F – NEUROIMMAGINI FUNZIONALI

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F – NEUROIMMAGINI FUNZIONALI

E MILIANO M ACALUSO

Fondazione Santa Lucia

Neuroimmagini funzionali

F2013.01.1 –

L’impatto degli stimoli emotigeni sul ricordo a breve e a lungo termine. Effetti comportamentali e correlati neurali

(Valerio Santangelo)

F2013.02.1 –

Cattura dell’attenzione nella memoria episodica: l’effetto degli eventi di transizione

(Sze Chai Kwok)

F2013.03.1 –

Studio dell’impatto della sindrome metabolica, dei fattori di rischio genetici, delle caratteristiche cerebrali e cognitive, sul rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer

(Marco Bozzali)

F2013.04.1 –

Relazione tra caratteristiche genetiche, cerebrali cognitivo-comportamentali nella distrofia miotonica di tipo 1

(Marco Bozzali)

F2013.05.1 –

Approccio multimodale mediante tecniche MRI per lo studio di malattie neurodegenerative con interessamento del tronco e del midollo spinale

(Marco Bozzali) 2013

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Neuroimmagini funzionali

F2013.01.1

– L’impatto degli stimoli emotigeni sul ricordo a breve e a lungo termine. Effetti comportamentali e correlati neurali

(Valerio Santangelo)

Anno d’inizio:

2013

Durata in mesi:

24

Parole chiave:

Memoria, emozioni, salienza.

Descrizione

Studi condotti sulla relazione tra memoria ed emozioni hanno evidenziato come stimoli emotigeni (che suscitano, cioè, una risposta emotiva) siano in grado di influenzare la memoria. In particolare, è emerso in diversi studi com portamentali come il ricordo di stimoli emotigeni sia migliore rispetto a quello di stimoli emotivamente neutri, non chiarendo però se questo vantaggio sia legato ad uno status speciale degli stimoli emotigeni nell’attrarre le risorse attentive rispetto a stimoli che possano essere ugualmente attentional capturing, perché percettivamente o semanticamente salienti. Il presente studio è volto ad esplorare tale questione, identificando al contempo i correlati neurali relativi alla presentazione di stimoli emotigeni o neutri con diversa salienza percettiva e semantica in compiti di memoria a breve e lungo termine.

Nello specifico, si andrà a valutare il ricordo di uno stimolo target selezionato all’interno di immagini naturalistiche (scene di vita quotidiana). Il target verrà selezionato in base a tre fattori: valenza emotiva (target emotigeno, sia positivo, ad esempio un cucciolo, che negativo, ad esempio un ragno, versus target neutro); salienza percettiva (alta vs. bassa; computata tramite modelli neurocomputa zionali) [Itti e coll., 1998]; salienza semantica (target congruente con il contesto, ad esempio un cucciolo in un negozio di animali, vs. target incongruente, ad esempio un cucciolo sul tavolo di una cucina). I soggetti, posti all’interno dello scanner fMRI, svolgeranno un compito di memoria a breve termine. Essi vedranno ciascuna immagine per 4 secondi (fase di codifica). Dopo un intervallo di 8 secondi (display bianco, fase di mantenimento) verrà presentato il singolo target (ritagliato dall’immagine precedente) nella stessa o in una differente posizione spaziale rispetto alla sua posizione originaria nell’immagine. Il compito del soggetto consisterà nel discriminare, premendo uno di due tasti, la posizione (uguale/diversa) del target. Inoltre, al fine di valutare il consolidamento a lungo termine degli stimoli emotigeni (sempre in relazione alla loro salienza percet tiva/semantica), 24 ore dopo rispetto alla sessione fMRI, ciascun soggetto visionerà una sequenza di stimoli (uno alla volta) per metà costituiti dai target dell’esperimento precedente, e per metà da stimoli nuovi, facendo un compito di discriminazione stimolo vecchio vs. stimolo nuovo.

Per quanto concerne i risultati comportamentali, dall’analisi dei dati ci aspettiamo un’interazione tra i tre fattori, che potrebbe indicare che la migliore performance in termini di memoria a breve termine si ha nelle condizioni di alto valore emotigeno, alta salienza ed alta incongruenza con il contesto.

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Sezione III: Attività per linea di ricerca corrente F

L’ampiezza di questo effetto potrebbe aumentare quando la richiesta di recuperare informazioni è a lungo termine, mettendo in luce dei mecca nismi di codifica più efficaci per gli stimoli con alto valore emotivo, alta salienza ed incongruenti con il contesto. Questo risultato indicherebbe che il valore emotigeno degli stimoli potrebbe non essere sufficiente di per sé ad influenzare il ricordo delle informazioni, ma potrebbe invece esser necessaria una co-occorrenza di fattori che incidano sui processi di memoria.

Per quanto concerne le basi neurali di questi effetti, ci aspettiamo di trovare durante la fase di codifica del target ricordato (sia a livello di me moria a breve che a lungo termine) una significativa attivazione del lobo temporale mediale (e dell’ippocampo) normalmente coinvolto nei processi di codifica mnestica, ma anche delle strutture limbiche (amigdala) tipica mente coinvolte nella elaborazione degli stimoli emotivi, della corteccia prefrontale, deputata all’analisi della congruenza dello stimolo nel contesto, e di quella parietale posteriore, tipicamente attiva per la codifica di stimoli salienti.

Attività previste

Per l’anno corrente sono previste tre attività sequenziali: • Creazione degli stimoli: verrà creato un ampio set di immagini tramite tecniche di editing digitale. La necessità di usare questo approccio deriva dal fatto che molti stimoli emotigeni di tipo negativo (ad es. ragni, scorpioni, ser penti) sono di difficile reperimento/utilizzo fotografico.

• Verifica degli stimoli: al fine di giungere al set definitivo d’immagini utilizzate per gli esperimenti, le immagini precedentemente create verranno giudicate da un gruppo di 15-20 osservatori (che non parteciperanno poi ai successivi esperimenti, dato che avranno già visionato gli stimoli sperimen tali). Tali osservatori saranno chiamati ad esprimersi sia sul valore emotigeno del target, che sulla sua congruenza con il contesto, assegnando un punteggio su scala Likert. Solo le immagini con punteggi più alti entreranno a far parte del set definitivo.

• Somministrazione: il test di memoria a breve termine ed il successivo test (24 ore dopo) di memoria a lungo termine verranno somministrati a 20 partecipanti volontari neurologicamente intatti.

F2013.02.1

– Cattura dell’attenzione nella memoria episodica: l’effetto degli eventi di transizione

(Sze Chai Kwok)

Anno d’inizio:

2013

Durata in mesi:

12

Parole chiave:

Richiamo, memoria, attenzione, selezione.

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2013

Neuroimmagini funzionali

Descrizione

Le tracce di memoria che riguardano episodi della vita reale sono orga nizzati in segmenti, tipicamente definiti da una serie di eventi di transizione [Zacks, Tversky, 2001].

Questo studio di risonanza magnetica funzionale mira a chiarire come il richiamo di informazione temporale dalla memoria episodica sia influenzato dalla presenza di tali eventi di transizione. In particolare, verrà utilizzato un paradigma di interferenza durante il richiamo, al fine di evidenziare se/come gli eventi di transizione catturano l’attenzione a livello delle rappresentazioni mnemoniche.

Risultati e prodotti conseguiti

Lo studio attuale capitalizza sui risultati di due precedenti esperimenti in cui abbiamo stabilito il ruolo della corteccia parietale mediale nel richiamo dell’ordine temporale delle informazioni dalla memoria episodica [Kwok, Shallice, Macaluso, 2012]; e del network fronto-parietale ventrale nei processi di controllo attentivo in presenza di distrattori durante il richiamo dalla me moria [Kwok, Shallice, Macaluso, in preparazione].

Attività previste

Il paradigma sperimentale sarà simile a quello utilizzato in precedenza [Kwok, Shallice, Macaluso, in preparazione]. In breve, nella sessione di codi fica i volontari guarderanno un episodio TV; 24h dopo svolgeranno un com pito di richiamo temporale durante fMRI (quale delle due immagini è stata presentata prima nel filmato visto ieri?). Uno stimolo distrattore (i.e. un’altra immagine estratta dal filmato) verrà presentato assieme alle due immagini target. A differenza dello studio precedente, gli stimoli distrattori saranno scelti in base alla loro vicinanza (o meno) ad eventi di transizione.

Inoltre, questo studio comprenderà due gruppi: il primo gruppo (n = 20), nella fase di codifica, guarderà semplicemente il filmato; al secondo gruppo (n = 20) sarà invece richiesto di svolgere un compito di segmentazione durante la codifica [Zacks et al., 2010]. I volontari dovranno premere un pulsante indi cando quando ritengono che il filmato includa un evento di transizione.

Le analisi dei dati si focalizzeranno sulla tipologia dei distrattori (distrat tore di transizione vs. non-transizione) e dal compito svolto durante la fase di codifica (fattore between-groups: codifica implicita vs. esplicita degli eventi di transizione).

Ci attendiamo che i distrattori associati a zone di transizione abbiano un maggior effetto sui processi di richiamo (e sull’attivazione del network fronto parietale ventrale) rispetto ai distrattori di non-transizione. Questa differenza dovrebbe essere ulteriormente modulata dal compito di codifica (esplicito > implicito), implicando lo stesso network fronto-parietale oppure aree più dor sali, precedentemente associate a processi di selezione/ricerca volontaria.

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Sezione III: Attività per linea di ricerca corrente F

F2013.03.1

– Studio dell’impatto della sindrome metabolica, dei fattori di rischio genetici, delle caratteristiche cerebrali e cognitive, sul rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer

(Marco Bozzali)

Anno d’inizio:

2013

Durata in mesi:

36

Parole chiave:

Sindrome metabolica, RM, genetica.

Altri enti coinvolti:

Istituto Mendel.

Descrizione

Introduzione

– Negli ultimi anni si sta facendo sempre più evidente l’ipotesi che anche nelle demenze neurodegenerative, in particolare nella malattia di Alzheimer, possano svolgere un ruolo fisiopatologico determinante i fattori di rischio cardiovascolare. Di particolare interesse è un quadro sindromico ben definito che riassume in sé i principali fattori di rischio: la sindrome metabolica.

La sindrome metabolica è caratterizzata da un insieme di fattori di rischio cardiovascolari [Ford et al.

(2008) Stroke 39:1078-1083 (2002) JAMA 287:356-359

; Gami et al.

] la cui presenza aumenta il rischio di sviluppare diabete, patologie cardiovascolari e stroke [Wang et al.

(2007) J Am Coll Cardiol 49:403-414

].

La diagnosi di sindrome metabolica viene posta secondo i criteri del National Cholesterol Education program Adult Treatment Panel III (NCEP ATP-III) e prevede la presenza di almeno tre su cinque dei seguenti criteri: – Obesità centrale (Circonferenza Vita: ≥ 102 cm, Maschi; ≥ 88, Femmine).

– Alterata regolazione glicemica (Glicemia a digiuno – Ipertensione arteriosa (PA – Ipertrigliceridemia ( ≥ ≥ 130/85) o in terapia.

150 mg/dl) o in terapia.

≥ 110) o in terapia.

– Ridotto Colesterolo HDL (< 40 mg/dl, Maschi; < 50, Femmine) o in terapia.

In letteratura esistono diversi studi che hanno dimostrato l’associazione tra sindrome metabolica e declino cognitivo, in particolare per quanto ri guarda la demenza vascolare [Frisardi et al.

(2010) J Alzheimer Dis 21:57-63

].

Esistono, invece, poche e contrastanti evidenze relative all’associazione tra questa sindrome e la demenza di Alzheimer (AD), sia in fase avanzata che prodromica (fase di Mild Cognitive Impairment (MCI) [Razay et al.

(2007) Arch Neurol 64:93-96

].

Il meccanismo alla base di questa associazione non è stato ancora com pletamente chiarito. Oltre ai fattori di rischio cardiovascolari, alcuni autori hanno riportato come la presenza di iperinsulinemia ed insulinoresistenza che sono alla base della sindrome metabolica [Willette et al.

(2013) Diabetes care 36:443-449

] possano rappresentare dei fattori di rischio anche nella fisiopa tologia della demenza di Alzheimer. L’insulina infatti svolge un ruolo importante nel metabolismo cerebrale non solo per un corretto metabolismo del glucosio ma anche nel processo di smaltimento degli oligomeri costituiti dalla proteina beta 398

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Neuroimmagini funzionali

amiloide e nel processo di iperfosforilazione della proteina tau. Tra i fattori di rischio genetici la presenza dell’allele ε 4 dell’Apolipoproteina E è associato ad una maggiore probabilità di sviluppare la demenza di Alzheimer ed è correlato ad una maggiore probabilità di conversione dei soggetti MCI in AD. Tuttavia, pochi studi hanno indagato l’eventualità di un legame tra presenza di sindrome metabolica e presenza dell’allele ε 4 dell’Apolipoproteina E, in pazienti affetti da AD o MCI. Inoltre attualmente è poco indagata l’associazione tra caratteristiche cerebrali e presenza di sindrome metabolica in pazienti con AD.

Obiettivi dello studio

– Lo scopo di questo studio è quello di indagare la pre senza di una eventuale associazione tra demenza di Alzheimer/mild cognitive impairment e sindrome metabolica e di una eventuale correlazione tra questa associazione e la presenza del genotipo APOE ε 4 e caratteristiche cerebrali.

Una delle ipotesi da verificare è valutare se i soggetti affetti sia da MCI che da sindrome metabolica abbiano un profilo cognitivo-comportamentale caratteristico predittivo di una più rapida conversione ad AD.

Secondo scopo dello studio sarà quello di indagare se questa associazione sia più evidente nei soggetti portatori di un determinato pattern genetico.

Infine, verrà valutata la distribuzione di danno cerebrale in pazienti affetti e non affetti da sindrome metabolica, sia in termini strutturali quantitativi che funzionali. Il disegno dello studio è sia cross-sectional che longitudinale.

Infatti i pazienti, dopo l’arruolamento iniziale, verranno seguiti per un periodo di 36 mesi al fine di valutare l’impatto della sindrome metabolica sul rischio di conversione a demenza nel lungo tempo.

Attività previste

• Verranno reclutati consecutivamente tutti i pazienti che afferiscono al Centro UVA di questa struttura includendo nel campione sia soggetti giunti per la prima visita in attesa di diagnosi, sia soggetti già noti e seguiti nel tempo per una verifica del quadro clinico.

• Tutti i soggetti verranno sottoposti a: – RM encefalo 3 tesla per l’acquisizione di sequenze volte ad indagare il danno macro e micro strutturale e funzionale a riposo (tramite resting-state f-MRI).

– Valutazione neuropsicologica, comportamentale e funzionale.

– Visita internistica con raccolta di dati anamnestici per quanto riguarda i fattori di rischio cardiovascolari, anamnesi farmacologica, controllo della PA, e misurazioni antropometriche quali la misurazione della circonferenza vita e la rilevazione del BMI calcolato misurando il peso(kg)/altezza(mt)².

– Prelievo di sangue venoso per la ricerca dei seguenti geni: APOE, prese nilina 1, presenilina 2, APP ed altri in via di definizione.

• Verranno arruolati anche soggetti sani di controllo per valutare la pre senza dei fattori di rischio metabolici e seguire nel tempo l’andamento della loro performance cognitiva.

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Sezione III: Attività per linea di ricerca corrente F

F2013.04.1

– Relazione tra caratteristiche genetiche, cerebrali cognitivo-comportamentali nella distrofia miotonica di tipo 1

(Marco Bozzali)

Anno d’inizio:

2013

Durata in mesi:

36

Parole chiave:

Distrofia miotonica tipo 1, RM, cognitivo-comportamentale.

Altri enti coinvolti:

Università Cattolica del Sacro Cuore, Agostino Gemelli di Roma.

Descrizione

La distrofia miotonica di tipo 1 (DM1) è la più frequente forma di distrofia muscolare nell’adulto [Emery et al.

(1991) Neuromuscular Disord 1:19-29

]. È una malattia genetica autosomica dominante causata dall’aumentata espressione di triplette di nucleotidi sul cromosoma 19. È una condizione multi-sistemica in cui oltre al muscolo sono coinvolti l’apparato cardiovascolare, l’apparato visivo, il sistema endocrino, ed il sistema nervoso centrale [Meola, Sansone

(2007) Muscle Nerve 36:294-306

]. L’espressione clinica della malattia è diversa a seconda che i sintomi siano presenti fin dalla nascita (forma congenita e più grave), oppure emergano durante la prima infanzia o l’età adulta. Infatti alcuni studi hanno evidenziato la presenza ritardo mentale nelle forme congenite e di selettivi deficit neuropsicologici nella forma ad esordio adulto.

Il profilo neuropsicologico descritto nei pazienti con DM1 non è di fatto di univoca interpretazione. Infatti alcuni studi documentano deficit a carico delle funzioni frontali [Meola, Sansone

(2007) Muscle Nerve 36:294-306

], altri a carico esclusivamente del magazzino di memoria mentre [Meola et al.

(1999) Neurology 53:1042-1050

] altri ancora evidenziano deficit soprattutto di natura visuo-spaziale [Modoni et al.

(2008) J Neurol 255:1737-1742

; Wozniak et al.

(2011) Neuromuscul Disord 21:89-96

[Winblad et al.

]. Inoltre alcuni studi hanno documentato la presenza di peculiari disturbi di personalità che spaziano dalla presenza di comportamenti devianti

(2005) Neuromuscul Disord 15:287-292

] a franche forme evitanti o psicotiche [Bird et al.

la grigia Minnerop et al.

e il danno cerebrale.

(1983) JNNP 46:971-980

]. È stata inoltre documentata la presenza di alterazioni cerebrali che coinvolgono sia la sostanza bianca che

(2011) Brain 134:3530-3546

]. Tuttavia attualmente non c’è accordo sulla relazione tra le caratteristiche genetico-cliniche della malattia Il presente studio si propone di investigare la relazione esistente tra le caratteristiche genetiche, cliniche, cognitive, comportamentali e le caratteri stiche cerebrali sia strutturali (macro- e micro-strutturali) che funzionali in pazienti con DM1.

Attività previste

• Verranno reclutati nel corso di 36 mesi 30 soggetti affetti da DM1 geneti camente confermati e caratterizzati; verranno sottoposti ad una estesa batteria 400

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Neuroimmagini funzionali

neuropsicologica per l’esplorazione dei principali domini cognitivi e al Minnesota Multiphasic Personality Inventory-2 (MMPI-2) per la valutazione del profilo di personalità.

• Tutti i soggetti verranno sottoposti a RM encefalo a 3 Tesla per l’acqui sizione di sequenze volte ad indagare il danno macro e micro strutturale e funzionale a riposo (tramite resting-state f-MRI).

• Verranno arruolati anche soggetti sani di controllo per le analisi dei dati di RM.

F2013.05.1

– Approccio multimodale mediante tecniche MRI per lo studio di malattie neurodegenerative con interessamento del tronco e del midollo spinale

(Marco Bozzali)

Anno d’inizio:

2013

Durata in mesi:

36

Parole chiave:

Sclerosi multipla, MRI, midollo spinale.

Altri enti coinvolti:

Università di Roma Tor Vergata.

Descrizione

Le tecniche di imaging con la risonanza magnetica nucleare (MRI), uti lizzando sequenze di acquisizione sempre più avanzate ed altamente sensibili ai cambiamenti della struttura e del metabolismo cerebrale, consentono di ot tenere informazioni sempre più approfondite riguardo numerose patologie che coinvolgono il sistema nervoso centrale (SNC). Tramite queste tecniche è possibile investigare le caratteristiche macro- e micro-strutturali non solo del parenchima cerebrale ma anche del midollo spinale. Queste tecniche risul tano pertanto indispensabili nello studio di patologie come la sclerosi multi pla (SM) in cui oltre ad un coinvolgimento dell’encefalo è presente anche un coinvolgimento del midollo spinale. Sembra sempre più evidente che l’impli cazione del tronco encefalico nella SM sia uno dei principali fattori predittivi di disabilità e del decorso clinico peggiore della malattia [Habek M

(2013) Expert Rev Neurother 13:299-311

].

La nozione che la SM sia una malattia della sola sostanza bianca (WM) del SNC è stata smentita da diversi studi MRI che hanno consistentemente rive lato danno focale e diffuso della corteccia cerebrale in pazienti con SM [Geurts, Barkhof

(2008) Lancet Neurol 7:841-851

; Spanò et al.

(2009) Mult Scler 16:178-188

; Raz et al.

(2010) Radiology 254:227-234

; Filippi et al.

(2010) AJNR Am J Neuroradiol 31:1171-1177

; Filippi, Rocca

(2011) Radiology 259:659-681

]. Numerosi studi MRI hanno anche evidenziato un accumulo di ferro a livello di strutture profonde della sostanza grigia (GM) del SNC (e.g., nucleo caudato, globo pallido, putamen e/o Talamo) di pazienti con SM. Ad oggi comunque gli studi MRI relativi all’accumulo di ferro nella SM hanno

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Sezione III: Attività per linea di ricerca corrente F

dato risultati discordanti e non è ancora chiaro se l’accumulo di ferro abbia un ruolo nella patogenesi della SM [LeVine et al.

(2013) Expert Rev Neurother 13:247-250

]. L’utilizzo di tecniche MRI avanzate mediante un approccio multi modale, che integri metodi di indagine sulla connettività funzionale e strutturale da una parte e metodi di indagine sull’accumulo di ferro dall’altra, sia a livello cerebrale che del midollo spinale, potrebbe offrire una visione più completa del danno nella SM e migliorare le conoscenze fisiopatologiche riguardanti questa patologia.

Scopo di questo progetto è quindi quello di indagare quelle malattie neuro degenerative, come la SM, caratterizzate da danno non solo a livello cerebrale ma anche a livello del tronco encefalico e del midollo spinale, attraverso un approc cio MRI multimodale che integri avanzate tecniche MRI per lo studio del SNC in toto. In particolare lo studio dell’atrofia della sostanza grigia (GM) verrà realizzato attraverso l’utilizzo di tecniche di analisi voxel-based MRI morpho metry (VBM) e surface-based MRI morphometry (SBM), applicate ad immagini MRI strutturali (T1-weighted); lo studio del danno microscopico tissutale e della connettività strutturale verrà effettuato utilizzando immagini MRI pesate in dif fusione (DWI), per il calcolo di parametri quantitativi del tessuto cerebro-spinale quali l’FA (fractional anisotropy), l’MD (mean diffusivity), l’ACM (anatomical connectivity mapping), e la ricostruzione tridimensionale dei tratti di sostanza bianca (tractography); l’analisi qMT (quantitative magnetisation transfer) appli cata alle immagini pesate in MT (MT-weighted) verrà infine utilizzata per ricavare informazioni intrinsecamente connesse a cambiamenti biologici della materia bianca (WM) e della materia grigia (GM); per lo studio della connettività funzio nale cerebrale verrà invece utilizzata l’analisi RS-fMRI (resting state-functional MRI) e la MS (transcranial magnetic stimulation); infine la quantificazione del deposito di ferro implicato in queste malattie verrà affrontato attraverso lo studio delle differenze di suscettività magnetica locale utilizzando immagini pesate in suscettività magnetica (SWI).

Attività previste

• Verranno reclutati nel corso di 36 mesi 35 soggetti affetti da MS e sotto posti ad una estesa batteria neuropsicologica per l’esplorazione dei principali domini cognitivi.

• Inoltre tutti i soggetti verranno sottoposti a RM dell’encefalo e del midollo a 3.0 Tesla (Philips Achieva scanner), mediante le bobine opportune (Phased Array Head coil 32 channels; Phased Array NV coil 16 channels) per l’acqui sizione di sequenze volte ad indagare il danno macro e micro strutturale e funzionale a riposo (tramite resting-state f-MRI).

• Verranno arruolati anche soggetti sani di controllo per le analisi dei dati di RM.

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