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RASSEGNA
Cambi di paradigma in tema di aorta:
implicazioni cliniche e terapeutiche
Imaging clinico nelle sindromi croniche ed acute.
L’aorta come causa di malattia cardiaca
a cura dei Gruppi di Studio SIC di Anatomia e Patologia Cardiovascolare, Ecocardiografia,
Applicazione della RM
Stefano Nistri1,2, Alberto Roghi3, Donato Mele4, Elena Biagini5, Elisabetta Chiodi4, Ettore Colombo3,
Giulia d’Amati6, Ornella Leone7, Annalisa Angelini8, Cristina Basso8, Guglielmina Pepe2,
Claudio Rapezzi5, Gaetano Thiene8
1
Servizio di Cardiologia, CMSR Veneto Medica, Altavilla Vicentina (VI)
Dipartimento Area Critica Medico Chirurgica, Università degli Studi, Firenze
3
Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare “A. De Gasperis” e Dipartimento di Tecnologie Avanzate Diagnostico-Terapeutiche,
A.O. Niguarda Ca’ Granda, Milano
4
U.O. Cardiologia e Radiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Ferrara
5
Istituto di Cardiologia, Università degli Studi di Bologna, Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Orsola-Malpighi, Bologna
6
Dipartimento di Scienze Radiologiche, Oncologiche ed Anatomo-Patologiche, Sapienza Università di Roma
7
Anatomia Patologica, Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Orsola-Malpighi, Bologna
8
Dipartimento di Scienze Cardiologiche, Toraciche e Vascolari, Università degli Studi, Padova
2
Multimodal imaging plays a pivotal role in the assessment of the thoracic aorta, both in chronic and acute
settings. Moving from improved knowledge on the structure and function of the aortic wall, as well as on
its pathophysiology and histopathology, appropriate utilization of each imaging modality results into a better definition of the patient’s need and proper treatment strategy.
This review is aimed at highlighting the most critical aspects in this field, providing cardiologists with some
novel clues for the imaging approach to patients with thoracic aortic disease.
Key words. Aortic function; Aortic size; Computed tomography; Echocardiography; Magnetic resonance imaging; Thoracic aortic disease.
G Ital Cardiol 2014;15(6):363-375
IMAGING CLINICO PER LA DIAGNOSI
DELLE AORTOPATIE
Le tecniche per la diagnostica della patologia aortica [ecocardiografia transtoracica (ETT) e transesofagea (ETE), tomografia
computerizzata (TC) e risonanza magnetica (RM)] hanno subito negli ultimi anni un enorme sviluppo tecnologico con significativo miglioramento dell’accuratezza diagnostica. È necessario che il cardiologo clinico conosca i principi generali relativi alle metodologie di acquisizione e di corretta elaborazione
delle immagini. Il confronto di dati ricavati da metodiche diverse o, nell’ambito della stessa metodica, da differenti tecniche di acquisizione o di elaborazione delle immagini, può infatti
© 2014 Il Pensiero Scientifico Editore
Ricevuto 17.03.2014; nuova stesura 12.06.2014; accettato 16.06.2014.
Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi.
Per la corrispondenza:
Dr. Stefano Nistri Servizio di Cardiologia, CMSR Veneto Medica,
Via Vicenza 204, 36077 Altavilla Vicentina (VI)
e-mail: [email protected]
costituire fonte di rilevanti incongruenze di valutazione e di
conseguente confusione nella gestione del paziente1-6.
Le variabili cliniche più importanti nella scelta della metodica di imaging sono: quadro di presentazione (urgente o elettivo), età, presenza e grado di insufficienza renale, presenza di dispositivi elettromeccanici (pacemaker, defibrillatori, protesi vascolari), finestra ultrasonografica, claustrofobia, diatesi allergica, patologia valvolare e cardiaca eventualmente associate. Le
variabili tecniche più importanti sono quelle relative all’accesso
(disponibilità e tempi d’attesa), alla competenza e dedizione
specifica degli operatori, alla qualità (età e modello) delle metodiche a disposizione. L’utilizzo della metodiche disponibili in
base a criteri clinici e tecnici migliora l’accuratezza diagnostica
e giustifica lo sviluppo di centri di imaging avanzato nei quali
competenze multidisciplinari di vari operatori si integrino per
ottimizzare l’impiego delle metodiche diagnostiche1,3,6.
Ecocardiografia
La valutazione dell’aorta toracica è parte integrante dell’esame
ecocardiografico standard1,7. L’ETT è utile per la visualizzazione
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CHIAVE DI LETTURA
Ragionevoli certezze. La valutazione
dimensionale dell’aorta toracica è possibile
attraverso l’impiego di molteplici metodiche di
imaging, adattandone l’utilizzo appropriato nel
singolo paziente. La coerenza dei metodi di
misura (timing e accuratezza metodologica) è
particolarmente necessaria per il follow-up e la
decisione clinica. L’aorta inoltre può essere causa
di cardiopatia in un rilevante numero di
situazioni cliniche.
Aspetti controversi. La sindrome aortica acuta
colpisce frequentemente pazienti che non
presentano dilatazione dell’aorta che soddisfino
gli attuali criteri di intervento cardiochirurgico.
Questa discrepanza evidenzia la complessità
della patogenesi della sindrome aortica acuta e
sottolinea la necessità di acquisire indicatori
nuovi, diversi dalle sole dimensioni, ai fini della
valutazione prognostica. È necessario lo
sviluppo di studi prospettici dedicati alla
relazione fra modifica dei parametri funzionali
aortici e prognosi.
Prospettive. La conoscenza della fisiopatologia
aortica può fornire elementi utili sia per la
gestione del singolo paziente con malattia aortica
e/o cardiaca che per la stratificazione prognostica,
e potrebbe consentire in un prossimo futuro
anche l’individuazione di nuovi target terapeutici.
di molti segmenti dell’aorta toracica ai fini di diagnosi e followup1. Poiché l’ETT non consente di visualizzare l’intera aorta toracica anche utilizzando molteplici finestre ecocardiografiche, è
spesso necessario l’imaging multimodale1.
Le visioni lungo-assiali costituiscono il cardine della valutazione delle dimensioni aortiche per la migliore risoluzione spaziale e dovrebbero essere utilizzate sia dall’approccio parasternale sinistro (finestre multiple con modifiche di angolazione)
sia da quello destro (paziente in decubito laterale sinistro e destro). Gli approcci apicali modificati per visualizzare la radice
aortica e parte dell’aorta ascendente prossimale non dovrebbero pertanto essere impiegati per la valutazione quantitativa
delle dimensioni aortiche a causa della modesta risoluzione laterale. Di estrema importanza è la valutazione dell’arco aortico
dall’approccio soprasternale1,8, che dovrebbe essere incluso nell’esame standard, rammentando tuttavia che l’ETE rappresenta la migliore metodica ultrasonografica per eseguire misurazioni dell’arco aortico e dell’aorta discendente. Le misure dell’aorta sono tanto più accurate e riproducibili quanto maggiore è l’attenzione nell’ottenere misure perpendicolari al lume,
con sincronizzazione elettrocardiografica, ottimizzando i livelli
di guadagno per l’identificazione della parete. Le misurazioni
bidimensionali sono preferibili a quelle in M-mode, che comportano una sottostima di 1-2 mm1. La metodica M-mode è invece validata per lo studio delle caratteristiche biofisiche dell’aorta toracica prossimale1,9,10.
