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Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XV - 21/11/2014
A cura di Bruno Pastorelli
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Sommario
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CORRIERE DI SIENA/ di Viterbo, Maremma e Umbria venerdì 21 novembre 2014
Sileoni a Federcasse: “Rinnovi il contratto prima dell’Abi, sarebbe un bel segnale”
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L'ARENA venerdì 21 novembre 2014
CONTRATTI . In vigore fino al 30 dicembre - Disdetta all'integrativo dalle 32 Bcc del Veneto - Il
provvedimento riguarda sette istituti nel Veronese e 500 persone impiegate I sindacati: «Atto grave»
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IL GAZZETTINO venerdì 21 novembre 2014
TAVAGNACCO È confluita in una Bundesholding del ministero austriaco Hypo interessa una banca
azera Troppi vincoli operativi scoraggiano. Il sindacato: «Così non si va avanti»
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MF-MILANO FINANZA venerdì 21 novembre 2014
Technip ci riprova ma Cgg dice ancora no all'offerta
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MF-MILANO FINANZA venerdì 21 novembre 2014
Abi, mai più un altro caso Mussari - Con le regole votate dall'assemblea straordinaria nessuno potrà più avere
incarichi nell'associazione se non è ai vertici di una banca. Sospensione per chi è colpito da provvedimenti
restrittivi della libertà
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MF-MILANO FINANZA venerdì 21 novembre 2014
Bce: troppe le regole nazionali - Il capo della supervisione Nouy: occorre ridurre le discrezionalità concesse ai
Paesi sul capitale delle banche. Draghi: determinati a difendere l'euro, ora serve progredire verso una vera
Unione di Francesco Ninfole
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MF-MILANO FINANZA venerdì 21 novembre 2014
Da oggi via agli acquisti di Abs
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MF-MILANO FINANZA venerdì 21 novembre 2014
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
Riservato alle strutture
Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
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pista lo scorso anno dall'ex amministratore delegato Luigi Odorici. Le funzioni delle banche-rete vengono
ereditate da nove direzioni territoriali, mentre la semplificazione non ha interessato il Banco di Sardegna
(partecipato al 48,7% dall'omonima fondazione) e la Banca di Sassari. È su questo assetto di gruppo che in
queste settimane l'attuale ceo di Bper Alessandro Vandelli e i suoi stretti collaboratori stanno disegnando il
nuovo piano industriale triennale. Il documento dovrebbe essere presentato al mercato congiuntamente ai
risultati di bilancio del 2014 e quindi, con ogni probabilità, tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo. Secondo
quanto risulta a MF-Milano Finanza, il piano dovrebbe articolarsi su tre pilastri: la gestione della filiera del
credito, l'evoluzione tecnologica dei processi operativi e la razionalizzazione della struttura di rete. Il primo
aspetto interverrà in una delle aree oggi più delicate per Bper. Il gruppo modenese (che pure ha superato il
comprehensive assessment con un avanzo di capitale di 630 milioni) ha oggi un rapporto tra sofferenze e
crediti netti pari al 6,07% e un costo del credito complessivo al 30 settembre di 130 punti base. Già nel 2012
il management aveva messo in pista un progetto di gestione industrializzata delle sofferenze che prevedeva
anche la possibilità di vendere pacchetti di npl a soggetti specializzati. Un'operazione di questo genere è
stata, per esempio, la cessione pro soluto di un portafoglio di mutui residenziali non performing per un
valore nominale di 164 milioni completata nei mesi scorsi. Il nuovo piano si muoverà con ancor maggiore
incisività in questa direzione, facendo tesoro delle indicazioni raccolte durante il comprehensive assessment
della Bce. Altro aspetto cruciale del piano sarà la ridefinizione del modello distributivo che, se da un lato
permetterà di ridurre i costi e ridare fiato alla redditività, dall'altro consentirà al gruppo modenese di
guadagnare efficienza mettendosi in linea con gli altri operatori retail italiani.
Detto delle strategie industriali, sul fronte della governance il gruppo Bper è oggi all'avanguardia nel settore
delle popolari, anche grazie alle modifiche statutarie approvate l'anno scorso dall'assemblea. In vista di
quell'appuntamento erano stati previsti interventi ancor più incisivi (come la possibile in un doppio canale di
voto che valorizzasse i soci di capitale), ma il vuoto normativo ha impedito il completamento di quel progetto.
Sul fronte delle aggregazioni Bper ha oggi una posizione attendista, come la maggior parte delle banche
italiane che vogliono prima smaltire le rettifiche richieste dall'asset quality review e capire come si muoverà
la Vigilanza Unica europea nei prossimi mesi. Di certo, con un avanzo di capitale di 630 milioni, il gruppo ha
le carte in regola per svolgere il ruolo di polo aggregante. Secondo alcuni osservatori, le maggiori sinergie
potrebbero emergere in un'unione a tre con Veneto Banca e con una delle due popolari valtellinesi anche se
per il momento questo scenario appare più teorico che pratico. Un'altra pista punta a Banca Carige anche se
per la cassa genovese il candidato favorito sembrerebbe piuttosto la Popolare di Milano. (riproduzione
riservata)
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MF-MILANO FINANZA venerdì 21 novembre 2014
Fondo agenti, in Toro chiamano Crenca
di Anna Messia
L'obiettivo è fare chiarezza sull'effettiva consistenza del fondo pensione degli agenti di assicurazione che
rischia il commissariamento Covip per uno squilibrio finanziario che avrebbe raggiunto 800 milioni. A
questo fine gli agenti Toro, riuniti nel Gaat sotto la presidenza di Roberto Salvi, hanno chiesto allo studio
attuariale Crenca&Associati, uno dei più accreditati a livello nazionale, un'analisi tecnica statistico attuariale
sulla sostenibilità del fondo. «È necessario valutare con estrema attenzione l'effettivo disavanzo definendo
anche il fabbisogno per il quale, se necessario, si dovrà mettere mano al portafoglio», ha detto Salvi. Intanto,
però, la trattativa tra Ania e sindacati agenti, per cercare una soluzione condivisa, resta interrotta.
(riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA venerdì 21 novembre 2014
Il Bbva raccoglie 2 miliardi per Garanti
di Rosario Murgida
Il Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (Bbva) in poche ore ieri ha raccolto 2 miliardi di euro per sostenere le
proprie strategie di crescita in Turchia. Bbva ha infatti completato il collocamento (annunciato mercoledì) di
azioni di nuova emissione finalizzato a raccogliere le risorse per acquistare un ulteriore 14,89% della banca
Garanti salendo così al 39,9% del capitale del maggior istituto di credito turco per capitalizzazione di
mercato. Tramite una procedura di bookbuilding accelerato riservata a investitori istituzionali e curata da
Bank of America Merrill Lynch e Morgan Stanley, il Bbva ha emesso 242,4 milioni di titoli, pari al 4,09% del
capitale, al prezzo di 8,25 euro per azione. (riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA venerdì 21 novembre 2014
Scure di Bankitalia su Hypo Alpe Adria Bank
di Andrea Giacobino
Dopo l'accusa di truffa da parte della Guardia di Finanza a seguito dopo alcuni esposti messi in onda da
Striscia la notizia, su Hypo Alpe Adria Bank e la controllata Hypo Alpe Adria Leasing cala la scure della
Banca d'Italia con una sanzione complessiva di oltre 2,5 milioni di euro. La banca basata a Udine e
controllata dall'omonimo istituto austriaco, nel dettaglio è stata colpita da una multa di 1,49 milioni che ha
riguardato l'ex presidente Johannes Leopoldi Proksch (223 mila euro), l'ex vicepresidente Rainer Maria
Sichert, l'ex amministratore delegato Lorenzo Snaidero e l'ex consigliere Stephan Holzer (142.500 euro
ciascuno), gli ex consiglieri Gottwald Kranebitter e Stefan Barth (106.500 euro ciascuno), l'ex consigliere
Francesco Amendola (94.500 euro), l'ex ad e direttore generale Lorenzo Di Tommaso (198 mila euro), gli ex
sindaci Claudio Siciliotti, Adino Cisilino e Alessandro Zanon (84 mila euro ciascuno), Richard Burchia (48
mila euro) e Dino Biasotto (36 mila euro). Pesanti i rilievi mossi da Bankitalia agli ex organi esecutivi della
banca oggi presieduta da Alexander Picker: «Carenze nell'organizzazione, nei controlli e nel processo di
credito, posizioni ad andamento anomalo di previsioni di perdite non segnalate alla vigilanza e inosservanza
delle disposizioni di trasparenza».
