Documento Integrale - BancaDati – Studi Bancari

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 R.G. del 2011 N. 5912 Sentenza n. 405/2015
Pronunziata il 31/01/2015
Pubblicata il 03/02/2015 N. R.G. 5912/2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA
QUARTA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Manuela Velotti
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. ​
5912/2011​
riassunta da:
XX​
(c.f. …​
omissis​
…), con il patrocinio dell’avv. Lorenzo Buldrini; elettivamente
domiciliato in Via de’ Poeti n. 8, 65020 Bologna, presso il difensore avv. Lorenzo
Buldrini
YY​
(c.f. …​
omissis​
…), con il patrocinio dell’avv. Lorenzo Buldrini; elettivamente
domiciliato in Via de’ Poeti n. 8, 65020 Bologna, presso il difensore avv. Lorenzo
Buldrini
ATTORI OPPONENTI
contro
EMIL BANCA - CREDITO COOPERATIVO SOCIETA' COOPERATIVA​
(c.f.
…​
omissis​
…), con il patrocinio dell’avv. Nicola Lenzi, elettivamente domiciliato in
Via Barberia, 30 40123 Bologna presso il difensore avv. Nicola Lenzi
CONVENUTO
CONCLUSIONI
Per parte opponente:​
"​
Insiste per rimessione della causa in istruttoria e in subordine
precisa come da atto di riassunzione​
"
Per parte opposta:​
"​
Voglia l’intestato Tribunale, ogni contraria istanza ed eccezione
disattesa,
PRELIMINARMENTE
Dichiarare la nullità, in parte qua e per le ragioni svolte in atti, e quindi a sensi dell’art.164,
4° comma, c.p.c., in relazione all’art.163, 3° comma, n.4, c.p.c., dell’atto di citazione
notificato in data 11 aprile 2011, in opposizione al decreto ingiuntivo n.903/11, emesso
dall’intestato Tribunale in date 10/19 febbraio 2011 e notificato in date 3/9/20 marzo 2011,
per il pagamento in favore della Emil Banca – Credito Cooperativo Società Cooperativa
della somma di € 1.440.964,84, oltre interessi convenzionali e spese come meglio in titolo
precisati, a carico, tra gli altri, dei signori XX ed YY, entrambi residenti in Portomaggiore
(Ferrara).
NEL MERITO, PRINCIPALMENTE
Respingere, in quanto totalmente infondata in fatto e in diritto, l’opposizione proposta dai
XX e YY avverso l’impugnato decreto ingiuntivo, lo stesso confermandosi integralmente, e
per l’effetto
Respingere la domanda svolta dagli opponenti predetti di cancellazione dell’ipoteca
giudiziale iscritta nell’interesse della Banca opposta in forza dell’impugnato decreto
ingiuntivo stesso.
Respingere, in quanto totalmente infondate in fatto e in diritto, le domande tutte svolte in
via riconvenzionale dagli opponenti avverso la Banca opposta con l’atto di citazione in
opposizione a decreto ingiuntivo sopra indicato.
IN VIA SUBORDINATA
Dichiarare tenuti e quindi condannare i XX e YY, in solido tra loro, al pagamento in
favore della Emil Banca della somma di € 1.440.863,18, oltre agli interessi ai tassi annui
sottoindicati:
- quanto ad € 1.366.718,83, dell’11,750%;
- quanto ad € 74.144,35, dell’8,026%;
dal 4 febbraio 2011 sino al saldo.
IN VIA ULTERIORMENTE SUBORDINATA
Limitare l’entità del danno che la Banca opposta fosse denegatamente chiamata a risarcire
agli opponenti, in considerazione dell’eccezione di cui all’art.1227 c.c. svolta in atti, nella
misura minima che risulterà di giustizia, da determinarsi in esito all’esperenda istruttoria
ovvero e comunque con valutazione equitativa a sensi dell’art.1226 c.c.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari.
IN VIA ISTRUTTORIA
Rigettarsi, per i motivi svolti in atti, tutte le istanze istruttorie avversarie come richieste nella
seconda memoria autorizzata depositata a sensi dell’art. 183, 6° comma, c.p.c. nell’interesse
dei Signori XX e YY, già non precedentemente accolte in fase di trattazione.
