2015_04_08-rassegna

Download Report

Transcript 2015_04_08-rassegna

Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XVI - 08/04/2015
A cura di Bruno Pastorelli
entra
entra
entra
entra
Seguici su:
Sommario
.
MF-MILANO FINANZA mercoledì 8 aprile 2015
Sul contratto bancari è bene non ripetere il precedente della Fisac
.
GIORNALE DELL'UMBRIA mercoledì 8 aprile 2015
TERZIARIO E BANCARI: RINNOVATI I CONTRATTI, AUMENTO DI 85 EURO
.
MF-MILANO FINANZA mercoledì 8 aprile 2015
Bad bank, soluzione entro giugno - Insieme alla riforma delle popolari e delle fondazioni, l'iniziativa sullo
smobilizzo dei prestiti deteriorati rientra nel pacchetto di interventi volti a migliorare solidità e trasparenza
del sistema creditizio italiano
.
MF-MILANO FINANZA mercoledì 8 aprile 2015
Blitz Ue sul capitale delle banche - In corso una valutazione informale della Commissione Europea per
sospetti aiuti di Stato. Abi: totale sorpresa, istituti italiani già penalizzati dalla deducibilità fiscale delle
perdite su crediti in cinque anni
.
MF-MILANO FINANZA mercoledì 8 aprile 2015
Qe, la Bce centra l'obiettivo di acquisti di bond per 60 miliardi di euro
.
MF-MILANO FINANZA mercoledì 8 aprile 2015
I tassi della Fed? Li decide Draghi - Per Golub (Rbc Capital Markets) con il Qe della Bce un aumento del
costo del denaro negli Usa farebbe salire troppo il dollaro, costringendo la banca centrale Usa a fare presto
marcia indietro
.
MF-MILANO FINANZA mercoledì 8 aprile 2015
Piace l'idea Bper-Unipol Banca - Unipol diventerebbe primo socio con il 10% circa. Ma nella popolare c'è chi
punta ad altre aggregazioni
.
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
Riservato alle strutture
Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XVI - 08/04/2015
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
.
IL SOLE 24 ORE mercoledì 8 aprile 2015
Quando aiuti e garanzie sono Made in Germany
.
IL SOLE 24 ORE mercoledì 8 aprile 2015
In Italia i Dta valgono 31 miliardi
.
IL SOLE 24 ORE mercoledì 8 aprile 2015
Abi: colpa della penalizzazione fiscale
.
IL SOLE 24 ORE mercoledì 8 aprile 2015
Mps e i derivati nelle carte di Bankitalia
.
IL SOLE 24 ORE mercoledì 8 aprile 2015
Voluntary, consulenti a rischio reato - Concorso di responsabilità con l’indicazione all’assistito di
autocertificare il falso
.
IL SOLE 24 ORE mercoledì 8 aprile 2015
Il presupposto resta sempre il dolo
.
IL SOLE 24 ORE mercoledì 8 aprile 2015
Dal Fisco solo notifiche «doc» - Sono a rischio le richieste di pagamento in caso di violazioni delle regolebase
.
IL SOLE 24 ORE mercoledì 8 aprile 2015
Fondi pensione, la stangata frutta 1,1 miliardi allo Stato
.
ADVISORONLINE 07/04/2015
Generazione Z, promotori finanziari sempre più richiesti - Circa 200 scuole hanno aderito al progetto Anasf
.c.
.
Return
.
Articoli
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
Riservato alle strutture
Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XVI - 08/04/2015
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
Ieri è stata lo volta anche di Banca Euromobiliare. L'istituto del gruppo Credem , specializzato nel
private banking, ha approvato nei giorni scorsi i risultati 2014, mostrando un andamento
particolarmente positivo della raccolta netta, pari a 797 milioni rispetto ai 99 milioni di fine 2013.
Mentre l'utile netto è risultato pari a 5 milioni, in crescita del 18% rispetto ai 4,3 milioni del 2013, e
il patrimonio complessivo ha raggiunto quota 8,9 miliardi, in aumento del 12,5% rispetto ai 7,9
miliardi dell'anno prima.
Insomma, il settore sta vivendo un momento d'oro che va avanti ormai da più di un anno. «Dopo
esserci lasciati alle spalle un anno record siamo partiti con un trimestre in ulteriore accelerazione
segnando nuovi picchi di raccolta», ha commentato Piermario Motta, numero uno di Banca Generali
. «Il venir meno delle certezze del passato, come i rendimenti dei titoli governativi o del real estate,
hanno accentuato il bisogno di consulenza».
Sul mercato c'è però chi comincia a interrogarsi sulle valutazioni in borsa delle società di risparmio
gestito, consigliando prudenza. Per esempio, la società di analisi MainFirst spiega che a causa delle
difficoltà del mercato immobiliare e dei bassi tassi d'interesse gli asset manager italiani hanno
registrato influssi eccezionali con una conseguente crescita dei patrimoni in gestione. «Un trend che
potrà continuare ancora per qualche trimestre», segnalano, facendo notare che i multipli di borsa
delle società del settore hanno raggiunto livelli record e difficilmente cresceranno ancora. I titoli
preferiti da MainFirst restano però Anima e Banca Generali , entrambe con un giudizio outperform.