Nel mirino di Via Nazionale anche la controllata Hypo Alpe Adria Leasing, da poco ridenominata Heta Asset
Resolution. La multa di oltre un milione ha colpito gli ex presidenti Di Tommaso (187 mila euro) e Proksch
(106.500 euro), gli ex consiglieri Albert De Cillia, Holzer e Daniele Metus (ciascuno per 106.500 euro), l'ex
direttore generale Paolo Pelliciotti (195 mila euro) e gli ex sindaci Cisilino, Zanon e Alessandro Cortellazzo
(84 mila euro ciascuno). Bankitalia ha rilevato «insufficienza patrimoniale, carenze nell'organizzazione e nei
controlli interni, inosservanza delle disposizioni in materia di trasparenza».
La Guardia di Finanza nello scorso ottobre aveva accusato Hypo Alpe Adria Bank di aver messo in atto una
truffa per oltre 88 milioni di euro ai danni dei suoi clienti a partire dal 1997. Le Fiamme Gialle avevano
indagato sui leasing gonfiati nella banca, dopo alcuni esposti presentati dopo un'inchiesta trasmessa da
Striscia. Nel dettaglio i manager avrebbero realizzato una manipolazione del software in uso alla banca per la
fatturazione dei leasing al fine di incassare interessi superiori rispetto a quelli addebitabili da contratto. I
fattori correttivi utilizzati sono stati applicati a oltre 54 mila contratti a partire dal 2004, consentendo
all'istituto di incassare illecitamente almeno 72,7 milioni relativi ai leasing gestiti da Hypo Alpe Adria Bank e
15,3 milioni relativi ai contratti gestiti dalla banca. Nel dettaglio, aveva spiegato la Gdf, la frode avveniva
attraverso il tasso di indicizzazione legato all'Euribor. In caso di aumento del tasso, la banca addebitava al
cliente una somma pari al 150% di quella dovuta mentre, in caso di riduzione del tasso, ai clienti era
accreditato solo il 50% di quanto spettante. (riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA venerdì 21 novembre 2014
Ma Poste deve proprio cedere Banca del Sud?
Contrarian
La Banca del Mezzogiorno è arrivata in Parlamento mercoledì scorso. Secondo quanto precisato dal ministro
dell'Economia, Pier Carlo Padoan, si sta valutando la fattibilità del passaggio del capitale di Banca del
Mezzogiorno dalle Poste a Invitalia. Il tutto nel quadro della riorganizzazione di Poste ai fini della parziale
privatizzazione, che dovrebbe essere promossa nella primavera 2015. Più volte abbiamo affrontato il tema di
mission e prospettive di Poste, che vedono la diminuzione del servizio universale e lo sviluppo di nuove
attività in campi diversi, anche i servizi di trasporto aereo e la distribuzione di libri e gadget. Nel contempo, si
pensa a chiudere alcune centinaia di uffici postali in diverse località del territorio nazionale, nonché a fornire
a giorni alterni alcuni servizi di recapito. Insomma, gli sviluppi di informatica e tlc hanno sollecitato, da un
po' di tempo, una revisione del mandato di Poste, che ha dato impulso proprio in quest'ultimo campo a
proprie attività. Secondo la legge di Stabilità il compenso ogni anno pagato dal Tesoro calerà da 380 a 260
milioni. Razionalizzazioni e riconversioni sono necessarie. Ma non si può dimenticare il servizio universale,
ragione costitutiva di Poste, così come non si può sottovalutare l'esigenza che la definizione della missione
coinvolga anche il Parlamento. In tale quadro, l'eventuale cessione della Banca del Mezzogiorno pare
difficilmente spiegabile. Nata da un progetto sballato dell'allora ministro Tremonti, che la volle istituire con
l'obiettivo illusorio di farne una Mediobanca del Sud, operante come istituto di secondo grado, ha richiesto
sforzi straordinari al vertice, guidato da Pietro D'Anzi, per darle un forte impulso, facendole fruire appieno
della flessibilità della normativa, dopo aver abbandonato le illusioni dei tempi della costituzione, quando era
apparso subito evidente che si dovesse abbandonare l'istituzione ex novo per acquistare una licenza bancaria,
come avvenne comprando quella del Mediocredito centrale da parte di Poste, che rilevò il nuovo istituto.
Quest'ultimo ha fatto enormi progressi nel finanziamento di famiglie e imprese e nell'erogazione di prestiti
per le infrastrutture; ha migliorato l'organizzazione; il personale è operoso e competente; ha una rete di 100
agenti. Insomma, sta dando risultati apprezzabili. A prima vista appare dunque riferibile agli arcana imperii
il fatto che proprio ora, dopo grandi progressi, Poste pensi alla sua cessione e non alle possibili sinergie tra la
Banca in questione, Bancoposta, Poste Vita e altri servizi finanziari. E si profila il rischio, se non altro per
quelle che sono le esigenze di Invitalia, che si ridimensioni il ruolo della Banca, facendola regredire di più di
due anni, annullando l'efficace spinta propulsiva impressa. Sarebbe la scelta del gambero, priva di qualità.
Ma poi come si regolererebbe la cessione tra Poste e Invitalia? Come si pagherebbe l'acquisizione? Sono
interrogativi che esigono risposta, prima d'imbarcarsi in un progetto che, a meno di valide motivazioni oggi
non prevedibili, si presenta del tutto cervellotico. Piuttosto, si dovrebbero cogliere i progressi compiuti e il
ruolo che l'istituto ha dimostrato di saper svolgere per rafforzarne il capitale, in modo da estenderne il
sostegno all'economia, specie del Sud, e alle famiglie. Come ha detto Padoan, si discute tra soggetti pubblici,
che hanno più obblighi di quelli privati, per questa cessione. Si spera che la trasparenza e il rispetto delle
finalità pubbliche, nonché dei cittadini e del mercato, inducano a fare chiarezza quanto prima.
