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Cass. pen. 5.9.2014 n. 37191 Data: 9.9.2014 9.03.37

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Cass. pen. 5.9.2014 n. 37191

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Monza, in parziale accoglimento dell'impugnazione cautelare proposta nell'interesse di R.Q., ha riformato il decreto di sequestro preventivo emesso in data 9 luglio 2013 dal Gip presso il medesimo tribunale, disponendo la restituzione al legale rappresentante della società "L. Società Cooperativa" della somma di euro 41.352,26 (euro 10.147,51 + euro 31.204,76) sul presupposto che parte della somma in restituzione era stata sequestrata in eccedenza rispetto al valore del profitto aggredibile con la misura cautelare ed in parte era stata oggetto di compensazione con altri credito vantati dalla ricorrente nei confronti dell'ufficio finanziario.

R.Q. è sottoposta ad indagini per il delitto previsto e punito dagli artt. 81 e 110 c.p., 10-quater, comma 1, DLgs. 10 marzo 2000, n. 74 perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi, in concorso con F.P. (quale consulente fiscale, ideatore dell'illecito meccanismo ed autore delle false dichiarazioni), nella sua qualità di amministratore unico, della società "L. Soc. Coop.", dunque quale beneficiario delle illegittime compensazioni, ometteva il pagamento di tributi verso l'erario (ritenute da lavoro dipendente ed altre), verso enti locali (comune regione Lombardia), verso enti previdenziali ed assistenziali assicurativi nazionali (INPS e INAIL), per complessivi euro 187.840,11 negli anni 2010, 2011, 2012, in conseguenza dell'utilizzo di modelli F24 compilati con la falsa indicazione "importi a credito compensati" di inesistenti crediti IRES, IVA e IRAP. In Giussano dal 2010 al 2012.

2. Per l'annullamento dell'impugnato decreto, ricorre per cassazione R.Q. per mezzo del proprio difensore affidando il gravame ad un unico motivo con il quale deduce violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione agli artt. 321 c.p.p., 1, comma 143, della L.

27.12.2007, n. 244.

Assume che erroneamente il Tribunale non ha annullato in toto il decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Monza che aveva disposto l'applicazione della misura cautelare, oltre che delle somme, dei titoli e delle disponibilità finanziarie di proprietà di R.Q., anche delle somme giacenti sui conti correnti della società, "L.

società cooperativa" violando le disposizioni di cui al DLgs. n. 231 del 2001 in quanto per i reati tributari le norme che prevedono la responsabilità delle persone giuridiche non ammettono la confisca per equivalente con la conseguenza che la misura cautelare, in quanto prodromica alla confisca, non può essere applicata nei confronti di un organismo societario.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il motivo è infondato.

2. È certamente esatta l'affermazione contenuta nel ricorso quanto all'impossibilità di applicare le disposizioni che prevedono il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti delle persone giuridiche per reati tributari, quantunque commessi dai suoi organi, fatta salva ovviamente l'ipotesi in cui la persona giuridica sia in concreto priva di qualsiasi autonomia e rappresenti esclusivamente uno schermo fittizio delle attività e delle disponibilità dell'amministratore resosi autore del reato (SS.UU., n. 10561 del 30.1.2014, G., Rv. 258646; da ultimo, Sez. 3, n. 18311 del 6.3.2014, C., Rv. 259102: in precedenza, tra le tante, Sez. 3, n. 42476 del 20.9.2013, S., Rv. 257353; Sez. 3, n. 42638 del 26.9.2013, P.; Sez. 3, n. 42350 del 10.7.2013, S., Rv. 257129; Sez. 3, n. 33182 del 14.5.2013, D., Rv. 255871; Sez. 3, n.

25774 del 14.6.2012, A., Rv. 253062).

3. Tuttavia, nel caso di specie, il Tribunale ha spiegato che il sequestro preventivo poteva senza dubbio attingere anche i beni societari che rappresentavano il prezzo del reato, con ciò intendendo che erroneamente il sequestro delle somme della società era stato qualificato dal Gip come sequestro "per equivalente" mentre invece doveva ritenersi sequestro diretto o in

forma specifica.

