7._L_empatia_nell_adolescenza

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L’empatia
Prof. Paolo Albiero
Dipartimento di Psicologia dello
Sviluppo e della Socializzazione
Università di Padova
1
Che cosa è l’empatia?

Termine impiegato per indicare quella particolare
condizione esperienziale gli individui vivono quando
“sentono dentro” le emozioni di un’altra persona.

Utilizzo in differenti domini → difficoltà di formulare una
definizione univoca ed esaustiva (Duan e Hill, 1998).

Nodo centrale è “l’impalpabilità” della dimensione
empatica, costituita da livelli interconnessi che giocano e
si ricombinano fra cognizioni e affetti, rielaborazioni di
vissuti personali e sentimenti sociali, consapevolezza dei
confini del proprio sé e accoglimento emotivo dell’altro
(Bonino, Lo Coco, Tani, 1998)
2
Alcune definizioni: dal linguaggio colto a quello comune

“Fil: supposta fusione emotiva tra il soggetto e l’oggetto della
conoscenza nel campo delle scienze umane. Psic: Capacità di
capire, sentire e condividere i pensieri e le emozioni di un altro in
una determinata situazione”. Voc. Lingua it. Zanichelli

“La capacità di partecipare o di avere un’esperienza vicaria di
sentimenti, delle intenzioni o delle idee e talvolta dei movimenti di
un’altra persona, alpunto da eseguire con il corpo movimenti che li
rispecchiano”. Webster’s Third New International Dictionary

Significati ampi e spesso non precisi: saper compartecipare,
condividere gli stati d’animo degli altri, saper aiutare e
comprendere. Conoscenza diffusa, anche se “ingenua”: non esiste
relazione sociale significativa che non comporti empatia.
3
La storia del termine nella letteratura psicologica

L'empatia è un concetto che ha ricevuto molta
considerazione nella storia del pensiero (Hume,
Rousseau) proprio perché ritenuta una capacità in
grado di rivestire un ruolo importante nel mediare la
qualità dei processi di interazione tra gli individui.

Il tema appassionò molto anche i primi psicologi:
Titchener (1907), che coniò il termine “Empathy” dal
tedesco “Einfühlung”, ma anche Lipps (1905),
McDougall (1912), Freud (1921), Brentano (1924) e
molti altri.
4
La storia del termine nella letteratura psicologica

Anni 30’-’50: dagli studi
clinici alla psicologia
sociale; l’empatia come
condivisione
affettiva
(Rogers, 1959; 1975;
Kohut
1959;
1984;
Sullivan, 1953) e come
imitazione
motoria
(Allport, 1937; Murphy,
1947).
5
La storia del termine nella letteratura psicologica

Anni ’60 -’70: la Psicologia dello sviluppo si
interessa all’argomento. Studio dei processi
che
mediano
l’adesione
empatica;
elaborazione adeguati strumenti di misura
↓
focus sugli aspetti cognitivi dell’empatia.
Comparsa di termini “cognitivi” (Feshbach e
Roe, 1968; Borke, 1971; Feshbach, 1973).
6
L’empatia tra cognizione e affettività

Empatia emotiva → empatia
cognitiva → modelli multidimensionali (anni ’80)

Gli studi evolutivi hanno
costituito un terreno fertile
per comprendere come si
manifestano diversi tipi di
empatia
e
come
si
modificano
i
tipi
di
mediazione cognitiva.
7
I neuroni specchio e le basi neurofisiologiche
dell’empatia





Il contributo delle neuroscienze
L’empatia non è una caratteristica solo umana
Gli studi sui primati e la comprensione delle
azioni
I neuroni specchio (mirror neurons system):
particolare classe di neuroni premotori, area F5 –
corteccia premotoria ventromediale.
E negli uomini? I neuroni specchio e la
comprensione delle azioni sociale e degli stati
emotivi
8
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Feshbach

Feshbach (1968; 1975; 1984;
1987) elabora un modello
dell'empatia a 3 componenti.
In tale ottica essa è dunque
un costrutto complesso, che
coniuga elementi cognitivi ed
affettivi.

il riconoscimento e la
discriminazione
dei
sentimenti: la capacità di
utilizzare
informazioni
significative per etichettare e
identificare le emozioni.
9
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Feshbach



l’assunzione della prospettiva e del ruolo
dell’altra persona: la capacità di comprendere che
le altre persone possono vedere e interpretare le
situazioni in modo differente; la capacità di
assumere ed esperire il punto di vista di un altro.
la capacità di rispondere emozionalmente, cioé di
condividere lo stato d'animo di un'altra persona.
Implicita in questo modello è la capacità di
differenziare il sé dall'altro. Le prime due
componenti del processo empatico fanno dunque
riferimento ad abilità cognitive, mentre la 3a ha un
carattere prettamente affettivo/emozionale.
10
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Feshbach

La capacita di role taking riveste un ruolo centrale: cosa è il
R.T.?
Costrutto multidimensionale: dimensione percettiva,
cognitiva ed emozionale (Krebs e Russel, 1981; Bonino e
al., 1998).
Dimensione comune: andare al di là del proprio individuale
modo di percepire il mondo, per assumere un differente
punto di vista.
Distintività: il contenuto specifico dei tentativi di assumere la
prospettiva dell’altro.

