1. Tipologie di controllo. La discrezionalità gestoria

Download Report

Transcript 1. Tipologie di controllo. La discrezionalità gestoria

PAOLA VOLA∗
LA RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DELL’ENTE ED IL
RUOLO DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA
SOMMARIO: 1. Tipologie di controllo- 2. La responsabilità amministrativa dell’ente- 2.1. Il
sistema delle deleghe: ruolo e responsabilità degli amministratori e del collegio sindacale- 3.
L’istituzione dell’organismo di vigilanza (OdV)- 3.1. Requisiti e funzioni proprie dell’OdV- 3.2.
Brevi cenni sulla responsabilità dei membri dell’OdV- 4. Modalità operative di funzionamento
dell’OdV- 5. Considerazioni relative alla responsabilità amministrativa nelle holding.
1. Tipologie di controllo.
La discrezionalità gestoria dei soggetti economici subisce inevitabili
limitazioni poiché deve contemperare le esigenze di business la necessità di
pianificazione, organizzazione e gestione del rischio.
Il rispetto di tali doveri comporta la necessità di prevedere una serie di
controlli inerenti lo svolgimento dell’attività aziendale; dette verifiche
possono essere ricondotte alle tre seguenti tipologie:
1. controllo di merito;
2. controllo sull’adeguatezza degli assetti organizzativi;
3. controllo dei rischi.
La prima tipologia di controllo riguarda la convenienza economica e
l’opportunità delle scelte operative effettuate dall’organo gestorio
(amministratore delegato/unico, consiglio d’amministrazione) in virtù del
∗
Dottore commercialista, Ricercatore in Economia Aziendale.
www.businessjus.com
Pag 1 di 12
proprio potere di indirizzo1; detto potere di controllo spetta ai soci nei
confronti del consiglio d’amministrazione e compete al consiglio
d’amministrazione nei confronti degli amministratori delegati.
Le operazioni gestionali non sono contestabili in via generale dagli organi
di controllo eccetto nei casi di scelte irrazionali o di mancata adozione di
metodologie valutative relativamente agli impatti economici, finanziari delle
operazioni in questione2.
Nel secondo caso, invece, il controllo concerne il sistema organizzativo
aziendale: esso è costituito da una componente strutturale, generalmente
rappresentante mediante organigramma, il cui scopo è individuare ruoli e
rapporti gerarchici, e da una componente di processo riferibile alle
procedure aziendali: le verifiche relative alle procedure sono volte ad
accertare l’esistenza (ovvero la codificazione) delle stesse all’interno
dell’azienda, la presenza di personale idoneo preposto alle procedure ed il
corretto svolgimento di quanto sopra individuato.
La terza tipologia di controlli riguarda la gestione del rischio. Il concetto
di rischio può essere declinato in modo diverso in funzione del paradigma di
riferimento: la dottrina aziendale3 lo definisce come l’eventualità di un
andamento sfavorevole nel verificarsi di accadimenti futuri.
Il rischio viene classificato in funzione dei soggetti che sopportano il
danno e cioè in :
− rischio patrimoniale, che viene assunto dai portatori di capitale
proprio o di credito, in termini sia di rischio di mancata
remunerazione (rischio di reddito) sia di mancata restituzione del
capitale conferito o personale (rischio di capitale);
− rischio extra-patrimoniale, che ricade su tutti i soggetti legati in
qualche modo all’impresa, ma diversi dai precedenti, quali i
dipendenti, la collettività, l’Erario, etc.
Il rischio generale d’impresa è assolutamente ineliminabile, in quanto
caratterizza l’essenza stessa dell’azienda, ma può essere graduato. Le azioni
per graduare il rischio vengono suddivise in due classi:
1 Si veda l’art. 2381, comma 1, c.c. relativo ai poteri di indirizzo del cda.
2 In merito al concetto di corretta gestione si veda anche la sentenza Cass., Sez. IX, 28 aprile 1997, n. 3652, nella quale viene
fornita una definizione della differenza tra violazione e atto di gestione corretto da parte degli amministratori: la distinzione è
da ricercarsi nella omissione di quelle cautele, verifiche ed informazioni preventive necessarie in relazione all’operazione di
gestione da porre in essere.
