progetto perez - Liceo Scientifico G.B. Vico

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Link utili

Perché Perez?…

Cenni storici..

Itinerari

Gastronomia

Morfologia
del
territorio

Erbe Officinali

Ambiente
naturale

A Genova


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Che ne dite di camminare con noi “sulle orme di… Perez”? Abbiamo
preparato per voi un itinerario che non lascia spazio alla noia, in cui ogni
tappa è un salto nel ‘600 “a braccetto con il marchese”. Qual modo migliore
per iniziare questo viaggio se non dal suo antico palazzo? Al suo interno una
simpatica sorpresa vi farà immedesimare nel suo mondo e dare inizio ad un
percorso storico all’insegna dell’entusiasmo. In questa esperienza non
mancherete di assaporare specialità tipiche preparate secondo l’antica
tradizione e sentire l’atmosfera di un tempo, passeggiando per il borgo
antico. Potrete avventurarvi in piacevoli escursioni attraverso l’oasi LIPU
dove specie animali e vegetali protette attendono solo di essere scoperte. Se
la passione per la storia e la curiosità vi spingono a raggiungerci, non vi
pentirete della vostra scelta e scriveremo insieme le pagine di questo viaggio
nel passato. Sarete voi i protagonisti! Laterza is waiting for you!


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Antonio Perez Navarrete era un celebre studioso di origini spagnole, che
soggiornò molti anni a Bologna come titolare della cattedra di diritto canonico presso il
collegio di San Clemente degli Spagnoli.
La sua fama lo portò ben presto ad assumere il ruolo di rettore delle tre università
cittadine, carica che, data la portata e il prestigio dell’ufficio, lo spinse ad accesi
contrasti con il locale e per altro potente Delegato Pontificio. Per questi motivi Perez
Navarrete abbandonò Bologna trovando rifugio presso il Regno di Napoli, dove trovò
nuova gloria distinguendosi per una rapida e brillante carriera nell’ambito della
legislatura e come scrittore di opere giuridiche, storiche e politiche. Proprio per la sua
fuga al Sud lo lega alla Puglia, da lui poi molto amata. Il suo rapporto con il territorio
di Laterza ha inizio nel lontano 1635, quando si sposò con Donna Popa (diminutivo di
Ippolita) Alberini D’Azia, divenuta da poco ottava marchesa di Laterza prendendo il
posto del cugino marchese Giovan Battista III D’Azia che, per motivi imprecisati,
aveva rigettato il feudo. Seguendo la formula del “maritali nomine”, Perez Navarrete,
in quanto congiunto e marito di Donna Ippolita, assunse anch’esso il nominativo di
marchese. Un marchesato illustre che i Perez Navarrete, attraverso i discendenti
mantennero sino al 1809 quando Giuseppe Napoleone dichiarò decaduta la feudalità.
La personalità del Navarrete fu però tale da lasciare ampie testimonianze del suo
passaggio proprio in quei territori (Laterza, Ginosa, Castellaneta, Matera, Policoro,
Metaponto e Taranto) che sono oggetto del presente progetto che ha il merito di far
riscoprire usi, costumi, folclore, elementi paesaggistici e naturalistici di un territorio
degno di un’attenta riscoperta turistica e culturale


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Ore 8,45: arrivo a Laterza, accoglienza presso la sede comunale.
Ore 9: visita del Palazzo Marchesale, breve rappresentazione in costume del
Seicento sulla storia del marchese Perez Navarrete. Colazione offerta dal
Consorzio Panificatori.
Ore 10,30: visita del borgo antico(Chiesa Matrice, Purgatorio con l’esposizione
di manufatti in ceramica laertina, fontana medioevale, antica farmacia e
fornace).
Ore 12,30: pranzo in locale tipico.
Ore 14,30: visita alla Cantina Spagnola e al Santuario Mater Domini, Museo
della Civiltà Contadina.
Ore 15,30: visita panoramica della Gravina di Laterza(Oasi LIPU).
Ore 17,30:visita di botteghe tipiche artigianali per eventuali acquisti.
Ore20: rientro.
Quota individuale di partecipazione : itinerario di un giorno:€25 a testa.


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Prima giornata
VISITA DI LATERZA
A partire dalle ore 8,45 alle 17,30 il programma è lo stesso dell’itinerario di un giorno.
Ore 20: cena in un pub e serata libera.

Seconda giornata
VISITA DI CASTELLANETA, MARINA DI GINOSA E GINOSA
Ore 9: raduno al piazzale AGIP di Castellaneta. Visita del centro storico: Chiesa di San Domenico, ex Monastero di Santa
Chiara, Museo Valentino, Cattedrale di San Nicola, Palazzo Catalano.
Ore 12,30: pranzo presso l’Istituto alberghiero di “M. Perrone”.
Ore 14: partenza per Marina di Ginosa.
Ore 14,30: arrivo alla foce del fiume Galaso, visita di Torre Mattone, sosta al lago Salinella, passeggiata sulla spiaggia.
Ore 16,30: partenza per Ginosa.
Ore 17: arrivo a Ginosa e visita del centro storico(Piazza Vecchia, via Chiesa Matrice, Chiesa Matrice, Castello, visita
panoramica della Gravina “La Rivolta” scenario della famosa “Passio Cristi”, Piazza Orologio, e palazzi signorili).
Ore 20: cena presso locale tipico(macelleria di Laterza)

Terza giornata
VISITA DI MATERA
Ore 9: arrivo a Matera(parcheggio Via Lucana), visita dei Sassi, patrimonio dell’ Unisco. Partenza da Piazza San Pietro
Caveoso, passeggiata nelle strade del Sasso Caveoso, Convicinio di S. Antonio, chiese rupestri, Duomo, centro di Matera.
Ore13: pranzo.
Ore 15: pomeriggio libero.
Ore 19: rientro a Laterza e partenza.
Quota individuale di partecipazione: itinerario di tre giorni: costo totale €150(comprende: sistemazione in hotel convenzionato,
camera doppia con trattamento di bad & breakfast, pranzi e cene come da programma, ingresso all’Oasi Lipu, alle chiese
rupestri e al Museo della Civiltà Contadina, guida esclusa).


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Prima giornata
VISITA DI LATERZA
A partire dalle ore 8,45 alle 17,30 il programma è lo stesso
dell’itinerario di un giorno.
Ore 20: cena.
Seconda giornata
VISITA DI CASTELLANETA, MARINA DI GINOSA E
GINOSA

Quarta giornata/2° proposta

VISITA A MARTINA FRANCA E ALBEROBELLO
Ore 9: partenza per Martina Franca e Alberobello,visita della città e della Valle
d’Itria
Ore 13: colazione al sacco
Ore 14: partenza per Alberobello e visita della città con le tipiche costruzioni coniche
Ore 20: cena in locale tipico e rientro in albergo
Quinta giornata

A partire dalle ore 9 alle ore 17 il programma è lo stesso
dell’itinerario di tre giorni.

VISITA DI POLICORO E METAPONTO

Ore 20: cena presso locale tipico(macelleria Laterza).

Ore 9,30: arrivo a Policoro.Visita al Museo della Siritide.

Terza giornata

Ore11,30: visita al Monastero di S.Maria D’Anglona

VISITA DI MATERA

Ore 13: pranzo presso il Circolo Velico

A partire dalle ore 9 alle 19(rientro a Laterza), il programma è lo
stesso dell’itinerario di tre giorni.