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In genere i valori normativi delle dimensioni aortiche sono
stati misurati in telediastole, con approccio leading edge-toleading edge. Tuttavia, alcuni esperti hanno suggerito l’utilizzo
di misurazioni inner edge-to-inner edge1. Ai fini pratici si suggerisce di utilizzare metodiche congrue a quelle impiegate per
determinare i valori normativi scelti nel laboratorio, eventualmente specificando l’utilizzo di altri metodi, qualora necessario
tecnicamente.
Risonanza magnetica cardiaca
Le acquisizioni prevedono l’impiego di immagini bidimensionali
ad alta definizione con sequenze T1-pesate (bright-blood) in
piani trasversali, sagittali e coronali per coprire un campo di vista toraco-addominale sufficiente ad individuare la morfologia
ed i rapporti del vaso con le strutture anatomiche adiacenti11.
Le acquisizioni in movimento del tratto di efflusso ventricolare
sinistro (LVOT) con sequenze steady-state free precession consentono un’accurata valutazione dell’anulus, dei seni di Valsalva, della giunzione seno-tubulare e del primo tratto dell’aorta
ascendente. Con sezioni bidimensionali ortogonali al LVOT è
possibile un’accurata valutazione del tratto ascendente e dell’arco. Le acquisizioni cine ad alta definizione sul piano valvolare consentono la valutazione della morfologia valvolare aortica e possono essere integrate da sequenze phased array con
codifica di velocità per la valutazione di gradienti e reflussi valvolari.
L’angiografia con mezzo di contrasto (mdc) paramagnetico
a base di gadolinio consente la valutazione dell’aorta dal piano
valvolare fino al primo tratto addominale. L’acquisizione volumetrica e la ricostruzione tridimensionale con tecniche MIP
(maximum intensity projection) consentono un’accurata valutazione morfologica. Le acquisizioni T2-pesate (STIR) e quelle
con inversion recovery e late gadolinium enhancement vengono utilizzate per la valutazione dei quadri di sospetta flogosi e
sono quindi utili nella diagnostica e nel follow-up delle aortiti.
Le tecniche di misura dell’aorta prevedono l’utilizzo dell’insieme delle sequenze. La sincronizzazione elettrocardiografica riduce gli artefatti da movimento caratteristici del tratto
prossimale dell’aorta ascendente, potenziale fonte di errore
nella determinazione delle misure e nella diagnostica delle dissezioni. L’aortografia consente la determinazione di misure accurate e riproducibili quando si utilizzino piani ortogonali all’asse maggiore del tratto da misurare12. La possibilità di orientare i piani di “vista” secondo piani tomografici infiniti consente misure ortogonali all’asse maggiore del vaso di tutti i
segmenti di interesse clinico: anulus, seni di Valsalva, giunzione seno-tubulare, tratto ascendente, arco, istmo, tratto discendente13. In caso di aortografia con immagini disturbate da
artefatti è possibile utilizzare le acquisizioni bidimensionali utilizzando coppie di immagini ortogonali o le sequenze cine per
la valutazione dell’anulus, del bulbo e del tratto prossimale dell’aorta ascendente. È necessario considerare che nelle misure
ottenibili dall’aortografia è escluso lo spessore di parete (circa
2 mm) che può essere valutato con sequenze morfologiche o
cine.
Tomografia computerizzata dell’aorta toracica
La TC spirale è una metodica eseguibile anche in un paziente
instabile per la sua rapida esecuzione, comporta altresì l’utilizzo di radiazioni ionizzanti e di mdc organo-iodato. L’introduzione di apparecchiature TC multidetettori ha consentito lo studio di ampi volumi in tempi estremamente ridotti con spesso-
L’AORTA COME CAUSA DI MALATTIA CARDIACA
re di collimazione dello strato estremamente sottile (fino a 0.6
mm) fornendo un’alta risoluzione temporale e spaziale11.
Il protocollo di studio per la valutazione dell’aorta toracica
comprende una scansione basale, una fase arteriosa ed una all’equilibrio. La scansione basale è importante per evidenziare
importanti elementi quali gli ematomi di parete (iperdensi in
condizioni basali) altrimenti non riconoscibili. La fase arteriosa,
da eseguire con sincronizzazione elettrocardiografica14,15, avviene durante l’iniezione endovenosa, mediante appositi iniettori,
di 80-100 ml di mdc organo-iodato non ionico ad alto flusso (35 ml/s). Poiché il tempo di arrivo del mdc in aorta è cruciale per
la qualità dell’immagine, è preferibile utilizzare la tecnica del bolus tracking che consente di monitorizzare l’arrivo del mdc tramite un software specifico che, una volta posizionata un piccola unità di volume nel lume del vaso di interesse, avvia automaticamente la scansione arteriosa dopo aver ottenuto la migliore
opacizzazione del vaso. La fase tardiva fornisce ulteriori informazioni quali, ad esempio, grado di pervietà del falso lume in
una dissezione aortica (DA) o enhancement parietale nelle patologie infiammatorie. La modulazione della corrente del fascio
radiante (ECG pulsing) ha consentito una riduzione della dose
della scansione cardio-sincronizzata di circa il 48%. Nelle TC attualmente più diffuse (a 64 strati) la valutazione cardio-sincronizzata viene acquisita in modo retrospettivo con una modulazione di dose, somministrando la dose massima (che serve per
l’alta definizione dell’immagine) esclusivamente in telediastole.
Infine, le più recenti apparecchiature TC ultraveloci (fast) o con
un ampio volume di detettori (320 row), con gating prospettico, consentono un’ulteriore riduzione della dose di esposizione
(fino ad 1 mSv)16,17. Nel caso in cui lo studio debba includere la
valutazione della valvola aortica, la massima dose deve essere
estesa all’intero ciclo cardiaco consentendo una valutazione
morfologica dinamica della valvola aortica, dei movimenti dei
lembi valvolari nella modalità cine ed una misurazione dell’area
valvolare. Le informazioni acquisite sono successivamente sottoposte ad una elaborazione elettronica (post-processing) in cui
è possibile ricostruire l’immagine con spessori differenti (1-3
mm), effettuare ricostruzioni multiplanari [multiplanar reformation (MPR) e MIP] o volumetriche (volume rendering). L’alta risoluzione spaziale delle immagini acquisite su piani assiali (0.6
mm) permette infatti la ricostruzione delle immagini multiplanari
in modo estremamente fedele senza distorsioni. Vi è quindi la
possibilità, con maggiore risoluzione spaziale rispetto alla RM, di
orientare i piani di “vista” secondo piani tomografici infiniti volti allo studio di tutti i segmenti di interesse clinico16,17.
Generalmente lo studio dell’aorta avviene in piani assiali, coronali e parasagittali (paralleli all’arco aortico) con uno spessore
di ricostruzione di 1 mm. Tuttavia, poiché il decorso obliquo del
vaso può comportare una sovrastima delle misure ottenute da
piani tomografici trasversali, è raccomandato l’utilizzo delle MPR,
che consentono una corretta misurazione in piani ortogonali al
decorso longitudinale del vaso. Analogamente alla RM le misure riguardano anulus, seni di Valsalva, giunzione seno-tubulare,
tratto ascendente, arco, istmo, tratto discendente, con la possibilità, inoltre, di valutare il tratto iniziale dei vasi coronarici. Inoltre, in previsione di un intervento di posizionamento di endoprotesi aortica, lo studio in TC prevede l’estensione del volume
di studio dal collo fino alle teste femorali. In questo caso il protocollo di studio prevede una scansione basale su torace ed addome, una fase arteriosa cardio-sincronizzata sul torace, una
successiva fase arteriosa non cardio-sincronizzata per l’addome
ed una fase tardiva su torace e addome.
