Teoria delle Curve Algebriche Piane

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Transcript Teoria delle Curve Algebriche Piane

Note di
Teoria delle Curve Algebriche Piane
a cura di Antonio Cigliola
Curve algebriche piane
Nella prima parte del corso di Geometria sono state studiate alcune classi notevoli
di curve piane: le rette e le coniche. In questo capitolo vedremo come è possibile
disegnare il grafico e studiare le proprietà di curve associate a polinomi in due variabili
di qualsiasi grado.
1
Polinomi
Cominciamo col richiamare alcuni fatti riguardanti i polinomi.
Si definisce monomio nelle indeterminate x ed y a coefficienti reali un’espressione
del tipo
a xm y n ,
dove a ∈ R ed m, n ∈ N e sono eventualmente uguali a zero. Diremo che a è il
coefficiente numerico e che xm y n è la parte letterale. Se a 6= 0, si definisce grado del
monomio axm y n il numero m + n, la somma dei gradi rispetto ad x ed y considerati
separatamente. Il grado del monomio nullo non è definito.
Esempio 1.1. I numeri reali sono dei monomi di grado zero che chiameremo monomi
√
costanti. Altri esempi di monomi sono 2x2 y 3 e 3x2 , il primo di grado 5 il secondo
di grado due. Non sono monomi invece 2|x| e
2y
.
x
Si definisce polinomio nelle indeterminate x ed y a coefficienti reali una somma
finita di monomi in x ed y a coefficienti reali, ovvero un’espressione del tipo
p(x, y) = a + bx + cy + dxy + ex2 + · · · + f xm y n ,
dove a, b, . . . , f ∈ R ed m, n ∈ N. Si definisce grado di un polinomio non nullo il
grado massimo dei suoi monomi.
Esempio 1.2. Il polinomio 3x2 − 5 + 2y 3 − 21 xy 2 ha grado tre.
2
Definizione 1.3. Indicheremo con il simbolo R[x, y] l’insieme di tutti i polinomi a
coefficienti reali nelle indeterminate x ed y. Indicheremo col simbolo deg p(x, y) il
grado di un polinomio p(x, y).
Esempio 1.4.
(i) Preso c ∈ R, il polinomio p(x, y) = c è detto polinomio costante
di valore c. Il suo grado è 0 se c 6= 0. Se invece c = 0, il grado non è definito.
I polinomi non costanti (cioè quelli in cui compare almeno una indeterminata)
sono detti polinomi di grado positivo.
(ii) I polinomi lineari o di primo grado sono del tipo
p(x, y) = ax + by + c,
con (a, b) 6= (0, 0).
(iii) I polinomi quadratici o di secondo grado sono del tipo
p(x, y) = ax2 + by 2 + cxy + dx + ey + f,
con (a, b, c) 6= (0, 0, 0).
Usando le ben note regole dell’algebra elementare, si dimostra che la somma, la
differenza ed il prodotto tra polinomi sono ancora dei polinomi. Questa proprietà si
riassume dicendo che R[x, y] è un anello commutativo unitario.
Come per i numeri reali anche per i polinomi vale la legge di annullamento del
prodotto. Ne omettiamo la dimostrazione lasciandola per esercizio.
Proposizione 1.5 (Legge di annullamento del prodotto dei polinomi). Siano dati
p(x, y), q(x, y) ∈ R[x, y]. Allora
p(x, y) · q(x, y) = 0
⇔
p(x, y) = 0 ∨ q(x, y) = 0.
La seguente proposizione è di facile dimostrazione e discende immediatamente
dalla legge di annullamento del prodotto.
Proposizione 1.6 (Formula del grado). Siano dati p(x, y), q(x, y) ∈ R[x, y]. Suppo-
niamo che p(x, y) + q(x, y) 6= 0 e che p(x, y) · q(x, y) 6= 0. Allora
deg(p(x, y) + q(x, y)) 6 max { deg p(x, y), deg q(x, y) }
e
deg(p(x, y) · q(x, y)) = deg p(x, y) + deg q(x, y).
3
Si provi a dimostrare questo risultato per esercizio. Ad ultimo ricordiamo che
anche per i polinomi di due variabili vale il fondamentale principio di identità dei
polinomi: due polinomi sono uguali se e solo se hanno lo stesso grado ed hanno
ordinatamente uguali i coefficienti dei monomi con la stessa parte letterale.
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Rette e coniche nel piano
Nei corsi di Geometria Analitica si è visto che ad un polinomio lineare a coefficienti
reali p(x, y) = ax + by + c è possibile associare il luogo di annullamento o grafico di
p(x, y). Questo è il sottoinsieme del piano cartesiano R2 definito come
Gp =
(x, y) ∈ R2 ax + by + c = 0 .
È ben noto che l’insieme Gp è una retta. Vale anche il viceversa: ad ogni retta del
piano è possibile associare un polinomio lineare tale che la retta sia il suo luogo di
annullamento.
In maniera analoga, ad ogni polinomio quadratico q(x, y) = ax2 + by 2 + cxy + dx +
ey + f si associa il suo grafico Gq definito come:
Gq =
(x, y) ∈ R2 ax2 + by 2 + cxy + dx + ey + f = 0 .
Il grafico che si ottiene è una conica. Il caso dei polinomi di grado due è ben più
complesso del caso lineare. Come si è studiato a suo tempo, si presentano nove casi
a seconda del rango della conica e del determinante della forma quadratica ad essa
associata.
2.1
Classificazione delle coniche piane
• Coniche non degeneri o di rango tre:
I) la parabola, ad esempio y − x2 = 0
II) l’ellissi ad esempio x2 + 2y 2 − 1 = 0
4
III) l’iperbole ad esempio xy − 1 = 0
IV) l’insieme vuoto ad esempio x2 + y 2 + 1 = 0
• Coniche semplicemente degeneri o di rango due:
V) l’ellisse degenere che ha per grafico un punto come ad esempio p(x, y) = (x − x0 )2 +
(y−y0 )2 che definisce il solo punto P (x0 , y0)
VI) l’iperbole degenere che ha per grafico l’unione di due rette incidenti e distinte come
ad esempio x2 − y 2 = 0
VII) la coppia di rette parallele e distinte come
ad esempio (x + y)(x + y + 1) = 0
VIII) l’insieme vuoto definito ad esempio da x2 + 1 = 0.
• Conica doppiamente degenere o di rango uno:
IX) la coppia di rette parallele e coincidenti
come ad esempio (x + y)2 = 0
Si dimostra che ogni polinomio quadratico di R[x, y] ha un grafico nel piano come
uno degli otto tipi elencati sopra (contiamo l’insieme vuoto una sola volta).
3
Curve algebriche piane
Più in generale, si può associare ad ogni polinomio di R[x, y] il suo grafico nel piano
reale definito come il suo luogo di annullamento.
Definizione 3.1. Sia dato p(x, y) ∈ R[x, y]. Si definisce grafico di p(x, y) l’insieme:
Gp =
(x, y) ∈ R2 p(x, y) = 0 .
5
Questo è l’insieme dei punti del piano le cui coordinate verificano l’equazione
p(x, y) = 0. Per tale motivo Gp è anche detto luogo di annullamento di p(x, y).
Seguendo una terminologia più classica, diremo anche che C ⊆ R2 è una curva
algebrica piana se esiste un polinomio p(x, y) ∈ R[x, y] tale che C = Gp e scriveremo
C :
p(x, y) = 0.
Se n è il grado del polinomio p(x, y), diremo che la curva C ha grado o ordine n. Le
curve di grado uno sono le rette, quelle di grado due le coniche, quelle di grado tre
sono dette cubiche, quelle di grado quattro quartiche e cosı̀ via.
Esempio 3.2.
(i) È istruttivo dire che l’intero piano R2 è una curva algebrica
piana. Esso è banalmente definito come grafico del polinomio nullo p(x, y) = 0.
Diremo che l’intero piano R2 è una curva algebrica banale.
(ii) L’insieme vuoto oltre che da una conica degenere può essere definito da un
qualsiasi polinomio costante non nullo. Ad esempio il luogo di annullamento di
p(x, y) = 2 è l’insieme vuoto.
È istruttivo osservare che non tutte le curve algebriche piane sono grafico di una
funzione continua f : R → R. La circonferenza ne è un chiaro esempio: in realtà essa
non può essere grafico di alcuna funzione. In quello che segue svilupperemo una teoria
simile a quella studiata in Analisi Matematica per imparare a tracciare il grafico di
curve algebriche anche quando non si possono usare gli strumenti tipici dell’Analisi.
Abbiamo visto sopra che è possibile operare con i polinomi sommandoli e moltiplicandoli. Corrispondentemente, è possibile anche operare con le curve algebriche
unendole ed intersecandole, come si fa tra insiemi. Vale il seguente fondamentale
risultato.
Teorema 3.3. L’unione e l’intersezione di curve piane sono curve piane. In particolare, date due curve piane C1 : p1 (x, y) = 0 e C2 : p2 (x, y) = 0, si ha
C1 ∪ C2 :
e
C1 ∩ C2 :
p1 (x, y) · p2 (x, y) = 0


p1 (x, y) = 0

p2 (x, y) = 0.
6
Dimostrazione. La prima affermazione si giustifica grazie alla legge di annullamento
del prodotto. Per la seconda ragioniamo come segue. Consideriamo il polinomio
p(x, y) = [p1 (x, y)]2 + [p2 (x, y)]2 . Poiché lavoriamo con numeri reali, è chiaro che vale
l’equivalenza
[p1 (x, y)]2 + [p2 (x, y)]2 = 0
⇔