In particolare, Anima sarebbe interessante per il possibile coinvolgimento su molti dossier di merger
& acquisition, da Aletti ad Arca, da Ubi-Pramerica a Poste Italiane. Operazioni che potrebbero essere
l'occasione per Anima per firmare nuovi accordi di distribuzione e, secondo MainFirst, le munizioni
della società ammonterebbero a 200 milioni di euro. Mentre Banca Generali , con un target price di
31 euro, è il titolo preferito nel settore per la rafforzata capacità di reclutamento di profili di
esperienza, supportati da investimenti in Information Technology.
Ieri anche Goldman Sachs ha analizzato le società di risparmio gestito italiane. Secondo gli analisti
della società americana, anche se le azioni sono cresciute molto da inizio anno, salendo in media del
45%, ci sono ancora spazi di crescita. «Ci aspettiamo un'ulteriore forza grazie ai venti favorevoli
strutturali e ciclici e alle iniziative aziendali», si legge nel report di Goldman Sachs La banca d'affari
consiglia l'acquisto di Azimut e di Anima («i nostri nomi preferiti») dopo aver alzato notevolmente i
target price rispettivamente da 27,4 a 32,5 euro e da 5,85 a 8 euro, per azione. Anche nel caso di
Banca Generali e di Mediolanum il target price è salito rispettivamente da 25,7 a 31,2 euro e da 7,05
a 8,20 euro, ma il giudizio è neutral. (riproduzione riservata)
Return
.
MF-MILANO FINANZA mercoledì 8 aprile 2015
Bpm suona l'adunata per i soci - Confermati gli obiettivi del piano, ora l'istituto è pronto al
consolidamento. All'assise prevista un'alta affluenza anche per l'attesa di annunci fuori
programma su spa e m&a
di Luca Gualtieri
I vertici della Banca Popolare di Milano fanno il punto sul lavoro svolto nell'anno della nuova
gestione e preparano il terreno per i prossimi obiettivi. È questo il riassunto della lettera che ieri
l'istituto di Piazza Meda ha inviato ai soci in vista dell'assemblea di bilancio di sabato prossimo.
Il documento, firmato dai presidenti Piero Giarda e Mario Anolli e dal consigliere delegato Giuseppe
Castagna, arriva insomma alla vigilia di un appuntamento molto atteso, sia per l'imminente
trasformazione in società per azioni sia per la possibilità di operazioni di m&a. L'assemblea potrebbe
essere l'occasione ideale per fare il punto su questi processi e c'è chi ritiene probabili annunci fuori
programma. Ecco perché all'evento è attesa un'affluenza superiore alla media, con gruppi organizzati
di soci in arrivo da tutta Italia.
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
Riservato alle strutture
Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XVI - 08/04/2015
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
La lettera di ieri è stata insomma un ulteriore elemento per tenere alta l'attenzione sulle mosse di
Piazza Meda. Il documento conferma «gli ambiziosi obiettivi contenuti nel piano industriale» e la
volontà «di consolidare il nostro posizionamento di rilievo nel panorama delle banche italiane. Nel
corso degli ultimi anni», continua la lettera, «nonostante la complessa congiuntura economica
nazionale e internazionale, il gruppo Bpm ha saputo rafforzare i propri fondamentali di bilancio
attraverso l'aumento dei livelli di copertura dei crediti problematici, l'ottimizzazione della gestione
della liquidità e l'azzeramento degli avviamenti».
In particolare, «i risultati del gruppo Bpm evidenziano in primis l'ottimo livello di
patrimonializzazione, rafforzato dall'aumento di capitale da 500 milioni di euro concluso con
successo nel corso del 2014. Inoltre, proseguiva il documento, «nello scorso anno abbiamo ottenuto
l'integrale rimozione da parte di Banca d'Italia della penalizzazione sul capitale che ci era stata
imposta (i cosiddetti add-on), ciò grazie agli sforzi messi in atto dalle valide risorse professionali
della Banca per risolvere le criticità rilevate nel 2011 dalla stessa Autorità di Vigilanza». Giarda,
Anolli e Castagna hanno poi citato «gli importanti test europei del comprehensive assessment», che
«hanno dimostrato che Bpm è una banca solida e in grado di reggere gli esami complessi condotti
dalla Bce». Secondo gli amministratori, insomma, la banca «è risultata una delle migliori banche
italiane, registrando un'eccedenza patrimoniale di oltre 700 milioni».
Se questo è il bilancio delle iniziative prese sinora, l'attenzione dei soci è tutta concentrata sulle
prossime mosse della banca. L'intenzione di Castagna sembra quella di muoversi speditamente verso
i nuovi assetti di governance, senza lasciar trascorrere i diciotto mesi previsti dalla legge. «La Bpm
non aspetterà i 18 mesi previsti dalla legge per la trasformazione in spa», aveva spiegato il consigliere
delegato qualche settimana fa a margine dell'esecutivo Abi. Il cambio di governance potrebbe
procedere di pari passo con l'aggregazione se è vero che, come anticipato da MF-Milano Finanza,
subito dopo l'assemblea l'istituto potrebbe nominare l'advisor per il matrimonio. Il candidato
favorito è il Banco Popolare che, fondendosi con la Bpm , darebbe vita al terzo polo dell'industria
bancaria italiana e al campione nella categoria delle popolari. Da fine 2013 l'operazione è uno dei
gossip preferiti di Piazza Affari e i rumor (mai smentiti) hanno ripreso quota con forza nelle ultime
settimane, in concomitanza con il varo della riforma Renzi-Padoan. Anche perché, da un punto di
vista industriale, un'aggregazione sull'asse Milano-Verona avrebbe senso. Non manca, comunque,
qualche sostenitore di un'aggregazione tra Piazza Meda e la Bper. I due gruppi si conoscono da
tempo, almeno da quando nel 2007 la fusione sfumò sul filo del traguardo. Una riedizione di quel
progetto appare complessa, soprattutto per difficoltà relative alla governance. Per Bper potrebbe
risultare più interessante spostare l'attenzione su Carige o su Veneto Banca, a patto che
Montebelluna ridimensioni il prezzo delle proprie azioni portandole a valori di mercato.
