Addio postini, centralinisti e agricoltori

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LUNEDÌ 10 NOVEMBRE 2014
Addio postini, centralinisti
e agricoltori: il futuro è di
nanomedici, banchieri
del tempo e informatici
super-specializzati. La
rivoluzione digitale
sta cancellando negli Usa
metà dei mestieri
tradizionali. Ecco come
quest’onda lungaarriverà
presto anche in Italia
ETTORE LIVINI
ANCHIERE del tempo. No, meglio nanomedico. Oppure, per amor di natura, agricoltore
verticale. C’era una volta l’Italia dove i bambini sognavano di fare i calciatori, le ballerine o i pompieri. C’era una
volta perché oggi quell’Italia
e quel mondo non ci sono più.
La rivoluzione digitale sta
cambiando i lavori del futuro
a ritmi più rapidi di un corso di
laurea. Azzeccare quello giusto (nanomedici & C. sono
scommesse del think-tank Fastfuture) è impresa da Mago
Otelma. «Oggi si studia in vista di professioni non ancora
create, fatte con tecnologie
B
da inventare per problemi
che adesso non conosciamo»,
riassume Andrea Cammelli,
direttore di Almalaurea, la
più importante banca dati dei
laureati in Italia, consultata
da enti ed imprese. A guidare
il cambiamento — più che medici o avvocati — sono algoritmi, formule fisiche e nuvole
informatiche. E l’America, locomotiva globale dell’hi-tech, ha deciso di giocare tutte
le sue carte sui campioni dello
Stem — l’acronimo sta per
science, technology, engineering e math — le facoltà
tecnico-scientifiche su cui la
Casa Bianca ha concentrato i
piani di incentivazione allo
studio (con 2,6 miliardi di investimenti solo nel 2014) e
dove le iscrizioni negli ultimi
anni sono cresciute del 48%.
Fabbriche di lavoro certo e
ben remunerato, promette
l’amministrazione Usa. Ma
soprattutto il volano educativo grazie a cui gli States contano di mantenere la loro leadership tecnologica nei prossimi decenni.
L’ERA DEGLI STEM
Le classifiche, in questo caso, rischiano di sviare. Buona
parte delle professioni che
creeranno più posti da oggi al
2022 — per l’invecchiamento
e per la legge dei grandi numeri — sono legate alla salute.
In testa alle graduatorie ufficiali del ministero del lavoro
Usa ci sono gli infermieri per
l’assistenza sanitaria a domicilio. Brillano pure fisioterapi-
sti e consulenti genetici,
esplode (+53%) la domanda
per psicologi aziendali. E persino per i muratori (+43%), un
omaggio alla concretezza della old economy, è previsto un
inatteso revival.
L’apparenza però inganna.
E la scommessa della Casa
Bianca guarda a un dato d’insieme ben più significativo: «Il
27% del totale dell’occupazione generata nei prossimi tre
anni in America arriverà da discipline legate a scienza, tecnologia, ingegneria o matematica», come calcola una ricerca della Economic Modelling society. Competenze destinate a condizionare in modo pervasivo il lavoro di tutti,
dagli infermieri in corsia fino
ai carpentieri in cantiere. Il
Illavoro
cheverrà
47% dei posti di lavoro negli
States — calcola una ricerca
dell’Università di Oxford — è a
rischio sostituzione con i computer. Cifra che in Europa
(Fondazione Bruegel) sale al
50%. E la Stem-generation
sarà il carburante che darà un
colpo d’acceleratore decisivo
per colmare questo gap.
La rivoluzione è già iniziata
e il boom delle iscrizioni è solo
la punta dell’iceberg: i laureati tecnico-scientifici trovano
lavoro in metà tempo rispetto
agli studenti di altre discipline e guadagnano da subito in
media 65mila dollari l’anno
contro i 49mila degli altri corsi per il National Center for
education statistics. Il tasso di
crescita dell’occupazione nei
loro settori è al 17% contro la
media nazionale del 9,8%.
L’80% dei laureati (dati Pew
Research) dice di trovare lavori legati a filo doppio al corso di studi. E uno studente
straniero su tre che sceglie di
iscriversi a un corso di laurea
Usa — grazie ai piani di attrazione di cervelli del governo —
finisce inevitabilmente per
occuparsi di scienza, tecnologia, ingegneria o matematica.
L’ESPERIENZA ITALIANA
L’Italia, su questo fronte,
viaggia con il freno a mano tirato ma non fa eccezione. I dati dicono che dalle nostre parti,
quanto a professioni con un futuro, vale ancora la regola
dell’”usato sicuro”: nel 2013, a
cinque anni dalla laurea il
96,7% dei medici (dati Almalaurea) aveva un posto, come il
91,9% degli ingegneri e il 91%
dei diplomati in economia.
