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Newsletter della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” Seraphicum
San Bonaventura
ANNO II - Nº 15
Editoriale
San Bonaventura informa dedica uno speciale
all’attesa festa della fede del prossimo 27
aprile. La canonizzazione di due pontefici
dell’epoca contemporanea, Giovanni XXIII e
Giovanni Paolo II, così decisivi con il loro magistero per una Chiesa capace di abbracciare il
mondo.
Un momento significativo per la fede e la
devozione popolare, che potrebbe divenire un
vero e proprio evento storico con la partecipazione alla cerimonia del papa emerito Benedetto XVI. In quel caso, sull’altare in piazza
San Pietro, ci sarebbe la presenza in preghiera
di ben quattro papi: due santi, un emerito e un
regnante.
Una cerimonia che tocca direttamente anche la
comunità del Seraphicum, non solo per l’evento di fede, ma anche per lo stretto legame dei
due pontefici con san Francesco.
Quell’umiltà, quella semplicità, quell’attenzione all’uomo e al creato, in una parola quella
spiritualità francescana, che ritroviamo oggi
anche in papa Francesco.
Da tempo si parla della sua seconda enciclica,
che riserverà una particolare attenzione al tema
della tutela del creato: in questo numero di San
Bonaventura informa conosceremo qual è il
contributo dato al pontefice dalla grande Famiglia francescana.
E poi il senso della comunicazione oggi, attraverso le nuove “autostrade” relazionali e informative, per capirne il senso più profondo e per
apprendere un nuovo stile di relazione che sia
innanzitutto ascolto, dialogo e condivisione.
“Se uno è francescano, lo è anche nella sua
vita e nelle sue opere” scrive nel suo contributo il Padre Guardiano fra Felice Fiasconaro,
così anche questo mese racconteremo e ci incammineremo sui tanti e differenti percorsi di
fede, per acquisire sempre più consapevolezza
del passato e per saper essere testimoni coerenti nella quotidianità.
Elisabetta Lo Iacono
Responsabile Ufficio Stampa e Comunicazione
della Facoltà
aprile 2014
informa
In questo numero:
Focus del mese: il contributo francescano
alla nuova enciclica di papa bergoglio
pag. 2
Storia e personaggi: l’antica tradizione
della “corda pia”
Pag. 4
SPECIALE CANONIZZAZIONE: GIOVANNI
XXIII, GIOVANNI PAOLO II E I FRANCESCANI
PAG. 5
In dialogo con i nostri docenti: sui passi
delL’IMMACOLATA E di PADRE KOLBE
pag. 13
L’intervista: COMUNICATORI DI GIOIA E di
VERITA’, come san francesco
pag. 16
master: il CORSO in trasferta a moena
pag. 18
Appuntamenti: CONVEGNO KOLBE et varia...
pag. 19
Francescanamente parlando: UN MESE DI
INIZIATIVE E NOVITA’
pag. 23
1
FOCUS DEL MESE
IL CONTRIBUTO DEI FRANCESCANI ALLA NUOVA ENCICLICA
DI PAPA FRANCESCO SUL TEMA DELL’ECOLOGIA
Francesco di nome e di fatto, anche per l’attenzione al tema del creato che sarà al centro della prossima
enciclica con il contributo della Famiglia francescana.
Papa Francesco, nella sua scelta di prendere il nome del Poverello di Assisi, ha puntualmente
dimostrato, in questo primo anno di pontificato, una particolare attenzione e sensibilità per i valori
del francescanesimo.
La Chiesa povera e per i poveri e la custodia del creato sono due tra i
principali echi francescani che risuonano nelle sue omelie e nei discorsi,
riportando le lancette dell’attenzione e delle priorità su un equilibrio
mondiale e su una “saggezza ecologica perenne” come la Famiglia
francescana definisce la visione e la vita di Francesco d’Assisi, a favore
di un’esistenza ispirata dalla relazione fraterna con tutti gli esseri umani
e con la terra.
Un tema, quello dell’ecologia, divenuto una vera e propria emergenza non solo dal punto di vista
ambientale ma anche sotto il profilo sociale e della pace.
Ecco il punto chiave della questione che da prettamente ambientale, nel senso di tutela della natura,
diviene sempre più politico e sociale, implicando tematiche come lo sfruttamento delle risorse e
i pesanti squilibri mondiali nella loro distribuzione. In gioco, dunque, non c’è solo la necessità
improcrastinabile di preservare la natura con le sue creature, uomo in primis, ma anche quella di
ripensare il nostro modo di vivere.
Papa Francesco lo aveva detto, con un vero e proprio appello, già nell’omelia di inaugurazione del
ministero petrino, il 19 marzo dell’anno scorso: “siamo custodi della creazione, del disegno di Dio
iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di
morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo”.
La questione è assolutamente delicata tanto che papa Francesco
proporrà questo tema nella prossima enciclica. I lavori sono in corso
e un contributo è stato offerto a Bergoglio proprio dai francescani.
“Abbiamo consegnato un documento di tutta la Famiglia
francescana, attraverso il Ministro Generale OFM, fra Michael A.
Perry, nell’udienza a lui concessa - spiega Encarnación del Pozo,
ministro generale dell’OFS, l’Ordine francescano secolare - che
sarà considerato dalla commissione di esperti chiamata a lavorare Encarnación del Pozo Ministro Gen. OFS
su questa seconda enciclica di papa Francesco. E il papa ha detto di
aver gradito molto questa offerta di contributo”.
Nel documento “Francescani per l’ecologia”, redatto dalla Commissione interfrancescana di giustizia,
pace e integrità del creato in occasione del 35° anniversario della proclamazione di san Francesco
d’Assisi patrono dell’ecologia, si ripercorre trasversalmente il rapporto e la visione della natura da
parte di Francesco e dei suoi “discepoli”, sino ai giorni nostri, attraverso una ricca lettura che va a
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intersecare i piani spirituale, economico, sociale, culturale, programmatico.
“Questa riflessione - si legge nel documento consegnato a papa Francesco - viene proposta con lo
scopo di aiutare ad approfondire la nostra comprensione su cosa significhi chiamare Francesco patrono
dell’ecologia e aiutare a esplorare la responsabilità, che condividiamo con tutti i nostri fratelli e sorelle,
di farci carico della cura del creato come suoi amministratori”.
Il punto di partenza è dunque l’amore di Francesco per la creazione,
ripercorrendo poi - c’è da immaginare al pari dell’attesa enciclica di
papa Francesco - i numerosi riferimenti a Giovanni Paolo II e Benedetto
XVI.
Nel documento consegnato al papa i francescani rimarcano anche
la necessità di un impegno ecumenico: “La visione di Francesco,
accuratamente recuperata, - si legge - testimonia ancora con potenza
come la tradizione cattolica e cristiana possa contribuire a una visione
rinnovata dell’umanità in rapporto alla natura. Ogni tradizione religiosa
deve intraprendere questo tipo di lavoro di recupero per dare il proprio
contributo ad affrontare la nostra attuale crisi ambientale”.
Da parte della grande Famiglia francescana le idee sono chiare, attingendo
a una tradizione spirituale che parte dal 1200, con azioni concrete in
molti Paesi e con considerazioni pratiche imprescindibili. Tra queste
la diseguaglianza esistente tra nord e sud del mondo e la distruzione di habitat locali che richiedono
quindi un diverso stile di vita e garanzie legislative; la necessità di ripensare l’organizzazione e l’auto
sostentamento delle comunità; la sensibilizzazione sulle tematiche della “giustizia ecologica”attraverso
la messa domenicale come momento di condivisione ma anche di informazione.
Il carisma francescano trova le diverse famiglie nate da san Francesco pronte e motivate attorno al
suo capostipite così come a fianco del papa, con la consapevolezza - si legge nel documento della
Commissione interfrancescana - che “una risposta vocazionale contemporanea può ancora attingere
all’esempio di consapevolezza ecologica di Francesco, ma avremo bisogno di sviluppare una visione
morale nuova, operando una sintesi che saggiamente combini la sua ispirazione religiosa con le migliori
informazioni scientifiche”.
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storia e personaggi
Conoscere il passato Vivere l’oggi Progettare il futuro
Da questo numero la rubrica “Storia e personaggi” sarà dedicata a eventi e figure strettamente legati al
Seraphicum, avviandoci in questo modo alle celebrazioni di ottobre, per il 50° del trasferimento di Facoltà e
Collegio nell’attuale sede dell’Eur. Un’occasione per riscoprire e ricordare capitoli di storia della Facoltà
e del francescanesimo, attingendo alla cronaca e alle ricostruzioni di fra Francesco Costa, docente emerito
e autore di un libro, di prossima pubblicazione, che avrà a oggetto proprio quest’ultimo e significativo
mezzo secolo di storia.
