Teoria del colore

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Teoria del colore
RICERCA SCIENTIFICA E PERCEZIONE DEL COLORE
Molti uomini di scienza e di cultura, negli ultimi secoli, hanno cercato di spiegare la
percezione del colore. Già Leonardo (1452-1519), nel Rinascimento, intuì che
l’apparato visivo doveva essere l’artefice di questa percezione. In seguito, Descartes
(Cartesio 1596-1650) scrisse che la ricostruzione dell’immagine doveva avvenire nel
nostro cervello.
Al contrario di ciò che pensava Newton (1642-1727), cioè che la luce fosse formata da
un fascio di corpuscoli che si muovevano ad altissima velocità, all’inizio del
milleottocento, il medico inglese Thomas Young (1773-1829), sulla base di alcuni
esperimenti, formulò la teoria ondulatoria che dimostra che la luce si diffonde con
un’onda che oscilla ad altissima frequenza. Lo scienziato concentrò la propria
attenzione sulla percezione dei colori e non sulle proprietà della luce. I suoi studi
furono orientati verso la conformazione della retina dell’occhio umano: in essa
esistono terminazioni nervose, i fotorecettori, sensibili alla luce, collegati al nostro
cervello, luogo in cui si “materializzano” le immagini. L’occhio umano è in grado di
percepire alcune centinaia di sfumature di colore. Young pensò che i recettori non
potessero essere così numerosi su una superficie tanto esigua quanto quella della
retina. Ipotizzò che fossero solo di tre tipi, uno per ogni colore primario della luce, che
aveva stabilito essere il verde, il rosso, il violetto. Le sue ipotesi furono confermate, in
seguito, dalla dimostrazione della presenza sulla retina di due tipi di cellule nervose o
fotorecettori: i coni e i bastoncelli. I tre tipi di coni, soprattutto diffusi nella parte
centrale della retina, hanno un ruolo importante nella visione diurna e rendono
possibile la percezione dei colori attraverso azioni combinate. I bastoncelli giocano un
ruolo importante quando le condizioni di luce sono scarse, come al crepuscolo o di
notte; essi sono localizzati prevalentemente nelle zone periferiche e, essendo ciechi ai
colori, producono una sensazione di tinta indefinibile, grigio-verdastra, tanto più
livida quanto maggiore è l’oscurità. Il fisico tedesco Hermann Von Helmholtz (18211894), nel suo libro “Ottica fisiologica” (1866), introdusse le tre caratteristiche del
colore, tuttora valide: tono o tinta, saturazione, luminosità.
Diagramma
dei
colori di Hermann
Von Helmholtz 
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Tono o tinta – definisce il colore secondo il nome con cui lo conosciamo.
Saturazione – definisce il grado di purezza del colore.
Luminosità – definisce quanto il colore è chiaro o scuro.
Egli dimostrò inoltre che la miscela dei colori spettrali funziona secondo principi
diversi dai miscugli di colore realizzati con i pigmenti usati in pittura.
I colori primari dello spettro luminoso sono il verde, il rosso e il violetto.
I colori primari dei pigmenti sono il giallo, il rosso e il blu.
LUCE E COLORE
Nell’ottica, il giallo è un colore secondario e si forma dalla miscela della radiazione
rossa con quella verde.
A seguito delle scoperte di Young, Von Helmholtz dimostrò che, in ottica, si poteva
ottenere il bianco attraverso una miscela calibrata delle tre radiazioni: verde, rossa e
violetta (sintesi additiva).
Quando un corpo opaco (non trasparente) assorbe tutti i colori contenuti nella luce,
l’oggetto ci appare nero; se invece riflette tutti i colori dello spettro, allora ci appare
bianco. I colori che il nostro occhio percepisce sono quelli non assorbiti e quindi
riflessi dal corpo. Il rosso della fragola risponde a un colore non assorbito dal frutto.
Isaac Newton fu il primo che si accorse che la luce, pur essendo priva di colore, li
conteneva tutti. Nel 1672 fece penetrare in una camera oscura un raggio di luce, il
quale, colpendo un prisma di cristallo, produsse dalla parte opposta un ventaglio di
colori, gli stessi dell’arcobaleno (fig. 1). Newton suddivise così la luce in sette colori:
rosso, arancio, giallo, verde, blu, indaco, violetto (spettro solare). Egli pensò di
distinguere l’indaco tra l’azzurro e il violetto, forse influenzato dalla convinzione
dell’epoca che la natura si esprimesse attraverso il numero sette, considerato un
numero perfetto.
Fig. 1. Dispersione della luce bianca
da parte di un prisma.
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I raggi dei diversi colori sono deviati in maniera maggiore o minore secondo la loro
lunghezza d’onda, sia all’entrata sia all’uscita del prisma di vetro: il rosso devia molto
meno del violetto, mentre gli altri colori hanno un comportamento intermedio.
 I sei colori principali dello spettro dell’iride, suddivisi in tonalità intermedie. A destra è mostrata
la loro luminosità per l’occhio umano, espressa in percentuale del suo valore massimo che si ha a
555 nanometri.
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Il fisico scozzese James Clerk Maxwell (1831-1879) dimostrò che la luce è un’onda
elettromagnetica le cui frequenze di oscillazione sono molto alte; inoltre osservò che i
vari colori dello spettro corrispondono a differenti frequenze di oscillazione. Grazie
alla costruzione di alcune macchine ottiche, come i cerchi rotanti, in cui erano fissate
delle sagome di carta colorata di varia larghezza, Maxwell riuscì a miscelare i colori
primari per ottenere le diverse sfumature dello spettro.
Sia i diagrammi di Von Helmholtz che quelli di
Maxwell dimostrarono che, per ottenere il bianco, non
erano necessarie le stesse quantità di radiazione
luminosa verde, rossa, violetta. Gli studi dei due
scienziati costituirono la base della colorimetria
moderna.
Questi studi sulla luce e sulla percezione del colore
indirizzarono molti scienziati e artisti a interessarsi,
tra la fine dell’ottocento e la metà del novecento, alla
visione e alla classificazione dei colori ottenute con
miscele di pigmenti.
Cerchio rotante di Maxwell.

