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Edizione di giovedì 9 marzo 2017
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Familiari di studenti con DSA: il diritto alla flessibilità dimenticato
di Luca Vannoni
Tra le molte misure previste a tutela dei lavoratori che assistono o affrontano problemi legati
alla salute e alla crescita dei figli, vi è una norma che non ha avuto la giusta attenzione, stante
la finalità, soprattutto da parte delle organizzazioni collettive sindacali e datoriali.
In particolare, mi riferisco alla L. 170/2010, volta a riconoscere ai familiari di primo grado di
studenti del primo ciclo con DSA (dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia quali disturbi
specifici di apprendimento), impegnati nell'assistenza alle attivita? scolastiche a casa, il diritto
a usufruire di orari di lavoro flessibili.
Tale disposizione, in base al comma 2, articolo 6, L. 170/2010, dovrebbe trovare attuazione da
parte dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Nella realtà, l’unico Ccnl che ha affrontato la
delega normativa è quello del settore Credito, con 5 giorni di permesso annui, con preavviso di
10 giorni minimo.
Nel silenzio della contrattazione collettiva, stante la portata del comma 1, articolo 6, L.
170/2010, in cui si sottolinea l’esistenza del diritto del lavoratore alla flessibilità, si ritiene che
eventuali rifiuti a richieste di flessibilità oraria, se non motivati da infungibilità produttiva e
organizzativa oggettiva, sono illegittimi e, stante la delicata materia, potrebbero aprire delicati
contenziosi.
Certo, non sempre è semplice delineare il confine di sopportabilità organizzativa in capo al
datore di lavoro, ma, visto che il diritto alla flessibilità oraria si colloca nella fascia
pomeridiana e potrebbero essere sufficienti anche poche ore settimanali di anticipo rispetto al
termine della prestazione, è bene limitare i rifiuti alle situazioni di assoluta incompatibilità
con i ritmi produttivi del datore di lavoro e l’assoluta necessita di presenza del lavoratore
nell’orario aziendale.
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