I social media nell`educazione formale ed... | Selwyn | TD

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Selwyn N. (2012). I Social Media nell’educazione formale e informale tra potenzialità e realtà.
TD Tecnologie Didattiche, 20 (1), pp. 4-10
I SOCIAL MEDIA
NELL’EDUCAZIONE
FORMALE E INFORMALE
TRA POTENZIALITÀ
E REALTÀ
SOCIAL MEDIA IN FORMAL AND INFORMAL
EDUCATION BETWEEN POTENTIALITIES AND REALITY
Neil Selwyn | Department of Culture, Communications and Media,
Institute of Education, University of London |
* 20 Bedford Way, London, WC1H 0AL, United Kingdom | [email protected]
Sommario Negli ultimi dieci anni lo sviluppo dei social media ha trasformato i modi in cui la maggior parte delle persone usa
Internet. Di conseguenza molte istituzioni educative (ed educatori) si ritrovano a doversi mettere al passo con questo mondo e con
i suoi utenti. Dato il pressante ed esagerato interesse che circonda quest’area della tecnologia, è importante che gli educatori
siano in grado di avvicinarsi ai social media in modo consapevole e competente. Le domande che questo articolo di apertura
solleva sono necessariamente dirette: quali sono le caratteristiche chiave dei social media e che importanza questi rivestono oggi
per l’educazione e l’apprendimento? Quali limiti impongono e quali opportunità offrono? Quali cambiamenti devono subire i
processi educativi per mantenere la propria rilevanza in un’era digitale in apparente rapida evoluzione?
PAROLE CHIAVE Social Media, Web 2.0, Apprendimento Informale, Partecipazione.
Abstract The growth of social media tools and applications over the past ten years has transformed the ways in which most
people experience the Internet. As such, many education institutions (and educators) now find themselves expected to “catch-up”
with this world of social media applications and social media users. Given the considerable hype and exaggeration that surrounds
this area of technology, it is essential that educators are able to approach social media in a considered and knowledgeable
manner. The issues addressed in this opening article are necessarily straightforward. What are the key features of social media
and just what is their significance to contemporary education and learning? What are the limitations as well as the opportunities of
social media use for education and learning? What changes does education need to make in order to remain relevant in the
apparently fast-changing digital age?
KEY-WORDS Social Media, Web 2.0, Informal Learning, Participation.
TD Tecnologie Didattiche, 20 (1)
Negli ultimi dieci anni la crescita dei social media
è stata sicuramente uno degli sviluppi più significativi della tecnologia digitale. Abbiamo raggiunto il
punto in cui questi strumenti sono diventati un elemento integrante del primo approccio e dell’uso
delle tecnologie digitali da parte di molte persone.
Com’è stato sottolineato dal fondatore di Facebook,
Mark Zuckerberg, agli inizi del 2010, «stiamo andando verso la costruzione di un Web dove la condizione di base sarà quella sociale» (BBC News,
2010). Oggi i social media sembrano essere il cuore dell’uso delle tecnologie digitali in molte realtà
della società contemporanea. Di conseguenza,
questo tema richiede sicuramente l’attenzione continua della comunità educativa.
Questo non significa che gli educatori siano stati riluttanti nel riconoscere e rispondere agli sviluppi
dei social media. Al contrario, un numero crescente di operatori del settore educativo è convinto che
possano essere un elemento importante della pratica e dell’offerta educativa. Come dimostra questo
numero di TD - Tecnologie Didattiche, esistono ormai molti buoni esempi di come i social media e le
loro applicazioni possono essere usati al meglio nei
contesti educativi. Tuttavia, al di là di questi esempi specifici di buone pratiche, è necessario che gli
educatori riflettano in termini più generali sui temi
di fondo. In particolare, dobbiamo chiederci che
cosa i social media rappresentano e come si adattano alle forme esistenti della pratica e dell’offerta
educative. Il resto di questo articolo intende, quindi, integrare gli altri contributi di questo numero
attraverso una panoramica obiettiva dei social media e attraverso una serie di domande apparentemente semplici. Ad esempio, quali sono le caratteristiche chiave dei social media e qual è la loro importanza per l’educazione e l’apprendimento contemporanei? Quali sono i loro limiti d’uso nell’educazione e nell’apprendimento? Se e quali cambiamenti l’educazione dovrà attuare per continuare ad
avere un ruolo importante nell’era sociale apparentemente nuova dei media e della tecnologia digitali?
