Non è una moda e nemmeno un passatempo per nerd. La diffusione

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Transcript Non è una moda e nemmeno un passatempo per nerd. La diffusione

Economia | La finanza ai tempi di Internet
Non è una moda e nemmeno un passatempo per nerd.
La diffusione dei «soldi fantasma» è solo una questione di tempo
Bitcoin
in tasca
Benvenuti nell’era della moneta virtuale. La più famosa si chiama
bitcoin, ma ne stanno nascendo già altre. Tramite meccanismi
appositi generati al computer gli utenti possono conservare
il denaro e scambiarselo da terminale a terminale.
È una opportunità di guadagno, una nuova soluzione di pagamento
e un modo per svincolarsi dalle Banche centrali. Ma vi sono anche
molti dubbi sull’affidabilità di un sistema tanto giovane e innovativo
di Ugo Bertone
M
In alto:
Milton Friedman,
l’economista
della scuola
di Chicago
che per primo
ipotizzò la possibilità
di un sistema
di denaro digitale
34 OUTLOOK - SETTEMBRE/OTTOBRE 2014
oneta del futuro o sogno degli spacciatori? Sul bitcoin, la valuta elettronica,
le discussioni si sprecano. Anche se,
per la verità, molti ne parlano, alcuni la usano,
pochi si fidano e quasi nessuno ne ha mai vista
una. Ma guai a giudicare la moneta virtuale alla
stregua di una semplice moda o di un gioco per
smanettoni. E non solo perché anche in Italia,
sulle vetrine di alcuni negozi, tra i loghi delle
carte di credito e dei buoni pasto, già spunta la B
gialla, con due stanghette verticali che fanno il
verso al simbolo del dollaro che sta a segnalare
che «qui si accettano bitcoin». Come, ad esempio,
al ristorante Sticaus di Milano. Vedi al proposito
sul mensile «Wired» la testimonianza di Andrea
Fraccaro, titolare del locale milanese: «Emetto lo
scontrino in euro, poi faccio la conversione istantanea. Il cliente con lo smartphone o il tablet inserisce un codice alfanumerico o inquadra un qr
code e procede al trasferimento».
Piccoli segnali in linea con quel che sta accadendo in Silicon Valley, dove si moltiplicano le iniziative dei venture capital per assicurarsi un posto nell’ultima rivoluzione elettronica che, agli
occhi dei più entusiasti, promette di non essere
meno rilevante della nascita del pc (anno 1973) o
dell’avvio della rete Internet (anno 1993). Come
aveva profetizzato, in epoca non sospetta, addirittura Milton Friedman, l’economista principe
della scuola di Chicago: «Una cosa che ancora
non c’è ma che presto sarà sviluppata: un sistema di denaro digitale affidabile, un metodo con
cui trasferire fondi su Internet da A a B senza
che A e B si conoscano: io prendo venti dollari e te
li do, tu li ricevi senza che tu sappia chi io sia». E
senza una banca centrale che regoli il flusso della moneta.
Un quadro che non convince tutti. Prendiamo
SETTEMBRE/OTTOBRE 2014 - OUTLOOK 35
Economia | La finanza ai tempi di Internet
Sono occorsi decenni per inventare un meccanismo capace di creare
fiducia tra le parti in un universo per definizione poco affidabile
come la Rete. I bitcoin (ma sono già nati anche i dogecoin
e i zerocoin, e altri ne nasceranno) sono una moneta elettronica,
nata su Internet e stampata via pc, che viene controllata e scambiata
interamente e solamente da computer e server sparsi nel mondo.
Non esiste una Zecca o una Banca centrale, ma solo un lungo
indirizzo generato da computer collegati in rete
che eseguono complesse operazioni matematiche
la testimonianza di Wences Casares, ceo di un servizio
concorrente, Xapo, attivo nei trasferimenti di denaro a
distanza. «Le dimensioni del mercato di bitcoin», dice
al «Financial Times», «sono troppo modeste. Non più di
sette miliardi di dollari in tutto, troppo poco per creare
infrastrutture adeguate per affidabilità e sicurezza».
In assenza delle quali la moneta elettronica non assumerà mai, a suo dire, dimensioni di mercato di massa.