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MF-MILANO FINANZA venerdì 21 novembre 2014
Per superare l'impasse del credito le imprese devono fare la loro parte quanto le banche
di Pietro Sterpos*
L'esame effettuato dalla Banca Centrale Europea sulle banche italiane, e le conseguenti iniziative annunciate
dagli istituti di credito, hanno acceso i riflettori sulla qualità dei crediti concessi alla clientela, interessata da
un processo di costante deterioramento. Dal dicembre del 2012 al giugno di quest'anno la massa lorda del
credito erogato dall'insieme dei 15 maggiori gruppi bancari italiani sottoposti all'esame si è ridotta da circa
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1.610 miliardi di euro a circa 1.500 miliardi: un calo di quasi il 10%. Oltretutto, i crediti deteriorati sono
aumentati di 45 miliardi, cioè più del 20%. Le perdite di valore riconosciute a bilancio sulle esposizioni sono
passate in 18 mesi da 94 a 120 miliardi. Oltretutto, l'esame effettuato dalla Bce sulla qualità degli attivi (Asset
quality review) detenuti dalle banche ha generato delle stime ancor più negative: ha infatti aggiunto
un'ulteriore svalutazione prudenziale di 12 miliardi.
Quali sono state le cause di questi problemi, e che cosa si può fare per risolverli? Negli ultimi anni la qualità
del credito concesso ha subito un deterioramento congiunturale, conseguenza del cattivo andamento
dell'economia. Le banche sono andate in affanno: per propria natura e cultura fanno fatica ad assistere i
propri clienti nella ricerca di soluzioni di natura gestionale alle difficoltà finanziarie. Le uniche imprese che
hanno avuto un certo accesso al credito sono quelle che potevano dare in garanzia ipoteche su immobili o
terreni (specie in alcuni settori ad alta capitalizzazione immobiliare, come l'agricoltura e gli alberghi), anche
se con l'attività caratteristica d'impresa non riuscivano a generare le risorse necessarie a ripagare capitale e
interessi. Oggi, la banca non può sperare di recuperare il credito incassando le ipoteche, perché il mercato
immobiliare è troppo debole. Se non riescono a disincagliarsi dai crediti in sofferenza o incagliati, le banche
non possono far altro che ristrutturare il debito delle imprese affidate, cioè concedere l'allungamento delle
scadenze dei pagamenti, senza peraltro che la capacità delle imprese debitrici di far fronte agli impegni
finanziari migliori sostanzialmente.
Da qui nascono ulteriori difficoltà per le aziende bancarie davanti alle rivalutazione dei rischi di credito e agli
stress test a cui sono sottoposte. Le banche, in questo scenario, non possono restare a guardare: devono
riuscire a stimare in anticipo i possibili deterioramenti dei crediti verso le imprese ed essere in grado di dare
ai clienti una consulenza costruttiva in proposito, oppure disimpegnarsi dai crediti in sofferenza senza patire
perdite eccessive e senza soffocare le imprese debitrici. Per parte loro, le aziende che cercano credito devono
formulare e attuare piani industriali solidi e credibili, ricorrendo al credito con piena consapevolezza dei
criteri e parametri di valutazione del rischio che gli organi di vigilanza impongono, in particolare il nuovo
Meccanismo di Vigilanza Unico sulle banche dell'area euro. Offrire in garanzia immobili e terreni non basta
più: ci vuole un business sano, insieme a un reporting trasparente e credibile e un dialogo aperto e
costruttivo con i finanziatori. Quindi, è bene che tutti facciano attenzione: la Bce è investita dal 4 novembre
del ruolo di supervisore bancario e lo eserciterà osservando attentamente i crediti sulla base dei metodi e
risultati del Comprehensive Assessment. È un tema che riguarda in egual misura le banche e le imprese.
Bisogna trovare risposte nuove, per garantire una distribuzione sana e virtuosa delle risorse: una delle
condizioni indispensabili per il rilancio dell'economia italiana. (riproduzione riservata) * Vice President,
Solving Efeso
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MF-MILANO FINANZA venerdì 21 novembre 2014
Milano zavorrata dalle popolari - Seduta in rosso per il Ftse Mib (-0,9%). Sotto pressione le
banche e Telecom Italia. Il m&a spinge Saipem (+2,8%). Il Dow Jones fa +0,2%
di Ester Corvi
Un'altra seduta in rosso a Piazza Affari, con l'indice Ftse Mib che ha chiuso ieri le contrattazioni in calo dello
0,88% a quota 19.209 punti. In territorio negativo anche il Cac-40 di Parigi, il Ftse 100 di Londra e l'Ibex di
Madrid, che hanno perso rispettivamente lo 0,75%, lo 0,26% e l'1,62%, mentre il Dax di Francoforte ha
guadagnato lo 0,12%. È stata una giornata intensa sul fronte dei dati macroeconomici. In mattinata le
delusioni sono arrivate dal dato di novembre del Pmi manifatturiero dell'Eurozona, che è sceso ai minimi da
16 mesi (51,4 punti). A preoccupare gli investitori è stato soprattutto il Pmi tedesco, inferiore alle attese. Nel
pomeriggio sono arrivate invece buone notizie dagli Stati Uniti, con il superindice dell'economia che è
aumentato dello 0,9% (105,2 punti), più dello 0,6% previsto dagli analisti, il che ha sostenuto le quotazioni a
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riscontra maggiore sostegno, con il 42% degli intervistati a favore e il 46 contrario. (riproduzione riservata)
(© 2014-Dow Jones & co. Inc. All Rights Reserved)
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IL SOLE 24 ORE venerdì 21 novembre 2014
In Borsa suona l'allarme economia - Listini in picchiata sul calo del Pmi, poi il recupero
grazie a Draghi: Milano -0,88%
Vittorio Carlini
Da una parte l'Eurogovernatore Mario Draghi. Dall'altra la congiuntura. In mezzo, tirata un po' di qua e un
po' di là, l'economia di carta. Cioè, i mercati finanziari. Così può riassumersi la giornata di ieri dei listini.
In mattinata le Borse europee sono state spinte in rosso dalla pubblicazione dei Pmi di Eurolandia (la
congiuntura, per l'appunto). Il Purchase managers' index, market mover importante in quanto «dedotto» dai
direttori d'acquisto delle aziende, in novembre è calato a quota 51,4 dal 52,1 del mese precedente. Il dato,
inferiore alle attese degli esperti (il consensus di Bloomberg indicava 52,3), ha spinto gli investitori a
vendere. Anche perchè, guardando i numeri più nel particolare, il Pmi dell'industria è sceso a 50,4 punti. Un
valore che, da una parte, rappresenta il minimo degli ultimi due anni; e, dall'altra, è poco al di sopra della
soglia di 50 che separa la fase economica espansiva da quella in contrazione.
Certo, può obiettarsi che lo stesso indicatore dei servizi, seppure in calo, si è fermato a quota 51,3. E tuttavia
non può dimenticarsi che il Pmi manifatturiero della Germania ha rallentato proprio fin sul valore di 50. Il
che, per la «presunta» locomotiva economica dell'Europa è veramente un brutto segnale.
Così in un simile contesto, cui si sono aggiunti i dati in ribasso (-1,5%) degli ordinativi dell'industria italiana
a settembre, i mercati sono stati colpiti dai flussi di vendita. La corsa all'ingiù, peraltro, ha accelerato nel
primo pomeriggio a causa dell'apertura negativa di Wall Street. Il listino statunitense, in quel momento
impaurito più dai numeri europei che da quelli americani (sussidi di disoccupazione scesi meno di quanto
previsto e lo stesso Pmi Usa in frenata), è arrivato a perdere quasi mezzo punto percentuale. A quel punto,
però, c'è stato l'intervento del Presidente della Bce. Draghi, alla cerimonia di inaugurazione dell'Ssm (il
Meccanismo di vigilanza unico sulle banche), ha detto che «la Bce resta determinata a difendere l'euro». In
sè una frase assolutamente scontata ma sufficiente, dopo i tanti accenni nei giorni passati allo shopping di
titoli di Stato, a riscaldare gli animi. Almeno, degli operatori intraday.