Ore 14,30: visita a Bosco Pantano

Quarta giornata/1° proposta

INTERA GIORNATA AL PARCO GIOCHI FELIFONTE
Ore 9: partenza per il Parco(ingresso €16,30)
Ore 13: colazione al sacco
Ore 20: rientro a cena in locale tipico
Quarta giornata/2° proposta
VISITA A MARTINA FRANCA E ALBEROBELLO
Ore 9: partenza per Martina Franca e Alberobello,visita della
città e della Valle d’Itria
Ore 13: colazione al sacco
Ore 14: partenza per Alberobello e visita della città con le tipiche
costruzioni coniche
Ore 20: cena in locale tipico e rientro in albergo

Ore 16: partenza per Metaponto
Ore 16,30: sosta al sito Archeologico e alle Tavole Palatine

Ore 18: rientro a Laterza
Ore 20: cena in albergo
Ore 22: serata in discoteca (costo 10 €), rientro in albergo
Sesta giornata
VISITA DI TARANTO
Ore 9: arrivo a Taranto,visita del Museo Nazionale
Ore 11,30: mini crociera a bordo della nave Clodia (optional)
Ore 13,30: pranzo a bordo o in locale tipico
Ore 15,30: visita del borgo antico, Chiesa di S. Domenico e di S. Cataldo
Ore 16,30: castello Aragonese, ponte girevole
Ore18: Lungo mare e Via d’Aquino (centro della città)
Ore20: partenza.

Quota individuale di partecipazione: costo totale € 300(comprende: sistemazione in hotel convenzionato, camera doppia con trattamento di bed & breakfast, pranzi e cene come da programma,
guida esclusa).
Per informazioni contattare tour operator Zainetto Verde-tel.050530707 oppure Liceo scientifico “G.B. Vico” Laterza 0998216271.


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Orecchiette pugliesi

Ingredienti:
400 gr. di semola rimacinata di grano duro
\1 dl di acqua tiepida
sale

Preparazione
Versate sulla spianatoia la semola con un pizzico di
sale, fate una conca e unite l'acqua tiepida necessaria
per impastare; lavorate la pasta per una decina di
minuti fino a quando all'interno si saranno formate
delle bollicine: si dovrà ottenere una pasta piuttosto
soda e liscia; copritela con un panno umido e staccate
un pezzetto di pasta e arrotolatelo sulla spianatoia
infarinata fino a ottenere un cilindretto dello spessore
di una matita; tagliatelo a pezzetti lunghi un
centimetro. Con la punta arrotondata di un coltello "
strascinate " ogni pezzetto sulla spianatoia in modo
che la pasta, curvandosi, diventi simile a una
conchiglietta. Appoggiate ogni conchiglietta sulla
punta del dito pollice e rovesciarla all'indietro
aiutandosi, se necessario, con la lama di un coltello. Il
risultato finale saranno delle orecchiette che andrete a
sistemare una accanto all'altra su di un telo o sulla
stessa spianatoia. Proseguite allo stesso modo fino ad
aver esaurito tutta la pasta. Vi consiglio di prepararli la
sera prima e di lasciarli asciugare.

Pettole

Ingredienti:
1 Kg. di farina
1 cubetto di lievito di birra
olio
sale (q.b.)

Preparazione
Si mescoli e si impasti la farina con una mano fin
quando si ottiene un impasto morbido privo di grumi
ed abbastanza "gonfio".
Si copra il recipiente e lo si adagi in un posto
abbastanza caldo, (che non sia forno) per almeno tre
ore, affinché avvenga la lievitazione in modo che il
volume aumenti almeno per tre volte (cosa da tener
presente per la scelta del recipiente). Dopo la
lievitazione le pittule sono pronte per essere fritte.
Praticamente si fa riscaldare dell'abbondante olio in
una pentola, quando e abbastanza fumante, con l'aiuto
di un cucchiaio da cucina si versano delle palline
grosse quanto noci, che cuocendo, si gonfiano. Le
"pittule" sono tipiche del Salento soprattutto nel
periodo che va da S. Martino 11 Novembre sino
all'Epifania. Si servono calde e croccanti.


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MARRO

ZAMPITTI

L'inclinazione a conservare la
Chiamato anche cazzmar, è un classico della cucina
particolarità dei sapori è dimostrata
meridionale, uno straordinario rustico cibo fatto di
dalla sopravvivenza di prodotti
frattaglie d'agnello (o di capretto) avvolte nella rete dello
stesso animale e legate con budelline: il tutto viene condito dall'origine lontana come gli zampitti,
salsicce lunghe ed esili che si fanno
con uova sode, mortadella a cubetti e pecorino fresco
con la carne e gli scarti di macelleria
grattugiato.
di diversi animali: maiale, vitello e
È una ricca pietanza popolare, cucinata generalmente in
forno in una teglia con acqua, oppure su un fondo di strutto agnello. Oltre al sale e al peperoncino,
o burro con rosmarino e altri aromi e un contorno di patate. questi salumi vengono spesso
arricchiti da pecorino grattugiato.
Si serve tagliato a fette.
Gli zampitti si mangiano solitamente
GNUMERIDDE
arrostiti sulla graticola o cucinati in
umido. Nella prima versione vengono
Sono un prodotto molto antico proveniente dalla
proposti anche nelle salumerie, già
cucina povera, quella che consente di utilizzare i
pronti
rodotti di macelleria meno pregiati con notevoli
risultati per quanto riguarda i sapori. Affini al
marro, simili ai "torcinelli" abruzzesi o molisani,
consistono in piccoli gomitoli, appunto
"gnumeridde", fatti di frattaglie d'agnello
tagliate a piccole strisce e di budelline della
stessa origine. Si cuociono in tegame con
pomodoro, cipolla, olio e pecorino o allo spiedo
sulla brace viva.


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'O rraù
Ricetta del gallo d'India
(Bartolomeo Scappi, 1570)
Il gallo e la gallina d'India son molto più grossi di corpo
che non è il pavone nostrale, et il gallo fa la ruota anche
egli come il pavone nostrale, et ha le piume negre, et
bianche, et il collo cresputo di pelle, et in capo la testa un
corno di carne, il qual quando il gallo si corruccia, gonfia,
et vien grosso in modo che gli cuopre tutto il mostaccio, et
alcuni altri hanno il detto corno ross, mescolato di
pauonazzo; è largo di petto, et nella punta d'esso petto ha
una pannocchia di setole a modo di quelle del porco
congiunte nelle piume, e: ha la carne molto più bianca, et
più molle del pavone nostrale, et si frolla più presto che il
cappone, et altri simili volatili. Volendolo arrostire nello
spiedo, non si lasci riposare dopo la sua morte il verno con
li suoi interiori in corpo più di quattro in sei giorni, et
l'Estade più di due giorni: spiumisi asciutto o con acqua
calda (come si ha da spiumare anche la gallina). Spiumato
che sarà, et primo delli suoi interiori, accomodisigli il
petto, per cioche ha un'osso assai più alto che non hanno
gli altri volatili, e taglisi la pelle da una banda appresso al
detto osso, e stacchisi con destrezza la carne del detto osso,
et taglisi la punta del detto osso cò un coltello che rada, e
ricusciali la pelle, e volendosi empire empiasi d'una delle
copositioni dette nei cap. I I 5, taglino figli l'ale, e lascifigli
la testa, e li piedi, e facciasi rifare nella acqua, e rifatto che
sarà, lascifi raffreddare, e impillottissi di lardo minuto,
benche essendo grasso, e pieno non occorrerà impillottarlo
di lardo, ma vi si baneranno da ponere alcuni chiodi di
garofani, inspedisi e, facciasi cuocere adagio, tal volatile si
cuoce molto più presto che il pavone nostrale. Della polpa
del petto si possono fare polpette, ballotte, e tutte quelle
vivande che si fanno della carne magra della vitella
mongana nel Cap. 43, e 47, cosi ancho di quella della
gallina d'India, e del pavone nostrale, però subito che
saranno morti, percio che essendo frolli non riescono cosi
saporiti; il detto gallo, e la gallina hanno la medesima
stagione che il pavone nostrale; è ben vero che in Roma si
usano tutto l'anno, li suoi interiori si accomodano come
quelli del pavone nostrale sopracitato.

