L`Ue ora “sfratta”i titolari dei Bagni

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liguria
IL SECOLO XIX
VENERDÌ
26 FEBBRAIO 2016
25
TIMORI E RABBIA PER I 1.200 CONCESSIONARI LIGURI: «DEVE INTERVENIRE IL GOVERNO»
L’Ue ora “sfratta” i titolari dei Bagni
Per l’avvocato della Corte di giustizia è illegittima la proroga fino al 2020
IL CASO
ALESSANDRA COSTANTE
GENOVA. La legge
con cui
l’Italia ha previsto la proroga
automatica della durata delle
concessioni demaniali marittime e lacustri per attività turistico-ricettive fino al 2020 è
contraria al diritto europeo.
È la conclusione dell’avvocato generale della Corte di giustizia Ue Maciej Szpunar sulle
cause che coinvolgono gestori
sardi e la Promoimpresa del
lago di Garda. Ora, in attesa
della sentenza della Corte di
giustizia europea (che solitamente riprende le conclusioni
dell’avvocato generale) a tremare sono tutti i balneari italiani, comprese le 1200 aziende liguri.
Con la quasi certezza che
per i balneari italiani le notizie
non saranno confortanti, torna in campo la trattativa politica tra Italia e Unione Europea, l’ultima carta da giocare.
Così la Regione Liguria chiede
l’intervento del governo per
tutelare le imprese; il Sib (Sindacato balneari) cerca di
mantenere saldi i nervi «per
una legge di riforma condivisa, non in contrasto con la normativa europea, ma neppure
succube delle strette maglie
europee»; infineAssolbalneari lancia la palla avanti: «Il governo deve negoziare con
Bruxelles un periodo transitorio di almeno 30 anni» dice il
presidente Fabrizio Licordari
Erano stati i Tar di Sardegna
e Lombardia a sollevare una
questione pregiudiziale alla
Corte Ue sulla legge italiana
che prevede la proroga automatica e generalizzata della
durata delle concessioni sino
al 31 dicembre 2020 chiedendo di verificarne la compatibi-
È bagarre sulla legge che disciplina la durata delle concessioni demaniali marittime
lità con il diritto comunitario e
soprattutto con i principi di libertà di stabilimento, di protezione della concorrenza e di
eguaglianza di trattamento
tra operatori economici, nonchè con quelli di proporzionalità e di ragionevolezza. Secondo quanto si legge in un a
nota della Corte, i giudici italiani hanno espresso in particolare dubbi sull’automatismo della proroga poichè in
questo modo si sottraggono al
mercato, per un periodo irragionevolmente lungo (undici
anni), concessioni di beni sicuramente molto importanti
FORNETTI
sul piano economico. Ieri, nelle sue conclusioni, l’avvocato
generale ha ritenuto fondati i
dubbi espressi dai Tar e ha ribadito che proprio la direttiva
Bolkestein (relativa ai servizi
nelmercatoUe),impediscealla normativa nazionale di prorogare in modo automatico la
data di scadenza delle concessioni per lo sfruttamento economico del demanio pubblico
marittimo e lacustre.
«Sono conclusioni molto
gravi, lesive della storia dell’Italia e delle sue tradizioni. A
questo punto auspichiamo
una forte reazione del Governochedevetutelareleoltre30
milaimpresebalneariȏlaposizione di Marco Scajola, assessore regionale al demanio
e coordinatore del tavolo interregionale delle regioni. Un
attesa della sentenza, che difficilmente smentirà l’avvocato generale, le ultime speranze sono riposte nella capacità
di trattativa del governo: «Auspichiamo una forte reazione
da parte del Governo, che fino
adoggièstatoassente,cosìcome avvenuto in Spagna, per
tutelare il lavoro degli operatori balneari che non possono
essere trattati così». La Liguria
sarebbe pronta a muoversi
autonomamente «per difendere un patrimonio, anche
economico che non può essere buttato via dai burocrati
della Ue», ma lo stesso Scajola
è consapevole che una legge
regionale su una materia di
competenza statale avrebbe
fiato molto corto. A consiglio
regionale aperto, ieri pomeriggio, è arrivata la mozione
del presidente della commissione demanio Angelo Vaccarezza e del consigliere Claudio
Muzio (entrambi di Forza Italia) approvata trasversalmente (23 sì) con la sola astensione
del M5S. In difesa dei balneari
si schiera anche Gianni Pastorino di Rete a Sinistra: «Questa
Europa da un lato consente di
distruggereilsettoredelleimprese balneari con veti amministrativi, ma dall’altro elargisce permessi illimitati a chi
chiede concessioni per le trivellazioni petrolifere in mare».
E sulle notizie diffuse da
Bruxelles, il M5S attacca il governatore Giovanni Toti: «Si è
molto speso a fini elettorali,
mahasoltantoillusoibalneari
che invece meritano rispetto»
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IL MINISTRO GENTILONI AVEVA PARLATO DI “TRATTI DI MARE NON PESCOSI”
«L’accordo di Caen affonda i nostri pescherecci»
L’assessore regionale Mai lancia l’allarme sui nuovi confini marittimi fra Liguria e Francia
GENOVA. No alla ratifica dell’accordo e sì, subito, ad un
confronto urgente col ministro degli Esteri Paolo Gentilioni. La Liguria si schiera contro l’accordo di Caen, che ridisegnerà i confini marittimi tra
Italia e Francia e consentirà lo
sfruttamento sui fondali. Ed è
l’assessore regionale alla pesca e all’agricoltura, Stefano
Mai a chiamare in causa il governo:«Arischioc’èil30%dell’attività della flotta di pe-
scherecci liguri, un fatturato
di almeno 20 milioni di euro
all’annoe ricadute drammatico sul comparto e sull’indotto
della ristorazione e quindi del
turismo».