SINTESI ADDITIVA E SOTTRATTIVA
Le radiazioni luminose di varia lunghezza d’onda dipingono tutto l’universo con i loro
colori primari, rosso, verde e violetto.
La somma di queste radiazioni dà
colorazioni sempre più luminose fino a
raggiungere il bianco: questo fenomeno
si chiama sintesi additiva.
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Sintesi additiva (luce).
Diverso, anzi opposto, è il comportamento dei colori primari dei pigmenti, giallo,
rosso e blu; questi, mischiati tra loro, in teoria dovrebbero dare il nero (sintesi
sottrattiva).
Nella pratica producono un grigio scuro
(tinta neutra). Questo avviene poiché i
colori non sono mai saturi e puri; la
stampa, ad esempio, utilizza la
quadricromia aggiungendo ai primari il
nero.

Sintesi sottrattiva (pigmento).
COLORI PRIMARI E SECONDARI NEI PIGMENTI
I colori primari sono il giallo, il rosso e il blu; essi sono la base con la quale si
ottengono tutti gli altri. Mischiandoli tra loro si forma la tinta neutra (grigio scuro, in
teoria nero).
I colori secondari sono ottenuti unendo due a due i colori primari:
giallo + rosso

arancione
giallo + blu

verde
rosso

viola
+ blu
COLORI COMPLEMENTARI
Due colori sono complementari quando, insieme, contengono i tre colori primari. Se
prendiamo in esame il giallo, allora diremo che il suo complementare è il colore
secondario formato dagli altri due primari, il rosso e il blu.
giallo

complementare

viola

rosso

complementare

verde
blu

complementare

arancione
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Approfondiamo l’argomento relativo alla complementarietà dei colori, visualizzandola
sul cerchio di Itten, che ci mostra come ogni colore abbia il proprio complementare
esattamente dalla parte opposta (Fig. 2).
Tracciamo una diagonale che dal verde
chiaro, passando per il centro, giunga al rosso
violaceo. Il primo di questi colori è formato
da una forte quantità di giallo e un po’ di blu,
il secondo da molto rosso e poco blu; come si
può vedere contengono tutti e tre i colori
primari. Un’osservazione che possiamo fare
sui colori contrapposti sul cerchio cromatico,
e quindi sui complementari, è che sono
formati da un colore caldo e uno freddo.
Fig. 2.

CONTRASTI SIMULTANEI E CONSECUTIVI
L’apparente differenza di luminosità si evidenzia in funzione dello sfondo: un oggetto
appare più luminoso se lo sfondo è nero anziché bianco e un colore sembra più
luminoso se accostato a un altro a esso complementare. Questo effetto si chiama
contrasto simultaneo o spaziale.
Contrasto
simultaneo di luminosità:
l’anello appare più luminoso sulla
superficie nera.
Questa regola naturale è molto
importante, sia in disegno sia in
pittura, poiché aiuta a dare rilievo
alle figure e ad accentuare la
profondità.
Il contrasto consecutivo o temporale invece è un effetto legato all’affaticamento dei
fotorecettori visivi. Le conseguenze di questo effetto sulle immagini in bianco e nero
possono essere qui osservate e sperimentate (fig. 3)
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Fig. 3. Contrasto consecutivo o temporale. Fissare per circa trenta secondi il punto posto nel centro
della figura di sinistra, poi spostare lo sguardo sul punto di destra: si vedrà l’immagine precedente a
colori invertiti con un alone bianco molto luminoso (questo effetto è legato all’affaticamento dei
fotorecettori visivi). 
Per quanto riguarda il colore, le cose apparentemente cambiano, poiché
l’affaticamento dei recettori rende evidente, al posto delle tinte osservate, il loro
colore complementare. Per ottenere questo effetto è importante avere come fondo un
colore neutro come il grigio (fig. 4).
Fig. 4.  Contrasto consecutivo di colore. Fissare per circa trenta secondi la crocetta di sinistra
posta tra i colori, poi spostare lo sguardo su quella di destra. L’immagine che comparirà sarà uguale
alla precedente, ma con i colori sostituiti dai rispettivi complementari (anche quest’effetto è legato
all’affaticamento dei fotorecettori visivi).
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