(riproduzione riservata)
Return
.
MF-MILANO FINANZA mercoledì 8 aprile 2015
Veneto Banca ricandida 4 consiglieri
di Claudia Cervini
Veneto Banca deposita le liste per il rinnovo del consiglio di amministrazione. Si tratta in realtà di
una conferma più che di un rinnovamento, visto che le quattro candidature presentate ieri dalla
banca presieduta da Francesco Favotto sono nel segno della continuità. In vista dell'assemblea del
17-18 aprile l'istituto ha riproposto quattro consiglieri in scadenza, ovvero Pierluigi Bolla, Stefano
Campoccia, Graziano Gianmichele Visentin e Matteo Zoppas. Si tratta di un atto dettato da scadenze
legali di mandato più che da strategie bancarie. Con l'assemblea di maggio-giugno che dovrebbe
approvare la trasformazione in spa e un ipotetico matrimonio, infatti, il consiglio di amministrazione
cambierà con ogni probabilità fisionomia. L'istituto ha anche proposto come nuovo sindaco
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
Riservato alle strutture
Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XVI - 08/04/2015
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
supplente Adolfo Bordin. Intanto la popolare di Montebelluna ha siglato un accordo con
Confindustria Vicenza, Unindustria Treviso e Confindustria Padova per la costituzione di un plafond
di 120 milioni per le circa 6 mila imprese associate. (riproduzione riservata)
Return
.
MF-MILANO FINANZA mercoledì 8 aprile 2015
Ubi Banca apre a New York
di da New York Andrea Fiano
Ubi Banca sta per aprire un ufficio di rappresentanza a New York. In attesa di un'autorizzazione
formale da parte delle autorità responsabili dei servizi finanziari nello stato di New York e della
Federal Reserve, il gruppo bancario bresciano-bergamasco ha già selezionato un responsabile della
nuova sede e ha già avviato l'apertura di un ufficio al 501 di Madison Avenue, in Midtown.
Nelle scorse settimane, secondo una prassi comune in questi casi, un piccolo annuncio pubblicato
sul quotidiano Daily News segnalava che il gruppo bancario italiano ha chiesto l'autorizzazione per
aprire un ufficio di rappresentanza nella Big Apple. A questo annuncio, apparso su un quotidiano
generalista anziché sulla stampa specializzata, dovrebbe seguire nel giro di qualche settimana anche
il nulla osta formale delle autorità locali e federali. A guidare l'ufficio dovrebbe essere, secondo
quanto risulta a MF-Milano Finanza, Andrea De Benedittis, un dirigente arrivato due anni fa nel
gruppo Ubi e proveniente Centrobanca e che ha al suo attivo in carriera esperienze lavorative in
gruppi del calibro di Ing e Intesa Sanpaolo (e in precedenza anche nella vecchia Comit).
Lo sbarco negli Stati Uniti con un ufficio di rappresentanza da parte dell'istituto di credito italiano,
nato nel 2007 dalla fusione fra le Banche Popolari Unite e Banca Lombarda e oggi guidato
dall'amministratore delegato Victor Massiah, aumenterà in qualche misura la presenza bancaria
tricolore nella Big Apple, dove attualmente sono presenti soltanto filiali di Intesa Sanpaolo , del
Monte dei Paschi di Siena e di Unicredit (oltre che della Banca Nazionale del Lavoro, controllata però
dal gruppo creditizio francese Bnp Paribas ) e gli uffici di corrispondenza della Popolare di Vicenza;
uno scenario insomma ben diverso rispetto al passato, quando le banche italiane a New York erano
arrivate ad avere in totale fino a 13 filiali e numerosi uffici di corrispondenza.
Quanto a Ubi Banca , il gruppo lombardo presieduto da Andrea Moltrasio (consiglio di sorveglianza)
e Franco Polotti (consiglio di gestione) attualmente ha già al suo attivo una serie di sedi estere,
compreso un ufficio di rappresentanza in Brasile. (riproduzione riservata)
Return
.
MF-MILANO FINANZA mercoledì 8 aprile 2015
Coface si allea con Pop Sondrio
Coface, uno dei leader mondiali nell'assicurazione dei crediti, e Banca Popolare di Sondrio hanno
siglato un importante accordo di collaborazione per promuovere e sostenere l'assicurazione dei
crediti commerciali nei confronti delle imprese che vogliono tutelarsi dal rischio di credito in Italia
e all'estero. Grazie a tale accordo, le aziende clienti della Banca Popolare di Sondrio potranno
concentrare le proprie risorse finanziarie nello sviluppo del business, in Italia e all'estero, usufruendo
anche di EasyLiner, il nuovo servizio di Coface che permette alle aziende di configurare - online e in
autonomia - le coperture assicurative che meglio rispondono alle rispettiva esigenze. «Il nostro
intervento a favore delle imprese va oltre i classici servizi bancari ed è finalizzato al loro
accompagnamento sui mercati nazionale e internazionale con la copertura del rischio di credito», ha
dichiarato Mario Erba, vicedirettore generale della Popolare valtellinese.
