Prima infezione da virus in Iberis semperflorens

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Transcript Prima infezione da virus in Iberis semperflorens

Patologia
Maria Grazia Bellardi1, Lisa Cavicchi1,
Giorgio Bozzano2, Anna Crotti2,
Mario Mattone2, Giuseppe Parrella3
Prima infezione
da virus in Iberis
semperflorens
Il virus individuato è TSWV, che continua a diffondersi in Liguria
Chi desidera arricchire il proprio balcone nel
periodo autunnale ed invernale con candidi
fiori bianchi, anche profumati, può ricorrere ad un grazioso arbusto sempreverde, assai
rustico: Iberis semperflorens L. (sinonimo I.
florida Salisb., volgarmente noto come iberide
florida), appartenente alla famiglia delle Brassicaceae. Il nome del genere deriva dalla penisola iberica dove questa pianta è molto diffusa
allo stato spontaneo; anche in Italia la si incontra facilmente in Sicilia, Campania, Abruzzo,
Molise e Veneto, soprattutto nei luoghi rupestri, ove forma dei cuscini rotondi, alti fino a
30/40 cm, costituiti da foglie verdi, spatolate e
carnose, che circondano ampi mazzetti di candidi fiorellini a quattro petali (Figura 1).
In commercio, esistono varietà di I. semperflorens o di altre specie di colore non solo bianco,
ma anche giallo, rosa, lilla, violetto, ecc. (Figure 1,2); le si commercializzano in vaso e sono
molto richieste per l’allestimento di aiuole (Figura 3), per la creazione di giardini rocciosi
Fig. 1 - Iberis
semperflorens
è una deliziosa pianta
ornamentale
caratterizzata
da candide
fioriture. Allo
stato spontaneo cresce
in Sicilia,
Campania,
Abruzzo,
Molise e Veneto
ed anche come tappezzanti (ground cover). Si
tratta di specie generalmente robuste; temono
solo le eccessive annaffiature con conseguente
ristagno idrico, causa di marciumi alle radice
ed al colletto.
Nella zona di Albenga (Savona) I. semperflorens di colore bianco ha una certa importanza,
in quanto fiorisce nel periodo invernale (dicembre – febbraio), occupando un segmento
di mercato che, in questo periodo, è carente
di specie fiorite. L’abbondante fioritura nei
mesi invernali ricorda la neve, da cui il nome
volgare di “nevina” con cui questa specie è an-
1
Dipartimento di Scienze Agrarie (DipSA) - Patologia Vegetale, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna; [email protected]
2
Società Cooperativa L’Ortofrutticola, Albenga
(SV); [email protected]
3
Istituto per la Protezione delle Piante del CNR,
Portici, Napoli; [email protected]
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Sopra fig. 2 - In commercio, esistono varietà di I. semperflorens o di altre specie di colore non solo bianco, ma anche giallo, rosa, lilla, violetto, ecc., molto richieste per la creazione di
bordure e giardini rocciosi. Sotto fig. 3 - Le “Iberis” si prestano
all’allestimento di bordure, aiuole e giardini rocciosi
che conosciuta. La produzione ad Albenga è
di circa 250.000 vasi del diametro di 14 cm, e
circa 30.000 vasi di 18 cm. La specie I. semperflorens coltivata in zona è una selezione locale.
In genere, si riproduce per seme prelevato da
piante-madri coltivate in aiuole o vasoni nella
stessa azienda di produzione. Questa tecnica di
riproduzione è la più semplice ed economica,
anche se alcune aziende effettuano la propagazione tramite talea. La semina si effettua da
febbraio fino ad aprile in contenitori alveolati
da 104 fori o in Geopot, ponendo 5-7 semi per
alveolo; i contenitori sono posti poi a germinare in ambiente protetto. Il trapianto si esegue
ad aprile-maggio in vaso “del 14”, mettendo
un alveolo per vaso, ed in vaso “del 18” mettendo 2 alveoli per vaso. La coltivazione è effettuata in pieno campo; la pianta viene spuntata
almeno una volta per migliorare la formazione
di getti ascellari e conferire un aspetto più rotondeggiante (Figura 4).
semperflorens; in Letteratura vengono invece
riportati casi, neanche troppo recenti (quasi
tutti risalgono agli anni ’50 e ’60) e nessuno in
Italia, relativi a: virus del mosaico del cetriolo
(CMV) in I. amara, I. saxatilis e I. umbellata; virus dell’avvizzimento della fava (BBWV)
in I. amara e I. umbellata; virus del mosaico
dell’erba medica (AMV) e virus del mosaico della rapa (TuMV) in I. umbellata; virus
della maculatura anulare nera del pomodoro
(TBRV) in I. gibraltarica, I. jordanii, I. pruitiii
e I. sempervirens; virus della maculatura anulare del lampone (RRSV) in I. saxatilis.
Quello di seguito illustrato costituisce quindi il
primo caso di una malattia ad eziologia virale
su I. semperflorens e, di conseguenza, questa
specie deve essere considerata un nuovo ospite
naturale del virus dell’avvizzimento maculato
del pomodoro (TSWV).
Le Virosi
Dal punto di vista virologico, non si hanno segnalazioni di infezioni naturali sulla specie I.