3 Sul punto, tra gli altri, F. DEZZANI, Rischi e politiche d’impresa. Contenuto e relazioni, Giuffrè, Milano, 1971, p. 17 e ss.
www.businessjus.com
Pag 2 di 12
− azioni che agiscono sull’origine del rischio, individuando ed
eliminando la causa che può generare l’evento dannoso o
riducendo la possibilità di manifestazione dello stesso o, ancora,
realizzando procedimenti protettivi per contenere l’entità del
danno o, infine, precostituendo una generica attitudine
dell’azienda a reagire per neutralizzare gli eventi rischiosi futuri;
− azioni che agiscono sugli effetti del rischio e sul loro
trasferimento a terze economie o nel tempo, mediante
autoassicurazione o assicurazione interna.
Nei fatti, tutte le forme di rischio costituiscono una minaccia per il valore
aziendale: ciò comporta la necessità di predisporre idonei meccanismi volti a
gestire, ovvero interpretare e prevenire le varie forme di rischio.
Il sistema dei modelli ex D. Lgs 231 prende in considerazione una
particolare tipologia di rischio, quella relativa all’ipotesi che vengano
commessi determinati reati da parte dei cosiddetti soggetti apicali o
sottoposti alla direzione e controllo degli stessi, per procurare un vantaggio
all’ente collettivo; il rischio in parola è riconducibile alla categoria dei rischi
“da normativa” e, in quanto tale, è distinto dal rischio finanziario derivante
dallo svolgimento dell’attività aziendale dell’ente.
2. La responsabilità amministrativa dell’ente.
Alle generiche forme di rischio devono aggiungersi, come
precedentemente ricordato, quelle da reato connesse con l’introduzione del
D.Lgs. 231/2001, il quale prevede la responsabilità amministrativa delle
società. Tale forma di responsabilità esprime il rischio di organizzazione:
esso deve essere efficacemente affrontato attraverso l’adozione di modelli
organizzativi adeguati, ai quali la norma in parola attribuisce rilevanza
esterna.
A livello generale, la norma si pone come finalità la prevenzione e la
repressione di comportamenti illegali posti in essere dagli amministratori
nell’interesse o a vantaggio degli enti collettivi, colpendo direttamente il
patrimonio di questi ultimi. Ne segue l’obbligo per gli enti di dotarsi di un
assetto organizzativo e sistemi di controllo idonei a prevenire la
commissione di illeciti da parte dei soggetti apicali o dai loro sottoposti.
La violazione dell’obbligo degli enti di dotarsi di un adeguato assetto
organizzativo comporta l’insorgere di una colpa di organizzazione, ovvero di
www.businessjus.com
Pag 3 di 12
una colpevolezza autonoma, slegata dalla persona fisica, derivante dalla
inidoneità della struttura societaria rispetto alla prevenzione dei rischi per
carenza/difetto di controllo.
La responsabilità amministrativa della società può essere esclusa se essa
prova di aver adottato ed efficacemente attuato un adeguato sistema di
controllo (modello organizzativo di gestione, MOG) tale da consentire la
rilevazione e la prevenzione dei rischi relativi alla commissione dei reati
presupposto da parte dei soggetti apicali o dei loro sottoposti.
L’adozione e la corretta implementazione del MOG, quindi, risultano
fondamentali in quanto possono consentire alla società di sostenere la
presunzione di non aver agevolato il compimento del reato.
2.1. Il sistema delle deleghe: ruolo e responsabilità degli
amministratori e del collegio sindacale.
L’art. 2381 c.c. introduce in capo all’organo amministrativo doveri di
controllo sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e
contabile della società ed attribuisce rilevanza centrale ai processi di
controllo di gestione volti alla previsione, valutazione e gestione dei rischi.
Inoltre, tale organo deve rendere conto dei principali rischi ed incertezze
cui la società è esposta nella Relazione sulla gestione (art. 2428 c.c.
modificato dall’art. 1, D.Lgs. 32/2007).
Conseguentemente, l’amministratore delegato/unico sarà responsabile in
caso di violazione dell’obbligo di proporre ed attuare un MOG adeguato,
mentre i componenti del consiglio d’amministrazione, nel caso, saranno
responsabili solidalmente in caso di violazione dell’obbligo di verificare
l’adeguatezza del MOG sulla base delle informazione ricevute.
Al collegio sindacale, ex art. 2403 c.c., spetta la vigilanza sull’adeguatezza
dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e
sul suo concreto funzionamento; da ciò discende una responsabilità solidale
per tutti i membri del collegio sindacale.