Così, complice la stessa ripresa di Wall Street sulla scia del rialzo oltre le stime del superindice americano
(+0,9%), le Borse europee hanno ridotto le perdite. Alla fine la maglia nera è stata indossata da Madrid (1,62%). A seguire: Milano (-0,88%) e Parigi (-0,75%). In positivo, invece, Francoforte (+0,12%).
Fin qui le dinamiche dell'azionario: quale, però, l'andamento del reddito fisso? Il rendimento di diversi titoli
di Stato, a fronte dell'ennesima conferma di rallentamento della congiuntura, è calato. Il tasso di un bond,
infatti, è definito anche dall'inflazione attesa. È ovvio quindi che, se il barometro dell'economia prevede
brutto tempo, il costo della vita è destinato a scendere. E con lui i rendimenti dei governativi. Non solo: le
aspettative per l'allentamento della Bce (che da oggi comincerà l'acquisto degli Abs) giocoforza fanno salire i
prezzi degli asset. Compresi quelli dei titoli di Stato.
Non stupisce, così, che in questo scenario lo yield del decennale tedesco, già «inesistente», ieri ha chiuso in
discesa a 0,79 punti base. Quello del BTp, dal canto suo, è diminuito al 2,29% con lo spread tra i due bond
governativi che si è assestato a quota 149 punti base.
Il saggio del Bonos, invece, è rimasto praticamente invariato (2,1%). Dal che, la differenza di rendimento con
Berlino è salita a 130 basis point. A ben vedere, sul mercato spagnolo, hanno inciso i risultati delle diverse
aste in calendario ieri. Il Tesoro di Madrid, infatti, ha collocato tutti i titoli ma il rapporto tra domanda e
offerta è sceso rispetto agli ultimi collocamenti. E questo ha innervosito gli investitori. Quegli operatori che,
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peraltro, non potranno «concentrarsi» sulle aste di CTz e BTp-i previste per metà dicembre: i collocamenti
sono stati cancellati. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL SOLE 24 ORE venerdì 21 novembre 2014
Draghi: «La Bce proteggerà l'euro»
Alessandro Merli
FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente - La Banca centrale europea «era e resta determinata a
proteggere l'euro». Così il suo presidente Mario Draghi ieri a una cerimonia per l'avvio, avvenuto
ufficialmente il 4 novembre scorso, della vigilanza bancaria europea sotto l'egida della Bce, che ha definito «il
più grande passo verso una più profonda integrazione dalla creazione dell'unione economica e monetaria».
«La nostra responsabilità verso i popoli del continente è di realizzare un modello economico sostenibile che
contribuisca ad aumentare l'occupazione e spingere la crescita», ha detto Draghi, sostenendo che molto resta
ancora da fare per migliorare l'unione, non solo nel settore bancario, ma anche in relazione ai mercati dei
capitali e all'ambito economico e fiscale. Il banchiere centrale ha evitato riferimenti alla politica monetaria.
Fra due settimane il consiglio della Bce si riunirà a Francoforte (per la prima volta nella nuova sede
nell'Ostend della città), avendo ricevuto una serie di dati negativi, ultimo dei quali l'indice Pmi,
sull'andamento dell'economia dell'eurozona. In quella occasione verranno anche riviste al ribasso le
proiezioni dello staff su crescita e inflazione, il che rinnoverà le attese per ulteriori interventi da parte della
Bce. Nei giorni scorsi, lo stesso Draghi ha affermato che il programma di acquisti di titoli da parte della Bce
(già avviato per quello che riguarda le obbligazioni bancarie garantite e in partenza per i titoli cartolarizzati)
potrebbe includere anche titoli pubblici, un'opzione che resta altamente controversa all'interno del consiglio.
Alla cerimonia di ieri è intervenuta anche la presidente del consiglio di vigilanza della Bce, Danièle Nouy, che
ha assunto il controllo diretto delle 120 banche più importanti dell'area euro, ma che ha la possibilità di
intervenire anche sulle altre 3.400 in 18 Paesi (19 da gennaio, con l'entrata nell'euro della Lituania).
«Dobbiamo far sì che il nuovo sistema sia efficace nel produrre una vigilanza severa e approfondita», ha
detto.
La signora Nouy ha ricordato che, se la vigilanza unica è stata completata in meno di un anno ed è già
operativa, tutti i passi per far convergere le pratiche di supervisione sulle banche avrebbero però poco senso
se la regolamentazione restasse frammentata. Ha chiesto quindi che le discrepanze nazionali vengano ridotte.
«La nostra priorità dev'essere affrontare le opzioni nazionali più controverse, per esempio sulla definizione
del capitale», ha affermato il numero uno della vigilanza bancaria europea, che ha citato esplicitamente la
possibilità di tempi di attuazione diversi nei singoli Paesi compresa nella direttiva CRD IV sui requisiti di
capitale. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL SOLE 24 ORE venerdì 21 novembre 2014
Bonus ai banchieri, stop Ue a Londra - L'avvocato generale della Corte di giustizia boccia il
ricorso britannico contro i limiti ai compensi
Beda Romano
BRUXELLES. Dal nostro corrispondente - Le difficili relazioni della Gran Bretagna con Bruxelles hanno
subito ieri un nuovo colpo dopo che l'avvocato generale della Corte di Giustizia europea ha dato ragione alla
Commissione europea nella sua (ennesima) diatriba con la Gran Bretagna. Il caso è relativo alla scelta
comunitaria di introdurre limiti ai bonus nel settore finanziario. Londra ha fatto ricorso contro questa
decisione, ma l'avvocato generale, Niilo Jääskinen, ha spiegato di ritenere legittima la normativa.
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RASSEGNA STAMPA
Anno XV - 21/11/2014
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Nel 2013, sulla scia della crisi finanziaria scoppiata nel 2008 con il drammatico fallimento di Lehman
Brothers, l'establishment comunitario ha adottato varie direttive e regolamenti nel settore finanziario.
Convinta che lo sconquasso fosse stato causato anche da forme di avidità di molti banchieri, premiati con
stipendi talmente generosi da indurli a prendere rischi eccessivi, la Commissione ha fatto adottare limiti ai
bonus. Dinanzi alle proteste della city londinese, il governo inglese ha fatto ricorso.
«La direttiva - ricordava ieri la Corte in un comunicato - comprende una disposizione che obbliga a stabilire
un rapporto tra la remunerazione fissa e la remunerazione variabile per i soggetti che svolgono attività
professionali che hanno un impatto sul profilo di rischio degli enti creditizi. Tali dipendenti non possono
ricevere bonus superiori al 100% del loro stipendio di base, o al 200% se il paese decide di conferire tale
potere agli azionisti, ai titolari o ai membri degli enti creditizi».
