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Facoltà di scienze della Formazione
Laurea triennale in Formazione e Risorse Umane
Corso di Politica Economica e Gestione delle Risorse Umane
Prof. Aldo Gandiglio
TESINA
Distruzione Creatrice:
come la Globalizzazione cambia le culture del mondo
A cura di :
Terentii Cristina
A.A. 2013/2014
1
INDICE
Che cos’è LA GLOBALIZZAZIONE ........................................................................................................ 3
Origini della globalizzazione ................................................................................................................. 5
Globalizzazione Culturale ..................................................................................................................... 6
Globalizzazione e Società della Conoscenza ........................................................................................ 8
La competitività nel mercato globale ................................................................................................ 11
Aspetti positivi e negativi della globalizzazione ................................................................................. 13
Riflettere sui problemi per trovare soluzioni ..................................................................................... 15
Conclusioni ......................................................................................................................................... 15
Bibliografia ......................................................................................................................................... 18
Sitografia ............................................................................................................................................ 18
2
“L'antica distinzione tra uomo e natura, tra abitante di città e abitante
di campagna, tra greco e barbaro, tra cittadino e forestiero, non vale più:
l'intero pianeta è ormai diventato un villaggio, e di conseguenza il più piccolo
dei rioni deve essere progettato come un modello funzionale del mondo intero”
LEWIS MUMFORD
Che cos’è LA GLOBALIZZAZIONE
La parola “globalizzazione” è entrata nel vocabolario quotidiano negli ultimi trent’anni provocando uno dei
dibattiti più appassionati. Sempre di più si sente parlare di globalizzazione, sempre di più i giornali, la tele
visione, insomma i mezzi di informazione si occupano dell'argomento.
Ma esattamente per globalizzazione COSA SI INTENDE? GLOBALIZZAZIONE COSA VUOLE DIRE?
Per il termine globalizzazione, a quanto pare, non esiste una definizione precisa e ampiamente accettata
ad essa vengono riconosciuti differenti significati e riferimenti diversi. Nella sua accezione più generale, il
concetto di «globalizzazione» indica un insieme assai ampio di fenomeni, connessi con la crescita
dell’integrazione economica, sociale e culturale tra le diverse aree del mondo.
L'OCSE(Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo Economico) definisce la globalizzazione co
me un processo attraverso il quale mercati e produzione nei diversi paesi diventano sempre più interdipen
denti, in virtù dello scambio di beni e servizi e del movimento di capitale e tecnologia. La globalizzazione
si riferisce perciò principalmente ai mercati - più quelli finanziari che quelli economici - ma in realtà com
prende ogni aspetto dalla vita moderna.
Il sociologo U. Beck individua tre diversi utilizzi del termine, e distingue tra :

Globalismo, quando il riferimento è a un’idea di mercato mondiale, di neoliberismo che sostituisc
e o rimuove l’azione politica. Ad esso si contrappone la posizione di coloro che dicendo no al glob
alismo si schierano con intonazioni diverse a favore di un sostanziale protezionismo.
 Globalità, nel senso di società–mondo, in cui la rappresentazione di spazi chiusi perde significato.
In questo caso si ha riguardo sia a quella nuova forma di globalizzazione che ha per oggetto gli uo
mini ed è l’immigrazione che alla globalizzazione dei diritti e condivisione dei valori
 Globalizzazione, quando si guarda al processo attraverso il quale gli Stati nazionali e le loro sov
ranità, vengono condizionati e connessi trasversalmente da attori transnazionali, con apertura di sp
azi importanti per le culture locali.
La globalizzazione economica si concretizza in una intensificazione degli scambi commerciali accompag
nata dall’abbattimento delle barriere commerciali; in una crescita esponenziale dei flussi finanziari all’int
erno di mercati sempre più interconnessi; nell’aumento del numero, delle dimensioni e dell’influenza dei
gruppi economici transnazionali; nella diffusione delle nuove tecnologie, soprattutto nel campo dell’infor
mazione, con l’affermarsi, per alcuni, di un nuovo modello economico (la new economy);
Con gli anni si è riusciti a superare il concetto esclusivamente economico del termine, avviando il processo
su tutti i campi. La globalizzazione può essere vista come una internazionalizzazione di determinati
prodotti, suscitando una crescente omologazione a livello mondiale dei consumi, una standardizzazione
dei comportamenti antropologico-culturali, ai danni delle specificità locali.
Il processo di globalizzazione implica una diffusione a livello mondiale di determinati prodotti e attività, seco
3
ndo il motto:
"Think global & act local"(Pensare globalmente ed agire localmente)
Ma quando è iniziato questo processo? Quando è cominciata la globalizzazione? Nella seconda parte cer
cheremo una risposta a questa domanda.