'O rraù ca me piace a me
m' 'o ffaceva sulo mammà.
A che m'aggio spusato a te,
ne parlammo pe' ne parlà.
Io nun songo difficultuso,
ma luvammiell' 'a miezo st'uso.
Sì, va buono: comme vuo' tu.
Mo ce avessem' appiccecà?
Tu che dice? Chest'è rraù?
E io m' 'o magno pe' m' 'o magnà…
M' 'a faje dicere na parola?…
Chesta è carne c' 'a pummarola.
E. De Filippo
Tiella di riso, patate e cozze
La TIELLA ( tegame) è il segno, nella cucina, della
dominazione spagnola del 1600. Essa è una minestra
di vari ingredienti, sovrapposti a crudo in strati
distinti, in un tegame mandato in forno. La
composizione delle tielle non segue regole fisse ma dà
spazio alla propria creatività, si può aggiungere o
levare ciò che si vuole. Le patate, però, non devono
mancare mai!
Ingredienti:
300 gr. Di riso 1 spicchio di aglio, cipolla,prezzemolo
500 gr.di patate olio extra vergine di oliva 1 kg. di
cozze pepe Preparazione:
Lavate e spazzolate bene le cozze in abbondante
acqua; ponetele in un tegame, insieme all'aglio tritato,
e lasciatele aprire sul fuoco. Eliminate i gusci e
filtrate il loro liquido. Lavate, sbucciate e affettate le
patate; con una metà ricoprite il fondo di una teglia,
già unto di olio; conditele con pepe, prezzemolo e
cipolla tritate. Ricoprite il tutto con il riso, aggiungete
i molluschi e le patate rimaste assieme al trito di
cipolla e prezzemolo restante. Pepate e aggiungete un
po' d'olio e ricoprite il tutto con acqua oltre a quella
di cottura delle cozze. Ponete la teglia in forno già
caldo e fate cuocere, a fuoco medio, per circa 45
minuti.


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Minestra di cime di zucca
(Bartolomeo Stefani, 1662)
Piglierai le cime di zucca e se vi saranno
li zucchetti sarà meglio li farai rifare nel
brodo, e rifatti li metterai in un
pignattino con brodo di cappone, due
latticini tagliati in bocconcini e prima
rifatti; piglierai di quell'agresto che suol fare
la vite tre volte l'anno, perché li grani son
grossi e duri e hanno polpa, e mondati della
pelle li spaccherai, gli leverai il seme,
mettendo due oncie di cacio parmigiano
grattato e due uova e così mariterai la detta
minestra.
.

Peperoni ripieni
(Vincenzo Corrado, 1781)
Si possono anche riempire i peperoni,
prima però rotolati su dé carboni
accesi per toglierne la pellicola. Il
ripieno si farà con acciughe,
petrosemolo, aglio, olive, ed origano,
tutto trito, e soffritto con olio, condito
di pepe, e sale. Si cuocono nel forno, o
sopra la craticola con carta unta d'olio.

Vivanda di zucchine
(Bartolomeo Stefani, 1662)
Piglia lo zucchino, mondalo della sua scorza, taglialo in fette,
macerato, ed ammollito con sale, resa che avrà l'umidità,
disponendo dette fette una sopra l'altra, metterai un peso,
acciò bene si sprema l'umido, e diligentemente infarinate con
fior di farina, porrai dette fette in padella approntata con
butirro gettato; cotte e levate dalla padella, vi farai
l'infrascritta salsa. Piglia un poco di basilico, una foglia o due
d'erba amara, un poco di seme di finocchio, tutto ben pesto nel
mortaro, e per ogni libra di zucchero, piglia quattr'oncie di
formaggio tenero, e ben pesto nel mortaro, ove saranno gli
altri ingredienti, poi stemprato con sugo d'agresta, quel sugo
se sarà stemprato prima con acqua, non aggiungerai altro, ma
caso non sia stemprato, aggiungi due oncie di zuccaro con
quattro rossi d'ova fresche ben sbattute, posto il tutto in
tegamino messo sopra il fuoco con oncie tre di butiro,
meschiando in tanto con cucchiaro di legno, e quando
scorgerai che piglia cottura il bordetto, allora copri la
vivanda con questa salsa, e la servirai fredda con polvere di
cannella. Se dette zucche si dovranno friggere in oglio, farai
la salsa in questa guisa. Invece di formaggio vi porrai
molliche di pane inzuppate in agresta con le solite erbe
odorifere, ed un cambio di rossi d'ova, vi porrai di mandole
con simile cottura. Ma quando le zucche saranno più mature,
si possono tagliare in guisa di lardoni, si possono ancho
riempire, ...se ne può fare casse da pasticci, ed infine se ne
può fare tanta diversità di vivanda, che formi una mensa
intiera.


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Carciofi con le uova
INGREDIENTI:
6 carciofi- un limone1 spicchio d'aglioolio d'olivaprezzemolo tritato
sale e pepe nero q.b.3 uova interepecorino grattuggiato.

Preparazione:
Privare i carciofi delle foglie piu'
dure e dell'eventuale barbetta
interna, tagliare le punte quindi
tagliarli a spicchi mettendoli
subito in acqua acidulata col
limone per non farli annerire.
Lessare gli spicchi in acqua
salata acidulata, scolarli bene
e friggerli in una padella con
olio d'oliva e l'aglio schiacciato.
Dopo 5 minuti unire un
pugno di prezzemolo tritato,
regolare il sale e il pepe.
Mescolare bene e quando i
carciofi saranno ben
insaporiti, aggiungere le uova
sbattute con la frusta, ed un
pizzico di sale e il formaggio.
Lasciar cuocere a fuoco basso fin
quando le uova saranno
rapprese. Servire subito.

Carciofi Fritti

Peperoni ripieni di mollica

INGREDIENTI:
4 carciofi100 gr dii farina3 uova1 limonesale q.b.

INGREDIENTI:
500 gr. di peperoni gialli300 gr. di mollica di pane grattugiata30 gr. di capperisale- pepe- olio- aceto (q.b.)

Preparazione:
Si tagliano i carciofi a spicchi
sottili e si sbollentano in acqua
salata e leggermente acidulata col
limone. Si sgocciolano bene, si
infarinano pochi per volta e poi si
passano uno ad uno nell'uovo
sbattuto e leggermente salato,
prima di friggerli nell'olio bollente.

Melanzane
INGREDIENTI:
1kg. di melanzaneolioacetoagliomenta e sale (q. b.)