Il tema della responsabilità si lega inevitabilmente a quello della delega,
strumento che necessariamente viene utilizzato in ambito societario per lo
svolgimento delle attività di gestione.
L’adozione di un sistema razionale di deleghe è un requisito di adeguatezza
del modello organizzativo di gestione (si veda l’art. 6, D.Lgs. 231/2001).
www.businessjus.com
Pag 4 di 12
L’articolo 2381 c.c. disciplina lo strumento della delega, stabilendo che sia
il consiglio d’amministrazione a
− determinare il contenuto della delega;
− stabilirne i limiti e le eventuali modalità di esercizio;
− impartire direttive agli organi delegati ed avocare a sé operazioni
rientranti nella delega.
Resta ferma la possibilità per ciascun amministratore di chiedere agli
organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni inerenti la
gestione della società.
Affinché la delega possa essere adeguata ed efficace4 occorre che i poteri
e le responsabilità siano chiaramente definiti e riconosciuti all’interno
dell’organizzazione e che non vengano attribuiti poteri illimitati.
Dal momento che il MOG deve contenere procedure specifiche e
protocolli, è importante sottolineare come detti protocolli, ai fini della
verifica dell’adeguatezza del modello, non si limitino ad esprimere enunciati
generici, privi di contenuto concreto ed operativo: la Magistratura5, infatti,
ritiene contestabile la validità esimente di quei modelli recanti protocolli
estremamente astratti.
Dal punto di vista pratico, nell’ambito del protocollo “ideale”, dovrebbe
sempre essere possibile individuare il problema/rischio che il protocollo
intende affrontare e quali risultati lo stesso permetta di perseguire, con
indicazione circa le collegate modalità operative.
Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società per i
danni derivanti dall'inosservanza dei loro doveri, ivi compresi quelli di
controllo sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, sempre che non si tratti
di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto
attribuite ad uno o più amministratori.
L’art. 2392 c.c., inoltre, stabilisce che gli amministratori sono
solidalmente responsabili se essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli,
non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o
eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose.
3. L’istituzione dell’organismo di vigilanza (OdV).
4 In merito ai requisiti della delega, si veda, tra l’altro, l’art. 16 del D.Lgs. 81/2008, Attuazione dell'articolo 1 della legge 3
agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
5 Sul punto, Ordinanza del Gip del Tribunale di Milano del 20/9/2004-9/11/2004.
www.businessjus.com
Pag 5 di 12
Come ricordato in precedenza (paragrafo 2), trattando di esimenti dalla
responsabilità amministrativa, l’ente non risponde se prova che: (a) il
compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli e di
curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato
di autonomi poteri di iniziativa e di controllo e, (b) non vi è stata omessa o
insufficiente vigilanza da parte del detto organismo.
La presenza e la qualificazione dell’organismo di vigilanza (OdV)
costituiscono, quindi, elementi cruciali rispetto al giudizio di adeguatezza del
MOG stesso.
La legge 183/20116 ha inserito all’art. 6 del D.Lgs. 231/2011 il comma 4
bis il quale prevede che nelle società di capitali il collegio sindacale possa
svolgere le funzioni di OdV. Tale previsione, quindi, sancisce la possibilità
per il collegio sindacale di svolgere l’attività di OdV, come già peraltro
indicato nelle “Norme di comportamento del collegio sindacale” emanate dal
CNDCEC, punto 5.5.
Il possibile intreccio tra il ruolo del collegio sindacale (e/o dei suoi
membri) e dell’OdV costituisce un argomento dibattuto sia in dottrina che
in giurisprudenza: uno dei punto cruciali di discussione è costituito del fatto
che il collegio sindacale rientra negli organi cosiddetti ‘apicali’ ed il ruolo
dell’OdV si sostanzia proprio nella vigilanza sull’attività svolta dagli organi
di apice.
Detto ciò, ai fini di un’effettiva attività di controllo, è necessario che il
controllante (OdV) sia estraneo rispetto al controllato (collegio sindacale)7.
In proposito, considerando la collegialità dell’OdV, si può ritenere
sufficiente che i requisiti di indipendenza ed autonomia8 siano posseduti
dalla maggioranza dei suoi componenti, preservando così l’idoneità
dell’OdV; alla luce di tali considerazioni, si registrano posizioni estensive9, le
quali portano alla previsione di un organo misto, ovvero composto anche
dai intranei. Questa ipotesi risulta mediare tra la necessità di conoscenza
6 La norma, nota anche come Legge di Stabilità, all’art. 14 comma 12 prevede quanto segue: “Nelle società di capitali il
collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni
dell’organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b)”.