IN SUBORDINE, nel denegato caso di ammissione di alcuna delle istanze di prova orale
avversarie,
Ammettere a titolo di prova contraria testimoniale, i seguenti capitoli, con i
medesimi testi Graldi e Menetti ex adverso indotti:
1) Vero che il Dott. Giacomo Graldi, esponente della Emil Banca, nel primo
pomeriggio del 14 gennaio 2011 contattò l’Ufficio Contenzioso della Emil Banca, conferendo
con la signora Cristina Volta, ivi addetta, la quale, a domanda del primo, gli precisò che in
tema di regolarizzazione tardiva di assegni emessi in carenza di provvista, il tempestivo
invio, anche solo per telefax, di quietanze di pagamento che indicassero l’avvenuto
assolvimento di tutto quanto dovuto in forza dell’assegno per capitale, interessi, penale del
10% e spese, e che fossero autenticate, purchè seguito di lì a breve dalla produzione degli
originali, avrebbe dispensato la Banca dall’effettuare la segnalazione del mancato
pagamento in C.A.I. (con indicazione a teste, sempre a prova contraria sull’avversario
capitolato, anche della Sig.ra Cristina Volta, presso Emil Banca).
2) Vero che il Sig. XX in nome della ‘Alphabetagamma’ s.r.l. aveva manifestato alla Emil
Banca, sin dall’autunno 2010, l’esigenza di ottenere liquidità ulteriore rispetto a quella di
cui già disponeva presso l’Istituto, che il XX allegava necessitare alla società per migliorare
la propria patrimonializzazione, ed altresì per estinguere o ridurre la propria esposizione
debitoria presso altri Istituti di credito.
3) Vero che il Sig. XX formulò alla Emil Banca richiesta di concessione in favore della
‘Alphabetagamma’ s.r.l. di un mutuo chirografario di € 300.000,00, con ammortamento
quinquennale e con copertura fideiussoria parziale da parte di un Consorzio di garanzia,
da destinarsi a prestito c.d. partecipativo, ovvero per finanziare un aumento di capitale
sociale di cui il XX ed YY, anch’essa socia come il primo della ‘Alphabetagamma’ s.r.l.,
avrebbero sottoscritto le quote, accollandosi quindi l’obbligo di restituzione nei confronti
della Banca, e con previsione della concessione di un prefinanziamento di € 100.000,00,
sino ad erogazione del mutuo, come da doc. n. 30 di parte opposta, da rammostrarsi.
4) Vero che in esito all’istruttoria compiuta dalla Emil Banca la richiesta fu riscontrata
negativamente e gli esponenti della ‘Alphabetagamma’ s.r.l. furono invitati a ridurre
l’impegno finanziario verso la Emil Banca stessa.
5) Vero che a seguito di tale riscontro, e dopo ulteriore trattativa, i XX e YY si dissero
disponibili a mettere a disposizione i beni immobili di loro proprietà, per garantire
ipotecariamente un finanziamento in favore della ‘Alphabetagamma’ s.r.l. di €
500.000,00, da rimborsarsi in quindici anni e con la cui provvista diminuire l’esposizione
chirografaria di quest’ultima verso la Emil Banca stessa.
6) Vero che la soluzione ipotizzata tra la Emil Banca, la ‘Alphabetagamma’ s.r.l., ed i XX
e YY prevedeva che con l’importo erogato in forza del mutuo ipotecario di futura
stipulazione la ‘Alphabetagamma’ s.r.l. stessa avrebbe azzerato l’esposizione di cui
all’apertura di credito ordinaria, in essere per un massimale di € 40.000,00; avrebbe ridotto
l’esposizione del castelletto promiscuo per smobilizzo crediti Italia/Estero, il cui massimale
sarebbe stato decurtato dagli € 1.300.000,00 in essere ad € 1.000.000,00; avrebbe infine
estinto il residuo debito di cui al mutuo chirografario già in essere.
7) Vero che i XX e YY, sia in proprio che a nome della ‘Alphabetagamma’ s.r.l.,
formulavano la richiesta di concessione fido alla Emil Banca di cui a doc. n. 30 in atti parte
opposta, da rammostrarsi.
8) Vero che la Emil Banca si attivava per l’acquisizione, a ministero del Tecnico di sua
fiducia Geom. Gallini di Portomaggiore, di una relazione di stima sui beni che avrebbero
dovuto essere ipotecariamente vincolati, una villa in Ripapersico di Portomaggiore, di
proprietà dei XX e YY, il cui valore era individuato in circa € 550.000,00, come da doc. n.
n. 31 di parte opposta, da rammostrarsi.
9) Vero che all’esito di tale relazione, la Emil Banca esprimeva la propria disponibilità a
finanziare la ‘Alphabetagamma’ s.r.l. per un importo di € 439.000,00, pari all’80% del
valore dei beni stimati.
10) Vero che i XX e YY esprimevano il loro benestare a detto finanziamento, designando
per la stipula il Notaio Mistri di Ferrara, al quale la Banca inviava la bozza del contratto,
come da doc. n. 32 in atti parte opposta, da rammostrarsi.
11) Vero che i XX e YY furono più volte sollecitati, sino a fine gennaio 2011, a dare compiuta
esecuzione all’operazione​
".
