Lo sapevate che**.. Viaggio nell*antica Roma

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Classe 1^C
a.s. 2013-2014


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LO SAPEVATE CHE…
il culto della
bellezza non
caratterizza solo le
donne di oggi?























Nell’ antica Roma, ad esempio, le matrone erano molto vanitose.
Amavano indossare abiti confezionati con tessuti preziosi,
come la seta, e dai colori sgargianti.
L'indumento fondamentale comune era la stola, un vestito senza
maniche, in lino o lana, lungo sino ai piedi, chiuso da una fibbia
sul petto e stretto in vita da una cintura ricoperta da bottoni
preziosi.
Completava il guardaroba la palla, un mantello che serviva per
coprire anche il capo.
La scelta di tessuti pregiati era segno di appartenenza ad un ceto
sociale alto; le donne amavano esibire anche complesse
acconciature per capelli e l’utilizzavano vistosi gioielli: anelli,
bracciali, cavigliere in oro e pietre preziose come perle, quarzo.
La vanità delle donne romane non finiva qui. Sapevate che
utilizzavano parrucche e addirittura la tinta per capelli? Ebbene
si!
Immaginavate che usavano il make-up? Niente ciprie,
fondotinta e creme prodotte industrialmente, ma prodotti
naturali come il latte, il miele, oli e balsami per la pelle, il
carbone per contornare gli occhi, estratti da piante come
ombretti e rossetti.
Non poteva certo mancare il profumo, molto utilizzato dalle
donne che appartenevano a famiglie privilegiate.
Il risultato di tanta bellezza era possibile ammirarlo allo
specchio del quale quasi nessuna delle donne romane poteva
fare a meno.
Il poeta latino Virgilio affermava: la virtù è maggiormente gradita
se rifulge in un bel corpo; seguire la moda era un modo per
sottolineare il proprio ruolo e il proprio potere.


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OGGI …
è forse cambiato il concetto di bellezza?
No!
Curare l’aspetto esteriore continua ad essere
importante, per i giovani e per gli adulti.
Vestire alla moda è simbolo di appartenenza al gruppo
o ad un certo ceto sociale.
Abbiniamo con cura vestiti e accessori. Seguiamo le
sfilate e leggiamo giornali di moda.
Utilizziamo il trucco che si è molto evoluto.
Oggi però si fa ricorso ad altri mezzi, in nome della
bellezza, ad esempio intervenire chirurgica mente per
migliorare il proprio aspetto fisico , è diventato
normale.
E purtroppo sembra che la bellezza esteriore sia più
importante della bellezza interiore e tante volte anche
della salute.






M. BRANCIFORTI
G. ANNALORO

S. SCELBA.


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LO SAPEVATE CHE…
non sempre l’amore è
la condizione
indispensabile che
conduce un uomo e
una donna al
matrimonio?













Nell’antica Roma il pater familias prendeva tutte le
decisioni; ad esempio aveva il potere di combinare il
matrimonio delle figlie che all’età di undici anni erano
già promesse spose. La futura matrona romana viveva
quindi per la famiglia: si occupava della casa, del
marito, dei figli.
Il pater familias possedeva ogni cosa: beni e
proprietà, dominava sulla moglie e sugli schiavi, aveva
persino il potere di vendere i figli e i neonati che
potevano non essere riconosciuti e quindi abbandonati.
Le famiglie romane, denominate gens perchè
discendevano dallo stesso antenato, avevano lo stesso
nomen, al quale poi si aggiungeva il proprio nome, cioè
il prenomen.
Il fidanzamento o sposalia era una cerimonia alla
presenza di amici , parenti con la quale si compiva la
promessa di matrimonio, durante la quale il fidanzato
consegnava un anello che si usava mettere all’anulare
sinistro perche i romani credevano che fosse collegato
al cuore.
In attesa del matrimonio , confarreatio, si preparava la
cerimonia e organizzava la futura vita da sposata: dal
corredo, alla casa, agli schiavi. Era accurata la scelta del
vestito, dell’acconciatura e dei gioielli: una tunica
lunga e una cinta stretta in vita, la palla, ossia un
mantello, sandali e gioielli. Molto curata anche
l’acconciatura arricchita da piante particolari: verbena e
maggiorana, oppure mirto, o fiori d’arancio; un velo,
infine ricopriva il viso della giovane. Il sacrificio di un
animale agli dei, dava inizio alla cerimonia.
Alla giovane venivano donati oggetti simbolici della
sua futura vita da donna sposata: conocchia e il fuso.
Balli, pranzi completavano la cerimonia che si
concludeva nella casa dei due sposi dove il marito
consegnava alla moglie il fuoco della dea Vesta,
simbolo del focolare domestico.