Perplesso anche Adam Shapiro, consulente di Promontory advisor, che mette il dito nella piaga: «Non esistono garanzie di sicurezza adeguate e mancano regole condivise. Molte banche, dopo l’iniziale consenso,
si sono tirate indietro dal mercato dei bitcoin». Al con-
36 OUTLOOK - SETTEMBRE/OTTOBRE 2014
trario, alcuni guru della tecnologia come Halsey Minor,
fondatore di Salesforce.com e di Cnet, stanno impiegando capitali e cervelli per migliorare il sistema: la nuova Bitreserve offre ai privati la possibilità di depositare capitali in qualsiasi valuta da convertire, al momento dell’uso in bitcoin.
Insomma, al solito il mondo si divide in apocalittici
e integrati, visionari e conservatori. Chi giudica il bitcoin l’ultima favoletta libertaria o l’ultima mania della
Silicon Valley per drogare l’interesse verso la tecnologia digitale. E chi al contrario sottolinea le enormi opportunità del sistema finanziario sotto i cieli di Internet, come potrebbe e dovrebbe funzionare. E presto funzionerà.
Il mistero di Satoshi Nakamoto
Chi ha ragione? Per ora si può soltanto affermare
che, nonostante alcuni infortuni con la giustizia (vedi
Silk Road, il mercato online di stupefacenti e carte di
credito rubate scoperto nel 2011) e il clamoroso furto
dello scorso febbraio a Mister Gox, la «banca» giapponese in cui era parcheggiato un tesoro svanito a opera
di hacker, il bitcoin riscuote un crescente interesse. Da
parte di Wall Street e di Silicon Valley, ma anche dagli
investitori argentini o cinesi che vogliono mettere i loro soldi al sicuro. Da qualche mese la moneta elettronica si è data una ripulita, non è più anonima e viene accettata da un numero crescente di siti commerciali, tra
cui Amazon. Viene usata in sempre più nei Paesi emergenti, in particolare in Kenya, per le rimesse dall’estero. La Bce gli ha dedicato uno studio di 55 pagine che,
seguendo l’approccio della Bundesbank nei confronti
delle valute complementari che circolano attivamente
in tutta la Germania, dà la luce verde, a condizione che
l’offerta di moneta rimanga limitata nel suo controvalore in euro. Non mancano, insomma, i buoni motivi
per cercare di capire che cosa sia e a che serva la moneta virtuale, spuntata dal nulla nel 2008 a opera di uno
o più inventori che si celano dietro il nome di Satoshi
Nakamoto. Un nom de plume, probabilmente, nonostante lo scoop di «Newsweek» che con grande clamore
ha rivelato che il signor Satoshi Nakamoto esiste per
davvero. Peccato che l’anziano fisico giapponese che
vive a San Bernardino in California, non c’entri nulla.
I segreti della «catena nera»
Ma bando agli aneddoti. Dal punto di vista tecnologico, il bitcoin è una cosa seria, come sottolinea Marc
Da sinistra: Marc Andreessen,
pioniere di Internet, inventore
di Netscape; Wences Casares,
ceo di Xapo, la società attiva
nei trasferimenti di bitcoin
A Milano sono ormai parecchi
i posti dove i bitcoin vengono
accettati. Come la galleria d’arte
Deodato e il ristorante Sticaus.
Si riconoscono dal logo
«Si accettano bitcoin»
e dal cartello con il cambio,
aggiornato quotidianamente
SETTEMBRE/OTTOBRE 2014 - OUTLOOK 37
2008
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Economia
Andreessen, uno dei pionieri di Internet, noto per aver inventato Mosaic (il primo web
browser a essere utilizzato su vasta scala),
e creato Netscape (il primo browser grafico
di successo), grande investitore della Silicon Valley: «Il bitcoin», ha spiegato sul
«New York Times», «è il frutto di vent’anni
di ricerca sulle valute crittografiche e di quarant’anni di ricerca sulla crittografia». Tanti sforzi per risolvere quello che gli addetti
ai lavori hanno battezzato «l’enigma dei generali bizantini». In sintesi, la storia è questa: un gruppo di generali bizantini sono
accampati con le loro truppe intorno a una
città nemica; comunicando solo tramite un
messaggero devono elaborare un piano di
battaglia comune; ma uno di loro potrebbe
essere un traditore. La soluzione del problema sta nello sviluppare un algoritmo che
permetta ai generali leali di fidarsi. Messa
così può sembrare un gioco da «Settimana
Enigmistica». La posta in gioco, invece, era
altissima: inventare un meccanismo capace di creare fiducia tra le parti in un universo per definizione poco affidabile come la Rete. Ovvero una moneta elettronica, nata su
Internet e stampata via pc, che viene controllata e scambiata interamente e solamente
da computer e server sparsi per Internet
sulla rete. Non esiste una Zecca fisica o una
Banca centrale, ma solo un lungo indirizzo
generato da vari computer collegati in rete
che eseguono complesse operazioni matematiche.