IN FATTO
Con atto di citazione in data 9.4.2011 la società ​
‘​
Alphabetagamma’​
- (​
omissis​
) S.r.l.,
XX ed YY proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo
provvisoriamente esecutivo n. 903/2011, emesso dal Tribunale di Bologna in data
10.2.2011, con il quale era stato ingiunto alla ‘​
Alphabetagamma’​
​
S.r.l. quale debitrice
principale, in solido con i fideiussori XX ed YY, il pagamento a favore di Emil
Banca Credito Cooperativo - Società Cooperativa della somma di € 1.440.964,84,
oltre interessi convenzionali e spese del procedimento monitorio, a titolo di saldo
debitore di due conti correnti, uno dei quali assistito da più linee di credito, nonché
di residuo credito per rate insolute di mutuo chirografario. Eccepivano gli opponenti 1) la nullità del decreto ingiuntivo per difetto dei
presupposti che ne avrebbero giustificato la concessione, avendo la stessa Emil
Banca determinato la grave esposizione debitoria della società ingiunta, essendo
receduta arbitrariamente dai rapporti bancari in essere con ​
‘​
Alphabetagamma’​
S.r.l.
e avendo ottenuto il provvedimento monitorio tramite l'allegazione di presupposti
inesistenti o comunque tendenziosamente rappresentati; 2) il difetto dei requisiti
per la concessione della provvisoria esecuzione; 3) la violazione da parte della banca
del dovere di buona fede nella fase dell'esecuzione dei rapporti contrattuali con la
debitrice principale, avendo essa omesso di informare la cliente dell'intento di
recedere dai contratti e di motivare la decisone di richiedere l'immediato rientro
dall'esposizione debitoria, e avendo inoltre provveduto alla segnalazione alla
centrale rischi in maniera illegittima e arbitraria; 4) l'illegittimo addebito da parte
della banca di interessi anatocistici, usurari e ultralegali in assenza di relativa
pattuizione scritta, di commissioni di massimo scoperto, nonché di interessi a tassi
superiori rispetto a quello pattuiti con riguardo ai mutui stipulati. Concludevano pertanto affinché il giudice adito dichiarasse la nullità, e
conseguentemente revocasse il decreto opposto, accertando l'infondatezza delle
domande avversarie e disponendo la cancellazione delle ipoteche giudiziali iscritte
in forza del provvedimento monitorio; spiegavano altresì domanda riconvenzionale
di restituzione di tutte le somme illegittimamente addebitate, nonché di
risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali cagionati dalle descritte
condotte illecite.
Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio Emil Banca, contestando
integralmente l’opposizione ed eccependo in particolare la nullità per
indeterminatezza della pretesa risarcitoria.
Alla prima udienza XX disconosceva formalmente le sottoscrizioni apposte alla pag.
4 del contratto di cui al documento n. 25 prodotto da parte opposta.
La causa, interrotta in seguito all'intervenuto fallimento di ​
‘​
Alphabetagamma’​
S.r.l.,
dichiarato dal Tribunale di Ferrara con sentenza del 17.11.2011, veniva riassunta da
XX e YY, istruita tramite c.t.u. contabile e trattenuta in decisione all’udienza di
precisazione delle conclusioni del 17.7.2014. IN DIRITTO
Gli opponenti XX e YY hanno in primo luogo eccepito il difetto di prova in ordine
al credito azionato, negando l’idoneità degli estratti di saldaconto prodotti in sede
monitoria (docc. 6, 10 e 12 del fascicolo monitorio) a fondare l’emanazione del
decreto ingiuntivo, posto che l’art. 50 TUB richiede un estratto conto analitico
certificato conforme alle scritture contabili; in proposito si rileva che, nel caso di
specie, la "​
prova scritta​
" ai sensi dell’art. 633 c.p.c. è in realtà costituita non soltanto
dai suddetti saldaconto, ma altresì dai contratti di conto corrente corredati dai
relativi documenti di sintesi e condizioni economiche, dal contratto di mutuo
chirografario e dalle fideiussioni, anch'essi allegati al ricorso per decreto ingiuntivo
(docc. 3, 4, 5 , 7, 8, 9, 11,14).
In ogni caso deve ritenersi che "​
con l'opposizione a decreto ingiuntivo si instaura un
normale procedimento di cognizione, nel quale il creditore opposto può produrre nuove
prove ad integrazione di quelle già offerte nella fase monitoria ed il giudice non valuta
soltanto la sussistenza delle condizioni e della prova documentale necessarie per
l'emanazione della ingiunzione, ma la fondatezza (e le prove relative) della pretesa
creditoria nel suo complesso, con la conseguenza che l'accertamento dell'esistenza del
credito travolge e supera le eventuali insufficienze probatorie riscontrabili nella fase
monitoria​
" (Cass., n. 9927/2004).