4
Origini della globalizzazione
La globalizzazione non è un fenomeno nuovo. Secondo alcuni pensatori, il processo di globalizzazione ha
origini molto lontane. C'è chi sostiene che questo processo fu avviato al tempo dei Fenici, Cartaginesi e G
reci ed ebbe un’impennata decisa nella seconda metà del 1200 poi venne potenziato con le imprese dei gran
di esploratori del 1440-1600, soprattutto con la scoperta dell'America. Altri sostengono che con la rivoluzi
one industriale di fine '700, altri ancora col periodo che precedette la prima guerra mondiale.
Nel 1929, la globalizzazione conobbe i tempi bui della crisi. Globale fu il contagio del crollo della Borsa di
Wall Street e negli anni Trenta i paesi si chiusero a riccio, innalzando di nuovo le barriere che li separavano
. Prima della crisi di Wall Street, però, lo sviluppo della globalizzazione era già stato ostacolato da una seri
e di tragici eventi ,soprattutto, della Prima guerra mondiale.
Dopo la seconda guerra mondiale si è sviluppata sempre di più una politica di libero scambio ed è accresci
uta in proporzioni fino ad oggi del tutto sconosciute la mobilità delle persone e delle cose.
"Il nostro è un mondo nuovo di zecca, fatto di subitaneità. Il tempo è cessato, lo spazio è svanito. Ora noi v
iviamo in un villaggio globale, in un avvenimento simultaneo", così McLuhan introduceva l’espressione nel
suo famoso libro Understanding media (1964).La globalizzazione investe ogni campo ed il risultato, l'effett
o di questo fenomeno è quello che accade in un punto qualsiasi del pianeta è come se avvenisse sotto casa,
accanto a noi come se vivessimo in un immenso villaggio.
Infine, una data di nascita vera e propria è difficile da stabilire, quello che è certo è che a partire dagli anni
'70 del secolo scorso ha subito un'accelerazione senza confronti col passato. I fatti più rilevanti sono stati: l
a dichiarazione sulla liberalizzazione dei movimenti di capitale, fatta dal presidente americano Richard Nix
on nel 1971, insieme alla non convertibilità del dollaro, la politica Reagan - Thatcher degli anni '80, e anco
ra di più con la caduta del muro di Berlino del 1989, che ha aperto i mercati dell'Est al libero mercato, dal b
ipolarismo USA-URSS si è passati alla triade: USA-Giappone-Europa.
Una sorta di “Distruzione creatrice” sembra che ha investito gli ultimi decenni del ventesimo secolo. Agli i
nizi del Duemila non è rimasto alcun angolo di alcun continente, alcun gruppo umano o popolazione, le cu
i condizioni di vita non subiscano direttamente o indirettamente, per il meglio o per il peggio ,l'influenza de
l mercato mondiale.
Oggi viviamo in un Mondo globale, interconnesso, integrale, un mondo unico, senza frontiere, dove tutto e
tutti sono sempre raggiungibili. Il progresso tecnologico, divenuto sempre più veloce, ha ridimensionato le
barriere naturali agli scambi e alle comunicazioni, contribuendo alla forte crescita registrata dal commercio
internazionale e dagli investimenti diretti all’estero. Ma la globalizzazione non è solo questo. <<E’ in atto u
na rivoluzione sociale e culturale come conseguenza della globalizzazione economica>>dice un commenta
tore della CNN.<<Essa riguarda l’impiegato americano quanto l’uomo della strada di Mosca o il manager d
i Tokyo. Ciò significa che quello che facciamo in e per America vale per ogni altra parte del mondo. Le no
stre notizie sono notizie globali.>>(U.Beck,Che cos’è la globalizzazione)
5
“La globalizzazione culturale è una forma di totalitarismo.”
Jean-Luc Godard, su la Repubblica, 2004
Globalizzazione Culturale
La globalizzazione dell’agire economico viene accompagnata da ondate di trasformazione c
ulturale, un processo designato come “globalizzazione culturale”.
Si parla di "globalizzazione culturale" quando si vuole evidenziare che alcuni stili di vita
e alcune abitudini si diffondono rapidamente da un luogo all’altro della Terra, spesso a scap
ito delle tradizioni locali, che invece vanno scomparendo. Numerosi sociologi come U.Beck
, P.Berger, G.Ritzer ecc. hanno richiamato l’attenzione su alcuni fenomeni, modelli da imit
are universalmente, cioè della presenza di una cultura globale emergente.
