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Ritmo, relazionalità e terapeuticità
A cura della rivista Giovani "Idee in psicoterapia", in Idee in psicoterapia, vol. 6, n. 1-3 - GennaioDicembre 2013, pp. 133-140.
Francesco Giorgi
Psicologo e specializzando in psicoterapia Istituto di Psicoterapia Integrata (IPI)
Svolge attività di animazione musicale presso scuole primarie del comune di Scandicci a Firenze
Riassunto: In anni recenti studi teorici e di ricerca di natura clinica si sono dedicati alla musicalità
comunicativa che connette i processi di evoluzione, di sviluppo, di relazionalità e di terapeuticità.
La ritmicità configura una globalità funzionale del sistema mente-cervello-corpo che ne promuove
la complessità evolutiva. Ritmi preverbali e verbali sono alla base dei codici di significati condivisi
e promuovono la formazione di sistemi di significato a complessità crescente nell’ evoluzione della
relazionalità anche di natura terapeutica. Sintonizzazione, interruzione e riparazione sono state
identificate come sequenze ritmiche interconnesse con quelle di regolazione affettiva. Ricerche
cliniche con bambini con storie traumatiche mostrano una potenzialità riparativa dei ritmi condivisi
presenti nell’esperienza della musica e del movimento. L’esperienzialità del ritmo e della musica
può contribuire a promuovere la terapeuticità se essa è inserita nel contesto di una relazionalità
sicura, proattiva e validante. Con la musica e nella relazione di attaccamento si attivano gli stessi
sistemi di piacere che sono alla base di tutto il complesso dei sistemi affettivi. I processi di
esperienzialità, affettività, intersoggettività ed evolutività che costituiscono i riferimenti del modello
integrativo EAIE sono un insieme interconnesso che è alla base dello sviluppo dei processi di vita e
quindi della terapeuticità. In anni recenti studi di neuroscienze hanno identificato le configurazioni
fondamentali dell’integrazione e della salute del sistema mente-cervello nelle modalità resting delle
reti neurali, fra cui quelle a modalità default, sincronizzate sulla base di sequenze di ritmi.
Parole chiave: ritmo, sintonizzazione, relazionalità, sistemi affettivi primari, terapeuticità,
neuroplasticità, psicoterapia, musica.
Summary: In recent years theoretical studies and clinical researches have been dedicated to the
communicative musicality that connects evolutionary, developmental, relatedness and therapeutics
processes. Rhythmicity configures a functional wholeness of the mind-body-brain system that
promotes its evolutionary complexity. Both verbal and nonverbal rhythms are sources of shared
codes of meaning and they promote the construction of systems of meaning with increasing
complexity during development and therapy. Attunement, disruption and repair have been identified
as rhythmical sequences interconnected with those of affective regulation. Clinical studies with
traumatized children show a repairing potentiality of shared rhythms present during bodily and
musical experiences. Experience of both rhythm and music can contribute to promote therapeutic
processes in the context of a validated, proactive and safe relatedness. Both music and the
attachment experiences activate the same pleasure systems that are at the origin of the whole
complex of affective systems. Evolution, affect, intersubjectivity and experience processes that
represent the basis of the integrative model EAIE are interconnected and basic to both life processes
development and therapeutics. Recent neuroscience research has identified in the resting modalities
of neural networks, particularly of default mode networks, synchronized with the rhythmical
sequences, the fundamental configurations of health and integration of mind-brain system.
Key
words:
rhythm,
attunement,
relatedness,
primary
affective
systems,
therapeutics,
neuroplasticity, psychotherapy, music.