QUALI SONO LE CARATTERISTICHE
FONDAMENTALI DEI SOCIAL MEDIA?
Negli ultimi cinque anni l’idea generale di social
media è entrata nella coscienza collettiva popolare.
Anche il più occasionale fra gli utenti di Internet oggi conosce l’esistenza dei siti di Social Network e
dei Blog, forse anche dei Wiki e dei Mondi Virtuali.
È, infatti, probabile che anche persone che non
hanno mai usato Internet siano consapevoli di questi cambiamenti, dal momento che la stampa e i
mezzi di comunicazione fanno continuamente rife-
rimento e usano applicazioni quali YouTube, Wikipedia e Facebook. Naturalmente, come per molti
sviluppi nel campo della tecnologia digitale, gli elementi costitutivi dei social media cambiano continuamente. Chi, ad esempio, cinque anni fa avrebbe immaginato l’imminente declino di MySpace? Al
contrario, chi oggi può considerarsi abbastanza certo del continuo successo di applicazioni molto popolari quali Twitter e Facebook, o dei loro recenti
concorrenti quali Google+ o Foursquare? Tuttavia,
nell’ambito di questa rapida evoluzione di strumenti e applicazioni esiste indubbiamente una serie di
principi generali e di filosofie sottostanti utili per definire i social media e per aiutarci, quindi, a capire
il valore educativo di queste tecnologie.
Innanzitutto, i social media possono essere intesi
come applicazioni Internet basate su contenuti digitali aperti e condivisi che vengono prodotti, criticati e ri-configurati da una massa di utenti. Si tratta, quindi, di strumenti che consentono agli utenti
di impegnarsi in una serie di specifiche attività di
rete, quali conversare e interagire con altri, creare,
editare e condividere contenuti testuali, visivi e sonori, così come categorizzare, etichettare e consigliare forme di contenuti esistenti. In questo senso,
forse, le caratteristiche chiave di ogni pratica legata ai social media sono quelle di socializzazione di
massa e di partecipazione di massa, cioè quelle di
sfruttare il potere delle azioni collettive di gruppi di
utenti online con le azioni svolte in rete e, quindi,
«mosse da relazioni sociali e partecipazione degli
utenti» (Song, 2010: p. 249).
Da questo punto di vista, la crescita dei social media ha sicuramente trasformato i modi in cui Internet viene oggi usata dalla maggior parte degli utenti finali. L’Internet del 2012 non è più confinata
dentro un sistema lineare di funzionamento unidirezionale, dove un singolo utente scarica dati, informazioni e altre risorse prodotte da un numero relativamente basso e selezionato di fornitori di contenuti. Al contrario, oggi Internet può essere guidata
(ed entro certi limiti determinata) dalle attività dei
suoi normali utenti - ciò che alcuni tecnologi hanno
descritto come connettività “molti-a-molti” piuttosto che “uno-a-molti” (O’Reilly, 2005). L’era Internet degli anni 2010 al tempo dei social media è,
quindi, disposta lungo linee sostanzialmente diverse rispetto all’era Internet degli anni 1990 e 2000
al tempo del ciberspazio.