Ebbene, nel corso del giudizio di opposizione la banca opposta ha prodotto gli
estratti conto analitici relativi ai conti correnti nn. 32-00112627 e 65-000080322
(docc. 21 e 22 del fascicolo Emil Banca), nonché documentazione bancaria
(contrattuale e non) necessaria a ricostruire i rapporti regolati sui suddetti conti;
deve al riguardo rammentarsi che, secondo l'orientamento della giurisprudenza di
legittimità, in tema di prova del credito fornita da un istituto bancario nell’ambito
del procedimento monitorio e del successivo giudizio di opposizione deve
distinguersi tra l’estratto di saldaconto (ora estratto conto certificato ​
ex​
art. 50
TUB), la cui efficacia probatoria è limitata al procedimento monitorio e non si
estende al successivo giudizio di opposizione e, in generale, agli ordinari giudizi di
cognizione, e l’ordinario estratto conto — che riporta le movimentazioni debitorie e
creditorie intervenute dall’ultimo saldo, con le condizioni attive e passive praticate
dalla banca, ed assume una relativa incontestabilità dopo un certo periodo di tempo
dalla sua comunicazione al correntista — idoneo a fungere da prova anche nella fase
dell’opposizione (S.U., n. 6707/1994; n. 2751/2002; n. 12233/2003; n. 11749/2006).
Ne discende che, una volta fornita dalla banca tramite la produzione degli estratti
conto la prova dell’ammontare del proprio credito, costituisce onere del debitore
effettuare puntuali e specifiche contestazioni in relazione alla parte di somma
ritenuta non dovuta; nella fattispecie in esame, le contestazioni sollevate dagli
opponenti in ordine all'illegittimo addebito di interessi e commissioni verranno
esaminate nel prosieguo.
Per quanto concerne poi l'eccezione di mancata prova dell'invio degli estratti conto
ai clienti, la stessa risulta tardiva, in quanto sollevata per la prima volta in comparsa
conclusionale (come rilevato dall'opposta in memoria di replica).
Con riguardo al disconoscimento delle sottoscrizioni apparentemente riconducibili
a XX e da quest'ultimo apposte, in qualità di legale rappresentante
di ​
‘​
Alphabetagamma’​
S.r.l., alla quarta pagina del "​
contratto per finanziamenti
all’esportazione​
" (doc. n. 25 di parte opposta), e segnatamente delle firme per ricevuta
di copia del contratto stesso e per approvazione specifica di alcune clausole a sensi
dell’art. 1341, 2° comma, c.c., si osserva che l'istituto di credito opposto ha dichiarato
di non volersi avvalere delle sottoscrizioni disconosciute, rinunciando a chiederne
la verificazione; delle stesse non potrà pertanto tenersi conto. Ciò posto, parte opponente rileva che il disconoscimento della prima di dette firme
comporta il difetto di prova in ordine all'avvenuta consegna di copia del contratto
in violazione dell’art.117 T.U.B., che prevede che i contratti bancari debbano essere
redatti per iscritto e che un esemplare debba essere consegnato ai clienti; deve
tuttavia osservarsi che la norma in questione non prevede alcuna specifica sanzione
per l'ipotesi di mancata consegna, in quanto il secondo comma dell'art. 117 sancisce
la nullità soltanto in caso di inosservanza della forma scritta.
L'omessa consegna di copia del contratto non inficia dunque la validità del
contratto di cui al doc. 25, che risulta per il resto validamente sottoscritto,
integrando piuttosto un inadempimento che potrebbe tutt'al più fondare una
pretesa risarcitoria; peraltro, gli opponenti non hanno neppure allegato che dalla
evidenziata violazione sia derivato uno specifico danno.
Quanto alla seconda sottoscrizione per approvazione specifica di alcune clausole
contrattuali a sensi dell’art. 1341, 2° comma, c.c., dal relativo disconoscimento
discenderebbe, secondo gli opponenti, l’inapplicabilità delle clausole medesime, ed
in particolare di quella (art. 15) che prevede la facoltà di recesso immediato della
banca; quest'ultima, dunque, avrebbe dovuto concedere per il rientro
dall'esposizione il preavviso di quindici giorni previsto dall’art.1845 c.c.
Ne conseguirebbe l'illegittimità del recesso immediato da tutti i rapporti bancari
esistenti comunicato da Emil Banca a ​
‘​
Alphabetagamma’​
S.r.l. e ai fideiussori con
lettera del 25.1.2011 (doc. n. 13 del fascicolo monitorio), con invito a provvedere al
rientro della esposizione debitoria complessiva entro il termine di tre giorni. In proposito va ricordato che l’art. 1845 c.c. prevede che nel contratto di apertura di
credito bancario a tempo determinato la banca non possa recedere dal contratto
prima dalla scadenza del termine, se non per giusta causa; la norma fa salvo
l’eventuale patto contrario, e quindi il recesso ​
ad nutum​
, che opera cioè in base alla
sola dichiarazione di volontà senza necessità di giusta causa, può essere previsto
convenzionalmente.