Ritmo, adattamento ed evolutività
I processi ritmici, regolati da orologi biologici in relazione con le contingenze ambientali e i
principi dell’ adattamento, sono una caratteristica dei sistemi viventi complessi. Ne sono esempi il
battito del cuore e il respiro, ma anche al controllo dei cicli sonno-veglia necessari alla regolazione
delle funzioni metaboliche e per l’energia del sistema integrato . L’insieme della ritmicità ha un
ruolo molto importante nella cronobiologia dell’individuo. Studi recenti mettono in relazione le
configurazioni ritmiche dei sistemi complessi con la musicalità comunicativa. Le radici evolutive
della musicalità si configurano nei ritmi ripetitivi e nei sistemi a salienza affettiva all’origine del
movimento. Gli elementi della musicalità comunicativa si sono sviluppati filogeneticamente dalle
interazioni fra le femmine mammifere ed i cuccioli fino ad arrivare a quelle fra madri e bambini,
attraverso la semplificazione, la formalizzazione, la ripetizione, l’esagerazione e l’elaborazione di
espressioni vocali, visive e cinesiche. Esse sono in origine le capacità acquisite più tardi dai
mammiferi evoluti per comunicare attraverso sequenze “musicali”. Le espressioni preverbali e
verbali che i bambini ed i caregiver scambiano sono adattive e servono a coordinare il
comportamento attraverso il fare, il congiungersi o il formare legami di coppia. Una coordinazione
comportamentale e dei sistemi affettivi nella relazione intersoggettiva è importante per il processo
adattivo ed evolutivo dei sistemi complessi. Le configurazioni ritmiche caratterizzanti le espressioni
corporee ed i suoni indicano la presenza di un “social engagement” che interessa i canali della
percezione, dell’ affettività e dell’ attenzione. I bambini partecipano al processo di consapevolezza
condivisa, mediata dai sistemi a salienza affettiva e del gioco, attraverso i ritmi percettivo-motori
modulati. La musicalità, insita nelle relazioni interpersonali, riflette il bisogno di relazionalità e di
appartenenza a gruppi che ha guidato, nel corso dell’evoluzione, la sopravvivenza. L’ unione fra il
tono e la sincronizzazione temporale facilita la coordinazione e la cooperazione fra gli individui in
un gruppo (Brown, 2000). La musicalità consente inoltre l’apprendimento socio-culturale delle
usanze e dei riti appartenenti a comunità di persone.
Ritmo e modello integrativo EIAE
La funzione del ritmo e della musica all’interno delle relazioni sociali e terapeutiche consiste nel
promuovere i processi di relazionalità primaria come la sintonizzazione, l’interruzione e la
riparazione (Kohut, 1971; Stern, 2004, 2011; Beebe, 2002; Trevarthen, 2009). Il potere di particolari
configurazioni musicali, come le canzoni amate e preferite, prova che la comunicazione delle
espressioni musicali può coinvolgere i sistemi fondamentali interconnessivi che regolano il
benessere mente-corpo e guidano la formazione di associazioni, ricordi e previsioni nelle relazioni
affettive (Peretz and Zatorre, 2003). Le reti emozionali mediano i recettori della ricerca, della paura
del pericolo, della rabbia, del desiderio sessuale, della cura verso i piccoli, dello stress da
panico/separazione e del gioco. Esse interagiscono con il sé nucleare che consente la
rappresentazione neuro-simbolica primordiale del corpo. Le emozioni sono importanti nel
promuovere e modellare le attività creative condivise e possono essere evocate dalla musica
(Panksepp, 1998). Evolutività, affettività, intersoggettività ed esperienzialità rappresentano i quattro
sistemi funzionali che sono le basi del modello integrativo EIAE (Menoni e Iannelli, 2011). Essi
sono interconnessi con i sistemi affettivi primari e relazionali del gioco, attaccamento/accudimento,
della cooperazione etc. e quindi con i processi terapeutici (Liotti, 1994; Liotti e Monticelli, 2008;
Panksepp, 1998, 2009). L’esperienza della musica e dei ritmi presuppone una dimensione di gioco
all’interno dello scambio relazionale. Possono essere funzioni interconnesse quelle di prendersi cura
di se stessi e dell’altro mettendo in campo modalità di interazione che si intrecciano con i sistemi
del piacere. Il ritmo è percepito dall’uomo come unità di significato a complessità crescente i cui
codici sono rilevati negli scambi espressivi (sorrisi, sguardi ,etc.), nei movimenti (gesturali e
posturali) e nei suoni prodotti. Esso attiva i sistemi percettivo-motori, quelli a salienza affettiva,
quelli deputati all’attenzione e quelli del default. L’insieme interconnesso di questi sistemi
funzionali costruisce configurazioni simboliche e di tendenze all’azione per cui il sentire
affettivamente la musica attiva i processi del sé. Il ritmo gioca un ruolo importante nel promuovere
la sintonizzazione affettiva favorendo i processi di separazione e di differenziazione fondamentali
per lo sviluppo psicobiologico. Il tema del ritmo e della musicalità comunicativa
richiama
l’importanza del dialogo fra saperi scientifici diversi fra cui le neuroscienze, la psicobiologia dello
sviluppo, la fenomenologia, l’etologia etc., che contribuiscono alle conoscenze dei processi
emotivo-affettivi che garantiscono all’uomo un adattamento proattivo all’ambiente.