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Come nell’antica Roma ancora oggi il matrimonio è
un momento importante.
Molte cose sono cambiate: non c’è più il pater
familias che decide ogni cosa, è la donna libera di
scegliere il proprio compagno. La donna non è solo
casalinga, moglie e madre, ma si realizza al di fuori
della famiglia.
Eppure la donna romana non visse sempre
sottomessa al padre o al marito. In epoca augustea
iniziò ad emanciparsi, gestendo, addirittura il
proprio patrimonio che poteva essere ereditato;
molte donne si dedicarono alla cultura e una
famosa poetessa fu Sulpicia ; non mancarono donne
esperte in medicina e giurisprudenza.
E cosa dire del divorzio? Non è una pratica della
nostra epoca. Già nell’età arcaica il pater familias,
poteva decidere il divorzio dei figli; la maggior
parte delle volte era il marito a volere il divorzio,
ma non mancarono casi in cui anche le donne
decidevano di separarsi.
Ciò non significa che tra uomo e donna si era
raggiunto il principio di uguaglianza che abbiamo
conquistato oggi.







Federica Palio
Sinopoli Federica
Eliana Cavalieri


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LO SAPEVATE CHE…?
anche per i romani la
cucina era un’arte?























Faremo un viaggio alla scoperta dei piatti e delle loro
abitudini …
Di norma il pasto principale era la cena; pasti semplici
e consumati in piedi, «sine mensa,» erano lo
jentaculum la mattina e il “prandium” del
mezzogiorno.
L’alimentazione di epoca arcaica era sobria , basata su
legumi , cereali , formaggio, ortaggi e frutta.
Con la conquista dell’Oriente arrivarono sulle tavole
dei romani ricchi, le ciliegie , le albicocche , le pesche e
le spezie.
Il Romano povero, invece, non aveva accesso a cibi
costosi, i suoi pasti erano semplici costituiti da radici ,
cipolle e cavoli .
Molto apprezzate erano le uova, il pesce fresco , l’olio
d’oliva e il Garum ( una delle salse più note
dell’antichità, che non assomiglia alla nostra maionese),
di cui faceva largo uso Apicio, cuoco vissuto tra il 27
a.C. e il 37 a.C.
L’autore ci ha lasciato un documento importante il De
re coquinaria , un testo molto complesso costituito da
ricette di salse e di piatti completi che testimonia le
abitudini alimentari delle famiglie ricche romane.
Che ne pensate di questa ricetta?
Ius in pisce elixo
Piper, ligusticum, cuminum, cepulam, origanum,
nucleos, careotam, mel, acetum, liquamen, sinapi,
oleum modice, ius calidum si velis, uvam passam.
(De re coquinaria , 435)
Salsa per pesce lesso
Pepe, ligustico, cumino, cipollina, origano, gherigli di
noce, carota, miele, aceto, garum, senape, olio con
moderazione, brodo caldo se si vuole, uva passa.


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Era abitudine mangiare anche carne di vitello, di pecora o
di capra.
Oggi non troveremo gradevoli buona parte delle ricette
romane giunte fino a noi: pere lesse salsa di pesce pietanze
a base di volatili.
A Roma i pistores (fornai) comparvero nel secondo secolo
a.C .
Fino ad allora il sostituto del pane era una galletta così dura
da essere usata come piatto.
Queste focacce azzime furono sostituite con pane impastato
con olio , latte, zafferano, rosmarino e capperi.
Anche il formaggio era presente nelle tavole dei romani; la
produzione di formaggio era di origine etrusca e i romani
la diffusero per secoli; era prodotto nelle villae di
campagna. Virgilio ricorda che i legionari Romani avevano
diritto a 27 grammi di pecorino al giorno .
Tra le bevande il vino era il prodotto più apprezzato e
bevuto nel mondo antico.
I Romani ricavavano poi bibite anche dalla frutta
Particolarmente apprezzata era l’aqua mulsa (preparata con
una parte di miele e due di acqua).
Nelle case romane lo spazio per cucinare generalmente era
piccolo.
Si cenava di solito nel triclinio, un locale ampio.







Fiorentino Marta

Serena Sortino

Serena Messina
Di liberto Andreina


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LO SAPEVATE CHE…?
anche la vita del
bambino romano si
alternava tra giochi e
studio?






