Con riguardo invece all’apertura di credito a tempo indeterminato, l’ultimo comma
dell’art. 1845 c.c. prevede che ciascuna delle parti possa recedere dal contratto nel
termine previsto dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni.
Nel caso di specie, è pacifico che le aperture di credito concesse erano a tempo
indeterminato, sicché non si pone la questione dell’accertamento della sussistenza o
meno di una giusta causa, in quanto la banca aveva la facoltà di recedere ​
ad nutum​
.
Quanto al termine minimo di quindici giorni per la operatività del recesso
dell'istituto di credito, lo stesso ha carattere dilatorio ed è previsto dalla legge a
favore del debitore accreditato onde metterlo in condizione di reperire la somma
necessaria per ripianare la propria esposizione verso l'istituto stesso, con la
conseguenza che prima della scadenza di detto termine il credito della banca non è
esigibile (vedi Cass., n. 14859/2000); nel caso di specie, dunque, il credito della
banca diveniva esigibile soltanto una volta decorso il termine di quindici giorni dal
25 gennaio 2011, data di ricezione della comunicazione di revoca, e quindi il 9
febbraio 2011.
Ne discende che, essendo stato il decreto ingiuntivo richiesto da Emil Banca emesso
dal giudice il 10.2.2009 e depositato in cancelleria il 19.2.2011, non appare in concreto
ravvisabile alcuna violazione dall'art. 1845 c.c.
Quanto alla clausola concernente lo ​
jus variandi​
, anch'essa divenuta inefficace in
difetto di approvazione specifica come conseguenza del disconoscimento, deve
rilevarsi che, come eccepito da parte opposta, gli opponenti hanno omesso di
specificare se, quando e in quali termini la banca abbia esercitato lo ​
jus variandi​
in
senso loro sfavorevole.
Procedendo allora all'esame dell'elaborato peritale, si osserva che i rapporti di conto
corrente intestati a ​
‘​
Alphabetagamma’​
S.r.l. e documentati in atti sono tre. Il primo è il c/c 112627, aperto in data 29.6.2000, rispetto al quale l'ultimo estratto
conto disponibile al 31.3.2011 presenta un saldo di € 1.388.733,70 a debito della
correntista ​
‘​
Alphabetagamma’​
S.r.l.; sono stati altresì prodotti i contratti apertura di
conto corrente di corrispondenza del 12.6.2000 e il documento di sintesi del
26.4.2010. Sul c/c 112627 risulta regolato anche il rapporto di "anticipo export" intrattenuto tra
le parti; detto rapporto si attuava tramite la presentazione di effetti che venivano
anticipati (in percentuale dell’80% o per intero dall’istituto di credito) alla
correntista.
Alcuni documenti di "concessione anticipo" risultano sottoscritti
da ​
‘​
Alphabetagamma’​
S.r.l.; altri, invece, non presentano alcuna
sottoscrizione/accettazione. Per quanto riguarda il c/c 112644, è presente documentazione a far data dal 30.6.2000
(saldo "0"); l’ultimo estratto conto disponibile è quello al 31.3.2010, ed il conto
presenta un saldo "zero"; detto rapporto di c/c non è regolato da alcuna pattuizione
intervenuta tra le parti.
Infine, il rapporto di conto corrente 80322 risulta aperto in data 31.3.2009 e chiuso in
data 21.2.2011; sono presenti i contratti regolanti il rapporto (documenti n. 7, 8 e 9
allegati al monitorio), con pattuizione di interessi debitori, creditori,
capitalizzazione dare/avere trimestrale, ​
jus variandi​
(art. 14 – doc. 7), spese.
Il c.t.u. ha provveduto all’analisi dei suddetti rapporti; con riguardo al c/c 112624,
non risultando alcuna pattuizione di interessi e capitalizzazione trimestrale, egli ha
effettuato il ricalcolo ​
ex​
art. 117, VII co. t.u.b., giungendo a determinare una
differenza tra gli interessi applicati dalla banca e quelli ricalcolati di € 10.031,26; detti
interessi ricalcolati, senza capitalizzazione, sono stati sostituiti a quelli regolati dalla
banca (girocontati) sul c/c 112627.
Sul rapporto anticipo ​
export​
gli interessi sono risultati talvolta applicati in difetto di
pattuizione; anche in questo caso il c.t.u. ha provveduto al ricalcolo, individuando
una differenza tra quelli applicati dalla banca e quelli ricalcolati di € 89.632,45 (con
sostituzione sul c/c 112627).