Questa Corte, nel suo massimo consesso, ha recentemente affermato che è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto rimasto nella disponibilità di una persona giuridica, derivante dal reato tributario commesso dal suo legale rappresentante, non potendo considerarsi l'ente una persona estranea al detto reato (SS.UU., n. 10561 del 30.1.2014, G., Rv. 258647).

Sicché, nel caso in cui il profitto di un reato sia rappresentato da denaro, la confisca di somme rinvenute nella disponibilità del soggetto (persona fisica o giuridica) che lo ha percepito, anche sotto forma di un risparmio di spesa attraverso l'evasione dei tributi, avviene, alla luce della fungibilità di esso, sempre in forma specifica sul profitto diretto e mai per equivalente.

4. Le Sezioni Unite G. hanno ribadito tale principio affermando che la confisca diretta del profitto di reato è istituto ben distinto dalla confisca per equivalente, dovendosi infatti tenere presente che la confisca del profitto, quando si tratta di denaro o di beni fungibili, non è confisca per equivalente, ma confisca diretta.

È stato anche precisato che, qualora il profitto tratto da taluno dei reati per i quali è prevista la confisca per equivalente sia costituito da denaro, l'adozione del sequestro preventivo non è subordinata alla verifica che le somme provengano dal delitto e siano confluite nella effettiva disponibilità dell'indagato, in quanto il denaro oggetto di ablazione deve solo equivalere all'importo che corrisponde per valore al prezzo o al profitto del reato, non sussistendo alcun nesso pertinenziale tra il reato e il bene da confiscare, con la conseguenza che è pertanto ammissibile il sequestro preventivo, ex art. 321 c.p.p., qualora sussistano indizi per i quali il denaro di provenienza illecita sia stato depositato in banca ovvero investito in titoli, anche nei confronti delle persone giuridiche ed indipendentemente dal reato per il quale si procede, e quindi anche con riferimento ai reati tributari, proprio perché il vincolo non è imposto sul valore equivalente al bene da assicurare al processo ma direttamente sul bene ex se confiscabile, "trattandosi di assicurare ciò che proviene dal reato e che si è cercato di nascondere con il più semplice degli artifizi" (Sez. 6, n. 23773 del 25.3.2003, M., Rv. 225757) o che si è indebitamente trattenuto (sui conti correnti) per non avere adempiuto, come normalmente avviene attraverso la consumazione dei reati tributari, a precisi obblighi fiscali.

Allo stesso modo, posto che la nozione di profitto finalizzato alla confisca ricomprende ogni utilità che sia conseguenza diretta o indiretta dell'attività criminosa, nella nozione di profitto funzionale alla confisca rientrano, secondo l'insegnamento delle Sezioni unite G., non soltanto i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell'illecito, ma anche ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta o mediata, dell'attività criminosa cosicché la trasformazione che il denaro, profitto del reato, abbia subito in beni di altra natura, fungibili o infungibili, non è di ostacolo al sequestro preventivo il quale ben può avere ad oggetto il bene di investimento così acquisito attraverso la conversione del denaro con altro bene.

Infatti il concetto di profitto o provento di reato legittimante la confisca e quindi nelle indagini preliminari, ai sensi dell'art. 321, comma 2, c.p.p., il suddetto sequestro, deve intendersi come comprensivo non soltanto dei beni che l'autore del reato apprende alla sua disponibilità per effetto diretto ed immediato dell'illecito, ma altresì di ogni altra utilità che lo stesso realizza come conseguenza anche indiretta o mediata della sua attività criminosa.

Ne consegue che la confisca diretta del profitto di reato è possibile anche nei confronti di una persona giuridica per le violazioni fiscali commesse dal legale rappresentante o da altro organo della persona giuridica nell'interesse della società, quando il profitto o i beni direttamente riconducibili a tale profitto sono rimasti nella disponibilità della persona giuridica medesima.

5. Nel caso di specie, essendo stato il vincolo imposto sulle somme confluite sul conto corrente della società, beneficiaria dell'evasione, non si è proceduto ad un sequestro di "valore" ma ad un sequestro in forma specifica, la cui adozione non è preclusa dal DLgs. 8 giugno 2001, n. 231 ed è ammessa in applicazione dell'art. 321 c.p.p. anche con riferimento ai reati tributari.

6. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.