Nell’età arcaica spettava alla famiglia educare i
figli. Il bambino fino a sette anni era istruito dalla
madre; dopo spettava al padre la piena potestas,.
L’educazione si basava principalmente
sull’imitazione dei comportamenti ritenuti corretti:
obbedienza alla famiglia, rispetto degli anziani e dei
valori tradizionali: mos maiorum. Lo studio teorico si
alternava alla pratica ed era caratterizzato
soprattutto da racconti educativi che avevano lo
scopo di trasmettere insegnamenti utili.
Dopo le guerre puniche i Romani entrarono in
contatto con la cultura greca e nacquero le scuole,
che tolsero al pater familias il compito di educare i
figli. Solo i figli delle famiglie ricche potevano
imparare a leggere e a scrivere. Nelle famiglie
povere, i bambini, dovevano andare a lavorare. per
diventare contadini, soldati o artigiani.
Le bambine, invece, imparavano dalle madri a
cucinare, filare, cucire e gestire la casa.
I maestri erano schiavi greci al servizio delle
famiglie aristocratiche.
Per apprendere utilizzavano libri che costavano
poco e scrivevano con una penna appuntita, stilus,
su delle tavolette ricoperte di cera, tabulae . Per i
calcoli usavano dei sassolini e l'abaco.
I livelli di istruzione erano tre:
Ludus letterarius dove il bambino tra i 5 e i 7 anni
imparava a leggere e scrivere in latino e greco;
questa formazione assomiglia alla nostra scuola
elementare;
Grammatici schola dove imparavano a conoscere le
grandi opere umanistiche e a parlare correttamente;
simile al nostro liceo.
Rhetoris schola dove imparavano l’arte della
retorica, dei discorsi.
.


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Per stimolare gli alunni a studiare non esistevano le note
disciplinari che oggi riempiono spesso i registri di classe o le
sospensioni, i maestri utilizzavano punizioni corporali per mezzo

di un frustino chiamato ferula.
Per i più diligenti si organizzavano viaggi d’istruzione in Grecia, dove
era possibile entrare in contatto con la cultura greca.
Quando le scuole divennero pubbliche venne creato un calendario
scolastico; l' anno scolastico iniziava a marzo alternato da vacanze nei
giorni festivi. Le lezioni iniziavano al mattino, con una sosta verso
mezzogiorno e venivano riprese nel pomeriggio . Le classi erano sia
maschili che femminili fino all' età di dodici anni, dopo erano
essenzialmente formate di soli maschi appartenenti a ricche famiglie.
Molto è cambiato da allora: oggi l’ istruzione è fondamentale e la
nostra Costituzione sancisce questo diritto negli articoli:
n.33 “L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento; la
Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole
statali per tutti gli ordini e gradi;
n.34” La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per
almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche
se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli
studi.
La vita di un ragazzo romano non era caratterizzata solo dallo
studio; i ragazzi alternavano l’impegno scolastico con giochi per
strada o in piazza. I giocattoli erano molto semplici e fatti di materiali
poveri, come legno, creta, stracci e segatura; alcuni di moda ancora
oggi, come la palla, l’altalena, la trottola e l’aquilone.
Si giocava, anche, tenendo a dritto in bilico un grande cerchio di legno
e si andava avanti spingendolo con una bacchetta.
Oppure si giocava a palla, specialmente all’harpastume: quattro o più
giocatori, disposti in cerchio e tutti di spalle, dovevano lanciarsi una
palla pesante piena di segatura, prenderla non era poi così facile!
Le bambine invece portavano a spasso la loro bambola fatta di stracci.
Ma alcune, più benestanti, avevano bambole sofisticate, con le braccia
e le gambe snodate, che somigliano molto alle moderne Barbie.
Un altro passatempo dei bambini e anche dei grandi era il gioco del
tris o filetto: piccoli segni, cerchietti o croci, venivano tracciati in un
quadrato diviso in caselle, che funzionava come una piccola
scacchiera. Vinceva chi riusciva ad inserire tre segni uguali, prima che
l’avversario bloccasse il tris con il proprio segno.





TASCA M . ,
LOUHICHI R. , POLIZZI S.


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LO SAPEVATE
CHE…? le metropoli
non sono di origine
contemporanea?