p1 (x, y) = 0

p2 (x, y) = 0.
Poiché le soluzioni di un sistema di equazioni sono le soluzioni comuni a tutte le
equazioni che lo compongono, abbiamo che tali soluzioni comuni a loro volta rappresentano i punti comuni alle curve che vengono intersecate tra loro. Ne segue che
l’intersezione tra C1 e C2 è una curva ed è definita da p(x, y).
Esempio 3.4.
QED
(i) L’intersezione di rette nel piano può essere una retta (se le rette
coincidono), un punto (se le rette sono incidenti e distinte) oppure l’insieme
vuoto (se le rette sono parallele e distinte).
(ii) L’unione dei punti A(1, −2) e B(0, 1) è la curva definita dal polinomio
p(x, y) = (x − 1)2 + (y + 2)2 · x2 + (y − 1)2 .
(iii) La conica C : p(x, y) = x2 − y 2 è semplicemente degenere ed è l’unione di due
rette incidenti e distinte. Infatti p(x, y) = x2 − y 2 = (x + y)(x − y). Pertanto
C è l’unione delle due rette r1 : x + y = 0 ed r2 : x − y = 0.
(iv) La conica doppiamente degenere y 2 = 0 è l’unione di due rette coincidenti con
l’asse x. Diremo che tale conica è l’asse x contato due volte.
4
Teoria della riduzione
In questo paragrafo vedremo come è possibile ridursi allo studio di una classe di
curve piane speciali, le curve irriducibili, poiché ogni curva piana è unione di curve
irriducibili. Dobbiamo prima fare dei richiami sui polinomi.
Definizione 4.1. Sia p(x, y) ∈ R[x, y] un polinomio non costante. Diremo che p(x, y)
è irriducibile se non può essere scritto come prodotto di polinomi di grado positivo.
In caso contrario diremo che p(x, y) è riducibile.
7
Esempio 4.2.
(i) Il polinomio p(x, y) = xy + y 2 è riducibile. Infatti si può scrivere
p(x, y) = y(x + y).
(ii) Il polinomio q(x, y) = x + 2 è irriducibile poiché ha grado uno e non può essere
scritto come prodotto di polinomi di grado positivo. Più in generale, per le
formule del grado viste nella Proposizione 1.6, ogni polinomio di primo grado è
irriducibile.
Si osservi che non ha senso chiedersi se i polinomi costanti siano riducibili o meno,
li escludiamo per definizione.
I polinomi irriducibili, come spiegheremo meglio tra poco, giocano il ruolo dei
numeri primi nella teoria dei polinomi. Infatti abbiamo il seguente fondamentale
risultato che si riassume dicendo che R[x, y] è un dominio a fattorizzazione unica.
Teorema 4.3 (Fattorizzazione unica). Ogni polinomio non costante di R[x, y] si
scrive come prodotto di polinomi irriducibili in maniera essenzialmente unica.
Esempio 4.4.
(i) Vogliamo provare che il polinomio p(x, y) = y 2 +x3 è irriducibile.
Il modo più conveniente è procedere come segue. La variabile x va trattata come
fosse una costante ed il polinomio p(x, y) va visto come nella sola indeterminata
y a coefficienti polinomiali in R[x]. Supponiamo di avere la fattorizzazione
p(x, y) = (y + f (x))(y + g(x)). Deve allora essere
y 2 + (f (x) + g(x))y + f (x)g(x) = y 2 + x3 .
Per il principio di identità dei polinomi deve essere f (x)+g(x) = 0 e f (x)g(x) =
x3 . Combinando le due condizioni trovate, otteniamo −[f (x)]2 = x3 . Dalla for-
mula del grado segue che deg[f (x)]2 = 2 deg f (x) = deg(x3 ) = 3. Quest’ultima
condizione è assurda poiché il grado di f (x) è un numero naturale. Non aven-
do senso una fattorizzazione come quella che abbiamo ipotizzato, il polinomio
p(x, y) è irriducibile.
(ii) Vogliamo ora fattorizzare il polinomio p(x, y) = 2x3 + x2 y − x2 + 4xy + 2y 2 − 2y.
Conviene pensare a questo come ad un polinomio nella sola variabile y. Si
ottiene:
p(x, y) = 2y 2 + (x2 + 4x − 2)y + 2x3 − x2 .
Supponiamo di avere p(x, y) = (f y + g)(ay + b), dove per comodità di scrittura supponiamo che f, g, a, b siano polinomi nella sola indeterminata x. Dal
8
principio di identità dei polinomi si deve avere
fa = 2
f b + ga = x2 + 4x − 2
gb = 2x3 − x2 .
Dalla prima condizione segue ad esempio che f = 2 ed a = 1. Una possibile
fattorizzazione di 2x3 − x2 come prodotto di due fattori è ad esempio g = x2
e b = 2x − 1. Poiché questa posizione verifica anche la seconda condizione
f b + ga = x2 + 4x − 2, abbiamo trovato una fattorizzazione di p(x, y):
p(x, y) = (2y + x2 )(y + 2x − 1).
I due fattori trovati sono irriducibili come si può facilmente verificare.
Vogliamo dimostrare proprietà di decomposizione analoghe per le curve. Ci serve
mettere a punto un importante risultato preliminare.
Lemma 4.5. Siano C : p(x, y) = 0 e D : q(x, y) = 0 due curve. Si supponga
che p(x, y) sia un divisore di q(x, y), ovvero che q(x, y) = p(x, y)h(x, y), per qualche
h(x, y) ∈ R[x, y]. Allora la curva C è contenuta nella curva D.
Dimostrazione. Sia P (x0 , y0) un punto della curva C . Per definizione le coordinate
di P sono soluzione dell’equazione p(x, y) = 0: si deve avere p(x0 , y0 ) = 0. Si verifica
facilmente che P appartiene anche alla curva D. Infatti abbiamo che q(x0 , y0 ) =
p(x0 , y0)h(x0 , y0 ) = 0. Dall’arbitrarietà del punto P scelto segue la tesi.
QED
Esempio 4.6. Supponiamo di avere la retta r : x + y + 1 = 0 e la conica C :
x2 − y 2 + x − y = 0. Risulta che il polinomio x + y + 1 è un divisore del polinomio
x2 − y 2 + x − y. Pertanto la conica C è degenere e contiene la retta r.
Introduciamo ora le curve irriducibili.
Definizione 4.7. Una curva non banale C : p(x, y) = 0 è detta irriducibile se il
polinomio p(x, y) è irriducibile. È detta riducibile in caso contrario.
Esempio 4.8.
(i) Le rette sono curve irriducibili di grado uno.
(ii) Le coniche irriducibili sono l’ellisse, il punto, l’iperbole e la parabola. In particolare, le coniche di rango tre sono irriducibili.
(iii) L’unione di due rette è una conica riducibile.
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Dal teorema di fattorizzazione unica dei polinomi segue l’analogo risultato per le
curve algebriche.
Teorema 4.9. Ogni curva piana è unione di curve irriducibili.
Dimostrazione. Sia C : p(x, y) = 0 una curva piana. Poiché p(x, y) si fattorizza come
prodotto di polinomi irriducibili, corrispondentemente, per la legge di annullamento
del prodotto, C è unione delle curve irriducibili associate ai fattori di p(x, y). QED
Definizione 4.10. Chiameremo componenti irriducibili di una curva C le curve
irriducibili di cui C è unione.
Esempio 4.11.
(i) La curva C : 2x3 + x2 y − x2 + 4xy + 2y 2 − 2y = 0 è una curva
riducibile unione di una conica e di una retta (si veda l’Esempio 4.4).
(ii) Le coniche riducibili hanno come componenti irriducibili le rette di cui sono
unione (eventualmente la stessa contata due volte).
5
Il teorema di Bézout
Vogliamo ora presentare un importantissimo risultato per la teoria delle curve piane, il
teorema di Bézout, che permette di dare una stima del numero dei punti di intersezione
tra due curve. Dimostreremo la versione in cui una delle due curve è una retta, ci
limiteremo solo ad enunciare il caso generale.
Teorema 5.1. Siano C una curva irriducibile di grado n ed r una retta diversa da
C . Allora r e C hanno al più n punti in comune.
Dimostrazione. Supponiamo che la retta abbia equazioni parametriche


x = x0 + lt
r:

y = y0 + mt
e che C sia definita dal polinomio p(x, y). Allora i punti di intersezione tra r e C
sono dati dai valori di t per cui
p(x0 + lt, y0 + mt) = 0.
Siccome r non è contenuta in C , quello che si ottiene è un polinomio non nullo di
grado al più n nella variabile t. Esso ha al più n radici reali. Pertanto r e C non
hanno più di n punti di intersezione.
QED
10
Esempio 5.2.
(i) È ben noto che due rette distinte hanno al più un punto in
comune.
(ii) Una retta ed una conica irriducibile (ellisse, parabola o iperbole) si intersecano
in al più due punti. Se la retta è secante si hanno esattamente due punti. Se la
retta è tangente si ha un solo punto. La retta si dice esterna se non ha alcuna
intersezione con la conica.
Veniamo ora al caso più generale del quale non daremo una dimostrazione.
Teorema 5.3 (Bézout). Siano C e D due curve algebriche irriducibili e distinte di
gradi m ed n rispettivamente. Allora C e D hanno al più mn punti comuni.
Facciamo qualche esempio.
Esempio 5.4.
(i) Due coniche irriducibili si intersecano in al più quattro punti.
(ii) Una cubica ed una conica irriducibili hanno al più sei punti in comune. Ad
esempio, in figura sono rappresentate la cubica di equazione y = 2x3 − 2x e
l’ellisse definita dall’equazione 2x2 + 3y 2 = 4 che si intersecano in quattro punti.
11
È chiaro che il Teorema 5.1 discende più facilmente dal Teorema di Bézout.
Osservazione 5.5. Nel teorema di Bézout è fondamentale l’ipotesi che si lavori con
curve algebriche. Ad esempio, se si considera la curva sinusoide S : y − sin x = 0
(che è il grafico della funzione trascendente sin : R → R), si trova che S ha infinite
intersezioni con l’asse x: tutti i punti di tipo (kπ, 0), con k ∈ Z.
6
Derivate parziali
Introduciamo in questo paragrafo un utile strumento per le successive investigazioni.
Definizione 6.1. Sia p(x, y) ∈ R[x, y]. Chiameremo derivata parziale (prima) di
∂p
(x, y), il polinomio che si ottiene derivando
p(x, y) fatta rispetto ad x, indicata con
∂x
p(x, y) rispetto alla variabile x e pensando ad y come fosse una costante. Simmetricamente, definiamo la derivata parziale (prima) di p(x, y) fatta rispetto ad y, indicata
∂p
(x, y), il polinomio che si ottiene derivando p(x, y) rispetto alla variabile y e
con
∂y
pensando ad x come fosse una costante.
Facciamo qualche esempio.
Esempio 6.2.
(i) Le derivate parziali di un polinomio costante sono entrambe
nulle.
(ii) Dato p(x, y) = 3x2 y − 2xy 3 + xy − 2, si ha
3x2 − 6xy 2 + x.
∂p
(x, y)
∂x
= 6xy − 2y 3 + y e
(iii) Dato il monomio p(x, y) = axm y n , con m, n > 1, otteniamo che
amxm−1 y n e
∂p
(x, y)
∂y
∂p
(x, y)
∂y
=
∂p
(x, y)
∂x
=
= anxm y n−1.
Le derivate parziali godono delle stesse proprietà note per le derivate delle funzioni reali di variabile reale. Non dimostreremo il seguente risultato utilissimo nelle
applicazioni pratiche.
Proposizione 6.3 (Leibnitz). Siano p(x, y), q(x, y) ∈ R[x, y] e λ ∈ R. Allora:
(i)
(ii)
∂(λp)
∂p
(x, y) = λ (x, y);
∂x
∂x
∂p
∂q
∂(p + q)
(x, y) =
(x, y) +
(x, y);
∂x
∂x
∂x
12
(iii)
∂p
∂q
∂(pq)
(x, y) = q(x, y) (x, y) + p(x, y) (x, y).
∂x
∂x
∂x
Similmente per le derivate parziali rispetto ad y.
Definizione 6.4. Dato un polinomio p(x, y) ∈ R[x, y] definiamo il gradiente di
p(x, y), che indicheremo con ∇p(x, y), il vettore riga che ha per entrate le due derivate
parziali di p(x, y). In simboli otteniamo:
∂p
∂p
∇p(x, y) =
(x, y),
(x, y) .
∂x
∂y
Esempio 6.5. Dato p(x, y) = 3x2 y − 2xy 3 + xy − 2, si ha
∇p(x, y) = 6xy − 2y 3 + y, 3x2 − 6xy 2 + x .
Come per le funzioni, anche per i polinomi di più variabili è possibile calcolare le
derivate parziali di ordine superiore al primo.
Definizione 6.6. Sia p(x, y) ∈ R[x, y]. Definiamo la derivata parziale seconda di
∂2p
p(x, y) fatta due volte rispetto ad x, che indichiamo con 2 (x, y) la derivata parziale
∂x
∂p
di
(x, y) fatta rispetto ad x. Definiamo la derivata parziale seconda di p(x, y) fatta
∂x
∂p
∂2p
(x, y) la derivata parziale di
(x, y)
due volte rispetto ad y, che indichiamo con
2
∂y
∂y
fatta rispetto ad y. Definiamo la derivata parziale seconda mista di p(x, y) fatta
∂2p
prima rispetto ad x e poi rispetto ad y, che indichiamo con
(x, y) la derivata
∂y∂x
∂p
(x, y) fatta rispetto ad y. Definiamo la derivata parziale seconda mista
parziale di
∂x
∂2p
di p(x, y) fatta prima rispetto ad y e poi rispetto ad x, che indichiamo con
(x, y)
∂x∂y
∂p
(x, y) fatta rispetto ad x.
la derivata parziale di
∂y
Esempio 6.7. Dato il polinomio p(x, y) = 3x2 y − 2xy 3 + xy − 2, si ha
∂2p
(x, y) = 6y,
∂x2
∂2p
∂2p
∂2p
2
(x,
y)
=
−12xy,
(x,
y)
=
6x
−
6y
+
1
ed
infine
(x, y) = 6x − 6y 2 + 1.
2
∂y
∂y∂x
∂x∂y
Non è un caso che nell’esempio precedente le derivate miste siano venute uguali.
Vale infatti il seguente notevole risultato.
Teorema 6.8 (Schwarz). Sia p(x, y) ∈ R[x, y]. Allora
13
∂2p
∂2p
(x, y) =
(x, y).
∂x∂y
∂y∂x
Dimostrazione. Poiché le derivate sono lineari, basta dimostrare la tesi per i monomi.
La tesi è banalmente vera per i polinomi costanti. Sia dato p(x, y) = axm y n , con
∂p
∂p
(x, y) = amxm−1 y n e
(x, y) = anxm y n−1 . Inoltre
m, n > 1. Allora abbiamo
∂x
∂y
∂2p
∂2p
(x, y) = a m n xm−1 y n−1 che coincide con
(x, y).
QED
∂x∂y
∂y∂x
7
Curve lisce
Utilizzeremo in questo paragrafo le derivate parziali di un polinomio per definire le
rette tangenti nei punti della curva che esso definisce. Procederemo generalizzando
quanto fatto nei corsi di Analisi Matematica.
Definizione 7.1. Sia C : p(x, y) = 0 una curva algebrica piana e sia P = (x0 , y0 ) ∈ C
un suo punto. Diremo che P è un punto regolare (o non singolare) di C se e solo se
le derivate parziali di p(x, y) non sono contemporaneamente nulle in P :
∂p
(x0 , y0 ) 6= 0
∂x
oppure
∂p
(x0 , y0 ) 6= 0.
∂y
In tal caso è definita la retta r tangente a C in P che ha equazione:
r:
∂p
∂p
(x0 , y0 ) (x − x0 ) +
(x0 , y0) (y − y0 ) = 0.
∂x
∂y
Si dice che C è una curva liscia (o non singolare) se tutti i suoi punti sono regolari.
Esempio 7.2.
(i) Sia data la retta r : p(x, y) = ax+by +c = 0, con (a, b) 6= (0, 0).
Allora ∇p(x, y) = (a, b). Poiché il gradiente di p(x, y) non si annulla su nessun
punto di r, la retta è una curva liscia. È quindi facile convincersi che in ogni
punto P (x0 , y0 ) ∈ r la retta tangente è proprio r. Infatti, poiché P sta in r, si
deve avere ax0 + by0 + c = 0. Infine l’equazione della retta tangente è
a(x − x0 ) + b(y − y0 ) = ax + by − (ax0 + b0 ) = ax + by + c = 0,
che coincide con l’equazione di r.
(ii) Data l’ellisse
E : p(x, y) = x2 + 2y 2 − 4 = 0
q ed il suo punto P = 1, 32 , determinare la retta tangente ad E in P . Calco-
liamo dapprima ∇p(x, y) = (2x, 4y). Applicando la formula generale data sopra
14
si ha: r : 2 (x − 1) + 4
q
3
2
y−
q 3
2
r : x+2
r
= 2x + 4
q
3
2
y − 8 = 0. Pertanto
3
y − 4 = 0.
2
(iii) La parabola P : y = x2 , l’ellissi E : x2 + 2y 2 = 1, la circonferenza C :
x2 + y 2 = 1 e l’iperbole I : 2x2 − 3y 2 = 1 sono curve lisce. Lo proviamo per la
circonferenza, similmente lo si vede per le altre. Il gradiente del polinomio che
definisce C è ∇ = (2x, 2y). Questo si annulla solo nell’origine O(0, 0) che non
è un punto di C . Pertanto C non ha punti singolari ed è una curva liscia.
Sia data una curva C : p(x, y) = 0. I punti a tangente orizzontale di C sono
i punti che verificano l’equazione p(x, y) = 0 e che annullano la derivata parziale
∂p
(x, y).
∂x
In breve, si ha
P (x0 , y0 ) è punto a tangente orizzontale di C
⇔


p(x0 , y0 ) = 0

 ∂p (x0 , y0 ) = 0.
∂x
Similmente
P (x0 , y0 ) è punto a tangente verticale di C
⇔


p(x0 , y0 ) = 0

 ∂p (x0 , y0) = 0.
∂y
Esempio 7.3. Determinare i punti a tangente orizzontale ed a tangente verticale
della curva
P : p(x, y) = x2 − y = 0.
15
Abbiamo che ∇p(x, y) = (2x, −1). Poiché
∂p
(x, y)
∂y
= −1 6= 0 in ogni punto di
P, questa non ha punti a tangente verticale. Per quanto riguarda i punti a tangente
orizzontale, risolvendo il sistema


x2 − y = 0

2x = 0,
si ottiene l’origine O(0, 0) che ha come tangente orizzontale l’asse x : y = 0. A ben
vedere, i risultati trovati erano prevedibili. Infatti P è una parabola passante per
l’origine con asse di simmetria coincidente con l’asse y. Ovviamente essa non ammette
punti a tangente verticale ed ha solo l’origine (il suo vertice) come punto a tangente
orizzontale. In figura abbiamo il grafico di P con la retta tangente orizzontale.
8
Punti singolari
Cominciamo col dare la seguente cruciale definizione.
Definizione 8.1. Sia C : p(x, y) = 0 una curva. Un punto di C che non è regolare
viene detto singolare. In breve si ha
P (x0 , y0 ) è singolare per C
⇐⇒ P ∈ C
∧ ∇p(x0 , y0 ) = (0, 0).
Per maggiore concretezza diciamo che i punti singolari di una curva piana sono i
punti in cui la retta tangente o non esiste (ad esempio nei punti isolati) oppure non
è univocamente definita (come nell’intersezione di una coppia di rette incidenti).
Facciamo qualche esempio.
16
Esempio 8.2.
(i) I punti isolati sono singolari. Sia dato ad esempio il punto
P (x0 , y0 ). La curva che lo definisce è C :
(x − x0 )2 + (y − y0 )2 = 0. Il
gradiente è ∇ = (2(x − x0 ), 2(y − y0 )) che si annulla esattamente in P . Per
giustificare ciò geometricamente, osserviamo che per i punti isolati non si può
tracciare la retta tangente. Si è soliti allora dire che i punti isolati ammettono
tangenti immaginarie.
(ii) Sia data la conica riducibile C : x2 − y 2 = 0. L’origine è un punto singolare
per essa. Infatti il gradiente è ∇ = (2x, 2y) che si annulla in O(0, 0). Geo-
metricamente possiamo dire che O è un punto singolare per C poiché non è
chiaro quale delle due rette concorrenti deve essere scelta come retta tangente.
In questo caso dunque la tangente non è univocamente definita. Nella figura
che segue abbiamo il grafico di C .
Data una curva C : p(x, y) = 0, la ricerca dei punti singolari di C si riduce a
risolvere un sistema:



p(x, y) = 0



P (x0 , y0 ) è singolare per C ⇐⇒ (x0 , y0) è soluzione del sistema: ∂p (x, y) = 0
∂x




 ∂p (x, y) = 0.
∂y
Se una curva è riducibile, per la ricerca dei suoi punti singolari ci si può ridurre
alla ricerca dei punti singolari delle sue componenti irriducibili e dei punti di intersezione tra le sue componenti come garantisce il seguente risultato. Per formularlo
17
in maniera più agevole, indichiamo con Sing(C ) l’insieme dei punti singolari di una
curva algebrica C .
Teorema 8.3. Siano date le curve C e D. Allora
Sing(C ∪ D) = Sing(C ) ∪ Sing(D) ∪ (C ∩ D).
Tralasciamo i dettagli della dimostrazione. Diciamo solo che segue facilmente dalla
formula della derivazione del prodotto di polinomi e dalla legge di annullamento del
prodotto. La si completi per esercizio.
Facciamo qualche esempio.
Esempio 8.4.
(i) Le coniche che sono unione di due rette incidenti (distinte o
coincidenti) non sono lisce. Infatti per il teorema precedente, i punti comuni
alle rette che la compongono (soltanto uno o infiniti) sono punti singolari della
conica.
(ii) Consideriamo la conica Q : (x2 + y 2 − 1)(x2 − y 2) = 0. Questa è una conica
riducibile di quarto grado. Per determinare i suoi punti singolari conviene piuttosto applicare il teorema precedente. La curva Q è unione della circonferenza
C : x2 + y 2 = 1 e della conica riducibile I : x2 − y 2 = 0 che è unione delle
due bisettrici del piano. Siccome le circonferenze sono curve lisce, abbiamo che
Sing(C ) = ∅. Inoltre, le coniche riducibili hanno per punti singolari i punti di in-
tersezione delle rette componenti: Sing(I ) = { O(0, 0) }. Ad ultimo restano da
calcolare i punti di intersezione tra le C e I . Si ottiene facilmente risolvendo un
√ √ √
√ √ √ sistema che C ∩ I è fatto dai punti P1 22 , 22 , P2 − 22 , 22 , P3 22 , − 22
√
√ e P4 − 22 , − 22 . Infine, abbiamo che Sing(Q) = { O, P1, P2 , P3 , P4 }.
9
Rami di una curva piana
Il concetto intuitivo di ramo lineare di una curva piana che ci accingiamo ad introdurre, aiuta a distinguere i punti singolari dai punti regolari di una curva. Poiché
è complicato da formalizzare in maniera rigorosa, procederemo in maniera piuttosto
informale.
Si dimostra che i punti di una curva C non banale e non vuota o sono isolati oppure
sono infinitamente vicini ad altri punti di C . Questi sono punti di accumulazione per
18
il grafico di C e si dispongono lungo linee continue che chiameremo rami della curva
C . Tali rami possono essere chiusi, aperti o intrecciati.
Esempio 9.1.
(i) La circonferenza è costituita da un solo ramo chiuso non intrec-
ciato.
(ii) La curva C : y 2 = x3 − x, detta parabola con ovale, è costituita da due rami
non intrecciati, uno aperto ed uno chiuso:
(iii) La curva B : (x2 + y 2 )2 − x2 + y 2 = 0, detta lemniscata di Bernoulli,
19
è costituita da un solo ramo chiuso ed intrecciato.
La retta tangente al grafico di una curva in un punto regolare P approssima il
ramo della curva cui P appartiene. Ricordiamo che essendo il punto P regolare, la
retta tangente è ben definita e sappiamo anche determinare la sua equazione.
In caso contrario, quando il punto P è singolare, abbiamo visto sopra che la
situazione è ben più complicata e patologica. Infatti se P è isolato non ci sono rami
che passano per esso, quindi non si può disegnare una retta tangente in P . Se poi
per il punto passano più rami (ovvero la curva si intreccia in quel punto), è possibile
tracciare più rette tangenti in P , precisamente una per ogni ramo che passa per il
punto. A causa di ciò non si può parlare di retta tangente in un punto singolare e si
introduce il concetto di complesso tangente, ovvero l’insieme di tutte le rette tangenti
che si possono tracciare per P .
Esempio 9.2.
(i) L’origine rappresenta per la lemniscata di Bernoulli un punto singolare. In esso passano due rami ciascuno con una propria retta
tangente nell’origine.
(ii) La curva y 2 = x3 , che chiameremo
parabola cuspidata, ha nell’origine un punto singolare. L’asse x è
tangente nell’origine ad entrambi
i rami della curva che passano per
l’origine. Si è soliti dire che l’asse
x è una tangente doppia.
Vediamo ora un risultato che garantisce la finitezza del numero dei punti singolari
di una curva. Esso discende dal Teorema di Bézout.
Teorema 9.3. Una curva irriducibile può avere al più un numero finito di punti
singolari.
20
Dimostrazione. Supponiamo di avere la curva irriducibile C : p(x, y) = 0 di grado n,
con n > 1. Per ipotesi il polinomio p(x, y) è irriducibile e di grado n. Questo significa
che il polinomio p(x, y) non è divisibile per nessun polinomio di grado positivo minore
di n. I polinomi
∂p
(x, y)
∂x
e
∂p
(x, y),
∂y
poiché sono derivate del polinomio p(x, y), hanno
grado al più n − 1. Siccome p(x, y) è irriducibile, non può contenere come fattori le
sue derivate. Un punto P ∈ C è singolare se e solo se le sue coordinate risolvono il
sistema