Il Regno Unito ha chiesto a suo tempo alla Corte di annullare queste nuove disposizioni. Secondo la Corte,
Londra «ritiene che le misure che stabiliscono il rapporto tra la remunerazione fissa e quella variabile non
possano essere adottate sulla base delle disposizioni del Trattato sulla libertà di stabilimento e sulla libertà di
prestazione dei servizi (…) ma rientrino nella politica sociale e, in quanto tali, nella competenza degli stati
membri».
Nella sua opinione pubblicata ieri in Lussemburgo, Jääskinen ha messo l'accento invece sul fatto che le nuove
regole hanno come obiettivo di garantire la stabilità finanziaria e la tutela dei risparmiatori, e sono quindi
legate al funzionamento del mercato unico. Peraltro, secondo il giurista, la norma non impone limiti
invalicabili ai bonus dei banchieri, né livelli di retribuzione, poiché non è fissato alcun limite allo stipendio di
base, al quale i bonus sono indicizzati.
La Corte non è vincolata dall'opinione dell'avvocato generale, ma in questi anni l'ha quasi sempre fatta
propria almeno in parte. La decisione di Jääskinen giunge in un contesto delicato, di tensioni tra Bruxelles e
Londra. Stretto al fianco dal successo del partito euroscettico UKip, il premier David Cameron flirta con
l'idea di promuovere attivamente l'uscita del suo paese dall'Unione europea. L'uomo politico prevede sulla
questione un referendum nel 2017, dopo le delicate legislative del 2015.
Steven Woolfe, parlamentare europeo dello UKip, ha commentato ieri che la presa di posizione dell'avvocato
generale dimostra che il tentativo del primo ministro inglese di riformare l'Unione prima del previsto voto
referendario in Gran Bretagna è «morto prima di nascere». Il ministero delle Finanze britannico ha
annunciato che sta studiando l'opinione proveniente da Lussemburgo e le sue implicazioni. La Corte
dovrebbe pubblicare la sua sentenza all'inizio del 2015. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL SOLE 24 ORE venerdì 21 novembre 2014
Banche Usa sotto accusa sulle commodity
Marco Valsania
NEW YORK - Le banche di Wall Street, già reduci da sanzioni per aver manipolato e truffato su mutui,
derivati, tassi d'interesse e valute, hanno messo a repentaglio l'integrità e stabilità del sistema finanziario, la
salute dell'economia e la loro stessa sopravvivenza con azioni spericolate sul mercato delle commodities. E le
autorità federali sono corresponsabili, perché hanno lasciato correre comportamenti alimentati dal desiderio
dell'alta finanza di avvantaggiarsi e guadagnare con il trading: la Federal Reserve, che avrebbe dovuto
controllare le attività, ha fallito nella sua missione.
È questa la conclusione di un'inchiesta durata due anni e condotta dal Senato americano, che tra mecoledì e
ieri ha presentato il suo lungo j'accuse e ha chiamato a testimoniare in aula sia i vertici di colossi quali JP
Morgan, Goldman Sachs e Morgan Stanley che Daniel Tarullo, governatore della Banca centrale incaricato di
sorveglianza e regolamentazione. «Abbiamo trovato sostanziali prove che queste attività espongono le
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Anno XV - 21/11/2014
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banche a rischi catastrofici e sono poco comprese» ha detto il presidente democratico della Commissione
d'inchiesta Carl Levin. «Mentre aumentano costi e incertezza per gli utenti finali, aziende e consumatori».
Nel mirino sono finite operazioni rischiose, in mercati molto volatili quali l'uranio o il carbone. E soprattutto
posizioni prese nelle materie prime fisiche, con vasti magazzini di alluminio come di rame. Un'espansione
delle banche che, come già nei precedenti scandali, si sono gettate alla ricerca di facili guadagni, stando alla
denuncia sottoscritta in una rara dimostrazione di obiettivi comuni sia dai senatori democratici che
repubblicani. Un'espansione che spesso ha ignorato le pur scarse norme esistenti sui limiti negli asset legati
alle commodities, utilizzando scappatoie.
La Fed, in realtà, vantava già un tetto massimo pari al 5% del capitale di alta qualità delle banche per le loro
holding di materie prime, soglia che però è stata travolta da JP Morgan e altri istituti. JP Morgan, stando agli
inquirenti, è ricorsa allo stratagemma di classificare il rame, con i suoi vasti usi industriali, alla stregua di un
metallo prezioso esentato da limiti sulle transazioni. Nel caso dell'alluminio le è bastato spostare gli asset a
carico di una sua controllata. Morgan Stanley è riuscita ad accumulare magazzini per ospitare scorte di
greggio pari a 55 milioni di barili, equivalenti a 3 giorni delle forniture statunitensi. E Goldman si è data a
una vera e propria «giostra» di transazioni sull'alluminio per strappare profitti: nel 2010 aveva raggiunto
accordi con Deutsche Bank, con l'hedge fund britannico Red Kite e con la svizzera Glencore per tenere in
magazzino o spostare solo tra magazzini il metallo, aumentando le entrate per lo stoccaggio e orchestrando
guadagni per il proprio trading. Per aziende e consumatori questo si era tradotto in carenze e rincari.
Spesso, davanti al ventaglio di «trucchi» esibito dalle banche, la Fed non è stata in grado neppure di
calcolare quanto davvero le banche fossero esposte a rischi o avessero accumulato in termini di stock fisici di
commodities. I trucchi, precisa il rapporto, potrebbero non essere illegali, ma indagini con potenziali
ripercussioni legali non sono escluse.
L'avventura «mineraria» di Wall Street - per il momento - appare in via di rapido ridimensionamento o
conclusione. Numerosi istituti, dopo che le accuse si sono moltiplicate nell'ultimo anno, hanno accelerato le
dismissioni di attività fisiche nelle commodities, a cominciare dalle tre banche al centro del rapporto
nonostante sia siano difese negando manipolazioni. La Fed, da parte sua, ha premuto sulle banche perché
facessero i conti con il loro comportamento e avviato un riesame delle proprie pratiche di controllo, delle
regole e dei limiti alle attività su simili piazze, tradizionalmente opache e soggette a potenziali scandali. Le
audizioni congressuali e il duro rapporto sollecitano ora un passaggio sempre più rapido dalle parole ai fatti,
con urgenti svolte in senso restrittivo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL SOLE 24 ORE venerdì 21 novembre 2014
La via di fuga che allontana l'Inghilterra dall'Europa
Leonardo Maisano
Una volta Zurigo era famosa per gli "gnomi", ora sforna scienziati impegnati a dimostrare che il banchiere
bara per guadagnare di più. Ci mancava un rapporto di Nature su psicologia e trading per aggiungere
irritazione a un mondo che si sente sotto attacco. Anzi in trincea, sensazione che da ieri avvolge le vie della
City di Londra. Il pronunciamento dell'avvocato generale della Corte europea di giusitizia, Nillo Jaaskinen,
riduce ai minimi termini le chance di una vittoria inglese nel contenzioso con Bruxelles sul tetto ai bonus.
Qualche margine c'è, visto che proprio Nillo Jaaskinen fu l'eroe del Regno quando s'espresse contro le regole
sulle short selling imposte da Bruxelles e contestate dal Tesoro britannico. In quel caso la Corte non seguì
l'opinione dell'avvocato generale costringendo il governo inglese alla sconfitta.