Per quanto concerne il mutuo chirografario n. 30000013789, acceso in data 6.3.2009
per la somma capitale di € 350.000,00, il perito d'ufficio ha accertato che il tasso di
interessi corrispettivi e il tasso di interessi moratori non ha mai superato il tasso
soglia.
Quanto, invece, ai due mutui ipotecari n. 0069037 e n. 320000073034, le cui rate
venivano addebitate in conto corrente, non possono condividersi le conclusioni cui
il c.t.u. è giunto in ordine all'avvenuto superamento del tasso soglia alla luce della
ritenuta cumulabilità degli interessi corrispettivi con quelli moratori, asseritamente
affermato (secondo il perito d'ufficio) dalla sentenza n. 350/2013 della Cassazione; ed
invero, con la suddetta pronuncia la S.C. si è limitata ad affermare che "​
ai fini
dell'applicazione dell'art. 644 c.p., e dell'art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli
interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o
comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori"​
. In
proposito, deve ritenersi che tale decisione, che risulta sul punto di non facile
interpretazione, non sancisca il principio della necessità del cumulo tra tassi pattuiti
per gli interessi moratori e tassi pattuiti per gli interessi corrispettivi ai fini della
verifica del superamento del tasso soglia, limitandosi, al contrario, ad affermare
l’applicabilità agli interessi moratori delle disposizioni antiusura. Ma quand'anche
la S.C. avesse inteso affermare il principio della cumulabilità tra interessi
corrispettivi ed interessi moratori, una simile interpretazione non appare
condivisibile, tenuto conto della differente natura di tali interessi. Ed invero, la
diversità ontologica e funzionale degli interessi moratori e di quelli corrispettivi
non autorizza una mera operazione addizionale tra gli stessi, poiché, mentre "​
il tasso
di mora ha un’autonoma funzione quale penalità del fatto, imputabile al mutuatario e solo
eventuale, del ritardato pagamento, e quindi la sua incidenza va rapportata al protrarsi ed
alla gravità dell’inadempienza, del tutto diversa dalla funzione di remunerazione propria
degli interessi corrispettivi​
" (così Trib. Roma 3 settembre 2014; vedi anche Trib. Milano
22.5.2014, Trib. Verona 9.4.2014, Trib. Brescia 16.1.2014).
Deve allora ritenersi che le disposizioni di cui agli artt. 644 c.p. e 1815 comma 2 c.c.
debbano essere riferite esclusivamente alle prestazioni di natura corrispettiva, in
quanto "​
le norme in questione sono insuscettibili di interpretazione analogica (non sfugge
come l'art. 644 c.p. operi, a tutti gli effetti, come norma penale in bianco, soggetta, come
tale, ai rigori esegetici del combinato disposto degli artt. 14 delle preleggi e 1 c.p.) e fanno
chiaro riferimento alle prestazioni di natura "corrispettiva" gravanti sul mutuatario (siano
esse interessi convenzionali, remunerazioni, commissioni o spese diverse da quelle legate ad
imposte e tasse), tali intendendosi in dottrina quelle legate alla fisiologica attuazione del
programma negoziale. Restano, così, escluse le prestazioni accidentali (e perciò meramente
eventuali (quand'anche predeterminate convenzionalmente nelle forme del saggio di mora
o, come pure potrebbe accadere, attraverso idonea clausola penale) sinallagmaticamente
riconducibili al futuro inadempimento e destinate, in quanto tali, ad assolvere, in chiave
punitiva (come è fatto chiaro, tra l'altro, dall'art. 1224 c.civ. proprio in tema di interessi di
mora, lì dove li introduce coattivamente, in misura pari al saggio legale, anche laddove
l'obbligazione pecuniaria originaria non li avesse previsti), alla diversa funzione di moral
suasion finalizzata alla compiuta realizzazione di quel "rite adimpletum contractum"
costituente, secondo i principi, l'interesse fondamentale protetto (art. 1455 c.civ.)​
" (Trib.
Verona 30 aprile 2004).
Deve altresì rilevarsi che la Banca d’Italia, chiamata a effettuare trimestralmente le
rilevazioni dei tassi effettivi globali medi ai fini dell’applicazione della L. 108/1996,
non comprende nel calcolo del TEG gli interessi di mora; questi, benché oggetto di
una separata valutazione da parte dello stesso organo, non sono assolutamente
considerati determinanti ai fini della formazione del valore soglia.
In proposito, si è rilevato che "​
la Banca d'Italia la quale, nelle proprie Istruzioni
destinate a rilevare il T.E.G.M. (tasso effettivo globale medio) ai fini dell'art. 2 della L.
108/1996, dispone espressamente quanto segue (così, ad es., la Comunicazione del 3.7.2013):
"4. I TEG medi rilevati dalla Banca d'Italia includono, oltre al tasso nominale, tutti gli
oneri connessi all'erogazione del credito.