Return
.
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
Riservato alle strutture
Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XVI - 08/04/2015
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
«In termini di crescita percentuale abbiamo avuto una parte finale dello scorso anno molto buona e
anche questo primo trimestre conferma una buona intonazione. Per l’intero esercizio abbiamo dato
il target di raccolta attesa tra i 2 e i 2,5 miliardi e se le cose continueranno a proseguire in questo
modo riusciremo a raggiungere l’obiettivo che ci siamo posti» osserva Motta, non escludendo la
possibilità di poter rivedere al rialzo i target in caso di risultati particolarmente positivi nella prima
parte dell’anno. L’istituto continua a lavorare nella direzione dell’innovazione: «Abbiamo in atto
progetti che riguardano soprattutto la parte digitale e da metà maggio inizieremo a presentare i
risultati e poi proseguiremo per tutto l’anno» dichiara l’ad.
Nel corso del primo trimestre è cresciuto anche il numero di consulenti private banker di Banca
Generali: sono entrati nelle fila dell'istituto altri 30 consulenti, dopo i 102 nuovi ingressi del 2014.
Per i soci il prossimo appuntamento è l’assemblea del 23 aprile, quando saranno chiamati ad
approvare il bilancio 2014 chiuso con un utile netto in crescita del 14% a 161 milioni. In aumento
anche il dividendo che passa dai 0,95 euro del 2013 a 0,98 euro del 2014, con un pay out ratio del
70%. L’assemblea sarà poi chiamata a nominare il nuovo cda. Assicurazioni Generali, che detiene il
50,6463% del capitale sociale, ha presentato la lista numero 1, che comprende Paolo Vagnone,
Piermario Motta, Giancarlo Fancel, Philippe Roger Donnet, Giovanni Brugnoli, Anna Gervasoni,
Massimo Lapucci, Annalisa Pescatori e Ettore Riello. Per la prima volta è stata presentata una
seconda lista da parte dei fondi, rappresentati da Assogestioni (1,056% del capitale sociale), e
candida Vittorio Emanuele Terzi. Il cda è sceso da 10 a nove membri, quindi qualora rientrasse Terzi,
non risulterebbe eletto l’ultimo candidato della lista 1. © RIPRODUZIONE RISERVATA Monica
D’Ascenzo
Return
.
IL SOLE 24 ORE mercoledì 8 aprile 2015
FinecoBank, la raccolta balza a 1,6 miliardi
L’interesse degli italiani per i fondi comuni e la sempre più marcata predisposizione per servizi
bancari digitali hanno spinto forte per un altro mese le attività di FinecoBank. Così anche marzo si è
chiuso con risultati record per la banca diretta multicanale del Gruppo UniCredit. FinecoBank ha
messo a segno una raccolta di 704 milioni di euro, con un balzo vicino al 70% (69) rispetto allo stesso
periodo del 2014.
Nel primo trimestre 2015 la banca ha registrato una raccolta netta totale pari a 1.612 milioni di euro
con un incremento del 53% rispetto allo stesso periodo del 2014. Nel primo trimestre del 2015 la
raccolta netta totale tramite la rete di promotori finanziari e? stata pari a 1.447 milioni di euro, in
crescita del 53% rispetto al periodo gennaio-marzo 2014).
Tra le note di rilievo e in linea al trend registrato da FinecoBank già da molti mesi il forte impulso
all’attività messa a segno con i prodotti di risparmio gestito che da sola ha raggiunto quota 569
milioni di euro e da inizio anno si attesta a 1.198 milioni di euro, mettendo a segno un balzo in avanti
del 92% rispetto allo stesso periodo del 2014.
A fine marzo il patrimonio totale ha raggiunto 53.711 milioni di euro, in crescita rispettivamente del
+9% rispetto al dicembre scorso e del +18% rispetto marzo 2014.
«Siamo molto soddisfatti di come sta andando la nostra attività e i risultati di raccolta fin qui
raggiunti sono così positivi che vanno al di là delle nostre previsioni - ha precisato Alessandro Foti,
amministratore delegato e direttore generale di FinecoBank - chiudiamo i primi tre mesi dell’anno
con la miglior raccolta di sempre. Un dato che conferma sia la nostra capacita? di crescere per linee
interne, sia un interesse sempre maggiore e piu? intenso da parte dei risparmiatori verso una
gestione attenta e sofisticata dei propri risparmi».
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
Riservato alle strutture
Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XVI - 08/04/2015
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
Secondo Foti a giocare un ruolo importante ci sono due trend strutturali: da un lato un cambio di
approccio verso la gestione dei propri risparmi che sta facendo esplodere l’attività di consulenza; in
secondo luogo un’accelerazione in tema di digitalizzazione dei servizi finanziari.
«Gli italiani si stanno rivelando tra i più grossi utilizzatori di servizi online in Europa - aggiunge Foti
- anche tra la popolazione di anziani vediamo aumentare notevolmente gli utilizzatori e FinecoBank
in questo è posizionata in modo eccellente. A questo si aggiunga la bontà del nostro modello di
business. Piattaforme digitali transnazionali che dialogano con una rete di consulenza fatta da
professionisti esperti che rappresentano un altissimo valore aggiunto. Gli italiani stanno capendo
che gestire il proprio risparmio è un’attività molto complessa, che diventa fondamentale affidarsi a
professionisti esperti altrimenti si possono fare grossi errori. I nostri consulenti guidano e aiutano i
clienti a gestire la loro emotivita' sia nelle fasi positive, sia in quelle negative. Si tratta di un
cambiamento epocale, di una tendenza che Fineco sta cogliendo e ha intenzione di cogliere anche nei
prossimi mesi, in particolare offrendo i servizi di consulenza qualificata».