L’idea corrente di uso di Internet come attività partecipativa e collettiva si riflette nel linguaggio usato
per descrivere i social media. Il loro uso è spesso
descritto in termini di collaborazione, convivialità e
creatività. Le applicazioni di questi ambienti sono
percepite come “aperte” piuttosto che “chiuse”,
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“ascendenti” piuttosto che “discendenti”. L’utente
non è più un semplice destinatario passivo di contenuti, ma una persona coinvolta nella mutua cocreazione di contenuti e attività digitali. Gli utenti
dei social media vanno in rete per condividere e valutare, incorporare e remixare, fare amicizia e essere di tendenza. Per molti versi tutte queste attività possono essere descritte come processi di archiviazione genealogica, ossia come «condivisione
dei contenuti, costruzione di connessioni, valutazione di artefatti culturali e produzione di contenuti digitali» (Gehl, 2011). Le azioni di individui impegnati nei social media vengono, quindi, collocate
fra lo status del “produttore” e quello del “consumatore”, o anche del “dilettante” e del “professionista”. Senza dubbio, questi strumenti sono ritenuti in grado di ridurre il controllo autoritario a vantaggio di una produzione e di un consumo democratici. In breve, i modi in cui molti utenti usano Internet oggi, nel 2012, sono molto diversi da quelli di
dieci anni fa - da qui la popolare definizione di Web
2.0, che continua a essere attribuita a queste tecnologie.
CAPIRE IL VALORE DEI SOCIAL MEDIA
PER L’EDUCAZIONE
Queste caratteristiche hanno chiare implicazioni
per l’uso didattico dei social media e delle loro applicazioni. Indubbiamente, le promesse di miglioramento e cambiamento educativo associate alle diverse pratiche d’uso dei social media si sono, nell’immaginario di molti professionisti delle tecnologie didattiche, fuse in un potente e generale imperativo per il cambiamento. Questo imperativo si
può considerare largamente basato sulla percezione di una serie di benefici educativi che derivano
dalle caratteristiche e dai principi comuni associati
all’uso dei social media, quali quelli di comunità,
collaborazione, condivisione e di una generale liberazione e democratizzazione dell’azione. Mentre le
applicazioni e gli strumenti possono essere diversi
nella forma e nella funzione, sono le implicazioni
per la pratica e l’offerta didattica derivanti dallo
“spirito” generale nell’uso dei social media in ambito educativo ad aver conquistato molti educatori.
Nello specifico, questi potenziali benefici possono
essere descritti sotto tre aspetti diversi.
I potenziali benefici per i discenti
In primo luogo, è ampiamente diffusa l’idea secondo cui i social media offrono forme migliori di coinvolgimento educativo che risultano interessanti per
diversi tipi di discenti. Anche se sembrano applicarsi a discenti di ogni età, questi benefici sono spesso rappresentati in termini generazionali diversi. I
commentatori fanno riferimento alle schiere di giovani discenti che non conoscono nulla al di fuori di
una vita su Internet - essendo «nati in un mondo in-
tessuto da una connettività cablata, con fili o senza
fili», come espresso da Zygmunt Bauman (2010:
p. 7). Per molti educatori l’aumentata presenza dei
social media nei contesti educativi è, quindi, essenziale se le istituzioni educative desiderano (ri)connettersi con individui che hanno grande familiarità
con la rete, il lavoro collaborativo e il multitasking.
Come sottolineato da Mason e Rennie (2007: p.
199), «gli spazi comunitari condivisi e la comunicazione tra gruppi costituiscono la parte predominante di ciò che entusiasma i giovani e dovrebbe,
quindi, contribuire alla (loro) perseveranza e motivazione nello studio».
Questo potenziale di maggiore motivazione e interesse è spesso accompagnato dalla speranza di una
maggiore eguaglianza di opportunità e di risultati,
dovuti alla presunta capacità dei social media di riformulare l’organizzazione e le relazioni sociali in
rete lungo linee aperte e democratiche. Come sostenuto da Solomon e Schrum (2007: p. 8), in una
precoce manifestazione di entusiasmo verso l’uso
educativo dei social media, «tutti possono partecipare grazie alle reti sociali, agli strumenti collaborativi e all’abbondanza di siti web 2.0… La rete
non è più una strada a senso unico dove qualcuno
controlla i contenuti. Chiunque può controllare i
contenuti in un mondo 2.0». Per quanto ottimistico, questo sentimento riflette la convinzione crescente fra gli educatori che i social media avrebbero la capacità di consentire ai discenti di impegnarsi in forme di apprendimento e impegno individualmente più significative e pubblicamente più rilevanti rispetto al passato. Ecco come John Willinsky
riflette sull’impegno partecipativo nel contesto di
Wikipedia:
«Oggi uno studente che faccia anche la più piccola correzione ad un articolo di Wikipedia dà,
in pochi minuti, un contributo allo stato della
conoscenza pubblica maggiore di quanto non
fossi capace di fare io durante l’intero periodo
universitario» (Willinsky, 2009: p. xiii).