Pochi credono che potrà accadere di nuovo sull'irrisolta querelle dei salari. Vedremo. Quello che già si vede
è, invece, il divaricarsi di una nuova voragine fra Londra e Bruxelles. Un verdetto del genere - se
effettivamente ci sarà - a cinque mesi da elezioni politiche interamente giocate sulla sovranità nazionale
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aumento rispetto al dato attuale (10-15%), gli investitori più istituzionali, come fondi pensione e compagnie
di assicurazione, potrebbero essere coinvolti nel trading azionario cinese, dominato da investitori privati.
Questo accrescerebbe le opzioni di risparmio per una popolazione sempre più ricca e rafforzerebbe il
sostegno agli investimenti a lungo termine e allo sviluppo.
Anche i mercati del debito potrebbero beneficiare di tale iniziativa. Rendendo più labile il confine tra il
settore privato e quello statale si potrebbe avere una riduzione dell'accesso privilegiato – e dell' abuso – di
quest'ultimo ai finanziamenti bancari, comportando l'espansione dei mercati delle obbligazioni societarie.
Con soggetti pubblici, come il sistema di previdenza sociale e i fondi sovrani di ricchezza, in possesso di
portafogli di attività più diversificate, si potrebbero ridurre gli incentivi per gli interventi sul mercato,
favorendo gli operatori storici di cui lo Stato possedeva ampie quote. Questo, con più applicazione del diritto
di concorrenza, farebbe compiere passi avanti verso la parità di condizioni sui mercati.
Responsabilità fiduciarie definite e governance dovrebbero garantire che le attività detenute dal pubblico
riescano a massimizzare i rendimenti corretti per il rischio a lungo termine, con Stato e cittadini come
beneficiari e il mercato come arbitro.
La gestione patrimoniale del settore pubblico potrebbe essere esternalizzata, con i gestori privati che
competono per il lavoro. Ciò potrebbe accelerare lo sviluppo del settore, con benefici per risparmiatori e
investitori.
La Cina non deve abbandonare la rete di sicurezza fornita dalle sue ingenti partecipazioni statali per
consentire ai mercati di svolgere un determinante ruolo microeconomico. Può abbandonare il modello delle
"alture dominanti" e sviluppare la sua versione di "capitalismo di Stato" per sostenere il meglio dei due
mondi. Tutto ciò che serve è un persistente forte impegno del governo verso l'interesse pubblico e una
strategia di riforma abilmente eseguita. PROJECT SYNDICATE 2014
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IL SOLE 24 ORE venerdì 21 novembre 2014
Credito Fondiario verso l'aumento - Oltre a Banca Marche il gruppo è in due diligence per
cinque portafogli di Npl
Marco Ferrando
C'è Banca Marche, ma non solo, tra i dossier del Credito fondiario. La banca controllata da Tages è in due
diligence su altre cinque diverse operazioni di crediti non performing per un valore complessivo di 10
miliardi, e per questo si prepara a lanciare un aumento di capitale superiore ai 300 milioni che vedrà
l'ingresso di nuovi soci – per lo più esteri – già partner del gruppo nell'attività di asset management.
La manovra, di per sé, è pronta. Per partire, si aspetta di arrivare alla fase conclusiva di alcune delle
principali trattative in corso: la più significativa è quella di Banca Marche, che dovrebbe finalizzarsi entro la
prima metà del 2015, dunque l'aumento di Credito Fondiario dovrebbe ragionevolmente collocarsi nel primo
trimestre del prossimo anno. Chi sottoscriverà? «Abbiamo ottenuto manifestazioni di interesse per somme
significative da parte di grandi fondi istituzionali internazionali, anche grazie alle sinergie con Tages», spiega
a Il Sole 24 Ore Panfilo Tarantelli, che di Tages holding è fondatore e ad. Tages, oggi socia al 64% del Credito
Fondiario, manterrà comunque il controllo dopo l'aumento, che dovrebbe superare i 300 milioni.
Il gruppo è attivo dal 2011 nella gestione del risparmio (3,3 miliardi di masse, di cui il 30% in Italia), e
proprio grazie all'asset management ha costruito una rete di relazioni dentro la quale avrebbe individuato i
nuovi partner, pronti a partecipare all'aumento di Credito fondiario e successivamente anche a quello di
Banca Marche. Sì, perché il salvataggio dell'istituto con sede a Jesi prevede sia un aumento di capitale, sia lo
smobilizzo di circa 5 miliardi di Npl attraverso la costituzione di un veicolo di cartolarizzazione, garantito dal
Fondo interbancario di tutela dei depositi e gestito da Credito fondiario.
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Tuttavia, si diceva, il salvataggio dell'istituto marchigiano è solo uno dei dossier su cui è impegnato il Credito
fondiario, che – anche valorizzando la licenza bancaria di cui è titolare – punta a espandersi nel servicing dei
crediti deteriorati e non. La banca sta completando il turn around con un anno di anticipo (il break even è
atteso per il 2014), ha iniziato a riassumere alcuni dei 100 addetti in esubero e quest'anno ha chiuso tre
acquisizioni di portafogli Npl – uno da UniCredit, in coppia con Cerberus – per un ammontare complessivo
di un miliardo. Ora «siamo in due diligence complessivamente su 6 operazioni, per un totale di 10 miliardi di
sottostante», dice ancora Tarantelli. Specificando che «stiamo dialogando attivamente con oltre 30 fondi
internazionali di grande rilevanza, compresi alcuni fondi sovrani, con asset complessivi per circa 750 miliardi
interessati a investire in Italia».
Per aumentare le proprie potenzialità, Credito Fondiario proprio in questi giorni ha sottoscritto un accordo
con gli spagnoli di Finsolutia per la costituzione di una joint venture, progetto seguito dall'ad Andrea Munari
con Guido Lombardo che offrirà alle istituzioni e agli investitori i servizi per la gestione di portafogli di crediti
deteriorati e asset immobiliari nel mercato italiano.
È dei mesi scorsi, invece, il riassetto al piano di sopra, cioè di Tages holding. In particolare, tra i soci accanto
a Tarantelli, Sergio Ascolani e Salvatore Cordaro, è entrato Umberto Quadrino, nominato presidente. Nel cda
hanno recentemente fatto il loro ingresso Lorenzo Bini Smaghi e Andrea Munari, mentre nella galassia ci
sono anche Piero Gnudi (presidente Credito Fondiario) e Jean Baptiste de Franssu: il neo presidente dello
Ior è presidente di Tages Llp, che si occupa di asset management. @marcoferrando77 © RIPRODUZIONE
RISERVATA
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IL SOLE 24 ORE venerdì 21 novembre 2014
Dalle Bcc un appello all'Europa
Al Parlamento europeo chiedono di esercitare con ulteriore attenzione la "vigilanza sulla vigilanza", perché
consenta alle banche commerciali e alle banche cooperative di esercitare la propria funzione di «connettori
dei flussi finanziari tra famiglie e imprese», nonché particolare cautela quando si parla di prezzi e tariffe dei
servizi finanziari. Al Parlamento e al Governo italiani, chiedono di non dimenticare i diversi rapporti di forze
quando ci sarà da valutare la contribuzione al Fondo unico di risoluzione, prevedendo per le banche di
minore dimensione che possa essere pagata «una somma forfettaria massima». Alla Consob, infine,
raccomandano che il rafforzamento delle misure di contrasto agli abusi di mercato e l'innalzamento della
trasparenza e della tutela degli investitori sia calibrato, e «non si chieda alla banca del territorio di pubblicare
informazioni quantitativamente uguali a quelle di grandi emittenti quotati».