Classici del genere. Scontati
come l’elenco delle Cenerento-
le: nella zona bassa della classifica arrancano geo-biologi e reduci da facoltà letterarie. Soldi
e occupazione, visto che piove
sempre sul bagnato, vanno a
braccetto: un lustro dopo la tesi, un ingegnere guadagna
1.708 euro netti al mese in media, un medico 1.646 mentre
chi ha in curriculum un cursus
honorum umanista si deve accontentare di mille euro.
I piccoli germogli Stem nel
nostro Paese — dove resistono
le molte baronie a prova di tecnologie e dove la disoccupazione giovanile è al 44% — si
stanno però già confermando
come promettenti fabbriche
di lavoro. «Noi siamo in piena
occupazione a un anno dalla
laurea — assicura Marco Taisch, delegato del Rettore al Politecnico di Milano per il placement — Succede anche in settori come la computer science
che sembravano passati di
moda». Lo stesso vale per il Politecnico di Torino e per i corsi
ad alto contenuto innovativo
che stanno iniziando a spuntare lungo tutta la penisola.
TRA CONOSCENZE E COMPETENZE
Il boom degli Stem e l’addio
a postini, centralinisti, agricoltori e stenografi — le professioni a rischio estinzione
per l’Us Labour of statistics —
non significa in assoluto il
trionfo dell’hi-tech e dei guru
di Silicon Valley. Qualche Cassandra fuori dal coro sostiene
che la spinta dell’amministrazione Obama sugli Stem rischia di inondare il mercato
del lavoro di troppa offerta da
qua a pochi anni. Molti economisti e accademici puntano
invece il dito contro l’eccesso
di specializzazione cui si sta
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LUNEDÌ 10 NOVEMBRE 2014
ALL’INTERNO
LA STORIA
Ulivi senza pace
la battaglia di Soma
per gli alberi secolari
sacrificati alla centrale
MARCO ANSALDO
LA CULTURA
Da Aristotele a Orwell
la nostra parte bestiale
ecco cosa ci unisce
al mondo degli animali
ROBERTO ESPOSITO
GLI SPETTACOLI
Anteprima mondiale
di Hunger Games 3
Sutherland: questo film
è un invito alla rivolta
ARIANNA FINOS
arrivando. «Il problema — dice persino un neo-keynesiano
come il Nobel Ned Phelps — è
non aumentare indefinitivamente i laureati in discipline
scientifiche». Padroneggiare
algoritmi e data-flow non è
tutto. Anzi. In un mondo dove
le tecnologie nascono e
muoiono alla velocità della luce «la tecnica va puntellata
con le soft skills umanistiche e
figlie di storia, filosofia e letteratura necessarie a sviluppare lo spirito critico e di iniziativa necessari per gestire il
cambiamento», aggiunge l’economista.
«Oltre alle conoscenze, oggi
servono le competenze», ammette anche Cammelli. Capacità di far gruppo, di avere la
mente aperta alla formazione
continua e al cambiamento.
Più che una virtù, una necessità. La generazione Erasmus
sa benissimo che il lavoro del
futuro, per sfuggire all’etichetta facile di “bamboccioni” un
po’ “choosy” (copyright Elsa
Fornero), devi inseguirlo all’estero o nelle aree dove si fa davvero innovazione. Londra ha
importato un milione di abi-
tanti in dieci anni. Il 50% del
business alla Silicon Valley è
generato da gente che non è
nata e cresciuta lì. Ben 94mila
giovani italiani — il doppio dell’anno precedente — ha lasciato nel 2013 il Belpaese per cercare un posto oltrefrontiera.
Le università hi-tech si sono
già adeguate. Inserendo accanto alle lezioni 100% Stem
più tesine e lavori di gruppo
per sviluppare i soft skills degli studenti. E potenziando i
master dove ormai il 50% dei
partecipanti sono persone che
già lavorano e devono aggiornare conoscenze scientifiche
invecchiate nel giro di una
breve stagione. La realtà, oggi, obbliga a un sano esercizio
di pragmatismo. Altro che fantasticare di fare i calciatori o i
pompieri. L’unico sogno consentito ancora oggi, a non voler davvero tenere i piedi per
terra, è quello di fare gli astronauti. Il decollo dei voli orbitali privati — altra disciplina
molto Stem — è già una realtà,
assicura il dipartimento al lavoro Usa. Il lavoro c’è. Basta
cercarlo nello spazio.