I potenziali benefici per l’apprendimento
Al di là di questi benefici sul piano della motivazione, oggi è diffusa anche l’idea che i social media
possano essere usati per sostenere forme migliori di
apprendimento. Ci sono, naturalmente, alcune ovvie connessioni fra i principi relativi all’uso dei social media e le interpretazioni socio-culturali e costruttiviste di forme efficaci di apprendimento. In
questo senso, si presta molta attenzione a forme di
apprendimento personalizzate e socialmente situate che possono originare da attività realizzate con i
social media. Per esempio, le esperienze partecipative implicite nella costruzione collettiva di conoscenza in rete vengono viste come strettamente allineate con i principi generali dell’apprendimento non ultima la convinzione diffusa che l’apprendi-
TD Tecnologie Didattiche, 20 (1)
mento sia un processo intrinsecamente sociale che
avviene al meglio in presenza di interazioni fra
gruppi di discenti coinvolti nella creazione e nell’uso di contenuti.
I social media sono, quindi, considerati capaci di
uguagliare molte delle qualità considerate costitutive degli ambienti di apprendimento costruttivistici, incluso il loro essere attivi, manipolativi, costruttivi, collaborativi, conversativi, complessi e riflessivi. Per molti esperti di tecnologie didattiche,
quindi, questi ambienti sono pervasi da una serie
di caratteristiche intrinsecamente educative. Si ritiene che i social media e le loro applicazioni diano corpo a molti aspetti del pensiero contemporaneo sull’apprendimento e l’insegnamento, attraverso il rilievo dato alle comunità di pratica per
l’apprendimento basato sull’indagine e alla natura
multi-modale dell’intelligenza. Come scrive Charles Crook (in stampa), queste qualità relative all’apprendimento sono evidenti nel contesto dei social media da diversi punti di vista, non ultime le
aumentate possibilità di indagine, collaborazione,
pubblicazione e literacy1 (Tabella 1).
I contesti
di apprendimento
dei social media
Indagine
Assembramenti discontinui
Strutture narrative
Non documentati
Collaborazione
Coordinamento costante
Prospettiva cumulativa
Pubblicazione
Dentro comunità personali
Post conversazionali
Cultura del cameratismo
Literacy
Orientamento alla multi-modalità
Enfasi sulla fruizione
Tabella 1. Le opportunità di apprendimento
dei social media (da Crook, in stampa).
I potenziali benefici per l’offerta educativa
In terzo luogo, i social media sono ritenuti in grado
di offrire alternative all’offerta formativa che caratterizza le istituzioni educative tradizionali. Si sostiene, infatti, che i social media, in qualsiasi forma,
non vadano d’accordo con alcuni assunti centrali
dell’offerta educativa tradizionale. Come già affermato, il loro uso implica, per esempio, che i singoli discenti siano “co-produttori attivi” di conoscenza piuttosto che “consumatori passivi” di contenuti. L’implicazione ulteriore è che l’apprendimento
dovrebbe essere un «processo sociale partecipativo» che sostiene gli obiettivi e i bisogni della vita di
ciascuno (Lee e McLoughlin, 2010).