Ritmo e relazionalità
Evidenze cliniche dimostrano come il bambino sia in possesso, fin dalla nascita, di competenze
musicali grazie alla funzionalità di alcune aree specifiche, presenti in entrambi gli emisferi, capaci
di interpretare sequenze strutturate di suoni. In particolar modo quelle sonorità i cui ritmi sono
connessi a quelli corporei della pulsazione cardiaca, della respirazione e del movimento. La musica
è presente sin dalle prime fasi dello sviluppo del bambino sotto forma di “suono poliritmico” del
corpo umano che comunica ciò che immagina. Tutta la gamma dei sistemi emozionalimotivazionali è intrecciata con ritmi che costruiscono, nella cultura umana, melodie in grado di
formare memorie preziose nell’arte e nei rituali di vario tipo che guidano le modalità di relazioni
sociali. Ricerche condotte in campo clinico riportano l’alternanza di espressioni e di risposte
trasmesse tra i bambini e le loro madri descritte nei termini di configurazioni ritmiche di
coinvolgimento sociale e rappresentabili come una musica o una danza. Esse utilizzano alcune
caratteristiche musicali come gli intervalli vocali melodici, le vocalizzazioni ritmiche, i movimenti
del corpo, i contrasti espressivi dinamici, le variazioni nello spazio (grande-piccolo, su-giù) e nel
tempo (veloce-lento, corto-lungo) insieme alle pause che intercorrono fra le espressioni verbali. Il
contributo delle neuroscienze affettive mostra come la musicalità ritmica sia connessa alla
comunicazione madre-bambino (Panksepp e Trevarthen, 2009). Il cervello che impara il linguaggio
è un complesso di interconnessioni e possiede sistemi di regolazione emotiva con ritmi che sono
essenzialmente “musicali”. La musica è il “linguaggio” delle emozioni ed il suo potere affettivo si
sviluppa dai sistemi emozionali subcorticali (Blood e Zatorre, 2001; Menon e Levitin, 2005;
Panksepp e Bernatzky, 2002). E’ stato rilevato che i sistemi di piacere che si attivano con la musica
sono gli stessi che si attivano nelle relazioni intersoggettive (Panksepp e Trevarthen, 2009). Questo
crea il presupposto per cui il legame di attaccamento si costruisce attraverso esperienze relazionali
affettive fra la madre ed il bambino caratterizzate da modalità ritmiche di comunicazione. Nel corso
dell’infanzia i suoni delle emozioni creano connessioni con l’ambiente di vita e guidano le nostre
azioni, le nostre relazioni e cooperazioni sia nei momenti di gioia e armonia sia in quelli di conflitto
o di stress (Dissanayake, 2000; Mithen, 2005). Le modalità di interazione preverbali (carezze, gesti
e sguardi) e verbali (timbro, tono e ritmo della voce) conducono alla formazione dei significati
condivisi all’interno della relazione intersoggettiva (Tronick, 2008). Questo facilita il processo di
regolazione affettiva del bambino garantendogli un sano sviluppo neuropsicobiologico. La ripresa
della ritmicità come processo di sviluppo consente al bambino di vivere un’esperienza riparativa di
tipo affettivo fondamentale alla sua crescita. Essa costituisce il paradigma delle relazioni
intersoggettive e terapeutiche.