Nella propagazione della “global culture” un fattore cruciale è il linguaggio. Al giorno
d’oggi l’inglese è parlato come prima lingua da circa trecento milioni di persone ed un quint
o della popolazione mondiale possiede un ottimo livello di competenza linguistica. Propagat
osi grazie agli scambi commerciali e soprattutto per mezzo di Internet, Hollywood e della c
ultura del consumo, è diventato il tramite con cui la “Torre di Babele” globale può comunic
are, tanto che questa lingua franca è stata ribattezzata “globish” (global English).
Secondo il sociologo americano P.Berger la dinamica sociologica del processo di globalizz
azione è segnata dalla <<sfida lanciata dalla cultura globale emergente di provenienza preva
lentemente occidentale e americana, che penetra il resto del mondo sia sul piano dell’élite c
he su quello popolare>>,rispetto alla quale la risposta data dalle differenti culture oscilla <<
fra l’accettazione e il rifiuto, con posizioni intermedie di coesistenza e di sintesi>>(Berger,2
002,2).”
Il fatto della diffusione su scala mondiale di catene di fast-food, parchi di divertimento, clu
b-vacanze ecc., ha suggerito al teorico Ritzer di identificare la globalizzazione con la Mc
donaldizzazione . Ritzer è convinto che la mcdonaldizzazione non si limiti alla ristorazione
ma sia ormai estesa" alla scuola ,il mondo del lavoro, i viaggi, l'alimentazione ,la politica, la
famiglia", ovvero ad ogni settore della società. Da questo punto di vista la posizione di Ritz
er si colloca dalla parte dei teorici che vedono nei processi di globalizzazione in corso la co
ndizione di possibilità della formazione di un "mondo unico" improntato ai modelli e agli st
ili di vita americani. Esso definisce la Mcdonaldizzazione come un processo di omologazio
ne e spersonalizzazione che con i suoi prodotti occupa un posto di primo piano nella cultura
di massa.
La globalizzazione viene vista dunque da questi autori come sinonimo di one-dimensional
way: come colonizzazione /omologazione planetaria sul modello americano; secondo quest
e prospettive l'unica realtà globale è quella americana. Questa "American Way of life" quest
6
o stile di vita, sta conquistando il mondo .I processi di globalizzazione sono il veicolo della
diffusione del "Modello McDonald's "nella vita quotidiana di individui di società le più lont
ane ,e per altri aspetti ,le più diverse tra loro.
Iniziata negli anni Ottanta ,la globalizzazione dei consumi è ormai giunta oggi a livelli pr
essoché assoluti. Lo studioso Ohmae, discutendo del sistema economico dei consumi, ha de
scritto la convergenza dei gusti e delle preferenze delle giovani generazioni, dall'America L
atina all'Estremo Oriente ,come un processo di californizzazione. Il simbolo della diffusione
a livello mondiale dei consumi occidentali è diventata la Coca-Cola. Nell’Asia orientale, pe
r definire questa diffusione ,che è vista come una specie di nuova invasione coloniale, si ad
opera addirittura un po’ seriamente un po’ ironicamente, il termine «Cocacolonizzazione».
Il fenomeno di occidentalizzazione suscita paure e contrasti. Negli ultimi tempi in molti
paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina, si va diffondendo il timore che
l’affermarsi di consumi e mode occidentali porti alla graduale scomparsa di molte tradizioni
culturali locali. È nato cioè, nei confronti dell’occidente, un atteggiamento misto, di
attrazione-rifiuto. Accanto alla voglia di godere della cultura e della tecnologia
occidentale, cresce un’avversione dovuta, in parte, al ricordo del colonialismo e
dell’arroganza razzista dei bianchi, e in parte all’orgoglio di appartenere a grandi culture,
non inferiori a quelle europee e americane, ma minacciate oggi dall’influenza dei modelli
occidentali.
Dunque ,come nottava il teorico P.Berger, la grande sfida che stanno per affrontare le
realtà locali – nazionali, regionali, provinciali – e di accettare l’omologazione culturale in
nome dell’America sovrana oppure di opporsi a tale livellamento della società tirando
fuori il proprio background secolare, fatto di cultura e tradizioni.
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Globalizzazione e Società della Conoscenza
La forza degli individui risiede nella loro capacità di apprendere,
cioè di dominare l’informazione, di assimilarla, di trasformarla in conoscenza
e di utilizzarla in modo rapido ed efficace" (Henry 1996).