p(x, y) = 0



∂p
(x, y) = 0
∂x




 ∂p (x, y) = 0.
∂y
Le soluzioni di questo possono essere viste come l’intersezione delle tre curve C :
p(x, y) = 0, C1 :
∂p
∂x
= 0 e C2 :
∂p
∂y
= 0. Ora, le curve C e C1 hanno al più n(n − 1)
punti comuni per il Teorema di Bézout. Tra questi vanno poi selezionati quelli che
appartengono anche a C2 . In conclusione, C ha al più un numero finito di punti
singolari.
QED
A seconda delle situazioni che si presentano, i punti singolari vengono classificati in
diverse tipologie. Noi non presenteremo qui una trattazione generale, ci limiteremo a
considerare i casi più frequenti. La classificazione principale è fatta in base al numero
di rami passanti per il punto. Se per il punto passa un solo ramo si dice che il punto
è semplice (o regolare). Se per il punto passano due rami si parla di punto doppio, se
passano tre rami di punto triplo e cosı̀ via.
Esempio 9.4.
(i) L’origine è un punto doppio della lemniscata di Bernoulli.
(ii) La curva T : (x2 +y 2)2 = x(x2 −3y 2), det-
ta trifoglio, ha nell’origine un punto triplo.
Il suo grafico è rappresentato qui a fianco.
21
10
Complesso tangente
Generalizziamo il concetto di retta tangente al caso dei punti singolari.
Definizione 10.1. Sia C una curva algebrica. Dato un punto P ∈ C , chiameremo
complesso tangente a C in P l’insieme delle rette tangenti in P ai rami di C che
passano per P .
Descriviamo alcuni casi:
• Se P è un punto regolare per C , il complesso tangente a P è costituito dalla
(unica e ben definita) retta tangente in P a C .
• Il complesso tangente in P è vuoto se e solo se P è un punto isolato. Diremo
che P ammette tangenti immaginarie.
• Se il complesso tangente a P è composto da due rette distinte (che si incontrano
in P ), allora il punto P è detto punto doppio ordinario o nodo.
• Se il complesso tangente a P è composto da due rette coincidenti, allora il punto
P è detto cuspide e la retta tangente è detta doppia.
• Se il complesso tangente a P è composto da tre rette distinte, allora il punto P
è detto punto triplo ordinario.
• Più in generale, se il complesso tangente a P è composto da n rette distinte,
allora il punto P è detto punto n-plo ordinario.
Esempio 10.2.
(i) Il punto di intersezione tra due rette incidenti e distinte è un
nodo per la conica costituita dall’unione delle due rette.
(ii) L’origine è un punto triplo per il trifoglio T : (x2 + y 2)2 − x(x2 − 3y 2) = 0. Il
complesso tangente è costituito dalle rette y = 0, y =
√
3
x
3
ey=−
√
3
x
3
(iii) L’origine è un punto quadruplo ordinario per la quartica riducibile Q : xy(x2 −
y 2) = 0.
(iv) L’origine è una cuspide per la parabola cuspidata y 2 = x3 . L’asse x è una
tangente doppia.
22
In realtà, l’analisi dei punti doppi a tangenti coincidenti (che noi abbiamo convenuto di chiamare in breve cuspidi) è molto variegata. Qui di seguito elenchiamo
alcune situazioni che possono presentarsi senza scendere troppo nei dettagli.
La parabola cuspidata y 2 −x3 = 0 (a sinistra) e la curva piriforme y 4 −2x3 +y 2 = 0
(a destra) hanno nell’origine una cuspide di prima specie (o ceratoide):
Il celebre becco di Eulero di equazione x5 −x4 +2x2 y −y 2 = 0 ha invece nell’origine
una cuspide di seconda specie (o ramfoide):
23
La curva di equazione 4x4 + 4x2 y 2 − 12x2 y + y 2 = 0 (sopra) e la curva a cappa di
equazione x4 + x2 y 2 − y 2 = 0 (sotto) hanno nell’origine un tacnòdo:
La quartica di equazione x4 + y 3 + 2x2 y + y 2 = 0 ha nell’origine un oscnòdo:
Purtroppo non illustreremo la distinzione analitica tra le sopracitate situazioni,
in quanto essa richiede strumenti di calcolo ed argomenti teorici che esulano dagli
obiettivi della presente trattazione.
10.1
Complesso tangente nell’origine
Vogliamo illustrare ora alcuni metodi per studiare in maniera analitica i punti singolari. Per facilitare i calcoli, prima supporremo che il punto singolare sia l’origine.
24
Per mezzo di traslazioni nel piano ci si può infatti sempre ricondurre a questo caso.
Vedremo più avanti il caso generale. Quanto segue è un fatto ben noto e di immediata
dimostrazione.
Proposizione 10.3. Sia C : p(x, y) = 0 una curva piana. Allora l’origine appartiene
a C se e solo se nel polinomio p(x, y) manca il termine noto.
Il prossimo risultato illustra un metodo per determinare il complesso tangente
all’origine quando questa appartiene alla curva in esame.
Teorema 10.4. Sia C : p(x, y) = 0 una curva piana e sia l’origine O un suo punto.
Allora il complesso tangente a C in O è dato dall’annullamento dei termini di grado
minimo presenti in p(x, y).
Non daremo la dimostrazione del precedente teorema; diremo solo che si può provare a partire dalla versione in due variabili del teorema di Taylor per l’approssimazione
di funzioni per mezzo di polinomi.
Vediamo come può essere applicato in pratica il Teorema 10.4. Supponiamo ad
esempio che il polinomio che definisce la curva C passante per l’origine sia
p(x, y) = · · · + ax2 + by 2 + cxy + dx + ey.
• Se i termini di grado più basso sono di grado 1, l’origine è un punto regolare e
la retta tangente nell’origine è data da dx + ey = 0.
• Se i termini di grado più basso sono di grado 2, l’origine è un punto singolare
ed il complesso tangente è dato da ax2 + by 2 + cxy = 0. Pertanto O(0, 0) può
essere
– un punto isolato se ha tangenti immaginarie (ciò significa che il complesso
di secondo grado ax2 + by 2 + cxy ha discriminante negativo e non si spezza
nel prodotto di rette);
– un nodo se il complesso di secondo grado si spezza nel prodotto di rette
distinte;
– una cuspide se il trinomio ax2 + by 2 + cxy è un quadrato di binomio.
• Se i termini di terzo grado sono quelli di grado minimo, allora l’origine è un
punto triplo. Se il complesso tangente è costituito da tre rette distinte esso è
un punto triplo ordinario. Similmente si procede per i gradi maggiori di tre.
25
Esempio 10.5.
(i) Consideriamo la parabola puntata C :
y 2 − x3 + x2 = 0.
L’origine è un punto singolare di C con complesso tangente dato da y 2 + x2 = 0.
Questa equazione non ha soluzioni reali, allora l’origine è un punto isolato di C
che ha tangenti immaginarie date da y = ±ix. Graficamente si ha:
(ii) La curva di terzo grado C : y 2 − x3 − x2 = 0, detta parabola nodata, ha
nell’origine un nodo il cui complesso tangente è dato da y = ±x:
26
(iii) La parabola cuspidata C : y 2 = x3 ha nell’origine una cuspide con complesso
tangente y 2 = 0, ovvero l’asse x contato due volte. In figura si ha:
(iv) L’origine è un punto singolare per il il trifoglio T : (x2 + y 2 )2 = x(x2 − 3y 2 ). .
Isolando i termini di grado minimo, si ottiene che il complesso tangente nell’ori-
gine ha equazione x(x2 −3y 2 ) = 0. Pertanto l’origine è un punto triplo ordinario
che ammette tre tangenti: x = 0 ed y = ±
27
√
3
x.
3
Graficamente abbiamo:
10.2
Complesso tangente in un punto generico
Vediamo ora come è possibile determinare il complesso tangente in un punto singolare
che non sia l’origine O.
Sia data una curva C : p(x, y) = 0 e sia P (x0 , y0) 6= O un punto singolare di C .
Consideriamo la traslazione
τP :
dal punto P al punto O.