Gli interessi di mora sono esclusi dal calcolo del TEG, perché non sono dovuti dal momento
dell'erogazione del credito ma solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del
cliente.
L'esclusione evita di considerare nella media operazioni con andamento anomalo. Infatti,
essendo gli interessi moratori più alti, per compensare la banca del mancato adempimento,
se inclusi nel TEG medio potrebbero determinare un eccessivo innalzamento delle soglie, in
danno della clientela. Tale impostazione è coerente con la disciplina comunitaria sul
credito al consumo che esclude dal calcolo del TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) le
somme pagate per l'inadempimento di un qualsiasi obbligo contrattuale, inclusi gli interessi
di mora​
" (così Trib. Verona 30 aprile 2004, cit.); ciò induce a ritenere che "​
se il
supremo organo di vigilanza svolge tale separata rilevazione, non vi è ragione logica per
sostenere l’additività dei due tassi da raffrontare ad un valore-soglia che, in realtà, non
ricomprende affatto i tassi di mora (il tasso soglia è individuato secondo un meccanismo di
calcolo a partire dal TEGM, che, come detto, non prende in considerazione i tassi di mora"​
(Trib. Roma 3.9.2014).
Deve dunque escludersi, in conformità alla giurisprudenza di merito assolutamente
prevalente (vedi, oltre alla pronunce di merito già richiamate, Trib. Treviso,
9.12.2014; Trib. Taranto, 17.10.2014; Trib. Udine, 26.9.2014; Trib. Napoli, 12.9.2014;
Trib. Sciacca, 13.8.2014), l'affermata cumulabilità dei tassi corrispettivi e moratori ai
fini dell'accertamento dell'eventuale superamento del tasso soglia.
Quanto all'asserito carattere anatocistico del piano di ammortamento c.d. ‘alla
francese’, che prevede il pagamento di rate periodiche composte da una quota di
capitale e una quota di interessi calcolata sul capitale residuo, in modo che, nel
progredire dell'ammortamento, la quota di capitale cresce progressivamente,
mentre quella per interessi è di entità via via sempre inferiore, deve ritenersi, anche
in questo caso in conformità alla giurisprudenza di merito pressoché unanime, ad
eccezione di alcune isolate pronunce, che detta modalità di ammortamento non
determini di per sé alcun effetto anatocistico, in quanto il mutautario corrisponde
interessi solo sulla porzione di rata scaduta relativa al capitale, e non anche sugli
interessi scaduti (vedi da ultimo Trib. Venezia, 27.11.2014, sent.; Trib. Modena,
11.11.2014, sent.; Trib. Siena, 17.7.2014, sent.; Trib. Milano 5.5.2014, sent.; Trib.
Mantova, 11.3.2014, sent.).
Le conclusioni del c.t.u. meritano dunque di essere recepite con la sola eccezione
della parte concernente l'asserita usurarietà degli interessi dei mutui ipotecari;
vanno pertanto richiamate in questa sede le motivazioni con le quali il perito
d'ufficio ha dato riposta alle osservazioni formulate dai c.t.p.; in particolare, deve
essere disattesa l'eccezione della difesa opponente, secondo la quale la clausola del
contratto n. 112627, che prevede l'identica capitalizzazione trimestrale per gli
interessi a debito e a credito, non sarebbe conforme all'art. 6 del CICR, difettando
l'indicazione del valore del tasso rapportato su base annua; ed invero, il contratto in
questione prevede in realtà la determinazione del tasso nominale annuo debitore
per conto senza fido e per utilizzi oltre fido nella misura del 14%.
Deve in ogni caso ritenersi che l'eventuale anatocismo illegittimo non potrebbe
essere considerato ai fini dell'accertamento dell'eventuale superamento del "tasso
soglia", come pretenderebbe parte opponente, in quanto le istruzioni della Banca
d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi non prevedono di tenere
conto della capitalizzazione degli interessi, sicché, in difetto di omogeneità di basi
comparabili, non appare consentito, anche alla stregua dei principi sopra richiamati,
il ricalcolo dell’anatocismo a tale fine.
In conclusione, dunque, il saldo debitore, indicato dalla banca alla data del 31.3.2011
in € 1.388.733,70, deve essere rideterminato (comprese le competenze del rapporto
anticipo export e del c/c 112644 che venivano regolati sul c/c n. 112627), in €
1.266.294,26 a debito della correntista. L'opposizione deve essere pertanto
parzialmente accolta, il decreto ingiuntivo revocato e gli opponenti XX e YY
condannati in solido al pagamento della minor somma rispetto a quella ingiunta di
€ 1.266.294,26, oltre interessi legali dalla data della notifica del decreto ingiuntivo
sino al saldo.