La terza dimensione, “l’abilità del soggetto di valutare lo stato
emotivo di un’altra persona e di rispondere affettivamente
in modo appropriato alla situazione in cui si trova questa
persona” (Emiliani e Carugati, 1985), coincide di fatto con
l’empatia.
11
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Feshbach

L'empatia, in tale ottica, viene definita come
vicarious matching di uno stato affettivo
provato da un altro.

Secondo il quadro di riferimento piagetiano, la
capacità di decentramento occorrerebbe col
passaggio allo stadio operatorio concreto.

Pertanto, il bambino non sarebbe in grado di
avere manifestazioni empatiche prima dei 5/6
anni.
DUNQUE …
12
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Feshbach

… empatizzare richiede abilità cognitive complesse e
sofisticate che consentano al bambino di considerare
appropriatamente la prospettiva e il ruolo psicologico
dell'altro. Richiede la consapevolezza dell’atto.

L'empatia come un processo "maturo“: sono considerati
precursori quelle manifestazioni empatiche che i bambini
mettono in atto a partire dal 1° anno di vita, e che fanno
riferimento ai social skills, in particolare alla capacità di
decodificare gli stati emotivi negli altri e di rispondere in
maniera adeguata.
I dati empirici confermano le ipotesi di Feshbach?
13
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Feshbach

La posizione di Feshbach è da molti ritenuta troppo rigida:
eccessiva rilevanza alle componenti cognitive. Altri autori,
infatti, considerano come empatiche risposte più
rudimentali che si verificano già a partire dal 2° anno di
vita (Bischof Kolher, 1989; Draghi Lorenz, 1995;
Hoffman, 2002; Parisi, 2004).

Dal 2° anno si riscontra l'insorgere di una rudimentale
consapevolezza degli stati interni propri e degli altri, che
riflette una crescente percezione ed attenzione agli stati
emotivi, cognitivi e volitivi che gli individui possono
provare. Vi è dunque un'implicita consapevolezza che una
propria condizione psicologica possa differire da quella
esperita da un altro (Thompson, Bretherton & Beeghly,
1999; ZhanWaxler, 1987).
14
Il modello multidimensionale di empatia di Feshbach (1968)
Dimensioni
cognitive
Riconoscimento
Espressioni facciali
Role taking
Perspective taking
Condivisione vicaria
dell’emozione altrui
Dimensione
affettiva
Empatia (esatta concordanza affettiva)
15
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Hoffman

Anche il modello elaborato da Hoffman (2001; 2000; 1987;
1982) è a 3 componenti: affettive, cognitive e motivazionali.
Maggiore rilevanza e autonomia alla dimensione affettiva.

L’empatia come “scintilla che fa scaturire la
preoccupazione umana per gli altri, la colla che rende
possibile la vita sociale”, e come “risposta affettiva vicaria
più appropriata alla situazione in cui si trova l’altro rispetto
alla propria”.

Egli considera empatia alcuni comportamenti che si
manifestano già a partire dal 1° anno di vita, in età quindi
molto precedente a quella postulata dalla Feshbach.
16
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Hoffman


Partendo dalle forme più primitive ed involontarie di
comportamenti empatici riscontrabili nei neonati, ne delinea
le differenti tappe evolutive, specificando come, a differenti
livelli di sviluppo, affetto e cognizione interagiscono tra
loro.
Hoffman individua differenti percorsi o modalità attraverso
i quali si può attivare negli individui un attivazione
empatica (empathic affect arousal):
►Si va da modi automatici e non volontari a modi mediati da
un livello cognitivo sempre più sofisticato e consapevole.
17
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Hoffman
Modalità di attivazione affettiva automatiche e non volontarie:
► reazione circolare primaria
► Imitazione motoria
► Condizionamento classico e associazione diretta
Modalità di attivazione affettiva di più alto livello:
► Associazione mediata attraverso il linguaggio
► Mettere se stessi al posto di un altro

Per Hoffman non formano una stretta sequenza di stadi, nel senso che
i successivi modi si sovrappongono e sostituiscono ai modi
precedenti. Essi entrerebbero in funzione in differenti momenti dello
sviluppo e continuerebbero ad operare nel corso della vita.