A fine marzo i clienti totali erano 988mila: sono stati acquisiti oltre 31 mila nuovi clienti dall'inizio
dell'anno, in aumento del 5% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
A spingere l’ attività c’è stato anche l’effetto legato alla quotazione: la notorietà del brand ha portato
nuova clientela ma «anche la soddisfazione dei nostri clienti è un elemento che ci sta aiutando
moltissimo - aggiunge ancora Foti - e non c’è pubblicità' migliore. Tra i clienti che sottoscrivono il
nostro servizio di consulenza personalizzata c’è soddisfazione perché il costo del servizio è
trasparente e chiaro. Sul costo noi applichiamo uno sconto commissionale possibile perché noi
rigiriamo al cliente tutte le commissioni che incassiamo dalle case di asset management i cui prodotti
collochiamo. I clienti apprezzano molto questo tipo di trattamento, chiaro esplicito ma soprattutto
utile a capire la complessità che oggi caratterizza la gestione del risparmio». © RIPRODUZIONE
RISERVATA Lucilla Incorvati
Return
.
IL SOLE 24 ORE mercoledì 8 aprile 2015
Quando aiuti e garanzie sono Made in Germany
La possibile apertura di un’indagine della Commissione europea su aiuti di Stato alle banche di
quattro Paesi della periferia dell’eurozona, fra cui l’Italia, riaccende un faro su una questione che è
spinosa invece anche e soprattutto nei Paesi del centro dell’unione monetaria. Una questione
riportata alla ribalta recentemente dalla decisione dell’Austria di non fa fronte alle garanzie dello
stato della Carinzia alla Heta, la bad bank della fallita Hypo Alpe Adria, con immediate ripercussioni
soprattutto sulle banche tedesche.
Dopo la crisi finanziaria globale del 2008, molti Paesi sono intervenuti a soccorso delle proprie
banche. Gli aiuti di Stato più massicci li ha realizzati la Germania, oltre che il primo salvataggio,
quella della Ikb, travolta dall’esposizione ai mutui subprime Usa. Berlino ha anche parzialmente
nazionalizzato la Commerzbank, la seconda banca privata del Paese, con un'iniezione da 17 miliardi
di euro, e ne detiene tuttora il 17%. Ha creato un fondo di sostegno al sistema bancario, la Soffin,
dotandola di 400 miliardi di euro di garanzie e 80 miliardi per ricapitalizzazioni.
Continua pagina 23 di Alessandro Merli
Continua da pagina 21
Complessivamente, secondo stime del “Fiscal monitor” del Fondo monetario, è il grande Paese
dell'eurozona con il più pesante intervento pubblico a favore delle banche, pari al 12,5% del prodotto
interno lordo (l'Italia è in coda, con lo 0,2%). Quasi il doppio di quel che ha fatto la Spagna (7,7% del
pil), dove la crisi bancaria è stata conclamata e ha costretto Madrid a ricorrere ad aiuti europei per
100 miliardi di euro (di cui solo 40 effettivamente utilizzati). L'Olanda, altro Paese “virtuoso” del
centro dell'area euro, ha fornito aiuti alle banche (compresa la nazionalizzazione di Abn-Amro), pari
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
Riservato alle strutture
Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XVI - 08/04/2015
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
al 18,7% del pil, l'Austria del 4,7%, cui va ad aggiungersi il 7% per Hypo Alpe Adria. Il 1° marzo è
stata dichiarata una moratoria sui debiti di Heta, la bad bank creata proprio in seguito al fallimento
di Haa.
Ed è la vicenda di Heta che ha scoperchiato il vaso di Pandora della reale affidabilità delle garanzie
statali, di cui molte banche, in particolare tedesche e austriache, si fanno forti. Nell'autunno scorso,
la banca pubblica di Amburgo, la Hsh, disastrata da prestiti in sofferenza soprattutto al settore del
trasporto marittimo, ha schivato la “bocciatura” all'esame della Banca centrale europea solo grazie
alla garanzia statale. La settimana scorsa, addirittura, una di esse, la L-Bank, ha fatto causa alla stessa
Bce per essere esclusa dalla sua vigilanza, adducendo fra l'altro come giustificazione il fatto di essere
a basso rischio, grazie alla garanzia pubblica dello Stato del Baden-Wurttemberg. In valori assoluti,
la garanzie pubbliche per le banche prestate dalla Germania sono le più alte nell'eurozona, 517
miliardi di euro, pari al 18% del pil. Ma in Austria toccano una percentuale quasi doppia, del 35% del
pil. Dopo il ripudio delle garanzie della Carinzia da parte di Vienna, gli investitori cominciano a
chiedersi quanto valga questa copertura. Complessivamente in Europa, ci sono garanzie statali sul
debito bancario pari a 1.300 miliardi di euro.