Preparazione:
Si tagliano le melanzane a fette,
spesse circa un centimetro. Si
bagnano in una soluzione di
acqua, olio, aceto e poi si
arrostiscono sulla brace o sulla
piastra, una volta cotte si
condiscono con un po' d'olio,
aceto, pochissimo aglio e menta.

Preparazione:
Si lavano i peperoni e si tagliano a pezzi grossi si
asciugano e si friggono. A parte si fa imbiondire uno
spicchio d'aglio con un po' di olio e si fa friggere del
pane grattugiato, girandolo più volte facendo
attenzione a non bruciarlo. A cottura quasi ultimata
si unisce il pane fritto con i peperoni fritti già salati
e pepati, si lasciano per qualche minuto sul fuoco, a
cottura ultimata si aggiungono i capperi con qualche
goccia d'aceto. La peperonata si gusta sia calda che
fredda. fredda.

Cicorielle
INGREDIENTI:
1 Kg. di cicorie100 gr. di formaggio pecorinosale- pepe- - cipolla- pomodori pelati- olio (q.b.)

Preparazione:
Si puliscono le cicorie e si lessano a metà cottura,
dopo si sistemano in una pentola e si condiscono
strato dopo strato con abbondante olio, formaggio
pecorino grattugiato, pepe, qualche pomodoro
pelato, prezzemolo e un po' di cipolla tagliata molto
sottile. Si aggiunge un pò d'acqua di cottura delle
cicorie e si rimette al fuoco per ultimare la cottura.


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La "Gravina" è un profondo crepaccio scavato nelle rocce calcaree, conosciuto anche come "Grande Canyon", originatosi per l'
erosione delle rocce su preesistenti fratture e per l' innalzamento dei continenti.
La Gravina di Laterza è uno tra i più grandi canyons d' Europa. E' l' espressione più imponente di un particolare territorio noto come
Gravine dell' Arco Jonico, che si estende da Ginosa a Grottaglie. Decine sono le gravine disposte a ventaglio intorno al golfo di Taranto,
ciascuna diversa per dimensione e morfologia.
Intorno e dentro di esse si è sviluppata in millenni di storia una civiltà rupestre che ha lasciato traccie evidenti nella cultura, nella
storia, nell' arte e, soprattutto, in una concezione della vita a stretto contatto con la natura. La Gravina di Laterza ha un originale
decorso meandriforme che si sviluppa per 12Km di lunghezza e circa 400 metri di larghezza, tra muraglioni di roccia consumati dall'
erosione e liscie pareti di calcare biancastro alte anche più di 200 metri, disseminate di innumerevoli cavità e cengie sospese nel vuoto.
Dal punto di vista naturalistico la Gravina è simile ad "un' isola" dove diverse specie vegetali ed animali di grande interesse sono
rimaste isolate dall' originario contesto ambientale che, soprattutto per motivi antropici, è mutato radicalmente negli ultimi secoli. Sono
così sopravvissuti, grazie all' asprezza dei luoghi, boschi di Quercus trojana presente in Italia solo sulle murge pugliesi e materane.
L' endemica Campanula versicolor, dai bei fiori viola pallido, che fiorisce da giugno ad ottobre e ricopre a chiazze le pareti della
Gravina. Sulle pareti meno ripide e sempre verdi per la presenza del Leccio si arrampicano l' Euforbia arborescente, il Cisto, il
Terebinto, il Lentisco e il Ginepro. In primavera lungo i sentieri della Gravina è possibile ammirare variopinte fioriture di orchidee.
In convenzione con il Comune di Laterza e la Provincia di Taranto, la LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli) gestisce l' Oasi Gravina
di Laterza, estesa su una superficie di 800 ettari. L' Oasi è visitabile a piedi seguendo sentieri attrezzati che, partendo dal Centro visite, si
sviluppano per alcuni chilometri seguendo il bordo naturale della Gravina (spettacolo mozzafiato.....).
Il Centro visite dell' Oasi è dotato di una mostra fotografica, di un originale diorama della Gravina, di un laboratorio didattico e di un'
aula per le lezioni e conferenze.


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UCCELLI
Inserita tra le aree denominate IBA (Important Bird Areas)
da BirdLife International, la Gravina di Laterza custodisce
alcune delle specie a più alto rischio di estinzione dell'
Europa meridionale. Ultimo sito di nidificazione in Puglia
del Capovaccaio, sono presenti stabilmente anche il
Lanario, il Falco Pellegrino, il Gufo Reale, l' Allocco, il
Barbagianni, il Gufo Comune, il Corvo Imperiale, il Gheppio
ed il Passero Solitario. D' inverno le profonde pareti della
Gravina amplificano, come farebbe una grande cassa
armonica, il fischio acuto ma lamentoso della Poiana e il
verso rauco e potente del Corvo Imperiale.
In primavera, tra le note melodiose del PasseroSolitario,
sorvolano la Gravina il Biancone e l' Albanella Reale. In
estate, quando la temperatura è elevata, mentre il
Capovaccaio e i Corvi Reali volano incuranti del caldo, la
maggior parte della fauna si sposta verso il fondo della
Gravina, dove, all' ombra delle pareti e dei boschi di Leccio,
l' afa è più sopportabile. Qui nidificano specie interessanti
e in diminuzione come l' Averla Capirossa, l' Upupa e la
Monachella, oltre ad alcune più comuni come il Merlo, la
Ghiandaia, la Cinciallegra, la Capinera e lo Scricciolo. I
campi attorno alla Gravina sono l' ambiente ideale per l'
Allodola e il Saltinpalo.

Il Capovaccaio è la specie meno necrofaga tra le
4 specie di avvoltoi presenti in Europa: quando è
necessario, si nutre anche di prede vive come
insetti, anfibi e rettili.Sono spesso gli ultimi che
riescono a godere della carne delle carogne.
Unico tra i rapaci, utilizza strumenti. Infatti lo si
può osservare in Africa lasciare cadere delle
pietre (raccolte con il becco), sopra delle uova di
struzzo al fine di romperne il durissimo guscio. È
il più piccolo avvoltoio africano. Il suo piumaggio
è bianco, con penne remiganti nere, cosa che si
nota in modo particolare durante il volo. Nell'area
della gola le penne sono di colore giallastro. Il
capo è privo di piume, grinzoso e giallo chiaro,
con penne per il volo di planata a volte rossoarancia, come pure la base del becco che è
stretta ed ha la punta nera. Le zampe sono giallo
chiaro come il becco. L'iride è di colore brunastro.
La coda è di forma conica. Per distinguere i sessi
si guarda la striscia scura, a volte persino nera,
nel muso davanti agli occhi. Gli uccelli giovani
hanno il piumaggio inizialmente ocra, un po'
maculato e diventa sempre più bianco fino all'età
adulta (circa 5 anni) ad ogni muta. Il muso, privo
di piume, è grigio e l'iride è nera. La sua altezza è
di 60-70 cm, il suo peso 1,5-2,2 kg. L'ampiezza
alare giunge fino a 165 cm.
ALTRA VITA SELVATICA
Elusivi a volte i mammiferi, capita però talvota di osservare anche di
giorno la Volpe e la Faina. Più difficile è l' incontro con il Tasso e l'
Istrice, di cui si rinvengono sui sentieri i grandi aculei. Nella Gravina
sono presenti molte delle 19 specie di rettili che vivono in Puglia e,
tra queste, due sono di grande interesse naturalistico: il Colubro
Leopardino, definito il più bel serpente europeo sia per la colorata
livrea che per l' elegante portamento, e il Geco di Kotschy, il cui
areale di distribuzione in Italia comprende solo parte della Puglia ed
una zona limitata intorno alla città di Matera. Nelle pozze di calcare
presenti sul fondo della Gravina, attraversata da un corso d' acqua a
carattere torrentizio, si riproducono l' Ululone dal ventre giallo, la
Raganella, la Rana Verde e il Tritone Italico.