7 Sul punto si veda, tra gli altri, N. PISANI, in Rivista 231, 1-2008.
8 Sui requisiti dell’OdV si dirà diffusamente nel prossimo paragrafo 3.1.
9 Tra gli altri, P. MONTALENTI, Organismo di vigilanza 231 e ordinamento societario, Convegno ASSONIME, 31
marzo 2009, Milano.
www.businessjus.com
Pag 6 di 12
dell’impresa (fondamentale per individuare le aree di rischio) e la richiesta
indipendenza dell’organo di controllo10.
Dal punto di vista operativo, la scelta circa l’attribuzione al collegio
sindacale delle funzioni dell’OdV oppure l’istituzione di un autonomo OdV
dovrebbe essere guidata dalla dimensione aziendale e complessità gestionale:
per organizzazioni di piccola-media dimensione, pare ragionevole dotarsi di
un collegio sindacale con competenze tecnico-giuridiche adeguate per
svolgere anche il ruolo di OdV.
Si ritiene che la compatibilità tra l’incarico di sindaco e l’incarico svolto
nell’ambito delle funzioni dell’OdV sia subordinata all’adozione di specifiche
cautele e misure che evitino qualsiasi forma di condizionamento e perdita di
autonomia.
Nel caso delle grandi aziende, invece, può essere opportuno valutare la
distinzione di ruoli tra il collegio sindacale e l’OdV.
3.1.
Requisiti e funzioni proprie dell’OdV.
L’organismo di vigilanza è nominato dall’organo gestorio della società e
deve presentare le seguenti caratteristiche:
− autonomia;
− indipendenza;
− continuità d’azione;
− onorabilità e professionalità dei membri.
Le principali funzioni svolte dall’OdV riguardano la verifica dell’efficacia
ed efficienza del MOG.
E’ compito dell’OdV verificare, con riferimento al MOG, l’esistenza delle
procedure e il rispetto delle stesse, segnalando eventuali inosservanze.
Ne consegue che l’OdV, in quanto soggetto “garante” del modello, deve
svolgere una serie di attività analitiche e funzionali che possono essere
raggruppate nelle seguenti macro-aree:
− attività di vigilanza e controllo;
− aggiornamento del modello;
− attività di formazione.
10 In base alle indicazioni di cui sopra, la possibilità, per gli amministratori esecutivi ed i dipendenti in staff
dell’amministratore delegato di far parte dell’organo di controllo, è preclusa, mentre resta aperta per gli amministratori
indipendenti.
www.businessjus.com
Pag 7 di 12
Inoltre, l’organismo si deve porre in continua comunicazione con il
consiglio d’amministrazione per segnalare sia gli eventuali aggiornamenti del
MOG giustificati da mutate condizioni aziendali, sia le violazioni accertate
che possano comportare responsabilità in capo all’ente.
I risultati dell’attività svolta dall’OdV devono essere riportati in una
relazione specifica da sottoporre all’organo amministrativo e al collegio
sindacale.
3.2.
Brevi cenni sulla responsabilità dei membri dell’OdV.
La responsabilità dei membri dell’OdV, sotto il profilo civile, è di tipo
contrattuale; poiché l’OdV non riveste compiti con rilevanza esterna (fatte
salve le ipotesi riguardanti il riciclaggio di cui si dirà in seguito), è possibile
affermare che non si configura una responsabilità extracontrattuale verso
terzi.
La responsabilità dell’OdV riguarda l’inadempimento, nel caso specifico
riferibile a mancata vigilanza: la società, quindi, per invocare la responsabilità
di cui sopra dovrà provare che l’OdV non ha svolto attività di controllo e
segnalazione di violazioni e malfunzionamenti inerenti il MOG, oltre alla
sussistenza del danno ed al suo legame causale con l’inadempimento.
L’OdV è soggetto ad obblighi di vigilanza e segnalazione; come tale, esso
deve adempiere ad un’obbligazione di mezzi11.
Per quanto attiene il tema della responsabilità penale dei membri
dell’OdV, si rileva che (a) essi non sono investiti di compiti con rilevanza
esterna e (b) non dispongono di poteri impeditivi tali da permettere loro di
prevenire possibili reati da parte dei soggetti apicali dell’ente.