La presunta “sicurezza” offerta ad alcune banche dalla garanzia statale ne ha indotto altre, spesso a
loro volta pubbliche o semipubbliche, a investire nel loro debito. La prima “vittima” del fiasco della
Heta è stata la Duesseldorfer Hypothekenbank, specializzata in mutui immobiliari, che aveva
un'esposizione di 280 milioni di euro al debito della bad bank austriaca e si è ritrovata con il cerino
in mano dopo la moratoria. Per la seconda volta in sette anni, ha dovuto essere salvata
dall'associazione delle banche private tedesche, BdB. L'interesse della BdB non è casuale: un tracollo
della DuesselHyp avrebbe messo a nudo l'enorme mercato delle Pfandbrief, i titoli garantiti dai
mutui immobiliari, grande fonte di finanziamento per le banche tedesche. Ma il contagio del caso
Heta in Germania non è finito lì: la BayernLb, altra banca statale, della Baviera, ha dovuto dichiarare
perdite sul debito dell'istituto austriaco e altre 9 banche tedesche sono pesantemente esposte.
Da decenni, del resto, contando sul sostegno delle garanzie statali, le banche pubbliche tedesche si
avventurano in investimenti rischiosi e si ritrovano impantanate in tutte le crisi finanziarie, fin da
quella del debito dell'America latina all'inizio degli anni 80, ai subprime, alla Grecia. L'intervento
della Commissione europea, su iniziativa di Mario Monti, ha risolto solo in parte il problema, che è
anche e soprattutto un problema di governance, con le nomine dei vertici delle banche pubbliche
pesantemente influenzate
dalla politica locale.
L'intreccio fra le banche, aiuti e garanzie di Stato, politica e mercati resta un nervo scoperto del
sistema, nel cuore dell'eurozona assai più che nella sua periferia. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Alessandro Merli
Return
.
IL SOLE 24 ORE mercoledì 8 aprile 2015
In Italia i Dta valgono 31 miliardi
Occorreranno mesi affinché la Commissione Ue si chiarisca le idee e decida se la trasformazione delle
imposte anticipate su rettifiche o avviamenti (i cosiddetti Dta) in crediti verso lo Stato possa essere
considerata un aiuto governativo o meno.
Intanto però se si guarda al peso dei Deferred tax assets - ovvero le imposte già iscritte a bilancio
dalle banche che secondo le regole fino ad oggi applicate possono essere considerate parte del
patrimonio di vigilanza - si capisce quanto la partita sia importante per le banche periferiche, e
italiane in particolare.
In termini assoluti i Dta in Italia - sono dati Rbs - valgono circa 31 miliardi di euro, ovvero circa il
32% del Cet1. Per le banche greche e portoghesi l’incidenza sul Cet 1 è ancora più alta, pari
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
Riservato alle strutture
Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XVI - 08/04/2015
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
rispettivamente al 46% del Cet1 (14 miliardi) e al 38% (4,6 miliardi). Secondo stime che circolavano
ieri tra gli addetti ai lavori, i Dta possono valere in media a 150-200 punti base di Cet 1 ratio per ogni
banca italiana. Una componente a dir poco rilevante, visto che il Cet 1 ratio attuale oscilla tra il 9 e il
13% circa, contro una richiesta minima della Bce che varia tra il 9 e l’11%.
Sui Dta impattano in verità in maniera diversa due componenti principali. La prima, il cui valore
medio per singolo istituto, secondo alcune stime, potrebbe attestarsi sui 20 punti base per singola
banca, è quella relativa alle imposte anticipate relativa all’affrancamento degli avviamenti, il cui
valore può essere dedotto in più anni contro un pagamento immediato. In questo caso, un eventuale
irrigidimento della normativa «potrebbe essere assorbito dagli istituti senza grossi problemi»,
spiegano da una della principali banche italiane.
Diverso il caso in cui Bruxelles intervenisse sulla deducibilità degli accantonamenti sui crediti, prima
“spalmabili” in 18 anni e ora in cinque. Qualora l’Ue giudicasse un aiuto di Stato la trasformazione
delle imposte anticipate relative a questa voce, già iscritte a bilancio, in crediti verso lo Stato (come
previsto da diversi interventi legislativi) per gli istituti sorgerebbe un problema di non poco conto. I
Dta su crediti valgono circa 140-160 punti base per singolo istituto. Eventuali revisioni della
normativa andrebbero a stringere di nuovo il cordone sul fronte delle richieste di capitale regolatorio,
peraltro in una fase in cui il settore sta tentando faticosamente di concentrarsi sull’erogazione di
prestiti, dopo la difficile stagione dei rafforzamenti patrimoniali. Per gli analista di Equita, tuttavia,
«vista la natura di questi crediti e il miglioramento della redditività delle banche (che permette di
usare le perdite fiscali) pensiamo che le banche italiane possano evitare la procedura di infrazione».
Se oggi le banche italiane tornano a fare i conti con il nodo dei Dta computabili a Cet1 è perché
l’accordo di Basilea 3 ha previsto regole più stringenti sul calcolo del patrimonio di vigilanza,
considerando le imposte anticipate come non integralmente computabili perchè considerate “non
liquidabili”. D’altra parte le banche possono trasformare le imposte anticipate relative a rettifiche di
valore in crediti di imposta perchè la normativa lo prevede. Tra il 2010 e il 2011, i regulator italiani
hanno definito «certo» il recupero di queste imposte anticipate, dando quindi il disco verde alla loro
trasformazione in crediti di imposta. Crediti verso lo Stato, di assoluta garanzia di fatto, e per questo
utili per far parte del patrimonio di vigilanza. [email protected]© RIPRODUZIONE
RISERVATA Luca Davi
Return
.