Quanto alla domanda riconvenzionale risarcitoria, deve ritenersi che la preliminare
eccezione di nullità dell'atto di citazione ​
ex​
artt. 164, 4° comma e 163, 3° comma, n. 4,
c.p.c. sollevata dall'opposta in relazione alla pretesa concernente i danni
asseritamente subiti da ​
‘​
Alphabetagamma’​
S.r.l. per effetto dell'arbitrario recesso dai
rapporti bancari in essere e per la ingiustificata e illegittima segnalazione alla
Centrale Allarme Interbancaria (CAI), in quanto fondata su considerazioni
generiche e di mero stile, palesemente infondate ed inconferenti, attenga in realtà
non tanto alla validità quanto alla fondatezza nel merito della domanda. In proposito, si è già detto circa la pretesa arbitrarietà del recesso operato dalla
banca; per quanto concerne poi la segnalazione alla centrale rischi, si osserva in
linea generale che con la recente sentenza n. 15609/2014 la Cassazione ha ribadito
che, in ipotesi di illegittima segnalazione del debitore alla centrale rischi, possono
essere risarciti sia il danno non patrimoniale alla persona, anche giuridica, con
riguardo ai valori della reputazione e dell'onore (essendo anche i soggetti collettivi
titolari dei diritti della personalità a tutela costituzionale ​
ex​
art. 2 Cost.), sia il danno
al patrimonio, che può essere oggetto della prova presuntiva, quale conseguenza per
l'imprenditore di un peggioramento della sua affidabilità commerciale, essenziale
anche per l'ottenimento e la conservazione dei finanziamenti, con lesione del diritto
ad operare sul mercato secondo le regole della libera concorrenza; in particolare,
anche nei confronti dell'ente collettivo è configurabile la risarcibilità del danno non
patrimoniale, intesa come qualsiasi conseguenza pregiudizievole di un illecito che,
non prestandosi ad una valutazione monetaria basata su criteri di mercato, non
possa essere oggetto di risarcimento ma di riparazione: allorquando, cioè, il fatto
lesivo incida su di una situazione giuridica dell'ente che sia equivalente ai diritti
fondamentali della persona umana garantiti dalla costituzione.
Affermata dunque la ipotetica risarcibilità, deve tuttavia osservarsi che nel caso di
specie i pretesi danni derivanti dall'indebita segnalazione non soltanto non sono
stati neppure allegati e descritti, ma, soprattutto, sembrano essere riferibili, sia pure
nella estrema genericità della loro prospettazione, alla sola ​
‘​
Alphabetagamma’​
S.r.l.
(non più costituitasi nel presente giudizio in seguito all'intervenuto fallimento),
essendo stato segnalato unicamente il nominativo di quest'ultima, e non ai
fideiussori XX e YY. Gli odierni opponenti appaiono pertanto addirittura sforniti di legittimazione attiva
in ordine alla pretesa risarcitoria in questione; in ogni caso, l'esistenza di eventuali
danni a loro carico risulta del tutto indimostrata.
La domanda riconvenzionale deve essere perciò respinta, con assorbimento di ogni
ulteriore questione.
In considerazione della soccombenza prevalente, le spese di lite, liquidate in
dispositivo, vanno compensate per un quarto e poste per i restanti tre quarti a
carico degli opponenti.
Le spese di c.t.u., come liquidate in corso di causa, vanno poste per due terzi a carico
degli opponenti e per un terzo a carico della banca.
P.Q.M.
Il Tribunale di Bologna in composizione monocratica, definitivamente
nell'opposizione a decreto ingiuntivo proposta con atto di citazione in data 9.4.2011
da ​
‘​
Alphabetagamma’​
- (​
omissis​
) S.r.l., XX ed YY nei confronti di Emil Banca
Credito Cooperativo - Società Cooperativa e riassunta da XX e YY, in parziale
accoglimento dell'opposizione, revoca il decreto ingiuntivo n. 903/2011, emesso dal
Tribunale di Bologna in data 10-19.2.2011, e condanna XX ed YY al pagamento in
solido a favore di Emil Banca Credito Cooperativo - Società Cooperativa della
minor somma, rispetto a quella ingiunta, di € 1.266.294,26, oltre interessi legali dalla
data della notifica del decreto ingiuntivo sino al saldo. Rigetta ogni altra domanda proposta dagli opponenti e li condanna in solido a
rifondere all'opposta tre quarti delle spese di lite — che liquida per l'intero in €
20.000,00 per onorari di avvocato, oltre IVA e CPA — compensando tra le parti il
restante quarto.
Pone le spese di c.t.u., come liquidate in corso di causa, per due terzi a carico degli
opponenti e per un terzo a carico della banca.
Così deciso in Bologna il 31.1.2015
Il Giudice
Manuela Velotti