Visti da questa prospettiva, molti pedagogisti iniziano a sostenere che i social media possono essere
usati a sostegno di ciò che Goodyear e Ellis (2008)
chiamano «apprendimento serio centrato sullo studente». Argomenti convincenti vengono oggi avanzati anche a favore di un (re)impegno e (ri)potenziamento tecnologico dei discenti attraverso l’istituzione di una scuola 2.0, una educazione 2.0, una
pedagogia 2.0 e addirittura di una formazione permanente 2.0. Vengono avanzate richieste di un ripensamento radicale dei processi e delle pratiche
delle istituzioni educative contemporanee, come si
evince dagli appelli degli educatori di introdurre
“curriculum remixati” e “amalgami pedagogici”
(Baird e Fisher, 2009). Da un altro punto di vista,
molti educatori ritengono che i social media esistano per distruggere (e, in ultima istanza, sostituire)
la scuola, l’istruzione superiore e l’università - annunciando una forma di “descolarizzazione” digitale, dove l’educazione può essere organizzata secondo direttrici non istituzionalizzate (Downes, 2010).
Nel bene e nel male, il concetto di social media ha
avuto una notevole influenza sui modi in cui il paesaggio educativo del ventunesimo secolo viene oggi (re)immaginato e (ri)affrontato dagli osservatori e
dagli operatori dell’ambito educativo.
LA REALTÀ DEI SOCIAL MEDIA
NEGLI SCENARI E CONTESTI EDUCATIVI
Come tutte queste previsioni e promesse implicano, molta dell’attrazione che i social media esercitano nei confronti della comunità educativa risiede
nella capacità, percepita da docenti e discenti in
ugual misura, di “liberarsi” dei confini e delle strutture considerate di solito come vincoli e limiti all’educazione e all’apprendimento. Eppure, dovrebbe essere abbastanza ovvio, a chi abbia avuto recenti esperienze in ambito educativo, che la realtà
d’uso dei social media in contesti educativi è assai
meno trasformativa e rivoluzionaria di quanto non
suggerisca la retorica prevalente.
Indubbiamente, come in occasione di precedenti
ondate di sviluppo tecnologico, le discussioni e i
dibattiti accademici restano largamente speculativi, piuttosto che fornire descrizioni accurate. Invece di essere considerati complessivamente una
buona (o cattiva) cosa per l’educazione, i social
media vengono, quindi, forse meglio compresi in
termini più ambigui. In particolare, è quanto avviene quando si considerano le realtà complesse e
spesso compromesse dell’uso reale dei social media da parte delle persone dentro i contesti educativi e nella più vasta vita quotidiana. Proprio da un
esame ravvicinato è possibile notare un certo numero di contraddizioni nel loro uso effettivo, che
pongono limitazioni significative alle affermazioni e assun- 1 Si è preferito lasciare il termine literacy, e non
tradurlo con “alfabetizzazione”, perché quest’ultimo
zioni discusse precedentein italiano indica di solito il processo per cui una
mente. Questi problemi pospersona viene introdotta alla lettura e alla scrittura,
sono essere descritti in almepiuttosto che la sua abilità di leggere e scrivere in
no tre modi diversi.
relazione ai bisogni individuali e sociali [n.d.t.].
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La realtà dei social media per i discenti
Innanzitutto, molta parte della discussione sui social media in ambito educativo dà per scontato un
livello di accesso e uso di Internet molto diffuso che
in realtà non esiste nella vita di molte persone. Secondo le indagini effettuate a livello mondiale, il
rapporto delle persone con i social media (così come con i computer e con Internet in generale) negli
ultimi vent’anni continua ad essere estremamente
diversificato, anche in aree ricche e tecnologicamente avanzate come l’Europa e il Nord America.
Queste disuguaglianze digitali sono particolarmente marcate in termini di status socio-economico,
classe sociale, razza, genere, geografia, età e titolo
di studio - divisioni che valgono sia per le generazioni più giovani che per quelle meno giovani. Anche se è diventato meno popolare, il problema del
digital divide continua a limitare i potenziali benefici dei social media nell’educazione.
Ci sono, inoltre, prove crescenti che i social media
non sono così imparziali e democratici come vengono spesso raffigurati. I diversi ambienti che una
persona usa, i modi in cui vengono usati e i risultati ottenuti sono tutti compromessi da una serie di
digital divide di “secondo livello”. Per esempio, studi recenti indicano che le preferenze degli studenti
per alcuni particolari social media rispetto ad altri
derivano da modelli di gusto e di distinzione che sono influenzati dalla classe e dall’ambiente sociali.