Fino agli anni cinquanta, l’elaborazione e la comunicazione del sapere coinvolgeva una
minoranza di esperti, i contenuti erano definiti soprattutto da contesti istituzionali ed
accademici. Le nuove tecnologie possono consentire la comunicazione delle conoscenze a
tutti gli individui. La multimedialità, la realtà virtuale, le reti telematiche, i satelliti digitali,
Internet, modificano i processi di comunicazione del sapere ma anche i modi con cui si
acquisiscono. Questi cambiamenti inducono il passaggio da una società dell’informazione
ad una società della conoscenza. Questo modello di società si sviluppa sul cosiddetto
triangolo della conoscenza, composto da tre elementi essenziali:



Istruzione
Innovazione
Ricerca
Sinteticamente la società della conoscenza potrebbe essere definita, come riporta anche
Alberici in Imparare sempre nella società della conoscenza, come una società che:
“stimola e consente che tutti i suoi membri e gruppi sviluppino continuamente le loro conoscenze,
capacità e attitudini. L’istruzione è ancorata alla cultura come sua primaria condizione di esistenza. Ciò è
considerato altamente importante nei programmi di molte istituzioni sociali. Oltre ai sistemi di istruzione
numerose altre agenzie sono coinvolte, i mass-media, le organizzazioni sindacali, le industrie e il
commercio, i servizi sanitari, […] e quant’altro.”
Il termine “conoscenza” evoca un sapere di grande respiro, che va al di là della semplice
informazione, che è in grado di penetrare oltre la superficie delle cose, di stabilire
relazioni, di operare astrazioni e di abbracciare la complessità e la molteplicità.
La società della conoscenza ci richiede di rapportarci con un sapere dalle caratteristiche
nuove: dinamicità, distribuzione e globalizzazione, complessità.
Per la prima volta i temi della conoscenza sono stati individuati come portanti nella
riunione straordinaria tenutasi a Lisbona nel marzo del 2000 . Con la Strategia globale
concertata l'Unione si è prefissata l’obiettivo strategico di “diventare l'economia basata sulla
conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica
sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”.
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Nella Strategia di Lisbona si ribadisce che «le persone sono la principale risorsa per l’Europa» e
che l’educazione e la formazione devono essere «adeguate alle esigenze della società dei saperi e
alle necessità di migliorare il livello e la qualità dell’occupazione».
La prosecuzione del ciclo della strategia di Lisbona che si conclude nel 2010 è
rappresentata dalla nuova Strategia Europa 2020 che ha aiutato l'Unione ad attraversare
la tempesta della recente crisi.
La Commissione ritiene che la strategia UE 2020 debba concentrarsi su:
– crescita intelligente: sviluppare un'economia basata sulla conoscenza e
sull'innovazione;
– crescita sostenibile: promuovere un'economia più efficiente sotto il profilo
delle risorse, più verde e più competitiva;
– crescita inclusiva: promuovere un'economia con un alto tasso di occupazione che
favorisca la coesione sociale e territoriale.
Come si è notato la nuova strategia “UE 2020” dovrà rafforzare la dimensione sociale,
coniugare in maniera efficace e coerente la strategia di ripresa economica, la strategia per
la crescita e l’occupazione, lo sviluppo sostenibile e l’attenzione per i cambiamenti
climatici.
In questo scenario sta crescendo sempre di più la consapevolezza dell’entrata in crisi del
circolo virtuoso innovazione-sviluppo-crescita-occupazione, e quindi dell’esigenza di
preparare gli individui ad inserirsi costruttivamente in un modello di società dinamico ed in
continua evoluzione e in un mercato del lavoro estremamente flessibile che richiede
professioni nuove, professioni emergenti e l’attualizzazione delle professioni tradizionali.
Una delle trasformazioni che riguardano il mondo lavorativo scaturisce dalla progressiva
“dematerializzazione” del lavoro e all’aumento dei lavoratori della conoscenza, i cosiddetti
knowledge workers, intesi come coloro che fanno della conoscenza e del sapere la base
su cui impostare tutto il percorso lavorativo. Questo implica, per i sistemi di istruzione e
formazione, sia un prolungamento delle stesse verso l’istruzione terziaria (universitaria o
tecnicoprofessionale superiore) sia una ridefinizione delle professionalità. La nuova
professionalità richiede di sviluppare una capacità di utilizzare diverse competenze e
conoscenze (conoscenze specifiche, capacità relazionali e operative, competenze sociali,
ecc.) e che vengano, quindi, forniti a giovani e adulti percorsi educativi e formativi che si
fondino su solide basi di istruzione iniziale in previsione di favorire e orientare verso
percorsi di livello medio-alto. Dunque, per i sistemi educativi si profilano nuovi compiti: da
una parte promuovere la formazione degli strumenti concettuali necessari per rapportarsi
con i nuovi saperi e dall’altra rendere i processi di apprendimento al loro interno sinergici
con quelli che hanno luogo spontaneamente, soprattutto sulla rete, al di fuori dei contesti
istituzionali.
