io volevo l`azzurro

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Transcript io volevo l`azzurro

intervista/Italiano d’adozione
Alejandro Gomez
io volevo
l’azzurro
aveva preso la cittadinanza italiana puntando
alla nazionale, ma il regolamento lo impedisce.
È l’ennesimo treno perso dall’attaccante
dell’atalanta, che però non si arrende: «sono
pronto per una grande». anche se a bergamo ha
trovato la sua dimensione. di uomo e giocatore
di Fabrizio salvio ˜ foto di Jacopo Farina
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che sagoma
alejandro gomez, argentino
di buenos aires, dove è nato
il 15 febbraio dell’88. ha
quindi 28 anni. in serie a ha
giocato finora 176 partite,
segnando 29 gol.
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A
intervista/Alejandro Gomez
chiamava mia madre da piccolo; non ha
traduzione, è soltanto un vezzeggiativo»),
7 gol e 8 assist nella passata stagione, già
3 reti in queste prime 12 giornate di campionato e una media voto Gazzetta ben
oltre la sufficienza piena.
Gomez, lei è stato a un passo dall’Inter, dall’Atletico Madrid e dalla Fiorentina: perchÈ alla fine quel passo
non l’ha fatto?
«Sempre per lo stesso motivo: i soldi. Ma
mica quelli che chiedevo io. Quelli che
voleva il Catania, dove giocavo».
A volte, troppe volte, è una questione di
momenti, coincidenze, circostanze. Che
si intrecciano, sovrappongono, e alla fine,
purtroppo, sfuggono. Così è stato, finora,
per Alejandro Gomez, in più occasioni
passato in un amen dall’illusione alla
delusione. L’ultima, una settimana fa,
quando la Federcalcio gli ha indirettamente fatto sapere («Ma fino a quando
non ci sarà una comunicazione ufficiale
io continuo a sperarci») che non ci sono
possibilità riguardo a una sua chiamata
in Nazionale. Lo Statuto della Fifa parla
chiaro: il cambio di nazionale può avvenire solo se il giocatore ha già doppio
passaporto al momento della prima convocazione con una rappresentativa della
sua nazione d’origine. Cosa che non era
quando Gomez ha giocato, e vinto, il Mondiale Under 20 con la sua Argentina.
La cittadinanza italiana ottenuta a maggio con l’obiettivo di rendersi eleggibile
per la nostra Nazionale pare dunque una
mossa destinata a non avere l’esito sperato. È l’ennesima opportunità scivolata,
non per sua colpa, dalle dita dell’attaccante esterno dell’Atalanta, penalizzato
in passato da certe scelte di mercato che
gli hanno impedito il salto in una grande
e costretto perciò a continuare a guardare i piani nobili del calcio dal basso, detto senza ironia per i suoi 165 centimetri
di altezza, che sono piuttosto un concentrato di tecnica, velocità, dribbling letale e intelligenza applicata al pallone.
Vale la pena cominciare proprio da qui,
allora, per raccontare il Papu («Così mi
A quale di quei tre club è stato più
vicino?
«L’Inter. Sembrava davvero tutto fatto.
Poi i nerazzurri persero l’ultima di campionato in casa con l’Udinese, Moratti
mandò via Stramaccioni per chiamare
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Mazzarri, e nel suo 3-5-2 per me non
c’era posto. Era il 2013».
E l’occasione mancata per la quale si
mangia ancora le mani?
«L’Atletico Madrid. Quell’anno, il 2014,
vinse la Liga».
Quello è anche l’anno in cui arriva
all’Atalanta, di cui oggi è il leader
tecnico e il giocatore più rappresentativo, tanto da aver indossato anche
la fascia di capitano. Non pensa che
sia meglio essere il numero uno qui
piuttosto che un ìx” in una grande?
«No, perché io non cambierei mai per
fare panchina. Neanche in una squadra
che gioca per lo scudetto. Se uno mi compra, è per farmi giocare. Se non è quella
la sua idea, gliela faccio cambiare io. Non
lo dico per superbia, per fare il fenomeno,
Il 15 febbraio compirà 29 anni. Da qui
alla fine del mercato estivo quante
volte dirà a Percassi: presidente, è il
momento, mi lasci andare?
«Lo sa, lo sa. È stato calciatore. È un imprenditore. Sa che sono nell’età giusta,
ho raggiunto la maturità per provare in
un club di prima fascia. Un giocatore dà
il meglio tra i 28 e i 31 anni: io sono pronto. È una sfida con me stesso».
Spieghi ai tifosi dell’Atalanta i 3 motivi per cui la squadra, oggi quinta e
virtualmente in Europa League, può
farcela a mantenere questa posizione.
«Perché ha ancora margini di crescita:
tattica, tecnica – giochiamo meglio a ogni
“
Montella a Catania
è stato il miglior
allenatore che ho
avuto: tranquillo,
prepara benissimo
le partite e ha uno
staff tecnico
di primo livello
partita – e individuale. Ci sono 4-5 giovani che stanno venendo su molto bene».
Quale dei suoi compagni l’ha sorpresa di più in positivo?
«Petagna. È un centravanti potente, veloce, con un buon sinistro».
Avete iniziato il campionato perdendone quattro su cinque. Poi, con le
vittorie di Crotone e quella in casa
col Napoli, la svolta: siete cambiati
voi giocatori o il vostro allenatore,
Gasperini?
«Siamo cambiati noi, nel senso che abbiamo cominciato a mettere in pratica
ciò che il tecnico chiedeva. All’inizio non
riuscivamo a capire come muoverci, soprattutto in difesa. Prendevamo troppi
gol perché eravamo disposti male. Pensavamo di essere offensivi, invece eravamo soltanto confusi. Poi,
con le vittorie, è aumentata la fiducia e nelle ultime
7 partite abbiamo subito
solo 2 gol».