FISIOPATOLOGIA ED IMAGING DELLE SINDROMI
AORTICHE ACUTE
La sindrome aortica acuta (SAA)1,3,18 è un complesso che interessa un gruppo eterogeneo di pazienti, che presentano una
varietà di fattori predisponenti ed eziologici (Tabella 1), ed include la DA classica, l’ematoma aortico intramurale (EAI) e l’ulcera penetrante aterosclerotica dell’aorta (UPA). La SAA ha molteplici quadri clinici di presentazione (Tabella 2) ed è caratterizzata clinicamente dal dolore aortico (nei pazienti con normale
stato di coscienza) che è risultato tuttavia assente nel 5% dei
pazienti arruolati nel registro IRAD (International Registry of
Acute Aortic Dissection)19,20.
Poiché l’evoluzione clinica dei pazienti con SAA è spesso
sfavorevole, la diagnosi precoce è essenziale. La radiografia del
torace, usualmente il primo esame diagnostico utilizzato nei
pazienti con dolore toracico acuto, risulta anormale nel 56%
dei casi di DA e il segno classico è l’allargamento dell’ombra
mediastinica. Per quanto riguarda l’ETT, frequentemente il primo esame diagnostico eseguito nel sospetto di SAA consente
il rapido riconoscimento di DA prossimale (sensibilità 60%,
specificità 83%) o di complicanze (insufficienza aortica severa,
versamento pericardico con o senza tamponamento cardiaco,
versamento pleurico)1,3,21. Ciò può subito guidare la scelta della diagnostica successiva ovvero l’immediato trasferimento del
paziente in una struttura dotata di cardiochirurgia. L’ETE, la TC
e la RM giocano un ruolo fondamentale per l’identificazione
del tipo anatomo-patologico (DA, EAI, UPA) ed il riconoscimento delle complicanze (inclusi il coinvolgimento coronarico
e di rami arteriosi collaterali) con diversi profili di impiego.
L’aortografia mantiene la sua validità soprattutto nello studio
dei rami aortici collaterali e delle arterie coronarie. A supporto alla diagnosi non vanno dimenticati anche alcuni marcatori ematici, fra cui una leucocitosi lieve-moderata, un calo dell’emoglobinemia e, soprattutto, un aumento considerevole del
D-dimero22.
Dal punto di vista diagnostico, i due segni più importanti,
da ricercare con qualsiasi metodica di imaging tomografico, sono il flap intimo-mediale e il doppio lume aortico. Nella maggior parte dei pazienti è possibile riconoscere anche la cosiddetta breccia di entrata, localizzata nel 70% dei casi nell’aorta
ascendente (in genere a livello della parete laterale destra), nel
20% dei casi nell’aorta toracica discendente a livello istmico,
nel 10% nell’arco aortico e, molto raramente, nel tratto addominale. La breccia d’ingresso è usualmente perpendicolare all’asse lungo dell’aorta e, quindi, rilevabile principalmente utilizzando piani tomografici assiali o trasversali. Alcuni pazienti
con DA hanno una seconda breccia di entrata e anche altri punti di comunicazione tra vero e falso lume lungo tutta l’aorta toracica discendente. La cosiddetta breccia di uscita si trova in
genere in aorta addominale, arterie iliache o altri rami aortici e
talvolta è difficile da visualizzare utilizzando qualunque tecnica
di imaging.
La differenziazione tra vero e falso lume è fondamentale
nella valutazione dei pazienti con DA, soprattutto in rapporto
alla possibilità di intervenire con un trattamento endovascolare. Nella DA il lume vero tende ad essere più piccolo del falso
mantenendo un aspetto rotondeggiante o biconvesso nelle immagini assiali, con flusso sistolico laminare (Figura 1). La parete esterna del vero lume può presentare calcificazioni (cosiddette “eccentriche”), talora visibili anche sul flap intimo-mediale sul versante del vero lume. Le calcificazioni, più frequenG ITAL CARDIOL | VOL 15 | GIUGNO 2014
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S NISTRI ET AL
Tabella 1. Eziologia e fattori predisponenti delle sindromi aortiche acute.
•
Età avanzata
•
Ipertensione arteriosaa
•
Fumo, dislipidemia, uso di cocaina/crack
•
Malattie del connettivo
•
Fibrillinopatie ereditarie (sindrome di Marfan, sindrome
di Ehlers-Danlos)
•
Aortopatie congenite (valvola aortica bicuspide, coartazione
aortica)
•
Aortiti e arteriti (arterite a cellule giganti, arterite di Takayasu,
malattia di Behçet, sifilide, malattia di Ormond)
•
Traumi da decelerazione (cadute dall’alto, incidenti
automobilistici)
•
Fattori iatrogeni
•
Cateterismo arterioso
•
Posizionamento di contropulsatore aortico
•
Interventi cardiochirurgicib
•
Sostituzione valvolare aorticac
presente in circa tre quarti dei pazienti con dissezione aortica; b a rischio di dissezione la sede di incisione della parete aortica e il sito di
clampaggio; c fattore di rischio per dissezione tardiva.
a
Tabella 2. Manifestazioni cliniche delle sindromi toraciche acute.
1. Sindromi da progressione
a) Sindromi ischemiche dell’arco
- Disturbo della coscienza
- Lipotimia
- Mono-emiparesi
- Plegie
- Scomparsa polsi periferici arti superiori
- Asimmetrie di pressione destra-sinistra
b) Sindrome da occlusione delle arterie coronarie
- Angina pectoris
- Infarto miocardico acuto (STE, NSTE)
c) Sindrome da occlusione delle arterie spinali
- Parestesie
- Paraplegie
- Paraparesi
d) Sindrome da occlusione delle arterie renali
- Anuria
- Ematuria
- Infarto renale
- Ipertensione nefrovascolare
- Dolore (colica renale)
e) Sindrome da occlusione delle arterie mesenteriche
- Dolori addominali
- Infarto intestinale
f) Sindrome da occlusione delle arterie iliache
- Ischemia acuta dell’arto
- Sciatalgia
2. Sindromi da compressione
a) Sindrome mediastinica (da compressione del nervo laringeo
ricorrente)
b) Sindrome di Horner (da compressione del ganglio stellato)
c) Sindrome disfagica (da compressione esofagea)
3. Sindromi da rottura
a) Emopericardio, fino al tamponamento cardiaco
b) Emotorace
c) Emomediastino
d) Rottura in addome
NSTE, senza sopraslivellamento del tratto ST; STE, con sopraslivellamento del tratto ST.