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La macchia e un'associazione vegetale che prospera lungo le coste del bacino del Mediterraneo, zone caratterizzate
da un clima temperato con inverni miti e piovosi ed estati molto secche e calde. La macchia si distingue dalle altre
foreste temperate perché è costituita da alberi ed arbusti sempreverdi che conservano le foglie anche durante la
stagione invernale. Nella macchia bassa, su terreni rocciosi e sassosi, crescono poi numerose piante aromatiche
della famiglia delle Labiate (rosmarino, timo, lavanda e salvia), alcuni cisti. Numerose sono le specie di uccelli che
trovano rifugio e nidificano nella macchia: tordi, capinere, cinciallegre, cardellini, verdoni, picchi e ghiandaie sono
piccoli volatili che trovano un sicuro rifugio nelle aree cespugliose intatte o poco antropizzate dei nostri litorali.
Ridotta è la fauna riguardante i mammiferi: comune è il cinghiale che vive nella macchia fitta mentre in zone
cespugliose più aperte vivono l'istrice e il tasso, mammiferi notturni che prediligono terreni asciutti, comune è la
volpe mentre il daino e il capriolo sono discretamente presenti nella macchia costiera. La maggior parte della
macchia è però costituita da arbusti e cespugli tipicamente termofili. Si tratta di numerose specie che possono
formare una macchia complessa come quella delle coste tirreniche dove crescono insieme corbezzolo, mirto,
lentisco, fillirea, ginepro, cisto e terebinto oppure una macchia caratterizzata dalla presenza solo di una o due
specie arbustive come quelle a oleandro della Sardegna o quelle a carrubo e lentisco della Sicilia. Il leccio (Quercus
ilex), pianta tipicamente mediterranea, è una quercia sempreverde col tronco corto e chioma densa e tondeggiante;
prospera bene nei luoghi assolati ed esposti, e resistente alla siccità e cresce nei suoli poveri prevalentemente
calcarei. Altro cespuglio tipico della macchia è il lentisco (Pistacia lentiscus) pianta resistente alla siccità e molto
frequente lungo le coste; è un arbusto che ha resistito agli incendi e al pascolo sostituendo così nel corso del tempo
le antiche foreste di leccio e di sughera.Tra le querce presenti nella nostra zona ritroviamo la roverella (Quercus
pubescens), il fragno(Quercus trojana),il leccio(Quercus ilex).


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Le gravine, formazioni naturali dalle caratteristiche inconsuete ed eccezionali, sono il segno distintivo del
paesaggio e della morfologia della Provincia Ionica. Le gravine comprese nella provincia di Taranto sono circa
60. C'è sicuramente quella di Ginosa, che costituisce un esempio molto significativo del rapporto esistente tra
uomo e ambiente, tra valori ambientali, naturalistici e paesaggistici e valori archeologici, architettonici e
storico - culturali.
Le gravine non potrebbero esistere se oltre a particolari condizioni idrografiche non si fossero realizzate
particolari e concomitanti condizioni geografiche, geologiche e climatiche. L'attuale morfologia del territorio è
il risultato di processi sviluppatisi nel corso di milioni di anni sulle rocce e sull'ambiente in cui le rocce stesse
si sono formate.
La gravina di Ginosa si estende per circa 3 km. Essa si origina nel comune di Laterza dal canale
Grottaturge e prosegue con andamento nord-sud fino a sud dell’abitato. Continua quindi con una lama detta
Torrente Lagnone che sfocia nel Bradano.
Ancora nel 1309 Ginosa era un insediamento quasi
esclusivamente rupestre, come si evince da un documento di
donazione di quell'anno, in cui a fronte di 19 grotte citate, i
riferimenti alle costruzioni subdiali sono rarissimi (il solo
Castello, e un palazzo nobiliare).
L'attuale centro storico di Ginosa è circondato a ferro di
cavallo da due insediamenti rupestri, quello del Casale e quello
della Rivolta.
Il Casale, "universo di pietra" sconvolto nel 1857 da un
gravissimo terremoto, conserva, tra le chiese, S.Vito Vecchio,
S.Leonardo, il cenobio a tre archi e S.Domenica. Quest'ultima è
la più grande ed interessante, seppure in parte crollata ed è
caratterizzata da impianto regolare a croce greca, cupola al
centro del bema, pilastri trilobati, tetti a doppio spiovente e
volte a crociera: probabilmente rappresentava il tempio principale
della comunità rurale, purtroppo oggi privo degli affreschi.
Il Casale è separato dal secondo insediamento da una
parete rocciosa detta del "Nido del corvo", per la presenza in
passato di nidi di corvo imperiale.


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La vegetazione della gravina di Ginosa si presenta molto varia e differenziata, anche rispetto alle diverse parti in cui la gravina stessa si
articola. Delle antiche distese di querce, di olmi e di frassini che un tempo coprivano quasi senza soluzione di continuità questo territorio,
restano solo alcune tracce relitte. Il primo tratto della gravina, in località Santoro, è occupato da un bosco di lecci associato ad alcuni
esemplari di pino e alle essenze tipiche della macchia mediterranea (è per esempio presente in questo tratto il corbezzolo, che manca in tutto il
resto della gravina). In altri tratti della gravina sono invece ancora presenti dei cedui di fragno, specie tipica di questa parte del territorio
pugliese. La parte terminale della gravina è invece caratterizzata da una vegetazione spontanea più rada, terreno d'elezione per numerose
specie di orchidee. Molto interessante la presenza, lungo la gravina, di piante aromatiche ed officinali.

Specie della cosiddetta “lista rossa” come l’orchidea di palude (orchis palustris)
Queste piante prosperano in presenza di ambienti aperti, di incolti sassosi o aridi, di detriti di falda erbosi,
ambienti in cui è anche più significativa la presenza di insetti impollinatori, grazie alla forte insolazione e
alla bassa vegetazione. La varietà delle forme e delle tinte e la loro relativa rarità, fanno delle Orchidacee
una famiglia di fiori per i quali, forse più di ogni altri, si accendono le passioni dei botanici o degli amanti
della natura. Ancora, le orchidee rappresentano uno degli stadi evolutivi più recenti e complessi tra le
piante a fiore, e la cosa traspare dalle singolari strategie che alcune di esse hanno adottato per prosperare
e riprodursi.
Il mondo delle orchidee selvatiche può, ad ogni modo, risultare molto diverso dall’idea comune che si ha
delle Orchidee, nome che nell’immaginario collettivo viene associato ad esotismo e a grandi fiori multicolori
dalle sembianze fantasmagoriche (le orchidee esotiche per la verità non sono note solo per l’aspetto; la
comune vaniglia, infatti è il frutto di un genere di orchidee, le Vanilla, appunto). In realtà tra le orchidee
spontanee italiane si annoverano anche piante dalle fioriture minuscole e dimesse e dai colori spenti, ma è
pur vero che nella maggior parte dei casi esse sono degne di essere paragonate alle cugine dei paesi lontani.
Tra i generi che annoverano il maggior numero di specie, il genere “Orchis” è composto di piante che si
affidano all’offerta di nettare per attirare gli insetti destinati all’impollinazione incrociata. Una delle specie
più diffuse è la Orchis morio, detta anche Giglio caprino. È una pianta di aspetto minuto ma dalla fioritura
vistosa che mostra una grande variabilità di colorazione, con tinte che vanno dal rosa chiaro al violetto
scuro; la fioritura può assumere l’aspetto di un consistente tappeto fiorito.
Per quanto riguarda la fauna l'ambiente della gravina, ecosistema complesso e fortemente differente dal territorio circostante, si
dimostra dimora privilegiata per istrici, donnole, ricci, tartarughe, vipere e cervoni; molto ben rappresentati gli uccelli, stanziali e
migratori, tra cui vanno ricordati il falco grillaio, il gheppio, il corvo imperiale, l'upupa. Anche uno dei rapaci più rari d'Italia, il
capovaccaio o avvoltoio degli Egizi, compare sporadicamente nell'area della gravina.