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La formazione deve raggiungere un’utenza di massa diversificata anche rispetto all’età.
Non è più possibile acquisire una professionalità valida per tutto l’arco della vita. Ciò
comporta lo sviluppo di capacità per inserirsi in un processo di apprendimento continuo,
spesso realizzato in situazioni di autoapprendimento, rivolto non solo a sviluppare
competenze settoriali specifiche, ma anche capacità cognitive superiori (attitudini al
ragionamento, alla risoluzione dei problemi e alla pianificazione delle azioni) ed abilità
sociali (autonomia, capacità di comunicazione e di collaborazione).
La sfida per l’Europa è affrontare i cambiamenti derivanti dalla svolta epocale risultante
dalla globalizzazione e dalla nuova economia basata sulla conoscenza cercando di
mantenere coerenti i propri valori e concetti di società.
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La competitività nel mercato globale
Nei precedenti capitoli abbiamo sottolineato la varietà di significati che porta in sé il fenom
eno di “globalizzazione” .
Secondo il grande studioso Luciano Gallino uno dei significati più noti di questo fenome
no è di "universalismo del mercato", cioè un' espansione mondializzante del mercato.
Il termine “ mercato” è stato definito dai numerosi teorici come un complesso e instabile
esito d'un processo di costruzione sociale ,nel quale un ruolo decisivo appare svolto dallo st
ato. Al presente ,la costruzione sociale del mercato a livello planetario è orientata e per dive
rsi aspetti imposta a tutti i livelli (economico, politico, culturale) dalle direttive del G-7(il gr
uppo dei sette paesi più industrializzati del mondo );dagli accordi della OCSE; dalle norme
del Fondo monetario internazionale; dalle azioni della Banca mondiale e della Banca per i r
egolamenti internazionali; dalle politiche della Organizzazione mondiale per il commercio.
Un’economia globale è un’economia le cui attività centrali funzionano come un’unità int
egrata che opera simultaneamente su scala planetaria. I mercati dei capitali sono interconnes
si in tutto il mondo, in modo che in tutti i paesi i risparmi e gli investimenti, anche se non so
no investiti globalmente, dipendono per i loro risultati dall’evoluzione e dal comportamento
dei mercati finanziari globali. Un momento di grande rilevanza è la partecipazione ai merc
ati globali di numerosi paesi in via di sviluppo come la Cina, Filippine, Malesia,
India, Messico, Argentina, Brasile e altri .
La combinazione tra progresso tecnologico, minori costi di trasporto e liberalizzazione del
le politiche nell’Unione europea e altrove ha determinato un incremento dei flussi commerc
iali e finanziari tra i paesi, con importanti ripercussioni sul funzionamento dell’economia de
ll’UE.
Il segno principale dell’economia globale è stata l’accelerazione, senza precedenti per la sua
dimensione quantitativa, del commercio mondiale. Per quanto il tasso di crescita registrato i
n anni precedenti sia comunque stato elevato, grosso modo doppio rispetto alla crescita del
prodotto interno lordo, è negli anni ’90 che la progressione del commercio mondiale (in part
icolare dei prodotti industriali) si disaccoppia dalla crescita della produzione e del reddito. T
ra il 1990 e il 2000, mentre la produzione è cresciuta del 27% e il reddito mondiale del 25%
, il volume delle esportazioni è presso chè raddoppiato (+96%) e in valore è cresciuto dell’
80%.
Gli effetti dell'espansione priva di regole del mercato e dei mercati sono da vedersi princi
palmente nel fatto che gli individui, le imprese, i paesi si trovano a dover competere duram
ente gli uni con gli altri allo scopo di sopravvivere, siano o no attrezzati per farlo.
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La competizione è la forza motrice della globalizzazione. Essa è necessaria per costruire un
modello destinato a durare nel tempo, sostenibile, che sappia conservare il suo posto nel mo
ndo di domani, dove si viva bene, vi sia prosperità e coesione sociale piuttosto che disoccup
azione, esclusione, disparità crescenti, povertà e insicurezza.
Secondo la teoria economica tradizionale, il regime di libera concorrenza realizza una sit
uazione di ottimo, cioè la migliore situazione possibile, per la collettività. Ciò accadrebbe p
er tre motivi:
1) in concorrenza, il prezzo dei beni tende ad eguagliare il costo dei produzioni dei beni st
essi;
2) la concorrenza realizza la sovranità del consumatore;
3) la concorrenza spinge le imprese ad utilizzare i fattori produttivi (capitale e lavoro) in
modo efficiente (cioè economico o razionale) e fa ottenere nel sistema economico il massim
o volume possibile di produzione (di beni e servizi).