“Corda pia inflammantur,/ dum Francisci celebrantur,
/stigmatum insignia” (“I cuori pii si infiammano,
celebrando i segni delle stimmate di Francesco”).
Le due prime parole della terzina (“Corda pia”) danno il nome
a un inno processionale, che intende rievocare le sante piaghe di Cristo e le stimmate impresse da Cristo sul
corpo del Poverello di Assisi. Il pio esercizio, in uso presso i Frati minori conventuali dalla fine del secolo
XVI, invita alla meditazione della perfetta conformità di Francesco a Cristo, sigillata, sull’altura della Verna
due anni prima della morte, dalle cinque piaghe, che trasformarono il Serafico Padre in perfetta immagine
del Crocifisso.
“L’incrementarsi della devozione alle stimmate di san Francesco, oltre che alla letteratura sulla perfetta
conformità del Patriarca di Assisi con Cristo Crocifisso - scrive il professor Francesco Costa - sembra
da ricercarsi anche nelle rappresentazioni iconografiche del prodigio. Alla diffusione di
queste rappresentazioni contribuì soprattutto Gregorio IX che nel 1237 difese la veridicità
del fatto prodigioso. Altro evento significativo, l’approvazione della festa delle stimmate di
san Francesco al Capitolo generale di Cahors del 1337, sotto il ministro generale Geraldo
Oddone che compose anche i testi liturgici”.
Le prime notizie sulla celebrazione della “Corda pia” risalgono al tempo del Ministro
generale p. Filippo Gesualdi da Castrovillari (1593-1602). “L’impressione di trovarsi
dinanzi a un doppione ha una ragione - aggiunge il professor Costa - e va ricercata nella
Prof. Costa
devotio moderna che non riteneva sufficienti le celebrazioni liturgiche per nutrire la vita spirituale”.
La prima testimonianza ufficiale della “Corda pia” appare nel Caeremonialis Ordo Romanus ad usum
Fratrum Minorum Conventualium del 1631. La cerimonia iniziava con la processione dei frati che, al canto
dell’inno “Corda pia”, si recavano all’altare del crocifisso dove venivano recitate altre preghiere con canti
alle cinque piaghe di Gesù e alle stimmate di san Francesco. Chiudeva il rito la benedizione impartita dal
celebrante con il crocifisso.
Una tradizione ripresa con devozione anche dalla comunità del Seraphicum che, attingendo alla propria storia
e a quanto avviene nella Basilica del Santo ad Assisi, pratica questo particolare pio esercizio i mercoledì di
Quaresima, alternandolo con la Via Crucis.
“L’insegnamento e l’incentivo che scaturiscono dalla meditazione del corpo piagato del Serafico Padre conclude fra Francesco Costa - sono tuttora validi: seguendo la povertà e l’umiltà del Cristo, ripercorrendo
la via dolorosa del Calvario, Francesco ha meritato le stimmate e le piaghe che lo hanno reso visibilmente
alter Christus. Anche il cristiano, in sintonia con il nome che porta, è chiamato a essere alter Christus.
Francesco, uno di noi, è la prova che la trasformazione del cristiano in Cristo non è impresa impossibile”.
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sPECIALE CANONIZZAZIONE
GIOVANNI xxiii E GIOVANNI PAOLO II
Domenica 27 aprile papa Francesco, con la probabile e auspicabile presenza del suo
predecessore Benedetto XVI, proclamerà santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.
Una giornata di grande festa per la fede, con la
canonizzazione di due pontefici della storia più recente
che hanno segnato in maniera profonda la Chiesa dal
punto di vista storico e spirituale.
Il papa del Concilio Vaticano II e quello dell’abbattimento
della cortina di ferro, il “papa buono” e il papa dello
“spalancate le porte a Cristo”, entrambi autori di una
forte apertura al mondo e di un nuovo modo di comunicare
la Parola e la figura del successore di Pietro.
In questi giorni di grande attesa la nostra Facoltà
sta ripercorrendo i passi e i ricordi dei due pontefici,
pensando allo stretto legame con il francescanesimo, con
i suoi testimoni e con la comunità del Seraphicum.
Nello Speciale canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, pensato per
condividere questo grande evento ecclesiale, vi proponiamo due ritratti intensi e inediti di
papa Roncalli e di papa Wojtyla.
Due ritratti a pennellate francescane curati
rispettivamente da fra Felice Fiasconaro, docente di
Mariologia e Padre Guardiano del Seraphicum, e da fra
Zdzislaw Kijas già preside della Facoltà e oggi relatore
alla Congregazione per le cause dei santi.
Prima ancora un ricordo, che in questi giorni si fa
più vivo, relativo alla visita di Giovanni Paolo II alla
nostra Facoltà, il 27 febbraio del 1986, in occasione di
tre importanti commemorazioni: il quinto centenario
della morte di papa Sisto IV, il quarto dell’elezione a
pontefice di Sisto V - entrambi appartenenti all’Ordine
dei frati minori conventuali - e i quattrocento anni della
fondazione del “Romanum S.Bonaventurae Collegium”, detto anche Collegio Sistino,
fondato appunto da papa Sisto V, dando così inizio a una tradizione culturale ininterrotta
che ci porta all’oggi, alla Pontificia Facoltà teologica “San Bonaventura” Seraphicum.
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LA VISITA DI GIOVANNI PAOLO II AL SERAPHICUM
“Con immensa gioia accogliamo nella nostra fraternità il papa, Giovanni Paolo II, giunto fra noi per
commemorare i “nostri” papi, Sisto IV e Sisto V, per salutare i padri capitolari che oggi terminano i
lavori del Capitolo generale straordinario, per visitare la nostra Facoltà e tutta la nostra comunità. Dire
la nostra gioia è impossibile! Solo un grazie al Signore per questa occasione che ci è stata regalata”.
La cronaca della Facoltà, scritta a mano con bella calligrafia e gelosamente conservata negli archivi,
inizia così il racconto di quel giovedì 27 febbraio 1986 quando papa Wojtyla visitò il Seraphicum, accolto
dal ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori conventuali fra Lanfranco Serrini, dal vice preside
fra Giovanni Iammarrone (il preside fra Francesco Saverio Pancheri era improvvisamente scomparso
appena qualche giorno prima), dal rettore del Collegio e guardiano fra Luciano Fanin.
Giovanni Paolo II giunse al Seraphicum nel pomeriggio: dopo essersi soffermato in preghiera nella
cappella “San Bonaventura”, seguì il discorso nell’affollatissimo auditorium, la visita alla biblioteca e
alla mostra documentaria su fra Francesco Antonio Fasani (canonizzato da Karol Wojtyla il 13 aprile di
quell’anno) curata dall’allora bibliotecario fra Bonaventura Danza, il saluto ai padri capitolari e, uno a
uno, a tutti i frati con i quali si intrattenne poi in refettorio per prendere un the.
La visita di Giovanni Paolo II seguiva di dodici anni quella del suo predecessore Paolo VI che visitò
la Facoltà il 24 settembre del 1974, in occasione del
settimo centenario della morte di san Bonaventura.
“Questa eccezionale occasione – disse nel suo
discorso al papa il Ministro generale fra Lanfranco
Serrini - fa riaffiorare il ricordo della visita che vi fece
il suo venerato predecessore Paolo VI. Un riallaccio
ideale che, per noi francescani in particolare, è simbolo
della continuità di amore e obbedienza che ci lega al
vicario di Cristo in terra. San Francesco sentirebbe
la gioia di poter ridire il suo attaccamento profondo
e indiscusso al papa. Noi sentiamo la gioia di essere
Giovanni Paolo II con l’attuale Preside, fra Paoletti
solidali con lui, esprimendo questi sentimenti a nome di
tutta la nostra Fraternità e anche a nome del serafico padre”.
La presenza di Giovanni Paolo II già di per sé rappresentava un omaggio all’impegno dell’Ordine dei
Frati minori conventuali nella coltivazione della tradizione degli Studi generali e nella trasmissione
di un sapere teologico che, partendo da Francesco di Assisi, si è alimentato di grandi menti, da san
Bonaventura in poi, appassionando alle materie teologiche generazioni di religiosi e aprendo le porte
della Facoltà, dagli anni ’70, anche agli studenti laici.
Proprio l’aspetto della formazione fu evidenziato da papa Wojtyla che, nel suo discorso, sottolineò come
“la vostra famiglia religiosa ha voluto costituire in Roma questo istituto per tre finalità fondamentali:
dare agli alunni un’istruzione teologica a livello universitario, introducendoli all’uso delle fonti e del
lavoro scientifico; preparare i docenti degli altri collegi teologici dell’Ordine; conservare e rinnovare
l’illustre tradizione scientifica, che vi è propria.
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Tutto questo nel contesto primario della formazione religiosa, sacerdotale, intellettuale e apostolica degli
alunni; infatti la nuova sede vi era necessaria per l’accresciuto numero degli studenti e per lo sviluppo delle
esigenze moderne dello studio. Io mi compiaccio con voi per questa opera così insigne e funzionale”.
Nel corso dell’incontro con Giovanni Paolo II, alla presenza del cardinale Segretario di Stato Agostino
Casaroli, fu evidenziato l’impegno che ha sempre caratterizzato la Facoltà, ovvero “comprendere sempre
meglio quanto la Chiesa si aspetta oggi da questi centri di studio”, anche in considerazione del fatto che
Seraphicum significa ricchezza interculturale da conoscere e condividere alla luce dei valori universali della
cattolicità e del magistero ecclesiastico.
Una Facoltà che ha formato e che, al contempo, si è alimentata della presenza di grandi testimoni come fra
Massimiliano Kolbe: “a lui guardiamo come a un segno di benedizione del cielo verso questo centro di
studio - aggiunse il ministro generale - ma anche come ad un orientamento coraggioso ed incisivo verso i
traguardi che la sua figura ci suggerisce”.
E proprio fra Kolbe è rappresentato nel quadro a olio - oggi conservato nella Sala Capitolare - che Giovanni
Paolo II donò nel corso della sua visita. Una raffigurazione del martire di Auschwitz che i frati conventuali
polacchi avevano consegnato a papa Montini il 17 ottobre del 1971, in occasione della cerimonia di
beatificazione.
Quindici anni dopo, dunque, la volontà di Giovanni Paolo II di donare quel quadro alla Facoltà dei confratelli
di Kolbe dove era maturata la sua formazione culturale e spirituale.
“I doni devono circolare” disse il papa consegnando quell’opera nel corso dell’incontro in aula magna e
rimarcando come proprio “san Massimiliano ci ha lasciato l’esempio della circolazione dei doni”.
Giovanni Paolo II mentre firma la pergamena ricordo
Il discorso integrale di Giovanni Paolo II: http://www.seraphicum.org/news_facolta.php?id_art=802
L’album fotografico della visita: http://cineforum.seraphicum.net/p/news-facolta.html
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GIOVANNI XXIII E L’AMMIRAZIONE PER SAN FRANCESCO
di fra Felice Fiasconaro*
Quel pomeriggio del 4 ottobre 1962, c’ero anch’io nella basilica inferiore
di san Francesco in Assisi. Ai novizi del Sacro convento avevano riservato
i posti sui banchi di destra, a metà della navata e io mi trovavo al primo
posto dal corridoio. Tutti si respirava l’attesa. C’era un’agitazione come
diffusa nell’aria, ma non influiva sull’ordine ben controllato dagli agenti
di servizio. Le persone su banchi davano l’impressione di essere immobili.
Giovanni XXIII comparve quasi d’improvviso. Ricordo accanto a lui il
nostro Ministro generale, fra Basilio Heiser, e fra Stano.
Avevo la consapevolezza di essere capitato dentro a un grande fatto storico e l’emozione di poterlo
guardare con i miei occhi. Ma non ne conoscevo la portata. Avevo appena 16 anni.
Ricordo che il papa parlò poi di bellezza e di verità, di giustizia e di pace. Parole, queste, a cui si crede
tanto negli anni dell’adolescenza. Altro non ricordo né so concatenare insieme queste parole ricordate.
Mi sembra strano che, oggi, di quel pomeriggio ho dei ricordi come in bianco e nero. Forse per la
penombra che quella basilica ci donava, forse per la gran quantità di
frati e suore presenti o per l’abito elegante dei laici. Certo è che ricordo
tutto in bianco e nero, che non sono i colori di Francesco d’Assisi, né
quelli che mi vivevano dentro.
Il maestro, fra Giacomo Panozzo, ci spiegò, in quei giorni, che il papa,
era venuto ad Assisi, come nella mattinata era andato a Loreto, per
pregare e la Madonna e san Francesco alla vigilia, quasi, dell’apertura
del Concilio Vaticano II.
Anche sul Concilio avevo, allora, l’idea di un grande avvenimento, ma non della sua straordinaria
importanza e significato.
Quello che colpì un po’ tutti noi novizi, fu che il papa fosse venuto ad Assisi per pregare san Francesco
prima del Concilio ecumenico. Si capiva bene che fosse andato a Loreto. Ma ad Assisi? Certo, san
Francesco era patrono d’Italia, ma il papa è papa di tutta la Chiesa e il Concilio era “ecumenico”.
E poi, in Italia, non mancavano sicuramente santuari dedicati a qualche Padre o Dottore della Chiesa!
Il maestro ci spiegò, allora, l’importanza di san Francesco nella spiritualità del papa, perché fin dalla
sua giovane età aveva preso parte al Terz’Ordine francescano, e dello spirito ecumenico del Poverello
d’Assisi.
Da allora il mio riferimento a Giovanni XXIII non fu mai staccato da quello della sua spiritualità
francescana.
Lo stesso Giovanni XXIII ebbe a confessare più volte la sua appartenenza al Terz’ordine francescano.
Più volte e in vari momenti della sua vita, come nell’omelia nel 750° anniversario dell’approvazione
della regola francescana: «Diletti figli! Lasciateci aggiungere una speciale parola del cuore a quanti qui
presenti appartengono all’esercito pacifico dei Terziari laicali di S. Francesco: Ego sum Joseph frater
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vester. Con tenerezza amiamo dirvelo. Lo siamo da quando giovinetto, quattordicenne appena, il 1°
marzo 1896, vi fummo ascritti regolarmente per il ministero del Canonico Luigi Isacchi, nostro padre
spirituale, quale direttore che egli era nel Seminario di Bergamo: ed amiamo benedire il Signore per
questa grazia che ci accordò con felice sincronia coll’atto di iniziarci, giusto quell’anno e in quei mesi,
alla vita ecclesiastica con la Sacra Tonsura» (AAS, LI, 1959, 311-312).
Credo che non si faccia fatica, a questo punto, a riandare con la mente a un altro momento, questa volta,
tra i più importanti della vita di Giovanni XXIII, in cui si professa fratello di tutti.
È la sera del famoso discorso della luna, la sera dell’apertura del Concilio Vaticano II: «Cari figlioli,
sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero: qui tutto il mondo è
rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera, osservatela in alto, a guardare questo
spettacolo […]. La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, diventato Padre per la volontà
di nostro Signore... Ma tutti insieme, paternità e fraternità, e grazia di Dio, tutto, tutto...».
Bene, questo sentirsi fratello, inusitato nel linguaggio di un papa se rivolto ai fedeli, a mio modo di
vedere, non è senza quella sua radice francescana. Come quella sua semplicità e umiltà non è senza
quella sua provenienza familiare e, ancora una volta, francescana.
Tutto questo traspare anche da tanto altro. Traspare dalla sua stessa persona,
dai suoi atteggiamenti, dalla sua parola semplice e calda, e comunque
sempre da quelle sue radici, anche francescane, come si può vedere ancora
da quest’altro passo: «Gli occhi nostri per altro, sino dall’infanzia, furono
familiari alla visione più semplice del conventino regolare dei Frati Minori
di Baccanello, che nella distesa campagna lombarda, dove eravamo nati e
cresciuti, era la prima costruzione tutta religiosa che incontravamo: chiesa,
modesto romitorio, campanile e, intorno intorno, umili fratelli che si spandevano fra i campi e i modesti
casolari per la cerca, diffondendo quell’aria di semplicità tutta ingenua, che rendeva così simpatico san
Francesco e i suoi figli» (AAS, LI, 1959, 312).
Il suo rapporto con i francescani, poi, fu costante e tutte le volte che si trovava a contatto con loro era
felice di poterlo esprimere, come quando si trovò di fronte a un gruppo di Associati del Messaggero di
Sant’Antonio, accompagnato dai Frati minori conventuali: «Quando la Provvidenza ci trasse sulle rive
fiorite del Bosforo, potemmo avere più intima consuetudine di apostolato con i figli del Poverello di
Assisi, e fummo lieti di costatare come essi, col loro buon lavoro e zelo sereno,
abbiano potuto sollevare tratti di profonda simpatia in mezzo alla cristianità e
anche tra fratelli separati e i non cristiani» (F. Mattesini, Lettere inedite di Papa
Giovanni XXIII, in Vita e pensiero, 47/1 (1964) 425.
La semplicità e l’umiltà, quelle vere, non sono sinonimo di fragilità, di debolezza,
ma di forza e di profezia: «Ha guardato l’umiltà della sua serva… Ha rovesciato i
potenti … ha innalzato gli umili». La semplicità e l’umiltà di Francesco d’Assisi
hanno dato un volto nuovo alla Chiesa. La semplicità e l’umiltà di Giovanni XXIII
hanno dato ancora una volta un volto nuovo alla Chiesa, che lungo i secoli aveva
accumulato incrostazioni tali da non renderlo più luminoso. La semplicità e l’umiltà fa i profeti, capaci
di sapere leggere i «segni dei tempi» e di sapere dare ad essi le risposte adeguate.
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Solo dopo tre mesi dall’elezione, Giovanni XXIII annunziava ai cardinali, riuniti nella sala capitolare
del monastero benedettino di san Paolo, la sua intenzione di celebrare un Concilio ecumenico. E ancora
una volta lo fa con semplicità e umiltà: «Venerabili Fratelli e Diletti Figli Nostri! Pronunciamo innanzi
a voi, certo tremando un poco di commozione, ma insieme con umile risolutezza di proposito, il nome e
la proposta della duplice celebrazione: di un Sinodo diocesano per l’Urbe, e di un Concilio ecumenico
per la Chiesa universale» (AAS, LI, 1959, 68).
L’impostazione di quel Concilio risente ancora di quelle virtù che, a mio modo
di vedere, ha assimilato anche dallo spirito francescano e, comunque, denotano
quello spirito. Ha voluto che esso fosse per tutti, accessibile a tutti, comprensibile
a tutti, che - in una parola - fosse un concilio “pastorale” e non “dogmatico”
con un linguaggio più specialistico e difficile. La parola «pastorale», però, non
deve essere interpretata, come ha fatto qualcuno, in maniera riduttiva e distorta,
non voleva dire per il papa che doveva essere qualcosa di pratico, staccato dalla
dottrina, ma che la dottrina doveva essere attinta direttamente dal Vangelo, dalla
Parola di Dio, perché potesse diventare alimento per la vita nello Spirito di ogni cristiano.
Ancora collegate con lo spirito francescano di questo papa trovo alcune delle sue encicliche, in modo
particolare la Mater et magistra, sui cambiamenti sociali contemporanei analizzati alla luce della
dottrina sociale della Chiesa, e la Pacem in terris, sulla necessità della pace tra i popoli fondata sulla
verità, giustizia e amore. Quelle parole che avevo sentito da adolescente ad Assisi le avevo poi sempre
collegate con queste encicliche.
Cosa dire dello spirito ecumenico di questo papa? A mio modo di vedere, è ancora la forza della semplicità
e dell’umiltà che gli conferisce il coraggio del dialogo. Come a Francesco d’Assisi con il Sultano.
Giovanni XXIII fu stimato, per questo, dai capi delle altre Chiese che vedevano in lui un’autentica
apertura al dialogo fraterno. Due mesi dopo la sua morte il Consiglio Ecumenico delle Chiese ebbe a
dichiarare: «C’è motivo di sperare che il nuovo clima renderà possibile l’inizio di un autentico dialogo
ecumenico tra la Chiesa cattolica romana e le altre Chiese».
Giovanni XXIII fu un francescano. Amò san Francesco. Amò i francescani. Lo dichiarava ogni volta che
se ne presentava l’occasione, come in questo caso mentre era patriarca a Venezia: «Amo san Francesco
e i suoi figli dalla mia fanciullezza… Mi piacciono i ricordi del suo passaggio, e le chiese e gli altari
edificati in suo onore; ma mi piacciono soprattutto i suoi figli, umili, bravi, lavoratori, pacifici e lieti,
intesi alle opere della pace e del bene, cooperatori validi della mia ansiosa attività pastorale su queste
rive» (Scritti e discorsi, II, 16).
E se uno è francescano, lo è anche nella sua vita e nelle sue opere.
* Docente di Ecclesiologia e Mariologia, Padre Guardiano del Seraphicum
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LA SANTITÀ IN GIOVANNI PAOLO II
di fra Zdzislaw Józef Kijas*
La santità di Giovanni Paolo II, che verrà proclamata il giorno della
Domenica della Misericordia di quest’anno, è indubbiamente stata
una santità vissuta nel quotidiano e nel servizio. Essa si è manifestata
in gesti e parole che egli ha fatto e che hanno rivelato la profondità
di una vita radicata in Cristo. Contemporaneamente essi sono spesso
stati di un’attualità sorprendente, che ha reso alcuni eventi da lui
voluti e vissuti in prima persona, davvero profetici, cioè indicanti un
futuro da tutti sperato e intimamente voluto, in parte oggi realizzato
ma che, certamente, ancora molto deve rivelarsi.
Anzitutto gli incontri. Per Giovanni Paolo II incontrare le persone era non solo una necessità umana,
spirituale e legata al suo ruolo. Si trattava di qualcosa di sacro e come tale di profondamente significativo.
Possiamo definirlo l’uomo degli incontri e delle relazioni.
Ad Assisi nel 1986 pensò, volle, celebrò il 1° Incontro internazionale dei rappresentanti delle grandi
religioni per la Pace. Esso si rivelò l’inizio di un cammino di incontro e comunione tra tutti gli uomini e
le donne religiose nel mondo, per implorare e lavorare affinché la pace trionfi. Nello stesso anno venne
in visita al Seraphicum.
Fece 250 viaggi apostolici in tutto il mondo, proprio spinto dalla necessità di incontrare i diversi popoli
e annunciare loro, personalmente, il Vangelo di Cristo risorto. Numerosissime anche le visite alle
parrocchie romane, già iniziate dal suo predecessore Paolo VI, ma che egli moltiplicò, nel desiderio che
i cristiani di Roma, la città di cui lui era e si sentiva intimamente vescovo, potessero incontrarlo come
loro pastore e padre.
Questa dimensione del suo servizio pastorale, letta in un mondo come
il nostro dove tutto è correre, fretta e dove prevalgono le comunicazioni
mediatiche anziché quelle di persona, certamente il suo profondo desiderio
di incontrare le persone, di guardarle negli occhi, di dialogare con loro
ci indica un valore che rischiamo di perdere del tutto, impoverendoci
nell’esercizio di una capacità tipicamente umana di infinito valore.
Altra caratteristica della sua santità fu la necessità di vivere Cristo nel mondo
come Salvatore di questo. Egli si è impegnato moltissimo per l’etica, ha
richiamato ad essa nelle sue visite all’ONU, durante i viaggi apostolici, alle
volte anche alzando il tono della sua possente voce. Si è schierato contro
le ideologie che dimenticano la dignità umana o la calpestano, contro lo
sfruttamento dei poveri e li ha voluti incontrare.
Nel 1985 andò in Sardegna e incontrò i minatori di Monteponi (CA) ma spesso, anche all’estero si
fermò con i lavoratori sfruttati. In Sicilia, il 9 maggio del 1993 ricordò ai mafiosi con quella famosa
frase, la verità di Dio: “convertitevi, un giorno verrà il giudizio di Dio”.
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La santità di Giovanni Paolo II era molto attenta a tutte le componenti della vita dell’uomo, compresa
quella dell’arte. Egli amava la Bellezza già da ragazzo e vi riconosceva la presenza di Dio.
Impegnato nella recitazione e lui stesso scrittore di poesie, viveva i diversi aspetti della vita umana
sempre in Cristo.
Fu memorabile la sua famosa Lettera agli artisti del 1999. Conscio che tutto ciò che Dio ha creato fosse
buono intrinsecamente, indirizzò agli artisti una Lettera dove come premessa pose parole significative
del suo punto di vista: “A quanti con appassionata dedizione cercano nuove «epifanie» della bellezza
per farne dono al mondo nella creazione artistica”.
Il suo pontificato però, e la sua testimonianza di vita, furono anche segnate da una dimensione razionale
molto chiara e forte. Il suo invito a ricercare sempre la Verità, con la chiara coscienza che essa fosse
Cristo, ritornava frequente nei suoi discorsi. Egli scrisse ben due encicliche sul tema, visto da due
diversi punti di vista: Veritatis splendor (1993) e Fides et Ratio (1998). Ma non solo. Durante il suo
Pontificato venne pubblicato il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, il nuovo Codice di Diritto
Canonico, venne rinnovata la Congregazione dell’Educazione Cattolica con la Costituzione Sapientia
Christiana (1979). Il tutto ad indicare con chiarezza, un profondo interesse per la verità del messaggio
cristiano, per lo studio e l’insegnamento della Verità, in cui del resto egli stesso si era impegnato a lungo
prima di diventare Papa.
Infine non possiamo dimenticare l’impegno di Giovanni Paolo II per far
conoscere a tutti la natura e il valore della misericordia divina. Avendo conosciuto
da vicino il messaggio di S. Faustina Kowalska sulla misericordia divina, volle
riprendere questa verità cristiana e volle riproporla al popolo di Dio. La sua
prima enciclica: Redemptor Hominis (1979) già introduceva l’argomento,
la successiva Dives in misericordia (1980) lo affrontava direttamente e ne
riproponeva l’attualità in un mondo gravato già allora da molta disperazione.
Nell’aprile del 2000, poi, istituì la Domenica della Misericordia da celebrarsi
in quella che era stata la Domenica in albis e nei cui formulari liturgici già si
invocava la misericordia divina. Egli tornò alla casa del Padre proprio sabato
2 aprile nel 2005, alle 21.37, cioè liturgicamente già nella Domenica della
Misericordia di quell’anno che si celebrava il 3 aprile.
La provvidenza permette oggi che il giorno della sua canonizzazione, insieme
a quella di Giovanni XXIII, cada proprio nella Domenica della Misericordia di quest’anno, il prossimo
27 aprile. Forse una conferma divina della pressante necessità che il nostro tempo ha di aprirsi alla
Misericordia divina e di imparare a donarsela reciprocamente, che Giovanni Paolo II intuì ormai 14 anni
fa, e che è continuamente riproposta da Papa Francesco.
*Relatore della Congregazione delle Cause dei Santi
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in dialogo con i nostri docenti
Anna Maria Calzolaro, pugliese di nascita, è missionaria dell’Immacolata Padre Kolbe con una
formazione teologica maturata prima a Bologna, con il conseguimento del Baccalaureato, e poi a Roma
dove ha ottenuto Licenza e Dottorato al Marianum, rispettivamente
con tesi su “Maria e la donna nel periodo preconciliare” e “Maria e la
donna nel magistero post conciliare”.
Impegnata nella formazione e con la passione per l’ecumenismo,
insegna alla Scuola di teologia di base di Palermo e, dal 2007, è
docente di Mariologia alla Cattedra Kolbiana della Facoltà.
Diverse le pubblicazioni, ultima delle quali “Maria nel pensiero
e nell’esperienza di san Massimiliano Kolbe - Ermeneutica e
attualizzazione” (ed. Miscellanea Francescana, Roma 2013).
Professoressa Calzolaro, a quando risale la sua scelta di vita consacrata come missionaria
dell’Immacolata padre Kolbe e come nasce questa attenzione per l’ecumenismo?
Una scelta che parte da lontano e che si è approfondita nel corso degli anni. Nel 1978 mi trasferii
da Taviano, in Puglia, a Bologna come missionaria dell’Immacolata p. Kolbe, iniziando lì gli studi
teologici che ho poi approfondito a Roma. In questo percorso la passione per la mariologia si è sposata
con l’ecumenismo, tanto da promuovere convegni mariani ma con una apertura a queste tematiche,
favorendo così puntualmente il dialogo con rappresentanti delle altre confessioni e religioni. Una
passione senz’altro alimentata anche dalle numerose missioni nel mondo, con esperienze in Corea,
Bolivia, Argentina, Brasile e nei diversi Paesi europei.
Terreni di azione delle Missionarie dell’Immacolata p. Kolbe, appunto… Come nasce questa
realtà?
Si tratta di un istituto secolare fondato nel 1954 da padre Luigi Faccenda OFM Conv., con l’obiettivo
di essere nel mondo al servizio dell’uomo, ascoltando attentamente
i segni dei tempi e offrendo risposte alla povertà spirituale, morale e
anche materiale di molte persone. Attualmente siamo circa duecento
missionarie, un centinaio operanti in Europa e altrettante in America
Latina.
Tra i suoi numerosi impegni, un posto di rilievo è senz’altro occupato dall’insegnamento, con una
chiave di lettura specifica che salda Maria, Massimiliano Kolbe e l’oggi…
Sicuramente è un ambito di grande interesse in quanto la spiritualità mariana è letta attraverso padre
Kolbe, non fermandoci però a lui ma andando oltre nel tempo, per approdare all’oggi e per cercare di
offrire una fedele interpretazione e attualizzazione dei suoi pensieri. Ovviamente padre Kolbe è un autore
preconciliare, per questo portare il suo pensiero nell’attualità rappresenta una grande, appassionante ma
direi anche inevitabile sfida culturale.
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Quale il percorso per un’attualizzazione del messaggio e della spiritualità kolbiani?
Il metodo è quello di attingere ai tratti principali della mariologia del Concilio Vaticano II e della Marialis
cultus, non ripetendo semplicemente i percorsi spirituali di Kolbe bensì tentando di attualizzarli partendo
proprio dalla sua intuizione in merito alla fede e a Maria. Insomma, partire da
dove è rimasto per recuperare quella ricchezza mariologica postconciliare non
solo in senso stretto ma anche sotto il profilo pastorale. In fin dei conti si tratta
di fare quanto lui stesso si aspettava dalle generazioni successive ed è quanto
ci permette di scongiurare il rischio di relegarlo nell’isolamento di un passato
importante ma cristallizzato, senza ricadute fondamentali nell’oggi.
Quindi con un chiaro filo conduttore tra il passato e l’oggi di padre Kolbe...
È evidente la ricchezza di una testimonianza e di una esperienza di vita con Maria
che ha reso e rende la sua esistenza conforme a quella di Cristo e che ci mostra,
quindi, la pienezza della spiritualità mariana. Quella di Kolbe non era semplice devozione a Maria ma
una esperienza profonda e di comunione.
A proposito di spiritualità mariana, quali sono gli aspetti principali sui quali si è trovata a riflettere
dalla sua formazione a oggi?
Credo che a livello mariologico sia stato compiuto dal Concilio in poi un percorso eccezionale, che ha
dimostrato la vivacità e la solidità di un cammino basato su Cristo e sul Vangelo. Dal punto di vista
popolare e pastorale, invece, ho avuto spesso la percezione di una sorta di scollamento con forme di
devozione che non sono riuscite a recepire quella ricchezza dottrinale. C’è da dire che un buon lavoro è
stato fatto dal Collegamento dei santuari mariani che hanno operato a favore di una maturazione della
sensibilità, facendo sì che mariologia e culto mariano fossero più centrati sugli indispensabili aspetti
cristologici e biblici. Per questo è evidente che una sfida importante consiste anche nell’evangelizzare
la pietà popolare, senza atteggiamenti di supponenza, senza togliere nulla alla spontaneità dell’amore
alla Madonna, ma accompagnando ad una conoscenza e ad una maturazione della fede.
Parlando di mariologia non si può prescindere dal dibattito in corso sulle apparizioni di Medjugorje
che attendono il definitivo pronunciamento della commissione di inchiesta e di studio istituita
dalla Santa Sede. Qual è la sua opinione su questa vicenda?
Si tratta di un fenomeno che sta destando molto interesse, forse più di ogni altra apparizione mariana,
ma che richiede una precisazione di fondo. Ben venga Medjugorje come
qualsiasi altro luogo dove la gente va a pregare e riesce a trovare o riacquistare
la fede. La mia perplessità, semmai, deriva da comportamenti che dimostrano
una sorta di settarismo, che assolutizzano il fenomeno con un “o Medjugorje
o niente”. Al di là del pronunciamento della commissione su questo fenomeno
preciso, credo che in linea di principio tutti siamo chiamati a essere testimoni
in ogni condizione, a partire dalla quotidianità della nostra vita, nella famiglia e nel lavoro, senza
posizioni radicali. Il nostro compito e la nostra sfida è di testimoniare la robustezza e lo spessore di una
vita semplice, capace di comunicare solidità di valori spirituali e umani.
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Papa Francesco sta arrivando al cuore dei fedeli attraverso una grande semplicità che, in qualche
modo, ci riporta a un recupero dell’abc di un catechismo forse da molti dimenticato. Qual è
l’input che ritiene stia dando alla mariologia?
Un momento fondamentale è stato quello del 13 ottobre, anniversario
dell’apparizione della Madonna a Fatima, quando il papa ha affidato il mondo a
Maria. Quello che ho apprezzato, in modo particolare, è la trasparenza di papa
Francesco che con la sua consueta semplicità ha valorizzato la pietà popolare
mariana attraverso una bellissima preghiera che, per l’affetto e il calore, esprime
una ricca relazione con Maria. Nello stesso tempo, proprio il linguaggio usato
in quell’occasione, nella sua sobrietà, esprime una pietà mariana veramente
autentica: ritengo importante, in particolare, che il papa abbia parlato di
“affidamento” e non di “consacrazione” a Maria termine che rischia di creare
confusione sul piano dottrinale.
Per concludere torniamo a parlare della testimonianza di Kolbe e, meglio ancora, della percezione
che se ne ha oggi, a tanti anni di distanza dalla sua morte. Da docente e da missionaria impegnata
nella formazione di molti giovani, cosa insegna l’esperienza umana e spirituale di san Massimiliano?
La testimonianza di vita di Kolbe ha la caratteristica di quella totalitarietà che tanto piace ai giovani. Un
ideale grande, coltivato per tutta la vita, che lo ha condotto a offrire se stesso per ciò in cui ha sempre
creduto fermamente e coerentemente. Quello che più di tutto colpisce è dunque il messaggio che ha
dato ad Auschwitz, un messaggio di grande amore, di autenticità e di servizio alla dignità dell’uomo.
Assieme a questo aspetto, così dirompente, c’è l’apprezzamento per la sua spiccata attenzione ai media.
In un’epoca oggi caratterizzata dal rapido diffondersi dei mezzi di comunicazione, padre Kolbe è
apprezzato dai giovani anche per le sue grandi intuizioni in questo ambito, tanto da saper comprendere e
utilizzare così bene le diverse tipologie di media, in un modo che potremmo definire senz’altro profetico.
Missionarie dell’Immacolata Padre Kolbe:
http://www.kolbemission.org/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1
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l’intervista
COMUNICATORI DI GIOIA E DI VERITÁ:
RIFLESSIONI FRANCESCANE SULL’INFORMAZIONE
Enzo Fortunato, francescano conventuale, è dottore in teologia e laureato in psicologia. È direttore
della Sala stampa del Sacro Convento di Assisi e della rivista San Francesco.
Conduce sulla Rai la rubrica settimanale Tg1 Dialogo.
Il suo libro “Siate amabili” per le edizioni Messaggero, ha ricevuto il premio
giornalistico Biagio Agnes.
Da qualche settimana è in libreria il suo nuovo libro “Vado da Francesco”,
edito da Mondadori.
Fra Enzo Fortunato, in questo numero di San Bonaventura informa dedichiamo uno speciale a Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, due pontefici
che hanno saputo senz’altro comunicare...
Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II hanno comunicato la gioia di vivere il
nostro essere cristiani, il nostro essere francescani.
Pensiamo a Giovanni XXIII che con un’affermazione breve e intensa, dopo
la visita ad Assisi del 1962, ha fatto comprendere la smisurata bellezza di san
Francesco che rappresenta il “ben vivere”, lui ci ha insegnato “come dobbiamo metterci in comunicazione con Dio e con i nostri simili”.
Giovanni Paolo II ci ha fatto comprendere che comunicare significa parlare con Gesù. Pensiamo ad
esempio a una sua frase pronunciata ad Assisi nel 1993, rivolgendosi al padre Custode che vedendolo
sveglio di buon mattino gli ricordò che l’appuntamento era più tardi, Giovanni Paolo II rispose: “Cosa
dico ai convenuti, padre Giulio, se prima non parlo con Lui?”.
Frasi brevi, ma ricche di una carica comunicativa significativa e spirituale.
Quali sono le suggestioni legate alla comunicazione che offre san Francesco di Assisi?
Partiamo da un assunto: una notizia bella, una notizia buona, non può rimanere nascosta.
Ecco perché Francesco d’Assisi ha operato un significativo passaggio sociale portando la predicazione
dalle chiese alle piazze (Cfr. Umbria Terra Francescana). Possiamo affermare che della comunicazione,
come la conosciamo oggi, san Francesco ne è stato un piccolo-grande precursore, la sua fertile parola
ebbe una forza tale da scuotere gli animi e svegliare le coscienze. Con modalità diverse sicuramente,
ma con la stessa perspicacia che spinge oggi le azioni comunicative a migliorarsi sempre di più e a raggiungere tutti indistintamente.
Un altro aspetto lo traggo dai compagni di Francesco che furono
mandati in tutto il mondo a vivere e annunciare il Vangelo. La
ricognizione sui corpi di questi, avvenuta il 20 dicembre 2012
presso la Basilica di San Francesco di Assisi, e il loro esame medico hanno evidenziato un forte stress biomeccanico che testimonia l’impegno e la perseveranza per la diffusione del messaggio
evangelico.
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Pensiamo anche a sant’Antonio, la ricognizione del suo corpo ha fatto emergere che aveva rotule appiattite, segno delle ore trascorse in ginocchio presso l’altare del Dio della vita.
Ed è da queste due ultime considerazioni che traggo una conclusione: per essere e vivere la comunicazione oggi abbiamo bisogno di “stare” davanti al Signore e di “stare” tra la gente, di percorrere la strada
dove possiamo incontrare gli uomini del nostro tempo, non quelli di ieri, né quelli di domani, ma quelli
di oggi.
Quali sono le sicurezze ma anche i rischi che ravvisa nelle forme della comunicazione proprie di
questo tempo?
I rischi sono due, la bulimia di notizie e l’anoressia di contenuti. Bisogna affrontare queste incognite e
far emergere più contenuti che notizie, abbiamo bisogno che la notizia diventi contenuto, come dicevo,
è la strada di Francesco, quella di una comunicazione della verità che nasce da una identità dialogante
che sa lasciare spazio a un ascolto che fa crescere le persone.
Un’ultima domanda legata alla sua fatica editoriale. Il suo libro “Vado da Francesco”, edito da
Mondadori, è nella top dei 10 più venduti sul sito ibs.it, quali sono i motivi di questo successo?
Non saprei. Quando mi hanno comunicato questo dato e la ristampa del volume
dopo nemmeno un mese sono rimasto senza parole e anche un po’ intimorito. Ma
credo che la nostra società desideri cose buone, cose belle, cose vere. E soprattutto
sorgenti di acqua pura.
Francesco d’Assisi rappresenta una di queste sorgenti. Inoltre l’esperienza dell’Assisiate ci dice che se non ci difendiamo, se non attacchiamo, ma facciamo semplicemente accoglienza possiamo intraprendere la strada del dialogo, dell’incontro e
del cammino verso la verità che ci sovrasta e ci attende.
Solo così riusciremo a far emergere la bellezza presente in ognuno di noi, come ho
cercato di farla emergere dal racconto di personaggi come Patti Smith, Gorbaciov, Arafat, Dalla, Don
Benzi e tanti volti sconosciuti.
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master
LA TRASFERTA IN TRENTINO ALTO ADIGE DEL MASTER
IN “ANTROPOLOGIA FILOSOFICA E FORENSE”
Si è svolta a fine marzo a Moena, in Trentino Alto Aldige, una sezione del master universitario in
“Antropologia Filosofica e Forense” - organizzato dal Centro Studi Europa 2010 e dalla Pontificia
Facoltà Teologica “San Bonaventura” - dedicata alla tutela delle persone vulnerabili.
L’iniziativa è stata organizzata nell’ambito delle giornate di formazione professionale per gli operatori
della polizia locale, convenuti da tutto il territorio nazionale, organizzate dall’ANVU (Associazione
Polizia locale d’Italia) nel quadro delle competenze di Polizia di prossimità, che sempre più si ampliano
per tale categoria di operatori della sicurezza.
I temi trattati dal dottor Gianluca Giovannini e dalla professoressa Laura Volpini, entrambi psicologi
forensi e docenti del master, hanno riguardato i nuovi strumenti legislativi
messi in campo sia a livello internazionale che nazionale e che vedono al centro donne e minori, in particolare la prevenzione di azioni a danno di questi
soggetti vulnerabili, così come le modalità di approccio che prevedono anche
l’ausilio di tecniche psicologiche per proteggere le vittime, da parte di quanti, per la loro attività professionale, vengano in contatto con esse.
Altro aspetto, affrontato dalla professoressa Rachele Schettini presidente di
Europa 2010, e particolarmente interessante per la specifiche competenze affidate alle Polizie locali dalla recente legislazione, concerne la scomparsa di
persone, fenomeno sempre più in crescita nel nostro Paese dove, a tutt’oggi,
risultano scomparse 27.000 persone.
Un aspetto solo da qualche anno oggetto di specifiche misure amministrative e legislative per favorire
le ricerche, assicurarne la tempestività e sostenere le famiglie nella traumatica fase della “sospensione”
della vita del loro familiare.
L’incontro di Moena ha consentito ancora una volta, come già avviene durante tutto il percorso formativo del master, di portare al centro dell’interesse la vittima delle azioni antisociali, spesso ignorate, per
generare e diffondere la cultura della vita umana che significa anche attenzione verso i più vulnerabili
e deboli, soprattutto da parte di quanti operano per la sicurezza e la giustizia.
Per info sulle attività di Europa 2010:
sito web: http://www.europa2010.org/
Tel. e fax: 06 97274021
E-mail: [email protected]
[email protected]
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appuntamenti
CONVEGNO “KOLBE OGGI”
La Cattedra Kolbiana propone, sabato 3 maggio, l’annuale appuntamento di riflessione sulla figura di san
Massimiliano, affrontando il tema “Kolbe oggi”.
Il convegno, in programma nella sala Sisto V del Seraphicum, sarà aperto alle
ore 15.15 dal saluto di fra Raffaele Di Muro, direttore della Cattedra Kolbiana,
istituita presso la Facoltà.
Alle 15.30, “La Mariologia del Concilio Vaticano II” con l’introduzione di
monsignor Luis Francisco Ladaria, segretario della Congregazione per la
Dottrina della Fede.
Seguirà, alle ore 16.30, “La Mariologia di San Massimiliano Kolbe: come
leggerla alla luce del Vaticano II e del Magistero post-conciliare?” con la relazione del professor Alfonso
Langella, mariologo della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale.
Dopo la pausa caffè, i lavori riprenderanno alle 18.00 con la relazione di fra Felice Fiasconaro, docente
di Ecclesiologia e Mariologia al San Bonaventura, sul tema “Il linguaggio teologico di Kolbe: elementi
fondamentali e prospettive di attualizzazione nella Chiesa di oggi”.
Alle 19.00 le conclusioni affidate a fra Domenico Paoletti, preside della Facoltà.
Il convegno sarà moderato dalla professoressa Anna Maria Calzolaro, docente della Cattedra Kolbiana.
PRESENTAZIONE LIBRO
Sarà presentato sabato 10 maggio, alle ore 17.30 nella sala Sisto V della Facoltà, il libro
“La povertà francescana e il capitalismo medioevale negli scritti di Pietro di Giovanni
Olivi” di Maria Caterina Jacobelli. Interverranno il professor Piero Bini, ordinario di
Storia del pensiero economico all’Università RomaTre e il professor Oreste Bazzichi,
docente alla nostra Facoltà. A moderare l’incontro il professor Roberto Tamanti, docente
del Seraphicum. Il libro è edito dalla Editrice Miscellanea Francescana (Roma, 2014)
NUOVE PUBBLICAZIONI
LITURGIA
“Il Mistero di Cristo nel tempo e nello spazio. La celebrazione liturgica” (Urbaniana University Press,
Roma 2014) è il nuovo libro del professor Pietro Angelo Muroni, docente di Liturgia.
Il volume analizza la celebrazione liturgica nelle sue varie dimensioni e componenti, in
particolar modo nel suo rapporto inscindibile con il tempo e con lo spazio.
Dopo aver chiarito l’aspetto della celebrazione liturgica e l’identità del popolo di Dio
come soggetto celebrante, il volume si sofferma sul concetto cristiano del tempo e del suo
profondo rapporto con la liturgia.
Ma la liturgia è anche “spazio” e per questo acquista ampio risalto la chiesa come luogo
della celebrazione, soffermandosi sulla funzione mistagogica dell’edificio di culto e sul
significato dei vari spazi liturgici, quali l’altare, l’ambone, la sede e il fonte battesimale.
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MORALE
È uscita in queste settimane la seconda edizione, integrata, del “Corso di morale fondamentale”
(Cittadella Editrice, 2014) del professor Roberto Tamanti, docente di Teologia
morale e Bioetica.
La pubblicazione, che offre una riflessione critica sui fondamenti dell’etica
cristiana, si colloca dentro la tradizione teologico-morale degli ultimi secoli,
cercando di accogliere l’invito al rinnovamento chiesto dal Concilio. Il libro ha
come riferimento particolare l’enciclica Veritatis splendor, dalla quale deriva la sua
struttura centrale, avendo come temi architettonici quelli che costituiscono il nucleo
della proposta dell’enciclica: la legge, la coscienza, l’opzione fondamentale, l’atto
umano, il peccato. Tutto ciò è preceduto da uno studio del messaggio morale biblico
e della storia della teologia morale. Frutto dell’esperienza di insegnamento del prof.
Tamanti, l’opera conserva una struttura schematica e uno svolgimento semplice e lineare, con l’ausilio
di esempi e applicazioni.
FILOSOFIA E FRANCESCANESIMO
Nuova pubblicazione per il professor Orlando Todisco, docente di Filosofia: è appena uscito il libro
“Nella libertà la verità - Lettura francescana della filosofia occidentale” (Edizioni
Messaggero Padova, 2014). In questo libro la “scuola francescana” è assunta come
guida storiografica dell’avventura occidentale del pensare filosofico. Nell’infinito
la libertà assume il volto della necessità, nel finito i tratti della contingenza. Il reale
non esiste perché è razionale che esista, quasi che ne abbia il diritto. Il reale è perché
voluto e dunque è originariamente un dono. La gratuità scioglie le identità forti e
proietta oltre le false alternative e le polarità immobili (I parte). Reinterpretata alla
luce di tale assunto teoretico, la storia della filosofia risulta piuttosto ispirata alla
concezione dell’essere come “diritto-a-essere” (II parte). Questa linea storiografica
per un verso aiuta a mettere in luce il nucleo fondamentale del pensare occidentale,
per l’altro sollecita un nuovo stile di pensiero, secondo il quale la verità è la forma che la libertà in
esercizio assume nel tempo (III parte).
IL VANGELO DOPO LA DOMENICA
Ogni lunedì la pagina Facebook della Facoltà ospita la rubrica di
approfondimento della Parola, curata da fra Anh Nhue Nguyen.
“Il Vangelo dopo la domenica” propone le riflessioni sul Vangelo
della domenica appena trascorsa, per una condivisione dei pensieri
suscitati da quella lettura e per illuminare il cammino della nuova
settimana con una luce evangelica. Nella sezione “Note” della
La pagina Fecebook della Facoltà
pagina, sono raccolti gli interventi delle settimane precedenti, così
da poter leggere e meditare sulle sollecitazioni di questo periodo quaresimale.
Pagina Facebook: https://www.facebook.com/PontificiaFacoltaTeologicaSanBonaventuraSeraphicum
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UNA RILETTURA DI FELLINI
“Ricordando Fellini - Nulla si sa, tutto si immagina” è il tema della rilettura critica della filmografia
di Federico Fellini, che il professor Italo Spada, docente di Scienza della comunicazione
audiovisiva alla nostra Facoltà, critico cinematografico e capo ufficio studi del Comitato per la
Cinematografia dei ragazzi, terrà giovedì 10 aprile alle ore 19 presso la multisala Margherita di
Acireale (CT).
CAFFÈ, BIBBIA E PENSIERO
Si terrà sabato 12 aprile alle ore 16.30, in via Vincenzo di Marco 29 a Palermo, il nuovo incontro
della rassegna “Caffè Bibbia e Pensiero” organizzato dalle Missionarie dell’Immacolata
Padre Kolbe. La professoressa Annamaria Calzolaro, docente di Mariologia alla Cattedra
Kolbiana, terrà un incontro sul tema della morte, muovendo da due approcci: “Nulla è per
noi la morte” dall’Epistola a Meneceo di Epicuro e “Padre, nelle tue mani consegno il mio
spirito” dal Vangelo di Luca 23,46. Gli incontri sono tenuti in collaborazione con la dott.ssa Denise Adversi.
SCUOLA FRANCESCANA DI PARIGI
“Dal possibile all’impossibile” è il tema della relazione che il professor Orlando Todisco, filosofo
e docente emerito della Facoltà, terrà il 25 aprile a Parigi nell’ambito del seminario “Una teologia
francescana per l’oggi”, organizzato dalla Scuola francescana di Parigi. L’iniziativa vede la
partecipazione di relatori di grandi Università che, a cadenza mensile da ottobre scorso sino a maggio
prossimo, intervengono su temi “classici” quali l’Immacolata, San Bonaventura, Duns Scoto, ma
anche in una prospettiva finalizzata a comprendere e incidere sull’attualità come l’evangelizzazione
attraverso il pensiero francescano e l’elaborazione di una teologia a partire dalle parole dei poveri.
FORMAZIONE LITURGICA
Fra Francesco Scialpi, docente di Liturgia, terrà una giornata di formazione liturgica - mercoledì 30
aprile - per i frati del convento di Sant’Antonio di Pescara. Tema dell’iniziativa di formazione è “Il
dono di nozze di Cristo sposo alla sua Chiesa sposa. Iniziazione alla Celebrazione Eucaristica”.
FORMAZIONE ALLE CLARISSE
“Il combattimento spirituale” è il tema delle lezioni di formazione che il professor Guglielmo Spirito,
docente di Spiritualità francescana, terrà dal 30 aprile al 2 maggio, alle Clarisse del monastero del Buon
Gesù di Orvieto.
CONVEGNO SU TOLKIEN
“Melian’s Girdle: Boundaries and Hidden Thresholds in Arda” è la relazione che il professor
Guglielmo Spirito terrà al convegno “Natur und Landschaft in Tolkiens Werk / Nature and
Landscape in Tolkien’s Work - DTG Tolkien Konferenz”, in programma dal 9 all’11 maggio
all’Università di Jena in Germania.
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CINEFORUM SERAPHICUM
Volge al termine la programmazione del Cineforum per la stagione 2013-2014 che propone nel
Cartellone Week end
venerdì 11 e sabato 12 aprile: “Su Re” - regia di Giovanni Columbu
Orario proiezioni: il venerdì alle ore 21 e il sabato alle ore 16 con dibattito alla
presenza del regista.
Cartellone Cineformiamoci
Il cinema per i giovanissimi dà appuntamento a mercoledì 30 aprile, alle ore 16.45,
con il film “Kung fu panda”, film d’animazione che racconta le vicende di un
imbranato panda gigante intento a imparare le arti marziali.
I dettagli sull’attività del Cineforum Seraphicum, schede dei film e trailer sono disponibili sul blog:
http://cineforum.seraphicum.net/
MOSTRA CINEFORUM
I cinquant’anni del Cineforum Seraphicum, il più longevo cineforum di Roma ancora attivo, sono
raccontati nella mostra “Tracce di un cammino. La storia del
Cineforum in un’esposizione”. In mostra le testimonianze
sull’impegno dei Frati Minori Conventuali per far conoscere,
comprendere e confrontarsi sull’attualità, anche attraverso il
racconto che ne viene fatto dalle pellicole cinematografiche.
In esposizione, oltre a un proiettore dei primi del ‘900, quello
utilizzato dal fondatore fra Faustino Ossanna e dal quale sono
passate le pellicole di Pier Paolo Pasolini e di Roberto Rossellini,
primi ospiti con i loro film e ai dibattiti del Cineforum, le vecchie
“pizze” di latta contenenti le pellicole, i libretti annuali riprodotti
a grande scala e le locandine dei vecchi film proiettati.
Nella foto il direttore del Cineforum, fra Emanuele Rimoli, durante il servizio della troupe di Rai Uno con il giornalista
Roberto Olla
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francescanamente parlando
FESTA DI SAN BONAVENTURA
Il cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore presso il Tribunale della Penitenzieria Apostolica
della Santa Sede, e il professor Maurizio Malaguti, docente di Filosofia teoretica
all’Università di Bologna, sono stati gli ospiti della festa della Facoltà del 15
marzo, dedicata a san Bonaventura. Dopo la celebrazione eucaristica, presieduta
dal cardinale Piacenza, il momento accademico con il saluto del Preside fra
Domenico Paoletti e la Lectio del prof. Malaguti su “Audientes faciemus. L’operosa
contemplazione nella sequela del Christus medius: la via di San Bonaventura”.
A breve uscirà una pubblicazione della Facoltà nella quale saranno riproposti gli
interventi di questi anni sulla questione del metodo in teologia.
Omelia del cardinale Piacenza: http://www.seraphicum.org/news_facolta.php?id_art=801
NUOVO DOTTORE IN CRISTOLOGIA
“Il mistero del Figlio nei suoi misteri. Un confronto con la cristologia italiana” è il tema della tesi dottorale
difesa da fra Enzo Galli e per la quale ha ottenuto la votazione “summa cum laude”.
La tesi, che sarà integralmente pubblicata, è strutturata in due parti: nella prima è
effettuata una ricognizione generale della cristologia italiana contemporanea, nella
seconda è presentata un’analisi dei principali misteri della vita di Gesù Cristo, a
partire dai testi della Sacra Scrittura, riletti dal punto prospettico della figliolanza
divina di Gesù Cristo.
SEMINARIO SULLA VITA DI COMUNIONE FRATERNA
“La vita di comunione fraterna” è il tema del seminario di studio promosso dalla Pontificia Facoltà teologica
“San Bonaventura” in collaborazione con il Comitato esecutivo per la
revisione delle Costituzioni dell’Ordine dei Frati minori conventuali,
svoltosi il 4 e 5 aprile.
L’obiettivo dell’iniziativa, alla quale ha partecipato anche il ministro
generale fra Marco Tasca, è stato di offrire un approfondimento
accademico e una lettura critica sull’importanza della vita di
comunione fraterna nelle Costituzioni.
Il ministro generale fra Tasca con fra Di Muro
LEZIONE DI MONS. PIERO MARINI
“La Costituzione Sacrosanctum Concilium - Il primato della Liturgia nella vita della Chiesa” è il tema della
lezione tenuta, lo scorso 21 marzo, da monsignor Piero Marini, nell’ambito
del corso di Liturgia della Facoltà. Monsignor Marini era stato invitato dal
professor Francesco Scialpi, docente di Liturgia, proprio per offrire il suo
importante contributo agli studenti che seguono il corso.
Monsignor Piero Marini è stato per venti anni Maestro delle celebrazioni
liturgiche pontificie, prima di Giovanni Paolo II e quindi di Benedetto XVI.
Estratto della lezione: http://www.seraphicum.org/news_facolta.php?id_art=782
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BUONA PASQUA!
Certi che ciò che abbiamo di più caro come cristiani è Cristo stesso, morto e risorto,
insieme con la novità di vita che sgorga da Lui,
il Preside, i docenti, gli studenti e tutto il personale della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura”
dei Frati minori conventuali di Roma
porgono gli auguri più fervidi di una Santa Pasqua di Risurrezione
(Nella foto: “Donne al sepolcro” di Beato Angelico)
IN PAROLE FRANCESCANE
«La fragilità della condizione umana, che aveva in comune con noi, non trattenne (il padre nostro Francesco)
nell’osservanza dei precetti comuni; ma, trascinato da un amore intenso, volle camminare la via della perfezione
e raggiunse la vetta della più sublime santità e contemplò il termine di tutta la perfezione (Sal 118,96).
Perciò ogni persona, di qualsiasi condizione, sesso ed età, può trovare in lui limpide direttive di sana dottrina e
splendidi esempi di opere virtuose.
Chi vuole, dunque, metter mano a cose grandi e conquistare i doni più alti della via della perfezione, guardi nello
specchio della sua vita e imparerà ogni perfezione.
Chi invece preferisse un cammino meno arduo e esercizi più modesti, temendo di non farcela a scalare la cima
del monte, guardi ancora a lui: vi troverà gli insegnamenti adatti anche a questo grado di vita spirituale.
Chi infine va alla ricerca di rivelazioni prodigiose e di miracoli, badi alla santità di Francesco e sarà accontentato».
(Vita Prima di Tommaso da Celano, parte II, cap. I, 90: FF 477)
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