La Vigilanza europea, «inevitabile e in linea di principio positiva», preoccupa le Bcc. Che oggi, dall'assemblea
di Federcasse che si tiene a Roma, non mancheranno di denunciare tutti i pericoli collegati a un'unione
bancaria che non tenga conto delle differenze che segnano il sistema. Sono almeno due i rischi che il
presidente dell'associazione che raccoglie le 381 Bcc italiane sottolineerà ai 500 delegati attesi all'Auditorium
della Conciliazione: «Si vogliono curare con le stesse medicine soggetti molto diversi, semplicemente
riducendone le dosi in base al peso», anticipa Azzi. «Il secondo rischio che si corre nel processo di riregolamentazione è quello dell'asimmetria», aggiunge, ricordando che «dove c'è più concentrazione, c'è
meno concorrenza e più rischio sistemico».
A dimostrazione di quanto «il pluralismo sia un valore per il mercato», Federcasse oggi presenterà il suo
primo bilancio di coerenza. Che, a differenza dei tradizionali bilanci sociali, punta «a misurare l'impronta
impressa sui territori dall'azione delle Bcc e Casse Rurali sin dallo scoppio della crisi, a conferma della loro
vocazione anticiclica ed alternativa». Un esempio? La quota dei mutui sul totale degli impieghi, che per le Bcc
è al 67% (contro il 51% delle altre banche), i 6,3 miliardi di erogazioni nette effettuate nel 2011-2013 (mentre
le altre banche hanno ridotto lo stock di 52 miliardi), i 37 milioni impiegati attraverso il microcredito nel
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IL SOLE 24 ORE venerdì 21 novembre 2014
Banca Fideuram vicina ai 90 miliardi di masse - Un contributo importante arriva dall'attività
di consulenza
Lucilla Incorvati
Un contributo al buon andamento dell'anno per Banca Fideuram, che si avvia a chiudere il 2014 con un
record storico , arriverà dall'attività di consulenza. Questa diventerà uno dei focus sui quale la banca si
focalizzerà nel 2015.
Basti pensare che ad oggi (dati a ottobre) oltre il 50% della clientela private (ndr chi conferisce a BF
patrimoni superiori ai 500mila euro, un target al quale la banca guarda con sempre più determinanzione) è
in regime di consulenza: dei 41,9 miliardi che sono stati affidati alla banca da questa tipologia di clienti,
infatti, ben 24,3 miliardi sono sotto consulenza. «È un risultato molto positivo e dimostra come il mercato
dell'advisory finanziaria stia vivendo un momento molto positivo – spiega Matteo Colafrancesco,
amministratore delegato di Banca Fideuram. Il suo successo è spiegato dal fatto che da un lato i clienti
apprezzano la figura del consulente finanziario e riconoscono sempre più il valore aggiunto del suo servizio;
dall'altro il consulente è vicino al suo cliente, lo conosce, esplora i suoi bisogni, facendo emergere quelli
latenti, e lo guida verso soluzioni strutturate e in linea con le sue esigenze di medio-lungo periodo». Secondo
Colafrancesco, la crisi di questi ultimi anni ha contribuito a rafforzare nei clienti la consapevolezza dell'utilità
di questo servizio, rendendoli disponibili a pagare. Per Banca Fideram il 2014 si avvia ad essere un anno
record dalla sua nascita. Facilmente a fine anno si sfonderà la soglia dei 90 miliardi di masse. A ottobre le
masse amministrate hanno raggiunto una consistenza di 89 miliardi (erano 83,7 miliardi a fine 2013), con
una componente di risparmio gestito superiore all'80% del totale. «I nostri utili sono in continuo aumento: +
21% rispetto ai primi nove mesi del 2013, dato che si inserisce in una serie positiva pluriennale – aggiunge
Colafrancesco –. Continua ad aumentare, tra i clienti, la diffusione di Sei, il nostro servizio di consulenza
evoluta a pagamento: al 30 settembre le masse sotto consulenza Sei ammontavano a circa 24,3 miliardi, pari
al 27,3% del totale delle masse amministrate, in aumento di 2,6 miliardi (+ 12,2%) rispetto a fine 2013».
Archiviato il passaggio da promotori finanziari a consulenti finanziari, oggi in casa Fideuram è in atto il
successivo passaggio da consulenti finanziari ad advisor. «Vogliamo che i nostri advisor diventino gli unici
referenti per ogni aspetto legato alla gestione strategica e transgenerazionale del patrimonio – aggiunge
Colafrancesco –, anche su tematiche non strettamente finanziarie come quelle successorie, fiscali,
immobiliari. Per fare questo continueremo ad investire massicciamente sulla formazione dei banker e
abbiamo anche lanciato il progetto team Fideuram, dimostrando ancora una volta di essere pionieri
nell'evoluzione del nostro mercato». Si tratta di accordo spontaneo tra più banker, un team leader e uno, o
più, team partner, che decidono di collaborare, nello sviluppo e nell'assistenza ai clienti, ognuno apportando
le proprie competenze ed esperienze professionali. A un anno dalla nascita oltre 500 private banker lavorano
in team (oltre il 13,5% dell'intera Rete), collaborando alla gestione di oltre 2,6 miliardi di patrimoni relativi
ad oltre 22 mila clienti. «La risposta è stata veloce, un segnale che questo modello risponde a una reale
esigenza della rete – conclude Colafrancesco – lavorare in team sarà in futuro il nuovo modello
professionale». Parte degli investimenti futuri saranno concentrai anche nell'innovazione tecnologica. Dopo
Fideuram Mobile Solution (una piattaforma info-dispositiva che permette ai banker di svolgere il proprio
lavoro in completa mobilità e in modalità paperless) sarà la volta di Alfabeto Fideuram, uno spazio digitale
che permetterà modalità innovative di comunicazione con il cliente.© RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL SOLE 24 ORE venerdì 21 novembre 2014
«Banche italiane ancora deboli»
Mara Monti
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Anno XV - 21/11/2014
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
L'importante è che la richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato sia pervenuta all'assicuratore
durante il tempo per il quale è stata stipulata l'assicurazione. A fronte dell'obbligatorietà dell'assicurazione
per la responsabilità civile per l'attività professionale, si potranno offrire polizze differenziate nelle condizioni
economiche, che garantiscano la prestazione assicurativa prevista dall'articolo 1917 c.c. prive delle clausole
cosiddette claims made. Ma in virtù della nuova clausola l'assicuratore si obbliga a tenere indenne
l'assicurato-professionista dalle conseguenze dannose dei fatti illeciti da lui commessi anche prima della
stipula. La novità è contenuta in un pacchetto di norme redatte dal ministero dello sviluppo economico, che
fonti interne a palazzo Ghigi sostengono confluiranno nella legge di stabilità 2015 in materia assicurativa.