La responsabilità penale è pertanto riferibile all’ipotesi di concorso nei
reati presupposto ex art. 110 c.p.12, secondo i principi generali
dell’ordinamento penale.
Una considerazione a parte merita l’ipotesi di violazione degli obblighi in
tema di antiriciclaggio commessa dai membri dell’OdV. Gli artt. 52 e 56 del
11 La distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato, secondo l'impostazione tradizionale, ha riflessi, in
particolar modo, sul riparto dell'onere della prova relativa all'esatto adempimento dell'obbligazione: la prova
dell'inadempimento, nell'ambito delle obbligazioni di mezzi, graverebbe sul creditore che sarebbe tenuto a dimostrare che la
prestazione non è stata conforme a diligenza, mentre, nelle obbligazioni di risultato, una volta dimostrato il titolo della pretesa
contrattuale, sarebbe il debitore a dover dimostrare che il risultato è stato raggiunto ovvero non è stato raggiunto per causa
non imputabile ex art. 1218 c.c.
12 Art. 110 c.p. ”Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita,
salve le disposizioni degli articoli seguenti”.
www.businessjus.com
Pag 8 di 12
D.Lgs. 231/2007, infatti, prevedono espressamente per i componenti
dell’OdV specifici obblighi di comunicazione relativi alla verifica del cliente,
alla segnalazione di operazioni sospette, alle limitazioni all’uso del contante e
alla registrazione delle informazioni.
Il mancato rispetto di tali previsioni comporta ex art. 55 D.Lgs.
231/2007 la reclusione fino a un anno e la multa da 100,00 a 1.000,00 Euro.
4.
Modalità operative di funzionamento dell’OdV.
Ai fini di rendere effettiva l’attività dell’OdV, può essere opportuno
definire un vero e proprio schema di regolamento dell’organismo stesso,
volto a disciplinarne le modalità operative.
Detto regolamento, a scopo meramente esemplificativo, dovrebbe
contenere le seguenti indicazioni riguardanti l’OdV ed i suoi membri:
− ambito di operatività;
− durata in carica e cessazione;
− cause d’ineleggibilità;
− funzioni e compiti (inclusa l’attività reportistica da e verso l’OdV);
− periodicità delle riunioni e modalità di funzionamento delle stesse;
− eventuali deleghe di funzioni;
− collaboratori interni ed esterni;
− risorse finanziarie;
Un aspetto critico relativo al funzionamento dell’OdV risulta essere la
gestione delle informazioni aziendali/societarie: dal punto di vista
legislativo, infatti, fermo restando l’obbligo di comunicazione tra vertici
aziendali e OdV, non vengono dettate regole specifiche relative al flusso
informativo.
Ne segue come l’OdV debba concentrare la sua attività di vigilanza sul
sistema informativo aziendale, il quale rappresenta il presupposto
fondamentale per l’efficace funzionamento del MOG.
Il flusso informativo che investe l’OdV può essere suddiviso in a) un flusso
informativo verso l’OdV e b) un flusso informativo dall’OdV verso altri soggetti.
Considerando l’ipotesi (a) informazioni verso l’OdV, esse provengono
all’organo amministrativo, dai dirigenti/responsabili di specifiche aree
aziendali indentificate nel MOG come sensibili, e, infine, da chiunque ne
abbia eventualmente interesse; è evidente che, soprattutto in quest’ultimo
caso, le comunicazioni e informazioni devono essere motivate.
www.businessjus.com
Pag 9 di 12
Per quanto attiene lo scambio di informazioni con le cosiddette aree
sensibili, è importante che l’OdV, nel corso delle proprie attività
istituzionali, richieda informazioni circostanziate anche mediante la
compilazione di appositi questionari e/o check list, nonché si accerti di
ricevere adeguate delucidazioni in merito ai quesisti formulati.
L’ipotesi (b) informazioni dall’OdV verso altri soggetti, invece, è riferita
all’attività di comunicazione e reportistica svolta dall’OdV nei confronti dei
principali attori aziendali, in particolare, organi sociali e
dirigenti/responsabili di specifiche aree aziendali indentificate nel MOG
come sensibili.
Con riferimento alla periodicità dello scambio di informazioni, si
sottolinea come la comunicazione debba essere continuativa, in modo da
garantire un continuo contatto tra l’OdV e l’operatività aziendale.