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La Gravina di Castellaneta (o Gravina Grande) è una gravina che si estende per una decina di chilometri con
svariate anse, e che risulta profonda nel suo punto massimo 145 mt e larga circa 300 mt. Presenta pareti molto
ripide, quasi verticali, e lungo il suo percorso sono visibili tracce di insediamenti archeologici e di rilevanza
storica, nonché grotte ed insediamenti rupestri.
È tra le più suggestive della Terra delle Gravine per la varietà di ambienti e le dimensioni. Nasce in prossimità del
ponte ferroviario della Renella a Nord-Ovest di Castellaneta, in corrispondenza di una canalizzazione artificiale
che raccoglie le acque del canale Iummo, e prosegue verso sud dove confluiscono anche le gravine di Santo Stefano
e di Coriglione. È costeggiata da tratti pianeggianti messi a coltura, per cui attualmente le aree di vegetazione
spontanea coincidono quasi esclusivamente con il ciglio della gravina stessa. L'area è tutelata dal 1987 come Oasi
di protezione e recentemente è stata inserita nel Parco delle Gravine, insieme a molte altre gravine della provincia
di Taranto.
La parte a Nord di Castellaneta è la più semplice da visitare, poiché le pareti sono con pendenze più dolci. Nel
tratto in prossimità del centro storico, le pareti divengono verticali ed inaccessibili (non a caso è stata scelta tale
posizione per la costruzione del paese), con molti meandri. I meandri si accentuano in zona Punta Capillo (nei
pressi dell'omonimo vicolo) che è uno dei tratti più suggestivi. In una di queste anse è presente sul fondo della
gravina il laghetto (che nel periodo estivo diventa un piccolo stagno) di Sant'Elia, notevole dal punto di vista
faunistico. A sud-est di Castellaneta le pareti diventano più accessibili e dopo qualche chilometro dal ponte della
SS 7 Via Appia la gravina si trasforma in lama, fino a far sfociare i suoi torrenti stagionali nel fiume Lato.


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La macchia mediterranea presente nella gravina di Castellaneta è formata da cespugli di lentisco. Altri arbusti facilmente
riconoscibili sono il caprifoglio e la ginestra spinosa dai bellissimi fiori gialli. Per quanto riguarda la fauna ci si può facilmente
imbattere, di giorno, in alcune specie di rapaci fra i più comuni: il gheppio e il grillaio, falchi di piccole dimensioni, oppure
in poiane e nibbi: Raramente è possibile incrociare dei falchi cuculi. Nelle nostre gravine fino a qualche decennio fa
nidificava il capovaccaio recentemente riavvistato nella vicina Gravina di Laterza. Altri volatili presenti nelle gravine sono il
corvo imperiale, rondoni, barbagianni, civette e cinciallegre. Di notte è facile trovarsi di fronte a pipistrelli.
Negli stagni presenti nelle Gravine sono presenti l'ululone dal ventre giallo, tipico delle gravine dell'Italia meridionale, la
rana, il tritone e il rospo.
I mammiferi più comuni sono la volpe, l'istrice, il tasso, e piccoli roditori come il moscardino. Rettili presenti sono i serpenti
cervone, la vipera e la meno pericolosa lucertola e tartaruga. Presenza comune è quella del "pugliese" geco di kotschy che
nella tradizione popolare è chiamata "lucertola m'bracidita" (lucertola marcia).

Il grillaio (Falco naumanni) è una delle specie più interessanti della fauna
pugliese, inclusa tra quelle la cui conservazione è prioritaria nella
Direttiva Habitat dell’Unione Europea. La popolazione di grillaio presente
nelle Murge baresi è, insieme a quella presente nelle confinanti Murge
materane, l’unica presente nell’Italia peninsulare Il grillaio è una specie
migratrice (giunge dall’Africa verso aprile e riparte alla fine dell’estate) e
coloniale (vive cioè in colonie che arrivano fino a 1500 - 2000 esemplari).
Un’altra interessante caratteristica della specie consiste nell’utilizzo
delle abitazioni dei centri storici dei paesi della Murgia per costruire i
suoi nidi, caratteristica peculiare messa a rischio dalle ristrutturazioni
recenti che eliminano tutte le cavità utili per la nidificazione esistenti
nell’edificio; nella maggior parte dei casi anche i dormitori delle singole
colonie sono localizzati su grandi alberi, di solito conifere, all’interno dei
centri urbani stessi.

Il gheppio è una specie comune nel nostro Cantone ed è facilmente
riconoscibile dalla sua sagoma e per il fatto che caccia negli spazi
aperti. Sovente vola inoltre in modo stazionario ("spirito santo")
quando osserva il terreno sottostante alla ricerca delle prede. Il
maschio ha capo e nuca grigio-blu, dorso massiccio, ali con macchie
scure e coda grigia con una barra nera. La femmina non presenta il
capo grigio-blu e il dorso è di colore bruno. L`habitat principale
occupato dalla specie sono gli ambienti aperti: dalla pianura fino ad
oltre il limite superiore del bosco, ad un`altitudine di 2000 m. Le sue
prede più importanti sono micromammiferi ma anche numerosi
invertebrati (lombrichi, cavallette, ecc.) La specie costruisce il suo
nido principalmente sulle pareti rocciose ma anche su alberi o altre
strutture, come ad esempio abitazioni o ponti. A seconda
dell`altitudine la deposizione delle uova inizia dopo metà aprile e gli
ultimi piccoli abbandonano il nido in agosto.


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La Puglia, come tutte le regioni del mediterraneo, è caratterizzata da un paesaggio a costituzione
calcarea, unico nel suo genere grazie al fenomeno carsico che nei secoli lo ha modellato.
Ripercorriamo in sintesi gli aspetti geocronologici salienti:

245 milioni di anni fa l'unico grande continente Pangea si spezzò in zolle enormi. Fra queste
si aprì il mare della Tetide, sul cui fondo le rocce e i detriti cominciarono a modellare le terre future.

65 milioni di anni fa la Puglia inizia ad emergere con i primi fenomeni carsici, cioè del calcare.
Una pietra sulla quale il vento, l'acqua e la temperatura provocano fenditure e fratture che daranno
via a quelle che si chiamano lame, puli, doline, grotte, gravine.