IL SOLE 24 ORE mercoledì 8 aprile 2015
Abi: colpa della penalizzazione fiscale
ROMA.«Totale sorpresa». È questa la reazione delle banche italiane alla notizia della «lettera
amministrativa» spedita dalla Commissione europea a Italia, Spagna, Portogallo e Grecia per
chiedere informazioni sul trattamento, nei rispettivi sistemi bancari, delle dta, acronimo di deferred
tax assets, ovvero attività derivanti da imposte anticipate. Un’iniziativa che secondo alcuni potrebbe
preludere a un’indagine formale per verificare l’esistenza di eventuali “aiuti di stato” e che è
attualmente all’attenzione degli uffici del ministero dell’Economia.
Il mondo del credito italiano ha reagito ieri attraverso le dichiarazioni del direttore generale dell’Abi,
Giovanni Sabatini, che ha ricordato come in Italia «la principale causa dell’accumularsi di imposte
differite attive(ovvero imposte pagate anticipatamente dalla banca in qualità di contribuente e che
saranno recuperate in esercizi futuri) è da ricercarsi nel peculiare trattamento fiscale sui crediti
deteriorati previsto dalle norme italiane. Questa voce di costo, che per una banca rappresenta un
tipico costo di produzione del servizio che eroga, prosegue la nota, poteva essere dedotta dal reddito
imponibile solo in una quota predefinita nell’anno in cui veniva fatta la svalutazione del credito e per
la parte eccedente nei successivi 18 anni, nei limiti in cui vi fosse capienza nel reddito imponibile di
quegli anni. In altre parole, è questa lunghissima “spalmatura nel tempo” voluta dal fisco ad aver
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
Riservato alle strutture
Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XVI - 08/04/2015
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
dato luogo a delle imposte differite attive. Tuttavia, dal 2013 la norma è stata cambiata e la
“spalmatura fiscale” si è ridotta da 18 a cinque anni, con ciò riducendo sia il volume delle dta generate
sia il disallineamento fiscale con gli altri paesi europei.
Però, osserva ancora il dg dell'Abi «il problema è stato ridotto ma non annullato, in quanto, da un
punto di vista fiscale, le svalutazioni negli altri paesi europei fiscali vengono dedotte nello stesso
anno in cui vengono effettuate». L’Abi, del resto, chiede da tempo l’allineamento con gli altri paesi
europei ovvero la possibilità di dedurre entro l’anno le svalutazioni su crediti. Un’altra modifica
recentemente introdotta dal Parlamento, peraltro, permette in casi specifici, come il verificarsi di
una perdita fiscale (quando sia impossibile quindi recuperare una parte delle imposte pagate
anticipatamente) che una quota parte delle Dta sia trasformata in credito d’imposta a tutti gli effetti,
sia cioè una voce compensabile dal fisco o anche ceduta. Questa recente modifica normativa relativa
al verificarsi di perdite d’esercizio spiega l’Abi, rende compatibili le imposte differite attive delle
banche italiane (che hanno l’origine che abbiamo visto) con le nuove norme di vigilanza prudenziale,
cioè con le regole di Basilea tre (in altri termini, in questo caso le Dta non devono essere dedotte dal
capitale ai fini prudenziali). L’intervento del legislatore italiano è stato quindi necessario, ricorda
l’Abi «per evitare una doppia penalizzazione delle banche che operano in Italia, la prima sotto il
profilo fiscale e la seconda sotto il profilo dei requisiti patrimoniali» cioè le regole di Basilea tre.
Pertanto, sostiene Sabatini «appare quanto meno bizzarro che una norma che contribuisce a
ristabilire un terreno di gioco livellato tra le banche europee possa essere invece interpretata alla
rovescia, come un aiuto di stato». Del resto le modifiche normative erano state apprezzate anche da
Bankitalia (il governatore Ignazio Visco vi aveva fatto riferimento nel suo intervento alla giornata del
risparmio del 2013). Per garantire davvero un corretto funzionamento del mercato, termina la nota
di Palazzo Altieri, la Commissione Ue avrebbe dovuto «chiedere ai governi dei paesi che partecipano
all’Unione bancaria la totale armonizzazione delle norme fiscali, delle norme sul diritto penale
dell’economia, delle regole amministrative che ancora oggi rendono incompleto e asimmetrico il
quadro normativo all’interno del quale operano le banche dell’eurozona». © RIPRODUZIONE
RISERVATA Rossella Bocciarelli
Return
.
IL SOLE 24 ORE mercoledì 8 aprile 2015
Mps e i derivati nelle carte di Bankitalia
MILANO. Derivati o non derivati? Questo è il tema dell’accusa della procura di Milano che ha chiuso
nei giorni scorsi l’inchiesta su Monte dei Paschi di Siena per falso in bilancio (esercizio 2009) e
manipolazione di mercato. Nel mirino ci sono le due complesse operazioni di ristrutturazione delle
notes Alexandria e Santorini, rispettivamente sottoscritte da Monte dei paschi e Nomura, e da Mps
e Deutsche Bank. Il punto è il seguente: i due deal avevano le caratteristiche di strumenti derivati e
allora avrebbero dovute essere indicate in bilancio come tali, oppure non lo erano e dunque
l’appostamento contabile era corretto?
Inizialmente al pari di Mps, Deutsche bank non considerò la ristrutturazione di Santorini alla
stregua di uno strumento derivato. Poi però dovette fare marcia indietro su pressioni della Consob
tedesca, la BaFin, che definì “inaccettabile” l’inserimento di quell’operazione tra i “non derivati”. E
infatti quando la Consob si rivolse all’omologa authority tedesca per ottenere spiegazioni ne ebbe
esplicita conferma.