Come funziona? Alla base c’è il «block
chain», ovvero il libro mastro digitale delle
transazioni che garantisce la sicurezza dei
bitcoin e permette agli utenti di verificare chi
possiede dei bitcoin e quanti. Ogni nuovo
«blocco» richiede una traccia delle transazioni recenti accompagnata da una stringa
di lettere e numeri denominata «hash» che
si basa sul blocco precedente ed è prodotta
attraverso un logaritmo crittografato. I «miner» (cioè, i cercatori di bitcoin che gestiscono la miniera virtuale, ovvero il software del bitcoin) generano hash in ordine sparso concorrendo tra di loro a generare una
stringa con un valore al di sotto di un certo
coefficiente di difficoltà e quindi completare un nuovo blocco premiato da altri 25 bit-
coin. Questa difficoltà rende impossibile simulare una
transazione, a meno di disporre di una potenza di calcolo maggiore rispetto a tutti gli utenti della rete. Insomma, i generali bizantini possono fidarsi (ma non
troppo) dei bitcoin che, a differenza della carta moneta, non sono infiniti: il numero totale di moneta elettronica che può essere generato è limitato a poco più di
21 milioni di pezzi: nessuna Banca centrale potrà perciò inondare il mercato di nuova moneta. In cambio è
possibile frazionare i bitcoin esistenti o utilizzarli per
vari scopi, come sta facendo Vitalik Buterin, 19 anni,
canadese, che ha lanciato Ethereum, una piattaforma
in grado di gestire diverse valute crittografate (accanto ai bitcoin sono nate dogecoin e zerocoin, e altre ne nasceranno) e di ospitare una serie di applicazioni decentrate, dando vita a social network che ospitano sistemi
economici complessi in cui sono sviluppati mercati di
derivati finanziari o versioni decentrate di Dropbox o
eBay.
Troppo complicato? Nessuna paura. Così come non
viene chiesto al possessore di una carta di credito di conoscere il gergo della rete bancaria, così il cliente dei
I bitcoin fluttuano sulla base della domanda e dell’offerta
come le azioni in un listino di Borsa. Questo significa estrema
volatilità delle quotazioni. e il problema è molto serio:
finora i bitcoin hanno incentivato le speculazioni e scoraggiato
l’utilizzo più coerente, quello di sistema di pagamento a distanza.
Ma più gente utilizzerà i bitcoin, più il prezzo si stabilizzerà
e lo scambio di grandi somme diventerà meno complicato
bitcoin può ignorare i principi della block chain.
Banca centrale addio
Quel che conta sapere è che per entrare nel libro mastro bisogna comprare uno spazio (il numero degli spazi è prestabilito) pagando in denaro oppure comprando
e vendendo un prodotto o un servizio per conto di bitcoin. Per uscire si scambiano i propri bitcoin, cioè gli
spazi nel libro mastro, con qualcuno che vuole entrare.
Chiunque, in ogni parte del mondo, può entrare o uscire senza bisogno di autorizzazioni e a costo zero o quasi. Il prezzo? I bitcoin fluttuano come le azioni in un listino di Borsa, sulla base della domanda e dell’offerta.
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Economia | La finanza ai tempi di Internet
DALLA RICERCA CHIMAR NASCE
POLIECO VCI
®
leadership, potrebbero accettare di autogovernarsi. Ma,
nell’attesa dei prossimi sviluppi, poniamo la domanda
capitale: a che serve il bitcoin? Proviamo a illustrare alcuni degli infiniti, possibili sviluppi. In maniera seria e
meno seria.
MIGLIOR PROTEZIONE, RISPETTO AMBIENTALE E RISPARMIO
“ALL-IN-ONE”
È possibile conciliare la struttura decentrata e anarchica dei bitcoin
con l’attività di vigilanza? I problemi sono gli stessi posti da Internet.
La soluzione cinese è di vietarne l’uso alle istituzioni finanziarie,
consentendolo solo ai privati cittadini. In alternativa si può chiedere
agli enti coinvolti di tenere un registro di tutte le transazioni,
con l’obbligo di segnalare quelle sospette. O ancora, i governi
potrebbero collaborare con i principali operatori di bitcoin
per dotarsi di una forma affidabile di autogoverno
Il che spiega l’estrema volatilità delle quotazioni, da
poco più di dieci dollari a oltre 1.200 per poi scivolare a
600 dollari. Un’estrema volatilità che rappresenta un
problema serio: il bitcoin ha consentito grosse speculazioni finanziarie ma ha scoraggiato l’utilizzo più coerente, quello di sistema di pagamento a distanza. Ma
l’inconveniente potrebbe ridimensionarsi con l’uso crescente: più gente utilizzerà i bitcoin, più il prezzo si
In alto:
stabilizzerà e lo scambio di grandi somme diventerà
Satoshi Nakamoto,
meno complicato.
il fisico giapponese
Questa esigenza ci conduce al sistema delle regole:
che vive
è possibile conciliare la struttura decentrata e anarchiin California,
ca di bitcoin con l’attività di vigilanza? I problemi sono
indicato
gli stessi posti da Internet. Si potrebbe adottare l’eda «Newsweek»
sempio cinese: Pechino vieta l’uso dei bitcoin alle isticome il padre
tuzioni finanziarie, ma lo consente ai privati cittadini.
dei bitcoin.
In questo modo diventa difficile utilizzare la moneta
Ma è risultato
elettronica per le grandi truffe. Oppure si può chiedere
solo omonimo
alle istituzioni di tenere un registro su tutte le transadegli inventori
zioni, con obbligo di segnalazione per quelle sospette.
della moneta digitale Oppure, soluzione più sofisticata, i governi potrebbero
che hanno usato
collaborare con i principali operatori di bitcoin. Anche
quel nome
se la rete è decentrata, la maggior parte delle transaziocome pseudonimo
ni fa capo a pochi account che, per mantenere l’attuale
40 OUTLOOK - SETTEMBRE/OTTOBRE 2014
Il mercato potenziale più ricco è senz’altro quello
delle rimesse internazionali. Ogni giorno centinaia di
milioni di persone che lavorano all’estero inviano denaro alle famiglie nei Paesi d’origine: secondo la Banca
mondiale il giro d’affari è di circa 400 miliardi di dollari all’anno, su cui ogni giorno banche e aziende che offrono servizi a pagamento incassano commissioni fino
al 10 per cento, che potrebbero essere destinate a scendere di molto, fino quasi a zero, grazie all’uso dei bitcoin. Non meno rilevante il ruolo della moneta virtuale
per quelle fasce di popolazione che non dispongono di
un conto corrente. O per i micropagamenti, su cui da
almeno vent’anni si sono spesi investimenti da parte
delle banche piuttosto che delle società mobile senza risultati significativi: non è conveniente effettuare pagamenti di piccola entità, ma lo diventa con il bitcoin,
attualmente fino a otto decimali dopo la virgola, in futuro anche di più. Perciò è possibile indicare una cifra
minima e spedirla a costo zero in qualsiasi parte del pianeta, con un grosso vantaggio, ad esempio, per le aziende editoriali.
Grazie ai bitcoin sarà possibile risolvere il problema degli spam: in futuro i sistemi di posta elettronica
e i social network potranno rifiutare i messaggi in entrata a meno che non siano accompagnati da una cifra
minima di bitcoin, così modesta da essere indifferente
per il mittente ma abbastanza cospicua da scoraggiare
chi vuole inviare senza spese miliardi di messaggi. Gli
esempi possono continuare all’infinito, anche con qualche malizia. Quale migliore sistema per distribuire mazzette che una moneta elettronica anonima? Vero in teoria, anche se in pratica usare i bitcoin per una grossa
tangente non è poi così facile; secondo gli esperti, una
analisi approfondita può compromettere l’anonimato
nel caso della conversione di una rilevante quantità di
bitcoin in euro o dollari. E così via. Nessuno sa oggi davvero a cosa condurranno i bitcoin e le altre monete simili. Un po’ come agli albori di Internet, quando le aspettative andavano dallo scetticismo all’euforia. E, come allora, molte previsioni si riveleranno sbagliate. Ma
guai a ignorare il denaro crittografato: il futuro del business globale potrebbe passare di lì. E il condizionale
non è d’obbligo.
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