2 milioni di anni fa le Murge vengono parzialmente sommerse e si formano rocce calcaree
arenacee derivanti dalla disgregazione dei calcari cretacici:i tufi. Su di essi si depositeranno
irregolarmente strati argillosi.


10 mila anni fa si completa l’emersione della zona con la formazione delle pianure litoranee.

Pertanto le rocce rappresentative della Puglia sono i calcari in cui sono conservati scheletri e gusci
ricchi di carbonato di calcio che formarono i vari strati calcarei
E' da allora intere generazioni di contadini hanno realizzato l'impresa senza fine di strappare le terre
alla pietra e se da un lato le ha utilizzate per coltivare, dall'altro le ha utilizzate per le sue
costruzioni dai muretti a secco, che per migliaia di chilometri attraversano la Puglia dal Gargano a
Leuca, alle torri costiere, alle cattedrali, ai castelli, ai trulli.


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Il fenomeno che ha rimodellato la nostra zona e tutto il territorio pugliese è il carsismo,così come
accennato poc’anzi.
Con il termine di carsismo si indica l'attività chimica dell'acqua, soprattutto su
rocce calcaree, ad opera di precipitazioni rese leggermente acide dall’anidride
carbonica presente nell’atmosfera. La parola ha origine dal nome della regione
dove inizialmente questo fenomeno è stato studiato, il Carso Triestino.

Il carsismo si sviluppa principalmente a seguito della dissoluzione chimica delle
rocce calcaree, che può essere così sintetizzata:
CO2 + H2O + CaCO3 -> Ca(HCO3)2
Contrariamente al carbonato di calcio (CaCO3) praticamente insolubile, il carbonato
acido di calcio (Ca(HCO3)2) si dissocia in acqua in ioni Ca++ e HCO3- che vengono
asportati dall'acqua dilavante.
Il materiale non disciolto (es. silice e ossidi metallici) va a costituire i cosiddetti
depositi residuali:le terre rosse diffuse ampiamente nella nostra zona.
L'azione corrosiva dipende dalla natura della roccia, dalla
temperatura media stagionale e dalla presenza di
precipitazioni. Ecco perché i terreni carsici si trovano
prevalentemente nella fascia climatica temperata, dove le
condizioni atmosferiche sono più favorevoli, sia per le
temperature che per la quantità di precipitazioni.
All’infuori di questa fascia il carso si trova solo
sporadicamente.
Dissolvendosi, le rocce calcaree danno luogo a forme
caratteristiche sia nell'ambiente esterno sia nel
sottosuolo.


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Le forme del carsismo superficiale, vengono classificate, in base alla scala del fenomeno, in
microforme e macroforme.
Tra le microforme, si annoverano le scannellature
(vedi fotografia a lato), i "campi solcati" o "campi
carreggiati" (karren in tedesco, lapiez in
francese), le docce (dei solchi più ampi), le
vaschette di corrosione, i fori e gli alveoli.
Tra le macroforme più importanti si ricordano
doline, polje,inghiottitoi e valli carsiche.
Molto noto tra i polie della nostra zona, per fare un esempio, è la Valle d’Itria
nei pressi di Martina Franca.

L'evoluzione del carsismo procede in profondità creando cavità ipogee e gallerie di dimensioni estremamente
variabili .
Le grotte sono senza dubbio le forme più conosciute, ma esistono anche cunicoli più o meno estesi, come quelli
percorsi da fiumi sotterranei. L'esplorazione speleologica ha permesso inoltre di rilevare sifoni, condotti e altre forme
di collegamento tra cavità ipogee.
Oltre che forme erosive sono abbondanti le forme deposizionali del carsismo. Infatti, lo stillicidio dell’acqua che
penetra dalla superficie crea, con il passare dei secoli e millenni, fantastiche strutture calcaree. Le forme più
caratteristiche sono le stalattiti, le stalagmiti, le colonne date dalla loro unione e le cortine e concrezioni che ornano
le pareti delle grotte sotterranee.
Il fenomeno deposizionale è sostanzialmente generato dall'inversione della reazione di dissoluzione carsica sopra
descritta. In particolare condizioni di temperatura e flusso idrico il bicarbonato solubile tende a trasformarsi in
carbonato di calcio insolubile, che precipita e forma le concrezioni.


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Nome scientifico: Muscari comosum.
Nome dialettale: Lampascione.
Descrizione della pianta: Sotto terra c’è un bulbo che
assomiglia ad una piccola cipolla, ecco perché è
chiamato cipollaccio. Il fusto è eretto, da questo
partono delle specie di campanelle con un buco per
far uscire i semi. Sulla cima del fusto ci sono piccoli
fiori.

Habitat : E’ abbastanza comune in collina, nei luoghi
erbosi, nei campi coltivabili e incolti.
Proprietà: Lassative, diuretiche, emollienti.
Utilizzo in cucina: I bulbi si mangiano normalmente
lessati e conditi con olio e aceto. Si possono
consumare anche crudi sottaceto, si preparano anche
ottime polpette.


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Nome scientifico: Ceterach officinarum.
Nome dialettale: Spaccapetre .
Descrizione della pianta :E’ una piccola pianta alta 1015 cm con una radice molto corta. Le foglie sono di
forma lanceolata con il margine sinuoso. Il nome
comune della pianta deriva dal fatto che il picciolo e
la pagina inferiore della foglia sono ricoperti da
numerose squame di color ruggine. Come tutte le felci
non produce fiori, ma nella superficie inferiore delle
fronde si trovano lungo le nervature delle formazioni,
dette sori, n cui maturano le spore.
Habitat: L’erba non vive negli ambienti eccessivamente
umidi, si trova sulle rocce e sui muri della regione
mediterranea.
Proprietà: Per quanto riguarda l’uso cosmetico, l’erba
ruggine viene usato come decongestionante per pelle
arrossate. Decotto per aumentare la diuresi e
prevenire i calcoli,o disintegrare quelli già esistenti, di
qui proprio l’origine del nome dialettale che
significa”rompipietra”.
Utilizzo in cucina: Questa pianta era ed è considerata
un vero toccasana per curare soprattutto i calcoli
renali o facilitare la loro espulsione. Le persone
anziane seguivano precise regole nella preparazione dei
decotti: era d’obbligo usare una pignatta di
terracotta in cui si facevano bollire le fronde di
questa preziosa pianta in un litro d’acqua. Quando il
liquido si era ridotto di ¼,il decotto era pronto per
l’uso.


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Nome scientifico: arbutus unedo
Nome dialettale:u russe
descrizione della pianta: Le sue dimensioni
variano da quelle di un piccolo arbusto a quelle
di un albero alto fino a 10m..E’ sempreverde
ed ha la corteccia di colore rossastro Le
foglie sono ovali acuminate in ambedue le
estremità e seghettate ai margini. Fiorisce in
autunno-inverno. Il frutto è una bacca
carnosa, tondeggiante, di superficie granulosa,
rossa.
Dove si trova : in luoghi soleggiati, ma si
adatta bene anche in luoghi semi-ombreggiati.
Proprietà
:
Astringenti,
antisettiche, diuretiche.

digestive,

Utilizzo in cucina: Infuso di foglie per
infiammmazioni dell’intestino, del rene e della
vescica.