Sono state le dichiarazioni
di Gentiloni a riaccendere il
dibattito. «Non si tratta di un
cedimento di tratti di mare
pescosi» ha detto mercoledì il
capo della Farnesina nel question time alla Camera sull’accordo di Caen dopo gli episodi
del peschereccio Mina sequestrato dalla Francia e di quello
sardo a cui è stato intimato di
uscire dalle acque territoriali
francesi a nord della Sardegna. «L’accordo - ha spiegato
Gentiloni - è il frutto di un negoziato andato avanti dal
2006 al 2012, che ha coinvolto
diversi governi». Ed ha annunciato che per la baia di
Mentone «la questione della
pesca sarà affrontata anche
alla luce della pertinente legi-
slazione in materia a cui si aggiungeranno elementi tecnici
forniti dal ministero competente al fine di studiare eventuali strumenti legislativi».
LaLiguriaperòrestacontraria alla ratifica dell’accordo di
Caen: «Ribadiamo l’assoluta
necessità di un incontro affinché vengano analizzati i reali
scenari che un’eventuale ratifica aprirebbe» ha ribadito
Mai. Ma c’è di più a preoccuparelaLiguria:«Perrassicura-
re gli animi nei territori che
sarebbero più colpiti dalle
nuove condizioni del trattato,
Gentilonihacalatolamascheraparlandodisfruttamentodi
giacimenti sui fondali: parole
che confermano purtroppo i
nostri timori ovvero che il nostro mare e la nostra pesca rischiano di essere regalate in
cambio di nulla, anzi dando il
permesso ai francesi di trivellare il nostro mare».
AL. COST.
GENOVA, SVOLTA NEL PROCESSO BERNESCHI. E SPUNTANO LE VECCHIE INDAGINI
«IlpizzinoinchiodagliexverticiCarige»
Il maresciallo della Finanza in aula: compravendite immobiliari gonfiate per 15 anni
MATTEO INDICE
GENOVA. Dall’aula dove si
processa un pezzo di storia finanziaria di Genova, saltano
fuori parecchie prove e un dato inquietante: il sistema con
GLI ACQUISTI
DI CASE A PREZZI
GONFIATI
IL PUNTO di partenza
dell’inchiesta sono state
le plusvalenze su compravendite di immobili a
prezzi gonfiati (foto: il
commercialista Andrea
Vallebuona)
cui, secondo la Procura del capoluogo ligure, gli ex vertici
Carige hanno truffato la loro
banca gonfiando compravendite immobiliari ed esportando la “cresta” all’estero, era
stato di fatto scoperto dieci
ASSICURAZIONI
“BUCO NERO”
PER LE TRUFFE
GRAN parte dei raggiri,
secondo l’accusa, sono
stati compiuti attraverso il
ramo assicurativo guidato
per anni da Ferdinando
Menconi (nella foto, prelevato dai carabinieri)
anni fa con un’altra inchiesta,
chissà perché finita nel nulla.
Èunodeidatisalientiemersi
durante l’udienza di ieri, in cui
ha deposto un maresciallo
della Guardia di Finanza, specializzato nel decrittare alchi-
PLUSVALENZE
ESPORTATE
IN SVIZZERA
LA “CRESTA” sulle compravendite immobiliari
gonfiate ad arte, secondo
i pm è stata esportata in
Svizzera (nella foto, il
faccendiere elvetico Davide Enderlin)
mie societarie: il militare ha
svelato «un meccanismo finanziario perfetto per creare
plusvalenze da incanalare
verso conti stranieri, inizialmente in Lussemburgo e successivamente in Svizzera, in
un istituto di private banking di
Lugano noto per essere una
cassaforte sicura». L’investigatore era stato chiamato dal
pubblico ministero Silvio
Franz a deporre nel dibattimento a carico dell’ex presidente della Cassa di risparmio
Giovanni Berneschi, accusato
con altre sei persone di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e al riciclaggio
internazionale. Il sottufficiale
ha descritto le attività, e le
storture, dei rami assicurativi
di Carige dal 1998 in particolare fino al 2013 (arco temporale
alqualesonoricondotteleviolazioni penali), mentre la
branca è stata poi ceduta nel
2015. E il malaffare, insistono
le Fiamme gialle, è stato scoperto in realtà grazie a tre di-
Giovanni Berneschi (sinistra), in una pausa delle scorse
udienze
PAMBIANCHI
versi filoni: uno di questi, denominato ai tempi “Mattone
d’oro”, era migrato a Milano e
si era misteriosamente arenato.
In aula gli inquirenti hanno
calato un jolly importante. Rimarcando d’essere certi di
aver trovato traccia delle compravendite-truffa in un documento in copia sequestrato il
22 maggio 2014, nelle abitazioni e negli uffici dell’ex numero uno del comparto assicurativo di Carige Ferdinando
Menconi, dell’imprenditore
SandroMariaCalloniediFran-
cesca Amisano, nuora di Berneschi che ha già patteggiato.
L’incartamento,
intitolato
“Tunisina - incassi derivanti
da Amico” fa riferimento ad alcuni degli imputati nascosti
dietro pseudonimi, come appunto “Amico” che secondo
chiindagarimandaaMenconi.
A giudizio con l’accusa di aver
fatto parte della banda, sono
finiti anche l’immobiliarista
Ernesto Cavallini, il commercialista Andrea Vallebuona e il
faccendiere Davide Enderlin.
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