Norme che prevedono anche una definizione della tabella unica, a livello nazionale, per l'attribuzione del
valore alle menomazioni di non lieve entità di cui all'articolo 138 del dlgs 7 settembre 2005, n. 209 (codice
delle assicurazioni private). E l'attribuzione della medesima sottoclasse riconosciuta dalla vecchia compagnia
assicurativa al fine di garantire (almeno) il medesimo trattamento economico. Ma c'è anche altro. In materia
di responsabilità civile auto viene previsto l'inserimento di modelli contrattuali che garantiscano
all'assicurato significative riduzioni del premio in caso di installazione di strumenti elettronici che registrano
l'attività del veicolo, ciò tuttavia in assenza di meccanismi fidelizzanti nel tempo. In deroga agli articoli
contenuti nel libro IV, titolo I, capo V, del codice civile, viene stabilito che, a fronte dell'ottenimento di sconti
di livello significativo a favore dell'assicurato, il diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione
dei veicoli a motore e dei natanti non sia cedibile a terzi senza il consenso dell'assicuratore. La responsabilità
civile per l'attività professionale, la cui obbligatorietà è stata di recente introdotta è, infatti, strettamente
connessa alla modifica normativa, di cui all'art. 3, c. 5, let. e) del dl 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con
modificazioni, in legge 14 settembre 2011, n. 148, la quale ha disposto che i professionisti sono tenuti a
stipulare idonea assicurazione per la responsabilità civile per l'attività professionale da essi svolta. Un simile
obbligo dal lato della domanda richiede la garanzia che, dal lato dell'offerta, vi sia un effettivo contesto
concorrenziale e modelli contrattuali che evitino il rischio di sfruttamento, in termini di premi elevati e/o di
clausole vincolanti e/o abbinamenti di più servizi, della rigidità della domanda.
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CORRIERE DELLA SERA venerdì 21 novembre 2014
Il canone tv in bolletta (dimezzato) Fondi pensione, tasse più leggere
ROMA Dopo il prelievo di 150 milioni, contro il quale il consiglio di amministrazione ha fatto ricorso proprio
ieri, anche se è stato tamponato con la quotazione in Borsa di RaiWay, il governo studia un nuovo intervento
sulla Rai, sempre con l’obiettivo di far cassa, stavolta anche per l’azienda pubblica. L’idea è quella di far
pagare il canone in base al reddito, ma insieme alla bolletta elettrica dell’abitazione. Così, secondo
l’esecutivo, l’imposta sarebbe impossibile da evadere, e il suo importo verrebbe anche ridotto, garantendo
alla Rai le risorse necessarie. Il piano, annunciato ieri dal viceministro dell’Economia, Enrico Morando,
vedrebbe la luce nelle prossime settimane con un emendamento alla legge di Stabilità, che alla Camera sta
subendo aggiustamenti marginali, ma non trascurabili, a cominciare dalla decisione di ridurre l’Iva sui libri
elettronici dal 22 al 4%. Ieri sono stati aumentati i fondi per i non autosufficienti, i malati di Sla, il Made in
Italy, le emergenze, la tutela dei minori, ed il governo si è detto pronto a ripensare anche l’aumento delle
tasse sulle rendite dei fondi pensione .
Mossa antievasione
Dopo mesi di riflessioni — la misura era già stata ipotizzata ai tempi del decreto sugli 80 euro — è stato lo
stesso premier, Matteo Renzi, appena tornato dall’Australia per il G20, a dare il via libera al progetto di
inserire il canone Rai nella bolletta elettrica. «Pagheremo meno, ma pagheremo tutti. Il principio ispiratore è
quello dell’equità e della lotta all’evasione» stimata come minimo al 27%, spiega il sottosegretario alle
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Anno XV - 21/11/2014
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
Comunicazioni, Antonello Giacomelli. I tecnici del governo stanno facendo le simulazioni per «tarare» la
nuova misura dell’imposta, con l’obiettivo di raggiungere un gettito complessivo di 1,7-1,8 miliardi.
Per le fasce di reddito più basse, tenendo conto dell’indicatore Isee, si pensa a un’esenzione totale o parziale.
Per i redditi medi e alti, invece, il costo del nuovo canone potrebbe oscillare tra i 60 e gli 80 euro. Ma non è
ancora chiaro se si pagherà solo sulla prima casa (come accade oggi), o se il canone sarà dovuto per ogni
abitazione posseduta, magari con uno sconto per le eventuali seconde o terze case. L’obiettivo è ricavare
almeno 300 milioni in più rispetto a quanto entra oggi con il canone, parte dei quali andrebbe alla Rai, parte
alle emittenti private, che vivono una condizione di «crisi drammatica» come ha detto ieri Morando. Con la
riforma dovrebbe cambiare anche un aspetto fondamentale, cioè il presupposto dell’imposta. Oggi è il
possesso di un apparecchio radiotelevisivo, domani il possesso di una qualsiasi apparecchiatura elettronica
(device) atta alla ricezione di segnali radio e tv, compresi computer, tablet e smartphone .
I nodi da sciogliere
Il governo, in ogni caso, punta a «una soluzione strutturale, con un diverso assetto del canone Rai» ha detto
Morando, sottolineando però che il lavoro tecnico di messa a punto del provvedimento non è ancora
concluso, e che probabilmente l’emendamento sarà presentato tra qualche settimana al Senato. L’operazione
non è così semplice come potrebbe sembrare (un sistema simile, per inciso, esiste solo a Cipro, in Macedonia
e in Grecia, dove è stato pure censurato dalla Corte costituzionale) ed i problemi da sciogliere non sono
pochi.
Le società elettriche, tanto per cominciare, non sono per niente entusiaste dell’idea. Già raccogliere e
trasferire i dati delle utenze rappresenta, per loro, un’incombenza ed un costo in più. C’è poi il nodo, che
forse è quello maggiore, della riscossione del canone. Oggi è affidato all’Agenzia delle entrate, ma se
confluisse nella bolletta elettrica il soggetto della riscossione sarebbe la società che fornisce il servizio. Anche
in questo caso con dei costi. Poi c’è il problema degli affitti, quando la bolletta è intestata al proprietario
anziché all’inquilino. Dovrebbe pagare il primo e poi rivalersi sul secondo.
Iva al 4% sugli ebook
La Commissione Bilancio della Camera, intanto, ieri ha approvato alcuni emendamento importanti alla legge
di Stabilità. L’aliquota Iva sui libri elettronici scende da quella massima del 22, a quella minima del 4%, con
un emendamento presentato e sostenuto da tutti i gruppi politici. Per iniziativa del governo il Fondo per le
non autosufficienze sale a 400 milioni, ricavandone 150 per l’assistenza ai malati di Sla, ed è stato
rifinanziata la social card , confermando i requisiti di accesso anche agli extracomunitari con regolare
permesso di soggiorno, precisa l’Economia in risposta a Ncd che parla di estensione del beneficio agli
immigrati.
Per gli incentivi agli acquisti di macchinari sono stati stanziati 12 milioni, mentre all’Ice ne andranno 130 nel
2015 per la promozione del Made in Italy . Soprattutto, è arrivata la conferma che il governo potrebbe presto
ripensare l’aumento delle imposte sulle rendite dei fondi pensione e la rivalutazione del Tfr. Morando, in
Commissione, ha detto che l’esecutivo è disponibile e sta cercando risorse alternative per coprire quegli
incassi (400 milioni circa in totale). A Palazzo Chigi, intanto, è stato presentato il piano-stralcio per
l’emergenza idrogeologica: dei 2,3 miliardi stanziati in passato, ma non ancora spesi, sono stati attivati 1,3
miliardi per 69 opere di prevenzione e assestamento in 1.130 Comuni, che comprendono anche il fiume
Seveso e il torrente Bisagno.
Francesco Di Frischia e Mario Sensini © RIPRODUZIONE RISERVATA
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