Per quanto riguarda gli ambienti di Social Network,
ad esempio, Hargittai (2008) riferisce che la preferenza per Facebook rispetto a MySpace, espressa
dagli studenti dei college nordamericani, è fortemente legata alla classe sociale e al background
educativo. Esistono chiare differenze socio-economiche anche per quanto riguarda la preferenza individuale per la produzione (piuttosto che il consumo) di contenuti digitali, sia che si tratti di inserire
dei post su un Blog, condividere risorse o creare un
profilo (Schradie, 2011). Altri studi sui college
americani evidenziano che gli ambienti dei social
media non sono socialmente più integrati dei contesti offline. Per esempio, la razza continua ad essere il fattore di predizione assoluto sul fatto che gli
studenti saranno “amici” su Facebook oppure no
(Mayer e Puller, 2008). Allo stesso modo, i social
media non annullano necessariamente questioni
relative alle disabilità offline, ma spesso possono
attenuarne i confini. In sostanza, è irrealistico immaginare che i social media siano in grado di fornire un terreno di gioco adeguato per tutti.
Potrebbe anche essere sbagliato assumere che i discenti siano necessariamente entusiasti o motivati
dall’uso dei social media. Per esempio, lo studio di
Hargittai (2008) sugli studenti di college americani ha evidenziato che un numero significativo di loro faceva scarso uso dei social media, con soggetti
tendenzialmente “dilettanti” o “dissenzienti” asso-
luti, piuttosto che “onnivori”, dei social media (vedi anche Hargittai e Hsieh, 2010). In questo senso, non è saggio assumere che l’interesse di tutti gli
studenti sarà catturato dall’integrazione dei social
media in qualunque ambito educativo. Diversi
commentatori (Lankshear e Knobel, 2006) mettono, infatti, in guardia contro i tentativi di motivare
e coinvolgere gli studenti attraverso la semplice introduzione di tecnologie social media “di tendenza” nei processi e nella pratica educativa - ciò che
David Buckingham (2007: p. 136) etichetta come
tentativi «di ‘vivacizzare’ il curriculum con una patina superficiale di cultura digitale a misura di
bambino».
La realtà dei social media per l’apprendimento
Molte delle discussioni e dei dibattiti odierni non
chiariscono quali aspetti dei social media siano realmente collegati all’educazione, all’apprendimento
e alla conoscenza. Uno studio sull’uso di Facebook
da parte degli studenti britannici ha evidenziato
che la maggior parte delle interazioni degli studenti non aveva alcun nesso con i loro studi accademici (Selwyn, 2009). Di conseguenza, mentre i
social media possono potenzialmente sostenere
l’apprendimento collettivo e la produzione di conoscenza, questo non è in alcun modo garantito. In
questo senso, Hosein, Ramanau e Jones (2010)
fanno un’utile distinzione fra le “tecnologie della vita” (quelle cioè che gli studenti scelgono nella vita
di tutti i giorni e per divertimento) e le “tecnologie
dell’apprendimento” (quelle cioè che usano prevalentemente per motivi di studio). Così, mentre ci
può essere una certa sovrapposizione fra i due generi, non dovremmo erroneamente presumere che
tutti gli aspetti della vita quotidiana legati all’uso
dei social media abbiano una valenza educativa.
In effetti, la maggior parte degli usi dei social media
è forse meglio descritta come parte «delle normali
cose della vita» (Shirky, 2008: p. 86), piuttosto che
come attività particolarmente creative, comunitarie
e conviviali. Al momento è scarsamente dimostrato
che queste applicazioni siano usate dalla maggioranza degli utenti con modalità particolarmente innovative, partecipative, interattive o anche socializzanti (Jones et al., 2009). Recenti studi empirici
sull’uso da parte degli studenti evidenziano una
mancanza di quella che potrebbe essere considerata un’autentica o utile attività di apprendimento partecipativo. In effetti, questi studi evidenziano una
sorprendente mancanza di usi raffinati o avanzati
dei social media fra gli studenti universitari (Head e
Eisenberg, 2010; Margaryan, Littlejohn e Vojt,
2011). Nel migliore dei casi, il coinvolgimento di
molti studenti porterebbe a quello che Crook (2008)
definisce uno «scambio a larghezza di banda ridotta» di informazioni e conoscenza.