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ti nella DA cronica, non sempre sono segno attendibile di vero
lume poiché raramente localizzate anche sulla parete del falso
lume. Il falso lume ha spesso maggiori dimensioni e, nelle immagini assiali, morfologia semilunare con angoli acuti fra parete
aortica esterna e flap intimo-mediale (segno del becco). Lo spazio formato dagli angoli acuti può essere riempito da materiale trombotico assai variabile per estensione e quantità. Occasionalmente all’interno del falso lume sono osservabili immagini
lineari di bassa densità (segno della ragnatela) patognomoniche
di falso lume. Il flusso ematico nel falso lume è spesso lento e
vorticoso, telesistolico o diastolico, e l’enhancement del lume
dopo somministrazione di contrasto è usualmente minore rispetto al vero lume (Figura 2). La RM ha un ruolo rilevante nella diagnostica del vero e falso lume della dissezione cronica avvalendosi delle tecniche di velocity encoding per la determinazione della velocità dei flussi nel vero e nel falso lume, molto
utili nel follow-up per il significato prognostico della trombosi
del falso lume. Nella valutazione del paziente con DA di tipo A
(interessante sempre l’aorta ascendente con possibile estensione all’arco e al tratto discendente) è fondamentale lo studio
della distanza e dei rapporti fra dissezione e piano valvolare
aortico per la pianificazione dell’intervento. Inoltre è importante lo studio del mediastino, delle pleure e del pericardio, inclusi i recessi, per la ricerca di eventuali raccolte ematiche. Esistono casi atipici di dissezione, pressoché completa in senso circonferenziale, in cui il lume falso circonda quasi completamente
il lume vero realizzando la cosiddetta “invaginazione intimointimale” nella quale il lume più interno è sempre il lume vero;
in altri casi possono essere presenti tre lumi, di cui due falsi, oppure un lume vero molto ridotto, filiforme, soprattutto nelle
dissezioni croniche. La Tabella 3 riassume i principali criteri TC
utilizzabili per distinguere il vero dal falso lume.
L’EAI è una variante di DA caratterizzata dall’assenza di una
breccia di ingresso (dissezione “non comunicante”). Quando
coinvolge l’aorta ascendente esso va trattato chirurgicamente
come nel caso della DA di tipo A. Le immagini ottenute con
tecniche tomografiche mostrano che l’emorragia nella tunica
media generalmente si distribuisce circonferenzialmente anche se può espandersi longitudinalmente, talora coinvolgendo
l’intera aorta toracica discendente. Ovviamente, affinché si sviluppi un EAI, deve essere assente una breccia di uscita. L’area
dell’EAI può apparire ispessita (da pochi mm fino a 15 mm) e
con una morfologia che può restare circonferenziale nelle sezioni assiali (il vero flap intimo-mediale tende a spiralizzarsi). La
TC senza contrasto mostra iperdensità della parete (Figure 3 e
4) con dislocazione interna di eventuali calcificazioni intimali
indicando con elevata sensibilità la presenza di una lesione
acuta. Si tratta di un’informazione determinante soprattutto
se la lesione interessa l’aorta ascendente, potendosi rendere
necessario un intervento chirurgico urgente. Alla TC con mdc
la parete diventa ipodensa rispetto al lume aortico (Figure 3 e
4) senza alcuna lesione intimale. L’identificazione dell’intima
consente di distinguere l’EAI dal trombo murale, situato “al di
sopra” dell’intima, spesso con bordi irregolari e frequentemente calcifico, mentre l’EAI è subintimale. A causa della mancanza di una breccia di uscita, non si osserva la presenza di
flusso all’interno dell’ematoma durante ETE o enhancement
della parete aortica ispessita con TC, RM o angiografia dopo
mdc.
L’evoluzione dell’EAI può essere favorevole: in questi casi
l’ematoma diventa ipodenso all’esame TC diretto e, se scompare, le calcificazioni intimali dislocate tendono a riportarsi nel-
L’AORTA COME CAUSA DI MALATTIA CARDIACA
Esame basale senza mdc
Esame con mdc
Figura 1. Dissezione aortica di tipo A sopravalvolare (piano del bulbo aortico). A sinistra:
le frecce bianche sottili indicano il flap intimale, l’asterisco il vero lume, la freccia bianca
spessa l’emergenza della coronaria destra. A destra: le frecce nere indicano il flap intimale.
L’asterisco si trova nel vero lume, che ha una morfologia biconvessa. La freccia bianca
mostra l’emergenza della coronaria destra.
mdc, mezzo di contrasto.
la loro sede originale. Altre volte può invece progredire verso
una DA tipica o complicarsi con un’emorragia pericardica, pleurica o mediastinica, o con rottura dell’aorta. Alcuni rilievi TC
(marcato ispessimento dell’ematoma con compressione del lume vero; comparsa di versamento pericardico o pleurico; irregolarità brusche del margine intimale o isole di contrasto nell’ematoma in aorta ascendente) potrebbero predire la progressione della lesione.
L’UPA (ulcerazione di una lesione aterosclerotica aortica che
supera l’intima, penetrando la lamina elastica interna giungendo nella media) può evolvere in emorragia intramurale risultando in un’EAI ma può anche evolvere in DA (Figura 5), in
rottura nell’avventizia formando uno pseudoaneurisma e in rottura transmurale dell’aorta; l’UPA può inoltre condurre alla formazione di un aneurisma vero per rimodellamento aortico. Le
ulcere dell’aorta sono solitamente lesioni focali, più frequentemente localizzate nell’aorta toracica discendente o nell’arco.
Rispetto alla DA classica, che è in genere più estesa, la DA secondaria ad un’ulcera aortica penetrante ha in effetti un’estensione minore, con flap intimo-mediale non sempre chiaramente visibile oppure ispessito, calcifico e statico. Talvolta la trom-
Figura 2. Dissezione aortica di tipo A (aorta ascendente). La freccia nera indica il flap intimo-mediale, l’asterisco il vero lume. Dopo somministrazione di mezzo di
contrasto l’enhancement del falso lume è minore rispetto al vero lume.
Tabella 3. Criteri per distinguere il vero e falso lume della dissezione aortica utilizzando le metodiche di imaging.
Grandezza del lume
Pulsatilità
Vero lume
Falso lume
Lume minore (in genere)
Lume maggiore (in genere)
Espansione sistolica
Compressione sistolica
Flusso sistolico anterogrado
Flusso sistolico anterogrado ridotto,
flusso assente o flusso retrogrado
Calcificazioni della parete esterna
+++
+/-
Calcificazioni eccentriche del flap
++
-
Direzione del flusso
Segno della ragnatela (cobweb sign)
-
++
Segno del becco (beak sign)
-
+++
+/- (rara)
+++ (frequente)
Lume interno
Lume esterno
Trombosi intraluminale
Invaginazione intimo-intimale
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S NISTRI ET AL
bizzazione del falso lume ne preclude l’opacizzazione dal mdc
concorrendo alla scarsa identificazione del flap.
La diagnosi di UPA si effettua mediante ETE, TC o RM evidenziando la presenza di una estroflessione della parete aortica con bordi frastagliati, solitamente in presenza di un esteso
ateroma aortico, talvolta in presenza di nicchie di mdc nella parete aortica che possono estendersi anche per alcuni centimetri. L’assenza del cratere dell’ulcera distingue l’EAI dall’UPA con
emorragia intraparietale. Alla base dell’UPA c’è sempre un’importante patologia aterosclerotica. Pertanto il paziente è solitamente anziano e la lesione è più frequente nell’arco e nel
tratto discendente dell’aorta, mentre nella DA classica il paziente è solitamente giovane, le calcificazioni intimali sono rare e la lesione inizia frequentemente nell’aorta ascendente.
TC DIRETTA
TC CON MDC
Figura 3. Ematoma intramurale di tipo A. A sinistra: ematoma intramurale in aorta ascendente e discendente, iperdenso (rispetto al
lume aortico) prima della somministrazione di mezzo di contrasto.