I numeri
2,6
milioni
di dollari
La cifra investita
dall'amministrazione
Obama per incentivare
le iscrizioni
a università Stem
+48%
RICCARDO LUNA
L’aumento delle iscrizioni
negli ultimi anni
nelle università
scientifiche-informatiche
ON si può dire che non ci avesse avvertito. Nel 1995 il futurologo Jeremy Rifkin ci scrisse sopra un libro: La fine del lavoro si intitolava,
e non poteva essere più chiaro di così. Sono
passati vent’anni e oggi, guardando i dati sulla disoccupazione crescente quasi ovunque
dalle nostre parti, possiamo dirlo: sul lavoro
Rifkin aveva ragione. L’automazione, indotta dalle nuove tecnologie, ha avuto e sta avendo davvero un effetto devastante sugli operai, gli impiegati, i commercianti e i liberi professionisti. Basta guardare alla cronaca: la catena di fast food McDonald’s ha appena annunciato di voler introdurre
dei tablet per ricevere le orIL COM dinazioni riducendo i cameMEN rieri; il colosso dell’e-comTO merce Amazon sta assumendo 10 mila robot nei
propri magazzini per sbrigare lo smistamento dei
pacchi; mentre da tempo sappiamo che gli algoritmi introdotti da Google e da altri per guidare le auto funzionano alla perfezione ed è
solo per una questione di assicurazione (chi
paga in caso di incidente?) che non abbiamo
ancora auto senza autisti. Torna in mente un
altro saggio profetico, questa volta del 2000,
scritto da uno dei guru di Silicon Valley, Bill
Joy: «Il futuro ha ancora bisogno di noi?».
Anche stavolta la risposta è nella cronaca, in
quello che accade ogni giorno, magari senza fare
notizia. Qualche giorno fa a Dublino si è chiuso il
Web Summit, uno dei più grandi eventi del mondo dedicati agli startupper, una definizione dietro la quale dovete immaginare dei giovani che
hanno visto un problema e realizzato una soluzione con il digitale, e che quindi sperano di diventare ricchi in fretta. Bene, ce n’erano circa duemila di startupper a Dublino, da tutto il mondo. E
17%
L'aumento del tasso di occupazione
delle discipline Stem per il Dipartimento
al commercio Usa, contro il 9,8 medio
degli altri mestieri
40 giorni
Il tempo medio impiegato da un’impresa
negli States per trovare un dipendente
con competenze Stem,
il doppio della maggior parte
delle altre aree
65.000
dollari
Il guadagno annuo di un laureato Stem
contro i 49.000 di uno in un'altra materia
47%
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il gap che dobbiamo colmare
prima che sia troppo tardi
Il numero di posti
di lavoro Usa a rischio
sostituzione dai computer
3,8%
Tasso di disoccupazione tra i diplomati
in lauree del settore Stem
80%
I laureati in area Stem
che trovano un lavoro
legato al proprio
corso di studi
N
indovinate chi è risultato il numero uno? Una startup italiana, Nextome, un navigatore per musei,
gallerie d’arte, centri commerciali, aeroporti e
hotel; funziona grazie ad una tecnologia basata
sul wi-fi che è stata inventata e brevettata da
quattro ragazzi pugliesi. Il giorno prima a Brescia
il premio Federico Faggin — dal nome dell’inventore del primo microchip — era stato assegnato a
un’altra startup pugliese, Blackshape, che realizza aerei in fibra di carbonio. Nel frattempo in California venivano ufficializzate le start up ammesse al prestigioso acceleratore 500startups: su
trenta, due sono italiane. Ogni giorno ce n’è una,
di storia così. Non sono più casi isolati, o stranezze. Sono un movimento di ragazzi che ha capito
che il nostro tempo presenta rischi e opportunità,
ma hanno deciso di provare a cogliere le seconde
(far partire una start up è infinitamente più facile di una volta), per non tenersi solo i rischi. Forse, se lo sapessero, anche i Neet (i giovani che non
studiano né cercano impiego) sarebbero meno
rassegnati ad un futuro buio.
Ciò detto, le startup non sono certo la soluzione ai problemi di disoccupazione di un Paese. Non
bastano a risollevare il Pil e a invertire il ciclo economico. Ed è fuor di dubbio che fino ad ora la rivoluzione digitale deve mantenere tutte le sue
promesse di un mondo migliore. E però una soluzione c’è. Sono finiti i lavori che possono fare le
macchine meglio di noi, ma c’è un dannato bisogno di altri lavori: in Europa si calcola un milione
di posti di lavoro pronti per persone che siano
computer-savvy, ovvero a proprio agio con i computer. È su questo punto che in Italia siamo in fondo a tutte le classifiche possibili. Ed è per questo
che un ragionamento sui lavori del futuro non può
non partire dalla scuola. Sono sempre le skills, le
competenze, il prerequisito del work, del lavoro.
E le competenze ormai sono, non possono non essere, legate alla rivoluzione digitale.
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