Nel contesto globale che si è contornato l’Europa deve sostenere la forte concorrenza dell
e economie a bassi costi, come quella cinese e indiana, e di quelle incentrate sull’innovazio
ne, come quella statunitense. L'unica soluzione è essere sempre due spanne avanti agli altri,
in altre parole "innovazione, innovazione, innovazione". Occorre realizzare prodotti sempre
più innovativi, servire i clienti sempre meglio, creare delle procedure interne che diminuisca
no tutti gli sprechi e le inefficienze.
Per quanto riguarda la competitività complessiva dell’Italia, dal Global Competitiveness
Report 2011-2012 elaborato dal Word Economic Forum, ci risulta che resta il paese del G7
con il ranking più basso ,posizionandosi al quarantatreesimo posto superata da paesi come
Barbados, Porto Rico, Malesia ed Estonia. I maggiori problemi che bloccano la competitivit
à in Italia sono l’inefficienza della burocrazia e le aliquote fiscali, ma anche l’accesso al cre
dito, regole restrittive sul mercato del lavoro e il livello inadeguato delle infrastrutture.Un s
uggerimento del Fondo monetario internazionale in riferimento al miglior
amento della competitività arriva da un documento secondo cui è urgente superare il nanis
mo delle aziende e spingere l’acceleratore sull’innovazione ed efficienza.
Nell’era della globalizzazione occorre essere competitivi per garantire, mantenere nel temp
o e potenziare i modelli locali che entrano tra loro in contatto gettando il fondamento di un
mercato globale. Gli Stati, sotto lo stimolo delle istituzioni, si dovranno fare carico di creare
istituzioni adatte alla competizione globale, ossia regole del gioco che offrano opportunità e
non vincoli, e giocatori preparati a sfruttarle positivamente.
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Aspetti positivi e negativi della globalizzazione
“La globalizzazione, così come la definiamo noi uomini ricchi,
è qualcosa di molto interessante…. perché parliamo di internet, di cellulari, di personal computer.
Peccato che tutto ciò non comprenda ben due terzi del mondo”
Jimmy Carter
La globalizzazione offre grandi opportunità per il progresso umano: l'era della globalizzazio
ne sta aprendo numerose possibilità per milioni di individui favorendo una serie di benefici
come:
1. la costruzione del grande mercato interno ;
2. la ricchezza mondiale e possibilità di sviluppo ;
3. la libertà culturale ;
4. una politica globale responsabile ;
5. i progressi tecnologici ;
6. l'istruzione la formazione ;
7. il mondo del lavoro ;
8. una migliore organizzazione aziendale.
Ma come ogni cosa ha i suoi pro e contro, da alcuni è vista come una salvezza e da
altri come un nemico da temere. La globalizzazione quindi divide due gruppi di pensiero: i
pro che sostengono la necessità di eliminare tutte le barriere doganali in modo da aprire i m
ercati dei paesi industrializzati alle esportazioni dei paesi poveri e secondo cui il livello dell
e aspirazioni si è alzato ed il benessere permette di sopportare la disoccupazione in attesa di
trovare un lavoro desiderabile. Coloro che sono contro la globalizzazione ( i NO GLOBAL)
credono che con essa si costruiscono grandi ricchezze e si rovinano intere nazioni tramite m
ovimenti di capitale che speculano sui paesi più poveri che ,invece che svilupparsi, rimango
no perennemente subordinati al potere delle multinazionali. In questo contesto si diffondon
o i seguenti fenomeni negativi :
1) Instabilità finanziaria e insicurezza economica
2) Insicurezza relativa al posto di lavoro e al reddito
3) Insicurezza culturale.
Esistono certo basi teoriche e fattuali per affermare che attraverso il progresso e la diffu
sione delle tecnologie dell'informazione ,del libero movimento dei capitali e dell'espansione
del commercio mondiale, la globalizzazione reca in sé importanti opportunità. Sono opportu
nità di crescita economica ;di sviluppo sociale e personale; di riduzione della disoccupazion
e e della povertà che è diminuita più negli ultimi 50 anni che durante gli ultimi 500;di migli
13
oramento della qualità del lavoro e della vita.
Gli effetti diretti della globalizzazione sono stati oggetto di grande discussione.