Ha detto che farà l’allenatore: perchÈ?
«Venire in Italia mi ha
cambiato la testa. Finché
sono rimasto in Argentina
al calcio non pensavo proprio: mi piaceva giocare e
basta. Non guardavo partite in tv, non seguivo niente, avevo mille distrazioni.
Però avevo anche 20, 21
anni. Qui ho iniziato a capire l’importanza della
tattica, il fatto che un metro avanti o indietro nel
piazzamento di un giocatore può valere un gol. Ho
avuto la fortuna di essere
allenato da tecnici come
Giampaolo, Maran, Montella, Reja, Simeone, adesso Gasperini… Tutti mi
hanno dato qualcosa».
al palo
A sinistra, al tiro: in questo
campionato ha segnato 3 gol.
Sopra, fotografato nel centro
sportivo dell’Atalanta, a Zingonia.
Il migliore che ha avuto?
«Montella. Per la tranquillità che trasmette, perché prepara benissimo le
partite e perché ha uno staff di collaboratori di primo livello. Poi metto Simeo37
pier marco tacca
ma perché mi fido di me e del mio gioco.
Non mi sento inferiore a nessuno».
“
intervista/Alejandro Gomez
L’inno italiano? C’è chi lo canta per vendere
fumo. Messi non canta quello argentino
ne, ma l’80 per cento del suo successo è
merito del preparatore atletico, Oscar
Ortega. Simeone mi ha allenato al San
Lorenzo e per sei mesi a Catania: Ortega
fa tutto».
c’è un grande
prato verde
Gomez è sposato con
Lidia, pure lei argentina,
di professione ingegnere.
Hanno 2 figli.
Lei ha passato tre stagioni a Catania:
tre parole per descrivere quella esperienza.
«Argentina: eravamo una colonia di giocatori provenienti da quel Paese. Famiglia.
Record: quello dei punti, 56 nel 2013».
Tre parole per descrivere la nuova
vita a Bergamo.
«Maturità. Investimento. Capitano».
E per descrivere l’Italia?
«Ne basta una: casa. I miei due bambini,
Bautista, 4 anni e Constantina, quasi 2,
sono nati qui da voi. Ho una moglie argentina come me, ma di origini friulane,
di Udine: di cognome fa Raff. Considero
una fortuna aver fatto tappa prima al Sud
dopo aver lasciato l’Argentina: per indole, i meridionali sono molto simili ai sudamericani. Perciò sono stato accolto
molto bene. Ma allora non conoscevo il
Nord: oggi che sono qui mi rendo conto
che è una realtà molto diversa da quella
del vostro Meridione. Più ordine, più
tranquillità, maggiore discrezione da
parte delle persone. Per non parlare del
confronto con l’Argentina: abituati come
siamo al casino, al traffico, alla delinquenza da strada, stare a Bergamo per
noi sudamericani è come vivere in paradiso».
Un’espressione in dialetto siciliano?
«Minchia ’mbare, che vuol dire compare.
Minchia non c’è bisogno che lo traduca».
E in bergamasco?
«Boh… Pota. Non vuol dire niente, si usa
per prendere tempo in una risposta».
A proposito di Buenos Aires: i suoi
abitanti vengono definiti porteños e
sono considerati un po’ snob. Lei in
cosa ha la puzza sotto al naso?
«Più che altro, noi di Buenos Aires pensiamo di avere sempre ragione su tutto.
Anche mia moglie è della capitale: quando litighiamo non finisce mai».
Si è dato una spiegazione del perché
l’Argentina non l’abbia mai presa in
considerazione?
«Se non giochi in una squadra importante, che sia argentina o europea, per la
nazionale non esisti. Io ho fatto bene a
Catania, sto facendo bene a Bergamo, ma
in 6 anni nessun ct del mio Paese, da
Maradona, a Sabella, a Martino, è venuto a vedere una mia partita».
Eppure lei ha vinto un Mondiale Under 20.
«Avevo per compagni Di Maria, Aguero,
Banega, Zarate… E quando ero nell’Under
15 mi sono allenato qualche volta con
Messi, di un anno più grande».
Meglio il suo piede destro o il sinistro
di Leo?
«Il destro di Leo è già migliore del mio».
educazione fisica
Il ìfallaccio” di Gomez sul figlio in una
partita in spiaggia: il video è virale…
A Bergamo ha aperto un centro medico sportivo: perché?
«Perché mi sono sempre interessato ad
alimentazione, preparazione atletica,
prevenzione degli infortuni. Ci lavora il
mio preparatore atletico personale. Bergamo è splendida e mi trovo benissimo,
tanto che non so se in futuro tornerò in
Argentina. Quando ci vado in vacanza,
dopo 20 giorni mi vien voglia di tornare.
Sarà perché nel periodo in cui mi è possibile - ovvero a giugno - lì è inverno,
sarà perché mentre io sto senza far niente i miei amici lavorano, sarà perché non
sono più abituato alla confusione, fatto
sta che dopo un po’ ho nostalgia dell’Italia».
Gomez, lei è molto attivo sui social:
posta video divertenti in cui balla e
canta, ma adesso in rete ne gira uno
in cui falcia senza pietà il povero
Bautista mentre giocate a pallone
sulla spiaggia.
«Mi piace far vedere che sono una persona normale, che si diverte con poco. Il
video con Bautista? Quando l’ho montato ho rallentato l’azione e per questo si
vede mio figlio andare giù secco con la
faccia nella sabbia: sembra lo abbia ammazzato, poverino… (ride). In realtà la
botta gliel’ho data piano. Ma poi, ora che
ci penso, ho preso palla piena!».
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