Questi dati mettono sicuramente in discussione la
TD Tecnologie Didattiche, 20 (1)
visione di una generazione di studenti che oggi impara attraverso la “co-creazione” di conoscenza nei
social media. Sembrerebbe piuttosto che, nonostante le indubbie potenzialità per un’attività collettiva, questi ambienti siano più spesso adatti per un
consumo passivo di contenuti. Ciò risulta immediatamente chiaro nei modi in cui la maggior parte degli utenti di YouTube e Wikipedia preferisce prelevare contenuti pre-esistenti creati da altri, piuttosto
che produrre e condividere i propri. Wikipedia continua a dipendere pesantemente da un piccolo nucleo di poche migliaia di partecipanti molto attivi
che scrivono ed editano le voci che vengono poi
consumate da un pubblico di milioni di utenti. Nel
migliore dei casi, la maggior parte si limita a creare e condividere soltanto i propri profili e altri contenuti personali effimeri. Dal punto di vista della
creazione di contenuti più sostanziosi, sembrerebbe che la filosofia comunitaria aperta, che è al cuore dell’etica dei social media, si trasformi in realtà
in una situazione in cui la maggior parte delle persone sceglie di cavalcare liberamente gli sforzi di
una minoranza - una situazione che gli economisti
definiscono come la “logica dell’azione collettiva”.
I contesti
di apprendimento
dei social media
I contesti
di apprendimento
delle istituzioni educative
Indagine
Assembramenti discontinui
Strutture narrative
Non documentati
Schemi integrati
Strutture tassonomiche
Documentati e autorizzati
Collaborazione
Coordinamento costante
Prospettiva cumulativa
Episodi con obiettivi definiti
Consenso negoziato
Pubblicazione
Dentro comunità personali
Post conversazionali
Cultura del cameratismo
Comunità istituzionale
Formato progettuale
Cultura della valutazione
Literacy
Orientamento alla multi-modalità
Enfasi sulla fruizione
Fluidità orale e scritta
Enfasi sulla produzione
Tabella 2. Le opportunità di apprendimento dei social media
e delle istituzioni educative (da Crook, in stampa).
comunità e di un largo consenso di gruppo. Il curriculum nascosto di molti social media educativi si
potrebbe considerare, quindi, come costruito intorno alla soppressione del conflitto. Come osservato
da Michael Apple sulla scuola in generale, «nella
maggior parte dei casi si rappresenta una realtà sociale che tacitamente accetta ‘la cooperazione feliLa realtà dei social media per l’offerta educativa ce’ come il modo normale, se non il migliore, di viInfine, dobbiamo seriamente considerare la possi- vere» (Apple, 1979: p. 93).
bilità che le strutture e le culture delle istituzioni
educative formali, come la scuola e l’università, sia- I SOCIAL MEDIA E L’EDUCAZIONE:
no intrinsecamente in conflitto con le strutture e le QUALE FUTURO?
culture dei social media. Questo contrasto è ben Che ci siano delle disparità tra la retorica e la realtà
descritto in un resoconto di Charles Crook (in stam- sull’uso dei social media nella didattica non è certo
pa) sulle differenze chiave fra i contesti dei social sorprendente. Nell’educazione c’è stata a lungo una
media e quelli delle istituzioni educative formali - tendenza secondo la quale le aspettative inizialmeninclusi i sistemi curricolari, la valutazione e il siste- te esagerate riposte nelle tecnologie digitali vanno
ma dei crediti. Crook identifica, in modo particola- deluse - in pratica un ciclo perenne di «pubblicità
re, una serie di conflitti fra le diverse aspettative le- martellante, speranza e delusione» (Gouseti,
gate all’apprendimento che sono prevalenti nelle 2010). Da questo punto di vista, nei prossimi anni
istituzioni educative e le opportunità di apprendi- forse la sfida più urgente per gli educatori sarà quella di impegnarsi in dibattiti realistici e ponderati su
mento offerte dai social media (Tabella 2).