La malattia
Nell’estate del 2013, alcune piante in vaso coltivate in un’azienda di Albenga (Savona) presen-
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tavano sintomi sulle foglie di
varia intensità. In alcuni casi,
si trattava di macchie ampie
(spots) prima clorotiche e poi
necrotiche; in altri, di vere e
proprie anulature concentriche clorotiche e/o necrotiche,
biancastre, con alone giallastro, spesso localizzate lungo
i margini (Figure 5,6). La malattia interessava circa il 5-6%
della produzione totale. Nella
stessa azienda, e nelle aziende limitrofe, erano coltivate
margherite, agatee e dimorfoteche, tutte specie suscettibili
all’infezione da tospovirus.
Fig. 4 - Coltivazione in vaso di I. semperflorens ad Albenga
Dalla diagnosi visiva è apparsmesso meccanicamente su piante di saggio,
so evidente che poteva trattarsi di un caso da
fra cui alcune leguminose come Vigna sinensis
Tospovirus, per cui le indagini sono state indi(“spots” rossastri sulle foglie inoculate) e Vicia
rizzate all’individuazione di TSWV e di INSV
faba (“spots” bruno-necrotici locali ed avvizzi(virus della maculatura necrotica dell’impamento) (Figura 7).
tiens), entrambi presenti in Italia e, negli ultimi anni, individuati (soprattutto TSWV) in
Considerazioni
molte specie aromatiche, orticole ed ornamenQuesto caso, a poca distanza da altri recentetali della Piana di Albenga, come dimostrano i
mente individuati sempre nella Piana di Alritrovamenti su Arctotis x hybrida, ciclamino,
benga (poc’anzi elencati) deve mettere ancora
calla bianca, lupino ornamentale, Isotoma axildi più in allerta i produttori liguri di specie orlaris, ecc., tutti descritti ed illustrati in diversi
namentali, aromatiche e orticole.
fascicoli di Clamer informa. Alcune piante
La tipologia dei sintomi, soprattutto le anulasintomatiche, ed altre asintomatiche (controllo) sono state inviate presso il Plesso Serricolo
Fig. 5 - Esemplare in vaso di I. semperflorens
Scarabelli (Imola) ed i laboratori di virologia
sulle cui foglie sono visibili i sintomi tipici dell’infezione da Tospovirus
dell’Università di Bologna; altre, presso il CNR
di Portici (Napoli) per le analisi del caso. Per
la diagnosi, sono state applicate tecniche biologiche (saggi su specie indicatrici), tecniche
immunoenzimatiche (DAS- e PAS-ELISA)
e di biologia molecolare (RT-PCR). Avendo avuto esito positivo in PAS e DAS-ELISA
con il siero policlonale anti-TSWV (nelle sole
piante sintomatiche), sono state eseguite ulteriori analisi in RT-PCR, che hanno confermato la diagnosi e consentito di verificare identità
nucleotidica del 99,5% dell’isolato TSWV-I.
semperflorens con altri isolati dello stesso tospovirus, anch’essi italiani. Il virus è stato traClamer informa 03/2014
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Fig. 6 - Particolare dei sintomi
indotti da TSWV sulle foglie: si
notano anelli clorotici, a volte
necrotici e concentrici, oppure
degli “spots” anch’essi necrotici,
con alone biancastro
mentale importanza una diagnosi tempestiva al fine di eliminare quanto prima le fonti di
virus dall’interno dell’impianto
produttivo. Occorre inoltre
verificare l’eventuale presenza
dei focolai di Tospovirus nelle
immediate vicinanze, sia che
si tratti di altre specie in produzione (ornamentali, aromatiche ed orticole), sia di piante
spontanee, purtroppo sempre
presenti nelle aziende. Qualche monitoraggio
in più, eseguito con l’assistenza dei tecnici ormai esperti di questo tipo di virosi, costituisce
un valido strumento di difesa e prevenzione.
Infatti, i tripidi che hanno provveduto all’infezione delle piante di I. semperflorens si sono
“caricati” del virus (allo stadio larvale) da una
qualche fonte presente nell’ambiente circostante, fonte che andrebbe individuata.
Essendo poi I. semperflorens una pianta che
cresce allo stato spontaneo, soprattutto al Sud
ed in Sicilia, non è da escludere che, in futuro,
possa essa stessa costituire una pericolosa fonte naturale di TSWV nell’ambiente, così come
accade già per altre specie spontanee. Nell’epidemiologia di TSWV, le piante infestanti o
appartenenti alla flora spontanea possono rivestire un ruolo importante per la capacità di
fungere da serbatoio di virus soprattutto nei
mesi invernali, durante i quali i tripidi non
sono particolarmente attivi (da alcuni esperimenti è risultato che ben il 75% di Stellaria media e Sonchus annuus mantiene l’infezione di
TSWV durante l’inverno). Trattandosi di una
pianta sempreverde, anche I. semperflorens potrebbe quindi conservare il virus nell’ambiente
da un anno all’altro, ruolo già rivestito in Italia
da altre brassicaee spontanee fra cui Diplotaxis
erucoides: evento senza dubbio da scongiurare.
Fig. 7 - I tipici “spots” necrotici su foglie di fava
indotti da TSWV
ture concentriche sulle foglie, costituisce un
“segno distintivo” associato con molta probabilità, sebbene non assoluta, della presenza di
un tospovirus. Ovviamente, solo le indagini di
laboratorio, sierologiche e/o di biologia molecolare, possono poi confermare ed indicare
con esattezza la specie virale: se TSWV e/o
INSV (non si escludono infezioni miste).
Ma, indipendentemente dal tospovirus coinvolto, la diagnosi visiva è utile per insospettire
lo stesso produttore ed indurlo ad eliminare
tempestivamente gli esemplari sintomatici
nell’attesa di avere la conferma dai laboratori
di analisi.
Si ribadisce ancora una volta, che è di fonda-
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