Dal 753 a.C. data delle sue origini, Roma in pochi
secoli, da villaggio diede origine ad un immenso
impero e si trasformò nella prima grande metropoli
della storia.
In età imperiale i suoi abitanti furono circa un milione.
Assomigliava molto ad alcune delle metropoli di oggi:
Parigi, New York, e simile ad alcune nostre città come
Milano, Napoli e Palermo.
Soprattutto nei quartieri popolari dell’antica Roma
troviamo delle somiglianze con quelli dell’odierna
Napoli o Palermo. La costruzione tipica era l’insula,
quasi un moderno condominio, con tanti appartamenti
ma abitato da famiglie di origine plebea che potevano
pagare l’affitto. Il pianterreno era occupato da negozi,
tabernae.
Il quartiere più povero era la Suburra, a Trastevere, cioè
nella zona «oltre il fiume Tevere». Gli abitanti
svolgevano lavori abbastanza umili: erano macellai,
operai, ortolani, pescivendoli. C’era un piccolo mondo
pieno di vita, di rumori e di odori. I luoghi di lavoro
erano: macellum (mercato della carne), forum
piscatorium(mercato del pesce), holitorium (mercato
delle erbe). Molte erano anche le osterie, dove si beveva
soprattutto vino e ci si ubriacava frequentemente;
erano frequentate da persone provenienti da tutto
l’impero in cerca spesso di lavoro.


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Roma era quindi una città multietnica come le nostre
città e la convivenza non sempre era pacifica; le strade
durante il giorno erano percorse da carri, ma la sera
non avendo illuminazioni erano pericolose perché si
correva il rischio di essere derubati e aggrediti molti
erano i furti e incidenti, da parte di ladri e vagabondi.
I ricchi infatti uscivano accompagnati da schiavi
armati. Frequenti erano anche gli incendi perché le
insule erano fatte di legno. Se un’insula veniva bruciata
era la rovina del proprietario. Esisteva anche il corpo
dei vigili del fuoco, costituito da persone che
controllavano la città. Gli incendi venivano spenti con
terra e acqua.e si utilizzavano anche i siphones, pompe
idrauliche.







Gli aristocratici invece vivevano in case grandi, domus,
nelle aree centrali, circondate dal verde.
Le zone dove sorgevano le domus erano: Palatino,
Campidoglio, Aventino, Quirinale. Nomi a noi noti perchè
alcuni luoghi delle più importanti sedi istituzionali:, tra
queste il Quirinale oggi sede della Presidenza della
Repubblica.
Per rendere piacevole la vita della popolazione, che
viveva in condizioni poco favorevoli, furono costruiti,
nel corso dei secoli, edifici e monumenti che ancora
oggi possiamo ammirare: terme, circhi, teatri, anfiteatri,
archi di trionfo e basiliche.








Amato Alberto
Cusumano Francesca
Salamone Chiara
Marino Vincenzo


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LO SAPEVATE
CHE…? la vita di un

soldato romano
iniziava sin da piccolo?











La grandezza di Roma fu dovuta all’organizzazione
dell’esercito.
L'esercito era composto da legioni formate da 6000 fanti e 300
cavalieri.
Questa struttura è stata però modificata nel corso del tempo.
Una caratteristica fondamentale era che tutti i cittadini potevano
entrare a far parte dell’esercito appena compiuti 17 anni, purchè
fossero in grado di pagarsi le armi, l’attrezzatura e mantenere il
cavallo. Per molto tempo, quindi, solo gli aristocratici poterono
diventare soldati, erano esclusi i più poveri.
Molto importante era anche la marina militare. I Romani
costruirono una flotta quando iniziarono ad espandersi nel
Mediterraneo durante le guerre puniche. I romani però al
combattimento per mare preferivano i combattimenti per terra.
Man mano che Roma diventava sempre più grande e potente,
era necessario avere sempre a disposizione militari pronti a
combattere. Così, il console Mario riformò l’esercito: adesso tutti
potevano farne parte anche coloro che non potevano comprare le
armi, dovevano però essere cittadini romani. Inoltre venivano
pagati. Appena arruolato, il cittadino romano, indossava al collo
una medaglia di bronzo con inciso il nome, inoltre quando
diventava miles, cioè soldato il braccio o la mano veniva
marchiata a fuoco, con il nome dell’imperatore. Dopo la
cerimonia di giuramento, veniva trasferito in una località dove
aveva inizio la sua nuova vita, fatta di esercizi continui sull’uso
delle armi, da qui il nome exercitus (coloro che si esercitano). Sin da
piccoli, i bambini romani erano educati militarmente, si
esercitavano nelle palestre a sopportar e pesi e a fare marce
durissime, perché il sogno di ogni bambino era raggiungere la
gloria combattendo.
Il soldato poteva subire anche delle punizioni se tradiva, se
disertava, se fuggiva davanti al nemico. Le punizioni erano: il
taglio della mano, la decapitazione e comunque la pena di
morte.




Cosentino Francesco

Mattia Thomas

Pace Anton