Paolo B. Pascolo, Caterina A. Rossi, Andrea Bucci

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Transcript Paolo B. Pascolo, Caterina A. Rossi, Andrea Bucci

BRAINFACTOR - TESTATA REGISTRATA AL TRIBUNALE DI MILANO N. 538 18/9/2008 - ISSN 2035-7109 – EDIZIONE 20/5/2014
L’attività della corteccia motoria durante la visione di opere d’arte e il neuronal
Comparative Mnestic System (CMS)
1,2
1
1
1
Paolo B. Pascolo , Caterina A. Rossi , Andrea Bucci , Andrea Chinese
1
Laboratorio di Bioingegneria industriale, Università degli studi di Udine, Udine, Italia
2
Dipartimento di Bioingegneria, CISM (International Centre for Mechanical Sciences), Udine, Italia
ABSTRACT
Questo studio nasce da una serie di considerazioni riguardanti l’articolo di Umiltà M. A., Berchio C., Sestito M., Freedberg D.,
Gallese V., 2012 “Abstract art and cortical motor activation: an EEG study” (Frontiers in human neuro science) che poneva in
evidenza l’attività della corteccia motoria durante la fruizione di opere d’arte. In detto lavoro si sottolineava l’importanza del
ruolo dell’empatia che nascerebbe nell’interpretazione dell’arte astratta, come effetto di un “riconoscimento” del gesto artistico
dell’autore. Ciò con riferimento ai tagli di Fontana e non rispetto a disegni simili ma prodotti con il Computer Aided Design
(CAD). L’articolo aveva come obiettivo la dimostrazione di un interessamento del Mirror Neuron System (MNS) nella
comprensione del gesto artistico. Pur riconoscendo la validità dell’approccio, appaiono evidenti alcune incongruenze legate alla
scelta del campione dei soggetti chiamati a valutare l’atto artistico stesso. In sostanza nell’articolo di M. A. Umiltà et al., 2012,
il campione era limitato a pochi soggetti (7 maschi, 7 femmine) non selezionati sulla base delle esperienze artistico-pratiche
pregresse; esperienze che invece dovrebbero risultare dominanti nell’ipotetico processo di attivazione del MNS (Gallese, 2007).
Questa semplificazione nella selezione del campione, ha comportato per M. A. Umiltà et al., 2012 la necessità di una successiva
suddivisione in ulteriori sottoinsiemi. Nel presente lavoro sono stati, invece, coinvolti 100 coetanei (equamente divisi fra maschi
e femmine, età media 18,03) e un campione di 14 soggetti indifferenziati con età media 28,3. I 100 soggetti sono stati sezionati in
base alle esperienze e competenze acquisite per via scolare (congegnatori meccanici, studenti d’arte, geometri, studenti d’istituto
professionale). Il protocollo sperimentale utilizzato in questo lavoro è stato arricchito con ulteriori immagini rispetto a quelle
utilizzate da M. A.Umiltà et al. 2012. Per realizzare il presente contributo ci si è concentrati sulla seconda parte delle
sperimentazioni del team di Parma, ovvero sull’indagine mediante questionario, per il semplice motivo che, proprio nello studio
di M. A. Umiltà et al., 2012, i risultati ottenuti mediante EEG, risultavano congruenti a quelli ottenuti con un questionario e
irrobustivano le loro argomentazioni. Operando solamente con il questionario, è stato perciò possibile allargare
significativamente il campione (128 soggetti anziché 14). I risultati del presente studio, suggeriscono conclusioni diverse rispetto
a quelle riportate nell’articolo di M. A. Umiltà et al.,2012; in particolare, è emerso come l’interpretazione, anche del semplice
quadro di Fontana, produca una varietà di risposte che non possono essere ridotte all’ipotetica simulazione gestuale
dell’embodied simulation. Se a ciò si uniscono le osservazioni che il nostro gruppo di lavoro ha posto alla comunità scientifica nel
corso degli ultimi anni a partire dal 2008, riguardanti la consistenza del modello del MNS, ne viene che esso può essere visto
come un sottoinsieme di un modello funzionale più complesso che possiamo definire come Neuronal Comparative Mnestic System
(CMS), i cui tratti sono delineati nel contesto del presente lavoro.
Parole-chiave: corteccia motoria, neuroestetica, embodied simulation, CMS
INTRODUZIONE
Negli anni ’90, un gruppo di neuroscienziati dell’Università
di Parma diretto da Giacomo Rizzolatti ritenne di avere
individuato una speciale classe di neuroni, che furono detti
“neuroni specchio”. Le misure interessarono l’area
premotoria F5 del cervello di scimmie ove si rilevò
l’attivazione di alcuni neuroni non solo quando venivano
eseguite azioni finalizzate (es. grasp to eat) ma anche
quando tali azioni venivano eseguite da un altro individuo,
ossia venivano osservate dalla scimmia (Rizzolatti et al.,
1996; Gallese et al., 1996; Gallese, 2000, 2001; Gallese et al.,
2002; Rizzolatti, Fogassi and Gallese, 2000, 2001). Molto si
potrebbe dire riguardo all’uso del termine di osservazione
(passiva, attiva o preparazione all’azione?) usato dagli
scienziati citati, ma per questo si rimanda alla bibliografia
(Pascolo P. B., Budai R.,2008; Pascolo P. B., Budai R.,
2010; Pascolo P. B. et al., 2009; Pascolo P. B. et al., 2010,
Pascolo P. B. et al.,2011, Pascolo P. B. et al.,2012).