X = x − x0

Y = y − y0
La traslazione inversa di τP , ovvero la trasformazione piana


x = X + x0
−1
τP :

y = Y + y0 ,
associa all’origine O il punto P . Inoltre, essa permette di determinare l’equazione
nelle nuove coordinate X ed Y della curva C ′ che si ottiene traslando la curva C per
azione di τP .
28
In particolare, se
C ′ = τP (C ),
l’equazione che definisce C ′ è data dal polinomio
q(X, Y ) = τP−1 (p(x, y)) = p(X − x0 , Y − y0 ).
Ricordiamo che le traslazioni sono isometrie del piano. Ne segue che, essendo P
un punto singolare per C , chiaramente il punto O = τP (P ) è un punto singolare per
C ′ . Alla curva C ′ possiamo infine applicare le regole studiate sopra per determinare
il complesso tangente nell’origine. Si otterranno (eventualmente) delle rette tangenti
a C ′ in O che poi andranno ritrasformate in rette passanti per P usando le equazioni
di τP−1 .
Illustriamo con un esempio quanto abbiamo detto sopra.
Esempio 10.6. Sia data la curva di quarto grado
C : x4 + y 4 + 2x2 y 2 − 6xy 2 − 2x3 + x2 = 0.
Abbiamo che
∇p(x, y) = (4x3 + 4xy 2 − 6y 2 − 6x2 + 2x; 4y 3 + 4yx2 − 12xy).
I punti singolari di C risolvono il sistema



4x3 + 4xy 2 − 6y 2 − 6x2 + 2x = 0



4y 3 + 4yx2 − 12xy = 0




x4 + y 4 + 2x2 y 2 − 6xy 2 − 2x3 + x2 = 0.
Dalla seconda equazione otteniamo:
y(y 2 + x2 − 3x) = 0.
Se y = 0, sostituendo nella prima equazione, abbiamo che 2x3 − 3x2 + x = 0. Si
ottengono per x i valori x = 0, x = 1 ed x = 2. Si ottengono cosı̀ i punti O = (0, 0),
P = (1, 0) e Q = (2, 0). Sostituendo nella terza equazione del sistema, si trova che
solo i punti O e P appartengono a C , di cui sono quindi dei punti singolari.
Dalla condizione y 2 = −x2 + 3x, sostituendo nella seconda equazione, si ottiene
che x = 0, valore già trovato, ed x = 38 . Corrispondentemente a quest’ultimo, si ha
y=±
√
20
.
3
Nessuno dei due punti trovati appartiene però a C .
29
Riassumendo, i punti singolari di C sono l’origine O e P . Il complesso tangente
all’origine è dato dall’annullamento dei termini di grado minimo del polinomio p(x, y).
Otteniamo cosı̀ x2 = 0 che rappresenta l’asse y contato due volte. In particolare si
trova che l’origine è un tacnodo.
Vogliamo ora determinare il complesso tangente a P . Come abbiamo detto sopra,
applichiamo la traslazione
τP :


X = x − 1

Y = y
dal punto P al punto O. La traslazione inversa è


x = X + 1
−1
τP :

y = Y.
La curva trasformata è
C ′ : X 4 + 2X 3 + 2X 2 Y 2 + X 2 − 2XY 2 + Y 4 − 4Y 2 = 0.
Come ci aspettavamo questa ha l’origine come punto singolare (ovvero il vecchio
punto P ). Il suo complesso tangente è dato da X 2 − 4Y 2 = 0 che produce le due rette
Y = ± 21 X tangenti in O ′ a C ′ .
Applicando ora la trasformazione τP , otteniamo le rette tangenti in P a C . Ovvero
y = ± 12 x − 12 .
In figura abbiamo la curva C e i complessi tangenti nei suoi due punti singolari:
30
11
Asintoti
A seconda della forma che assume il loro grafico, le curve piane possono essere classificate in vario modo. Esse possono essere chiuse, se il loro grafico è tutto contenuto
all’interno di un cerchio centrato nell’origine e di raggio opportuno. In questo caso si
dice che i rami che la compongono si chiudono al finito. Se una curva non è chiusa,
almeno uno dei suoi rami si spinge fino ai bordi del piano. Si dice in tal caso che la
curva si chiude all’infinito.
Esempio 11.1. L’ellisse E : x2 +4y 2 = 4 è una curva chiusa. Infatti essa è contenuta
nel cerchio di centro l’origine e raggio 3. La retta, la parabola e l’iperbole non sono
curve chiuse. Per vederlo, ad esempio nel caso della parabola P : y − x2 = 0,
procediamo come segue. 
Fissato R > 0, sia DR il cerchio di centro l’origine e raggio

x2 + y 2 = R2
R. Risolvendo il sistema
si ottengono i punti di intersezione tra P

y − x2 = 0
ed il bordo del cerchio. In particolare, l’equazione risolvente è y 2 + y − R2 = 0 che,
avendo discriminante sempre strettamente positivo, dice che la parabola ed il bordo
del cerchio si intersecano per qualsiasi valore di R. La parabola P non è pertanto
una curva chiusa.
Per trattare con analogia le curve chiuse e le curve che si chiudono all’infinito,
si è soliti aggiungere al piano R2 il suo bordo. Questo può essere pensato come una
circonferenza di raggio infinitamente grande e viene chiamato retta all’infinito. Le
curve che non sono chiuse quindi, intersecano il bordo del piano nei cosiddetti punti
impropri o punti all’infinito. Ad esempio, nel caso dell’iperbole si ha la configurazione:
31
Per capire il significato dell’espressione chiudersi all’infinito, consideriamo la seguente figura dove i due bracci della parabola che si spingono ai bordi del piano, si
incontrano nel punto all’infinito. È come se la parabola fosse assimilabile all’ellisse:
un vertice - quello basso - è al finito, l’altro all’infinito.
Per analogia col caso finito, anche per i punti all’infinito si possono definire le rette
tangenti, gli asintoti. Poiché non abbiamo tutti gli strumenti necessari per parlarne
approfonditamente procederemo in maniera intuitiva ma comunque rigorosa.
Definizione 11.2. Siano C una curva piana ed r una retta. Diremo che r è un
asintoto per la curva C se comunque preso un ǫ > 0 esiste un tratto continuo ed
illimitato di C i cui punti distano da r meno di ǫ.
Esempio 11.3.
(i) È ben noto che l’iperbole di equazione I : xy − 1 = 0 ha per
asintoti gli assi coordinati x ed y.
(ii) La parabola invece, pur chiudendosi all’infinito, non ha asintoti (dimostreremo
rigorosamente questo fatto intuitivo a breve).
Descriviamo ora come è possibile determinare gli asintoti di una curva piana.
11.1
Determinazione di asintoti non verticali
Sia data la curva C :
p(x, y) = 0 di grado n . Supponiamo che la retta (non
parallela all’asse y) r :
y = mx + q sia un asintoto per C . Allora è possibile
32
trovare un’espressione del tipo y = f (x) per il ramo illimitato di C che si avvicina
indefinitamente ad r. Inoltre è necessario che sia
f (x) = mx + q + o(|x|),
dove la quantità o(|x|) tende ad annullarsi per valori sempre più grandi di |x|. Se il
ramo di C ed r si avvicinano dal lato delle x positive, allora si ha
lim o(x) = 0,
x→+∞
mentre, se C ed r si avvicinano dalla parte del semiasse negativo delle ascisse, si deve
avere:
lim o(x) = 0.
x→−∞
Sicché
f (x)
x→±∞ x
m = lim
e
q = lim f (x) − mx,
x→±∞
dove si deve scegliere opportunamente +∞ o −∞ a seconda dei casi.
A ben vedere quanto detto finora generalizza la teoria degli asintoti delle funzioni
reali di una variabile reale studiata nei corsi di Analisi Matematica.
Illustriamo ora come è possibile determinare, se esistono, i coefficienti m e q degli
eventuali asintoti. Per comodità lavoreremo simultaneamente sia dal lato delle ascisse
positive che negative usando l’espressione x → ∞.
Consideriamo il polinomio p(x, y) ∈ R[x, y] che supponiamo avere grado n. Ordi-
niamo i suoi monomi in maniera tale che i loro gradi siano decrescenti:
p(x, y) = pn (x, y) + pn−1 (x, y) + · · · + p1 (x, y) + p0 (x, y).
In questa espressione pn (x, y) raccoglie quindi i termini di grado n di p(x, y) ed è
detto componente omogenea di grado n di p(x, y), pn−1 (x, y) quelli di grado n − 1 ed è
detto componente omogenea di grado n − 1 di p(x, y), e cosı̀ via. Ovviamente, p0 (x, y)
è il termine noto, o di grado 0, di p(x, y).
Esempio 11.4. Dato p(x, y) = −5x3 + 2xy 2 − x + 2y + 1, abbiamo che p3 (x, y) =
−5x3 + 2xy 2 , p2 (x, y) = 0, p1 (x, y) = −x + 2y ed infine p0 (x, y) = 1.
33
Applicando ora in p(x, y) la sostituzione y = mx, si ottiene un polinomio di grado
n nella sola indeterminata x, ovvero
p(x, mx) = f (x) = an (m)xn + an−1 (m)xn−1 + · · · + a1 (m)x + a0 (m),
dove i coefficienti ai (m) dipendono dal parametro m e, per i 6= n, possono anche
essere nulli.
Dividendo ora per la potenza di x di grado massimo xn , otteniamo l’espressione
an−1 (m)
a1 (m) a0 (m)
f (x)
= an (m) +
+ · · · + n−1 +
.
n
x
x
x
xn
Se il ramo di C si avvicina ad r, come abbiamo detto sopra, questo ramo può
essere rappresentato dall’equazione esplicita y − f (x) = 0 e si deve anche avere
f (x)
= an (m) = 0,
x→∞ xn
poiché i termini ai (m) sono delle costanti indipendenti da x.
lim
Possiamo riassumere quanto detto dicendo che C ha un asintoto (non verticale)
se e solo se l’equazione an (m) = 0 ha soluzioni. Supposto ora di aver trovato un certo
valore m ∈ R risolvendo l’equazione an (m) = 0, dobbiamo determinare q per avere
l’equazione finale dell’asintoto cercato. Si tratta di procedere come sopra.
Ripartiamo dall’espressione di p(x, y). Applichiamo stavolta la sostituzione y =
mx + q, dove m è il numero reale appena trovato e q è il parametro reale da determinare. Otteniamo cosı̀ un polinomio del tipo
p(x, mx + q) = g(x) = bt (q)xt + bt−1 (q)xt−1 + · · · + b0 (q),
che ha grado t in x ed i cui coefficienti dipendono dal parametro q.
Il grado di g(x) è t < n, infatti per la scelta fatta di m si ha che il termine di
grado n in f (x) ora vale 0. Ovviamente possono anche essere nulli i termini di grado
n − 1, n − 2 e cosı̀ via. Noi abbiamo supposto che il primo termine non nullo abbia
grado un certo t, con 0 6 t 6 n − 1.
Infine, come abbiamo fatto sopra, dividendo tutto per xt e mandando x all’infinito
si deve avere
g(x)
= bt (q) = 0.
x→∞ xt
Quindi i valori di q sono ottenuti risolvendo l’equazione bt (q) = 0. Riunendo i valori
lim
trovati cosı̀ di m e q si ottiene l’asintoto cercato r : y = mx + q.
Possiamo riassumere ora quanto detto nel seguente risultato.
34
Teorema 11.5. Con le notazioni introdotte sopra, C ammette un asintoto non
verticale se e solo se l’equazione an (m) = 0 ha soluzioni reali. Inoltre, la retta
r :
y = mx + q è asintoto per C , se m è soluzione di questa equazione e q è
soluzione di bt (q) = 0.
Ad ultimo, osserviamo che basta in realtà lavorare con i monomi di grado massimo
presenti in f (x) ed in g(x) (considerati sopra) per determinare m e q rispettivamente.
Si possono infatti ignorare tutti i termini di grado minore poiché il comportamento
all’infinito è determinato dai monomi di grado massimo.
11.2
Determinazione di asintoti verticali
Rimane da trattare il caso degli asintoti verticali. Procederemo esattamente come
sopra, facendo però una diversa sostituzione. Gli asintoti verticali sono determinati
dai valori della coordinata x che rendono y infinita.
Sia C : p(x, y) = 0 una curva algebrica. Si tratta di riordinare il polinomio p(x, y)
rispetto alle potenze crescenti dell’indeterminata y. Otteniamo cosı̀
p(x, y) = us (x)y s + us−1 (x)y s−1 + · · · + u( x)y + u0 (x).
Dividendo tutto per y s è mandando y all’infinito, otteniamo
us (x) = 0,
le cui soluzioni reali danno gli asintoti verticali di C . Possiamo riassumere ora quanto
detto nel seguente risultato.
Teorema 11.6. Con le notazioni introdotte sopra, C ammette un asintoto verticale
se e solo se l’equazione us (x) = 0 ha soluzioni reali. Inoltre, la retta r : x = x è
asintoto per C , se x è soluzione di questa equazione.
Osservazione 11.7. È chiaro che per avere degli asintoti verticali il monomio in cui
compare la massima potenza di y deve comparire anche una potenza di x. In caso
contrario l’equazione us (x) = 0 è banalmente impossibile.
Determinati gli asintoti di una curva algebrica C , altro problema è capire come
si configurano all’infinito i rami di C nei pressi dell’asintoto. Addentrarci in questo
argomento ci porterebbe troppo lontano. Con gli esempi che seguono cercheremo di
illustrare alcune situazioni.
35
Esempio 11.8.
(i) Ogni retta è asintoto di sé stessa. Ad esempio sia data la retta
y + 2x + 3 = 0. Applicando la sostituzione y = mx, si ottiene mx + 2x + 3 = 0.
Dividendo tutto per x, abbiamo che m + 2 +
3
x
= 0. Mandando x all’infinito
abbiamo m = −2. Applicando ora la sostituzione y = −2x + q, otteniamo
−2x + q + 2x + 3 = 0, ovvero q = −3. Sicché l’asintoto di r è y = −2x − 3
che rappresenta la stessa retta r. Si osservi che il monomio in cui compare
la massima potenza di y non coinvolge anche x. Se dividiamo tutto per y
otteniamo 1 +
2x
y
+
3
y
= 0, e mandando y → ∞, otteniamo l’equazione assurda
1 = 0. Quindi r non ha asintoti verticali ed ha solo sé stessa come asintoto.
(ii) Dimostriamo che la parabola non ammette asintoti. Supponiamo, per semplicità, di avere la curva P : y − x2 = 0. Cominciamo col dire che P non
ammette asintoti verticali poiché l’unico termine in y non coinvolge anche la
x. Applichiamo ora la trasformazione y = mx. Otteniamo mx − x2 = 0, che
dividendo per x2 e mandando x all’infinito dà −1 = 0. Quindi P non ammette
asintoti.
(iii) Dimostriamo che l’iperbole I : xy − 1 = 0 ha per asintoti gli assi coordinati.
Cominciamo col porre y = mx. Allora si ha mx2 − 1 = 0. Dividendo per x2 e
prendendo x → ∞, otteniamo m = 0. Sia ora y = q. Sostituendo, otteniamo
qx − 1 = 0. Procedendo come al solito si trova q = 0 e pertanto l’asse x è
asintoto della curva. Nell’equazione xy − 1 = 0, avendo diviso per y e mandato
y all’infinito, si trova che anche la retta x = 0 è asintoto per I .
36
(iv) Troviamo gli asintoti della curva
C : p(x, y) = x(x − y)2 − 3(x2 − y 2 ) + 8y = 0.
In forma estesa abbiamo che p(x, y) = x3 −2x2 y +xy 2 −3x2 +3y 2 +8y. Poniamo
y = mx nell’equazione p(x, y) = 0. Tralasciando i termini di grado minore del
massimo, otteniamo p(x, mx) ∼ (1 − 2m + m2 )x3 = 0, che dividendo per x3 e
mandando x all’infinito dà (m−1)2 = 0. Quindi abbiamo il coefficiente angolare
m = 1 contato due volte. Effettuiamo ora la sostituzione y = x+q in p(x, y) = 0.
Allora, considerando solo i termini di grado massimo in x, otteniamo, col metodo
illustrato sopra, q 2 x + 6qx + 8x = 0, che restituisce i valori q = −2 e q = −4.
Sicché gli asintoti non verticali sono y = x − 2 ed y = x − 4. Ricerchiamo ora
gli eventuali asintoti verticali. Ordiniamo p(x, y) secondo le potenze decrescenti
di y. Otteniamo (x + 3)y 2 + (8 − 2x2 )y + x3 + 8y = 0 che, dividendo per y 2 ,
con la condizione y → ∞, diventa x + 3 = 0. Infine x = −3. Quindi la curva C
ammette l’asintoto verticale x = −3. In figura abbiamo il profilo della curva C
considerata.
37
Nel paragrafo dedicato al complesso tangente dei punti singolari, abbiamo visto
che, traslando una curva C in maniera tale che il suo punto singolare P diventi l’origine, si possono determinare facilmente tutte le rette tangenti a P in C . Quanto
abbiamo fatto per determinare gli asintoti di una curva è essenzialmente una cosa analoga. Infatti dividere per xn un polinomio f (x) significa riavvicinare al finito i punti
all’infinito della funzione y = f (x). Quindi sia nel caso degli asintoti verticali che
non verticali abbiamo trasformato i punti all’infinito della curva nell’origine. Infine,
l’annullamento delle funzioni an (m), bs (q) e ut (x) serve per determinare le tangenti
nella nuova origine. In questo modo si capisce perché gli asintoti di una curva sono
anche detti le rette tangenti nei punti all’infinito.
12
Punti di flesso
Un’altra classe di punti notevoli di una curva piana sono i punti di flesso.
Definizione 12.1. Sia C una curva algebrica. Un punto regolare P ∈ C si dice
punto di flesso se la retta tangente in P a C attraversa C . La retta tangente in un
punto di flesso viene detta tangente inflessionale della curva.
Esempio 12.2. Consideriamo la parabola cubica P : y = x3 . L’origine è un punto
ordinario. La retta in esso tangente è l’asse x che taglia la curva in quel punto.
38
Pertanto l’origine è un punto di flesso per P.
Per determinare i punti di flesso di una curva algebrica esiste un utile strumento,
la curva hessiana. Per agevolare la notazione, nello scrivere le derivate parziali prime
e seconde ometteremo la dipendenza dalle variabili.
Definizione 12.3. Sia C :
p(x, y) = 0 una curva. Si definisce curva hessiana
associata a C la curva determinantale Hp definita nel seguente modo:


∂p
∂p
0
∂x
∂y


∂2p
∂2p 
∂p

Hp : det  ∂x ∂x2 ∂x∂y  = 0.
∂p
∂y
∂2p
∂y∂x
∂2p
∂y 2
Vale il seguente risultato.
Teorema 12.4. Sia C : p(x, y) = 0 una curva algebrica. Allora i punti di flesso
di C sono esattamente i suoi punti regolari di intersezione con Hp . In breve, preso
P = (x0 , y0 ) un punto regolare di C , abbiamo che



p(x, y) = 0






∂p

0
∂x

P è flesso per C ⇔ (x0 , y0 ) è soluzione del sistema


∂2p
∂p

det 

2



 ∂x ∂x



∂p
∂2p
∂y
∂y∂x
∂p
∂y



∂2p 
∂x∂y 
∂2p
∂y 2
=0

Dal Teorema di Bézout discende il seguente importante risultato sui flessi.
Teorema 12.5. Sia C una curva algebrica irriducibile. Allora C ammette un numero
finito di punti di flesso.
Esempio 12.6. Determiniamo i punti di flesso della curva
V : p(x, y) = x2 y + y − 1 = 0,
chiamata versiera dell’Agnesi 1 . Abbiamo che ∇p = (2xy, x2 +1). Siccome il gradiente
di p(x, y) non si annulla sui punti di V , tutti i punti della versiera sono regolari. La
1
La curva prende il suo nome da Maria Gaetana Agnesi, grande scienziata milanese del Settecento.
Esperta di Matematica, Fisica, Botanica, Filosofia e Teologia, sostituı̀ appena ventiseienne il padre
alla cattedra di Matematica nell’Università di Bologna. Fu stimatissima dai suoi contemporanei,
persino da papi e reali che la riempivano di riconoscimenti e da Goldoni, che le dedicò un sonetto.
Alla vita pubblica lei preferı̀ sempre la vita monastica, la cura dei poveri e dei malati a cui dedicò
l’intera sua esistenza
39
curva hessiana associata è

2xy x2 + 1
0

det 
 2xy
2y
x2 + 1
Risolvendo il sistema
2x


2
2x 
 = y(3x − 1) = 0.
0


y(3x2 − 1) = 0

x2 y + y − 1 = 0,
si ottengono i due punti di flesso P1 =
√1 , 3
3 4
inflessionali sono quindi date rispettivamente da
3
1
√
e P2 = − 3 , 4 . Le due tangenti
√
r1 : 3 3x + 8y − 9 = 0
e
√
r2 : −3 3x + 8y − 9 = 0.
Nella seguente figura abbiamo la versiera con le sue tangenti inflessionali tratteggiate.
Nella figura che segue invece, sono rappresentate la versiera V e la sua curva hessiana
tratteggiata. Quest’ultima è una cubica riducibile costituita da tre rette che intersecano V esattamente nei suoi punti di flesso come garantito dal teorema dei flessi
enunciato sopra.
40
13
Grafici di curve algebriche piane
Spiegheremo in questa sezione come è possibile disegnare il grafico di una curva piana
C definita da un polinomio p(x, y) ∈ R[x, y]. Questo generalizza lo studio dei grafici
di funzioni (algebriche) reali di una variabile reale.
Ecco lo schema che suggeriamo di seguire.
- Forma esplicita
Anzitutto è bene controllare se la curva può essere vista come il grafico di una
funzione (algebrica) continua del tipo y = f (x). Un’espressione di questo tipo
è detta forma esplicita. In tal caso può essere più agevole utilizzare gli strumenti
introdotti nel corso di base di Analisi Matematica per disegnare il profilo della curva.
Un discorso analogo vale se la curva può essere esplicitata nella forma x = g(y).
- Dominio.
I polinomi di R[x, y] sono funzioni definite su tutto R2 . Quando si vuole disegnare
il grafico di una curva associata ad una equazione polinomiale è bene determinare le
condizioni di esistenza per le quali l’equazione ha significato. In breve, si tratta di
impostare delle disuguaglianze in x ed y a seconda delle potenze che compaiono nel
polinomio. Si ottengono cosı̀ delle limitazioni su x ed y che aiutano ad individuare
le zone del piano in cui è situato il grafico della curva.
- Simmetrie
Vanno studiate le eventuali simmetrie della curva. Queste infatti permettono di
abbreviare lo studio del grafico. Precisamente abbiamo i seguenti casi. Sia data
una curva algebrica piana C : p(x, y) = 0.
• La curva C è simmetrica rispetto all’asse y se e solo se il polinomio p(x, y) è
pari in x, ovvero contiene solo potenze pari dell’indeterminata x.
• La curva C è simmetrica rispetto all’asse x se e solo se il polinomio p(x, y) è
pari in y, ovvero contiene solo potenze pari dell’indeterminata y.
• La curva C è simmetrica rispetto all’origine degli assi se e solo se l’equa-
zione p(x, y) = 0 è invariante per cambiamento simultaneo di segno delle
indeterminate. Questo vuol dire che p(−x, −y) = ±p(x, y).
41
- Intersezioni con gli assi
Le intersezioni con l’asse x sono date dalle soluzioni del sistema