Il ritmo nella relazione psicoterapeutica
L’alternanza degli scambi espressivi e delle pause che avvengono durante l’ incontro
psicoterapeutico dettano il ritmo alla relazione terapeutica favorendo una maggiore o minore
sintonizzazione. Il terapeuta e la persona portano nella relazione configurazioni musicali e ritmiche
soggettive caratterizzate da elementi preverbali e verbali. La gestualità ritmica e melodica rimanda
ad un corpo che compie quel gesto. In questo senso, la forma uditiva, come un’ immagine,
rappresenta il movimento corporeo anche se il gesto non è espresso ma soltanto eseguito e udito nel
suono musicale. Il suono promuove l’integrazione e prospettivamente il simbolo; esso rappresenterà
una persona in un corrispondente stato mentale e in una tensione emotiva. La struttura musicale è
percepita con l’aiuto dei simboli; conosciamo la musica anzitutto come un’esperienza vissuta,
sentita nel corpo, immersa nelle dinamiche intersoggettive e culturali. Un’attenta analisi delle
componenti preverbali e dei loro ritmi è utile al terapeuta per monitorare le varie fasi del processo
terapeutico. L’ascolto del ritmo con cui si manifestano i segnali preverbali (cambiamenti di postura,
gestualità, espressioni del volto) e le verbalizzazioni (tono della voce, ampiezza e timbro) può
rappresentare un indice di relazionalità che consente al terapeuta di scegliere il momento adatto per
sintonizzarsi con il ritmo della persona. I codici condivisi basati su ritmi preverbali e verbali
all’interno della relazione terapeutica promuovono terapeuticità nella persona. Il terapeuta valida la
persona che ha di fronte accogliendo e preservando il suo ritmo. Egli sintonizza il proprio ritmo
con quello della persona senza porvi alcuna modifica. Il processo terapeutico si profila con un ritmo
variabile istante per istante come una melodia musicale che passa attraverso momenti di armonia, di
disconnessione e di nuova coordinazione fra gli strumenti che la co-creano.
Ritmo e terapeuticità
Ricerche teorico-cliniche dimostrano come il ritmo sia dotato di una potenzialità riparativa che
entra in gioco nel momento in cui viene condivisa un’ esperienza affettiva con la presenza di un
caregiver sintonico nella relazione che si adopera per promuovere i processi di riparazione affettiva.
Studi clinici con bambini con esperienze traumatiche mettono in evidenza come esperienze di abuso
e di trascuratezza comportino un’alterazione nello sviluppo di vari sistemi neurali del cervello
(Perry, 2006). I vissuti traumatici causano nei bambini evidenti problematiche a livello emotivo,
comportamentale, cognitivo, sociale e fisico durature nel tempo. Il modello neuro-sequenziale di
terapeuticità NMT orienta gli interventi di natura terapeutica con bambini con storie traumatiche di
deprivazione affettiva. I bambini che crescono nel caos, nell’abbandono e nella trascuratezza non
godono delle esperienze fondamentali richieste per esprimere il potenziale genetico, regolare il sé,
mettersi in relazione, comunicare e pensare. Accoppiare attività terapeutiche calibrate allo specifico
stadio di sviluppo e ai bisogni psicobiologici del bambino è una chiave per il successo terapeutico.