Gallese et al., 2006, utilizzando il sistema dei neuroni
specchio, la cui esistenza non è stata dimostrata, vogliono
spiegare altri fenomeni quali l’empatia, l’identificazione, la
comprensione delle intenzioni e, dato che il sistema dei
neuroni specchio è incardinato nel sistema senso-motorio,
tali spiegazioni si imperniano in una sorta di simulazioni, in
proprio, dello stato corporeo relativo al soggetto osservato.
Si ritiene che questa visione, come meglio verrà chiarito e
mostrato nel proseguo, sia di fatto troppo riduttiva per
spiegare i fenomeni sopra elencati.
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Basti solo pensare come il termine “empatia”, usato nei
lavori di Gallese, venga di fatto confinato nell’alveo
della biomeccanica (intesa come sfera motoria); invece esso
abbraccia confini ben più ampi. Va rimarcato che prima di
tutto empatia è una definizione di carattere concettuale e
non un riferimento strettamente biomeccanico, entro il
quale ovviamente non trovano posto antipatia, cattiveria,
disponibilità, ecc.
L’empatia quindi interseca aspetti biologici, si deve perciò
soppesare vari ambiti: la componente bioelettrica
(nell’accezione sinaptica), quella ormonale (es. oxitocina,
..), quella genetica, ecc. . Sono tutti aspetti che si rivelano
fondamentali nello sviluppo di relazioni; non vanno
neppure trascurati, in questo contesto e nella definizione di
empatia, i fattori culturali, quelli ambientali.
Senza entrare in dettaglio si consideri a titolo di esempio la
sinestesia ove un’esperienza sensoriale (tattile, visiva, ecc.)
può coniugare contemporaneamente sensi differenti e in
diverse modalità.
E’ un paragone applicabile anche durante la fruizione di
opere d’arte, arte che si carica di significato se nella mente
avviene un qualunque collegamento sinaptico verso la
raffigurazione che può attivare, mediante lo stimolo visivo,
le registrazioni pregresse (Damasio, 1992). I quadri di
Francisco Goya (1746-1828), per esempio, che descrivono
scenari anche macabri, non possono però suscitare le
medesime reazioni in individui diversi, come possono essere
il regista splatter Quentin Tarantino o un giovane
rivoluzionario della Guerra Civile spagnola del 1936; o
ancora, a chi era scampato all’inquisizione spagnola, il
quadro di Goya “il tribunale dell’inquisizione (1812)”, non
può produrre il medesimo effetto che esercita su di un
critico d’arte. Quanto delineato mostra che, a priori, non si
deve sottovalutare il “dialogo interno”, ovvero
l’elaborazione di informazioni e la combinazione di impulsi,
dei soggetti durante la sperimentazione. E’ una
considerazione valida, ovviamente, anche per i soggetti
utilizzati nel lavoro di Umiltà et al., 2012. Forse si
dovrebbe riconoscere, in molti casi un atteggiamento
conscio o pre-conscio, anche automatico o “risonante” ma
non nell’accezione dei fautori del MNS poiché la
componente motoria non sempre e non necessariamente è
interessata all’esperimento per quanto sopra enunciato.
Però secondo lo studio di Freedberg and Gallese, 2007,
propedeutico a quello preso qui in analisi, durante la
fruizione di opere d’arte vi sarebbe empatia, per effetto
dell’attivazione della corteccia motoria che si genera grazie
ai neuroni specchio che replicano il gesto dell’artista per
l’astratto, o il movimento corporeo che l’opera raffigura.
Nel caso di arte astratta secondo i due studiosi, il MNS
subirebbe un’attivazione forse ancor più elevata, dovuta
proprio al prefigurarsi del gesto compiuto dall’autore per
creare la sua opera e fanno riferimento alle performance di
Fontana. A detta di un sarto però si ottiene un’altra
interpretazione: trattasi di uno strappo su di un tessuto
liso, dimostrando così che l’embodied simulation non è un
meccanismo automatico innato nell’uomo, ma dipende
dall’esperienza dell’osservatore.
Va tenuto presente che durante la fruizione di opere d’arte
vi sono anche ben altre reazioni, non ultimo uno stupore
che sconfina con l’estasi, come davanti all’Agnello Mistico
di Jan van Eyck.
In Freedberg and Gallese 2007 si legge anche: “La maggior
parte dei fruitori di opere d’arte hanno […] sensazioni di
collaborazione empatica con ciò che si vede nell’opera. Si tratta
di […] un impulso all’imitazione interiore delle azioni
compiute da altri che si osservano in quadri e sculture. […]
Nel caso di dipinti astratti gli osservatori spesso avvertono una
sensazione di coinvolgimento corporeo nei movimenti impliciti
delle tracce fisiche delle azioni creative compiute dall’autore”.
Sono affermazioni che possiedono aspetti solo in parte
condivisibili, ma che non implicano l’attivazione di
ipotetici neuroni specchio. La teoria dei neuroni specchio
prevede l’embodied simulation con l’autore, attraverso un
parallelismo “stretto” con l’evento rappresentato o il gesto
creatore, a valere anche di fronte a un’opera figurativa (M.
A. Umiltà et al., 2012). Invece, l’embodied simulation a
nostro parere è rivolta verso se stessi, il SE’, nell’accezione
di trigger di un proprio vissuto esperienziale, di retroterra
culturale. Il termine trigger in questo contesto è usato per
differenziarsi dalla nozione “risonanza” motoria introdotta
dai fautori del MNS.
Potrebbe risultare utile formulare un esempio trasversale,
che fa notare come uno stesso oggetto artistico possa
stimolare, nell’io di un singolo soggetto, una quantità di
reazioni empatiche anche molto diverse fra loro: se donato
da una persona cara, se rammenta un dissidio con la
suddetta persona, se tale dissidio è sorto per colpa di chi
possiede l’oggetto o di chi glielo ha donato, o ancora, se la
persona che ha donato l’oggetto è venuta a mancare, ecc..
Tale gamma pressoché illimitata di sensazioni non dipende
necessariamente dall’oggetto né tantomeno dal gesto
dell’artista che lo ha realizzato.
Ne consegue che l’esistenza e il funzionamento dei neuroni
specchio che provocano l’empatia verso l’autore alla
visione di opere d’arte risulterebbe postulato a priori senza
proposte alternative o ulteriori ipotesi interpretative, ma
questo postulato consente agli autori stessi di porre in
correlazione diretta empatia e MNS (V. ancora M. A.
Umiltà et al., 2012).
L’articolo di M. A. Umiltà et al., 2012 impone, perciò, una
riflessione attorno a un quesito non risolto nell’articolo
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stesso: come influisce il retroterra culturale e motorio
sull’analisi dello stimolo visivo? Attraverso una serie di
esperimenti si mostrerà, coerentemente con il metodo
falsificazionista, nell’accezione di Karl Popper, come sia
possibile proporre una nuova chiave di lettura del
fenomeno empatico di fronte ad un’opera d’arte, liberata
dalla teoria dei Neuroni specchio.
METODO
Nello studio di M. A. Umiltà et al., 2012, è stata analizzata
l’attività della corteccia motoria, tramite EEG, di 14
soggetti alla vista di opere di Lucio Fontana e altre
immagini. I risultati ottenuti con la metodica EEG sono
stati confrontati con una ulteriore indagine, curata dagli
stessi ricercatori. Questa seconda sperimentazione, detta di
“rating of the stimuli” è stata realizzata per mezzo di
questionari durante la visione di opere d’arte secondo un
protocollo teso alla valutazione del senso di movimento e
dell’apprezzamento estetico.
Le due sperimentazioni hanno dato risposte equipollenti.
Forti di questo fatto, nel presente lavoro si è adottata la
metodica relativa alla seconda modalità di
sperimentazione. Nel contempo si è ritenuto decisivo
ampliare il campione dei soggetti da utilizzarsi durante la
sperimentazione stessa (per i dettagli, si faccia riferimento
a M.A. Umiltà et al., 2012).
PROCEDURA SPERIMENTALE
Il team di Parma ha sottoposto i soggetti alla visione di tre
immagini relative ai quadri di Fontana e di ulteriori tre
“stimoli di controllo”, questi ultimi sono immagini
realizzate al computer che imitano alcuni aspetti delle
opere di Fontana (es. spessore medio, lunghezza).
Nell’esperimento, ogni immagine è stata mostrata per 1
secondo, essa era preceduta dall’immagine di un cerchio
colorato per attivare l’attenzione dei soggetti, in analogia
da quanto descritto nel lavoro di Parma, come si può
facilmente arguire dalla figura 1, confrontandola con la
figura 1 di M. A. Umiltà et al., 2012.
PARTECIPANTI
Nell’esperimento di M. A. Umiltà et al., 2012 sono stati
sottoposti alla visione delle immagini (v. anche fig. 1) 14
soggetti: 7 uomini e 7 donne, età media di 28,3 anni. I
soggetti sono risultati scelti in modo casuale, mediante
bando pubblico (vedi ancora M.A. Umiltà et al., 2012).
Nel presente lavoro sono stati invece presi in esame 100
soggetti, coetanei di età media 18,03, equamente divisi fra
maschi e femmine. I soggetti da porre sotto
sperimentazione sono stati reclutati nell’ambito delle
scuole medie superiori e in particolare fra: studenti d’arte
(art’s students), geometri (building surveyors students),
congegnatori meccanici (Mechanical experts), poiché
abituati dunque dagli studi mirati a utilizzare
quotidianamente specifiche competenze nell’ambito del
disegno e a riconoscere determinate tecniche, e soggetti
dell’istituto professionale (vocationals institute’s students),
dove non vengono acquisite specifiche competenze
nell’ambito dell’arte o del disegno. Infine, per mantenere
una solida analogia con il campione utilizzato in M. A.
Umiltà et al., 2012, è stato selezionato un campione
indifferenziato, di 14 individui, senza la verifica di
specifiche competenze, di età media 28,28.
Fig. 1. Modificato da M. A. Umiltà et al., 2012. panello
superiore: paradigma dell’esperimento. Panello
inferiore: Fotografie delle tre opere d’arte originali di Lucio Fontana
(sopra) e tre versioni modificate a computer delle stesse (Control
stimuli, sotto).
Si è deciso di sottoporre le stesse immagini con lo stesso
protocollo, ( 1 secondo, tempo preparatorio di 5 secondi
(±500 ms, tre tempi possibili: 4500, 5000 o 5500 ms),
immagini a 60cm di distanza dai soggetti).
Si riporta lo “pseudo-code” che illustra il procedimento
seguito:
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PSEUDO CODICE: Test neuroestetica
WHILE condizione di exit (tempo prefissato) DO
FOR ogni immagine proposta DO
IF tempo da 0 a 4,5 - 5,5 s DO
[Inizializzazione del test=schermo nero tolleranza +- 500 ms]
END IF
IF tempo da 0 a 450-550 ms DO
[Segnale di inizio focalizzazione +- 50 ms]
END IF
IF tempo da 0 a 1 s
[Proposizione immagine +- 500 ms]
END IF
IF tempo da 0 a 500 ms DO
[Segnale di stop test +- 50 ms]
END IF
END FOR
END WHILE
Si è inoltre predisposta una ulteriore campagna di prove
sollecitati da un precedente articolo a opera di Gallese,
Freedberg, “Mirror and canonical neurons are crucial
elements in esteti response”, 2007; in esso si faceva
riferimento ad un’analogia fra Fontana e Pollock, in
termini di embodied simulation, congruenti e in un certo
qual modo anticipatorie delle argomentazioni proposte da
M. A. Umiltà et al., 2012. Il gesto riprodotto
cerebralmente per effetto del MNS si rivelerebbe
fondamentale per la comprensione dell’opera e l’empatia
con l’autore. Queste nuove sperimentazioni hanno lo scopo
di valutare immagini derivate dall’arte di Pollock e altri
artisti. Si ricorda che Pollock gettava il colore sulle tele con
fare istintivo e liberatorio (action painting and dripping),
mentre in De Kooning, che sarà utilizzato come stimolo di
controllo, l’azione era lenta e, almeno apparentemente,
pacata.
Sono stati perciò mostrati, sempre secondo lo schema di
esposizione proposto in M. A. Umiltà et al., 2012:
- le immagini del quadro “Convergence” di Jackson Pollock
(1952) e di “Excavation” di Willem De Kooning (1950),
entrambe opere d'arte che a un occhio “distratto” risultano
visivamente simili per colori e forma;
- l’immagine del quadro “Number 11” di Jackson Pollock
(1952) e l’immagine di un "falso Pollock", realizzato in
tecniche differenti (stimolo di controllo);
- l’immagine del quadro “Number 14” di Jackson Pollock
(1948) con predominanza di bianco e nero e una macchia
di Rorschach (stimolo di controllo);
Fig Fig. 2. Modificato da M. A. Umiltà et al., 2012. panello
superiore: paradigma dell’esperimento. Panello
inferiore: Fotografie delle tre opere d’arte originali di Jackson
Pollock (sopra) e tre opera graficamente simili (un’opera di De
Kooning, una copia di Pollock e una versione modernadi macchia di
Rorschach).
VALUTAZIONE DELLO STIMOLO
Nell’esperimento riportato in M. A. Umiltà et al., 2012
dopo la visione delle immagini (v. ancora Fig. 1), i soggetti
hanno risposto a un questionario così formulato:
1) Questa immagine ti è familiare e quanto? Score 0-10
2) Quanto ti piace quest’immagine? Da -10 a + 10
3) Percepisci movimento in questa immagine e quanto?
Score 0-10
4) E’ l’immagine un’opera d’arte reale? 0 or 1
A nostro parere, il questionario così proposto,
apparentemente semplice e “asettico” può dar luogo a
fraintendimenti, soprattutto in merito alla prima
domanda, che ha poi consentito agli autori citati di
suddividere i partecipanti all’esperimento di Parma in due
gruppi i soggetti, “familiar” e “unfamiliar”. E’ una
domanda capziosa in quanto non pare ragionevole definire
quanto un’immagine risulti familiare con un punteggio; la
ricerca di un punteggio implica una valutazione di tipo
esperienziale e dunque soggettiva, proprio nell’attribuzione
di un valore.
A nostro parere è possibile classificare “familiar” solamente
colui che effettivamente afferma di conoscere l’opera,
l’artista o perlomeno la tecnica, le domande con punteggi
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0-10 conducono a riflessioni e viziano l’andamento della
risposta, producono valutazioni a posteriori e possono
evocare elementi di vissuto. Non lo è ad esempio l’ultima
domanda che invece è categorica, si/no.
Per quanto concerne la seconda domanda, non essendo
stata discussa a fondo nel lavoro di M. A. Umiltà et al.,
2012, non è stata oggetto di particolari attenzioni. I relativi
risultati sono omessi per brevità.
Tuttavia, per ragioni legate alla equipollenza del set-up
sperimentale con le prove di A.M. Umiltà et al. 2012, e la
conseguente confrontabilità si è ritenuto opportuno
mantenere il questionario così com’è, con un’unica
eccezione: modificare la domanda al punto 1 nel seguente
modo:
Nel proseguo sono rappresentati attraverso gli istogrammi
di figg. 3 e successive, fino alla fig. n. 8 i risultati delle
interviste. Ove possibile i risultati del presente lavoro sono
stati posti a confronto con quanto riportato in M. A.
Umiltà et al., 2012.
1) Questa immagine ti è familiare? Si/No (0 or 1), quanto?
Score 0-10
A margine dei quesiti (da 1 a 4) e delle prove si è chiesto
esprimere proprie impressioni e/o commenti circa,
sensazioni, emozioni ecc. in riferimento a quanto osservato.
ANALISI DEI RISULTATI
Per mantenere solide le basi della presente indagine
sperimentale, preliminarmente è stato analizzato un
campione indifferenziato, di età media 28,3 anni, simile a
quello di Parma, il quale è stato posto a confronto con un
campione indifferenziato di diciottenni, poiché la presente
indagine si è rivolta principalmente a quest’ultima fascia di
età. Il confronto ha riguardato il riconoscimento del gesto
generatore1 e/o del movimento percepito. Come si può
osservare confrontando gli istogrammi, l’età non risulta
essere un elemento decisivo e tale da condizionare
sensibilmente i risultati delle sperimentazioni; inoltre
nessuno dei risultati delle prove si avvicina ai risultati di
M. A Umiltà et al., 2012 . E’ dunque vero che un numero
così limitato numero di soggetti, 14, tanti quanti sono stati
utilizzati nei test di A. M. Umiltà et al. 2012, di fronte alla
complessità e alla diversità delle esperienze esistenziali di
ogni singolo soggetto reclutato conferma l’opportunità di
utilizzare un numero di soggetti molto elevato, un
centinaio, e a priori, ben differenziabile.
A proposito della prima domanda 1)“Questa immagine ti è
familiare? Si/No (0 or 1), quanto? Score 0-10” val la pena
sottolineare semplicemente che le risposte alla prima parte
della domanda hanno dato la seguente suddivisione per il
40% era familiare, per il 60% invece no, mentre la stessa
domanda ma con la richiesta di punteggio ha fornito la
seguente percentuale: 53% a 47%. Questa discordanza
sottolinea indirettamente il “peso” della richiesta di
valutazione (da 0 a 10) che si ritiene essere condizionata dal
proprio vissuto.
1 Gesto
generatore: Movimento prodotto dall’artista per creare
l’opera d’arte.
Fig. 3.Grafico comparativo con i risultati del gruppo di Parma
riguardo la percezione del movimento.
Fig. 4. Grafico comparativo con i risultati del gruppo di Parma
riguardo la percezione del valore artistico.
Si nota come fra i congegnatori meccanici (mechanical
experts), avvezzi a utilizzare frequentemente il CAD, sia
stato riconosciuto in misura maggiore il gesto tecnico
compiuto per creare lo stimolo di controllo, rispetto a
quello artistico utilizzato per creare il quadro, al quale,
nonostante ciò, è stato riconosciuto maggior valore
artistico, il che dimostra, a nostro parere, come la
comprensione di un’opera d’arte non dipenda dalla
comprensione del gesto.
Mostrando le immagini di Fontana e gli stimoli di controllo
a chi studia da geometra (building surveyors students), si
ottiene un risultato che mostra non solo un maggiore
riconoscimento del gesto generatore, dovuto al background
di studio, ma anche una maggiore attribuzione di valore
artistico agli stimoli di controllo, da cui consegue che anche
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la definizione di “opera d’arte” è personale e probabilmente
non scissa dagli ambienti socio-culturali.
Fig. 7. Grafico comparativo riguardo la percezione del valore
artistico.
Pur riconoscendo una sorta di percezione di movimento
nell’opera di Fontana, questo non sia il solo carattere che
emerge dalla sua osservazione né quello predominante,
viene infatti superato dalla ricerca di un oggetto
conosciuto, come si vede dalla figura 5.
Presentando agli studenti che non possiedono particolari
competenze in campo artistico l’opera di Pollock sopra
citata, è risultato un riconoscimento del valore artistico sia
agli originali che alle copie, ma si è rivelato scarso il
riconoscimento del gesto generatore e del movimento.
Fra gli studenti d’arte (art’s students) invece, che conoscono
le opere, le risposte risultano condizionate dallo studio
dell’arte, infatti, conoscendo l’artista, hanno definito senza
difficoltà gesto generatore e valore artistico dell’opera
reale.
Fig. 5. Grafico comparativo riguardo la ricerca di un oggetto reale.
Sebbene l’opera di Fontana sia di natura semplice, il
carattere predominante risulta essere la ricerca di un senso
compiuto, si può portare ad esempio l’interpretazione che
vede nel taglio di Fontana un filo d’erba o un arbusto,
riscontrato nel 64% dei casi.
Fig. 6. Grafico comparativo riguardo la percezione del movimento.
Fig. 8. Grafico comparativo riguardo la ricerca di un oggetto reale.
Si ricorda che paragrafo Valutazione dello stimolo si era
parlato di una ulteriore domanda riguardante l’eventuale
ricerca, da parte del soggetto esaminato, di un senso
compiuto dell’immagine vista. Ebbene la maggior parte
(85,4%) vi ha ricercato un senso compiuto. Interessante un
tipo di risposta che ha riguardato il 46% dei soggetti
maschi. Nel secondo quadro di Fontana mostrato, più che
il gesto generatore ha ritrovato i fianchi di una donna (con
un picco del 71% fra i congegnatori meccanici). In sostanza
si è notata una forte tendenza dei soggetti a ricercare
un’immagine reale, un senso nell’opera d’arte astratta
(85,4%), ovvero un senso compiuto, come sopra anticipato.
Ciò a valere sia per le opere originali di Fontana e di
Pollock, che per gli stimoli di controllo.
In vari casi (v. figg. 4 e 7) gli stimoli hanno sopravanzato le
cosiddette opere d’arte in termini di Perceived artistic
nature, ovvero il riconoscimento di una qualche valenza
artistica dell’immagine. Curiosamente, fra gli studenti
d’arte, nonostante anche in questo caso la ricerca di un
oggetto conosciuto sia preponderante (Fontana 53%,
Pollock 80%, v. ancora figg. 5 e 8), i commenti a margine
delle prove mostravano una deriva rispetto alla tecnica di
esecuzione dell’opera d’arte stessa. In particolare
ricercavano un taglierino nelle immagini di Fontana,
ricordavano gli sgocciolamenti per i quadri di Pollock,
dipinti con la tecnica del “dripping”, contrariamente invece
ai soggetti di altra provenienza, che fornivano
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interpretazioni più variegate e fantasiose, non legate al
contesto del dripping o dei tagli (come la citata silhouette
fremminile o il filo d’erba). Illuminante a questo proposito
il richiamo costante dei geometri (building surveyors
students) al righello e al curvilineo (58% dei casi).
In sintesi si è riscontrato, proprio come accade per le
macchie di Rorschach, che non hanno una lettura
univoca(Galimberti, Dizionario di Psicologia, p.829), un
analogo comportamento di fronte all’espressione artistica,
ossia una forte disomogeneità di valutazioni/
interpretazioni da soggetto a soggetto, che si collega con il
proprio “sé”.
Questa circostanza non vale solo per quelle che noi
consideriamo opere d’arte, ma si estende, in egual misura
anche per quelli che sono stati considerati stimoli di
controllo. Tutti i soggetti esaminati hanno formulato
ipotesi sul metodo di creazione dell’opera, che sia d’arte
(come noi la conosciamo) o sia semplice disegno realizzato
al computer, senza una vera e propria distinzione,
rispondendo semplicemente al proprio bagaglio culturale.
Ciò si deduce comparando i risultati ottenuti dagli studenti
d’arte, con quelli relativi ai congegnatori meccanici e ai
geometri, come risulterà più evidente dal proseguo.
Infatti uno dei quadri di Pollock (il “number 14”) da alcuni
(49%) è stato scambiato per una creazione di computer
grafica, ciò mostra come non sia affatto scontato che un
quadro richiami necessariamente il gesto posto in essere per
crearlo.
Detto in altri termini da queste sperimentazioni
emergerebbe che il fruitore dell’opera d’arte non simula, in
termini di “embodied simulation” l’autore, ma si pone la
domanda: “come l’ha fatto?”, impegnando se stesso
nell’approccio della comprensione dell’azione che può avere
generato l’opera, ma per questo deve dare fondo alle
proprie competenze tecniche. Ben l’80% dei congegnatori
meccanici che hanno dato un valore artistico alle immagini
proposte, (V. Fontana, fig. 3), ha dato maggior valore allo
stimolo rispetto all’opera di Fontana. Alcuni di essi hanno
descritto nel commentario le procedure CAD per ottenere
l’immagine stimolo. L’opera d’arte è stata relegata, nel
71% dei casi, al rango di silhouette (fig.5), come sopra
anticipato.
Ci si concentri sulla figura 3: ogni gruppo di appartenenza
dà l’interpretazione in termini esperienziali e non di
movimento in sé, il che non può dirsi un effetto di embodied
simulation, rispetto all’autore dell’opera in esame, bensì
un’interpretazione autentica, singolare e personale di chi
osserva, ovvero in base al sé dell’osservatore e ciò non può
che essere frutto dell’esperienza personale e delle proprie
impressioni.
Va sottolineato come, pur pensando al gesto generatore
dell’autore rimirando un’opera, chi non è avvezzo all’arte
non può figurarsi in modo preciso come essa sia stata
creata. Per riprendere l’esempio di Freedberg and Gallese,
2007, guardando “i prigioni” di Michelangelo Buonarroti,
chi non ha mai avuto nulla a che fare con la scultura, potrà
figurarsi genericamente l’artista che sbozza un blocco di
pietra, ma non se egli lavorasse con impeto o pazienza, né
se utilizzasse scalpelli a punta temperati, scalpelli piatti o
gravina, o ancora, se per le rifiniture e la levigatura si fosse
avvalso di raspe e lime o di pietra pomice. Chi non conosce
l’uso degli strumenti, non può avere un fenomeno di
embodied simulation, e l’immagine personale dei gesti legati
agli utensili sarà sempre un’ipotesi personale.
ANALISI STATISTICA
La significatività statistica dei dati rilevati, è stata
verificata attraverso ANOVA basata sul Test Fisher –
Snedecor.
L’analisi è stata eseguita raccogliendo le evidenze
sperimentali in tre matrici, le prime due di dimensione
6x2x3 dove l’analisi ANOVA è stata effettuata tenendo
separati i risultati ottenuti attraverso le immagini originali
e di controllo relativamente alla ricerca di un oggetto, alla
percezione del movimento e alla percezione della natura
artistica; mentre la terza matrice, di dimensione 6x4x3, è
un’ulteriore controllo di significatività elaborato, questa
volta, sulla totalità dei dati rilevati (tabelle 1, 2 e 3).
L’esito dell’analisi statistica fornisce p-value 0,005 dunque
rientrante nell’intervallo di significatività statistica 0,005≤
p-value≤ 0,05.
ANOVA TEST-F ORIGINAL
SORGENTE
DEVIANZA
DF
VARIANZA
F
F critico α =0,05
TRA GRUPPI
832,9444444
5
166,5888889
2,393932539
2,53
ENTRO GRUPPI
2088
30
69,58796296
TOTALE
2920,583333
35
Tab. 1.ANOVA test-F on original stimuli’s responses.
ANOVA TEST-F STIMULI
SORGENTE
DEVIANZA
DF
VARIANZA
F
F critico α =0,05
TRA GRUPPI
847,1111111
5
169,4222222
2,449477912
2,53
ENTRO GRUPPI
2075
30
69,16666667
TOTALE
2922,111111
35
Tab. 2.ANOVA test-F on control stimuli’s responses.
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ANOVA TEST-F ORIGINAL & STIMULI
SORGENTE
DEVIANZA
DF
VARIANZA
F
F critico α =0,05
TRA GRUPPI
834,0833333
5
166,8166667
1,927362908
2,362
ENTRO GRUPPI
5712
66
86,55176768
TOTALE
6546,5
71
Tab. 3.ANOVA test-F on original & control stimuli’s responses.
Una volta verificata la significatività dei dati l’analisi
statistica è virata sulla verifica dell’esistenza di reali
differenze tra le risposte ottenute tramite la presentazione
delle immagini rappresentanti opere d’arte e stimoli di
controllo (immagini imitanti le opere d’arte).
Fig. 9. Rappresentazione dei risultati del campione complessivo
(128 soggetti esaminati) Dati ottenuti: totale risposte affermative su
immagine esibite
La significatività è stata, questa volta, valutata attraverso
il test post-hoc SNK (test di Student-Newman-Kelus).
I risultati del suddetto test, riportati in tabella 4, denotano
inequivocabilmente una NON significatività statistica delle
differenze ponendo gli stessi in un campo di significatività
esterno all’intervallo 0,001≤p-value≤0,05.
Questo esito evidenzia l’inconsistenza di una reale
correlazione tra le immagini presentate e la reazione dei
soggetti analizzati, correlazione che può invece essere
riscontrata come reazione alle immagini presentate
relativamente all’età, alla cultura e all’istruzione del
soggetto in analisi. L’immagine genera una reazione che è
figlia della storia personale del soggetto; questo aspetto è
ben rappresentato dai grafici riportati nelle figure 9 e 10.
Fig. 10. Differenze riscontrate tra I gruppi (6 gruppi) Dati ottenuti:
totale risposte affermative su categorie esaminate
CONFRONTO
K
DIFFERENZA
LSR α=0,05
LSR α=0,001
CONCLUSIONI
RICERCA OGGETTO
2
1
3,37909127
6,694591594
MOVIMENTO PERCEPITO
2
0
3,37909127
6,694591594
NATURA ARTISTICA
2
1
3,37909127
6,694591594
Volendo trovare analogia fra i nostri esperimenti e quelli
del gruppo di Parma, questa la si trova solamente
confrontando il loro campione con quello degli art’s
students, il che pone un ulteriore quesito che però il lavoro
di M. A. Umiltà et al., 2012, non chiarisce, non è dato
infatti sapere cosa fosse scritto nel bando pubblico che ha
promosso la selezione dei soggetti esaminati. I soggetti che
rispondono a un annuncio fanno infatti di per sé un gruppo
a sé stante, senza contare che solitamente vi è un titolo su
tali annunci. E’ un titolo che indirizza verso il tipo di
ricerca alla quale si è chiamati, dunque ne segue
inequivocabilmente un gruppo di soggetti interessati
all’argomento e/o alla ricerca. E’ un gruppo che non può
rappresentare una popolazione indistinta.
Tab. 4. Post – hoc test SNk analysis
Nel presente lavoro i soggetti posti sotto indagine non sono
stati sottoposti a chiamata o a una selezione ma si sono
trovati di fronte i test solo perché i soggetti sotto
esperimento appartenevano alla scuola dell’obbligo.
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Per effetto di quanto è emerso dagli esperimenti come
confronto tra gruppi di studenti appartenenti e i soggetti
del gruppo di Parma è possibile porre alcuni punti fermi: il
cervello, durante la fruizione di opere d’arte, richiama il
proprio retroterra personale, il contesto sociale e familiare
ove si è sviluppato il singolo individuo; questa esperienza
emozionale va a combinarsi con la comune inconsapevole
attività del cervello della ricerca di senso compiuto, di un
valore o di un vissuto (V. anche figure 9 e 10). Da ciò ne
risulterebbe l’ attivazione, in sede cerebrale, di una serie di
“connessioni”più articolate, non attribuibili ad effetti
connessi alla teoria dei neuroni specchio. Verrebbe da dire
che tali “connessioni”, potrebbero interessare altri sottosistemi di percezione. Vale la pena richiamare, a titolo di
esempio, ciò che avviene per quel fenomeno, azione
inconsapevole del cervello, detto pareidolia, che induce a
vedere figure dotate di senso in chiazze che non ne
possiedono. Per sostenere quanto sopra detto, non occorre
scomodare la fMRI, poiché l’uso in ambito psicologico e
psicoanalitico delle figure di Rorschach è lì a dimostrarlo.
La visione attiva l’evocazione di vissuto, di astrazioni
concettuali in cui a priori la nostra mente e cervello ha
ordinato e archiviato sotto forma di “registrazioni
quiescenti”. Se vengono attivate, possono ricreare
sensazioni e azioni associati a un ente o a una categoria di
enti (A. R. and H. Damasio, 1992). I quadri di Fontana e
gli stimoli di controllo suggeriscono una ulteriore riflessione
alla luce dei fenomeni percettivi primari, dato che le cellule
nervose si eccitano attivandosi in base a quel che si osserva.
Vi sono neuroni che si attivano solo alla vista di linee
verticali, altri correlati a quelle orizzontali, e così per ogni
aspetto legato alla vista, forme, colori, luci. Sono presenze
di immagini del mondo esterno, ma anche generate nel
proprio “sé”, E’ utile ricordare le affermazioni di
Boncinelli, 2008, che ricorda a tal riguardo gli esperimenti
condotti sui macachi, la cui corteccia visiva emette un
segnale nervoso di fronte a determinate immagini, il che
suggerisce che l’attività cerebrale della corteccia motoria
non implica necessariamente un legame con il movimento,
bensì che questa sottende a un sistema estremamente più
complesso.
Si ritiene dunque che l’esperimento condotto in occasione
del presente lavoro offra un quadro più esaustivo rispetto a
quello del gruppo di Parma. Nel lavoro di M. A. Umiltà et
al., 2012, più che chiarire e consolidare la contiguità fra
neuroni specchio (di cui non è mai stata dimostrata
l’esistenza), che si ricorda essere basato su aspetti motori,
l’empatia e l’embodied simulation a imitazione dell’autore,
si intravvede piuttosto che il MNS va inquadrato come
semplice modello, il quale non può che essere un
sottoinsieme di un modello funzionale ben più complesso
che possiamo denominare come neuronal Comparative
Mnestic System (CMS). Il CMS ha dunque una valenza
anche di tipo funzionale e non riduttivamente motoria o
premotoria. Nel CMS il coinvolgimento di aree corticali
tipicamente motorie, come quelle in parte evidenziate nel
lavoro di M. A. Umiltà et al. ,2012, è il risultato del
“recupero” di conoscenze e competenze, già presenti nel
proprio io, riguardo quanto osservato; sotto questo aspetto
lo stabilirsi di un’associazione diretta tra percezione visiva
e competenza motoria, qualora necessaria ai fini
interpretativi, risulta giustificata.
Eppoi, Seneca, nelle lettere a Lucilio (epistola XXVIII),
raccomanda di non portare in giro se stessi per
comprendere dai viaggi e dalle nuove esperienze (“quid
miraris nihil tibi peregrinationes prodesse, cum te
circumferas?”), così come un proverbio africano recita:
“l'occhio dello straniero vede ciò che già conosce!”; antica
sapienza che pare descrivere il fraintendimento in cui sono
caduti i fautori dei neuroni specchio. E’ l'esperienza
pregressa a generare la comprensione, non già una
localizzazione topografica predefinita, statica e univoca,
bensì una localizzazione, ovviamente anche topografica,
ma che ha caratteristiche dinamiche in quanto poggia sia
su basi mnemoniche che su basi funzionali.
L’eventuale coincidenza nell’attivazione di aree motorie
dovute al proprio “sé” e attività motorie compatibili con
l’osservato o l’ipotizzato (di nuovo il “sé”) non deve perciò
far pensare ad un effetto specchio del proprio “sé” rispetto
al gesto generatore o all’artista; anche in considerazione del
fatto che non è a tutti dato sapere la tecnica d’esecuzione di
un’opera e neppure lo strumento o gli strumenti che
l’artista ha adoperato per realizzare l’opera stessa. Se
tuttavia si vuole mantenere vivo il paradigma del MNS,
ma non il suo significato, esso può trovare luogo proprio in
un modello più complesso, come è per l’appunto il CMS.
Si ringraziano la prof.ssa Anna Maria Zilli degli Istituti B. Stringher e G.G.
Marinoni di Udine, il prof. Giovanni Francois dell’Istituto G. Ceconi di
Udine e la prof.ssa Rossella Rizzatto dell’Istituto G. Sello di Udine (I).
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