La maggior parte dei modi di attivazione emotiva per Hoffman sono il
larga misura involontari e richiedono un basso intervento dei processi
18
cognitivi.
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Hoffman
Attraverso quali tappe la responsività
empatica si sviluppa?
► Dalle prime forme di empatia, nelle quali vi è una
confusione nella differenziazione tra il sé e l'altro,
Hoffman (2001; 2000) postula un percorso
dell'empatia che vada di pari passo con lo sviluppo
di un più chiaro senso cognitivo dell'altro. È durante
l’adolescenza che compaiono le forme più mature di
empatia.
19
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Hoffman

Distress empatico globale:
caratterizza il primo anno di
vita. Reazione primitiva e
involontaria.

Alla sua base vi è
l’incapacità a percepire il sé e
l'altro come entità distinte.

Vi è pertanto un'esperienza di
fusione/confusione con l'altro
tale che ciò che accade
all'altro, è percepito dall’
infante come se capitasse a sé
stesso.
20
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Hoffman
Distress empatico globale: il contagio emotivo
21
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Hoffman


Distress empatico egocentrico:. il secondo livello di
risposte empatiche si consolida intorno al 1° anno di vita,
quando il soggetto acquisisce la permanenza dell'oggetto e
diventa in grado di percepire il sé e l'altro come due entità
distinte e separate: tuttavia, inizialmente, non sempre è in
grado di comprendere e di distinguere chiaramente tra i
suoi stati interni e quello dell'altro. I bambini osservano e
mimano le emozioni degli altri, talvolta sembrano
intervenire ma solo per lenire il proprio disagio.
Distress empatico quasi-egocentrico Tale capacità si
consolida tra il 1° e il 2° anno. Diventa più chiara la
distinzione tra i propri stati interni e quelli dell'altro.
Spesso in questa fase si verificano dei tentativi "maldestri"
di consolare il prossimo, attraverso l'uso di oggetti
significativi per il bambino e non per gli altri.
22
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Hoffman

Vera empatia per i sentimenti/sensazioni degli altri:
con l'inizio della capacità di role taking, verso i 3-4 anni,
il bambino diventa sempre più consapevole che stati
d'animo degli altri possono differire dai suoi e diventa
in grado di comprenderli. Diventa quindi in grado di
essere più reattivo agli stimoli e agli indici emotivi,
facciali o situazionali.

Lo sviluppo delle capacità e delle competenze linguistiche
consente ai bambini di interagire più appropriatamente e di
interagire con i significati simbolici.
Con il consolidarsi delle capacità di decentramento, verso i 6
anni, aumenta la capacità di rappresentarsi la prospettiva e il
vissuto degli altri.

23
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Hoffman



Empatia empatico oltre la situazione, cioè empatia per
le condizioni generali di vita di qualcun altro e per i
gruppi sociali: l’adolescente, attraverso lo sviluppo del
pensiero formale e il consolidamento dell’identità, diventa
cosciente della complessità delle interazioni, non
focalizzando la sua attenzione solo sulle esperienze degli
altri nel "qui ed ora" della situazione data, ma anche sulle
condizioni più generali della vita degli altri.
Il modello di Hoffman è il più dettagliato sullo sviluppo
delle abilità empatiche, anche se alcuni dati recenti, pur
non contraddicendone gli enunciati, richiedono una
revisione delle spiegazioni (Dondi, 1999).
Hoffman ha contestualizzato lo sviluppo delle condotte
empatiche all’interno di una più ampia teoria sulla
motivazione all’altruismo e sul pensiero morale.
24
L’empatia nell’adolescenza




L’empatia si ritiene raggiunga il livello evolutivo più
elevato durante la tarda adolescenza (Hoffman, 1987).
La ricerca ha dimostrato che l’empatia è una variabile
importante per lo sviluppo della competenza sociale
durante l’adolescenza.
Nei suoi aspetti cognitivi e affettivi l’empatia aiuta gli
adolescenti a stabilire e mantenere le amicizie (Del
Barrio, Aluja, & Garcìa, 2004; Hay, 1994).
L’empatia aumenta la soddisfazione nelle relazioni più
strette (Davis & Oathout, 1987), migliora la qualità dei
rapporti, della coesione, della comunicazione familiare
(Guerney, 1988) e del supporto da parte dei genitori
(Henry, Sager, & Plunkett, 1996).
25
L’empatia nell’adolescenza



Uno stile genitoriale supportivo crea un clima emotivo
che può facilitare lo sviluppo di empatia reciproca nel
contesto familiare (Garber, Robinson, & Valentiner,
1997).
Il rapporto coi pari rappresenta per l’adolescente
un’opportunità unica di sviluppare responsività
empatica (Eisenberg & Fabes, 1998)
L’empatia è positivamente associata con l’intelligenza
sociale e può aiutare a inibire e respingere le possibili
forme di aggressività in adolescenza (Gini, Albiero,
Benelli, Altoè, 2007; Bandura, 1999; Burke, 2001,
Feshbach, 1987; Jolliffe & Farrington, 2004; Miller &
Eisenberg, 1988).
26
L’empatia nell’adolescenza
►
►
L’empatia come predittore dei comportamenti di bullismo e di
difensore nell’adolescnza :
→ Bassa empatia come predittore di comportamenti da bullo
(Endresen & Olweus, 2001; Gini, Albiero, Benelli, & Altoè, 2007;
Jolliffe & Farrington, 2006b).
→ Alta empatia come predittore di comportamenti di
difesa/assistenza per le vittime del bullismo (Gini et al., 2007), e
più in generale del comportamento prosociale e di aiuto (Davis,
1994; Eisenberg, Fabes, & Spinrad, 2006; Eisenberg & Miller,
1987a; Hoffman, 2000).
La mancanza di empatia, al contrario, implica:
→ l’incapacità di considerare il mondo dalla prospettiva degli
altri, o di provare dispiacere per la sofferenza altrui (Davis, 1994)
→ Predisposizione al pregiudizio (Albiero & Matricardi, 2005;
McFarland, 1998).
27
Il modello multidimensionale di empatia di Hoffman (2001)
PROCESSI
COGNITIVI
•Reazione circolare
primaria
•Imitazione
motoria
• Condizionamento
classico
•Associazione non
mediata dal
linguaggio
• Associazione
diretta mediata
dal linguaggio
• Role taking
FORME DI EMPATIA
Distress empatico
globale
Distress empatico
egocentrico
Distress empatico
quasi egocentrico
DIMENSIONE
AFFETTIVA
Vera empatia per
lo stato d’animo di
un’altra persona
Distress empatico
oltre la situazione
28
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Strayer


Per Strayer (2002, 1996; 1993) l’empatia è sostanzialmente
una reazione affettiva, mediata da processi cognitivi, di
crescente complessità.
L’andamento evolutivo può essere così schematizzato:
EMPATIA
PROCESSI
________________________________________________________________________
Per condivisione parallela: focalizzazione sull’evento esterno e minima
focalizzazione sulla persona
Per condivisione partecipatoriafocalizzazione sul vissuto dell’altra persona

Sulla base di numerose ricerche attraverso colloqui con
bambini, Strayer ha individuato sei diversi livelli di
spiegazione dell’esperienza empatica, che rivelano una
crescente capacità di rispondere agli stati emotivi dell’altro:
29
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Strayer






L.1. Non viene fornita alcuna ragione rilevante per
spiegare la propria condivisione empatica
L.2. Si fa riferimento soltanto all’evento
L.3. Il riferimento è alla persona stimolo in quanto
inserita in uno specifico contesto
L.4. Vi è associazione specifica con la propria esperienza
L.5. Si fa riferimento all’esperienza della persona
stimolo e ai suoi sentimenti
L.6 Si fa riferimento al role taking, vale a dire essersi
messi nei panni dell’altro.
30
Lo sviluppo dell’empatia: il modello di Strayer

Strayer (2002; 1996; 1993) individua un percorso
evolutivo attraverso cui:

dalla fanciullezza alla prima adolescenza vi è un
aumento dell’empatia in relazione all’aumento della
focalizzazione sull’esperienza interna delle persone
osservate.
Nei bambini di 5 anni prevale la rappresentazione
dell’evento e della persona in quanto inserita in una certa
situazione (L. 2-3).
Nei bambini di 7 anni cominciano a comparire
l’associazione con la propria esperienza e la
rappresentazione dell’esperienza dell’altro (L. 4-5).
Nei ragazzi di 13 anni prevalgono la rappresentazione
dell’esperienza dell’altro e il role taking (L. 6-7).



31
ANTECEDENTI
PROCESSI
RISULTATI
INTRAPERSONALI
RISULTATI
INTERPERSONALI
Affettivi
Parallela
Reattiva
preoccupazione empatica
disagio personale
rabbia
La persona
Predisposizione biologica
Differenze individuali
Socializzazione
Non affettivi
Accuratezza interpersonale
Giudizi attribuzionali
La situazione
Rilevanza della situazione
Similarità tra target/osservatore
Non cognitivi
Reazione circolare primaria
Imitazione motoria
Cognitivi semplici
Lo sviluppo
dell’empatia: il
modello di
Davis (1994)
Condizionamento classico
Associazione diretta
Etichettamento
Aiuto
Comportamento
Prosociale
Aggressività
Cognitivi avanzati
Ass. mediata dal linguaggio
Role taking
32
I processi che mediano la risposta empatica (Davis, 1994 )
PROCESSI NON-COGNITIVI
• Reazione circolare primaria
• Imitazione motoria *
PROCESSI COGNITIVI
SEMPLICI
•Condizionamento classico*
• Associazione diretta*
• Etichettamento
PROCESSI COGNITIVI
AVANZATI
•Associazione diretta*
mediata dal linguaggio
• Role taking*
33
Nota: I meccanismi di mediazione segnati con l’asterisco (*) sono presenti anche nel modello di Hoffman.
Lo sviluppo dell’empatia nei primi 2 anni:
il modello di Bischof- Köhler (1990)
Definizione funzionale di empatia di Bischof-Köhler
Tre tipi di meccanismi intraorganismici:
Componente
affettiva
Componente
Sociocognitiva
Componente
motivazionale
sviluppo cognitivo
oggettivazione del Sé e identificazione sincronica
Empatia
Indotta da
Stimoli espressivi
Empatia
Indotta da
Stimoli situazionali
34
Lo sviluppo dell’empatia:
il modello di Vreeke e Van der Mark
Empatia come risposta ad una specifica richiesta, collocabile
all’interno di un particolare contesto di comunicazione e
dipendente da quattro fattori (Vreeke e Van der Mark, 2003):
1)
2)
3)
4)
Fattori di personalità
Fattori relazionali
Doppio sistema di controllo: giudizi e regolazione delle
emozioni
Componenti psicologiche empatiche: contagio (pianto
reattivo e imitazione facciale) – emozionalità parallela –
emozionalità reattiva – abilità cognitive (role taling)
35
Modello integrativo dell’empatia di Vreeke e Van Der Mark (2003)
Fattori di
Personalità
Componenti
Psicologiche
dell’empatia
Contesto
Comunicativo
Fattori
Relazionali
Doppio Sistema
di Controllo
36
In sintesi…




La complessità del costrutto empatia è evidente nel modo
in cui è stato studiato, sia come variabile teorica che
operazionale.
I modelli teorici più recenti, superata la storica
contrapposizione tra affect e cognition, hanno tutti
carattere multidimensionale.
I modelli evolutivi analizzati non descrivono un’empatia
“monolitica”, bensì diversi tipi di condivisione empatica,
che vengono attivati in relazione al diverso grado di
distinzione sé/altro e ai differenti livelli di mediazione
cognitiva.
I diversi tipi di empatia compaiono in momenti diversi
dello sviluppo, possono tuttavia coesistere.
37
L'empatia come variabile operativa:
problemi legati alla sua misurazione



Difficoltà di misurazione: processo intimo,
privato, sfuggente, non direttamente osservabile.
Mancanza di un accordo nel definire l'empatia e
i suoi confini.
Ne discende una difficoltà a trovare misure
univoche e onnicomprensive per esplorare il
fenomeno e per dare ragione dei percorsi che i
soggetti utilizzano per costruire una dimensione
empatica nel rapporto con gli altri.
38
Lo studio dell’empatia: quali misure?

Gli strumenti utilizzati per la misurazione dell'empatia
possono essere raggruppati in 3 principali “famiglie”:
1-
indici somatici: comportamenti in atto,
espressioni facciali
2 - indici psicofisiologici: cambiamenti nelle
risposte del sistema nervoso autonomo
3 - indici che si basano sui resoconti verbali:
picture-story, interviste, questionari carta
e penna di self-report
In ciascuna di queste 3 tipologie di compiti, l'empatia è
differentemente operazionalizzata.
Ciascuna definizione operativa presenta differenti vantaggi ma presta
inevitabilmente il fianco a critiche.
39
La misura dell’empatia: gli indici somatici
Empatia → indici somatici
rilevazione di comportamenti, posture, vocalizzi,
sguardi ed espressioni facciali.

Gli studi osservativi si sono diffusi solo a partire dagli anni ‘90.
Sono basati sull'osservazione in condizioni che possono variare
da osservazioni in contesti naturali, semi-artificiali e di
laboratorio (Eisenberg e Fabes, 1991; Chisholm e Strayer, 1995;
Strayer e Roberts, 1998).
Quali sono i vantaggi che comporta l’uso di tali indici?

Hanno il vantaggio di essere non verbali, spontanei,
potenzialmente liberi dall'influenza giocata da alcuni bias, come
la desiderabilità sociale, problema tradizionalmente presente
nell'empatia registrata verbalmente (Hoffman, 2002).
40
La misura dell’empatia: gli indici somatici
Quali sono gli svantaggi degli indici somatici?
Empatia → comportamento prosociale,
ma empatia ≠ comportamento prosociale


Sebbene l'empatia è da molti considerata come una delle
leve più importanti per attivare condotte di tipo prosociale
(Eisenberg, 1982; Hoffman, 1990; 2002), il provare empatia
in una data condizione, non necessariamente origina
comportamenti prosociali.
Intervengono molte altre variabili legate al contesto
specifico, alle caratteristiche di personalità del soggetto e
alla persona oggetto di empatia (Bonino, Lo Coco, Tani,
41
1998).
La misura dell’empatia: gli indici somatici
Empatia → decodifica delle espressioni facciali
messe in atto dal bambino

Il grado di accuratezza con cui esse sono congruenti/simili con
quelle richieste/provate dallo stimolo, è ritenuto prova della
condivisione dello stato emotivo dell'altro e, pertanto di empatia
(Bischof-Kohler, 1990; Draghi-Lorenz, 1995; Bruchkowsky, 1998)

Questa modalità di rilevazione è correntemente ritenuta essere
quella più valida e promettente, perché permette di rispondere
velocemente ai cambiamenti di affetto; dà inoltre informazioni
anche sull'intensità dell'esperienza emotiva (Strayer e Roberts,
1998; Hoffman, 2001).
42
La misura dell’empatia: gli indici somatici
Lo studio del contagio emotivo (Eisenberg e Strayer, 1987; Dondi, 1998)
43
Esempio di situazione sperimentale per la misura
dell’empatia attraverso la rilevazione di indici facciali
(tratto da Bruchkowsky, 1998).
44
La misura dell’empatia: gli indici somatici

Vi sono tuttavia alcuni limiti: sembra essere più valida per
la 1a e, in parte, per la 2a infanzia. L'espressione facciale è
una manifestazione pubblica e può essere controllata.
Infatti…
…. i bambini già nel secondo anno di vita entrano in
contatto con le display roules, che governano l'accettazione
e la manifestazione delle emozioni, e pertanto perdono
progressivamente la spontaneità delle loro manifestazioni
(Saarni, 1985; Strayer, 2002).

La congruenza tra la condizione del personaggio-stimolo e
le espressioni facciali del bambino può essere
semplicemente di natura imitativa.
45
La misura dell’empatia: gli indici psicofisiologici
Empatia → indici psicofisiologici
Cambiamenti nelle risposte del sistema nervoso autonomo
(ad es. sudorazione, vasocostrizione, battito cardiaco,
temperatura e conduttanza della pelle, ecc.).


Presentano dei molteplici vantaggi. Sono potenzialmente liberi da
bias legati alla presentazione di sé e alla desiderabilità sociale.
In quanto soggetti a una misurazione continua, permettono di
registrare i cambiamenti emotivi nel tempo, laddove indici verbali
e, in una certa misura, anche gli facciali, sono utilizzati per
misurare l'empatia solo in certi momenti temporali precisi.

Quali problemi pone l’utilizzo di tali indici?
46
La misura dell’empatia: gli indici psicofisiologici

È complessa la loro interpretazione: non è possibile
operazionalizzare l'empatia come una corrispondenza tra
un pattern psicofisiologico previsto da una data emozione
e quello messo in atto dal soggetto. Infatti non è possibile
distinguere chiaramente le differenze nei vari indici
autonomici per le varie emozioni (Marcus, 1987).

È stata evidenziata una correlazione inversa tra emozioni
espresse faccialmente e alcuni indici psicofisiologici
(Eisenberg e Fabers, 1998). Le indicazioni provenienti da
tali differenti modalità di rilevazione richiederebbero
pertanto di essere comunque confrontate.
47
La misura dell’empatia: gli indici psicofisiologici

Difficoltà a controllare le possibili cause spurie
dell'affetto provato.

Esso infatti può essere causato da fattori non legati
alla variabile indipendente manipolata (lo stato
d'animo provato dal personaggio-stimolo) ma, ad
esempio, da suoi eventuali movimenti, o grida, o
ancora da altre variabili esterne alla situazionestimolo usata nell'esperimento, come le condizioni
stesse dell'esperimento e le apparecchiature usate
per la rilevazione, l'umore del soggetto, la sua
attenzione (Eisenberg e Fabers, 1998).
48
La misura dell’empatia: gli indici psicofisiologici

Nelle ricerche che utilizzano
tali modalità di rilevazione,
inoltre, i soggetti sono
fortemente
impediti
nei
movimenti.

Necessario è anche l'utilizzo
di un resoconto verbale per
verificare se le cause che
hanno originato le reazioni
autonomiche riflettono una
risposta empatica o sono
dovute ad altro.
49
La misura dell’empatia: i resoconti verbali
Empatia → resoconti verbali
si basa sul resoconto verbale che i soggetti forniscono
posti di fronte a situazioni stimolo.
Gli stimoli possono essere vignette, diapositive, videotape (detti picture-story),
oppure questionari carta e penna.

Lo studio di Feshbach e Roe (1968), oltre che avere il
merito di riportare l'empatia all'attenzione della ricerca
psicologica, elabora per la prima volta una misura in
forma di picture-story, il Feshbach Affective Situation
Test for Empathy (FASTE), considerata un prototipo,
per valutare l'empatia espressa verbalmente dai bambini.
50
La misura dell’empatia: i resoconti verbali
FASTE: storie rappresentate in diapositive,
scritte o in audiotape. Il protagonista è un
bambino/a
coinvolto/a
in
situazioni
emotivamente rilevanti.

Emozioni studiate: paura, felicità, tristezza,
rabbia.
51
La misura dell’empatia: i resoconti verbali
Esempi di picture-story in vignette
52
La misura dell’empatia: i resoconti verbali
Esempi di picture-story in videotape
53
La misura dell’empatia: i resoconti verbali

Al termine della storia al bambino è condotta un intervista, nella quale
gli vengono rivolte due domande:
“Cosa provi ?”
(al soggetto è richiesto di verbalizzare se quello che capita al
protagonista della storia suscita in lui un' emozione ed eventualmente
di specificare quale)
“Cosa prova il protagonista della storia ?”
(al soggetto è richiesto di attribuire un emozione al protagonista della
storia, tra quelle considerate nello studio)

L'empatia è operazionalizzata come la presenza di affect match, vale a
dire una concordanza tra l'emozione attribuita al protagonista e
l'emozione eventualmente provata dal bambino.
54
La misura dell’empatia: i resoconti verbali

I vantaggi delle picture-story: facile maneggevolezza e
applicabilità (ad es. in ambito scolastico); valutazione
esperienze e vissuti interni dei soggetti e analisi della loro
conoscenza, valutazione, comprensione e consapevolezza
del fenomeno.

Questa ricerca ha dato la stura ad un numero molto
consistente di studi che utilizzando misure simili, per oltre
un decennio hanno costituito la quasi totalità della ricerca
sull'empatia (Eisenberg-Berg e Lennon, 1980; Howard,
1983; Iannotti, 1975; 1985; Liebhart, 1973; Miller, 1980).

Tuttavia… all'inizio degli anni ’80 la misura dell'empatia
basata sull’impiego di picture-story ha cominciato ad essere
messa in discussione, attraverso un’articolata serie di
55
critiche (Hoffman, 1982)...
La misura dell’empatia: i resoconti verbali

1) gli stati emotivi non sono così facilmente manipolabili,
nel senso che passare velocemente da storia a storia pone
dei problemi non trascurabili.

2) tali misure richiedono le capacità di sapere correttamente
etichettare le varie categorie emotive: il rischio è quello di
confondere competenze linguistiche con abilità empatiche.

3) non è detto che il bambino voglia, o riesca, a verbalizzare
i suoi pensieri. In questo caso il problema si complica per
l'interferenza che può giocare la desiderabilità sociale.

4) alcuni stimoli emotivi possono essere rappresentativi di
più di un emozione, mentre una sola è quella designata e
considerata "corretta".
56
La misura dell’empatia: i resoconti verbali

5) gli stimoli emotivi possono non avere "valenza"
sufficiente o risultare troppo artificiosi.

6) operazionalizzare l'empatia esclusivamente
come affect match è troppo riduttivo. Secondo tale
prospettiva risposte simili, o coerenti, non possono
essere considerate e valutate come empatiche. Per
Hoffman (1982) tale operazionalizzazione tradisce,
in termini di aspetti teorici, un'attenzione
predominante alle componenti cognitive, a
discapito di quelle affettive.
57
La misura dell’empatia: i resoconti verbali

Su alcuni di questi limiti è stato possibile intervenire,
lavorando, ad esempio, sul tipo di stimolo e sul tipo di
intervista. Altri limiti sono difficilmente eliminabili perché
intrinseci all'utilizzo del resoconto verbale.

Quest'ultimo però, è bene sottolineare, è l'unico modo che
ci consente di studiare l'empatia in termini di esperienza
soggettiva del bambino, vale a dire la maniera in cui il
soggetto costruisce e vive un'esperienza empatica, che tipo
di ragionamenti e di attribuzioni caratterizzano le risposte
del suo repertorio emozionale.

Tutto ciò ha portato, di recente, a cercare, all'interno di tali
tipi di misura, di operazionalizzare l'empatia in una
maniera che rendesse maggior conto della complessità del
fenomeno in questione, elaborarando dei sistemi di scoring
più articolati e meno riduttivi.
58
La misura dell’empatia: i resoconti verbali


Strayer (1997) ha introdotto un metodo di assegnazione dei
punteggi, “L’Empathy Continuum Scoring System (ECSS)”,
considerato una procedura multidimensionale, che rileva sia
la componente affettiva, sia quella cognitiva dei processi
empatici.
Si basa sulla distinzione, ripresa da Stotland (1969), tra
"empatia generica" ed "empatia specifica":
Empatia generica:
vi è una congruenza generica tra le emozioni provate
dal soggetto e quelle attribuite al personaggio-stimolo.
Empatia specifica:
è la corrispondenza esatta tra le due emozioni. E' considerata
quindi come un manifestazione di empatia più accurata.
59
La misura dell’empatia: l’ECSS

Il metodo ECSS è applicabile a quegli studi che
utilizzano una procedura simile a Strayer:
A)
Somministrazione di stimoli emotigeni (videotape)
Intervista:
Cosa prova il protagonista della storia?
Quanto? (poco, abbastanza, molto)
Cosa provi tu?
Quanto? (poco, abbastanza, molto)
Perché? Come fai a dirlo?
60
B)
1)
2)
3)
4)
5)
La misura dell’empatia: l’ECSS
61
La misura dell’empatia: i questionari

Sono stati elaborati nel tempo numerosi questionari di
autovalutazione, ad esempio:

“Scala di empatia” (Hogan, 1969)
“Questionario di misura dell’empatia emotiva” (Mehrabian e Epstein, 1972)
“Indice di empatia per bambini e adolescenti” (Bryant, 1982)
“Cosa provo in differenti situazioni” (Feshbach, 1991)



Cosa li accomuna ?

Gli item descrivono degli scenari/eventi emotigeni rispetto ai quali
viene ai soggetti chiesto di valutare le sensazioni che essi provano. Le
risposte vengono graduate su una scala con diversi gradi di accordo.
Cosa li differenzia ?

Sondano aspetti diversi del comportamento empatico, basandosi sugli
assunti teorici del modello di riferimento dei diversi Autori.
62
La misura dell’empatia: i questionari
Quali le differenze rispetto alle picture-story ?




Rilevano un empatia disposizionale, dunque di “tratto” e
non di “stato”.
Più facile utilizzo e valutazione.
Lo strumento attualmente più utilizzato in letteratura è
l’Interpersonal Reactions Index (IRI) di Davis (1983;1994).
Il modello di Davis è “multidimensionale” e l’empatia è
data dall’azione di 4 fattori:
Risultati
dell’attivazione empatica:
componenti affettive

Fantasy
Perspective taking
Personal distress
Empathic concern
Processi
di attivazione empatica:
componenti cognitive
Il test è composto da 28 item, 7 per ogni sottoscala.
63
La misura dell’empatia: i questionari
Items di esempio tratti dall’IRI di Davis

Mai
Raramente
Qualche volta
Spesso
Sempre
vera
vera
vera
vera
vera
1
2
3
4
5
1 Sogno ad occhi aperti e fantastico, con una certa regolarità, sulle
cose che potrebbero accadermi.
______

2 Provo spesso sentimenti di tenerezza e di preoccupazione per le
persone meno fortunate di me.
______

3 A volte trovo difficile vedere le cose dal punto di vista di un’altra
persona.
______

4 A volte non mi sento molto dispiaciuto per le altre persone che
hanno problemi.
______
64
La misura dell’empatia: i questionari

La misura dell’empatia di stato o di tratto, sono la
stessa cosa? Che tipo di informazioni diverse
danno?

Quanto pesano i diversi “fattori” misurati dai
questionari? Concorrono in ugual maniera alla
definizione del costrutto?

Difficoltà nell’adattare gli strumenti a contesti
culturali diversi.
65
In conclusione …




La misura dell’empatia è particolarmente complessa per
le caratteristiche “intime” del costrutto e per una
mancanza di accordo in letteratura circa i “confini” del
medesimo.
È possibile utilizzare diversi metodi, ognuno dei quali
presenta numerosi e peculiari vantaggi, ma anche
svantaggi.
La scelta di un metodo è legata al modello teorico di
riferimento e al tipo di studio che si vuole svolgere.
Gli strumenti più recenti cercano di rilevare le capacità
empatiche in un’ottica multidimensionale, sottolineando
l’importanza di confrontare i risultati che si ottengono
dall’impiego contemporaneo di procedure di rilevazione
diverse.
66