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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVII n. 54 (47.488)
Città del Vaticano
lunedì-martedì 6-7 marzo 2017
.
All’Angelus il Papa invita a portare sempre con sé la Bibbia
In fuga dalla battaglia
La parola di Dio nel cuore
Quarantamila sfollati
a Mosul
Iniziati ad Ariccia gli esercizi spirituali della curia romana
La Bibbia come il cellulare. Un «paragone paradossale» adoperato da
Papa Francesco all’Angelus del 5
marzo, prima domenica di quaresima, per ricordare ai fedeli riuniti in
piazza San Pietro che «se avessimo
la parola di Dio sempre nel cuore,
nessuna tentazione potrebbe allontanarci da Dio e nessun ostacolo ci
potrebbe far deviare dalla strada del
bene; sapremmo vincere le quotidiane suggestioni del male che è in noi
e fuori di noi; ci troveremmo più capaci di vivere una vita risuscitata secondo lo Spirito, accogliendo e
amando i nostri fratelli, specialmente
quelli più deboli e bisognosi, e anche i nostri nemici».
Nella riflessione che ha preceduto
la preghiera mariana il Pontefice ha
ricordato l’episodio evangelico delle
tentazioni di Cristo, evidenziando
che, per rispondere alle proposte del
diavolo «Gesù non dice alcuna parola propria: risponde soltanto con la
parola di Dio. E così il Figlio, pieno
della forza dello Spirito Santo, esce
vittorioso dal deserto». Ogni cristiano, dunque, è invitato soprattutto in
quaresima a «seguire le orme di Gesù e affrontare il combattimento spirituale contro il maligno con la forza
della parola di Dio».
È a questo punto che Francesco
ha lanciato la sua originale provocazione: «Cosa succederebbe — si è
chiesto — se trattassimo la Bibbia come trattiamo il nostro telefono cellulare? Se la portassimo sempre con
Erik Weiser, «Tentazione di Cristo» (2008)
noi; se tornassimo indietro quando
la dimentichiamo; se la aprissimo diverse volte al giorno; se leggessimo i
messaggi di Dio contenuti nella Bibbia come leggiamo i messaggi del telefonino?». Un invito esplicito a
«prendere confidenza con la Bibbia:
leggerla spesso, meditarla, assimilarla», perché in essa è contenuta «la
parola di Dio, che è sempre attuale
ed efficace».
Al termine dell’Angelus, salutando
come di consueto i gruppi di fedeli
presenti in piazza, il Papa ha riproposto il senso della quaresima, «che
— ha spiegato — è il cammino del
popolo di Dio verso la Pasqua, un
cammino di conversione, di lotta
contro il male con le armi della preghiera, del digiuno, e delle opere di
carità».
Nell’augurare a tutti «che il cammino quaresimale sia ricco di frutti»,
il Pontefice ha chiesto in particolare
«un ricordo nella preghiera per me e
per i collaboratori della Curia romana, che questa sera inizieremo la settimana di esercizi spirituali». Qualche ora dopo, infatti, Francesco si è
trasferito nella Casa Divin Maestro
ad Ariccia, dove fino a venerdì 10 il
francescano Giulio Michelini, dei
frati minori, tiene un ciclo di
meditazioni sul tema «Passione,
morte e risurrezione di Gesù secondo Matteo».
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Anche la Cina condanna la nuova provocazione della Corea del Nord che viola le risoluzioni dell’O nu
Missili nel Mar del Giappone
TOKYO, 6. Nuova sfida del regime
comunista di Pyongyang: la Corea
del Nord ha lanciato quattro missili
balistici e tre di loro sono caduti vicino alle coste del Giappone. La Corea del Sud ha già fatto sapere che,
insieme agli Stati Uniti, sta «analizzando nel dettaglio» quel che è successo, definendo «una minaccia reale
e immediata» il bellicoso vicino. A
Tokyo, il premier Shinzo Abe ha
detto che il regime di Pyongyang ha
sparato i missili «quasi simultaneamente» e che di questi, dopo aver
percorso circa mille chilometri verso
oriente, tre sono caduti «nella Zona
economica esclusiva» giapponese
cioè a meno di 200 miglie nautiche
(370 chilometri) dalla costa. «Questo
dimostra chiaramente che la Corea
del Nord ha raggiunto un nuovo livello di minaccia», ha aggiunto Abe,
che ha convocato subito una riunione del Consiglio nazionale di sicurezza al termine della quale il premier giapponese ha inoltrato una
protesta formale a Pyongyang.
Anche la Cina condanna il test
missilistico nordcoreano, ma chiede
a Corea del Sud e Stati Uniti, impegnati in esercitazioni militari congiunte, di non aumentare la tensione
nella penisola. «Tutte le parti coinvolte dovrebbero esercitare moderazione e non fare nulla che possa
provocare irritazione o peggiorare le
tensioni regionali», ha dichiarato il
portavoce del ministero degli esteri
di Pechino, Geng Shuang, riferendosi sia al test missilistico di Pyongyang, sia alle esercitazioni militari
congiunte di Washington e Seoul, in
corso in questi giorni.
La Cina aveva già criticato le manovre militari che vedono in Corea
del Sud la presenza di 3600 soldati
statunitensi, oltre ai 28.000 di stanza
sul territorio, e l’utilizzo della portaerei statunitense, Uss Carl Vinson.
Il test missilistico di Pyongyang
ha provocato la netta condanna di
Giappone e Corea del Sud. Il primo
ministro giapponese, Shinzo Abe, ha
definito i quattro missili balistici lan-
ciati dalla Corea del Nord «una
chiara violazione delle risoluzioni
del Consiglio di sicurezza dell’O nu
e un atto estremamente pericoloso»,
mentre il facente funzione di presidente della Corea del Sud, Hwang
Kyo-ahn, ha apertamente condannato l’episodio. Hwang ha anche confermato la volontà di Seoul di installare il sistema di difesa antimissilistico Thaad (Terminal high-altitude
area defense system) in collaborazione con gli Stati Uniti come deciso
nel luglio scorso dal governo sud-coreano. Il Thaad è il punto di frizio-
ne più alto con la Cina, che si oppone nettamente all’installazione dello
scudo antimissile in Corea del Sud
citando motivi di sicurezza interna
per i propri sistemi di sicurezza, ed
esterna, per il pericolo che il sistema
antimissilistico possa aumentare la
tensione nella penisola.
L’alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune
dell’Ue, Federica Mogherini, ha
espresso solidarietà a nome del Consiglio europeo al Giappone e alla
Corea del Sud per i test missilistici
effettuati dalla Corea del Nord.
Civili iracheni abbandonano Mosul (Ap)
BAGHDAD, 6. Sono più di 40.000 le
persone sfollate da Mosul, nell’Iraq
settentrionale, nella settimana in
cui le forze irachene sostenute dai
raid aerei della coalizione militare
internazionale a guida statunitense
stanno intensificando l’offensiva
per liberare la città dal cosiddetto
stato islamico (Is). Il numero delle
persone in fuga è aumentato rapidamente negli ultimi giorni anche
perché la zona occidentale di Mosul, dove ora si concentra l’operazione militare iniziata il 19 febbraio, è quella più densamente popolata.
Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, il numero totale degli sfollati da Mosul
è arrivato a 206.000 unità, contro i
164.000 del 26 febbraio scorso. Nei
giorni scorsi le Nazioni unite hanno avvertito che oltre 400.000 persone rischiavano di rimanere senza
una casa.
Intanto prosegue l’avanzata delle
forze irachene nella zona occidentale della città, dove è stato riconquistato un secondo ponte sul fiume Tigri, quello di Al Hurriya. Lo
rendono noto fonti militari irachene e curde precisando che il ponte
sottratto al controllo dell’Is, il secondo in cinque giorni, collega la
zona più antica della città ai suoi
quartieri meridionali, riconquistati
Il governo lancia l’allarme
In Somalia si muore di fame
Nell’Europa centrale e orientale
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I cattolici
sotto il comunismo
Ricostruire la memoria delle persecuzioni religiose di cui si macchiarono i regimi comunisti nell’Europa
centrale e orientale è l’obiettivo di
una grande opera di cui l’8 marzo
viene presentato a Roma il secondo
volume. Al progetto, a un secolo di
distanza dalla rivoluzione d’ottobre,
hanno collaborato un centinaio di
autori dell’ex blocco sovietico, raccogliendo testimonianze personali e
collettive sconosciute o finora poco
valorizzate dalla ricerca storica.
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Bambini in fila in un campo profughi a Mogadiscio (Ap)
MO GADISCIO, 6. La carestia non abbandona la Somalia. Il primo ministro, Ali Khaire, ha denunciato che
almeno 110 persone sono morte di fame nelle ultime
ore nella sola regione di Bay, nel sudovest del paese
devastato dalla carestia che minaccia milioni di persone. È la prima volta che il governo somalo fornisce
una cifra da quando, martedì, ha dichiarato lo stato di
calamità nazionale. Secondo l’Onu, almeno cinque
milioni di persone nel Corno d’Africa hanno bisogno
di aiuti alimentari a causa della siccità e della conseguente carestia. Nei giorni scorsi, migliaia di persone
si sono riversate nella capitale, Mogadiscio, in cerca di
cibo, mettendo in crisi le agenzie umanitarie. I bambini malnutriti sono più di 360.000 — hanno denunciato
fonti delle Nazioni Unite — e tra loro ben 71.000 stanno letteralmente morendo di fame.
a gennaio dopo un centinaio di
giorni di battaglia.
Da stamani le truppe irachene si
stanno dirigendo verso gli edifici
governativi nella parte occidentale
di Mosul. In queste ore si stanno
registrando gli scontri «più pesanti» mai visti dall’inizio della nuova
avanzata in città cominciata il mese
scorso, ha detto il comandante iracheno della polizia federale Haider
al Maturi. I combattenti dell’Is, ha
sottolineato al Maturi, hanno risposto all’avanzata lanciando contro i militari iracheni sei kamikaze
a bordo di altrettante autobomba.
Gli attentatori sono stati però intercettati e uccisi prima che colpissero i loro obiettivi. L’Is, ha aggiunto il comandante, ha messo in
campo anche numerosi cecchini.
Il 19 febbraio è iniziata l’offensiva per liberare pure l’area occidentale della città. Mosul è l’ultima
roccaforte dell’Is in Iraq ed è stata
conquistata dai jihadisti nel giugno
del 2014.
Secondo il Comitato internazionale della Croce rossa, nella battaglia sarebbero state utilizzate anche
armi chimiche. In un comunicato
l’organizzazione umanitaria riferisce che all’ospedale di Rozhawa,
nei pressi della città contesa, sono
stati curati sette pazienti con sintomi che indicavano l’esposizione ad
agenti chimici tossici. La Croce
rossa ha condannato l’uso delle armi chimiche, ricordando che esso
«è assolutamente proibito in base
alle leggi umanitarie internazionali». Non ci sono comunque conferme circa l’utilizzo di questo tipo di
armamenti, né è chiaro al momento
chi ne possa avere fatto uso.
La situazione è grave anche in
Siria dove circa 66.000 civili sono
fuggiti dai combattimenti in corso
su due fronti nel nord del paese.
Lo riferiscono le Nazioni unite precisando che circa 40.000 persone
sono scappate da Al Bab, la città
strappata all’Is dai ribelli siriani
con il sostegno delle forze turche, e
dalla vicina Tadef. Altre 26.000
persone invece sono fuggite dalle
zone a est di Al Bab, nella provincia di Aleppo. È una cifra più che
raddoppiata rispetto a quella fornita ieri dall’Osservatorio siriano per
i diritti umani, che aveva parlato di
circa 30.000 sfollati, in gran parte
donne e bambini.
Sul fronte militare il Pentagono
ha messo a punto un piano per
l’offensiva finale contro Raqqa, la
roccaforte dell’Is in Siria, e prevede
un’escalation della presenza militare degli Stati Uniti sul terreno. Lo
ha riferito il «Washington Post»,
secondo il quale ci sarà un aumento degli uomini delle forze speciali,
l’invio di elicotteri da combattimento e di artiglieria, e la fornitura
di armi ai principali gruppi siriani
curdi e arabi sul campo. Il piano
prevede anche un allentamento di
alcune restrizioni all’azione militare
statunitense poste dall’amministrazione Obama.
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Carcasse di animali nell’inquinato
lago peruviano Titicaca (Ap)
Riunione ministeriale prima del vertice dei leader
A Bruxelles si accelera
sulla difesa europea
BRUXELLES, 6. I ministri degli esteri
e della difesa europei si riuniscono
questa sera a Bruxelles, sotto la guida dell’alto rappresentante per la
politica estera e di sicurezza comune
dell’Ue, Federica Mogherini, prima
del consiglio esteri. L’obiettivo è varare un quartier generale della difesa
europea. Nella definizione ufficiale
dovrebbe essere una struttura per la
pianificazione e la guida militare. Di
fatto dovrebbe gestire a livello strategico le missioni militari non esecutive dell’Ue. Al momento, si tratta di
quelle in Somalia, in Mali e nella
Repubblica Centrafricana. Secondo
le indiscrezioni di stampa, la struttura sarà operativa entro giugno, impiegherà qualche decina di persone
(fra le 20 e le 30) e sarà inizialmente
a guida finlandese.
Sempre più spesso si riuniscono
tutti insieme i ministri degli esteri e
quelli della difesa e l’incontro è stato
definito in formato “jumbo”. Oggi
devono discutere del piano di azione
per una difesa europea, il cui percorso di attuazione ha registrato una
netta accelerazione. Poi, la questione
sarà sul tavolo dei leader dei 28 nel
vertice di giovedì e venerdì prossimi.
Sempre oggi si devono affrontare
anche altri temi: si va dalle relazioni
con l’Egitto (il ministro Sameh Hassan Shoukry parteciperà al pranzo di
lavoro), alla situazione nei Balcani
occidentali, agli aspetti esterni della
politica dell’Ue sull’immigrazione
(con un interesse particolare per la
cooperazione con la Libia) e la crisi
del Medio oriente, mentre si allontana l’ipotesi di una prossima convocazione del consiglio di associazione
con Israele.
Gli analisti ritengono che, anche
se non sono all’ordine del giorno, i
ministri non potranno evitare la questione del peggioramento delle relazioni fra Germania e Turchia e quella dei quattro missili lanciati stamane dalla Corea del Nord.
E per parlare del futuro dell’Europa questa sera a Versailles, il presidente francese, François Hollande,
riunisce i capi di governo di Germania, Spagna e Italia, in vista degli
incontri a Roma, per il sessantesimo
Oltre mille migranti
giunti in Sicilia
e nuovi sbarchi
sulle coste greche
BRUXELLES, 6. In poche ore oltre
1260 migranti sono arrivati via mare
in Italia, in particolare in Sicilia, nei
porti di Pozzallo, Catania e Messina. Su una delle tre imbarcazioni intercettate è stato trovato anche il
corpo senza vita di un ragazzo. Intanto, la guardia costiera turca ha
bloccato almeno 130 migranti e profughi al largo della costa di Cesme,
nel mar Egeo, a bordo di barconi diretti all’isola greca di Chios. Tra le
persone fermate, provenienti per lo
più da Siria, Iraq, Iran e Marocco,
ci sono diverse donne e bambini.
Mentre non si sono mai fermati
gli sbarchi sulle coste italiane, dopo
l’accordo siglato il 18 marzo di un
anno fa tra Ankara e l’Ue, le partenze dalle coste turche si sono ridotte
a una media quotidiana di poche
decine. Ma qualcosa sta cambiando:
alcune agenzie umanitarie parlano di
una ripresa della fuga verso la Grecia. Tra agosto 2015 e marzo 2016,
migliaia di migranti, per lo più siriani, avevano trovato la morte nel tentativo di raggiungere le isole greche,
vale a dire i confini dell’area Schengen, salpando dalle province della
costa ovest turca. Poi, Ankara si è
impegnata a fermare il flusso in
cambio di sei miliardi di euro per
progetti di accoglienza.
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anniversario del Trattati. Alla vigilia,
Hollande ha dichiarato che, se non
vuole «esplodere», l’Europa deve
avere «velocità differenti». In un’intervista a sei quotidiani europei Hollande ha spiegato che «per molto
tempo l’idea di un’Europa diversificata, con velocità differenti, ha suscitato resistenza: oggi è l’idea che si
impone, altrimenti sarà l’Europa a
esplodere».
Resta da dire che in queste ore,
nel quartiere europeo di Bruxelles,
centinaia di cittadini sono scesi in
piazza per chiedere ai governi di tenere fede agli impegni presi sui cosiddetti ricollocamenti dall’Italia e
dalla Grecia in altri paesi membri.
L’iniziativa è partita da un movimento di cittadini olandesi, che hanno già promosso un corteo del genere all’Aja a novembre scorso, al quale si sono aggiunte numerose associazioni, organismi e ong. Nei giorni
scorsi, il presidente della commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha
minacciato sanzioni ai paesi che impediscono i ricollocamenti decisi da
tutto il consiglio.
Alcuni dei ministri dell’Ue riuniti a Bruxelles (Reuters)
Alta
tensione
tra Germania
e Turchia
BERLINO, 6. Cresce la tensione
fra Turchia e Germania. Senza
troppi giri di parole, il presidente turco, Recep Tayyip
Erdoğan, ha accusato Berlino di
«praticare il nazismo», oggi come oltre settant’anni fa. E Berlino si indigna per le dichiarazioni del presidente turco. Le
esternazioni sono «assolutamente inaccettabili», per il delegato
alla cancelleria del governo di
Angela Merkel, Peter Altmaier.
«La Germania è imbattibile su
questioni come stato di diritto,
tolleranza e liberalismo», ha affermato il delegato.
A scatenare l’ira di Erdoğan
sono stati i dinieghi a ministri
turchi, in visita in Germania, di
tenere comizi presso le comunità turche tedesche, in vista del
referendum del 16 aprile prossimo, con cui Ankara progetta di
modificare la propria costituzione, conferendo ancora più poteri al presidente. Dinieghi peraltro decisi dalle autorità locali
tedesche per motivi di sicurezza
e nei quali il governo del cancelliere tedesco, Angela Merkel,
non ha un ruolo. Il referendum,
esteso alle comunità turche
all’estero (fra 2,5 e 4 milioni i
turchi nella sola Germania),
prevede anche la cancellazione
della carica di primo ministro.
6. Il sindaco di Bordeaux,
Alain Juppé, ha confermato oggi
in una dichiarazione davanti ai
giornalisti di «non essere candidato» alla presidenza della Repubblica. Inoltre, ha aggiunto di «non
essere in grado» di riunire la destra nel caso di rinuncia di François Fillon. Juppé era giunto secondo alle spalle di Fillon nelle
primarie dei Républicans.
«Per me è troppo tardi — ha
concluso Juppé nel corso di una
conferenza stampa — non entro in
trattative, la mia candidatura non
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Gaetano Vallini
GINEVRA, 6. Un ambiente inquinato o malsano è il peggior nemico
dei bambini e ne uccide 1,7 milioni
l’anno. Oltre un decesso su quattro
riguarda piccoli con una età inferiore ai cinque anni. L’allarme
giunge dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in due
rapporti dai titoli emblematici:
“Ereditare un ambiente sostenibile”
e “Non inquinate il mio futuro”.
Nei testi si indicano gli interventi
possibili per ridurre il danno.
Trattative nordirlandesi in salita
LONDRA, 6. Trattative in salita in Irlanda del Nord per
la formazione del nuovo governo. I repubblicani del
Sinn Féin, dopo la netta avanzata nelle elezioni legislative di giovedì scorso, segnata da un picco senza precedenti, dettano adesso le loro condizioni al maggiore
partito unionista, il Dup, con il quale è stato sfiorato
un clamoroso pareggio.
Il Sinn Féin ha chiesto apertamente le dimissioni
della premier uscente, Arlene Foster, leader dello stesso
Dup, coinvolta in uno scandalo di presunta malversazione nella distribuzione a pioggia ad aziende di fondi
pubblici destinati a promuovere l’uso di fonti d’energia
alternativa. L’ultimatum contro Foster, con la quale la
rottura si era già consumata prima del voto, sfociando
nelle dimissioni del vice premier repubblicano, Martin
McGuinness, è stato posto in termini secchi sia dal capofila storico dell’ex cosiddetto “braccio politico
dell’Ira”, Gerry Adams, sia dalla nuova leader della formazione, Michelle O’Neill. Ma è stato respinto ieri dai
microfoni della Bbc da Simon Hamilton, esponente di
punta del Dup: Foster resta, quindi, a capo del partito
di maggioranza relativa, sebbene ormai risicata.
Nel primo documento l’O rganizzazione mondiale della sanità afferma che buona parte delle morti per
polmonite, diarrea e malaria, le
cause principali sotto i cinque anni,
sono prevenibili con interventi
sull’ambiente, dall’accesso all’acqua
pulita a quello a combustibili non
tossici per cucinare. L’esposizione
pericolosa agli inquinanti, sottolineano gli esperti, può iniziare già
durante la gravidanza, aumentando
il rischio di nascita prematura.
Durante l’infanzia inquinamento
dentro e fuori casa e fumo passivo
aumentano inoltre il rischio di polmonite infantile, oltre che quello di
tumori e malattie respiratorie per
tutta la vita. «Un ambiente inquinato è letale — afferma Margaret
Chan, direttore generale dell’O ms
— specialmente per i bambini. Gli
organi e il sistema immunitario ancora in sviluppo e le vie aeree e i
corpi più piccoli li rendono particolarmente vulnerabili all’acqua e
all’aria inquinate».
Il secondo documento fornisce
dati dettagliati sulle cause di morte
dei più piccoli. Al primo posto,
con 570.000 vittime, ci sono le infezioni respiratorie causate dall’inquinamento e dal fumo passivo. La
diarrea provoca 361.000 vittime
all’anno. Altri 200.000 morti sono
dovuti alla malaria, che può essere
prevenuta con interventi sull’ambiente tesi a ridurre le aree con
condizioni favorevoli al proliferare
delle zanzare.
Meno figli
in Italia
e più fughe
all’estero
Il premier nordirlandese uscente Arlene Foster (Afp)
Peugeot
acquista Opel
incarnerebbe il bisogno di rinnovamento auspicato dai francesi».
E, intanto, decine di migliaia di
persone giunte da tutta la Francia
hanno invece partecipato ieri a Parigi, davanti alla Tour Eiffel, alla
manifestazione in sostegno di
Fillon. Durante il comizio, il candidato dei Républicains ha definito un “errore” l’assunzione della
moglie nella veste di assistente
parlamentare, tema al centro dello
scandalo che lo coinvolge e che lo
ha visto crollare nei sondaggi per
il voto presidenziale.
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segretario di redazione
L’inquinamento
uccide i bambini
Per la formazione del governo
Juppé non si candida
alla presidenza francese
PARIGI,
Per l’Oms quasi due milioni le vittime all’anno
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PARIGI, 6. Il gruppo automobilistico francese Psa (Peugeot-Citroën)
ha annunciato stamane di avere acquisito il ramo europeo di General
Motors, che comprende i marchi
Opel e Vauxhall. L’acquisto è stato
perfezionato per la somma di 1,3
miliardi di euro. In un comunicato,
Psa ha reso noto di avere comprato
anche le operazioni finanziarie di
Gm Europe per 900 milioni di euro. Con la fusione, Psa diventa il
secondo costruttore automobilistico
europeo (dopo la Volkswagen), con
ricavi per 17,7 miliardi di euro l’an-
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
no e una quota di mercato del 17
per cento. «Siamo orgogliosi di
unire le forze con Opel», ha commentato il presidente di Psa, Carlos Tavares, che prevede per Opel
un margine operativo ricorrente del
2 per cento entro il 2020 e del 6
per cento entro il 2026.
La transazione include tutte le
attività automobilistiche di Opel e
Vauxhall, i sei impianti di assemblaggio e cinque impianti di produzione di componenti, un centro
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40.000 dipendenti.
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Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
ROMA, 6. Le nascite in Italia sono
diminuite nel 2016 del 2,4 per cento ed è il sesto anno consecutivo di
calo. Fa eccezione la provincia di
Bolzano, dove si registra, invece,
un incremento del 3,2 per cento. È
quanto si legge nel rapporto sugli
indicatori demografici dell’Istituto
italiano di statistica (Istat) che fotografa 60 milioni e 579.000 italiani, 86.000 in meno rispetto al 2015.
Nel 2016 sono nati 474.000 bambini italiani, circa 12.000 in meno
rispetto all’anno precedente. Le
due regioni più popolose del paese
restano Lazio e Lombardia, che registrano rispettivamente un incremento del +1,3 e del +1,1 per mille.
Ma l’incremento relativo più consistente è quello ottenuto nella provincia autonoma di Bolzano (+6,6
per mille) mentre nella vicina Trento si arriva appena al +0,3 per mille. C’è da dire che il saldo migratorio con l’estero è simile all’anno
precedente, anche se con un più
elevato
numero
di
ingressi
(293.000) ma pure un nuovo massimo di uscite (157.000). E, intanto, è
cresciuto del 12,6 per cento il numero di italiani che hanno deciso
di trasferirsi in un paese estero: è
quasi triplicato in sei anni.
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La capitale yemenita
presidiata dai ribelli (Reuters)
Ma al parlamento il premier Li difende la globalizzazione
Cresce meno
l’economia cinese
PECHINO, 6. La Cina cresce meno
ma molto probabilmente anche per
il 2017 sarà suo il maggior contributo in termini di pil a livello globale:
si fermerà «intorno al 6,5 per cento
o di più se possibile nella pratica».
Aprendo la quinta sessione del 12º
Sanguinosi
attentati
in Afghanistan
e Pakistan
KABUL, 6. Ancora violenze in Afghanistan e Pakistan. Nelle ultime ore, indicano fonti del ministero degli interni di Kabul riprese dalle agenzie di stampa internazionali, numerosi attentati perpetrati dai talebani e successivi
raid dell’aviazione afghana hanno
causato numerose vittime in varie
province. Una recrudescenza di
atti terroristici e combattimenti
che dopo 16 anni non trova soluzione nel martoriato Afghanistan.
Il ministero degli interni ha reso noto che ieri sera, in vaste
operazioni aeree nel distretto di
Imam Sahib della provincia settentrionale di Kunduz, sono stati
uccisi importanti leader talebani,
fra cui Fariqi, vice “governatore
ombra” provinciale, Qari Mazlom, “governatore ombra” di
quel distretto, e due comandanti
dell’ala militare degli insorti. Insieme a essi, ha dichiarato
all’agenzia Ansa Mahfuzullah
Akbari, portavoce della polizia,
«sono stati uccisi anche quindici
miliziani pronti a colpire».
Si tratta, indicano gli analisti,
del risultato più importante ottenuto dalle forze di sicurezza dopo l’uccisione in febbraio del
mullah Abdul Salam, leader talebano di Kunduz, e protagonista
di due riuscite incursioni nell’ultimo anno degli insorti.
Da parte loro, i talebani hanno
realizzato attentati e attacchi in
cui sono morti, nella provincia
settentrionale di Faryab, Nasim
Qateh, capo della polizia del distretto di Almar e, a Kunduz,
cinque agenti della polizia locale.
Nel vicino Pakistan, i talebani
hanno invece ucciso a Charsadda, nella provincia nordoccidentale di Khyber Pakhtunkhwa,
l’avvocato e attivista sociale
Muhammad Jan Gagyani, ferendo anche gravemente una persona che lo accompagnava. Il 21
febbraio scorso, gli insorti talebani pakistani hanno rivendicato
l’attacco suicida a un tribunale di
Charsadda, con un bilancio di
sette morti e 21 feriti.
congresso nazionale del popolo
(parlamento cinese), il premier Li
Keqiang ha indicato un’altra limata
— in nome della «stabilità economica» — dopo il 6,7 per cento avuto
nel 2016 e il 6,9 per cento nel 2015,
che era già il passo più debole degli
ultimi 25 anni.
La «globalizzazione economica è
nell’interesse fondamentale di tutti i
paesi», ha aggiunto citando un tema che, con le spinte di protezionismo in avanzata nel mondo, può
creare gravi grattacapi. La Cina
«non modificherà l’impegno di promozione della cooperazione economica globale e confermerà il suo
modello di interscambio multilaterale come primario canale del commercio internazionale».
Pechino «è al punto cruciale e
impegnativo del suo sforzo di sviluppo e ci sono molte sfide e problemi nell’economia», ha osservato
il premier Li, rimarcando che «le
difficoltà che abbiamo di fronte non
sono da sottovalutare, ma restiamo
fiduciosi possano essere superate».
Tra i fattori primari, il passaggio
Mentre non si ferma il conflitto con i ribelli huthi
Ancora raid contro Al Qaeda
SANA’A, 6. Per la quinta notte consecutiva, gli Stati
Uniti hanno lanciato dei raid aerei contro le postazioni
di Al Qaeda nella penisola arabica (Aqpa), nel sud dello Yemen. Finora non è stato fornito dalle forze di
sicurezza nessun bilancio delle vittime di questi ultimi
attacchi.
Quest’offensiva ha costretto i miliziani jihadisti a rifugiarsi nelle zone di montagna più impervie. Il Pentagono ha giustificato l’intensificarsi di questi raid con il
fatto che Al Qaeda si sta rafforzando approfittando del
caos provocato dalla guerra tra le forze fedeli al presi-
dente Abd Rabbo Mansour Hadi, riconosciuto dalla
comunità internazionale, e i ribelli huthi che dall’estate
del 2014 controllano vaste parti del territorio e la capitale Sana’a. Il conflitto con i ribelli huthi, stando agli ultimi dati forniti dalle Nazioni Unite, ha già causato oltre 7500 morti e 40.000 feriti.
Ed è di almeno 11 militari uccisi il bilancio di due distinti attacchi di Al Qaeda nel sud del paese. Lo riferiscono questa mattina fonti della sicurezza yemenita. I
due episodi si sono verificati nella provincia meridionale di Abyan e in quella di Hadramawt.
Tre vittime in una sparatoria
L’ex presidente accusato di abuso di potere
Violenze nel Kashmir
Trump chiede al Congresso
di indagare su Obama
NEW DELHI, 6. Sempre tesa la situazione nello stato himalayano conteso
del Kashmir. Un agente di polizia e
due miliziani, di cui uno pakistano,
sono morti ieri in un violento scontro a fuoco — durato oltre sedici ore
— nella città kashmira di Tral. Lo riferisce oggi un dispaccio dell’agenzia di stampa indiana Ians. Fonti
della polizia hanno indicato che altri
sei membri delle forze di sicurezza
indiane, fra cui un maggiore
dell’esercito, sono rimasti feriti nella
violenta sparatoria a Tral.
Durante lo scontro, i miliziani si
sono trincerati in un edificio privato
che, hanno poi detto le stesse fonti
riprese dalle agenzie di stampa internazionali, è stato fatto saltare in aria
con una carica di esplosivo.
Pattugliamento di militari indiani nella città di Tral (Ansa)
Battaglia tra esercito e miliziani
nella zona petrolifera libica
TRIPOLI, 6. È di almeno 11 morti il
bilancio degli scontri tra l’esercito
nazionale libico del generale Khalifa Haftar legato al parlamento di
Tobruk e le brigate per la difesa di
Bengasi, milizia islamista, per il
controllo del porto di Ras Lanuf
nella Libia orientale. Lo riferiscono
testimoni citati dall’Anadolu.
«Le forze di Haftar hanno condotto raid aerei per colpire le nostre
truppe che stavano avanzando, ma
non si sono registrate vittime nei
nostri ranghi», ha detto un comandante della milizia islamista, Yassir
Al Jibali, che ha rivendicato di aver
preso il controllo dei terminal nella
Mezzaluna petrolifera.
Le forze di Haftar parlano invece
di decine di morti tra i terroristi.
L’esercito nazionale libico ha conquistato a settembre dello scorso
anno gli impianti petroliferi di Es
Sider, Ras Lanuf, Brega e Zueitina.
dell’economia verso i nuovi assetti:
da un modello spinto da export e
manifattura a uno strutturato su servizi, consumi e innovazione.
Malgrado la crescita più lenta, la
Cina proseguirà a modernizzare le
forze navali e a snellire le forze armate con le riforme e il rafforzamento della «difesa marittima e aerea». Il budget 2017 salirà del «7
per cento circa» per la prima volta
oltre i 1000 miliardi di yuan (quasi
150 miliardi di dollari), come detto
sabato alla vigilia del Congresso.
Il premier cinese ha inoltre indicato l’obiettivo «a riportare i cieli di
nuovo blu» e al taglio «significativo» delle polveri sottili che rendono
l’aria delle città cinesi irrespirabile.
«Ridurre lo smog è compito di
ognuno di noi e il successo di questo sforzo dipende dall’azione e
dall’impegno. Fino a che l’intera società cercherà di farlo, avremo cieli
sempre più blu ogni anno che passa», ha affermato. Ma già tre anni
fa il premier Li si era impegnato,
con parole ancora più forti, a una
«guerra contro l’inquinamento».
E anche oggi le forze che fanno capo al generale Haftar hanno attaccato con raid aerei le milizie che
hanno conquistato i due terminali
petroliferi di Ras Lanuf e Al Sidra,
nell’est della Libia.
Le brigate di difesa di Bengasi,
comprendono al loro interno anche
potenti milizie jihadiste e alle quali
si sono uniti anche miliziani di Misurata e combattenti fedeli a
Ibrahim Jedran, la formazione vicina al governo di accordo nazionale
di Tripoli guidato dal premier designato, Fayez Al Sarraj, che controllava i terminal ma che lo scorso settembre venne cacciata dall’offensiva
proprio dalle forze di Haftar.
La Libia, in preda a una cronica
insicurezza, è divisa tra due autorità
che fanno capo a Tripoli e a Tobruk e finora sono falliti tutti i tentativi di dialogo per cercare di superare la crisi istituzionale.
Successivamente a questo incidente, si è infine appreso, un gruppo di
manifestanti è sceso in piazza a Tral
scontrandosi violentemente con la
polizia. Numerose le persone arrestate.
Le tensioni nella regione si sono
inasprite dall’8 luglio scorso, quando Burhan Wani, giovane comandante di hizbul-mujahideen, gruppo
armato separatista del Kashmir, è
stato ucciso dalle truppe indiane.
Molto noto soprattutto tra i giovani
grazie ai social network, la morte di
Wani ha dato il via a una delle insurrezioni più intense degli ultimi
sei anni, con un bilancio di oltre novanta vittime e dodicimila feriti.
India e Pakistan — paesi entrambi
dotati di arsenale nucleare — si accusano reciprocamente di violare la
tregua lungo la cosiddetta Loc, la
Linea di controllo stabilita al
termine della guerra indo-pakistana
del 1947, come zona del cessate il
fuoco dietro cui dovevano attestarsi
gli eserciti di Islamabad e di New
Delhi. La Loc, non riconosciuta comunque come confine internazionale, è sistematicamente teatro di aspri
combattimenti tra i due paesi, che
da decenni rivendicano il controllo
sull’intero Kashmir, per il quale hanno combattuto due delle tre guerre
divampate dopo la rispettiva indipendenza dall’impero britannico. Il
confine tra India e Pakistan è considerato dagli analisti uno dei più militarizzati al mondo.
WASHINGTON, 6. Il presidente degli
Stati Uniti, Donald Trump, ha
chiesto al Congresso di aprire
un’inchiesta su presunte intercettazioni delle sue telefonate che l’ex
capo della Casa Bianca, Barack
Obama, avrebbe ordinato. «Le notizie riguardanti possibili indagini
motivate politicamente prima delle
elezioni del 2016 — si legge in una
nota della Casa Bianca — sono un
grande problema. Il presidente
Trump ha quindi richiesto che, come parte delle loro indagini sull’attività della Russia, le commissioni
di intelligence del Congresso esercitino la loro autorità di vigilanza per
appurare se nel 2016 ci sia stato un
abuso da parte del governo nell’uso
dei suoi poteri esecutivi».
«Né Barack Obama, né altre personalità della Casa Bianca hanno
mai ordinato intercettazioni di un
qualunque cittadino americano», ha
commentato il portavoce dell’ex
presidente, Kevin Lewis, in risposta
alle accuse. «Qualsiasi suggerimento in senso contrario — ha aggiunto
Lewis — è semplicemente falso».
I contrasti politici sembrano avere contribuito a far salire la tensione nel paese. Nel campus dell’università di Berkeley, in California,
simbolo delle lotte del ‘68, è andato
in scena un paese diviso. È di almeno sette feriti e dieci arresti il bilancio dei violenti disordini esplosi nel
Uccisi 11 soldati alla frontiera con il Burkina Faso
Attacco jihadista nel Mali
BAMAKO, 6. Sono 11 i soldati del
Mali uccisi ieri mattina nel corso di
un attacco contro la base militare di
Boulikessi, località alla frontiera con
il Burkina Faso. Lo ha annunciato il
ministero della difesa maliano in un
comunicato letto alla televisione.
I responsabili del sanguinoso attacco sono, con ogni probabilità,
miliziani jihadisti legati ad Al Qaeda del Maghreb islamico. Nel 2012
il nord del Mali è caduto sotto il
controllo di jihadisti e ribelli tuareg,
ultimamente le azioni terroristiche si
stanno concentrando nelle aree
centrali del paese dell’Africa occidentale.
Lo scorso anno la forza francese
impegnata nell’operazione antiterrorismo Barkhane, nella quale opera
in cooperazione con le forze locali,
ha compiuto 126 interventi in cinque paesi del Sahel (Mauritania,
Mali, Niger, Ciad e Burkina Faso).
Soldati maliani nel nord del paese (Afp)
campus, dove si è svolta una manifestazione dei sostenitori del presidente statunitense che hanno aderito all’iniziativa “March 4 Trump”.
Cortei sono sfilati in tutti gli Stati Uniti ma a Berkeley alcuni sostenitori del presidente Trump sono
venuti a contatto con studenti che
avevano organizzato una contromanifestazione. Ne sono scaturiti dei
disordini e la polizia è dovuta intervenire con agenti in tenuta antisommossa. Le forze dell’ordine
hanno sequestrato bastoni, tubi di
metallo, mattoni e coltelli.
Non è la prima volta che il campus simbolo delle proteste del ‘68 è
teatro nelle ultime settimane di
scontri tra sostenitori di Trump e
oppositori del nuovo presidente.
Si aggrava
la crisi alimentare
in Venezuela
CARACAS, 6. Il 93 per cento delle
famiglie venezuelane non riesce
a comprare cibo sufficiente e sano, e cresce il consumo di parti
tossiche della pianta di manioca,
il cui tubero è una preziosa fonte
di nutrimento se privato delle
sue parti da scartare e se risulta
dolce e non amaro. Si contano
già decine di morti per avvelenamento, per il consumo di varianti amare economiche e tossiche.
È il drammatico quadro che
emerge dall’indagine sulle condizioni di vita in Venezuela realizzata da tre prestigiose università
del paese sudamericano nel 2016.
La manioca è un tubero che
rappresenta una fondamentale
fonte di carboidrati nell’alimentazione mondiale. In Venezuela
costa meno di 28 centesimi al
chilo, ma in tempi di crisi la
gente non ha neanche questi soldi. Secondo lo studio, che ha
analizzato in particolare la situazione nella capitale e negli stati
di Miranda, Vargas e Zulia, ben
l’8 per cento delle famiglie venezuelane rovistano nella spazzatura e mangiano poi gli scarti o
parti alterate della pianta, che
sono tossici. Almeno quattro casi
di decessi nella stessa famiglia
sono stati registrati la settimana
scorsa in una zona occidentale di
Caracas, ma decine di altri casi
hanno riguardato negli ultimi
mesi anche altre zone del paese.
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L’OSSERVATORE ROMANO
lunedì-martedì 6-7 marzo 2017
lunedì-martedì 6-7 marzo 2017
I cattolici sotto il comunismo in Europa centrale e orientale
opo la seconda guerra mondiale, nei paesi europei del
blocco sovietico l’obiettivo
era distruggere ogni forma di religiosità, soprattutto quella organizzata e strutturata. E questa bufera,
scatenata dai regimi comunisti per
imporre una visione atea della società, investì soprattutto la Chiesa cattolica, che venne sottoposta a sistematiche persecuzioni ma che, al
contempo, seppe reagire con coraggio ed eroismo. Furono infatti moltissimi i credenti che, nonostante repressioni e violenze, dettero prova
di una fede incrollabile, spesso sacrificando la vita.
Le dinamiche di quel drammatico
scenario sono analizzate con rigore
critico nel volume, curato Jan Mikrut, Testimoni della fede, con un sottotitolo illuminante: Esperienze personali e collettive dei cattolici in Europa
centro-orientale sotto il regime comunista (San Pietro in Cariano, Gabrielli
editori, 2017, pagine 1248, euro 54).
Il libro s’inserisce in un piano editoriale inaugurato nel 2016 da La
Chiesa cattolica e il Comunismo in
Europa centro-orientale e in Unione
Sovietica (presentato sull’O sservatore
Romano del 21 aprile 2016). Annunciato per il 2017, centenario della rivoluzione d’ottobre, è La Chiesa cattolica in Unione Sovietica. Dalla Ri-
D
Figure
grandi e sconosciute
di CHRISTOPH SCHÖNBORN
a storia della Chiesa come anche quella
delle società civili è in gran parte scritta
da uomini impegnati, spesso di condizione modesta, che hanno agito in modo autentico e coerente, spinti da un’intima
convinzione, lasciando del loro agire molte tracce,
che le generazioni successive guardano con rispetto
e riconoscenza.
Mi rallegro che un gruppo internazionale di storici della Chiesa dell’Europa centrale abbia dedicato
le sue recenti ricerche alle grandi figure di fedeli
della Chiesa cattolica: la lista di coloro che, di diverse nazionalità, hanno collaborato all’opera è molto
lunga. Gli storici di ogni paese hanno illustrato con
competenza le vicende dei campioni della fede in relazione agli eventi storici che hanno interessato le
singole nazioni: si tratta spesso di vicende drammatiche, che esprimono in modo commovente una forte fede e un intenso amore per la propria terra. Nelle mie visite all’estero e nei miei incontri internazionali io stesso ho conosciuto molti di questi uomini.
L
Si tratta spesso di vicende drammatiche
che esprimono in modo commovente
anche un intenso amore
per la propria terra
Io stesso ho conosciuto molti di questi uomini
Come ben si può vedere anche dalla lettura dei
saggi di questo libro, la città di Vienna è stata non
solo nel periodo della Monarchia asburgica, ma anche dopo la disgregazione dell’impero multietnico e
in particolare dopo la Seconda guerra mondiale un
luogo importante per i cattolici europei dell’oriente
e dell’occidente. Molti uomini trovarono qui il loro
aiuto dopo la fuga o il difficile espatrio dai paesi allora sotto il regime comunista e da qui si prodigarono per i cristiani perseguitati nella loro terra. Un
ruolo particolare giocò l’allora arcivescovo di Vienna, il cardinale Franz König: la Santa Sede gli affidò delicate missioni diplomatiche, come ad esempio
quella di rendere possibile l’espatrio del cardinale
József Mindszenty da Budapest a Vienna. L’arcivescovo di Esztergom e primate d’Ungheria fu il simbolo dell’opposizione al comunismo in Ungheria e
agì su incarico dei papi Giovanni XXIII e Paolo VI.
Dopo l’insurrezione ungherese del 1956 si rifugiò
nell’Ambasciata americana, dove visse sino al 23 ottobre 1971, e di lì infine in esilio a Vienna, trascorrendo i suoi ultimi anni sino alla morte, avvenuta il
6 maggio 1975, nel Pazmaneum, il Seminario ungherese a Vienna.
Nel libro sono altresì ampiamente illustrati molti
degli incontri del cardinale König con i vescovi della Cecoslovacchia di allora; lo stesso arcivescovo di
Cracovia, poi papa Giovanni Paolo II, ebbe uno
stretto legame con l’arcivescovo di Vienna, facendo
sempre tappa a Vienna nei suoi viaggi tra Cracovia
e Roma. Il cardinale König, che ben conosceva la
condizione della Chiesa oltre cortina, sostenne con
energia le Chiese perseguitate: per decenni gli stipendi per messe resero possibile ai sacerdoti l’attività pastorale nelle parrocchie; per anni, coraggiosi
cattolici portarono illegalmente dalla capitale austriaca oltre il confine arredi liturgici, edizioni della
Bibbia e libri liturgici, stampati a Vienna nelle lingue nazionali. Molti parroci dell’arcidiocesi di Vienna sostennero attivamente con le loro iniziative i
cattolici dei paesi comunisti confinanti.
Il libro è dedicato a molte, grandi e spesso sconosciute figure di cristiani del XX secolo: tra loro molti
sacerdoti e religiosi, perseguitati come “pericolosi
oppositori” dei sistemi totalitari. Ma anche innumerevoli, coraggiosi laici si contano dopo la fine della
Seconda guerra mondiale tra gli oppositori dei regimi comunisti. Sul numero preciso dei martiri nei
paesi comunisti nessuna indicazione può essere fornita dagli storici, potendo solo darsi una cifra approssimativa.
In occasione del grande Giubileo del 2000, la
Chiesa cattolica, rispondendo all’invito di papa Giovanni Paolo II, tentò di dedicare maggiore attenzio-
ne ai campioni della fede del XX secolo, sottraendoli
all’oblio. Nella sua lettera apostolica Tertio millennio
adveniente dell’anno 2000, papa Giovanni Paolo II
sollecitò l’attenzione dei cattolici sui molti martiri,
sui testimoni della fede fino al dono della loro stessa
vita e sulle molte eroiche figure, salde nelle loro
convinzioni spesso fino ad una morte crudele. Il papa polacco voleva mantenere vivo il ricordo di quella schiera di martiri del XX secolo, formatasi sulla fedeltà al loro credo; tese instancabilmente nel suo
lungo pontificato a restituire alla vecchia Europa la
coscienza delle sue radici storiche e della sua importanza. Grazie all’iniziativa del papa in tutta la Chiesa cattolica si scoprirono queste figure di nuovi martiri, ponendo l’attenzione sulla loro vita e sulla loro
coraggiosa attività; il loro comportamento, non determinato da una propria volontà, ma frutto di un
dono di Dio, ci mostra che l’esser pronti a servire
Dio, la fedeltà a Lui sono da considerarsi ben più
della propria vita: si tratta di scegliere quale dei due
padroni servire (Mt 6, 24). I martiri ci ricordano che
la vera patria del cristiano è nei cieli. Solo con questa prospettiva e speranza — anzi, certezza — è possibile anteporre la gioia, che Dio ci ha preparato nel
suo Regno, a tutti i beni della vita su questa terra. I
martiri dimostrano con il dono estremo della loro
vita che la violenza non ha l’ultima parola. Il regno
di Dio non è solo al di là, ma attraverso Gesù Cristo è già ora, tra noi.
Questa pubblicazione aiuta i nostri contemporanei a conoscere uomini dalla fede profonda e i loro
gesti coraggiosi in un ampio contesto europeo. Molte delle persone, di cui si parla in questo libro, dovettero pagare un grande prezzo per le loro convinzioni religiose o cristiano-sociali: furono arrestati, incarcerati lontano dalle loro famiglie e comunità, sottoposti a maltrattamenti e spesso, senza essere sottoposti ad alcun processo, internati in campi di lavoro
e costretti a vivere in condizioni disumane. Eppure
anche in questi luoghi desolati, isolati dal mondo
esterno, rimasero fermi nella fede, adoperandosi perché i compagni di prigionia trovassero più sopportabile la loro condizione o potessero persino fare
un’esperienza religiosa di fede. Molti di loro dopo
aver scontato la pena della reclusione o essere stati
anzitempo rilasciati, tornarono nelle loro città e nei
loro villaggi, malgrado le vessazioni e i controlli cui
erano sottoposti da parte dei regimi comunisti in
quanto cristiani convinti.
Dopo la dissoluzione del vecchio impero sovietico
molti positivi eventi hanno interessato la vita dei
popoli d’Europa. Importanti in questo processo di
sviluppo furono le proteste dei lavoratori in Polonia
– nel 1956, 1970, 1976, 1980 – così come la fondazione del sindacato indipendente Solidarność: dalla
Polonia partì un forte movimento politico; esso dette inizio ad una pacifica rivoluzione, che portò alla
liberazione degli altri paesi del blocco dell’Est.
Il XX secolo è stato un secolo sanguinoso per le
atrocità compiute dai regimi comunisti e dal nazionalsocialismo. Un gran numero di cristiani rimase
fedele a Cristo e alla Sua Chiesa, malgrado le violenze, le persecuzioni e gli assassinii, a costo della
loro stessa vita; la tenacia di questi uomini sino alla
morte è una toccante testimonianza della loro fede.
Molti cristiani europei — donne e uomini, laici, sacerdoti, religiosi e religiose — rimasero a svolgere la
loro missione senza paura e con convinzione, costituendo in tal modo un esempio per gli altri; questi
martiri appartenevano non solo alla Chiesa cattolica:
anche molti evangelici e ortodossi misero a rischio
la loro vita per le loro convinzioni.
Il Congresso dei cattolici dell’Europa centrale, tenutosi a Mariazell nel 2003-2004, a cui parteciparono migliaia di persone dalla Bosnia Erzegovina,
Croazia, Austria, Slovacchia, Slovenia, Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria, ha costituito per i cattolici europei un evento e un segno di speranza per il
futuro del nostro continente: è da considerare l’inizio di un’attenzione alle comuni radici cristiane e allo sviluppo futuro dell’Europa.
Dopo la fine dei sistemi totalitari nei paesi
dell’Europa orientale si sono poste nuove sfide per i
cristiani: la secolarizzazione e il relativismo sono fenomeni diffusi in modo crescente in tutti gli Stati
dell’Unione europea, che sollecitano nei cristiani impegno e nuove risposte, non da ultimo una nuova
evangelizzazione dell’Europa in considerazione dei
mutamenti sociali che l’hanno interessata. Per noi
tutti resta l’interrogativo: quo vadis, Europa?
Nell’immagine sulla copertina del libro
tra i prati ghiacciati
spunta il croco, primo fiore della primavera
voluzione del 1917 alla Perestrojka ed
è in preparazione Il governo e la
Chiesa in Polonia di fronte alla diplomazia Vaticana (1945-1978). Da Testimoni della fede — che viene presentato l’8 marzo alla Pontificia università Gregoriana e di cui anticipiamo
la prefazione dell’arcivescovo di
Vienna e l’introduzione del curatore
— emerge un quadro in buona parte
inedito dei diversi paesi segnati dalla persecuzione: Albania, Bulgaria,
Cecoslovacchia, Germania dell’Est,
Jugoslavia, Polonia, Romania e Ungheria, con significativa attenzione
rivolta ai cattolici di rito orientale
slovacchi e romeni, sui quali si accanì in particolare la repressione.
Vi sono pagine che descrivono
con cruda immediatezza una realtà
in cui, nel cuore dell’Europa, per reprimere i cattolici, dei quali si voleva spezzare la resistenza, non si esitò a ricorrere alla tortura. Eloquen-
di JAN MIKRUT
all’idea iniziale di scrivere un libro sulla Chiesa cattolica e il Comunismo, siamo giunti a dar vita a tre diverse pubblicazioni. Il progetto editoriale La
Chiesa cattolica e il Comunismo in Europa centro-orientale e in Unione Sovietica si compone
di quattro volumi, pubblicati nella collana Storia
della Chiesa in Europa centro-orientale. Tutti analizzano la raffinata e multiforme battaglia dei comunisti
contro la religione in generale e, in modo particolare, contro la Chiesa cattolica. Il primo progetto,
molto gradito dai lettori, a distanza di solo pochi
mesi, aveva già due edizioni (marzo e novembre
2016).
Dopo due anni di preparazione, vogliamo ora
presentare ai lettori un nuovo volume della stessa
collana dal titolo: Testimoni della fede. Esperienze personali e collettive dei cattolici in Europa centro-orientale
sotto il regime comunista. Nel libro sono presentate
diverse forme delle persecuzioni della Chiesa nei
paesi del blocco sovietico, governati dal regime comunista, e nello stesso tempo la coraggiosa, spesso
eroica, testimonianza della fede di alcuni cattolici.
Inizialmente in questo progetto editoriale volevamo
presentare anche le testimonianze dei cattolici negli
Stati incorporati direttamente nell’Unione Sovietica.
Per l’importanza di questi paesi e per la peculiarità
delle forme persecutorie poste in atto in URSS, abbiamo deciso di dedicare a questa problematica un
altro libro dal titolo La Chiesa cattolica in Unione Sovietica. Dalla Rivoluzione del 1917 alla perestrojka. Il
volume sarà pubblicato nel 2017. Proprio nel 2017
cadrà il centesimo anniversario della Rivoluzione
d’ottobre, iniziata in Russia nel febbraio 1917, che
causò, tra l’altro la caduta dell’Impero degli zar. Come sappiamo, col tempo la rivoluzione iniziò a perseguitare ogni forma di religione, gettando le fondamenta dell’ideologia atea.
Come si può intuire dal titolo stesso Testimoni della fede. Esperienze personali e collettive dei cattolici in
Europa centro-orientale sotto il regime comunista, si
tratta di un’opera dedicata ai numerosi credenti cattolici del blocco sovietico impegnati nella difesa della loro fede e delle strutture della Chiesa. Le persecuzioni che la Chiesa subì nell’Europa dominata dal
munità smembrate e oppresse già ai
tempi del nazismo; l’avvento del totalitarismo comunista portò a compimento quest’opera distruttiva ai
danni della vita consacrata».
La persecuzione si abbatté in
Croazia sulle donne di vita consacrata, e di queste Veronika Popić ricorda il calvario, mentre Agata Mirek ha ricostruito la deportazione e i
campi di lavoro riservati alle religiose polacche negli anni dal 1954 al
1956. E ancora, Veridiana Bolfă ha
ripercorso la storia delle suore basiliane in Romania dalla fondazione
alla persecuzione, e Cecilia Flueraş
ha studiato la congregazione delle
suore della Madre di Dio, «fedeli
alla consacrazione anche in mezzo
alla tempesta». La ferocia della repressione non risparmiò le religiose
in Bosnia ed Erzegovina, allora
parte della Jugoslavia: se non venivano uccise, queste donne erano comunque incarcerate o costrette ai lavori forzati. Si tratta
di «un fenomeno poco conosciuto» scrive Natalija Palac, perché
la ricerca storica si è limitata a
«uno studio generale delle persecuzioni subite dalla Chiesa».
La maggior parte delle accuse
contro queste religiose si basava
su quella che i comunisti chiamavano «complicità», e che
consisteva nella collaborazione
data alla «guerriglia anticomunista» attiva nel primo dopoguerra. (gabriele nicolò)
L’arresto del cardinale József Mindszenty
(26 dicembre 1948)
D
Manifestazione di lavoratori polacchi a Poznań (1956)
te, al riguardo, è la testimonianza di
un sopravvissuto, monsignor Zef Simoni, che ricorda i metodi spietati
adottati dalla polizia segreta in Albania. Nel drammatico scenario delle persecuzioni spiccano figure di
grande coraggio e fedeltà alla Chiesa: tra quelli meno conosciuti in occidente, i vescovi martiri Vincenzo
Eugenio Bossilkov, in Bulgaria, Pavol Peter Gojdič e Vasil’ Hopko, in
Slovacchia, Czesław Kaczmarek, in
Polonia, Vilmos Apor e Zoltán Lajos Meszlényi, in Ungheria.
Uno dei maggiori pregi delle ricerche pubblicate in questo libro sta
nell’aver dato rilievo a un aspetto finora trascurato dalla ricerca storica.
Diversi sono infatti i contributi dedicati all’eroica testimonianza delle
donne, in particolare degli ordini religiosi femminili, modello di fedeltà
in tempi di persecuzione.
Nel 1950 il governo della Cecoslovacchia sferrò un poderoso attacco
contro i monasteri maschili, con l’intento di chiuderli. Fu poi la volta di
quelli femminili. Le superiore delle
diverse comunità religiose e altre
suore furono trasferite a Hejnice, in
un convento trasformato, dopo la
soppressione della comunità maschile che vi abitava, in un luogo d’internamento per le suore. In processi
farsa le madri superiori furono tutte
condannate. Come scrive Remigie
Anna Češiková, «tutti gli ordini e le
congregazioni in territorio cecoslovacco avevano visto le proprie co-
Il duomo di Santo Stefano
a Vienna
Testimoni della fede
potere sovietico, distrussero tante delle sue strutture
fondamentali, ma non riuscirono a sradicare la religione dalla coscienza popolare. Fallì il tentativo di
creare un’alleanza atea nel cuore dell’Europa cristiana. Le azioni contro la Chiesa avevano il carattere
di una campagna politica, legata a contingenti problemi interni e l’efficienza di quelle azioni dipendeva dalla determinazione degli attivisti comunisti nella lotta contro la religione, dalla resistenza sociale e
infine dalla posizione che la Chiesa occupava all’interno di ciascuna nazione. Si formò definitivamente
un modello totalitario, tendente verso il pieno controllo della vita religiosa ed ecclesiale. Presupponeva
anche l’ateizzazione forzata di larghe fasce sociali e
le repressioni contro i dissidenti.
Presentando nella nostra pubblicazione le condizioni di vita dei cattolici europei, vogliamo nello
stesso tempo menzionare le diverse problematiche,
sorte soprattutto dopo la distruzione delle strutture
religiose. Per raggiungere questo scopo con una prospettiva abbastanza larga e variegata, abbiamo individuato alcuni gruppi rappresentativi: vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici. La documentazione
sui vescovi e sui sacerdoti, come ovvio, è molto più
ampia rispetto a quella sui laici, spesso poco conosciuti e non inseriti gerarchicamente nella struttura
ecclesiale. Per questo motivo, nella presente pubblicazione sono meno rappresentati, proprio per la
scarsità del materiale archivistico.
La forma dell’esposizione e il suo contenuto dipendono dall’autore del testo, che ha scelto come
presentare la situazione della Chiesa nel suo paese.
Questo volume, che comprende tutti gli Stati del
blocco sovietico con l’eccezione dell’Unione Sovietica, tuttavia, non è una raccolta di biografie.
I diversi articoli sono raccolti in ordine alfabetico,
secondo il nome del paese, iniziando dall’Albania.
Le persecuzioni della Chiesa non ebbero lo stesso
carattere e determinazione. Nei paesi dove i governi
avevano collaborato con il Terzo Reich durante la
Seconda guerra mondiale, come la Bulgaria, la
Croazia, la Slovacchia, l’Ungheria e la Romania, le
persecuzioni della Chiesa iniziarono subito dopo la
fine della guerra, già nel 1945, con la pretesa di
combattere un comune nemico, ostile all’intero popolo.
In Bulgaria i cattolici costituivano solo una piccola minoranza e tra di loro vi erano diversi stranieri.
I sacerdoti finirono in prigione. Il 16 luglio 1952 fu
arrestato il vescovo di Nicopoli, il passionista Eugenio Bossilkov, e il 3 ottobre 1952 fu condannato a
morte insieme a tre sacerdoti religiosi assunzionisti.
In Romania il regime comunista cercò di cancellare il sentimento della monarchia e di ridurre l’influenza dei più importanti personaggi del paese: il
re Michele fu esiliato, i capi dei partiti politici, gli
scienziati che si opponevano al nuovo regime, i vescovi cattolici, furono arrestati. Il progetto del nuovo Stato prevedeva diverse tappe: l’integrazione
dell’armata romena nel blocco sovietico; il rafforzamento dell’unico partito; la promulgazione della
Costituzione nell’aprile 1948. La battaglia del regime
comunista era indirizzata contro la Chiesa cattolica.
I cattolici di rito latino e gli uniati fecero una convinta resistenza per mezzo secolo e per questo
l’obiettivo immediato della persecuzione divenne la
Chiesa greco-cattolica. Il regime imprigionò tutti i vescovi greco-cattolici. Numerosi vescovi
e sacerdoti di rito latino furono prima incarcerati e poi esiliati. In Transilvania,
sul modello sovietico, nel 1948 fu
distrutta la Chiesa greco-cattolica.
In Croazia i vescovi, i sacerdoti e i fedeli subirono una dura
repressione: 243 sacerdoti furono
uccisi, 89 scomparvero e 169 furono arrestati. Lo Stato ridusse la
libertà di culto e proibì ogni attività
fuori dalla chiesa parrocchiale. Proprio in Croazia fu organizzato, già nel
1946, il primo processo contro l’arcivescovo
di Zagabria, Alojzije Stepinac da parte dei comunisti jugoslavi, i quali provarono a distaccare la Chiesa croata da Roma per creare una Chiesa nazionale; ma la coraggiosa risposta dei vescovi non lasciò loro alcun dubbio. Il potere decise di organizzare un processo farsa contro monsignor Stepinac, con l’accusa di aver collaborato con il regime ustascia. L’11 ottobre 1946, monsignor Stepinac fu condannato a sedici anni di lavori forzati, nel 1951 venne trasferito dalla prigione di Lepoglava al domicilio forzato presso Krašić. Era agli
arresti domiciliari quando, il 12 gennaio 1953, Pio XII
lo nominò cardinale; morì il 10 febbraio 1960 a
Krašić e fu sepolto nella cattedrale di Zagabria. Il 3
ottobre 1998 fu beatificato da papa Giovanni Paolo
II a Marija Bistrica.
In Ungheria, appena i comunisti assunsero il potere politico, fecero la separazione fra Stato e Chiesa
(1948). Il partito desiderava diffondere l’ideologia
materialista fra i giovani e la classe operaia. L’arcivescovo Mindszenty fu arrestato a Esztergom il 26
dicembre 1948 e fu condannato all’ergastolo l’8 febbraio 1949. Fu liberato nel 1956 durante la rivoluzione ma già il 4 novembre 1956 le divisioni sovietiche
cominciarono l’assedio di Budapest e Mindszenty fu
costretto a chiedere asilo all’ambasciata americana.
Il 16 settembre 1964, tra l’Ungheria e la Santa Sede
fu stipulato un accordo. Al cardinale Mindszenty,
dopo le trattative tra il governo e il Vaticano, nel
1971 fu consentito di recarsi a Vienna. Per la Santa
Sede l’Accordo con il regime costituiva il primo
esempio della pacifica risoluzione nel blocco sovietico.
In Slovacchia i comunisti combattevano la Chiesa
perché il sacerdote Josef Tiso era stato presidente
della Repubblica Slovacca (1939-1945). Anche la
confermazione protestante e della cresima cattolica.
Il momento critico fu senza dubbio la costruzione
del muro di Berlino, iniziata nel 1961.
In Polonia numerosi sacerdoti furono arrestati e
condotti nelle prigioni e nei campi di lavoro, senza una valida e convincente accusa. Difficile era la situazione nei territori occidentali e settentrionali dove, a causa dello
spostamento delle frontiere, le strutture della Chiesa erano deboli. Fino al
1953 in Polonia furono arrestati o dovettero lasciare le loro diocesi 12 vescovi, 4 sacerdoti furono condannati
dai tribunali e fucilati, 37 sacerdoti
uccisi senza una condanna, 260 furono dichiarati scomparsi, 350 furono
spostati in altre parti del paese, 1000
arrestati, 1200 dovettero lasciare le
parrocchie. I grandi protagonisti della Chiesa in quel periodo furono i
cardinali Augustyn Hlond e Stefan
Wyszyński a Varsavia e il cardinale
Karol Józef Wojtyła a Cracovia, il
futuro papa Giovanni Paolo II.
In Slovenia, alla fine della
guerra, circa 300 sacerdoti e
religiosi sloveni furono espulsi. Alcuni furono giustiziati
senza un processo, altri furono condannati dai tribunali
popolari, spesso senza alcun
Giovanni Paolo II con il cardinale König a Vienna (10 settembre 1983)
motivo valido, a lunghi anni
di prigione. Negli anni 19451961 furono condannati senza alcun processo 425 saChiesa greco-cattolica fu soppressa e il 28 aprile
cerdoti, di cui 339 subirono ogni sorta di vessazioni
1950 i fedeli greco-cattolici furono costretti ad unirsi
in carcere e 9, dopo i processi-farsa, furono condanalla comunità della Chiesa ortodossa. I vescovi, i sanati a morte. Lo Stato aveva ridotto totalmente la licerdoti e i religiosi furono arrestati e condannati al
bertà di culto e proibito ogni attività fuori dalla
carcere. Dopo la Primavera di Praga, nel 1968, la
chiesa parrocchiale.
Chiesa greco-cattolica in Cecoslovacchia fu di nuoLa liquidazione della Chiesa greco-cattolica
vo riconosciuta dal governo, ma senza ricevere innell’intera zona sovietica ebbe per i comunisti una
dietro le proprietà legate al culto e senza la possibigrande importanza. Per questo compito fu usata
lità di poter svolgere liberamente le sue attività.
consapevolmente una piccola parte del clero: quello
In Albania il governo aveva dichiarato, nella stesdisposto, dopo le persecuzioni e le minacce, a collasa Costituzione, l’ateismo come uno dei fondamenti
borare con lo Stato comunista. Poiché la Chiesa
dello Stato. Il regime perseguì l’abolizione di tutto
greco-cattolica doveva essere integrata nelle strutture
ciò che avesse a che fare con qualsiasi tipo di relidella Chiesa ortodossa, a tal fine i governi comunisti
gione. Tutte le comunità religiose, non solo cristiaconvocarono una serie di pseudo sinodi che decretane, non poterono più professare la propria fede.
rono tale integrazione. Così, nel 1946 in Ucraina si
Tutti gli oggetti legati al culto furono distrutti o detenne il sinodo di Leopoli e nel 1949 quello di Mudicati ad altro scopo, per l’utilità culturale ed ecokačevo; in Romania nel 1948 si tenne il Sinodo di
nomica a favore dello Stato. In Albania fu attuata la
Cluj e in Cecoslovacchia nel 1950, il cosiddetto Sipiù feroce persecuzione di tutti i regimi comunisti
nodo di Prešov: la Chiesa ortodossa doveva riunire i
dell’Europa centro-orientale.
nuovi popoli nella struttura dello Stato sovietico.
Nella Germania orientale (DDR), i comunisti tedeQuesto breve excursus mostra la complessità della
schi cercarono di diffondere gli ideali sovietici. Una
particolare attenzione si prestava all’educazione
problematica affrontata dai diversi autori, provenienideologica della gioventù, anche tramite il programti in maggioranza dagli stessi paesi su cui scrivono;
ma Jugendweihe: una cerimonia laica di nomina del
ogni autore si prefigge di presentare, con metodo
“cittadino”, che voleva essere un sostitutivo della
storico-critico e un’ampia letteratura, i rapporti e gli
scontri tra la Chiesa e il Comunismo. Sull’argomento sono stati scritti diversi articoli e libri nelle lingue
nazionali, ma spesso proprio a causa della lingua
usata, sconosciuta a molti lettori, questi importanti
contributi nazionali rimangono ignorati in campo
internazionale. Per questo, uno degli scopi che ci
siamo prefissi con la nostra pubblicazione, è di rendere accessibili queste tematiche ad un pubblico più
vasto.
La maggioranza dei testi presentati è stata scritta
nella madrelingua dell’autore, che ne ha curato anche la traduzione in italiano e infine sono stati revisionati e uniformati per la pubblicazione. Come si
può immaginare, le difficoltà pratiche sono state
molte e alcuni testi non sono stati accolti in questa
pubblicazione.
Non è stato semplice trovare autori competenti e
qualificati che potessero trattare questa problematica
molto complessa e poco conosciuta e per questo
motivo non tutti argomenti previsti sono stati svolti.
Ad esempio, l’ex Jugoslavia è presentata solamente
dalla Bosnia-Erzegovina, dalla Croazia e dalla Slovenia, mentre non abbiamo potuto trovare collaboratori per la Serbia, il Kosovo, il Montenegro e la
Macedonia.
Le persecuzioni che la Chiesa subì
nell’Europa dominata dal potere sovietico
distrussero tante delle sue strutture fondamentali
ma non riuscirono a sradicare
la religione dalla coscienza popolare
Con grande soddisfazione vorrei porre l’accento
sul fatto che nella preparazione del progetto hanno
collaborato più di cento persone provenienti da diversi paesi.
Vorrei rivolgere un grazie del tutto particolare a
sua eminenza reverendissima il cardinale Christoph
Schönborn, arcivescovo di Vienna, per aver mostrato grande interesse al tema della nostra pubblicazione e per la prefazione da lui redatta. Come ben si
può leggere in diversi contributi contenuti nel libro,
la città di Vienna è stata un luogo importante per i
cattolici al di là della cortina di ferro. Molte persone
trovarono qui assistenza dopo la fuga o l’espatrio,
da qui si aiutarono i cristiani perseguitati. Un ruolo
particolare lo svolse l’allora arcivescovo di Vienna, il
cardinale Franz König. I suoi incontri con i vescovi
della Cecoslovacchia, dell’Ungheria e con l’arcivescovo di Cracovia, poi papa Giovanni Paolo II, furono un segno tangibile della sua responsabilità per la
Chiesa universale. La capitale austriaca diventò un
crocevia importante nella comunicazione tra la Santa Sede e le Chiese nei paesi oltre cortina.
Ringrazio sentitamente tutti gli autori di questo
libro: le loro pazienti ricerche, svolte negli anni in
diversi archivi statali ed ecclesiastici, sono un importante contributo per la storia europea dopo il crollo
del sistema comunista.
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L’OSSERVATORE ROMANO
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lunedì-martedì 6-7 marzo 2017
Luterani africani per l’ambiente
La giustizia climatica
priorità trasversale
ADDIS ABEBA, 6. Con una preghiera ecumenica svoltasi nella
cattedrale di St. Mary (Sealite
Mihret) della Chiesa ortodossa
etiope ad Addis Abeba, la rete
ecumenica per l’acqua (Ecumenical Water Network, Ewn) ha iniziato, in collaborazione con il
World Council of Churches
(Wcc), la sua campagna quaresimale annuale dal titolo: «Sette
settimane per l’acqua». Iniziativa
che, ormai da diversi anni, intende sensibilizzare i cristiani e più
in genere l’opinione pubblica
mondiale, al grave problema della
scarsità delle risorse idriche, che
in molti Paesi e regioni del pianeta, non va mai dimenticato, è ulteriore motivo di conflitti e di
grandi sofferenze da parte delle
popolazioni più fragili. Quest’anno l’attenzione dei promotori si è
focalizzata sull’Africa.
«L’acqua, fonte di vita e dono
di Dio — ha sottolineato nel corso del suo intervento il moderatore del Wcc, Agnes Abuom — è diventata una questione di giustizia. Stiamo qui, nella capitale
africana, e ci rendiamo perfettamente conto che la crisi idrica ricade pesantemente sulle donne e
i bambini, che percorrono migliaia di chilometri alla ricerca di
acqua. A nome del Wcc — ha
proseguito Aboum — invito tutti
a resistere alla mercificazione e alla commercializzazione dell’acqua
a spese della povera gente».
Alla celebrazione ecumenica ha
preso parte anche il segretario generale del World Council of
Churches, il reverendo Olav
Fykse Tveit, il quale, nel suo sermone, ha sottolineato che «è
giunto il momento che ci sia una
giustizia idrica. Non possiamo, a
lungo andare, fermare la giusti-
Per l’acqua sette settimane ecumeniche
Dono e fonte di vita
zia, così come non possiamo fermare l’acqua».
Tveit ha poi ricordato il versetto del profeta Amos 5, 24: «Piuttosto scorra come acqua il diritto
e la giustizia come un torrente
perenne». «Il profeta Amos — ha
ricordato il segretario generale
del Wcc — usa l’immagine
dell’acqua per parlare in maniera
chiara e forte della giustizia di
Dio, e questo è uno dei versi più
incoraggianti, motivanti e ricchi
di speranza della Bibbia per le
tante persone che anelano alla
giustizia e al riconoscimento dei
loro diritti in quanto esseri umani. Le immagini dell’acqua del
profeta Amos — ha aggiunto
Tveit — rappresentano il potere e
il torrente perenne, irresistibile,
che in un modo o nell’altro arriverà a destinazione. È questa la
natura della giustizia e della giustizia di Dio: per alcuni una minaccia, per altri una liberazione».
Mentre l’acqua ha un forte significato spirituale nella tradizione cristiana come dono di Dio,
questa scarsa risorsa è minacciata
e negata a milioni di persone in
tutto il mondo. Circa la metà della popolazione mondiale, infatti,
non ha accesso all’acqua potabile
e circa un terzo della popolazione mondiale, in particolare quella
proveniente dall’Africa sub-sahariana, non ha accesso a servizi
igienici adeguati,
«Il pellegrinaggio di quest’anno del World Council of Churches per la giustizia e la pace —
ha spiegato il reverendo Arnold
C. Temple, co-presidente della
Ewn — si è concentrato sull’Africa, e di conseguenza, le sette settimane per l’acqua nel 2017 saranno dedicate all’equa distribuzione
delle risorse idriche in questo
continente. Le riflessioni biblicoteologiche e le risorse messe a disposizione verteranno sulla crisi
nella regione africana e approfondiranno i temi della giustizia e
della pace».
Dinesh Suna, coordinatore
dell’Ecumenical Water Network,
ha ricordato che — come accade
da dieci anni a questa parte —
l’organismo ecumenico fornisce
Appello degli anglicani del Sud Africa
Più scuole meno nucleare
PRETORIA, 6. Più scuole e meno
nucleare. O, meglio, maggiori
sforzi economici destinati alla
formazione e all’istruzione dei
giovani e meno fondi investiti
nello sviluppo di un’energia ritenuta così dispendiosa e rischiosa
per la tutela dell’ambiente come
quella incentrata sul nucleare. E
ciò anche nella prospettiva degli
inevitabili ulteriori sviluppi delle
L’arcivescovo Makgoba, riferisce Anglican Communion News
Service, ha portato la questione
al sinodo dei vescovi anglicani
dell’area sudafricana, riunitosi
recentemente a Benoni, non lontano da Johannesburg. In questa
occasione il presule ha ribadito
la posizione espressa nel sinodo
provinciale dello scorso settembre in cui era stata già manife-
energie alternative ed ecosostenibili. È il senso dell’appello che
l’arcivescovo anglicano di Città
del Capo, Thabo Makgoba, ha
lanciato in questi giorni al governo sudafricano perché rinunci
alle annunciate future tappe di
sviluppo del nucleare. Un intervento che ha fatto seguito alle
manifestazioni inscenate recentemente da gruppi ambientalisti
che hanno chiesto lo stop ai piani sull’energia nucleare, considerati un inutile e dannoso spreco.
Intervento, comunque, non isolato, perché conferma la scelta
“verde” intrapresa già da tempo
dalla comunità anglicana.
stata l’opposizione all’espansione
dell’energia nucleare esortando il
governo a proseguire il percorso
di sviluppo delle energie rinnovabili. In questo senso, Makgoba ha salutato con favore le iniziative intraprese recentemente
dal presidente Jacob Zuma in tema di sviluppo di un’energia
verde, valutando così in maniera
positiva anche le dichiarazioni
su uno sviluppo nucleare limitato alle esigenze minime della nazione. Tuttavia, ha osservato il
presule: «Ciò non basta, il nucleare deve uscire completamente dall’agenda di sviluppo della
nostra nazione, mentre ora è
parte integrante di un piano a
medio termine che vede nel 2037
l’anno in cui il nucleare sudafricano dovrebbe raggiungere lo
sviluppo ottimale. Ma per quel
tempo le energie solari ed eoliche avranno raggiunto un rapporto qualità-prezzo assai più
vantaggioso di quanto già sia
ora, rendendo vetusta la concezione dello sviluppo nucleare».
Anche perché, come già sottolineato lo scorso anno in una
lettera indirizzata al presidente
Zuma, i presuli anglicani ritengano siano altre le priorità del
paese. A partire da uno sviluppo
dell’istruzione per tutti e di un
incremento delle condizioni di
vita medie di tutti i cittadini,
che oggi patiscono differenze
enormi. Gli elevatissimi costi e i
relativi indebitamenti legati a
uno sviluppo dell’energia nucleare vengono al contrario considerati un inutile impoverimento di un paese già alla costante
ricerca di una stabilità economica duratura. «Siamo profondamente preoccupati — ha affermato l’arcivescovo — che un programma nucleare esteso possa
rappresentare nulla più che una
spada di Damocle sulla testa dei
nostri figli e dei nostri nipoti.
Non possiamo lasciare alle generazioni a venire l’onere dello
smaltimento dei nostri rifiuti nucleari. Crediamo che il Sud Africa abbia il potenziale per divenire invece un polo dell’energia
rinnovabile per l’intero continente, con un enorme potenziale di
sviluppo negli investimenti produttivi e nella forza lavoro».
Quello del Sud Africa, va detto, non è l’unico fronte del continente che vede impegnata la
comunità anglicana in difesa
dell’ambiente. Per esempio, solo
pochi giorni fa in Burundi, alla
presenza dell’arcivescovo primate della Comunione anglicana,
Justin Welby, è partito un programma di piantumazione di 10
milioni di alberi.
riflessioni teologiche settimanali e
altri sussidi in materia di accesso
all’acqua durante tutto il periodo
della quaresima. Molto materiale
sarà disponibile sul sito in rete.
Un aspetto particolare al quale si
riserverà attenzione quest’anno è
quello della sofferenza in particolare delle fasce femminili della
popolazione, laddove esiste una
grave scarsità idrica.
«Gli sforzi umani per rendere
l’acqua disponibile a tutti — ha
detto nella sua riflessione il reverendo Benebo Fubara FubaraManuel, presidente del Consiglio
cristiano della Nigeria — devono
essere visti come l’opera di Dio
attraverso l’uomo, e svolti secondo questa comprensione della sua
sacralità. Anche se l’acqua è riconosciuta dalle Nazioni Unite come un diritto umano — ha concluso — preghiamo Dio affinché
apra i nostri occhi per vedere le
molte parti del mondo, dove l’acqua non è in realtà ancora intesa
come un bisogno umano fondamentale».
Per la salvezza
del pianeta
YANGON, 6. «Pentiti, la creazione
di Dio è in pericolo, cambia la
tua vita per salvare il pianeta». È
l’invito alla «conversione ecologica» lanciato in occasione della
quaresima dal cardinale arcivescovo di Yangon, Charles Maung
Bo.
Il porporato, intervenendo nei
giorni scorsi alla conferenza delle
religiose di Asia e Oceania, ha
svolto una severa disamina
dell’attuale emergenza ambientale. «Oggi — ha sottolineato — ci
troviamo di fronte a un olocausto
ambientale. Si tratta di un momento molto delicato. Papa Francesco ha sollevato un forte grido
contro questo disastro imminente
parlando dei peccati moderni, i
“peccati ecologici” compiuti individualmente e collettivamente dagli esseri umani che distruggono
la madre terra».
Per il porporato, «l’avidità ha
scatenato un terrorismo ecologico
contro la madre terra. Il cambiamento climatico è reale e il pianeta Terra si surriscalda, causando
migliaia di “rifugiati ambientali”». Il cambiamento climatico,
insomma, è come «una bomba
atomica in attesa di esplodere».
Non solo, «ci troviamo sulla soglia di un’apocalisse ecologica.
Questa apocalisse ecologica è il
risultato di un peccato ecologico
contro la creazione di Dio».
Da qui l’appello rivolto alle religiose affinché raccolgano la sfida rafforzando il proprio slancio
profetico per farsi «missionarie di
misericordia per la promozione di
una giustizia ecologica». In questo senso, ha osservato ancora il
cardinale, il quadro di riferimento
è dato da due documenti di Papa
Francesco: Laudato si’ e Misericordiae vultus.
Soprattutto, viene sottolineato,
è l’iniqua distribuzione delle ricchezze a provocare i maggiori
danni ambientali. In questo senso, ha detto il cardinale, «la crisi
ecologica è una crisi morale».
JOHANNESBURG, 6. «Siete persone
coraggiose: continuate a fare sentire
la vostra voce e a parlare del cambiamento climatico, e fate in modo
che la gente vi ascolti». Con queste
parole il pastore David Tsawedi, direttore esecutivo delle Chiese luterane nell’Africa del sud (la regione
che comprende Sud Africa, Botswana, Lesotho, Namibia e Swaziland),
ha accolto i quindici giovani partecipanti all’incontro di formazione
sui progetti per il clima della Federazione luterana mondiale (Flm),
che ha avuto luogo nei giorni scorsi
a Johannesburg in Sud Africa. Gli
effetti del mutamento climatico sono ormai evidenti in tutto il globo:
il livello dei mari si sta alzando, aumentano le tempeste tropicali, le
terre coltivabili sono messe a rischio
da inondazioni o siccità, diminuisce
la resa dei raccolti con conseguente
aumento dei prezzi alimentari.
Per la Federazione luterana mondiale il cambiamento climatico è un
tema d’interesse prioritario e la giustizia climatica è una priorità trasversale. I giovani luterani sono stati coinvolti su entrambi i temi, dopo che argomenti come sostenibilità
e giustizia ecologica erano stati
evidenziati all’undicesima assemblea
della Flm tenutasi a Stoccarda nel
2010.
In questi sette anni, i giovani
sono stati formati e mobilitati attraverso una serie di incontri e il
patrocinio a vari programmi e campagne, e hanno aumentato l’impegno della Chiesa per la giustizia climatica.
Nel 2016, la Cop22 (la conferenza Onu delle parti sul cambiamento climatico) ha visto la presenza di
una delegazione di giovani leader
africani della Flm. Otto di loro
hanno inviato raccomandazioni alle
Chiese membro della Flm per intensificare le azioni a favore del cli-
ma, diventando un modello di
«Chiese green». Queste includono
l’investimento in energie rinnovabili
e il disinvestimento in energie fossili, la proposta di inserire nell’insegnamento religioso approfondimenti sul cambiamento climatico e di
stabilire progetti di giustizia climatica nelle proprie Chiese.
Il seminario formativo della Federazione luterana mondiale a
Johannesburg ha invitato a sviluppare progetti in ambito climatico
per un approccio sostenibile delle
chiese facenti parte della Flm. I
giovani leader e i soggetti coinvolti
nel dibattito sul clima provenivano
da tre Chiese sub-regionali: la Comunione luterana dell’Africa centrale e orientale (Luccea), la Comunione luterana dell’Africa Occidentale (Lucwa) e la Comunione luterana dell’Africa del sud (Lucsa).
Il seminario si è concluso con la
presentazione di tredici nuovi progetti sul clima proposti dalla Flm e
dalle Chiese membro africane, riguardanti temi come deforestazione, desertificazione, assicurazioni
contro i danni climatici per gli agricoltori, aumento della consapevolezza delle comunità, difesa contro
l’estrazione illegale di materie prime, introduzione di lezioni sul
cambiamento climatico nelle scuole
bibliche. I giovani leader si sono
trovati d’accordo nell’affermare che
le Chiese devono unire i loro sforzi
per combattere il cambiamento climatico.
L’OSSERVATORE ROMANO
lunedì-martedì 6-7 marzo 2017
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La voce di Pietro
Iniziati ad Ariccia gli esercizi spirituali della curia romana
Con l’invito a chiedersi se davvero «ascoltiamo la voce di Pietro e dei più deboli, su
quali basi prendiamo le nostre decisioni e
se nella nostra vita ci sono “ritirate strategiche” per non seguire Gesù fino in
fondo», padre Giulio Michelini ha dato il
via agli esercizi spirituali con Papa Francesco e la Curia romana. «Passione, morte e
risurrezione di Gesù secondo Matteo» è il
tema che il religioso dell’ordine dei frati
minori ha scelto di proporre per le sue meditazioni.
Nella Casa Divin Maestro, ad Ariccia —
dove anche quest’anno si svolgono gli esercizi, che si concluderanno nella mattina di
venerdì 10 — il Pontefice è arrivato alle
16.50 di domenica 5 marzo, su uno dei due
pullman partiti dal Vaticano con gli oltre
settanta partecipanti agli esercizi spirituali.
Ad accoglierlo, con il predicatore, l’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa pontificia, e don Valdir José De Castro,
superiore generale della Società di San
Paolo, insieme alla comunità religiosa di
Ariccia.
Già nella riflessione introduttiva, svolta
subito dopo l’arrivo, il predicatore ha presentato i contenuti essenziali delle meditazioni, sottolineando in particolare che «la
vita di Gesù non è una fiction». La sua
esistenza terrena e la sua morte, ha fatto
presente, «sono strettamente legate e noi,
con le nostre meditazioni, torneremo ogni
volta in Galilea, dove Gesù ha trascorso
quasi tutta la sua vita, e lì troveremo quei
tratti che ci porteranno a Gerusalemme per
parlare della sua passione, morte e risurrezione». Ogni meditazione, ha precisato,
«partirà dall’esegesi di
un brano tratto dai capitoli 26-28 del vangelo di Matteo, riletto
tenendo sullo sfondo il
ministero di Gesù in
Galilea». E «dall’interpretazione del testo si
passerà poi a una lettura di tipo esistenziale e spirituale».
«Stare con Gesù»,
dunque, è la prima chiave di lettura. Ma
anche «stare con Pietro», seguendo le indicazioni della Evangelii gaudium per «considerarci tutti dentro il gruppo di coloro che
devono essere ri-evangelizzati». Perciò, ha
detto ai presenti padre Michelini, «siete
voi, cari fratelli, al centro di quella evangelizzazione che il Signore ha pensato per le
vostre persone, che vi occupate della Chiesa e degli altri, ma che siete chiamati anche, per questo tempo speciale, a stare in
disparte, voi soli, in un luogo deserto, per
fermarvi, pregare e riposare un po’».
«La confessione di Pietro e il cammino
di Gesù fino a Gerusalemme» (Matteo 16,
13-21) sono stati il filo conduttore della prima meditazione, nella mattina di lunedì 6
marzo. «Se il Signore ha compiuto vari
viaggi verso la città santa, come si appren-
Il Ghana riconsacrato
al cuore di Gesù
«È molto incoraggiante vedere i
progressi fatti dal Ghana in questi sessant’anni: il consolidamento delle sue istituzioni democratiche, la crescita di diverse potenzialità, l’instaurazione di relazioni diplomatiche con altre nazioni, il contributo reso al mantenimento della pace in aree di
conflitto. E tutto ciò rimanendo
fedele — nonostante le grandi
difficoltà — ai suoi ideali umani». Lo ha detto il cardinale
Giuseppe Bertello, inviato speciale del Papa nel Paese africano
per la duplice celebrazione dei
quarant’anni dei rapporti diplomatici con la Santa Sede e dei
sessant’anni di indipendenza. La
sera di sabato 4 marzo il porporato ha presieduto i vespri nella
cattedrale di Accra, con l’atto di
riconsacrazione della nazione al
Sacro Cuore di Gesù.
«Oggi si rinnova — ha detto
— quanto accaduto il 3 marzo
1957, a pochi giorni dalla proclamazione di indipendenza del 6
marzo». Consacrazione che è
stata poi ripetuta nel 2007 in occasione del giubileo d’oro della
nascita come Stato sovrano.
«Queste celebrazioni manifestano lo stretto legame tra il vostro
Paese e il Sacro Cuore di Gesù»
ha poi sottolineato, aggiungendo: «Con l’atto di consacrazione
è riconosciuta la signoria piena
ed esclusiva di Dio sul Ghana.
Durante il momento cruciale in
cui questa nazione è stata impegnata a crescere nel percorso di
responsabilità e autonomia, essa
non ha dimenticato Cristo; si è
rivolta a lui con umiltà per offri-
re se stessa e implorare la benedizione dal cielo».
L’indomani mattina, il presidente del Governatorato dello
Stato della Città del Vaticano,
ha celebrato la messa insieme
con i vescovi ghanesi e con il
nunzio apostolico Jean-Marie
Speich.
E
all’omelia
ha
ricordato gli anni trascorsi nel
Paese come rappresentante pontificio. «Ho avuto la grande fortuna — ha detto — di vedere in
prima persona la straordinaria
bellezza della vostra Patria e
della vostra Chiesa, la fede
gioiosa del vostro popolo, insie-
me con la vostra generosa ospitalità e amicizia».
Quindi, commentando le letture della prima domenica di
Quaresima, l’inviato papale ha
esortato a «riconoscere la presenza del Figlio di Dio accanto
a noi» attraverso un percorso di
liberazione «dagli idoli di questo mondo, dalla schiavitù che
essi comportano, dal vuoto di
un’esistenza che manca di un
autentico e permanente centro
di gravità; una presenza in grado di accompagnare il corso
della vita e di dare significato e
apprezzamento alle cose e gli
avvenimenti».
Ma, affinché ciò avvenga —
ha raccomandato il cardinale —
«bisogna trovare il tempo e lo
spazio per un dialogo serio con
il Signore, al fine di ravvivare il
rapporto con lui. E a questo
scopo, il tempo quaresimale è
ideale». Dev’essere, ha spiegato,
«un momento in cui la preghiera diventa più ardente; e più
forte dovrebbe essere la volontà
di rinunciare al peccato». Soprattutto, ha concluso, servirebbero «atti di carità verso il nostro prossimo e una maggior disposizione al perdono in modo
da poter essere degni di ricevere
lo stesso, quando siamo noi ad
aver bisogno di carità e di perdono».
Islam in difesa
della comunità copta
IL CAIRO, 6. Gli attacchi contro i cristiani e le loro proprietà sono «attacchi contro tutti
noi». Similmente gli attacchi
alle chiese sono equiparabili
agli «attacchi alle moschee»,
mentre la difesa dei cristiani e
delle loro chiese «fa parte della
dottrina della fede musulmana». È quanto ha dichiarato
Mohamed Mokthtar Gomaa,
ministro egiziano alle dotazioni religiose, nel corso del forum culturale del Consiglio supremo per gli affari islamici,
svoltosi al Cairo nel pomeriggio di domenica 5. Gli interventi dei relatori, riferisce
l’agenzia Fides, hanno tenuto
conto sia della recente conferenza organizzata dall’università sunnita di Al Azhar sui temi
della cittadinanza e della convivenza islamo-cristiana sia soprattutto dell’esodo di centinaia di famiglie copte fuggite
nelle ultime settimane dal Sinai del nord, dopo la sequenza
di omicidi mirati che nelle ultime settimane ha colpito gli appartenenti a quella comunità
cristiana, indicata come «la
preda preferita» negli ultimi
messaggi diffusi da gruppi
jihadisti egiziani affiliati al sedicente stato islamico.
de dal Vangelo secondo Giovanni, per le
tre feste di pellegrinaggio giudaiche — ha
spiegato il predicatore — quello che Gesù a
un certo punto annuncia si distingue da
tutti gli altri: è l’ultimo, è l’innesco della
sua passione, morte e risurrezione». Così
«in quella che potremmo chiamare la “trilogia sinottica della fine” — per distinguerla da quella che si trova all’inizio dei Vangeli sinottici (il Battista; il battesimo di
Gesù; la tentazione) — è importante osservare la logica e la cronologia degli eventi:
Pietro riconosce in Gesù il Messia; Gesù
annuncia la sua passione; la trasfigurazione
sul monte».
Ma «perché Gesù, come scrive l’evangelista Matteo, “da allora” annuncia quel suo
ultimo pellegrinaggio verso Gerusalemme?» si è chiesto il religioso, ricordando
che «Gesù, che pure parla come parola del
Padre, ha ascoltato Pietro e accolto la sua
investitura messianica, che sarà poi confermata, in modo molto umile, da una donna, a Betania».
Diversamente, dunque, «dai grandi personaggi del passato, come Alessandro Magno che secondo le antiche biografie prendeva decisioni grazie alle pratiche mantiche o agli indovini o all’oniromanzia, Gesù
non arriva alle sue convinzioni attraverso
l’arte divinatoria, né grazie ai suggerimenti
di maghi e nemmeno attraverso i sogni: tra
l’altro, nei vangeli Gesù non sogna». Lo fa
invece «grazie alla preghiera, al dono dello
Spirito, e anche perché il Padre parla a lui
attraverso una voce umile».
Corridoi umanitari
per i rifugiati in Spagna
MADRID, 6. «Aprire corridoi
umanitari per i rifugiati»: è
quanto ha chiesto al governo la
Conferenza episcopale spagnola per far fronte alle innumerevoli richieste di ingresso nella
penisola iberica. I presuli sono
fermamente convinti che l’ospitalità sia la strada percorribile e
chiedono di attuare «l’unica soluzione che funziona»: i corridoi umanitari già sperimentati
in altri paesi europei. In Italia,
per esempio — sostengono i
presuli spagnoli — si sono riusciti a portare più rifugiati rispetto alla stragrande maggioranza dei paesi dell’Unione europea. La Spagna, come l’Italia
e la Grecia, è uno degli approdi delle migliaia di profughi
che giungono da Libia, Siria,
Iraq e da molti altri paesi africani.
Nelle ultime settimane, sia il
presidente della Conferenza
episcopale, cardinale Ricardo
Blázquez Pérez, arcivescovo di
Valladolid, sia il cardinale Carlos Osoro Sierra, arcivescovo di
Madrid, hanno pubblicamente
espresso l’urgente necessità di
provvedimenti efficaci a sostegno di chi si trova in condizioni di bisogno.
Di recente, il cardinale Osoro Sierra ha avuto l’opportunità
di visitare a Roma alcuni centri
di accoglienza per rifugiati e si
è convinto che l’idea dei corridoi umanitari sia valida. Secondo il porporato, per il governo
spagnolo si tratterebbe di
un’iniziativa sicura e conveniente dal punto di vista economico. Dopo aver acquisito
tutte le informazioni necessarie,
i presuli iberici hanno scritto
una lettera all’esecutivo guidato
da Mariano Rajoy nella quale
chiedono di discutere la fattibilità di attuare i corridoi umanitari. I primi incontri, tra vescovi e rappresentanti del governo
— si legge sul sito Religión Digital — inizieranno nel prossimi
giorni.
Tra i principali obiettivi dei
corridoi umanitari vi è quello
di evitare i viaggi con i barconi
nel Mediterraneo, che hanno
già provocato un numero altissimo di morti; impedire lo
sfruttamento dei trafficanti di
uomini; concedere a persone in
condizioni di vulnerabilità, come donne sole con bambini, un
ingresso legale con visto uma-
nitario e la possibilità di presentare successivamente domanda di asilo.
Tra febbraio 2016 e marzo
2017 sono arrivate in Italia circa
settecento persone, in particolare siriani in fuga dalla guerra.
Ma il progetto prevede l’arrivo
di mille persone nell’arco di
due anni. Un programma che
ora la Spagna cerca di importare, dati i risultati raggiunti.
Nella tradizione giudaica, «dopo la fine
della grande profezia — ha proseguito Michelini — si credeva che Dio si rivelasse attraverso i bambini, i sogni, i folli, una
“piccola voce”: tutti modi per dire che la
comunicazione divina ordinariamente non
è eclatante o impositiva, ma più simile al
sussurro di un vento leggero, che soffia per
Elia sull’Oreb, che al tuono che schianta i
cedri del Libano» (come si legge nel salmo
29, 5). Ecco che, ha affermato il predicatore, «Gesù, umile di cuore, ascolta la voce
di Pietro e, da allora, si assume le conseguenze estreme delle sue parole e delle sue
azioni: non si ritira più, ma annuncia la
sua morte-risurrezione a Gerusalemme».
A conclusione di queste linee di riflessione, il predicatore ha suggerito un vero e
proprio esame di coscienza, attraverso tre
domande dirette, per attualizzare e personalizzare l’intera meditazione. «La prima
domanda — ha detto — ha a che fare con le
decisioni che prendo, intendendo non le
piccole decisioni quotidiane, ma quelle più
importanti per la vita. Sulla base di quale
criterio faccio discernimento? Decido d’impulso, mi lascio prendere dall’abitudine,
metto me stesso e il mio personale tornaconto davanti al regno di Dio e agli altri,
ascolto la voce di Dio che però parla in
modo umile?».
La seconda domanda scaturita dai contenuti della meditazione riguarda proprio
«quella voce che parla come parlano i
bambini o i folli, che è debole come i sogni o una voce interiore». Non a caso «il
Padre ha parlato anche attraverso la confessione di Simone: Gesù nella sua umanità, e anche san Francesco d’Assisi, hanno
compreso che Dio si rivela anche al discepolo e mediante il discepolo più piccolo».
E allora, ha domandato il predicatore
sollecitando una riflessione personale, «abbiamo l’umiltà di ascoltare Pietro, abbiamo
l’umiltà di ascoltare gli uni gli altri, facendo attenzione ai nostri pregiudizi, attenti a
cogliere quelle cose che Dio più dirci attraverso le voci deboli degli altri, o ascoltiamo solo la nostra voce che parla agli
altri?».
Con la terza domanda dell’esame di coscienza, Michelini ha invitato a riflettere
sulle nostre «ritirate strategiche», chiedendoci se accettiamo o meno «di andare fino
in fondo per seguire Gesù Cristo, mettendo in conto che questo comporti portare la
croce, come ha detto ai discepoli e a Simone, subito dopo la confessione: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se
stesso, prenda la sua croce e mi segua”».
La croce di Lampedusa
nella Sagrada Família
La celebrazione nella basilica di Barcellona (foto Guillermo Simón)
BARCELLONA, 6. Con una messa celebrata domenica scorsa nella basilica
della Sagrada Família di Barcellona,
presieduta dall’arcivescovo Juan José
Omella Omella, è iniziato il pellegrinaggio della croce di Lampedusa che
interesserà le diocesi della Catalogna.
Giunta sabato scorso nel porto di
Barcellona, la croce sarà portata in
questa prima settimana di quaresima
nelle parrocchie e nelle comunità di
fede della città, successivamente arriverà a Girona, per poi proseguire per
Tarragona, Calella, Tortosa, Vic e
Urgell, in una staffetta che si pone
l’obiettivo di tenere alta l’attenzione
sul dramma dei migranti.
La croce di Lampedusa, costruita
con due assi di legno di 2,80 metri
d’altezza per 1,50, pesa sessanta chilogrammi ed è stata ideata e realizzata da Franco Tuccio, falegname
dell’isola con il legno dei barconi
provenienti dalle coste libiche. È stata benedetta il 9 aprile del 2014 da
Papa Francesco.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
lunedì-martedì 6-7 marzo 2017
Ilya Repin
«Tentazioni di Cristo» (1908)
All’Angelus il Papa invita a portare sempre con sé la Bibbia
La parola di Dio nel cuore
La Bibbia come il cellulare. Un «paragone paradossale» adoperato da Papa
Francesco all’Angelus di domenica 5 marzo, per ricordare
ai fedeli riuniti in piazza San Pietro che «se avessimo la parola di Dio sempre
nel cuore, nessuna tentazione potrebbe allontanarci da Dio
e nessun ostacolo ci potrebbe far deviare dalla strada del bene; sapremmo vincere
le quotidiane suggestioni del male che è in noi e fuori di noi».
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
L’arrivo del Papa ad Ariccia nel pomeriggio del 5 marzo
In questa prima domenica di Quaresima, il Vangelo ci introduce nel cammino verso la Pasqua, mostrando Gesù
che rimane per quaranta giorni nel deserto, sottoposto alle tentazioni del diavolo (cfr. Mt 4, 1-11). Questo episodio si
colloca in un momento preciso della vita di Gesù: subito dopo il battesimo nel
fiume Giordano e prima del ministero
pubblico. Egli ha appena ricevuto la solenne investitura: lo Spirito di Dio è
sceso su di Lui, il Padre dal cielo lo ha
dichiarato «Figlio mio, l’amato» (Mt 3,
17). Gesù è ormai pronto per iniziare la
sua missione; e poiché essa ha un nemico dichiarato, cioè Satana, Lui lo affronta subito, “corpo a corpo”. Il diavolo fa leva proprio sul titolo di “Figlio di
D io” per allontanare Gesù dall’adempimento della sua missione: «Se tu sei Figlio di Dio...», gli ripete (vv. 3.6), e gli
propone di fare gesti miracolosi — di fare il “mago” — come trasformare le pietre in pane per saziare la sua fame, e
buttarsi giù dalle mura del tempio facendosi salvare dagli angeli. A queste
due tentazioni, segue la terza: adorare
lui, il diavolo, per avere il dominio sul
mondo (cfr. v. 9).
Mediante questa triplice tentazione,
Satana vuole distogliere Gesù dalla via
dell’obbedienza e dell’umiliazione —
perché sa che così, per questa via, il male sarà sconfitto — e portarlo sulla falsa
scorciatoia del successo e della gloria.
Ma le frecce velenose del diavolo vengono tutte “parate” da Gesù con lo scudo della Parola di Dio (vv. 4.7.10) che
esprime la volontà del Padre. Gesù non
dice alcuna parola propria: risponde
soltanto con la Parola di Dio. E così il
Figlio, pieno della forza dello Spirito
Santo, esce vittorioso dal deserto.
Durante i quaranta giorni della Quaresima, come cristiani siamo invitati a
seguire le orme di Gesù e affrontare il
combattimento spirituale contro il Maligno con la forza della Parola di Dio.
Non con la nostra parola, non serve. La
Parola di Dio: quella ha la forza per
sconfiggere Satana. Per questo bisogna
prendere confidenza con la Bibbia: leggerla spesso, meditarla, assimilarla. La
Bibbia contiene la Parola di Dio, che è
sempre attuale ed efficace. Qualcuno ha
detto: cosa succederebbe se trattassimo
la Bibbia come trattiamo il nostro telefono cellulare? Se la portassimo sempre
con noi, o almeno il piccolo Vangelo tascabile, cosa succederebbe?; se tornassimo indietro quando la dimentichiamo:
tu ti dimentichi il telefono cellulare —
oh!, non ce l’ho, torno indietro a cercarlo; se la aprissimo diverse volte al giorno; se leggessimo i messaggi di Dio
contenuti nella Bibbia come leggiamo i
messaggi del telefonino, cosa succederebbe? Chiaramente il paragone è paradossale, ma fa riflettere. In effetti, se
avessimo la Parola di Dio sempre nel
cuore, nessuna tentazione potrebbe al-
lontanarci da Dio e nessun ostacolo ci
potrebbe far deviare dalla strada del bene; sapremmo vincere le quotidiane suggestioni del male che è in noi e fuori di
noi; ci troveremmo più capaci di vivere
una vita risuscitata secondo lo Spirito,
accogliendo e amando i nostri fratelli,
specialmente quelli più deboli e bisognosi, e anche i nostri nemici.
La Vergine Maria, icona perfetta
dell’obbedienza a Dio e della fiducia incondizionata al suo volere, ci sostenga
nel cammino quaresimale, affinché ci
poniamo in docile ascolto della Parola
di Dio per realizzare una vera conversione del cuore.
Al termine della preghiera mariana
il Pontefice ha salutato, come di consueto,
i gruppi di fedeli presenti e ha chiesto
di accompagnarlo con la preghiera
negli esercizi spirituali iniziati
nel pomeriggio ad Ariccia.
Cari fratelli e sorelle,
rivolgo un cordiale saluto alle famiglie,
ai gruppi parrocchiali, alle associazioni
e a tutti i pellegrini venuti dall’Italia e
da diversi Paesi.
Saluto i fedeli provenienti dalle diocesi di Madrid, Córdoba e Varsavia; come quelli di Belluno e Mestre. Saluto i
ragazzi del decanato di Baggio (Milano) e quelli partecipanti all’incontro
promosso dalle Maestre Pie Filippini.
Da pochi giorni abbiamo iniziato la
Quaresima, che è il cammino del Popolo di Dio verso la Pasqua, un cammino
di conversione, di lotta contro il male
con le armi della preghiera, del digiuno,
e delle opere di carità. Auguro a tutti
che il cammino quaresimale sia ricco di
frutti; e vi chiedo un ricordo nella preghiera per me e per i collaboratori della
Curia Romana, che questa sera inizieremo la settimana di Esercizi Spirituali.
Grazie di cuore per questa preghiera
che farete.
E, per favore, non dimenticate — non
dimenticate! — cosa succederebbe se
trattassimo la Bibbia come trattiamo il
nostro telefono cellulare. Pensate a questo. La Bibbia sempre con noi, vicino a
noi!
Vi auguro buona domenica! Buon
pranzo! Arrivederci!