Il 6 febbraio 2014 la BaFin scrisse all’ufficio relazioni internazionali della Consob che l’aveva
interpellata sul tema: «Da un punto di vista contabile Db doveva trattare le operazioni come derivati
piuttosto che come transazioni finanziarie. Per meglio analizzare quanto accaduto abbiamo anche
iniziato un audit speciale sulle transazioni di Deutsche bank (con Mps, ndr)».
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
Riservato alle strutture
Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XVI - 08/04/2015
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
I vigilantes tedeschi, dunque, non sembravano nutrire troppi dubbi: derivati, appunto. Anche per la
procura di Milano quel groviglio contrattuale che prendeva il nome di «mandate agreement», lo
stesso rinvenuto dal nuovo management Mps nella cassaforte dell’ex direttore generale Antonio
Vigni nell’ottobre del 2012, altri non era che un derivato. Anzi, un derivato «sintetico», ossia uno
strumento complesso, formato da più contratti collegati tra loro per ottenere un unico fine. Attenuare
le perdite su Alexandria, ma in realtà foriero di nuove e imprevedibili emorragie di denaro.
Nell’avviso di chiusura delle indagini condotte dalla procura di Milano (pm Giordano Baggio,
Stefano Civardi e Mauro Clerici) si legge che «L’effetto congiunto dei contratti di asset swap e Repo
(pronti contro termine, ndr) (…) era idoneo a rappresentare un derivato sintetico in base al quale
Mps vendeva protezione dal default dell’Italia» attraverso un meccanismo di acquisto e riacquisto di
BTp con scadenza 2034 per 3,05 miliardi di euro.
Gli indagati, per il pm e per il Nucleo speciale di polizia valutaria della Gdf, «contabilizzavano le
diverse componenti dell’operazione di finanza strutturata (…) disgiuntamente allocandole in
portafogli diversi omettendo una rappresentazione unitaria delle stesse che consentisse di coglierne
l’effettiva sostanza economica di credit default swap secondo i principi contabili internazionali».
In particolare i 3,5 miliardi in BTp oggetto della complicata operazione con Nomura venivano
appostati sotto la voce «attività disponibili per la vendita». Cioè asset nella disponibilità della banca.
Il punto è che quei 3,05 miliardi di BTp in realtà erano virtuali. O come spiegano i pm «solo
figurativi».
La procura di Milano ha messo nero su bianco una situazione che però non era passata inosservata
agli occhi né della Banca d’Italia, né della Consob. Sin dal marzo 2012, cioè otto mesi prima della
famosa scoperta del «mandate agreement» nella cassaforte di Vigni. Ed è interessante ripercorrere
ciò che scrivono gli otto ispettori inviati a Siena da Palazzo Koch per determinare «gli attivi a rischio
e il follow up sui rischi finanziari» nel report destinato proprio alla Consob che, sin dall’8 novembre
2011, aveva chiesto alla banca informazioni su operazioni sul BTp 2034.
Banca d’Italia passa al setaccio l’operazione e la dettaglia sin nei minimi particolari. Sino a giungere,
nel rapporto finale, a un giudizio tecnico che lascia pochi spazi all’immaginazione: «Lo schema dei
flussi di cassa della complessiva struttura (acquisto di BTp + Asw + Repo + Repo facility), ma può
essere definita in breve struttura BTp 2034 replica quello di una posizione short in un cdr (credit
default swap” sintetico), in cui Mps vende protezione sul rischio Italia a Nomura su un nozionale di
3,05 miliardi dietro la corresponsione di un premio annuale di 44 punti base».
Non basta. Banca d’Italia fa anche un’analisi contabile dell’operazione e rileva che «I titoli BTp 2034
sono stati iscritti nel portafoglio Afs (asset for sales), il Repo è stato iscritto come debito verso le
banche e contabilizzato a costo ammortizzato, così come il cash collateral. Quanto agli Irs (interest
rate swap) sono stati contabilizzati come derivati di copertura sul richio di tasso».
Le conclusioni di Banca d’Italia, dunque, sembrano anticipare non solo la «disclosure» di un
«mandate agreement» di cui solo otto mesi dopo si sarebbero conosciuti i dettagli. Ma pronosticano
a distanza di tre anni le conclusioni dei magistrati milanesi quando, a proposito della ristrutturazione
di Alexandria, scrivono «L’operazione nel suo complesso si sostanzia in un derivato creditizio. E di
norma i derivati di credito sono iscritti (in bilancio) nel portafoglio attività finanziarie di
negoziazione e le variazioni del fair value sono rilevate nel conto economico. L’azienda ha invece
contabilizzato le diverse componenti dell’operazione (…) allocandole in diversi portafogli».
Non è finita. La consapevolezza degli organi di controllo su quanto stesse succedendo a Siena è
testimoniata da un altro documento. L’ispezione di Banca d’Italia all’Mps iniziata l’11 maggio del
2010 e finita il 6 agosto 2010. Qui a pagina 2 del verbale ispettivo si nomina esplicitamente
l’operazione Santorini, quella su cui la procura di Milano starebbe ancora lavorando. E ancora, a
pagina 5 del rapporto si citano due operazioni del complessivo impatto nominale di 5 miliardi
stipulate da Mps con Nomura e con Deutsche bank Londra. E si cita anche un’altra operazione con
Deutsche bank condotta su BTp datata dicembre 2008. Anche su questa il giudizio di Bankitalia non
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine