scompenso cardiaco

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MANUALE DI TRAINING
DIUREMID
Materiale di Training ad uso interno
L’importanza e la delicatezza delle notizie ed informazioni
contenute nel presente documento comportano per il dipendente
l’obbligo assoluto della non divulgazione sotto qualsiasi forma.
La violazione di quanto sopra, oltre a costituire infrazione alle
norme del codice civile e penale, costituisce gravissima
inadempienza agli obblighi contrattuali del dipendente ed elide il
necessario rapporto di fiducia che è alla base della costituzione
e della prosecuzione del rapporto di lavoro con l’Azienda,
lasciando altresì impregiudicata per quest’ultima la tutela dei
propri interessi in sede civile e penale.
SCOMPENSO CARDIACO
SCOMPENSO CARDIACO
FISIOPATOLOGIA
DEFINIZIONE
Il termine “scompenso cardiaco”, o insufficienza cardiaca, indica una condizione
patologica in cui il cuore non risulta più in grado di rifornire adeguatamente di
ossigeno i tessuti periferici, oppure riesce a mantenere una perfusione periferica
adeguata, ma a prezzo di una congestione venosa sistemica o polmonare.
Nel secondo caso si parla genericamente di scompenso cardiaco “congestizio”.
OVERVIEW
CONDIZIONI INIZIALI
Varie condizioni patologiche
possono indurre (attraverso
meccanismi differenti) una
riduzione della capacità
contrattile cardiaca.
MECCANISMI DI COMPENSO
La gittata cardiaca risulta,
di conseguenza, non
adeguata rispetto alle
esigenze metaboliche
dell’organismo.
In questa condizione l’organismo
mette in atto dei meccanismi di
compenso finalizzati a mantenere
un’adeguata perfusione degli
organi.
CONTRATTILITA’
FREQUENZA
GITTATA
POSTCARICO
CONTRATTILITA’
PRECARICO
PRECARICO
OVERVIEW
EFFETTI
Effetti sul miocardio
Effetto sulla gittata
L’attivazione dei
meccanismi di
compenso riporta
la gittata cardiaca
a livelli adeguati
alle esigenze
dell’organismo.
GITTATA
QUADRO CLINICO
L’aumento del carico
di lavoro e l’incremento
dello stress di parete
(provocati e mantenuti
dall’attivazione cronica
dei meccanismi di
compenso) determinano
un peggioramento delle
condizioni del miocardio.
Il progressivo
deterioramento del
tessuto miocardico
fa sì che il cuore
non sia più in grado
di mantenere una
gittata adeguata.
GITTATA
Una gittata inferiore
ai fabbisogni
dell’organismo
determina la
comparsa dei segni
e sintomi dello
scompenso cardiaco
che possono
manifestarsi
acutamente o
cronicamente.
EZIOLOGIA
Le cause cardiovascolari che possono condurre a scompenso cardiaco sono molteplici:
SOVRACCARICO DI PRESSIONE VENTRICOLARE DA
• stenosi valvolare aortica
• ipertensione arteriosa, etc.
SOVRACCARICO DI VOLUME VENTRICOLARE DA
• insufficienza valvolare, etc.
ISCHEMIA DEL MIOCARDIO
• coronaropatia aterosclerotica
• infarto del miocardio
MALATTIE PRIMITIVE DEL MIOCARDIO
(cardiomiopatie)
• dilatative
• ipertrofiche
• restrittive
ARITMIE
SOVRACCARICO DI PRESSIONE VENTRICOLARE
Il primo momento patogenetico è rappresentato da un aumento del postcarico che determina un
aumento dello stress di parete con conseguente ipertrofia ventricolare.
Il perdurare di tale situazione induce una riduzione della compliance diastolica del ventricolo, con
conseguente maggior resistenza al riempimento, ristagno di sangue nella camera atriale,
incremento del volume e della pressione atriale.
SOVRACCARICO DI VOLUME VENTRICOLARE
Questa condizione insorge quando il ventricolo viene sottoposto ad un anomalo riempimento
diastolico, in conseguenza di insufficienze valvolari (= perdita di “tenuta”) o per la presenza di
anomalie cardiache congenite (dotto del Botallo pervio, difetti del setto etc.).
L’accresciuta pressione intraventricolare telediastolica (precarico) porta ad una dilatazione delle
camere ventricolari interessate, con aumento del raggio delle stesse (legge di Laplace).
ISCHEMIA DEL MIOCARDIO
CARDIOPATIA ISCHEMICA CRONICA
L’ischemia miocardica cronica, con ripetuti episodi di ischemia transitoria (es. angina e/o
ischemia silente) può compromettere a lungo termine l’integrità e la funzionalità miocardica.
INFARTO DEL MIOCARDIO
L’infarto comporta una perdita di tessuto miocardico contrattile, destinato ad essere sostituito con
tessuto cicatriziale, con conseguente perdita di contrattilità, proporzionale all’entità del danno.
MALATTIE PRIMITIVE DEL MIOCARDIO (CARDIOMIOPATIE )
Si tratta di malattie del tessuto miocardico, di possibile origine intrinseca (genetica?) o estrinseca
(infettiva, tossica etc.). A prescindere dalla loro causa, nota o sconosciuta, possono essere
suddivise in dilatative, ipertrofiche e restrittive.
DILATATIVE
Sono caratterizzate da dilatazione delle camere ventricolari, disfunzione contrattile ed elevata
pressione di riempimento ventricolare. Sono dovute o a cause sconosciute o a infezioni virali,
diabete, abuso di alcool, sostanze tossiche, farmaci (antiblastici).
IPERTROFICHE
Si caratterizzano per marcata ipertrofia ventricolare sinistra, simmetrica o asimmetrica.
L’eziologia non è nota; il tratto fisiopatologico caratterizzante è la riduzione della distensibilità
ventricolare e del riempimento diastolico.
RESTRITTIVE
Rappresentano la forma meno frequente.
Anche in questo caso la ridotta portata cardiaca è dovuta a un ridotto riempimento diastolico,
conseguente a irrigidimento endocardico / miocardico di origine sconosciuta.
ARITMIE
Le alterazioni persistenti del ritmo cardiaco soprattutto se inducono una frequenza ventricolare
eccessivamente elevata (tachiaritmie ventricolari e sopraventricolari) o troppo lenta (blocchi
atrioventricolari di grado avanzato), possono ridurre la capacità di pompa del cuore.
MECCANISMO FISIOPATOLOGICO
EZIOPATOGENESI
• Sovraccarico di
pressione
ventricolare
MODIFICHE DEI PARAMETRI
DI FUNZIONE CARDIACA
CONTRATTILITA’
• Malattie primitive
del miocardio
(cardiomiopatie)
• Aritmie
Depressione della
funzione contrattile
del cuore
Attivazione
del SNA
simpatico e
aumento
dell’attività
nervosa
adrenergica
GITTATA
• Sovraccarico di
volume ventricolare
• Ischemia del
miocardio
MECCANISMI DI COMPENSO
Riduzione della
gittata cardiaca
(e quindi della
portata) con
conseguente
riduzione dei
valori pressori
Il calo pressorio
viene registrato
dai barocettori
del seno
carotideo,
dell’arco aortico
e da quelli atriali
Attivazione
del sistema
RAAS
Il calo pressorio
viene registrato
dalle cellule
juxtaglomerulari
MECCANISMO FISIOPATOLOGICO
CONSEGUENZE CARDIOCIRCOLATORIE
Azione a livello cardiaco
Stimolazione del tessuto specifico di formazione
e conduzione dello stimolo
> frequenza
cardiaca
Stimolazione fibre miocardiche
> forza di
contrazione
Ipertrofia parietale
Azione a livello vascolare
Vasocostrizione
Aumento resistenze periferiche
arterie
> postcarico
vene
> precarico
Formazione
di edema
Azione a livello renale
Aumento ritenzione idrica
Aumento volemia
EZIOLOGIA
DANNI A LUNGO TERMINE
Nello scompenso cardiaco cronico i meccanismi di compenso sono costantemente attivi
determinando un ulteriore danno sia a livello cardiaco che di altri organi.
> frequenza
cardiaca
Sovraccarico di volume e
pressione con conseguente
sovraccarico di lavoro
Aumento del
consumo di
ossigeno
Offerta di
ossigeno non
adeguata alla
richiesta
> forza di
contrazione
O2
O2
O2
O2
> postcarico
> precarico
Meccanismi di adattamento:
dilatazione cardiaca
Ischemia
subendocardica
relativa
Morte
cellulare e
fibrosi
FISIOPATOLOGIA DEI SINTOMI E SEGNI
DI SCOMPENSO CARDIACO
INADEGUATA PERFUSIONE TISSUTALE CONSEGUENTE A BASSA GITTATA CARDIACA
Bassa gittata cardiaca
Inadeguata perfusione tissutale
Sintomi/segni
PERFUSIONE
TISSUTALE
GITTATA
• Stanchezza e facile affaticabilità
• Pallore e segni di ipoperfusione
cutanea
• Confusione mentale (soprattutto
negli anziani)
FISIOPATOLOGIA DEI SINTOMI E SEGNI
DI SCOMPENSO CARDIACO
SOVRACCARICO DI VOLUME INTRAVASCOLARE VENOSO (CONGESTIONE)
Sovraccarico di volume
intravascolare venoso
Sintomi/segni
CARDIOMEGALIA
L’aumento dei volumi di riempimento ventricolari e la conseguente
ipertrofia del miocardio sono responsabili di un aumento del volume
globale del cuore scompensato, che può essere facilmente valutato
attraverso un esame radiografico.
CONGESTIONE
Il diametro del cuore scompensato supera facilmente la metà del
diametro traverso toracico all’Rx torace.