A destra: l’ematoma diviene ipodenso rispetto al lume aortico dopo
somministrazione di mezzo di contrasto. Non sono evidenti lesioni
intimali.
MDC, mezzo di contrasto; TC, tomografia computerizzata.
TC DIRETTA
AORTITE
Il quadro clinico di presentazione dell’aortite è complesso e l’inquadramento diagnostico difficile con spettro clinico variabile
da evidenza di insufficienza valvolare aortica a sfumata compromissione della perfusione periferica (assenza di polsi, deficit
di forza, parestesie) a quadri di emergenza secondari all’occlusione di rami arteriosi epicardici o epiaortici. La patogenesi più
TC CON MDC
Figura 4. Ematoma intramurale con dissezione aortica di tipo A. A sinistra: le frecce bianche indicano l’iperdensità della parete antero-mediale dell’aorta ascendente e della parete laterale dell’aorta discendente (ematoma intramurale). A destra: l’ematoma intramurale appare ipodenso dopo somministrazione di mezzo di contrasto. La freccia nera indica il flap intimo-mediale da dissezione dell’aorta ascendente. L’asterisco indica il vero lume aortico.
MDC, mezzo di contrasto; TC, tomografia computerizzata.
Figura 5. Sviluppo di ulcera penetrante (A) con ematoma intramurale (B) e dissezione (C).
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G ITAL CARDIOL | VOL 15 | GIUGNO 2014
L’AORTA COME CAUSA DI MALATTIA CARDIACA
frequente è quella autoimmune (Takayasu, arterite a cellule giganti, artrite reumatoide, spondilite anchilosante, malattia di
Behçet, sindrome di Reiter, artrite psoriasica) ma vari agenti patogeni possono esserne causa (sifilide, stafilococco, streptococco, salmonella, miceti). La diagnostica non invasiva ha un
ruolo importante nell’identificazione precoce della malattia e
nella valutazione delle complicanze. L’ETT è di prima scelta per
accessibilità, costi ed accuratezza diagnostica, valutando spessore parietale aortico del primo tratto dell’aorta ascendente e
l’eventuale presenza di insufficienza valvolare aortica. L’ETE è
accurata nella valutazione dell’ispessimento parietale dell’aorta toracica ed è utile nella diagnostica differenziale con la DA
classica e l’EAI1,3,23,24. Le tecniche ecocardiografiche tridimensionali hanno incrementato l’accuratezza diagnostica dell’ETT e
dell’ETE ma non sono ancora definite le aree di impiego nella
quali sia certamente vantaggioso il loro impiego1. La TC rappresenta una metodica di prima scelta nella sospetta aortite
consentendo una rapida diagnostica differenziale con la DA,
l’EAI e l’UPA. La tomografia ad emissione di positroni (PET) rappresenta una diagnostica accurata perché in grado di evidenziare il grado di attivazione della malattia utilizzando un marker di attività metabolica cellulare, il 18-FDG, disponibile anche
in laboratori privi di ciclotrone, ed è utile nel follow-up per monitorare l’efficacia del trattamento; i limiti principali sono costituiti da bassa risoluzione spaziale, modesta specificità del segnale e dall’esposizione a radiazioni ionizzanti25. La RM cardiaca è in grado di identificare accuratamente il quadro morfofunzionale della malattia senza radiazioni ionizzanti o mdc iodato. Le sequenze per la caratterizzazione tissutale con e senza gadolinio consentono l’identificazione dell’edema di parete
e l’estensione del danno parietale e sono molto utili nel followup per seguire le fasi di attivazione della malattia. In casi particolari, la RM cardiaca è utile nella diagnostica differenziale della SAA anche in condizioni di emergenza26.
L’INTERPRETAZIONE CLINICA DEGLI ASPETTI
MORFO-FUNZIONALI
Quadri clinici di presentazione e variabili prognostiche
Lo spettro dei quadri clinici di presentazione è molto ampio e
varia dalla asintomaticità della maggioranza dei pazienti con
aortopatie croniche ai molteplici quadri clinici delle SAA (Tabella 2). Fra i quadri compresi tra questi estremi vi sono quelli
dei pazienti asintomatici in follow-up per dilatazione o aneurisma, dei soggetti con cronicizzazione dei quadri acuti, dei pazienti sottoposti a trattamento (chirurgico e/o interventistico)
di patologia acuta o cronica3,27,28.
Un rilevante problema clinico è costituito dalla predizione
del rischio di DA. La DA è un evento raro nella popolazione generale (2-5 casi/100 000 persone/anno), particolarmente negli
individui di età <50 anni, con una prevalenza maschile che si attenua progressivamente con l’età27,28. Pertanto il potere predittivo positivo di un qualsivoglia test diagnostico rispetto alla DA
risulta essere inevitabilmente basso. La dilatazione aortica è un
noto fattore di rischio per DA, essendo dimostrato un aumento brusco dell’incidenza di dissezione per diametri >6 cm ma
anche un aumento lineare dell’incidenza di DA rispetto alla crescita progressiva delle dimensioni aortiche fino a 6 cm28. Da
queste valutazioni sono derivate le indicazioni correnti di intervento chirurgico per dimensioni ≥5.5 cm nella popolazione generale o ≥5 cm in patologie geneticamente determinate (con al-
cune specifiche per quadri particolari)3,28-31. Tuttavia molte DA
si verificano in presenza di dimensioni aortiche nettamente al di
sotto dei 5.5 cm32,33. Questo dato va contestualizzato considerando il numero enorme di persone della popolazione generale che hanno dimensioni aortiche comprese fra 4 e 5.5 cm e
che comunque incorrono nella DA solo raramente, non giustificando pertanto, ad oggi, l’esecuzione di interventi chirurgici
profilattici per dimensioni <5.5 cm nella popolazione generale
o <5 cm nei soggetti con sindrome di Marfan a meno di rapida progressione (ovvero >0.5 cm/anno) o fattori di rischio associati29-31,34. L’incidenza di DA in pazienti con dimensioni aortiche solo moderatamente aumentate evidenzia la complessità
dei rapporti tra patogenesi della DA e biopatologia aortica e
sottolinea la necessità di acquisire biomarcatori nuovi (funzionali, genetici, biomolecolari) diversi dalle sole dimensioni, ai fini della valutazione prognostica32.
Per quanto l’aterosclerosi ed i classici fattori di rischio cardiovascolare siano associati alla DA, mancano evidenze che ne
sostengano il diretto ruolo causale: ad esempio, è interessante
notare come il diabete sia particolarmente raro nei pazienti con
DA27. È infine noto come cardiopatie congenite [valvola aortica bicuspide (VAB), coartazione aortica] e sindromi genetiche
(sindrome di Marfan, sindrome di Turner) costituiscano i fattori geneticamente determinati più comunemente associati con la
DA27. Per quanto riguarda la VAB, va sottolineato come, nonostante un rilevante aumento del rischio relativo di progressione
verso l’aneurisma dell’aorta toracico, l’incremento di 8 volte del
rischio di DA rispetto alla popolazione generale si traduca comunque in un numero assoluto assai piccolo di dissezioni35,36,
portando ad una recente riformulazione di più conservative soglie di intervento per aneurisma aortico isolato nella VAB (>5.5
cm)37. Vanno inoltre ricordati i dati conflittuali relativi alla sicurezza di interventi di sostituzione valvolare aortica isolata in paziente con aneurisma aortico, in presenza di morfologia tricuspide o bicuspide38-40, sottolineando la necessità di identificare
nuovi marcatori di rischio di DA, di personalizzare il trattamento e di eseguire un follow-up accuratissimo della progressione
della patologia aortica, non giustificando un approccio più aggressivo di quello attualmente suggerito dalle più recenti linee
guida sulle valvulopatie29-31,37.
Valutazione clinica
Il problema delle dimensioni
Il basso potere predittivo delle dimensioni aortiche rispetto alla DA rende necessario integrare i dati dimensionali con un’accurata disamina clinica dei pazienti e delle loro famiglie, focalizzata anche all’identificazione delle forme familiari, sindromiche o meno41.
Aldilà degli aspetti più propriamente tecnici dell’imaging
aortico e di comparazione fra le diverse metodiche, sono da
sottolineare alcune problematiche intrinseche alla valutazione
delle dimensioni aortiche e della loro progressione, di particolare rilievo proprio in quel range dimensionale che si colloca al
di sotto della soglia di intervento e nel quale sono più incerte
le valutazioni e le scelte.
Nonostante siano riconosciuti l’importanza del rimodellamento aortico e i correlati clinico-demografici delle dimensioni
aortiche, i dati longitudinali sono relativamente scarsi e dimostrano l’esistenza di una complessa interazione di fattori (età,
sesso, taglia corporea e pressione arteriosa) con il rimodellamento della radice aortica durante la vita adulta42-47. Allo stato
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attuale delle conoscenze, quindi, la maggior parte dei dati sulla progressione delle dimensioni dell’aorta ascendente deriva
dall’interpolazione di misure rilevate in diverse fasce di età o da
studi in gruppi di dimensioni contenute seguiti per periodi di
tempo limitati. Le dimensioni aortiche vengono influenzate non
soltanto da comuni variabili cliniche45 ma, potenzialmente, anche da altri determinanti quali tipo ed intensità dell’attività
sportiva46 o la gravidanza, soprattutto nelle pazienti con patologia del connettivo48. Un dato da pochi considerato49-51 è poi
quello del pattern di dilatazione. Infatti, se il mismatch fra giunzione seno-tubulare e anulus aortico è stato correlato con l’insufficienza aortica funzionale, indipendentemente dall’entità
della dilatazione aortica, non è stato chiarito da studi prospettici se la scomparsa (obliterazione) della fisiologica riduzione di
calibro della radice aortica a livello della giunzione seno-tubulare abbia un valore prognostico51.
Nella valutazione clinica la definizione di normalità viene
generalmente effettuata in base a intervalli di riferimento che
non tengono conto delle molteplici determinanti delle dimensioni aortiche nel singolo paziente. In linea teorica andrebbe
preferito l’utilizzo di nomogrammi (che consentono l’identificazione diretta della dilatazione aortica rispetto ad una popolazione di normali) e che possono a loro volta essere impiegati, oltre che come range per gruppi di età e superficie corporea,
come valutazione relativa rispetto all’atteso (rapporto aortico
= dimensioni misurate/dimensioni attese) o come Z-score (deviazioni standard di scostamento dalla media della popolazione di controllo) consentendo una valutazione più accurata della dilatazione e della differenziazione fra crescita normale e patologica. I diversi valori normativi disponibili si differenziano per
ampiezza e caratteristiche demografiche delle popolazioni studiate, per la fase in cui le misure sono state effettuate (sistole
o diastole), per l’approccio metodologico (leading edge-to-leading edge o inner edge-to-inner edge), per l’estensione anatomica (che includa o meno l’aorta ascendente) ma anche per
l’inclusione in analisi di alcune variabili fondamentali come il
sesso. Pertanto, gli Z-score calcolati in base a diversi nomogrammi in un singolo paziente possono condurre a risultati del
tutto diversi42-45,47.
Un ulteriore metodo ha proposto l’indicizzazione delle dimensioni aortiche per la superficie corporea52. Queste valutazioni, attraenti per semplicità e fattibilità, non discriminano tuttavia i determinanti della taglia corporea (ad esempio un soggetto obeso ed un atleta possono avere analoga superficie con
composizione corporea del tutto diversa), sono esposte al paradosso del “peggioramento” delle dimensioni aortiche indicizzate dopo importante calo ponderale ed inoltre risentono,
in termini prognostici, delle caratteristiche della popolazione
studiata (pazienti reclutati in un registro di un centro di riferimento di malattie dell’aorta toracica, studiati con varie metodiche di imaging)47,52-55. Un ulteriore approccio all’indicizzazione delle dimensioni aortiche ha proposto la normalizzazione
dell’area aortica per l’altezza del paziente56. Questo metodo è
stato derivato da un gruppo di pazienti con DA rappresentando un bias di selezione in cui l’“evento” non viene previsto, ma
costituisce il punto dal quale si procede per la definizione del
coefficiente. Studi ulteriori, prospettici e multicentrici, in ampie
popolazioni dovranno valutare l’efficacia relativa di ciascuno di
questi approcci nella previsione di eventi aortici acuti53, ricordando comunque come l’applicazione di soglie non indicizzate proposte dalle linee guida si sia dimostrata efficace nel prevenire eventi aortici acuti37.
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Il problema del follow-up e dell’imaging multimodale
La valutazione prospettica delle dimensioni aortiche ha molteplici implicazioni sia nella medicina valutativa (ad esempio per
attività sportiva agonistica) sia per scelte terapeutiche, basate
attualmente su entità e rapidità di progressione delle dimensioni. Ulteriormente complessa è la valutazione di pazienti che
abbiano ricevuto procedure chirurgiche e/o interventistiche in
età pediatrica, complicate dalla relazione fra crescita delle dimensioni aortiche ed accrescimento corporeo. Considerando
la necessità dell’imaging multimodale in ciascuno di questi contesti clinici1, il confronto fra misurazioni ottenute con metodiche diverse può diventare un ulteriore elemento di confusione
nel processo decisionale. Le principali possibili fonti di incongruenza fra i molteplici esami, eseguiti eventualmente con tecnologie diverse, sono: (a) topografiche (misurazione nello stesso punto); (b) di fase o temporali (misure valutate in diastole o
in sistole, con maggiori discrepanze proprio nelle aorte “più
elastiche”); (c) tecnica di misurazione (misure leading edge-toleading edge, inner edge-to-inner edge, external edge-to-external edge); (d) difetti di allineamento che risultano in immagini non assiali (Figura 6).
L’approccio convenzionale alla valutazione della crescita di
un aneurisma si basa sulla differenza fra due misure effettuate
divisa per il tempo intercorrente fra queste misure (Diametrotempo2-Diametrotempo1/Tempo2-Tempo1). Questo approccio, tuttavia, non considera l’inaccuratezza intrinseca delle misurazioni
svolte, che può essere accresciuta dall’utilizzo di metodiche di
imaging diverse e complementari57,58. Un approccio statistico
che correli la crescita dell’aneurisma con il tempo che separa i
test diagnostici includendo il possibile errore di misurazione ha
evidenziato come l’esecuzione ravvicinata di test di imaging
multipli si traduce in una sovrastima della velocità di progressione della patologia valutata convenzionalmente, sconsigliando pertanto l’esecuzione sistematica di test temporalmente ravvicinati per analizzare la progressione di malattia58.
In quest’ottica, differenze di misurazione di 2-4 mm, soprattutto fra modalità diagnostiche diverse, non dovrebbero essere considerate “reali”, ovvero segno di progressione di malattia, ma piuttosto essere sottoposte ad una rivalutazione congiunta che analizzi gli elementi intrinseci di inaccuratezza delle misure28.
L’AORTA COME CAUSA DI MALATTIA CARDIACA
Accoppiamento ventricolo-aorta
Aorta e ventricolo sinistro sono strettamente interdipendenti
dal punto di vista fisiopatologico, poiché modificazioni della
funzione ventricolare si riflettono su quella aortica e viceversa59,60. In condizioni normali i vasi arteriosi, l’aorta in primis, accolgono il flusso sanguigno senza importanti variazioni della
pressione arteriosa intraluminale. L’onda pressoria si propaga
quindi nell’albero arterioso a velocità relativamente bassa, così
che l’onda riflessa dalla periferia ritorna al cuore durante la diastole, contribuendo a mantenere una pressione arteriosa diastolica sufficientemente elevata. L’incremento della rigidità della parete aortica correla con un aumento della pressione arteriosa sistolica (equivalente della ridotta capacità di dilatarsi) e
una riduzione di quella diastolica (esito dell’aumento di velocità di propagazione dell’onda pressoria con ritorno al cuore anticipato)60-62. Tali modificazioni pressorie determinano da un lato un aumento del postcarico, quindi un aumento del lavoro
L’AORTA COME CAUSA DI MALATTIA CARDIACA
Diastole
Sistole
“Salame”
External-external: include 2 spessori di parete
Leading-to-leading: include 1 spessore di parete
Inner-to-inner: esclude lo spessore di parete
[con spessore di parete ≈ 2-3 mm]
Figura 6. Esemplificazione delle cause di discrepanza nelle misurazioni delle dimensioni aortiche (oltre alla differenza di topografia). A sinistra (diastole): nella
stessa sezione vengono utilizzate diverse convenzioni che includono lo spessore
della parete aortica sia anteriore che posteriore (external-external), o l’inclusione
della sola parete anteriore (leading-to-leading), con aggiunta di 2-5 mm rispetto al metodo che esclude entrambe le pareti (inner-to-inner). Le differenze sono
amplificate nel caso in cui la prima misurazione sia stata, ad esempio, svolta in
diastole mentre la successiva venga eseguita in sistole (al centro), con il paradosso di una valutazione di più rapida progressione di malattia in un paziente con
elasticità aortica normale (quindi con maggiore variazione dimensionale fra diastole e sistole). Il peso di ciascuna di queste cause di differenza fra misurazioni viene ulteriormente accentuata da un malallineamento con la sezione del vaso che
introduce una misura deformata (effetto “salame”, a destra). L’influenza della
combinazioni casuale di queste incongruenze può rivestire un valore particolarmente rilevante nello studio longitudinale di un singolo paziente.
del ventricolo sinistro con conseguente sviluppo di ipertrofia
ventricolare, dall’altro la riduzione della riserva di flusso coronarico. Pertanto aumenti della rigidità parietale aortica possono determinare nel tempo lo sviluppo di disfunzione diastolica
e sistolica del ventricolo sinistro62-66. Si deve però tenere presente che l’esistenza di un’associazione tra rigidità aortica e disfunzione diastolica del ventricolo sinistro è stata dimostrata
anche in soggetti sani senza alcun fattore di rischio cardiovascolare, suggerendo l’esistenza di un meccanismo patogenetico alternativo, che dipende direttamente dalla rigidità aortica.
L’evidenza, ad esempio, di una relazione tra rigidità aortica e
sviluppo di aterosclerosi suggerisce l’ipotesi che possa esistere
un determinante patogenetico comune, in grado di causare sia
lo sviluppo di aterosclerosi che l’incremento di rigidità aortica
e/o ventricolare. Tale determinante può essere costituito da diversi fattori bioumorali che attivino, ad esempio, processi infiammatori ed immunologici capaci di modificare la matrice extracellulare e le proprietà biomeccaniche dell’aorta e della parete ventricolare67,68.
Aorta ed insufficienza valvolare aortica
L’insufficienza valvolare aortica può essere il risultato, oltre che
di alterazioni morfologiche e strutturali della valvola, anche della dilatazione dell’aorta ascendente69. È stato dimostrato che
alterazioni morfologiche acute della giunzione seno-tubulare
producono alterazioni della coaptazione diastolica dei foglietti
valvolari causando reflussi potenzialmente significativi. È esperienza frequente, in molte serie chirurgiche, che l’insufficienza
aortica sia il risultato diretto della dilatazione dell’aorta ascendente fondando su questo presupposto strategie che consistono nella sostituzione della radice aortica con preservazione val-
volare sia pure con approcci diversi69-71. Pertanto, come l’insufficienza mitralica funzionale rappresenta in realtà una malattia
del ventricolo sinistro, così anche l’insufficienza valvolare aortica può in molti casi essere l’espressione di una malattia della
parete aortica con rilevanti implicazioni in termini di tecnica cardiochirurgica.
Il modello dell’insufficienza valvolare aortica costituisce un
esempio paradigmatico dell’interdipendenza emodinamica e
funzionale fra ventricolo sinistro ed aorta72-75. I pazienti affetti
da insufficienza valvolare cronica vanno incontro ad un progressivo deterioramento della funzione del ventricolo sinistro,
cui contribuisce la riduzione dell’elasticità aortica. Questa assume una particolare rilevanza in presenza di insufficienza aortica cronica severa asintomatica con funzione ventricolare sinistra conservata i cui portatori hanno un’aumentata elasticità
della parete arteriosa rispetto ai controlli sani75. Tale riserva funzionale della parete aortica consente di accogliere un volume sistolico ematico molto aumentato con solo lievi variazioni della
pressione arteriosa75. La progressiva perdita di tale capacità di
accomodazione (per riduzione dell’elasticità) comporta lo sviluppo di un aumento del postcarico ventricolare. La velocità di
propagazione dell’onda pressoria nell’albero arterioso, infatti,
aumenta, facendo sì che l’onda riflessa ritorni anticipatamente
durante la fase di eiezione ventricolare (telesistole). Questo determina, oltre al sovraccarico di volume, un ulteriore aumento
del postcarico che contribuisce a sua volta all’aumento ulteriore del volume telediastolico e dello stress di parete del ventricolo sinistro con conseguente ipertrofia ventricolare sinistra e
sviluppo di disfunzione diastolica in primis e, nel lungo termine, anche di disfunzione sistolica. A conferma di questo, nei
pazienti sottoposti a interventi di sostituzione protesica della
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valvola per insufficienza aortica è stato riscontrato un aumento della rigidità, che potrebbe dunque rientrare tra i fattori da
considerare per spiegare la progressione della storia naturale
dell’insufficienza aortica72-75 e i dati conflittuali sui risultati della terapia medica con vasodilatatori37,76-78.