All’origine di questi confronti c’è il fatto che le isti- come usare al meglio i social media e nei modi più
tuzioni educative hanno una comprensibile tenden- appropriati, che possano sperabilmente ridurre
za ad adattare forme limitate di uso dei social me- questa possibile delusione. Sarà, naturalmente, nedia, che sono spesso in conflitto con la loro forma cessario tracciare una netta demarcazione fra i
d’uso espansiva e disinvolta che tende ad essere compiti pratici immediati relativi allo sviluppo di
celebrata dalla letteratura sulle tecnologie didatti- forme d’uso dei social media che meglio rispondache. Di fatto, si potrebbe osservare che le forme più no alla realtà odierna dei sistemi educativi e le quediffuse e di maggior successo di uso dei social me- stioni più difficili e di più lungo termine di una rifordia nelle istituzioni educative tendono ad essere de- ma e ri-progettazione del sistema su vasta scala.
cisamente di natura non dirompente. Le forme pre- Rispetto all’ultima questione, esiste un chiaro bisovalenti nelle scuole e nelle università tendono, gno di considerare e discutere attentamente che coquindi, a replicare l’antica tendenza della cono- sa si intende per educazione e quali forme questa
scenza scolastica a incoraggiare il conformismo e il dovrebbe avere in un’era sempre più digitale. In efconsenso, piuttosto che il conflitto e la disputa. Il fetti, molte delle controversie e dei conflitti sull’uso
fascino e l’adozione diffusi di Wiki e Blog fra molti educativo dei social media hanno poco a che fare
insegnanti ed educatori, per esempio, possono es- con la tecnologia in sé. Si tratta, invece, di questiosere visti come rappresentativi delle preferenze del- ni motivate da convinzioni e opinioni personali sulla scuola per la costruzione di un senso artificiale di la «domanda essenzialmente etica (di) che cosa
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conti» come apprendimento ed educazione utili
(Standish, 2008: p. 351).
Naturalmente, a prescindere da questi dibattiti più
generali, gli educatori devono anche affrontare il
compito immediato di integrare i social media nell’offerta e nella pratica quotidiana. Da questo punto di
vista, per esempio, la comunità educativa ha chiaramente bisogno di continuare a raccogliere la sfida
pratica di come valutare il lavoro prodotto dagli studenti in modo collaborativo o di come progettare al
meglio un curriculum misto. Ulteriori riflessioni sono
necessarie anche sul modo migliore di sostenere sia
i docenti sia gli studenti nell’uso continuativo e costruttivo delle tecnologie di rete. Da questo punto di
vista, i docenti devono svolgere un ruolo importante
nel sostenere le attività degli studenti presumibilmente auto-gestite - fornendo loro buone basi e una
direzione per «navigare le acque» dell’apprendimento basato sulla tecnologia (Crook, 2008).
Nel corso di questo decennio il dibattito diventerà
certamente più chiaro e le nostre aspettative e la
generale conoscenza dei social media saranno meno esagerate, più realistiche e più obiettive. In effetti, molti commentatori esperti di tecnologia oggi
si entusiasmano per la serie di «prossime grandi cose» del mondo della tecnologia digitale - quali il
Web 3.0 e il cosiddetto Web Semantico. In questo
senso la comunità educativa ha ora lo spazio per
svolgere un ruolo più importante nel modellare lo
sviluppo dei social media così come vengono usati
“sul terreno” dei contesti educativi. Dopo tutto, la
tecnologia dei social media è qualcosa che si suppone creata dagli utenti, - istituzioni educative e
educatori inclusi.
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