p(x, y) = 0

y = 0,
le intersezioni con l’asse y invece sono date da


p(x, y) = 0

x = 0.
Ricordiamo che una retta non può intersecare una curva irriducibile di grado n in
più di n punti distinti per il Teorema di Bézout.
- Punti singolari
Risolvendo il sistema



p(x, y) = 0



∂p
(x, y) = 0
∂x




 ∂p (x, y) = 0
∂y
si determinano i punti singolari di C . Con i metodi elencati sopra, vanno poi
determinati i complessi tangenti in tali punti singolari.
- Punti regolari a tangente orizzontale o verticale
Può tornare utile, per stimare meglio il grafico di C , determinare i suoi punti a
tangente orizzontale o verticale. Come abbiamo detto sopra, questi sono ottenuti
risolvendo rispettivamente i sistemi


p(x, y) = 0
e

 ∂p (x, y) = 0


p(x, y) = 0

 ∂p (x, y) = 0
∂x
∂y
scartando però le soluzioni che corrispondono a punti singolari di C .
42
- Punti di flesso
Vanno determinati anche i punti di flesso di C assieme alle tangenti inflessionali.
Questi sono ottenuti risolvendo il sistema:



p(x, y) = 0






∂p

∂x
0


∂p
∂2p

det 


∂x
∂x2






∂2p
∂p
∂y
∂y∂x
∂p
∂y



 = 0.
∂x∂y 

∂2p
∂2p
∂y 2
- Asintoti
Quando è possibile farlo, è utile capire se la curva C è chiusa al finito o all’infinito. Ad ultimo, seguendo il procedimento che abbiamo dato nella sezione ad essi
dedicata, vanno ricercati gli eventuali asintoti della curva C .
Applichiamo lo schema presentato per disegnare il grafico di alcuni semplici esempi
di curve.
Esempio 13.1.
(i) Abbiamo già incontrato sopra la curva V : x2 y + y − 1 = 0, detta versiera
dell’Agnesi. Osserviamo che essa può essere messa sotto la forma y =
1
.
x2 +1
Si
possono allora usare per disegnarla, gli strumenti studiati nei corsi di Analisi
Matematica.
(ii) Analogamente la curva W : y 2x + x − 1 = 0 può essere portata nella forma
esplicita x =
1
.
y 2 +1
Poiché il polinomio che definisce W si ottiene da quello di
V scambiando x con y, il grafico di W si ottiene ruotando quello della versiera
di novanta gradi in senso orario.
(iii) Studiare la curva
D : p(x, y) = y 2 − x3 + x4 = 0.
√
Anche questa curva può essere esplicitata. Si ottiene che y = ±x x − x2 ,
√
ovvero che la curva D è l’unione dei due grafici delle funzioni y = x x − x2 ed
√
y = −x x − x2 . È decisamente più conveniente usare gli strumenti introdotti
in questo capitolo per disegnare D. Cominciamo con l’osservare che, essendo
per i punti di D vera l’equazione y 2 = x3 − x4 , si deve necessariamente avere
43
x3 − x4 > 0. Ovvero 0 6 x 6 1. Pertanto il grafico di D è contenuto nella
striscia di piano 0 6 x 6 1. Poiché in p(x, y) compaiono solo potenze pari della
y, il profilo di D è simmetrico rispetto all’asse x. Il grafico di D passa per i
punti (0, 0) e (1, 0), ai bordi del dominio. Il gradiente di p(x, y) è ∇p(x, y) =
(4x3 −3x2 , 2y). L’unico punto di D che annulla il gradiente di p(x, y) è l’origine
che è quindi un punto singolare. Il complesso tangente nell’origine è ottenuto
annullando i termini di grado minimo di p(x, y), ovvero y 2 = 0. Si trova che
l’asse x è una tangente doppia per D nell’origine. Quindi (0, 0) è un punto
singolare di natura cuspidale per D. Poiché l’asse x è asse di simmetria per
D, allora siamo di fronte ad una cuspide di prima specie. C’è solo un punto
a tangente verticale, cioè (1, 0). Mentre ci sono due punti (simmetrici rispetto
√ all’asse x) a tangente orizzontale, precisamente 34 , ± 3163 . La curva hessiana
associata a D è definita dall’equazione
Hp : x(−18x3 + 48x4 − 32x5 + 24y 2 − 48xy 2 ) = 0.
Messa a sistema con p(x, y) = 0 otteniamo l’equazione risolvente 2x4 (8x2 −
√
12x + 3) = 0 che produce la sola soluzione accettabile x = 41 (3 − 3). In
corrispondenza di questo si trovano i due flessi di D. Poiché il termine di
grado massimo in y non coinvolge la x, la curva D non ha asintoti verticali.
Ovviamente, per come è fatto il dominio non può avere asintoti nemmeno di
altra natura. La curva D è allora chiusa. Il suo grafico è il seguente
y
0.4
0.2
0.2
-0.2
0.4
-0.2
-0.4
44
0.6
0.8
1.0
x
(iv) Studiare la quartica di equazione
Q : p(x, y) = x4 + y 4 − xy 2 = 0.
La curva può essere portata in forma esplicita
s
√
x ± x2 − x4
y=±
.
2
Conviene utilizzare piuttosto gli strumenti visti in questo capitolo.
Cerchiamo il dominio. Dall’uguaglianza x4 + y 4 = xy 2 , segue che x > 0. Dalla
condizione di realtà della forma esplicita segue che x2 − 4x4 = x2 (1 − 4x2 ) > 0,
ovvero − 12 6 x 6
1
.
2
Ne consegue che la curva Q si trova nella striscia di
piano 0 6 x 6 12 . Inoltre la curva Q è simmetrica rispetto all’asse delle ascisse.
L’unico punto in cui Q incontra gli assi è l’origine.
Si trova che
∇p(x, y) = (4x3 − y 2 , 4y 3 − 2xy).
Da questo segue che l’unico punto singolare di Q è l’origine. Il complesso
tangente all’origine è dato da xy 2 = 0. Quindi l’origine è un punto triplo con
tangenti l’asse y, rispetto a cui si comporta come un punto ordinario a tangente
verticale, e l’asse x contato due volte. Poiché la curva è simmetrica rispetto
all’asse x, l’origine è una cuspide di prima specie per Q rispetto all’asse x. I
punti di Q a tangente orizzontale sono
!
√
√
4
3
27
, ±
4
4
e quelli a tangente verticale
1
1
, ±
2
2
.
L’hessiana associata a Q ha equazione
Hp : 32x7 − 192x6 y 2 − 32x4 y 2 + 224x3 y 4 − 192x2 y 6 − 6xy 4 + 4y 6 = 0.
Si trova che l’unico punto di intersezione tra Q e Hp è l’origine che è un punto
singolare. Pertanto Q non ha punti di flesso. Si trova anche che la curva non
ha asintoti e che è una curva chiusa.
Il grafico di Q è quindi il seguente
45
y
0.6
0.4
0.2
0.2
-0.2
0.4
0.6
x
-0.2
-0.4
-0.6
(v) Studiamo la curva
F : x3 + y 3 − 6xy = 0,
detta folium di Cartesio. Diciamo subito che non è affatto facile esplicitare la
y in funzione della x a partire dall’equazione di F . Lo stesso vale per la x in
funzione della y. Determiniamo ora il dominio in cui si trova il grafico. Poiché
la curva è definita da un polinomio di terzo grado sia in x che in y, per ogni
valore di x ∈ R esiste una y ∈ R tale che P = (x, y) ∈ F . Similmente si ottiene
che ogni y ∈ R è ordinata di un punto di F . Questo significa che il grafico di
F si proietta su tutto l’asse x e su tutto l’asse y. Ne segue che la curva F non
è chiusa e dunque si chiude all’infinito. Osserviamo che l’equazione di F si può
scrivere come
(x + y)(x2 + y 2 − xy) = 6xy.
Poiché la quantità x2 + y 2 − xy è un falso quadrato, esso assume sempre valori
positivi per ogni x, y ∈ R. Quindi se x > 0 ed y > 0, allora deve essere x+y > 0.
46
Pertanto il folium può trovarsi nella zona definita da



x>0



y>0




x + y > 0
che equivale a


x > 0
. Ragionando in maniera del tutto simile con le altre

y > 0
possibilità di segno di x ed y, si trova che i punti del folium devono verificare o
la precedente condizione, oppure una delle seguenti due:






x60
x>0






y>0
y60








x + y 6 0
x + y 6 0.
Ne segue che il grafico di F è situato nella regione del piano colorata in figura:
4
2
-4
2
-2
4
-2
-4
Si osserva che scambiando x con y il polinomio che definisce F resta invariato,
pertanto F è simmetrica rispetto alla bisettrice del primo e terzo quadrante.
L’unico punto di intersezione con gli assi è l’origine che è anche l’unico punto
singolare di F .
47
Il complesso tangente all’origine è −6xy = 0 che produce le due tangenti x = 0
ed y = 0. Quindi l’origine è un nodo che ha per tangenti gli assi cartesiani. La
curva F non ha punti di flesso.
Vediamo se ha asintoti. Applichiamo la sostituzione y = mx. Allora abbiamo
che l’equazione x3 + m3 x3 − 6mx2 = 0 , dopo aver diviso per x3 e mandato
x all’infinito, produce il solo valore reale m = −1. Con la sostituzione ora
y = −x+ q, trascurando i termini di grado minore di quello massimo, otteniamo
l’equazione 3qx2 − 6x2 = 0, che dà il valore q = 2, grazie al solito procedimento.
Abbiamo cosı̀ l’asintoto y = −x − 2. Poiché la massima potenza di y non
moltiplica x, la curva non ha asintoti verticali.
Per capire come si configura la curva rispetto al suo asintoto è utile studiare le
intersezioni che ha F con il fascio di rette parallele al suo asintoto. Intersecando
la retta generica rk : y = −x + k con F , si ottiene che ci sono intersezioni solo
per i valori di k compresi tra −2 e 6. Quindi il grafico di F è compreso tra le
rette y = −x − 2 (che è appunto l’asintoto) e la retta y = −x + 6.
Infine, il grafico di F è
y
4
2
-4
2
-2
-2
-4
48
4
x
14
Parabole cubiche di Newton
Nell’opera latina Enumeratio linearum tertii ordinis pubblicata agli inizi del Settecento, Newton classificò una famiglia notevole di curve di terzo grado, le parabolae
divergentes, che noi chiameremo parabole cubiche di Newton.
Sia dato
f (x) = ax3 + bx2 + cx + d ∈ R[x]
un polinomio di terzo grado2 . Chiameremo parabola cubica di Newton la curva C
definita dal polinomio y 2 − f (x) ∈ R[x, y], ovvero: C : y 2 = f (x).
A seconda delle radici del polinomio f (x) si ottiene la seguente classificazione.
1. Parabola con ovale
Supponiamo che il polinomio f (x) abbia tre radici reali e distinte α < β < γ.
Quindi
C : y 2 = (x − α)(x − β)(x − γ).
Poiché deve essere y 2 > 0, la regione del piano in cui si trova il grafico di C è
quella in cui α 6 x 6 β oppure x > γ. La curva è liscia e non ha asintoti. Si
ottiene un grafico del tipo:
Α
2
Β
Γ
Ricordiamo che un polinomio di grado dispari a coefficienti reali ammette sempre una radice
reale (per il Teorema degli zeri di Bolzano).
49
2. Parabola puntata
Supponiamo ora che il polinomio f (x) abbia tre radici reali di cui due coincidenti.
Supponiamo inoltre che le due coincidenti siano minori della terza. Allora α =
β < γ. Quindi
C : y 2 = (x − α)2 (x − γ).
Poiché deve essere y 2 > 0, la regione del piano in cui si trova il grafico di C è
quella in cui x = α oppure x > γ. Questo vuol dire che il punto P = (α, 0) ∈ C è
un punto isolato. Si ottiene un grafico del tipo:
Α=Β
Γ
3. Parabola nodata
Supponiamo che il polinomio f (x) abbia ancora tre radici reali di cui due coincidenti. Supponiamo però che le due coincidenti siano maggiori della terza. Allora
α < β = γ. Quindi
C : y 2 = (x − α)(x − β)2 .
Poiché deve essere y 2 > 0, la regione del piano in cui si trova il grafico di C è
quella in cui x > α. Si trova con i metodi visti sopra, che il punto P = (β, 0) ∈ C
è un nodo e che non ci sono asintoti. Il grafico di C è del tipo:
50
Α
Β=Γ
4. Parabola cuspidata
Supponiamo che il polinomio f (x) abbia tre radici reali e coincidenti. Allora
α = β = γ. Quindi
C : y 2 = (x − α)3 .
Poiché deve essere y 2 > 0, la regione del piano in cui si trova il grafico di C è
quella in cui x > α. Si trova con i metodi visti sopra, che il punto P = (α, 0) ∈ C
è una cuspide. Il grafico di C è del tipo:
Α=Β=Γ
51
5. Parabola pura
Supponiamo che il polinomio f (x) abbia ora una sola radice reale. Allora
C : y 2 = (x − α)(ax2 + bx + c),
dove b2 − 4ac < 0. Poiché deve essere y 2 > 0, la regione del piano in cui si trova il
grafico di C è quella in cui x > α. La curva è liscia e non ha asintoti. Il grafico di
C è del tipo:
Α
Le parabole appartenenti alle classi 1. e 5. sono di particolare importanza nella
Matematica e nell’Informatica. Esse infatti costituiscono le curve ellittiche, che sono
largamente utilizzate nella moderna Teoria dei numeri, nella Crittografia e nella Teoria
dei codici.
52
15
Esercizi proposti
Esercizio 15.1. Determinare l’equazione della retta tangente a ciascuna delle seguenti curve algebriche piane nei punti accanto indicati:
(i) C : x2 − 2x + y 2 = 0 nel punto P = ( 12 ,
√
3
);
2
(ii) C : (x + y)(x − y + 2) = 0 nel punto P = (0, 0);
(iii) C : x4 + y 4 − 3x2 y = 0 nei suoi punti di ordinata 1;
(iv) C : x3 − 6xy + y 3 = 0 in un suo generico punto (x0 , y0 ) 6= (0, 0);
(v) C : x2 + (y − 1)2 = r 2 , con r > 0, in un suo generico punto (x0 , y0 );
(vi) C : xy − 1 = 0 in un suo generico punto (x0 , y0 ).
Esercizio 15.2. Individuare le simmetrie delle seguenti curve:
(i) C : x2 + y 2 = 9;
(ii) C : x + y − 2 = 0
(iii) C : x3 y 2 − x2 + y 4 = 0;
(iv) C : y 4 − y 2 + x2 − x4 = 0;
(v) C : 3xy + x3 y 3 − 2x5 = 0
Esercizio 15.3. Determinare i punti singolari delle seguenti curve algebriche piane:
(i) C : x3 − 6xy + y 3 = 0;
(ii) C : y 2 (1 − x2 ) = (x2 + 2y − 1)2 ;
(iii) C : (x2 − 1)2 y = (y 2 − 1)2 x;
(iv) C : (x2 − 1)2 + (y 2 − 1)2 = 1;
(v) C : (y 2 − x2 )(x − 1)(x − 32 ) = 2(y 2 + x2 − 2x)2 ;
(vi) C : (x2 + y 2 )(x2 + y 2 − 2x)2 = 4(x2 − y 2 )2 ;
(vii) C : xy 2 + 2y − x2 − 3x − 3 = 0.
53
Esercizio 15.4. Determinarne il complesso tangente nei punti singolari delle seguenti
curve algebriche piane:
(i) C : x3 − 6xy + y 3 = 0;
(ii) C : y 2 = x3 − x2 ;
(iii) C : y 2 = x3 ;
(iv) C : y 2 − x3 − x = 0;
(v) C : y 2 − x3 + x4 = 0;
(vi) C : y 4 + x4 + xy 2 = 0;
(vii) C : (y 2 − x2 )(x − 1)(x − 23 ) = 2(y 2 + x2 − 2x)2 ;
(viii) C : xy 2 + 2y − x2 − 3x − 3 = 0.
Esercizio 15.5. Determinare gli eventuali asintoti delle seguenti curve algebriche
piane:
(i) C : (x − 1)y 2 − x = 0;
(ii) C : y 2 x(y − x) − y 3 − yx2 + 2x2 = 0;
(iii) C : (x2 − 1)(x − 2)y 2 − x3 + 4y = 0;
(iv) C : x2 (y + 2) = y 2(x − 1);
(v) C : x(y − x)2 = y 2;
(vi) C : (y 2 − x2 )(x − 1)(x − 23 ) = 2(y 2 + x2 − 2x)2 ;
(vii) C : y(y − x)2 (y + 2x) = 9x3 .
Esercizio 15.6. Determinare i punti regolari a tangente orizzontale ed a tangente
verticale delle seguenti curve algebriche piane:
(i) C : xy + (x − 1)y 2 + 1 = 0;
(ii) C : x3 + y 3 = 0;
(iii) C : x3 + y 3 − xy = 0;
54
(iv) C : x(y − x)2 = y 2;
(v) C : xn + y n = 1, con n ∈ N;
(vi) C : y 2 + xy − 2x2 = 0.
Esercizio 15.7. Determinare gli eventuali punti di flesso delle seguenti curve algebriche piane:
(i) C : x2 y + 2x + 1 = 0;
(ii) C : x3 − xy + x + y − 1 = 0;
(iii) C : x3 − 9xy + y 3 = 0;
(iv) C : y 2 = x3 − x2 ;
(v) C : y 2 = x3 ;
(vi) C : y 2 − x3 − x = 0;
(vii) C : y 2 = x3 − x;
(viii) C : y 2 = x3 − x4 .
Esercizio 15.8. Studiare e tracciare il grafico delle seguenti curve algebriche piane:
(i) C : 2x2 − 4x + 2 + 3y 2 − 4 = 0;
(ii) C : x3 − 9xy + y 3 = 0;
(iii) C : y 2 = x3 − x2 ;
(iv) C : y 2 = x3 ;
(v) C : y 2 − x3 − x = 0;
(vi) C : y 2 = x3 − x;
(vii) C : y 2 = x3 − x4 ;
(viii) C : y 4 + x4 + xy 2 = 0;
(ix) C : y 4 + x4 + x2 y 2 = 0;
55
(x) C : y 4 + x4 − 4x2 y 2 = 0;
(xi) C : x4 + y 4 − 3xy 2 = 0;
(xii) C : x4 + y 4 − x2 y − y 2x = 0;
(xiii) C : (y − 2x2 )2 = x5 ;
(xiv) C : x4 + 2x2 y − 2y 3 = 0;
(xv) C : x4 − xy − y 3 = 0;
(xvi) C : (y 2 − x2 )(x − 1)(x − 32 ) = 2(y 2 + x2 − 2x)2 (difficile ma di sicuro effetto...);
(xvii) C : x5 + y 5 − 5x2 y = 0.
Esercizio 15.9. Classificare le curve della forma
y 2 = f (x),
dove f (x) è un polinomio di quinto grado a coefficienti reali. (Suggerimento: si
proceda come si è fatto per le parabole cubiche di Newton).
Esercizio 15.10. Al variare del parametro a ∈ R, si consideri la famiglia di curve:
Ca : x2 y = x + a.
(i) Provare che le curve Ca non hanno alcun punto in comune.
(ii) Provare che ciascuna delle Ca presenta un solo flesso e determinare la tangente
inflessionale in esso.
(iii) Provare che le Ca hanno un asintoto in comune.
(iv) Determinare i punti a tangente orizzontale delle Ca al variare di a ∈ R.
(v) Tracciare il grafico di Ca al variare di a ∈ R.
Esercizio 15.11. Dopo aver verificato che le seguenti curve sono riducibili, determinare le loro componenti irriducibili ed i loro punti singolari:
(i) C : x4 + y 4 − 4x2 y 2 = 0;
(ii) C : y 4 − 2x2 y 2 + x4 − x2 + y 2 = 0;
56
(iii) C : y 3 − x2 y − x2 y 2 + x4 − x2 + y 2 = 0;
(iv) C y 4 − x4 + 2x2 − 1 = 0.
Esercizio 15.12. Sia data la curva
A : 2x6 + 3x4 y 2 − 3x4 − 3x2 y 4 + x2 − 2y 6 + 3y 4 − y 2 = 0.
(i) Verificare che A è simmetrica rispetto all’asse x, all’asse y e rispetto alle due
bisettrici del piano.
(ii) Provare che A contiene l’ellisse E : x2 + 2y 2 = 1.
(iii) Dedurre grazie ai punti (i) e (ii) che A contiene l’ellisse E : 2x2 + y 2 = 1.
(iv) Determinare le componenti irriducibili di A .
(v) Trovare i punti singolari di A e tracciare il suo grafico.
Esercizio 15.13. Si dimostri con tutti i dettagli il Teorema 8.3.
Esercizio 15.14. Dimostrare che due circonferenze hanno al più due punti in comune.
Esercizio 15.15. Provare che due coniche che hanno cinque punti comuni necessariamente coincidono.
Esercizio 15.16. Dimostrare che una conica che contiene tre punti allineati è unione
di rette.
Esercizio 15.17. Dimostrare che una cubica che ha sette punti in comune con una
conica contiene necessariamente una retta.
Esercizio 15.18. Siano date due curve C e D di gradi rispettivamente m ed n, con
m 6 n. Si supponga inoltre che C sia irriducibile. Dimostrare che se C e D hanno
mn + 1 punti in comune, la curva D è riducibile e contiene C .
Esercizio 15.19. Si dimostri che vale la legge di annullamento del prodotto tra
polinomi (Proposizione 1.5).
Esercizio 15.20. Dimostrare le formule del grado (Proposizione 1.6).
Esercizio 15.21. Dimostrare che una conica singolare contiene una retta. È vero
anche il viceversa?
57