EDEMA
La presenza di edema, soprattutto nelle sezioni declivi del corpo, è una delle
caratteristiche più comuni del quadro clinico del paziente scompensato.
Esso rappresenta lo stato di imbibizione dei tessuti periferici causato sia dalla
congestione venosa che dalla ritenzione idrica.
Compare solitamente prima ai piedi e alle caviglie.
Nei casi più gravi, l’edema tende a generalizzarsi, interessando anche gli arti
superiori, il torace e l’addome.
ALTRI
- Dispnea da sforzo
- Ortopnea
- Dispnea parossistica notturna
- Nicturia, oliguria
- Turgore delle vene giugulari
- Fegato da stasi
- Versamento pleurico trasudatizio
- Ascite
SINTOMI
DISPNEA DA SFORZO
La sensazione soggettiva di mancanza di respiro o di affanno è il sintomo principale
dello scompenso del ventricolo sinistro.
La manifestazione più precoce è la dispnea da sforzo, che compare in seguito ad una
aumentata richiesta di ossigeno da parte dell’organismo (es. sforzo, emozioni), e
regredisce con il riposo.
La tolleranza allo sforzo è quindi un parametro per seguire l’evoluzione dello
scompenso nel tempo.
ORTOPNEA
L’ortopnea è la necessità di respirare in piedi od in posizione seduta per la comparsa di
dispnea dopo pochi minuti dall’assunzione del clinostatismo (posizione distesa).
E’ in rapporto alla ridistribuzione dei liquidi corporei dai distretti inferiori a favore del
circolo polmonare (congestione polmonare). Ciò si manifesta in seguito a
peggioramento del quadro clinico per insufficienza ventricolare ingravescente.
Polmoni
DISPNEA PAROSSISTICA NOTTURNA
La dispnea parossistica notturna è la comparsa improvvisa di dispnea durante le ore
notturne, che determina il risveglio del paziente in preda ad intensa “fame d’aria”.
Alla base di questo sintomo ci sono vari fattori (ridistribuzione di liquidi indotta dal
clinostatismo, riduzione del tono simpatico, riduzione dell’attività del centro
respiratorio ecc.).
Intestino
Fegato
EDEMA POLMONARE ACUTO
E’ il quadro più drammatico
e grave dello scompenso cardiaco che se non tempestivamente trattato,
può portare a morte il paziente.
Alla sua genesi concorrono principalmente due fattori:
- una severa congestione polmonare con incremento della pressione idrostatica a
livello dei capillari polmonari,
- la trasudazione di liquido dal plasma agli alveoli polmonari.
Distretti periferici
Vene
polmonari
SEGNI
CARDIOMEGALIA
L’aumento dei volumi di riempimento ventricolari e l’ipertrofia del
miocardio sono responsabili di un aumento del volume globale del
cuore scompensato, che può essere facilmente valutato attraverso un
esame radiografico.
Il diametro del cuore scompensato supera facilmente la metà del
diametro traverso toracico all’Rx torace.
Polmoni
EDEMI DECLIVI
L’edema è caratterizzato da un aumento della componente
extravascolare del liquido extracellulare.
In genere gli edemi interessano gli arti inferiori bilateralmente, in
zona pretibiale e perimalleolare, con peggioramento serale, ma
possono presentarsi anche nella regione sacrale nei pazienti
immobilizzati a letto.
Nei casi più gravi, l’edema tende a generalizzarsi, interessando
anche gli arti superiori, il torace (versamento pleurico) e l’addome
(ascite).
Vena cava
superiore
Vena cava
inferiore
Vena
porta
Vene
Intestino
Fegato
Distretti periferici
CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE “NYHA”
Una commissione della Società
Europea di Cardiologia, nel 1995, ha
individuato i criteri clinici essenziali
per porre diagnosi di scompenso:
1) sintomi di scompenso cardiaco
(soprattutto dispnea
e facile affaticabilità), a riposo o
durante sforzo;
2) segni obiettivi di disfunzione
cardiaca a riposo;
3) in caso di diagnosi dubbia, il
terzo criterio è rappresentato dalla
risposta ad una terapia adeguata.
Il quadro relativo allo scompenso
cardiaco è tipicamente evolutivo.
Per questo, in ambito clinico, viene
impiegata da anni una
classificazione funzionale.
La classificazione prende il nome di
NYHA (New York Heart Association,
1964) e prevede la distinzione in 4
stadi evolutivi, a gravità crescente.
CLASSE I
La cardiopatia è presente allo stato latente
e il paziente non presenta alcun sintomo
CLASSE II
Il paziente cardiopatico non presenta alcuna
sintomatologia a riposo, ma sviluppa sintomi
tipici (come dispnea, affaticamento, dolori
anginosi, palpitazioni) quando sottoposto a
sforzi di entità considerata ordinaria (salire le
scale, attendere alle faccende domestiche)
CLASSE III
Il soggetto con cardiopatia è asintomatico a riposo,
diviene sintomatico per sforzi anche di lieve intensità
CLASSE IV
Il paziente presenta sintomi anche a riposo;
qualsiasi tipo di attività fisica esacerba i sintomi
CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE “NYHA”
CLASSE I
Il paziente, che presenta una cardiopatia documentata, può svolgere le attività fisiche ordinarie, compreso lo sport
non competitivo, senza comparsa di sintomi. Una condizione di questo tipo sembrerebbe incompatibile con la
definizione di scompenso cardiaco; essa può comunque valere nel caso dell’insufficienza cardiaca latente, in cui il
cuore è in grado di compensare il circolo, ma al prezzo di un’alterazione dei parametri emodinamici (in particolare,
aumento anomalo della pressione di riempimento ventricolare). La definizione può anche essere valida per pazienti
con alterazioni potenzialmente capaci di produrre scompenso (p. es. valvulopatici), ma in fase ancora
“compensata”, o per pazienti in precedenza sintomatici, fatti “regredire” al livello inferiore grazie ad un adeguato
controllo terapeutico.
CLASSE II
Pazienti con lieve limitazione dell’attività fisica. In questo caso infatti l’attività ordinaria causa affaticamento
e palpitazioni. Può essere associata allo scompenso lieve.
CLASSE III
Pazienti con marcata limitazione dell’attività fisica.Il paziente può svolgere solo attività di modesto impegno
fisico: lavarsi, vestirsi, camminare a passo non sostenuto etc. Può essere associata allo scompenso moderato.
CLASSE IV
Pazienti inabili a svolgere attività fisiche anche modeste, come lavarsi e vestirsi. I sintomi sono spesso presenti
anche a riposo. Può essere associata allo scompenso grave.
CLASSIFICAZIONE CLINICA
A seconda che la patologia primitiva colpisca le sezioni destre o sinistre si parla di scompenso
“sinistro” o scompenso “destro”. Anche quando sono primitivamente colpite le sezioni
cardiache sinistre, il danno che ne consegue coinvolge nella fase cronica anche quelle destre.
SCOMPENSO SINISTRO
ACUTO
Quando il quadro clinico dello scompenso compare molto rapidamente, si parla di “scompenso
acuto”. L’insufficienza acuta del ventricolo sinistro determina un brusco inalzamento della
pressione di riempimento ventricolare sinistro (fino a raggiungere valori molto elevati).
La conseguenza è una congestione venosa polmonare (vene polmonari – capillari polmonari –
arteria polmonare) che conduce ad un rapido stravaso di liquidi dal letto capillare dei polmoni
negli spazi interstiziali e negli alveoli.
CRONICO
Nello scompenso cronico il quadro clinico si instaura molto più lentamente: la congestione
venosa è progressiva, e rappresenta il risultato del tentativo di compensare l’aumento del carico
di lavoro per i ventricoli. Oltre alla congestione polmonare e sistemica viene attivata una
complessa serie di meccanismi emodinamici e neuro-ormonali.
E’ il quadro clinicamente più frequente; il decorso è cronico, con possibili riacutizzazioni.
SCOMPENSO DESTRO
Nello scompenso destro si determina una congestione venosa sistemica e dei visceri addominali
(tipica in questo caso la comparsa di epatomegalia = aumento di dimensioni del fegato).
Questo può avvenire acutamente (es. embolia polmonare) o cronicamente
(es. broncopneumopatie croniche ostruttive con aumento della pressione polmonare).
CLASSIFICAZIONE CLINICA
SCOMPENSO ACUTO SINISTRO (EDEMA POLMONARE ACUTO)
EZIOPATOGENESI
Il quadro clinico dello scompenso acuto del cuore sinistro può verificarsi per le seguenti cause:
• come conseguenza di un danno cardiaco acuto (es. dopo un infarto miocardio acuto esteso o una tachiaritmia
a frequenza molto elevata)
• come rapida riacutizzazione in corso di scompenso cronico.
ESEMPIO
Dopo un infarto miocardico acuto esteso, il deficit di pompa conseguente al danno
muscolare comporta un aumento delle dimensioni e della pressione all’interno del
ventricolo sinistro, come tentativo di utilizzare la riserva consentita dalla legge di
Starling per incrementare la gettata cardiaca.
Polmoni
L’incremento della pressione diastolica che ne consegue all’interno del ventricolo
sinistro si ripercuote all’interno dell’atrio sinistro e quindi delle vene polmonari e dei
capillari polmonari.
Il risultato è la congestione del letto vascolare polmonare (con riduzione della
compliance) e l’aumento della pressione all’interno dei vasi. Aumenta la pressione
nei capillari polmonari (V.N.: fino a 12 mmHg) e nell’arteria polmonare (V.N.:
sistolica= fino a 30 mmHg; diastolica= fino a 12 mmHg; media= fino 16 mmHg).
Se la pressione idrostatica all’interno dei capillari polmonari supera i 25 mmHg, si
rompe l’equilibrio con la pressione oncotica all’interno del vaso ed il liquido
intravascolare passa nell’interstizio e quindi all’interno dell’alveolo, determinando il
quadro drammatico dell’edema polmonare acuto.