Rigidità aortica, invecchiamento e dilatazione atriale
Le recenti evidenze di proprietà “antiaritmiche” degli ACE-inibitori (ridotta incidenza di fibrillazione atriale parossistica nei
pazienti ipertesi trattati)79-81 hanno dimostrato lo stretto rapporto fisiopatologico tra dilatazione atriale, compliance cardiovascolare e fibrillazione atriale. Il contributo dell’aorta ascendente al riempimento diastolico è sostenuto dall’accorciamento delle fibre elastiche che sono state distese nella fase sistolica ed è sinergico all’untwisting della diastole isovolumetrica
delle fibre miocardiche. In condizioni fisiologiche, il contributo
della sistole atriale allo svuotamento degli atri è minimo per il
movimento passivo del volume atriale nelle cavità ventricolari a
causa del movimento del piano atrioventricolare provocato dal
rilasciamento delle fibre miocardiche e dall’accorciamento delle fibre elastiche dell’aorta ascendente. Nell’anziano, la perdita
delle proprietà elastiche dell’aorta ascendente e l’incremento
della rigidità ventricolare frequentemente associato all’ipertensione riducono significativamente il movimento del piano atrioventricolare. Il riempimento diastolico ventricolare avviene con
importante contributo della sistole atriale con adattamenti morfo-funzionali ben rappresentati dal pattern restrittivo del riempimento ventricolare e dalla dilatazione delle cavità atriali. Tali
adattamenti morfo-funzionali rappresentano un substrato aritmico importante e possono spiegare l’azione antiaritmica di farmaci che modificano l’assetto emodinamico cardiovascolare come gli ACE-inibitori.
Rigidità aortica e terapia farmacologica
Un trattamento antipertensivo che possa ridurre sia la pressione arteriosa sia la rigidità di parete aortica potrebbe ulteriormente ridurre l’ampiezza e la velocità di propagazione dell’onda pressoria e del postcarico ventricolare, eventualmente
promuovendo la regressione delle alterazioni morfo-funzionali del ventricolo sinistro82. Generalmente il target terapeutico di
un trattamento antipertensivo è la riduzione della pressione
arteriosa misurata a livello brachiale, assumendo che tale misura rifletta accuratamente la pressione arteriosa e l’emodinamica centrale. In realtà i diversi farmaci antipertensivi potrebbero avere effetti diversi sulla pressione arteriosa centrale e la
morfologia dell’onda pressoria, pur determinando effetti simili a livello brachiale60,61,82-84. Ad esempio, la terapia basata su
atenololo ha mostrato una minor riduzione della pressione arteriosa centrale e dell’onda pressoria rispetto a terapie con amlodipina ± perindopril84 o perindopril con indapamide85, probabilmente determinata dalla maggiore vasocostrizione periferica con conseguente ritorno anticipato dell’onda pressoria
all’arco aortico. Inoltre, l’aumento della gittata sistolica conseguente alla riduzione della frequenza cardiaca può essere
ben tollerato nei pazienti con elasticità aortica conservata ma
può determinare un ulteriore aumento della pressione arteriosa sistolica centrale nei pazienti con aumentata rigidità della
parete aortica. Infine, è stata dimostrata una correlazione tra
i valori di pressione pulsatoria carotido-femorale e di ipertensione sistolica, per cui un aumento della rigidità di parete aortica potrebbe spiegare la scarsa risposta pressoria al trattamento farmacologico con atenololo. Diversamente il nebivo-
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lolo, betabloccante beta-1 selettivo con effetto vasodilatatore
mediato dall’ossido nitrico86, sembra ridurre gli indici di rigidità aortica rispetto all’atenololo86,87.
La pressione arteriosa centrale, correlando meglio con la
prognosi a lungo termine della pressione brachiale, farebbe preferire i regimi terapeutici che riducono tale pressione arteriosa
nel paziente iperteso. Questo non toglie che in contesti clinici
diversi (cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco) la riduzione farmacologica della frequenza cardiaca si sia dimostrata altamente efficace nel migliorare la prognosi a lungo termine e
rimanga la terapia di elezione.
In conclusione, l’aorta è contemporaneamente causa e organo bersaglio dell’ipertensione arteriosa essenziale il cui rapporto con la perdita di elasticità della parete aortica, modulato dall’età, è complesso e bidirezionale. L’aumentata progressione di rigidità aortica è causa di ipertensione arteriosa
prevalentemente sistolica e, in particolare, di aumento della
pressione venosa centrale. L’alterato accoppiamento fra ventricolo e aorta può essere causa o fattore di amplificazione
dello scompenso cardiaco “a funzione sistolica preservata del
ventricolo sinistro”. Più in generale, l’alterato accoppiamento
ventricolo-aorta può essere un fattore di amplificazione in
molti casi dello scompenso, anche da disfunzione sistolica del
ventricolo88.
CONCLUSIONI
Il trasferimento della biopatologia aortica89 nella pratica clinica
si realizza attraverso l’imaging multimodale ma transita anche
attraverso la consapevolezza del ruolo patogenetico che le aortopatie possono svolgere in molteplici condizioni cliniche di comune riscontro. La disponibilità di molteplici metodiche, oltre a
necessitare di criteri di appropriatezza del loro utilizzo, impone
la conoscenza degli aspetti tecnici principali di ciascuna metodica e delle possibili fonti di discrepanza fra esse, al fine di riconciliare le differenze eventuali, chiarendone la genesi. Nel futuro, inoltre, bisognerà tenere sempre in maggiore considerazione il ruolo delle alterazioni funzionali (oltre che dimensionali) dell’aorta toracica sia come elemento co-determinante l’evoluzione della patologia aortica che come fattore determinante
alterazioni funzionali del ventricolo sinistro e, a monte, dell’atrio
sinistro. È auspicabile che futuri studi siano rivolti alla delucidazione di questi meccanismi ed alle prospettive di intervento
terapeutico.
RIASSUNTO
L’imaging multimodale riveste un ruolo centrale nella valutazione
delle patologie, acute o croniche, dell’aorta toracica. Prendendo le
mosse dalla sempre più approfondita conoscenza di struttura e funzione della parete aortica, della sua fisiopatologia ed istopatologia,
l’utilizzo appropriato di ciascuna delle modalità di imaging disponibili si traduce in una migliore definizione delle necessità dei pazienti e della strategia di trattamento più appropriata.
Lo scopo di questa rassegna è quello di sottolineare gli aspetti più
critici in questo settore, fornendo al cardiologo clinico alcuni indizi per un approccio con imaging ai pazienti con patologia dell’aorta toracica.
Parole chiave. Dimensioni aortiche; Ecocardiografia; Funzione aortica; Malattia dell’aorta toracica; Risonanza magnetica; Tomografia
computerizzata.
L’AORTA COME CAUSA DI MALATTIA CARDIACA
GLOSSARIO
LGE = late gadolinium enhancement, sequenza utilizzata in risonanza magnetica per valutare la presenza di contrasto nei tessuti
(danno cellulare in acuto, fibrosi in cronico).
MIP = maximum intensity projection, algoritmo di ricostruzione tridimensionale dell’immagine basato sul massimo valore di intensità del segnale lungo l’asse di ricostruzione.
MPR = multiplanar reformation, algoritmo di ricostruzione tridimensionale basato su un sistema di coordinate spaziali che consente la ricostruzione delle immagini lungo piani anatomici diversi
(sagittali, trasversali, coronali, obliqui).
STIR = short tau inversion recovery, sequenza utilizzata in risonanza magnetica per evidenziare flogosi/edema.
T1 = sequenze utilizzate in risonanza magnetica per caratterizzare
i tessuti a contenuto lipidico.
T2 = sequenze utilizzate in risonanza magnetica per caratterizzare
i tessuti con componente di edema/flogosi.
VENC = velocity encoding, sequenze utilizzate in risonanza magnetica per valutare la velocità del sangue.
Volume rendering = algoritmo di ricostruzione tridimensionale
dell’immagine che utilizza codici di colore e tecniche di sottrazione per caratterizzare tessuti diversi.
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