Una delle più importante conseguenze che si rivela un arma dal duplice taglio è la concorr
enza: da un lato essa incoraggia la creatività e l'innovazione e mantiene controllati i prezz
i delle materie prime e dei servizi ma dall’altro lato molti Paesi poveri vengono esclusi dal
commercio mondiale non potendo competere con le grandi multinazionali, le vere protagoni
ste della globalizzazione; in conseguenza di ciò cresce il divario tra Nord e Sud del mondo.
Un altro fenomeno causato dalla globalizzazione che può essere considerato sia positivame
nte che negativamente è lo spostamento delle multinazionali occidentali nei paesi del Terzo
Mondo, cosiddetto il fenomeno della delocalizzazione.Questo fenomeno ha come causa pri
ncipale il basso costo della manodopera nei paesi del Terzo Mondo dove, la popolazione po
vera accetta stipendi molto bassi; se da un lato questo fenomeno ha permesso un aumento
dei posti di lavoro e quindi una diminuzione della disoccupazione nei paesi del terzo mondo
, d'altro canto ha favorito lo sfruttamento delle popolazioni del Terzo Mondo allargandosi a
nche il lavoro e lo sfruttamento minorile (cf. palloni, scarpe e tappetti fatti dai bambini); ed
una crisi crescente nei paesi occidentali dove aumentano i licenziamenti .
Lo spostamento delle aziende occidentali nel Terzo Mondo a sua volta ha favorito l'industri
alizzazione dei paesi del Terzo Mondo e quindi l'unificazione economica di tutto il pianeta.
La Commissione europea calcola che circa un quinto del miglioramento del tenore di vita
nell’UE negli ultimi 50 anni è attribuibile alla globalizzazione. Per questa ragione l’UE ha a
ssunto un atteggiamento decisamente favorevole ad una maggiore apertura economica. La s
ua politica commerciale si è rivelata un importante strumento per guidare la liberalizzazione
degli scambi a livello mondiale.
In conclusione, secondo Joseph Stiglitz- premio Nobel per l'economia nel 2001 ed ex con
sulente della Banca Mondiale- la globalizzazione è una forza positiva che ha portato enormi
vantaggi ad alcuni, ma per il modo in cui è stata gestita, tanti milioni di persone non ne han
no tratto alcun beneficio e moltissime altre stanno ancora peggio di prima.
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Riflettere sui problemi per trovare soluzioni
Conclusioni
“ Se non prendiamo atto dei problemi della globalizzazione e non li affrontiamo, sarà
difficile proseguire su questa strada.”
J. Stiglitz
In conclusione di questa tesina proverò a sviluppare alcune riflessioni sui problemi e
sulle eventuale soluzioni che porta in sé il fenomeno della Globalizzazione.
Una sorta di "Distruzione creatrice" sembra che ha investito gli ultimi decenni del
ventesimo secolo fino al giorno d’oggi . Molto si è discusso sui problemi che sono emersi
con l’affermarsi del fenomeno della globalizzazione. Uno dei problemi più noti è il
fenomeno delle nuove schiavitù, causato della povertà presente nel Terzo Mondo. Secondo
lo studioso Kevin Bales, essa presenta le seguenti caratteristiche:
1) la violenza, attraverso la quale si ottiene l'obbedienza;
2) la durata: tipiche della nuova schiavitù sono, infatti, la “prigionia” di breve
durata; breve può voler dire 10 settimane come 10 anni, ragion per cui gli
schiavisti non hanno interesse per la salute del loro investimento. I nuovi
schiavi sono una merce"usa e getta";
3) la perdita del controllo sulla propria vita da parte della schiavo;
4) l'inesauribilità del debito nei confronti del padrone.
Un lato ancora più oscuro della nuova schiavitù è la schiavitù minorile che si sta
affermando nei nuovi paesi emergenti come la Cina-che può essere considera oggi la
fabbrica del mondo- e l'India- diventato il più importante paese al mondo nel settore
informatico. Anche se stanno attraversando una eccezionale fase di crescita economica,
culturale e sociale comunque al loro interno permangono forti squilibri sociali e un
crescente divario tra poveri e ricchi.
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Come un esempio della povertà ed emarginazione dell’ attuale “terzo mondo globalizzato”
voglio citare la storia di Iqbal che può essere considerata una metafora della schiavitù
minorile dell'economia globale.
Iqbal Masih è il ragazzo pakistano di 12 anni che è diventato in tutto il mondo il simbolo
della lotta contro la schiavitù minorile. Questo grazie al coraggio dimostrato nel ribellarsi
alla tirannia dei suoi padroni. Le sue gesta sono state da insegnamento per altri piccoli
schiavi.
E' molto difficile stabilire con esattezza il contributo fornito dagli schiavi all'economia
mondiale ma dai calcoli degli studiosi si stima un profitto totale annuo di tredici miliardi di
dollari.