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Nome scientifico: Lamiaceae.
Nome dialettale: Trifolon.
Descrizione della pianta: Pianta erbacea
perenne con radice fusiforme lenificata e con
fusto alto fino a 50-60 cm,molto ramificato e
dalla superficie biancastra. Le foglie sono
opposte:quelle inferiori ovali hanno la base
ristretta in lungo picciolo,mentre quelle
superiori hanno il picciolo sempre più corto. I
fiori sono riuniti in pseudo verticilli all’ascella
delle
foglie
superiori.
La
coralla
è
tubolare,bianca e divisa alla fauce in due
labbra.
Habitat Si trova nei luoghi aridi e incolti.
Proprietà:
Digestive,coleretiche,espettoranti,febbrifugh
e,detergenti,leggermente antisettiche.
Utilizzo in cucina: Con il marrubio si preparano
dei decotti per alleviare i dolori di stomaco e
addominali.


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Nome scientifico: Laurus nobilis.
Nome dialettale: Laure.
Descrizione della pianta: Si presenta in forma di arbusti
di varie dimensioni ma sovente può anche diventare un
vero e proprio albero di notevole grandezza. Il fusto è
eretto, la corteccia verde. Le foglie, ovate, sono verde
scuro, coriacee, lucide nella parte superiore e opache in
quelle inferiore. I fiori sono piccoli, giallo-verde, riuniti
a formare una infiorescenza ad ombrella.
Habitat: Cresce spontaneo nella macchia mediterranea.
Proprietà: Aromatiche, aperitive, digestive, stimolanti,
antisettiche e espettoranti.
Utilizzo in cucina: Se ne possono fare vari usi: in cucina,
per aromatizzare carni e pesci, per preparare decotti
rinfrescanti o pediluvi, o trattato con alcool per
ricavarne un profumato e aromatico liquore dalle
proprietà digestive. Il lauro viene anche usato come
aromatizzante indispensabile per qualsiasi ricetta a base
di fegato di maiale o per la cacciagione. I fichi secchi
soprattutto quelli farciti con mandorle dovevano
necessariamente essere separati nella conservazione di
foglie di lauro. Pare che non si conoscesse, invece,
l’azione antireumatica dei frutti.


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Nome scientifico: Ruta graveolens.
Nome dialettale: Rute
Descrizione della pianta: Pianta alta da 30 cm
a 1 cm con foglie glabre e un po’ carnose che
se stropicciate emanano un odore acuto
alquanto sgradevole da cui deriva l’aggettivo
latino graveolens, i fiori sono raggruppati
all’apice dei rami ed hanno un calice formato
di 4-5 petali giallastri.
Habitat: Nei luoghi aridi e sassosi, nella
gravina e i suoi vecchi muri.
Proprietà:
Aromatizzanti,
emmenagoghe, protettrici vasali.

digestive,

Utilizzo in cucina: Le foglie fresche, in piccole
dosi sono usate nelle insalate, piatti di carne o
pesce e per preparare olii ed aceti aromatici.
Usata in liquoreria.
Però l'unico impiego domestico sicuro ed
efficace è quello di tenere qualche ramoscello
di Ruta fresca negli ambienti infestati dai topi
che non ne sopportano l'odore.


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Nome scientifico: Urtica dioica
Nome dialettale: Ardicule
Descrizione della pianta: Pianta erbacea con
rizoma ramificato e strisciante. I fusti, che
sorgono dal rizoma, sono eretti, alti fino ad 1
metro e mezzo è ricoperti da peli corti e lunghi,
questi ultimi urticano. Le foglie oblunghe-ovali,
hanno la base a forma di cuore che va
restringendosi verso l’apice. Il margine è inciso in
grossi denti arcuati a forma di falce. Sulla
superficie e lungo le nervature sono presenti i peli
urtificanti. I fiori sono divisi in spighe divise in
maschili eretti e femminili penduli.
Habitat: Nei luoghi coltivati ed incolti soprattutto
in quelli ricchi di sostanze azotate.
Proprietà:
Diuretiche,
antinfiammatorie, intestinali,
cuoio capelluto, urticanti.

depurative,
normalizzanti del

Utilizzo in cucina: Il decotto preparato con un
litro d’acqua da ridursi a ¼ e una manciata
abbondante di foglie era consigliata per i dolori
addominali. Il succo ricavato dalle foglie forniva
un ottimo rilievo alle ferite cutanee. Purtroppo la
ruta serviva anche come rimedio abortivo.


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Classe III I

Classe VC

Classe I E

Classe I C

Addabbo Fabio

Bernardi Deborah

Bellamia Maria Grazia

Ardito Abramo

Almirante Roberta

Bozza Cinzia

Bufano Simona

Bellini Ilaria

Brunone Lucia

Caggiano Claudia

Carenza Sara

Bitetti Rossana

Cianciotta Luciano

Bozza Andrea

Clemente Marianna

Bozza Angelica

Colacicco Nicla Francesca

Calabrese Angela

Caforio Marco

Ciccarone Rianna

Calò Leonardo
Cazzato Nicolò
Cecere Angela

Cirielli Giuseppe
Clemente Vanessa

De Mattia Rosalba

Calabria Mariateresa

Cicciulli Marina

Colacicco Maristella

Di Candia Alessandra

Cazzetta Davide

Clamente Antonella

Coppola guditta

Di Paola Riccardo

Clemente Enzo

Clemente Mariangela

Costantino Livio

Di Taranto Antonio

Elia Ester

Coppa Flavia

De Biasi Vita

Giannatelli Vittorio

Leggeri Antonia

Destena Enrica

Galeota Paola

Loforese Claudia

Leggeri Rocco

Malizia Simona

Maggiore Alessandro

Mancino Vitalba

Manzari Ilario

Manfredi Addolarata Doriana

Matera Vitangela

Marinotti Mariacarla

Montagnolo Vita

Gerunda Margherita

Panico Nunzia

Paradiso Domenico

Muro Nicola

Lacerenza Caterina

Perrone Daniela

Perrone Michele, Maria

Nistri Giovanni

Lomastro Rosa

Perrone M.Laura

Pietricola Assunta Bruna

Passarelli Marialuisa

Malizia Annamaria

Santantonio Raffaella

Rubino Serena

Putignano Valeria

Serini Nicoletta

Russo Tommaso

Ranaldo Carmen

Soranno Marco

Rosato Rosalinda

Strada Federico

Russo Elisabetta

Tamborrino Silvia

Venezia Francesco

Distante Alfonso

Laurino Carmen

Festa Marialuisa
Fumarulo Mariangela
Geleandro Mariacarmela

Mele Annamaria
Perrone Marcella

Mutidieri Elisabetta
Nelli Lucia

Solazzo Maria Teresa

Resta Vito
Spinelli Elena
Strammiello Caterina

Turi Eleonora
Zamora Rossella

Tanzarella Eleonora

Vinci Arianna

Tanzarella Claudio

Tocci Federica

Vinci Eliana

Turitto Graziana

Traetta Luca

Ziane Fariha
Ziane Nawal


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I Docenti

Il Dirigente Scolastico

Prof.ssa C. Frigiola

Prof.ssa Maria G. Alfonso

Prof.ssa G. Castellaneta
Prof.ssa A. Carrera

Prof.ssa A. Maggiore
Prof. N. Putignano

Dott.ssa Belloli
Associazione
SYMBOLA ENSEMBLE

Prof.ssa B. Giacoia

Prof. A. Sorrenti

Supporto Tecnico e
Multimediale

Gaetano Punzi