Intestino
Fegato
Distretti periferici
Vene
polmonari
CLASSIFICAZIONE CLINICA
SCOMPENSO ACUTO SINISTRO (EDEMA POLMONARE ACUTO)
MANIFESTAZIONI CLINICHE
La comparsa di sintomi/segni di scompenso cardiaco acuto è diretta conseguenza di:
• marcata e brusca riduzione della gettata cardiaca con inadeguata perfusione degli organi e/o
• congestione ed incremento della pressione nel letto vascolare a monte della camera cardiaca
colpita.
L’edema polmonare acuto è una manifestazione drammatica e molto grave.
Il paziente si presenta pallido, sudato, cianotico, agitato con tachipnea (respirazione frequente e
superficiale), agitazione, ansia con sensazione di soffocamento e dispnea gravissima.
In certi pazienti la manifestazione più importante è un marcato broncospasmo con sibili, cui si
dà il nome di asma cardiaco.
L’edema polmonare acuto è in genere molto grave, tale da portare a morte in breve tempo il
paziente non adeguatamente trattato.
SCOMPENSO CARDIACO
TRATTAMENTO
APPROCCI TERAPEUTICI
OBIETTIVI TERAPEUTICI
MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ DI VITA
Primo obiettivo del trattamento dello scompenso cardiaco è quello di migliorare le condizioni del
paziente, eliminando o riducendo i sintomi e migliorando la tolleranza allo sforzo, che risulta
ridotta già a partire dalla classe NYHA II.
PREVENZIONE DELL’INGRAVESCENZA DELLA DISFUNZIONE MIOCARDICA
Obiettivo non meno importante è il rallentamento dell’ingravescenza della funzionalità di pompa,
a cui è in larga misura legato il rischio di mortalità.
AUMENTO DELL’ASPETTATIVA DI VITA
Il controllo delle complicanze dello scompenso (sia cardiache che di altri organi), concorre ad
allungare la sopravvivenza del paziente.
RIDUZIONE DELL’OSPEDALIZZAZIONE
La riduzione della morbilità e, di conseguenza, dei tempi e della frequenza di ospedalizzazione
dei pazienti con scompenso cardiaco, è un obiettivo importante nell’ottica del miglioramento
della qualità di vita e dell’aspettativa di vita del paziente.
APPROCCI TERAPEUTICI
INTERVENTI
MISURE IGIENICO-DIETETICHE
Sono finalizzate a rimuovere alcune cause di peggioramento dell’emodinamica.
• MISURE IGIENICO-DIETETICHE
- Riduzione dell’apporto di sodio (nelle forme più gravi anche di acqua)
- Riduzione dell’apporto calorico (in caso di sovrappeso/obesità), dell’alcool ed astensione dal fumo
- Riduzione dell’attivìtà fisica (nelle fasi di instabilità)
TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
Si tratta di un intervento fondamentale e va effettuato con farmaci in grado di correggere le varie componenti del
quadro fisiopatologico in atto, spesso usati in combinazione.
• TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
-ACE-inibitori/Angiotensina-II-antagonisti
- Diuretici
- Digitale
- ß-Bloccanti
- Nitrati
TRATTAMENTO CHIRURGICO
E’ proponibile quando lo scompenso è causato da anomalie morfologiche congenite o acquisite (difetti valvolari,
coartazione dell’aorta, grave coronaropatia con angina e/o “miocardio ibernato” etc.).Inoltre, quando le misure
terapeutiche convenzionali non risultino più adeguate e vi siano le condizioni per farlo, il paziente con scompenso
cardiaco grave (IV classe NYHA) presenta indicazione al trapianto cardiaco.
• TRATTAMENTO CHIRURGICO
- Correzione delle alterazioni strutturali (vizi valvolari etc.)
- Trapianto cardiaco
TERAPIA FARMACOLOGICA
Attivazione del
SNA simpatico
e aumento
dell’attività
nervosa
adrenergica
Azione a livello cardiaco
Stimolazione del tessuto specifico di
formazione e conduzione dello stimolo
Stimolazione fibre miocardiche
Ipertrofia parietale
Azione a livello vascolare
Vasocostrizione
GITTATA
CONTRATTILITA’
Aumento resistenze
periferiche
ACE- INIBITORI / SARTANI
• Riducono le resistenze
arteriose periferiche
(riduzione del postcarico)
• Riducono la produzione
di aldosterone
Attivazione del
sistema RAAS
X
X
Azione a livello renale
Aumento
ritenzione idrica
Aumento volemia
TERAPIA FARMACOLOGICA
Azione a livello cardiaco
> frequenza
cardiaca
Stimolazione del tessuto specifico di
formazione e conduzione dello stimolo
Aumento del
carico di lavoro
delle fibre
miocardiche
Stimolazione fibre miocardiche
> forza di
contrazione
Ipertrofia parietale
Azione a livello vascolare
Vasocostrizione
DIGITALICI
Aumento resistenze
periferiche
• Accrescono la forza
contrattile del miocardio.
arterie
> postcarico
vene
> precarico
Formazione
di edema
Azione a livello renale
Aumento
ritenzione idrica
Aumento volemia
DIURETICI
• Riducono il riassorbimento renale di Na+, con conseguente aumento
dell’eliminazione urinaria di sodio e acqua. Ne risulta una riduzione della
volemia, del ritorno venoso e quindi del precarico cardiaco, che favorisce
il riassorbimento dell’edema o previene la sua formazione.
Nell’edema polmonare acuto è importante l’utilizzo di un diuretico ad
azione rapida, tale da indurre una diuresi nell’arco di 15-20 minuti riducendo
così rapidamente la volemia e la pressione di riempimento ventricolare.
TERAPIA FARMACOLOGICA
ALTRI FARMACI
b-BLOCCANTI
• Riducono la frequenza cardiaca e gli effetti della iperstimolazione simpatica sul cuore.
Nota: Vedere manuale Lopresor
NITRATI
• Meccanismo prevalente: riduzione del precarico mediante dilatazione venosa sistemica.
Per i pazienti che non sono in grado di tollerare gli ACE-inibitori, una possibilità alternativa è la
combinazione della terapia con nitrati e idralazina (vasodilatatore arterioso ad azione diretta).
EDEMA
EDEMA
FISIOPATOLOGIA
PARAMETRI INFLUENZANTI LA FORMAZIONE DI EDEMA
Quando una o più forze coinvolte nel processo di filtrazione vengono alterate si determina la condizione di edema.
RIDUZIONE DELLA PRESSIONE COLLOIDO-OSMOTICA
INCREMENTO DELLA PRESSIONE VENOSA
Una riduzione delle proteine plasmatiche determina
una riduzione della forza attrattiva intracapillare
(pressione colloido-osmotica) nei confronti dell’H2O.
L’incremento della pressione venosa si trasmette
facilmente ai capillari, determinandovi modificazioni della
pressione idrostatica capillare molto superiori a quelle
indotte da analoghe variazioni della PA.
NB. Le variazioni della pressione arteriosa vengono neutralizzate dalla
variabile resistenza dello sfintere precapillare e non riescono a
modificare la pressione idrostatica capillare.
Riduzione della pressione
colloido-osmotica
Arteriola
Sfintere
precapillare
Incremento della
pressione venosa
Capillare
Interstizio
EDEMA
Accumulo eccessivo di fluidi
nel compartimento interstiziale.
I fluidi in eccesso occupano
l’interstizio ed entrano nel
sistema linfatico
Capillare linfatico
Sfintere
Venula
postcapillare
CAUSE CLINICHE DELL’EDEMA
Le principali cause cliniche dell’edema sono:
• Scompenso cardiaco congestizio (con conseguente sovraccarico idrico determinato da una pressione venosa
elevata)
• Cirrosi epatica (con conseguente sovraccarico idrico determinato dalla riduzione delle proteine plasmatiche e
da una pressione venosa elevata)
• Sindrome nefrosica (con conseguente sovraccarico idrico determinato dalla riduzione delle proteine
plasmatiche)
• Insufficienza renale
CONDIZIONI PATOLOGICHE
Nello scompenso cardiaco, nella cirrosi e nella sindrome nefrosica si verifica la seguente condizione:
- il volume extracellulare è espanso,
- il riempimento dell’albero arterioso (volume plasmatico effettivo) è ridotto.
“RISPOSTA RENALE”
In queste condizioni, il rene ritiene Na+ e H2O per ripristinare una perfusione tissutale normale.
La ritenzione idro-salina tende comunque ad aggravare la condizione edemigena favorendo le forze di Starling
che incrementano la filtrazione transcapillare.
LOCALIZZAZIONE
L’edema da cause sistemiche si localizza in particolari sedi.
ASCITE: accumulo di fluidi interstiziali nella cavità peritoneale
IDROTORACE: accumulo di fluidi interstiziali nella cavità pleurica
EDEMA SACRALE: nel paziente costretto a letto, l’edema può localizzarsi nelle sedi sacrali
EDEMA DEGLI ARTI INFERIORI: la forza gravitazionale favorisce l’accumulo di fluidi interstiziali nelle sedi declivi
ANASARCA: accumulo generalizzato di fluidi interstiziali
CAUSE CLINICHE DELL’EDEMA
SCOMPENSO CARDIACO
CIRROSI
SINDROME NEFROSICA
INSUFFICIENZA RENALE
LOCALIZZAZIONE
QUADRO CLINICO
Il quadro clinico del paziente edematoso è correlato alla malattia di base (scompenso cardiaco,
cirrosi, sindrome nefrosica).
PRIMO INDIZIO
Il primo indizio di edema è un brusco aumento del peso corporeo (per ritenzione idrica).