Nell’era della globalizzazione siamo tutti coinvolti e influenzati anche da eventi a grande
distanza, perciò dobbiamo prendere coscienza degli effetti della povertà dei paesi del sud
del mondo e trovare delle soluzioni. Come sostiene un studioso del fenomeno
:”L'integrazione economica globale ha contribuito alla riduzione della povertà, ma
l'economia globale potrebbe essere molto più inclusiva: non si può continuare ad escludere
dalla crescita economica il gruppo dei paesi più poveri… circa un quinto della popolazione
mondiale vive con meno di un dollaro al giorno e questo è inaccettabile”
Un alto problema di quale dobbiamo prendere coscienza e la criticità ambientale. Il nostro
pianeta continua a correre forti rischi di sostenibilità ambientale a causa del modello di
sviluppo economico dominante .
Il “global warming” causa:
1) immissione nell’atmosfera di gas serra (anidride carbonica, metano, sostanze inquinanti)
prodotti dall’attività industriale dell’uomo.
2) deforestazione indiscriminata dei polmoni verdi della Terra che porta a grave
conseguenze come all’amplificazione dell’effetto serra naturale ,all’aumento della
temperatura sulla terra ed a cambiamenti climatici(fusione dei ghiacciai, desertificazione,
fenomeni meterelogici estremi ed imprevedibili).Su questi aspetti purtroppo continua a
mancare una adeguata risposta da parte dei policy maker delle principali nazioni del mondo
ma comunque si stanno esplorando le possibilità per una società economicamente ed
ecologicamente sostenibile.
Con la globalizzazione il mondo si sta trasformando. La maggioranza delle persone vive
sempre nello stesso posto e non si rende conto che con la globalizzazione ne facciamo
ormai tutti parti di una comunità globale. Siamo tutti coinvolti in questo processo: non si
può fermare, ma si può cercare di indirizzarlo per viverlo al meglio.
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La sfida che si pone per tutti gli Stati è l’affrontare la diversità degli squilibri presenti nel
mondo globale, come:
- l’aumento della povertà del Terzo mondo;
- l’invecchiamento della popolazione nel mondo sviluppato che lascia scoperti alcuni
lavori;
- emigrazione dei paesi poveri del terzo mondo verso quelli più ricchi dell’Europa e
del ’America del Nord dove c’è la necessità di accoglienza e l’ integrazione degli
immigrati ecc. Per superare tutti gli squilibri serve favorire lo sviluppo economico del
terzo mondo, eliminare i focolai di guerra e di ridurre le spese militari.
Il grande studioso Joseph Stiglitz ritiene che la globalizzazione possa essere una forza positi
va e che abbia tutte le potenzialità per arricchire chiunque nel mondo, in particolare i poveri
.Ma perchè ciò avvenga, è necessario un ripensamento attento del modo in cui essa è stata
gestita ,degli accordi commerciali internazionali che tanto hanno fatto per eliminare quelle b
arriere e delle politiche che sono state imposte ai paesi in via di sviluppo durante il processo
di globalizzazione.
In conclusione:
“Nell'età della globalizzazione,<<se le opportunità globali non si muovono verso la gente ,
allora sarà inevitabile la gente a muoversi verso le opportunità globali.>>”
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Bibliografia
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Leonardo Allodi ”Globalizzazione e relativismo culturale”,
EdizioniStudium-Roma,2003
Joseph E.Stiglitz ”La globalizzazione che funziona”,Einaudi,2007
“La globalizzazione e i suoi oppositori”2003
Luciano Gallino “Globalizzazione e Disuguaglianze”2009
Sitografia
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http://progettogift.wordpress.com/2012/03/15/che-cose-la-globalizzazione/
http://www.villaggiomondiale.it/ricerchetemiglobalizzazione.htm
http://www.unimondo.org/Guide/Economia/Globalizzazione
http://curba.racine.ra.it/_static/materialeStud/globalizzazione/globalizzazione_culturale.htm
http://www.oecd.org/general/38144191.pdf
http://www.gabrielesannino.com/stampa2.asp?st=10
http://www.garito.it/saggi/01globalizz_innovaz.html
http://ec.europa.eu/economy_finance/international/globalisation/index_it.htm
http://www.economiaepolitica.it/index.php/primo-piano/il-dibattito-economico-su-globalizzazione-e-distri
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http://ariresearch.org/it/2011/12/14/educazione-globale/
http://www.lacomunicazione.it/voce/villaggio-globale/
http://italianieuropei.it/italianieuropei-5-6-2013/item/551-l-unione-europea-come-risposta-alla-globaliz
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