della missione, senza compiacersene. Il modello che il
Vangelo consacra, e
che può servirci quando ci confessiamo, è
quello di Pietro, che si
lascia interrogare a lungo sul suo amore e,
nello stesso tempo, rinnova la sua accettazione del ministero di pascere le pecore che il
Signore gli affida.
Per entrare più in
profondità in questa
“dignità che sa vergognarsi”, che ci salva dal
crederci di più o di meno di quello che siamo
per grazia, ci può aiutare vedere come nel
passo di Isaia che il Signore legge oggi nella
sua sinagoga di Nazareth, il Profeta prosegue dicendo: «Voi sarete chiamati sacerdoti
del Signore, ministri
del nostro Dio» (61, 6).
È il popolo povero, affamato, prigioniero di
guerra, senza futuro,
residuale e scartato, che
il Signore trasforma in
popolo sacerdotale.
Come sacerdoti, noi
ci identifichiamo con
quel popolo scartato,
che il Signore salva, e
ci ricordiamo che ci sono moltitudini innumerevoli di persone
povere, ignoranti, prigioniere, che si trovano in quella situazione perché altri li opprimono. Ma ricordiamo anche che ognuno di noi sa in quale misura tante volte
siamo ciechi, privi della bella luce della fede, non perché non abbiamo a portata di
mano il Vangelo, ma per un eccesso di
teologie complicate. Sentiamo che la nostra anima se ne va assetata di spiritualità,
ma non per mancanza di Acqua Viva —
che beviamo solo a sorsi —, ma per un eccesso di spiritualità “frizzanti”, di spiritualità “light”. Ci sentiamo anche prigionieri,
non circondati, come tanti popoli, da invalicabili mura di pietra o da recinzioni di
acciaio, ma da una mondanità virtuale che
si apre e si chiude con un semplice click.
Siamo oppressi, ma non da minacce e
spintoni, come tanta povera gente, ma dal
fascino di mille proposte di consumo che
non possiamo scrollarci di dosso per camminare, liberi, sui sentieri che ci conducono all’amore dei nostri fratelli, al gregge
del Signore, alle pecorelle che attendono
la voce dei loro pastori.
E Gesù viene a riscattarci, a farci uscire,
per trasformarci da poveri e ciechi, da prigionieri e oppressi in ministri di misericordia e consolazione. E ci dice, con le parole
del profeta Ezechiele al popolo che si era
prostituito e aveva tradito gravemente il
suo Signore: «Io mi ricorderò dell’alleanza conclusa con te al tempo della tua giovinezza [...] Allora ricorderai la tua condotta e ne sarai confusa, quando riceverai
le tue sorelle maggiori insieme a quelle
più piccole, che io darò a te per figlie, ma
non in forza della tua alleanza. Io stabilirò la mia alleanza con te e tu saprai che io
sono il Signore, perché te ne ricordi e ti
vergogni e, nella tua confusione, tu non
apra più bocca, quando ti avrò perdonato
quello che hai fatto — oracolo del Signore
Dio» (Ez 16, 60-63).
In questo Anno Giubilare celebriamo,
con tutta la gratitudine di cui è capace il
nostro cuore, il nostro Padre, e lo preghiamo che “si ricordi sempre della sua Misericordia”; accogliamo, con dignità che sa
vergognarsi, la Misericordia nella carne ferita del nostro Signore Gesù Cristo, e gli
chiediamo che ci lavi da ogni peccato e ci
liberi da ogni male; e con la grazia dello
Spirito Santo ci impegniamo a comunicare la Misericordia di Dio a tutti gli uomini, praticando le opere che lo Spirito suscita in ciascuno per il bene comune di
tutto il popolo fedele di Dio.
Nomina episcopale
La nomina di oggi riguarda la Chiesa
negli Stati Uniti d’America.
Bernard Anthony Hebda
arcivescovo di Saint Paul
and Minneapolis
(Stati Uniti d’America)
Nato a Pittsburgh, nell’omonima
diocesi della Pennsylvania, il 3 settembre 1959, si è laureato all’Harvard University nel 1980 in scienze politiche e
ha conseguito il juris doctor alla Columbia Law School presso la Parker
School of Foreign and Comparative
Law nel 1983. Ha quindi compiuto gli
studi filosofici presso il Saint Paul Seminary e la Duquesne University a Pittsburgh (1984-1985). Inviato a Roma al
Pontificio collegio americano del Nord,
ha frequentato la Pontificia università
Gregoriana, dove ha ottenuto il baccalaureato in teologia (1985-1988) e la licenza in diritto canonico (1988-1990).
Ordinato sacerdote il 1° luglio 1989 per
la diocesi di Pittsburgh, è stato vicario
nella parrocchia Purification of the
Blessed Virgin Mary a Ellwood City
(1989); segretario personale del vescovo
e maestro delle cerimonie (1990-1992);
parroco in solidum di Prince of Peace a
Pittsburgh, South Side (1992-1995); giudice del tribunale diocesano (19921996); direttore del Newman Center
della Slippery Rock State University
(1995-1996). Officiale del Pontificio
Consiglio per i testi legislativi dal 10
settembre 1996, nel 2003 ne è divenuto
sotto-segretario. Nominato vescovo di
Gaylord il 7 ottobre 2009, ha ricevuto
l’ordinazione episcopale il successivo 1°
dicembre. Promosso arcivescovo coadiutore di Newark il 23 settembre 2013,
dal 15 giugno 2015 era anche amministratore apostolico “sede vacante”
dell’arcidiocesi di Saint Paul and Minneapolis. Nella Conferenza episcopale
statunitense presiede il Committee on
Canonical Affairs and Church Governance ed è stato membro del Commitee
on the Protection of Children and
Young People. È inoltre consultore del
Pontificio Consiglio per i testi legislativi e membro del consiglio di amministrazione di Caritas Internationalis.