E’ evidente che, in caso di fatti o eventi di particolare gravità relativi a
comportamenti/azioni non aderenti con le procedure aziendali emersi nel
corso dell’attività di vigilanza, la comunicazione da parte dell’OdV debba
essere immediata.
5.
Considerazioni relative alla responsabilità
amministrativa nelle holding.
Il tema della responsabilità amministrativa dell’ente si configura in
maniera piuttosto articolata all’interno dei gruppi di imprese (holding): in
questo senso appare opportuno effettuare alcune considerazioni alla luce di
recenti pronunce13.
A livello generale, è esclusa l’estensione della responsabilità dell’ente sulla
base della mera appartenenza ad un gruppo.
Tra le altre, si segnala la sentenza della V sezione della Cassazione n.
24583 del 20 giugno 2011, in base alla quale la società capogruppo può
essere chiamata a rispondere per il reato commesso nell’ambito dell’attività
di altra società del gruppo, purché nella sua consumazione concorra una
13 Sul punto di veda anche, Trib. Milano, ord. GIP, 26.2.2007 ; parere del Cons. Stato, sez. III, adunanza 11.1.2005; Trib.
Milano, ord. GIP 20.9.2004; Trib. Milano, sez.XI, 20.12.2004.
www.businessjus.com
Pag 10 di 12
persona fisica che agisca per conto della holding perseguendo direttamente
l’interesse di quest’ultima.
La vicenda esaminata riguardava un caso di corruzione in cui il giudice di
merito aveva disposto il rinvio a giudizio esclusivamente per alcune società
appartenti ad un gruppo, quelle operanti in uno specifico settore di attività;
egli aveva dichiarando il non luogo a procedere per altre società del gruppo
in considerazione del fatto che queste non avevano tratto alcun vantaggio
dal reato in questione, ovvero corruzione rivolta ad uno specifico settore di
attività, altro rispetto a quello delle società escluse.
In seguito, il Pubblico Ministero aveva presentato ricorso sostenendo che
il reato di corruzione doveva essere ascritto all’amministratore di fatto cui
facevano capo tutte le società del gruppo.
La Corte ha rilevato che affinché, la holding o altra società del gruppo
possa essere chiamata a rispondere ex D. Lgs. 231/2001, è necessario che il
soggetto che agisce per conto delle stesse abbia concorso nella commissione
del reato.
La responsabilità di una società del gruppo per il reato commesso dai
soggetti apicali o sottoposti non comporta necessariamente l’estensione
della responsabilità ad altra società del medesimo gruppo, salvo il caso in cui
i soggetti apicali o sottoposti appartenenti a quest’ultima abbiano concorso
nel reato.
Con riferimento al caso trattato, il reato di corruzione era stato
commesso dall’amministratore di fatto di tutte le società del gruppo.
Pur risultando, quindi, il collegamento tra autore dell’illecito e società alle
quali era contestata la responsabilità ex D. Lgs. 231/2001 (appartenenza al
medesimo gruppo), ciò non è stato ritenuto sufficiente: secondo la Corte
occorre, infatti, che il reato presupposto sia stato commesso nell’interesse o
a vantaggio delle varie società.
Tale requisito deve essere accertato in concreto e deve essere riferibile a
ciascuna società della quale s’intende affermare la responsabilità; il vantaggio
deve essere riconducibile ad una qualche forma di utilità, non
necessariamente patrimoniale.
Nel caso in questione, questa condizione non era ravvisabile per le
società del gruppo operanti in ambiti di attività diversi rispetto a quello cui
era riferibile la corruzione; il ricorso del PM è stato rigettato.
Ne consegue che la responsabilità di altre società rientranti nel gruppo
potrà ipotizzarsi solo quando sia dimostrato che i rispettivi soggetti in
www.businessjus.com
Pag 11 di 12
posizione apicale, e/o i rispettivi dipendenti, abbiano contribuito alla
commissione del reato in concorso con quelli della capogruppo per ottenere
un vantaggio per le società appartenenti al gruppo.
P. VOLA, La responsabilità amministrativa dell’ente ed il ruolo dell’organismo di vigilanza, 4 Businessjus 4
(2012)
Unless otherwise noted, this article and its contents are licensed under a
Creative Commons Attribution 3.0 Generic License.
http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/
Se non altrimenti indicato, il contenuto di questo articolo è rilasciato secondo i termini della licenza
Creative Commons Attribution 3.0 Generic License.
www.businessjus.com
Pag 12 di 12