SEGNI ALL'ESAME OBIETTIVO
All’esame obiettivo, l’edema può essere rilevato mediante la digitopressione sulla cute (in
genere a livello di tibia, malleolo, regione sacrale), che determina il segno della “fovea”.
La fovea è una fossetta che compare dopo la digitopressione e persiste anche dopo che la
pressione è terminata.
TRATTAMENTO
1. Correzione della patologia di base
2. Restrizione dell’apporto di Na+
3. Somministrazione di diuretici
EDEMA DA SCOMPENSO CARDIACO: EZIOPATOGENESI
PATOLOGIA
CARDIACA
MODIFICHE DEI PARAMETRI DI FUNZIONE CARDIACA
MECCANISMI
DI COMPENSO
Attivazione del SNA
simpatico e aumento
dell’attività nervosa
adrenergica
VOLEMIA
CONTRATTILITA’
GITTATA
CARDIOPATIA
ISCHEMICA
CARDIOPATIA
IPERTENSIVA
Attivazione del
sistema RAA
VALVULOPATIE
MIOCARDIOPATIE
Depressione
della funzione
contrattile del
cuore
Riduzione
della gittata
cardiaca
Riduzione
del volume
arterioso
effettivo
EDEMA DA SCOMPENSO CARDIACO: EZIOPATOGENESI
MECCANISMI DI COMPENSO
CONSEGUENZE
Azione a livello cardiaco
DANNO CARDIACO
Stimolazione del tessuto specifico di
formazione e conduzione dello stimolo
> frequenza cardiaca
Stimolazione fibre miocardiche
> forza di contrazione
Ipertrofia parietale
Azione a livello vascolare
Vasocostrizione
Aumento resistenze
periferiche
Arterie
> postcarico
CONGESTIONE E
FORMAZIONE DI
EDEMA
Vene
> precarico
Azione a livello renale
Aumento
ritenzione idrica
Aumento volemia
Vene
Nell’insufficienza
cardiaca cronica i
meccanismi di
compenso sono
costantemente attivi.
Questa condizione,
oltre a determinare un
ulteriore danno a
livello cardiaco e di
altri organi, genera
congestione con
formazione di edema
circoscritto o diffuso.
ASCITE DA CIRROSI
DEFINIZIONE
Malattia progressiva che colpisce il fegato e conduce, attraverso complesse alterazioni
anatomopatologiche all’indurimento e raggrinzimento dell’organo, compromettendone la
funzionalità primaria e le altre funzioni fisiologiche ad esso correlate.
EZIOLOGIA
• Alcolica (più comune: colpisce il 10-15 % degli alcolisti)
• Post-necrotica (soprattutto post-virale)
• Biliare primitiva
• Biliare secondaria a ostruzione protratta del sistema biliare
• Cardiaca
• Altre cause
ALTERAZIONI ANATOMOPATOLOGICHE
• Necrosi ricorrente a livello degli epatociti
• Fibrosi: alla necrosi degli epatociti segue la loro sostituzione con tessuto fibroso
• Presenza di noduli di rigenerazione, che indicano il tentativo inefficace del tessuto epatico
sopravissuto di rigenerare
• Grave distorsione del letto vascolare
ASCITE DA CIRROSI
QUADRO CLINICO
• Ascite (accumulo di liquidi nel cavo peritoneale) ed altri edemi
• Subittero o ittero
• Numerose alterazioni metaboliche
• Coagulopatie
• Ipertensione portale con emorragie da varici esofagee
• Encefalopatia
PROGNOSI
Nel corso della malattia cirrotica, l’insorgenza di ascite ha un significato prognostico altamente
negativo: infatti solo il 50% dei pazienti affetti da cirrosi epatica è ancora vivo a distanza di 2
anni dal primo episodio di ascite.
PATOGENESI DELL’ASCITE DA CIRROSI
ALTERAZIONI
EPATICHE
EFFETTI SULLA CIRCOLAZIONE EMATICA E LINFATICA
A LIVELLO SPLANCNICO
Alterazione
anatomopatologiche a livello
epatico da cirrosi
Aumento della
resistenza vascolare
intraepatica
Aumento della
pressione
venosa portale
Grave distorsione
del letto vascolare
resistenza
vascolare
intraepatica
Riduzione della sintesi
epatica di albumina
CIRROSI
Danno cellulare
sintesi
epatica di albumina
Ostacolo al deflusso
intraepatico della linfa
pressione
venosa portale
Riduzione della
pressione oncotica
plasmatica
pressione
oncotica plasmatica
Aumento della linfa
epatica a monte
dell’ostruzione
Grave distorsione
ed ostruzione
dei linfatici epatici
linfa epatica
Aumento della
pressione arteriolare
splancnica
pressione
arteriolare
splancnica
Vasodilatazione
arteriolare
splancnica
Vasodilatazione
arteriolare
splancnica (sequestro
splancnico)
Stravaso di liquidi nel
cavo peritoneale
Stravaso di liquidi dal
plasma al cavo
peritoneale (prevalenza
della pressione di
filtrazione transcapillare)
Stravaso della linfa
nel cavo peritoneale
La linfa del sistema
linfatico intraepatico
drena nel cavo
peritoneale
PATOGENESI DELL’ASCITE DA CIRROSI
EFFETTI A LIVELLO RENALE
Riduzione del volume
plasmatico sistemico
Riduzione della
perfusione renale
Volume
plasmatico
efficace
(iporiempimento
arterioso a livello
sistemico)
Stravaso della linfa nel
cavo peritoneale
Attivazione dei sistemi
RAA e SNS
Aumentata
ritenzione di sodio
L’ascite è una forma di
versamento circoscritto,
con raccolta di liquido
all’interno della cavità
addominale
attività del
sistema
RAA
Vasodilatazione
arteriolare
splancnica
Stravaso di liquidi nel
cavo peritoneale
ASCITE
perfusione
renale
Attivazione
del SNS
ritenzione
di Na+
La ritenzione renale di sodio
svolge un ruolo di primo piano
nella patogenesi dell’ascite.
• La normalizzazione
dell’escrezione renale di sodio
indotta da diuretici determina la
scomparsa dell’ascite
• La sospensione dei diuretici
causa il riformarsi dell’ascite.
L’ascite concorre a ridurre il volume plasmatico sistemico riducendo
quindi la perfusione renale contribuendo al suo mantenimento.
EDEMA DA SINDROME NEFROSICA
SINDROME NEFROSICA
DEFINIZIONE
Sindrome clinica determinata da
un’aumentata permeabilità alle proteine
plasmatiche della membrana basale
glomerulare.
EZIOLOGIA
Le cause di sindrome nefrosica possono
essere di natura variabile.
CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA
Sindrome nefrosica da
NEFROPATIE GLOMERULARI PRIMITIVE
Tipi:
- a lesioni minime
- glomerulosclerosi segmentaria e focale
- proliferativa mesangiale (IgM)
- membranosa
- membranoproliferativa
- proliferativa diffusa
Sindrome nefrosica da
NEFROPATIE GLOMERULARI SECONDARIE
Patologie primarie:
- lupus eritematoso
- diabete mellito
- amiloidosi
- trombosi vena renale
Gravidanza
Sindrome nefrosica
CONGENITA
EDEMA DA SINDROME NEFROSICA: PATOGENESI
DANNO ISTOLOGICO:
LESIONE GLOMERULARE
Ogni tipo di lesione glomerulare,
indipendentemente dalla eziologia
e dai meccanismi eziopatogenetici, può
dare luogo a sindrome nefrosica.
EFFETTI SULLA FUNZIONE GLOMERULARE
AUMENTATA PERMEABILITÀ
GLOMERULARE ALLE
PROTEINE PLASMATICHE
PROTEINURIA
La conseguenza della lesione
glomerulare è l’aumentata
permeabilità glomerulare alle
proteine plasmatiche.
L’aumentata permeabilità
glomerulare alle proteine
plasmatiche determina una
marcata proteinuria, cioé la
perdita di proteine attraverso
le urine.
Questo danno funzionale
sta alla base delle
manifestazioni che caratterizzano
la sindrome nefrosica.
Rene
Questo dato rappresenta
il più importante reperto di
laboratorio.
Lume arteriola
endoglomerulare
Nefrone
Glomerulo
Endotelio
vasale
Lesione
glomerulare
Proteine
plasmatiche
Membrana
basale
Aumentata permeabi-
Glomerulo lità glomerulare alle
proteine plasmatiche
Proteinuria
EDEMA DA SINDROME NEFROSICA: PATOGENESI
EFFETTI SISTEMICI
IPOPROTIDEMIA
La perdita di proteine
attraverso le urine è
responsabile della
comparsa di ipoprotidemia.
RIDUZIONE DELLA
PRESSIONE ONCOTICA
AUMENTO DI LIQUIDI
NEGLI SPAZI INTERSTIZIALI
RIDUZIONE DEL
VOLUME PLASMATICO
La diminuzione di proteine nel
circolo ematico comporta una
riduzione della pressione
oncotica (o colloido-osmotica).
La diminuzione della pressione
oncotica determina un aumento di
liquidi negli spazi intertiziali.
L’aumento di liquidi negli
spazi interstiziali comporta
la riduzione del volume
plasmatico efficace
Riduzione della pressione oncotica
Arteriola
Capillare
Riduzione
del volume
plasmatico
Venula
Ipoprotidemia
Interstizio
Aumento di liquidi negli
spazi interstiziali
MANIFESTAZIONI
CLINICHE PRECOCI
Capillare linfatico
Iperlipemia (la diminuita
pressione oncotica
plasmatica sembra stimolare
la sintesi epatica di
lipoproteine e, di frequente,
allo stato nefrosico si
accompagna una iperlipemia)
In una fase iniziale del
processo patogenetico
l’aumento di liquidi negli
spazi interstiziali
determina edema
localizzato (in genere
edema periorbitario)
EDEMA DA SINDROME NEFROSICA: PATOGENESI
EVOLUZIONE DEI PROCESSI FISIOPATOLOGICI
Se il ridotto volume plasmatico efficace è persistente, conduce a due fenomeni:
- un aumento della secrezione di vasopressina (ADH), che a livello del tubulo collettore recupera acqua e sodio,
- un aumento di attività del Sistema Renina Angiotensina Aldosterone con conseguente recupero di acqua e sodio a
Iivello del tubulo distale.
I due meccanismi portano ad un ulteriore e generalizzato aumento dei liquidi interstiziali con conseguente formazione
di edema.
SISTEMA NERVOSO
CENTRALE
Aumento della
secrezione di
vasopressina
(ADH)
Vasopressina
(ADH)
TUBULI RENALI
Recupero di acqua
e sodio a livello del
tubulo collettore
H2O
Riduzione
del volume
plasmatico
RENE
Aumento di attività del
sistema RAA
TUBULI RENALI
Recupero di acqua
e sodio a livello del
tubulo distale
H2O
CIRCOLAZIONE
Incremento del
volume ematico
EDEMA DA SINDROME NEFROSICA: PATOGENESI
MANIFESTAZIONI CLINICHE TARDIVE
Con l’evoluzione ad una sindrome nefrosica conclamata, l’edema, in relazione al grado di
ipoalbuminemia e della albuminuria, si può addirittura estendere a tutto il corpo (anasarca).
Edema generalizzato
(anasarca)
CIRCOLAZIONE
Incremento del
volume ematico
Arteriola
Capillare
Venula
Interstizio
Ulteriore aumento dei
liquidi interstiziali
Capillare linfatico
EVOLUZIONE
Frequentemente la sindrome nefrosica può condurre all'insufficienza renale.
EDEMA DA SINDROME NEFROSICA
TERAPIA
OBIETTIVI
STRATEGIE
RISULTATI
Gli obiettivi della terapia
sono:
Le strategie terapeutiche dell’edema
prevedono una dieta adeguata, interventi
di supporto e trattamenti farmacologici.
Ognuno degli interventi terapeutici
mira alla normalizzazione di quei fattori
che influenzano la comparsa di edema.
Dieta
1) aumentare la
protidemia totale;
2) rinormalizzare la
volemia;
3) aumentare
l'escrezione urinaria
di acqua e sodio.
Dieta iperproteica
Aumento della protidemia totale
Dieta con un basso apporto di sodio
Normalizzazione della volemia
Trattamento di supporto
Talora è necessario infondere albumina
Aumento della pressione oncotica e quindi del
volume plasmatico.
(L'efficacia della terapia infusionale è comunque
di breve durata poiché l'albumina infusa viene
rapidamente filtrata e persa con le urine).
Farmaci
Diuretici
Aumento dell’eliminazione di sodio e di acqua e
conseguente riduzione dell'edema.
Diuretici più usati:
- Diuretici dell'ansa
- Diuretici dell'ansa associati agli
antialdosteronici (razionale per l’utilizzo
dell’antialdosteronico: bilanciare la perdita di
potassio indotta dai diuretici dell'ansa più noti)
EDEMA DA INSUFFICIENZA RENALE ACUTA
DEFINIZIONE
L'insufficienza renale acuta è una sindrome caratterizzata dal brusco deterioramento delle
funzioni renali.
Essa è abitualmente associata ad oliguria (diuresi inferiore a 400 ml nelle 24 ore), ma esistono
forme di insufficienza renale acuta con diuresi conservata.
EDEMA DA INSUFFICIENZA RENALE ACUTA
CAUSE
Schematicamente si
possono riconoscere
tre tipi di cause:
- pre-renali,
- renali,
- post-renali.
CAUSE PRE-RENALI
EZIOLOGIA
PATOGENESI
Diverse condizioni
sono alla base
dell’insufficienza
renale acuta da
cause pre-renali.
Ischemia renale
Tutte queste condizioni determinano
un’inadeguata perfusione a livello
sistemico. In queste circostanze, per
una serie di complessi riflessi che si
instaurano automaticamente, alcuni
organi tra cui il rene, vengono
sacrificati a favore di altri (cervello,
cuore) la cui insufficiente perfusione
porterebbe alla morte immediata.
Lo scarso afflusso di sangue al rene
provoca ischemia renale.
Tra queste le
principali sono:
Ipovolemia
Shock
Emorragie
Scompenso cardiaco
Ipovolemia
Shock
Emorragie
Scompenso
cardiaco
Danno istologico
Se l'ischemia è di breve
durata, non è
accompagnata da
lesioni anatomiche
importanti. Se la durata
dell’ischemia è
prolungata, si possono
instaurare lesioni
istologiche gravi che si
traducono in necrosi
tubulare e/o corticale.
Ischemia
Riduzione o
soppressione
completa della
formazione di
urina
EDEMA DA INSUFFICIENZA RENALE ACUTA
CAUSE
CAUSE RENALI
CAUSE POST-RENALI
EZIOLOGIA
EZIOLOGIA
Diverse condizioni sono alla base dell’insufficienza
renale acuta da cause renali.
Glomerulari
- Glomerulonefriti
- Vasculiti
- Infarto renale dovuto ad embolie o trombosi
- Ischemia o vasocostrizione con necrosi della corticale
- Ipertensione maligna
Tubulo-interstiziali
- Necrosi papillare
- Precipitazione di farmaci, acido urico, proteine
Tubulari
- Ischemia (con necrosi tubulare)
- Danno da farmaci
- Danno da agenti tossici
Diverse condizioni sono alla base dell’insufficienza renale acuta
da cause post-renali.
Tra queste le principali sono:
- Calcoli renali (possono incunearsi nell'uretere ostruendo
completamente il lume di questo canale fibromuscolare)
- Tumori (possono interessare l’apparato urinario o lo scavo
pelvico e, per compressione, ostruiscono gli ureteri)
- Coaguli
- Traumi
- Fibrosi retroperitoneale, cioè l'invasione da parte di tessuto
cicatriziale che può avvolgere gli ureteri
Le cause post-renali sono abbastanza frequenti, soprattutto
nell'età media e avanzata.
Patologie glomerulari
Patologie tubulo-interstiziali
Patologie tubulari
Riduzione
o soppressione
completa della
formazione
di urina
- Calcoli renali
- Tumori
- Coaguli
- Traumi
- Fibrosi
retroperitoneale
EDEMA DA INSUFFICIENZA RENALE ACUTA
CONSEGUENZE DETERMINATE DALL’INSUFFICIENZA RENALE ACUTA
CONSEGUENZE SULLA FUNZIONALITA’ DEL NEFRONE
Queste cause inducono un rapido declino della funzionalità del nefrone (riduzione della escrezione urinaria di
sodio e di cataboliti), che si instaura in un periodo di tempo che va da poche ore ad alcune settimane.
CONSEGUENZE A LIVELLO SISTEMICO
SQUILIBRI IDRICI
FISIOLOGIA
Il nostro organismo mantiene un bilancio idrico in pareggio grazie alla possibilità di regolare l'escrezione dei
liquidi attraverso il rene (l'acqua introdotta nell’organismo viene eliminata principalmente a livello renale).
FISIOPATOLOGIA
Formazione di edemi
L'impossibilità di eliminare l'acqua attraverso il rene espone al pericolo di una iperidratazione o ritenzione idrica
con conseguenti modificazioni del volume del fluido extracellulare (edema).
RITENZIONE DI METABOLITI
INTOSSICAZIONE METABOLICA
Mancata eliminazione dei prodotti terminali delle reazioni metaboliche dell’organismo, con relativo incremento
della loro concentrazione plasmatica e conseguente intossicazione.
INTOSSICAZIONE DA ACQUA OSSIDATA
A causa del prevalere dei processi di distruzione cellulare causato dallo stato di intossicazione, si svolgono
procedimenti metabolici che portano alla formazione di acqua (cosiddetta acqua di ossidazione endogena).
L'intossicazione da acqua è responsabile dei seguenti sintomi:
- nervosi (eccitazione, delirio, convulsioni generalizzate),
- cardiaci (aumento dei battiti cardiaci),
- difficoltà respiratorie dovute alla trasudazione di acqua nei polmoni,
- digestivi (nausea, vomito, repulsione all'acqua).
INTOSSICAZIONE DA CATABOLITI AZOTATI
L'insufficienza renale provoca un aumento della concentrazione plasmatica di cataboliti azotati provenienti dal
metabolismo delle proteine e delle purine, tra cui l’urea e l’acido urico che hanno attività tossica.
SQUILIBRI ELETTROLITICI
FISIOLOGIA
Soluzioni elettrolitiche
Si definiscono come soluzioni elettrolitiche quelle soluzioni che posseggono una conducibilità elettrica
superiore a quella dell'acqua. In soluzione tutte le sostanze elettrolitiche (elettroliti) si dissociano dando luogo a
radicali (ioni) portatori di una carica elettrica. Si chiamano cationi quegli ioni che hanno carica elettrica positiva
e quindi in un campo elettrico migrano verso il catodo, anioni quelli che migrano verso l'anodo.
Funzioni degli elettroliti
Nel nostro organismo, gli elettroliti svolgono funzioni di estrema importanza, assicurando l'elettroneutralità
delle soluzioni interne, l'eccitabilità dei nervi e dei muscoli, gli spostamenti dell'acqua ecc.
FISIOPATOLOGIA
Un eccesso o un difetto di queste sostanze (variazioni del bilancio elettrolitico) è, oltre certi limiti, incompatibile
con la vita e, poiché il rene è l'organo deputato alla regolazione di questi ioni, si può ben comprendere la loro
importanza patologica in caso di anuria. Ricordiamo qui solo le principali alterazioni elettrolitiche in corso di
insufficienza renale acuta:
- iperpotassiemia
- ipocalcemia
- ipernatriemia
- iperfosfatemia.
Iperpotassiemia
L'aumentata concentrazione di potassio nel plasma provoca alterazioni del ritmo cardiaco e, oltre certi livelli,
arresto cardiaco con morte improvvisa del malato.
Ipocalcemia
L'ipocalcemia può essere responsabile di contrazioni di tipo tetanico, per un aumento della eccitabilità
neuromuscolare, e di alterazioni cardiache.
Ipernatriemia
Un accumulo di sodio provocherà un accumulo di acqua nel settore extracellulare, con possibili gravissime
conseguenze, quali: scompenso cardiaco , convulsioni generalizzate dovute all'accumulo di acqua nei liquidi
che circondano il cervello causa di grave sofferenza del sistema nervoso, edemi diffusi.
Iperfosfatemia
L'accumulo di fosfati può essere responsabile di ipocalcemia e di precipitazione di fosfato di calcio a livello
periarticolare.
VARIAZIONI DELL’EQUILIBRIO ACIDO-BASE: ACIDOSI METABOLICA
FISIOLOGIA
Il rene, assieme al polmone, è l'organo deputato alla regolazione dell'equilibrio acido-base. Il rene assicura il
mantenimento dell’equilibrio acido base attraverso l'escrezione di idrogenioni (ioni che principalmente
determinano l’acidità di una soluzione).
FISIOPATOLOGIA
Il deterioramento della funzionalità renale determina un aumento della concentrazione di idrogenioni
responsabile dell'acidosi metabolica, complicazione pressoché costante dell'insufficienza renale.
L’acidosi è responsabile dei seguenti disturbi:
- disturbi digestivi (vomito)
- disturbi cerebrali (confusione mentale, alterazioni del centro respiratorio),
- peggioramento della tossicità di alcuni squilibri elettrolitici, segnatamente dell'iperpotassiemia.
ANEMIA
FISIOPATOLOGIA
L’anemia sembra causata dalla distruzione di globuli rossi da parte del plasma dell'uremico, ricco di sostanze
tossiche. Nell'insufficienza renale acuta, un'anemia rapidamente aggravantesi è un sintomo quasi costante.
DISTURBI DELLA COAGULAZIONE
FISIOPATOLOGIA
I disturbi della coagulazione sono correlati all'ambiente uremico che provoca una cattiva adesione delle
piastrine, cioè di quegli elementi circolanti che danno inizio al processo di coagulazione del sangue.
EDEMA DA INSUFFICIENZA RENALE CRONICA
DEFINIZIONE
L'insufficienza renale cronica consiste in un
lento, progressivo deterioramento delle funzioni
renali.
EDEMA DA INSUFFICIENZA RENALE CRONICA
CAUSE PRINCIPALI
CAUSE PRE-RENALI
CAUSE RENALI
Aterosclerosi
Ipertensione maligna
Diabete mellito
Lupus erimatoso
Amiloidosi
Mieloma multiplo
Sarcoidosi
Interstiziali
Pielonefriti croniche
Tubercolosi renale
Farmaci
Rene policistico
CAUSE POST-RENALI
Glomerulari
Glomerulonefriti croniche
Rene policistico
Del nefrone
Nefropatie congenite
Nefropatie gravidiche
Calcoli renali
Tumori dell’apparato urogenitale
Ipertrofia prostatica
Vescica neurologica
Megauretere
EDEMA DA INSUFFICIENZA RENALE CRONICA
FISIOPATOLOGIA
DANNO RENALE
Le differenti eziologie provocano un danno progressivo (mesi, anni) dei nefroni con deterioramento della loro
funzionalità. Si ipotizza che nell'insufficienza renale vi siano due popolazioni di nefroni:
- una non funzionante a causa della distruzione di una parte del nefrone,
- l'altra composta da nefroni integri normalmente funzionanti.
CONSEGUENZE
MAGGIOR CARICO DI LAVORO
I pochi nefroni sani assicurano le funzioni della regolazione dell'acqua, degli elettroliti, dell'equilibrio acido-base
e l'escrezione di cataboliti tossici.
Ne consegue che ogni singolo nefrone è sottoposto ad un carico enorme di lavoro.
RIDUZIONE DEGLI SCAMBI
Ne deriva un aumento della velocità di passaggio dell'urina attraverso i tubuli, che impedisce a questi ultimi
di compiere completamente quegli scambi che portano alla formazione dell'urina definitiva.
EFFETTI SULLA FUNZIONE RENALE
La riduzione degli scambi a livello del tubulo determina:
- un diminuito riassorbimento dell'acqua (di qui la diuresi abbondante),
- una perdita di sodio e di cloro (che può avere gravi conseguenze se il paziente è tenuto a dieta iposodica senza
che esistano segni di sovraccarico salino),
- una perdita di bicarbonati (che concorre all'acidosi metabolica),
- l'incapacità di eliminare completamente gli idrogenioni (altra causa di acidosi metabolica),
- una ridotta secrezione di eritropoietina (un ormone prodotto probabilmente a livello dell'apparato
juxtaglomerulare, che stimola il midollo osseo alla produzione di globuli rossi)
- una alterata increzione di renina (l'enzima che, innescando la trasformazione dell'angiotensinogeno in
angiotensina I e II, causa profonde ripercussioni sulla pressione arteriosa sistemica).
L’insufficienza renale cronica determina una lenta ed irreversibile riduzione della funzione renale globale.
EDEMA DA INSUFFICIENZA RENALE CRONICA
STADIAZIONE CLINICA
Alla riduzione della velocità di filtrazione glomerulare (VFG) può essere associata una
stadiazione clinica dell’insufficienza renale cronica:
• VFG al 35-50% del normale
In questo stadio la riserva funzionale del rene è ridotta, ma ancora in grado di evitare la
comparsa dei sintomi; anche gli indici biochimici di funzionalità renale sono nei limiti di norma
• VFG al 20-35% del normale
In questo stadio il paziente può divenire sintomatico e presentare le tipiche anomalie
biochimiche
• VFG inferiore al 20% del normale
In questo stadio l’insufficienza renale cronica è conclamata.
EDEMA DA INSUFFICIENZA RENALE CRONICA
MANIFESTAZIONI CLINICHE
PERIODO DI LATENZA
L'esordio dell'insufficienza renale cronica è generalmente subdolo. Generalmente, grazie alla grande riserva
funzionale che il rene possiede, viene smaltito il normale carico di sostanze anche con un terzo del tessuto renale
funzionante. Esiste quindi un periodo di latenza clinica in cui la malattia renale può non dare segno di sé ed in cui il
paziente è in condizioni di benessere soggettivo e può svolgere normale attività lavorativa e le manifestazioni
cliniche sono generalmente di lieve entità.
PARAMETRI EMATOCHIMICI
• Abbassamento della filtrazione glomerulare (normalmente misurata con la clearance della creatinina)
• Difetto del potere di concentrazione (il peso specifico e l'osmolarità urinaria salgono dopo un pasto asciutto,
nell'insufficienza renale invece le loro modificazioni sono scarse).
• Aumento dell’azotemia nel sangue.
SINTOMI CLINICI
• Poliuria = aumento superiore alla norma (circa 2500 ml ) della produzione giornaliera di urina.
• Nicturia = frequenti emissioni notturne di urina
• Polidipsia = sete eccessiva conseguente alla maggiore necessità di assunzione di liquidi durante il giorno
• Aumento della pressione arteriosa
• Modestia anemia
EDEMA DA INSUFFICIENZA RENALE CRONICA
MANIFESTAZIONI CLINICHE
INSUFFICIENZA RENALE CONCLAMATA
Man mano che l'insufficienza renale progredisce, si giunge alla fase scompensata o uremica.
Essa è contrassegnata da:
- una serie di imponenti alterazioni ematochimiche
- un interessamento clinico più spiccato, coinvolgente diversi organi ed apparati.
PARAMETRI EMATOCHIMICI
• Risultano spiccatamente aumentati la creatininemia, l'azotemia, l'uricemia.
• Le proteine totali possono risultare abbassate, specialmente se il paziente è giunto all'insufficienza renale a
causa di una glomerulonefrite con sindrome nefrosica.
• L'equilibrio acido-base è spostato verso un'acidosi metabolica (che può essere diagnosticata da una
diminuzione del pH ematico e dei bicarbonati plasmatici). Il quadro elettrolitico è sconvolto.
• Il sodio può risultare ridotto, o per carenza di questo elemento o per sua diluizione nei casi in cui vi è
un‘elevata ritenzione idrica.
• Il potassio tende ad aumentare, fino a raggiungere livelli pericolosi.
• Il calcio è ridotto, a causa di un suo diminuito riassorbimento a livello intestinale.
• Il fosforo, i solfati e il magnesio aumentano per scarsa eliminazione urinaria.
EDEMA DA INSUFFICIENZA RENALE CRONICA
MANIFESTAZIONI CLINICHE
INSUFFICIENZA RENALE CONCLAMATA
SINTOMI CLINICI
I sintomi clinici sono il risultato dell’accumulo dei cataboliti azotati e delle variazioni del bilancio ionico
elettrolitico.
Essi comprendono :
• Edemi
• Ipertensione
• Anemia
• Variazioni della pigmentazione cutanea
• Aritmie
• Disturbi gastrointestinali
• Ipotermia
• Disordini neuromuscolari
• Pericardite
• Prurito
EDEMA DA INSUFFICIENZA RENALE CRONICA
MANIFESTAZIONI CLINICHE
INSUFFICIENZA RENALE CONCLAMATA
SINTOMI CLINICI
EDEMI
L'ipertensione arteriosa, l'accumulo di acqua e sodio, un'aumentata permeabilità all'acqua dei capillari
polmonari (che sembra tipica dello stato uremico) possono portare a un'invasione di acqua nei polmoni con il
quadro tipico dell'edema polmonare (dispnea, escreato ematico, senso di soffocamento)
IPERTENSIONE
L’insorgenza di questa patologia è frequente ed è legata alla ritenzione idrosalina (ipertensione sodiodipendente) che determina un aumento della volemia e quindi della gettata cardiaca.
ANEMIA
Il numero di globuli rossi ridotto e la scarsa concentrazione di emoglobina (anemia) sono responsabili di malessere
generale, debolezza e tendenza all'affaticamento. Il paziente inoltre presenta un pallore spiccato.
EDEMA DA INSUFFICIENZA RENALE CRONICA
MANIFESTAZIONI CLINICHE
INSUFFICIENZA RENALE CONCLAMATA
SINTOMI CLINICI
DISTURBI GASTROINTESTINALI
L'uremico accusa frequentemente nausea, scarso appetito, vomito, singhiozzo tormentoso.
Questi disturbi, particolarmente fastidiosi, sono in parte attribuibili all'acidosi metabolica, in parte all'accumulo
di urea che a livello gastrico viene trasformata in ammoniaca con irritazione della mucosa.
SINTOMI NERVOSI
Il paziente uremico può presentare diverse manifestazioni patologiche del sistema nervoso.
Egli può essere ansioso, agitato, irritabile, altre volte depresso o affetto da atteggiamenti maniacali.
Altre manifestazioni neurologiche consistono in scosse e contrazioni muscolari (dovute agli squilibri
elettrolitici) che possono arrivare a vere convulsioni di tipo epilettico.
Particolarmente fastidiosa può essere la polinevrite uremica, consistente in una degenerazione dei nervi
periferici (solitamente degli arti inferiori) che può condurre ad insensibilità, formicolii o scosse elettriche.
PERICARDITE
Una complicazione frequente negli stadi più avanzati dell'uremia è rappresentata dalla pericardite.Si tratta di una
reazione infiammatoria dei due foglietti pericardici in risposta al depositarsi sugli stessi di sostanze irritanti.
In alcuni casi si forma del liquido che riempie la cavità pericardica con pericolo di arresto del cuore per
compressione.
PRURITO
E’ uno dei segni più tormentosi e più difficilmente controllabili con la sola terapia medica.
Si ritiene che sia dovuto ad elevati livelli di calcio-fosforo nel sangue con conseguenti depositi cutanei
di calcio-fosforo.
EDEMA
TRATTAMENTO
CLASSIFICAZIONE DEI DIURETICI IN BASE AI SITI D’AZIONE
Diuretici
tiazidici
Diuretici
dell’ansa
Tubulo
contorto
distale
Branca ascendente
Tubulo
contorto
prossimale
Diuretici risparmiatori
di potassio
Tubulo contorto
distale porzione
distale
Glomerulo
Branca discendente
Le diverse categorie di
diuretici agiscono su
differenti porzioni del
nefrone dove avviene il
riassorbimento di acqua
e sodio.
Dotto
collettore
Circolo
sanguigno
Urina
Ansa di Henle
PRINCIPI ATTIVI
Le principali molecole
appartenenti a questa
categoria sono:
Diuretici tiazidici
- idroclorotiazide
- clortalidone
- indapamide
Diuretici dell’ansa
- torasemide
- furosemide
- piretanide
Diuretici risparmiatori
di potassio
- spironolattone
- canrenoato di potassio
- triamterene
- amiloride
MECCANISMO D’AZIONE
DIURETICI TIAZIDICI E DIURETICI DELL’ANSA
DIURETICI RISPARMIATORI DI POTASSIO
I diuretici tiazidici e quelli dell’ansa inibiscono il riassorbimento di
sodio e acqua, aumentandone l’escrezione.
I diuretici risparmiatori di potassio inibiscono l’attività
dell’aldosterone o il riassorbimento di sodio, aumentando di
conseguenza l’escrezione di sodio e acqua con le urine e
trattenendo potassio.
Diuretici dell’ansa
Inibizione del riassorbimento
Diuretici risparmiatori di potassio
Diuretici tiazidici
Inibizione del riassorbimento di sodio
Glomerulo
Urina
Sangue
Urina
Na+
Na+
H2O
Ansa di Henle
K+
Dotto collettore
Tubulo
contorto
distale
Branca ascendente
Tubulo
contorto
prossimale
Branca discendente
H2O
Escrezione urinaria
di Na+ e H2O
Sangue
Escrezione urinaria
di Na+ e H2O
Circolo
sanguigno
Urina
DIUREMID
Torasemide
TORASEMIDE
Diuretico dell’ANSA
Azione a livello renale, dove determina la
inibizione della pompa elettroneutra Na+-K+2Cl- localizzata sulla faccia luminale della
branca ascendente dell’ansa di Henle
Legandosi
impedisce
quindi il
potassio e
a uno dei siti di legame per il cloro
il riassorbimento attivo del cloro e
riassorbimento passivo di sodio e
di acqua dai tubuli collettori
Diuretico dell’ANSA
A differenza degli altri diuretici dell’ansa,
TORASEMIDE è dotato anche di attività
antialdosteronica
Questa caratteristica fornisce alla Torasemide una
maggiore attività diuretica e una minore perdita
urinaria di potassio
Biotrasformazione di Torasemide
Torasemid
H
N
80% effetto
N
CH3
SO 2 –NH–C–NH–CH
=
H3 C
CH3
O
CH3
=
CH2OH SO2 –NH–C–NH–CH
O
10% della
potenza
10% effetto
H
N
HO
N
H3 C
CH3
N
CH3
SO 2 –NH–C–NH–CH
O
M5 [44 %]
H
N
COOH
CH3
potenza simile
N
CH3
SO2 –NH–C–NH–CH
=
H
N
M3 [3 %]
=
M1 [11 %]
O
inattivo
CH3
10% effetto
FARMACOCINETICA
Biodisponibilita’
80-90%
Non influenzata dal cibo
T max
60 min
T1/2
3.5 h
Eliminazione
Renale 80%
Relazione DOSE-RISPOSTA
La TORASEMIDE presenta una relazione tra dose e risposta
Il volume urinario e l’escrezione di sodio e cloro
aumentano proporzionalmente al logaritmo della dose
somministrata
A differenza degli altri diuretici dell’ansa, l’escrezione di
potassio mediata da TORASEMIDE non presenta tale
relazione
La perdita urinaria di potassio con TORASEMIDE è
assai minore rispetto agli altri diuretici della classe
Diuretici dell’Ansa
Cl 4
NH 2 SO2
5
3
6
N
2 NH-CH
2
O
NH
1 COOH
SO2-NH-CO-NH-CH
Furosemide
CH3
CH3
Torasemide
CH3
Cl
NH-CH2
NH-(CH2)3 -CH3
S
N
O
O
NH
NH 2SO 2
N
N
N
Azosemide
NH2 SO2
COOH
Bumetanide
NH2 SO2
COOH
Piretanide
Principali parametri farmacocinetici dei Diuretici
dell’Ansa in volontari sani
Bumetanide Furosemide Piretanide Torasemide
59–89
11–90
80*
79–91
Half-life (h)
1.2
1.0
0.8
3.3
Tmax (h)
1.3
1.6
1.2
1
Vd (l/kg)
0.17
0.16
0.27
0.16
65
60
51*
27
Bioavailability (%)
Ae (%)
Tmax = tempo necessario per raggiungere la massima concentrazione plasmatica
Vd = volume di distribuzione
Ae = quota percentuale escreta immodificata
* Stimata
Brater (1991)
Fra i diuretici dell’ansa in commercio, torasemide presenta l’emivita più lunga e la
biodisponibilità più alta.
SOURCE: D. C. Brater, Drugs 41 (Suppl. 3): 14-22 (1991)
Durata d’azione dei Diuretici dell’ansa
in volontari sani
Bumetanide
2h
Furosemide
2–2.5 h
Piretanide
2–2.5 h
Torasemide 6 h
2
4
Durata (h)
6
Brater (1991)
In quanto diuretico dell’ansa, torasemide presenta una durata d’azione particolarmente
lunga. In volontari sani è di circa 6 ore. Questa caratteristica riduce l’effetto di contro
regolazione tubulare che il rene mette in atto in seguito alla brusca azione diuretica della
furosemide e degli altri diuretici dell’ansa, caratterizzati al contrario da breve emivita. In
tal modo è giustificato il maggior effetto diuretico di Torasemide rispetto agli altri
diuretici dell’ansa.
SOURCE: D. C. Brater, Drugs 41, Suppl. 3, 14-22 (1991)
Biodisponibilità di torasemide e furosemide in
volontari sani
Biodisponibilità (%)
100
80
X ± SEM
 20 mg torasemide p.o.
 40 mg furosemide p.o.
60
40
20
0
Lesne (1988)
L’alta biodisponibilità di torasemide, con variazioni intra ed inter individuali veramente
molto basse, è stata confermata in vari studi di cinetica condotti sia su volontari sani
che su pazienti. Furosemide al contrario mostra una biodisponibilità più bassa ed
estremamente variabile
SOURCE: M. Lesne, Arzneim.-Forsch./Drug Res. 38 (1), 1a; 160-163 (1988)
Durata d’azione di Torasemide e Furosemide in
pazienti affetti da edema
Torasemide 10–20 mg
(n=12)
Furosemide 40 mg
(n=6)
5
10
12
Durata (h)
Herchuelz (1988)
La durata d’azione dei diuretici dell’ansa è maggiore nei pazienti edematosi rispetto ai
volontari sani. In questi pazienti torasemide ha presentato una durata d’azione di 12 ore
contro le 6 di furosemide.
SOURCE: A. Herchuelz, Drug Res 38, 1988, 180-183
Equipotenza
La dose di diuretico dell’ansa che produce un effetto
equipotente sull’escrezione del sodio in soggetti sani è:
10-20 mg di TORASEMIDE
40 mg di furosemide
Anche studi clinici di confronto hanno confermato che la
TORASEMIDE è circa due volte più potente della
furosemide per via endovenosa ed è ancora più potente
per via orale, relativamente all’effetto diuretico e
natriuretico
L’escrezione di potassio è invece meno influenzata dalla
TORASEMIDE rispetto alla furosemide
Equipotenza
E’ stato dimostrato che l’ effetto saliuretico della
TORASEMIDE presenta una relazione lineare con la
concentrazione del farmaco all’interno del tubulo
Uno studio su volontari adulti sani cui sono state
somministrate dosi crescenti di TORASEMIDE e
furosemide ha dimostrato che la TORASEMIDE
permette di ottenere i medesimi effetti diuretici e
saliuretici di furosemide a concentrazioni intratubulari 5
volte inferiori
TORASEMIDE è 5 volte più potente di furosemide a
livello tubulare
Effetti Renali
Il trattamento con TORASEMIDE non determina la
stimolazione dei chemocettori della macula densa
Il meccanismo di feedback renale che riduce il tasso di
filtrazione glomerulare viene pertanto inibito da
TORASEMIDE
Farmacologia nel pz. Anziano
Il trattamento con TORASEMIDE è stato testato in
soggetti giovani (19-28 aa) e anziani (65-83 aa) alla dose
di 5 mg/die per 8 giorni
I parametri farmacocinetici non mostrano sostanziali
differenze nei due gruppi d’età
Nel pz. anziano è stata notata una minore escrezione di
acqua, sodio e cloro
La minore potenza nell’anziano è probabilmente da
ricondurre alla ridotta secrezione del principio attivo
all’interno del tubulo renale
Farmacologia nel pz. con IR
Nel pz. con insufficienza renale sono richieste alte dosi di
diuretico per ottenere gli stessi effetti farmacologici
osservati con dosi inferiori in volontari sani
Ciò è dovuto sia alla riduzione dei nefroni funzionanti
sia alla competizione degli acidi organici in eccesso per la
secrezione tubulare del farmaco
Dosi più elevate (100-400 mg e.v.) sono richieste per
ottenere un significativo aumento del volume urinario e
della escrezione di elettroliti
Farmacologia nel pz. con IR
TORASEMIDE vs furosemide presenta una curva doserisposta più ripida e una maggiore durata d’azione
Farmacologia nel pz. con IR
La farmacocinetica di TORASEMIDE è pressochè
invariata nel pz. con IR
Con TORASEMIDE non si va incontro al fenomeno di
accumulo come invece accade per furosemide ad alti
dosaggi
Essendo la farmacocinetica della TORASEMIDE
indipendente dai valori di FG è possibile intraprendere
un trattamento cronico, senza incorrere nel rischio di
effetti collaterali anche dopo l’uso di dosaggi elevati del
farmaco
Farmacologia nel pz. con Cirrosi Epatica
La farmacocinetica di TORASEMIDE nel pz. con Cirrosi
Epatica presenta le seguenti modificazioni
AUC aumentata di 2.5 volte vs. soggetti normali
(dose singola orale)
T1/2 aumentato (4.8 h vs 3 h)
L’escrezione renale di TORASEMIDE e metaboliti non
subisce un’alterazione sostanziale nei pz. cirrotici vs
volontari sani
Farmacologia nel pz. con Cirrosi Epatica
Studi di confronto tra TORASEMIDE e furosemide
hanno dimostrato che una singola dose orale (20 mg) di
TORASEMIDE produce nell’arco delle 24 h
un’escrezione di acqua, sodio e cloro simile a quella
ottenuta con 40 mg di furosemide
La durata d’azione di torasemide risulta più prolungata
(10 h vs 6 h) e si accompagna a una minore perdita di
potassio e magnesio
Farmacologia nel pz. con Cirrosi Epatica
Farmacologia nel pz. con Cirrosi Epatica
Farmacologia nel pz. con Cirrosi Epatica
Farmacologia nel pz. con Cirrosi Epatica
Farmacologia nel pz. con
Scompenso Cardiaco Congestizio
TORASEMIDE (10 e 20 mg) vs furosemide (40 mg) ha
più lunga durata d’azione (12 h vs 6 h) e riduce la
possibilità di effetto rebound (caduta della diuresi tra la
XII e XXIV ora) che si verifica con furosemide
Escrezione di sodio e diuresi superiori con 20 mg di
TORASEMIDE vs 40 mg furosemide
Farmacologia nel pz. con
Scompenso Cardiaco Congestizio
TORasemide In Congestive Heart Failure Study
TORasemide In Congestive Heart Failure Study
TIPO DI STUDIO: FASE IV, APERTO, MULTICENTRICO
OBIETTIVI DELLO STUDIO:
EFFICACIA E TOLLERABILITA’ DELLA TORASEMIDE
IN PAZIENTI CON CHF (CLASSI NYHA II-III-IV) VS
FUROSEMIDE E ALTRI DIURETICI
FARMACI:
TORASEMIDE 10mg/die
FUROSEMIDE 40 mg/die
DURATA DEL TRATTAMENTO:
12 MESI
TORasemide In Congestive Heart Failure Study
POPOLAZIONE
TORASEMIDE
FUROSEMIDE
(n=778)
(n=527)
Altri diuretici
(n=72)
363 (49,2%)
305 (50,9%)
Età (anni)
68,6  11
68,3  10,9
Peso (Kg)
71,9  11,3
72,2  11,8
Altezza (cm)
163,3  8,8
163,6  8,5
Sesso (maschi)
TORasemide In Congestive Heart Failure Study
RISULTATI SULLA MORTALITA’
5,0%
*: p < 0.005
RR: Riduzione del rischio
4,5%
4,5%
4,0%
3,5%
RR*
51,5%
3,0%
2,5%
2,2%
3,5%
RR*
59,7%
2,0%
1,4%
1,5%
RR
65,8%
RR
55,1%
2,0%
RR
23%
1,5%
0,9%
1,0%
1,0%
0,8%
0,5%
0,5%
0,0%
Mortalità
totale
Mortalità
cardiaca
Morte
improvvisa
Furosemide
Morte non
improvvisa
Torasemide
Mortalità non
cardiaca
TORasemide In Congestive Heart Failure Study
CLASSI NYHA ALL’INIZIO DELLO STUDIO
60%
47,8% 47,1%
50%
49,7% 50,7%
40%
30%
20%
10%
2,4% 2,3%
0%
I o I-II
II o II-III
Torasemide
III o III-IV
Furosemide
IV
TORasemide In Congestive Heart Failure Study
CLASSI NYHA ALLA FINE DELLO STUDIO
70%
60,5% 60,2%
60%
50%
40%
30%
20%
24,9%
19,4%
19,0%
14,0%
10%
0,5% 1,5%
0%
I o I-II
II o II-III
Torasemide
III o III-IV
Furosemide
IV
TORasemide In Congestive Heart Failure Study
VARIAZIONI CLASSI NYHA INDOTTE DAI TRATTAMENTI
60%
48,9%
50%
45,8%
42,2%
37,2%
40%
30%
20%
10%
9,3% 10,2%
4,5%
1,9%
0%
Peggioramento 1
o più classi
Immodificati
Furosemide
Miglioramento 1 Miglioramento 2 o
classe
più classi
Torasemide
TORasemide In Congestive Heart Failure Study
VARIAZIONI DEL POTASSIO
4,35
4,3
Potassio (mEq/l)
4,25
4,29
4,28
4,24
4,24
4,23
4,22
4,19
4,2
Furosemide
4,16
Torasemide
4,14
4,15
4,12
4,1
4,05
4
Basale
Visita 1 Visita 2 Visita 3 Visita 4
TORasemide In Congestive Heart Failure Study
RIASSUNTO DEI PRINCIPALI RISULTATI
RIDUZIONE DEL 51,5% DELLA MORTALITA’ TOTALE
RIDUZIONE
CARDIACA
DEL
59,7%
DELLA
MORTALITA’
SIGNIFICATIVO MIGLIORAMENTO DELLA CLASSE
NYHA RISPETTO AI PAZIENTI TRATTATI CON
FUROSEMIDE
MIGLIORE CONTROLLO DEI LIVELLI DI POTASSIO
Scheda tecnica
INDICAZIONI
Edemi di origine cardiaca, epatica e renale.
Edema polmonare acuto.
Ascite.
Insufficienza Cardiaca Congestizia.
Insufficienza Renale Acuta (oliguria), Cronica, Sindrome Nefrosica.
Le fiale da 200 mg per infusione sono indicate solo nei pz. con
insufficienza renale in fase non anurica.
POSOLOGIA
Compresse da 10 mg
Da 1/2 a 2 compresse al giorno a seconda dell’entità del quadro patologico.
Le compresse devono essere assunte con un po’ di liquido durante i pasti.
Fiale da 10 mg
E’ sufficiente l’impiego di 1 o 2 fiale al giorno in unica somministrazione
endovenosa
Fiale da 200 mg
Sono indicate solo nel pz. con Insufficienza Renale in fase non anurica.
Mediante perfusore possono essere somministrati 200 mg di torasemide in
infusione venosa lenta.
Ulteriori infusioni devono essere effettuate a intervalli di 6-12 ore a seconda
della diuresi.
La dose massima giornaliera è di 400 mg.
PRECAUZIONI
Monitorare elettroliti sierici.
Monitorare glicemia, uricemia, creatininemia, lipidemia
CONTROINDICAZIONI
Gravidanza e Allattamento