L’assunto principale del modello neurosequenziale di terapeuticità è che il cervello umano ha la
funzione di mediare l’intero funzionamento dei sistemi emozionali, comportamentali, sociali,
motori e neurofisiologici. Il cervello è organizzato in maniera gerarchica in modo che l’input
sensoriale fa il suo ingresso attraverso le strutture corticali più basse. Queste mediano le funzioni
regolative più semplici (respirazione, battito del cuore, pressione del sangue e temperatura
corporea) mentre quelle più complesse (linguaggio e pensiero astratto) sono mediate dalle strutture
corticali più complesse. I canali d’accesso da cui l’input sensoriale primario passa dall’esterno
(luce, suono, gusto, tatto e olfatto) all’interno del corpo (livelli di glucosio e temperatura) sono
presenti nelle aree regolative corticali più basse. La conoscenza dello stato interno del bambino e
dei suoi ritmi di attivazione, fissati sul continuum dell’arousal, può aiutarci ad individuare i
momenti migliori dove è possibile intervenire terapeuticamente. Un modo di ottenere questo
consiste nell’ utilizzare alcuni canali preverbali come la musica o il movimento corporeo in maniera
ripetitiva e ritmica. Il ritmo della musica e del corpo in movimento permettono al bambino di vivere
una nuova esperienza dove l’affettività passa unicamente attraverso la comunicazione preverbale.
La ripetizione, la ritmicità dei suoni e dei gesti inseriti nel contesto di una relazione sicura e
protetta, consentono la riorganizzazione delle strutture corticali più basse, grazie ad una nuova
sincronizzazione delle reti neurali che escono lentamente da una situazione di caos e/o di blocco
aumentando di complessità. La funzionalità regolativa che il bambino acquisisce durante la
relazione intersoggettiva è mediata dalla presenza di un caregiver stabile e sintonico. L’attenzione e
la conoscenza del ritmo dell’altro rappresentano indicatori clinici e terapeutici. La curiosità e
l’esplorazione della persona dettano il ritmo al processo terapeutico. In anni recenti ricerche neuroscientifiche condotte sui sistemi di reti neurali, fra cui quelle a modalità resting e quelle del default,
mettono in evidenza l’andamento ritmico delle reti resting. Esse presentano determinate frequenze,
che consentono una maggiore flessibilità del sistema e quindi un adattamento più efficace ai
cambiamenti percepiti a livello intra, interpersonale e ambientale (Grecius et al. 2003; Gusnard et
al., 2001; Gusnard e Raichle, 2001; Raichle et al., Raichle e Snyder, 2007). Le reti a modalità
default hanno la capacità di regolare l’affettività, di interconnettere passato, presente e futuro e
quindi configurare l’istante successivo in base alle esperienze passate (Buckner, 2008). Il sistema
mente-cervello opera con ritmi definiti all’interno di un range di ottimizzazione cioè di sicurezza. Il
sistema default ha funzioni di riparazione con nuove esperienzialità che consentano la costruzione
di nuove reti e quindi di nuove possibilità. Anche le reti del sistema uditivo funzionano a modalità
di tipo resting. Esperienze musicali e di ritmo promuovono nell’intero sistema configurazioni
integrative ottimali tali da promuovere le capacità adattive.
Conclusioni
La rassegna di studi presentati consente di delineare alcune configurazioni della musicalità di
interesse clinico. a) La prima è trasversale alla relazionalità, come codice delle configurazioni
ritmiche preverbali e verbali in particolare della relazionalità interpersonale. b) La musicalità come
flusso di processi di informazioni e di energia con valenze riparative e clinico-terapeutiche. c) La
musicalità intrinseca al sistema terapeuta come persona in grado di interconnettere la propria
musicalità con quella dell’altro. Una letteratura ormai ampia mostra come il ritmo e la musicalità
possano favorire esperienze riparative che permettono l’evoluzione del sistema complesso
attraverso tutto l’arco della vita ma in particolare nell’età evolutiva. La terapeuticità è funzione
delle esperienze di vita del caregiver e della sua ricchezza interiore e complessità. Una letteratura
crescente riferisce di risultati positivi di terapie basate sulla ritmicità-musicalità interpersonale in
molti ambiti dei processi di disturbi di natura psichica. Sono necessari tuttavia studi sistematici per
poter avere conoscenze maggiori dei processi di vita coinvolti.
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