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PERSONALE
Polizia municipale, il comandante dipende solo dal sindaco anche se il corpo confluisce in
altro settore
La decisione del Comune di sopprimere il corpo di polizia municipale, preso atto dell'insufficienza
di personale in organico (sceso al di sotto del numero legale di sette unità), modificando l'area di
vigilanza nella più ridotta entità organizzativa di servizio autonomo e incardinandolo in altro
settore al cui vertice è posto un dirigente, è pienamente conforme al dettato dell'articolo 7,
comma 1, della legge 7 marzo 1986 n. 65 (legge-quadro sull'ordinamento della polizia municipale).
La scelta dell'ente di prevedere però genericamente e indistintamente la controfirma del
responsabile del settore per tutti gli atti emessi dal Comandante di polizia municipale è illegittima,
poiché contrasta con le prerogative di indipendenza e autonomia del medesimo e con la sua
peculiare posizione di vertice del servizio di Polizia municipale assicurate dall'articolo 9 comma 1
della legge n. 65/1986 e dalle conformi disposizioni legislative regionali.
Lo ha stabilito il Tribunale amministrativo regionale per la Campania – sezione staccata di Salerno,
sezione II, con la sentenza n. 265 del 13 febbraio 2017.
Il numero minimo per l'istituzione o la soppressione del Corpo di Polizia municipale
Pacificamente, l'articolo 7 comma 1 della legge n. 65/1986 consente ai Comuni di istituire il Corpo
di Polizia municipale nel caso in cui il relativo servizio sia espletato da almeno sette addetti,
Comandante compreso, indipendentemente dalla categoria giuridico-economica, dal ruolo e dal
grado rivestito da ciascuno di essi.
Detto limite, tuttavia, può altrettanto pacificamente consentire all'Ente, non solo di optare per la
scelta contraria di non istituire il Corpo, ma anche, laddove sia venuta meno anche una sola unità
di tale personale, di sopprimere il Corpo di Polizia municipale preesistente, pur continuando a
garantire lo svolgimento del servizio.
Tale potere rientra nell'autonomia organizzativa dell'Ente datore di lavoro che, come nel caso in
esame, ha legittimamente deciso di ridurre il Settore polizia municipale in Servizio e di farlo
confluire nel settore area urbanistica ed attività produttive.
Gli ambiti d'intervento della potestà riorganizzativa comunale soggiacciono però a ben precisi
limiti legislativi, dettati dal fatto che il Comandante della Polizia municipale può dipendere
direttamente e solamente dal Sindaco e non da altro personale amministrativo dell'Ente, sebbene
rivesta qualifica di Dirigente e ruolo e mansioni di Responsabile del settore in cui il primo si trova
ad operare.
Il caso
Con una prima deliberazione la Giunta comunale aveva soppresso il Corpo di polizia municipale,
essendo venuto meno il numero legale di sette unità, e aveva rimodulato l'Area di vigilanza nella
più ridotta entità organizzativa di Servizio.
Con una seconda deliberazione aveva incardinato il servizio di Polizia municipale nell'area
urbanistica ed attività produttiva, il cui responsabile era e continuava ad essere il Dirigente del
preesistente settore. Quest'ultimo, infine, con decreto, conferiva sì al Comandante la nomina a
Responsabile del servizio di vigilanza, ma con la pesante limitazione di istruire e di controfirmare
egli medesimo tutti i provvedimenti del servizio di Polizia municipale in qualità di Responsabile
unico del procedimento.
I motivi ricorso
Avverso la seconda deliberazione proponeva ricorso il Comandante di Polizia municipale,
invocandone l'illegittimità per:
• violazione della disciplina concernente l'organizzazione del servizio di Polizia municipale;
• lesione dell'autonomia gestionale e funzionale del servizio.
In sostanza, il ricorrente lamentava la violazione di legge consistente nell'illegittima strutturazione
delle funzioni di Polizia municipale alla stregua di un tipico servizio e/o ufficio comunale, nella
mortificazione delle prerogative di autonomia organizzativa, funzionale e gestionale della Polizia
municipale, così come assicurate dall'articolo 2 della legge n. 65/1986, dall'articolo 11 comma 7
della legge regionale della Campania 13 giugno 2003 n. 12 “Norme in materia di polizia
amministrativa regionale e locale e politiche di sicurezza” e dagli articoli 2 ed 8 del vigente
Regolamento comunale di Polizia municipale.
Non solo, il ricorrente imputava all'Amministrazione di aver agito “con lo sviato scopo di
imbrigliare la Polizia municipale e subordinarla al settore Urbanistica e Attività produttive, di fatto
esautorando il Comandante nelle sue prerogative”.
La subordinazione gerarchica del Comandante di Polizia municipale al Dirigente comunale è
illegittima
Il Tar non ha accolto tutti i motivi proposti dal Comandante di Polizia municipale, ma ha comunque
decretato l'annullamento della seconda deliberazione comunale, attraverso una puntuale
ricostruzione della normativa vigente in materia di Polizia municipale.
Il Collegio, quindi, dopo aver dato per assodato che laddove sia istituito il Corpo di Polizia
municipale il Comandante ne è posto al vertice e ne ha la responsabilità, ha ricordato che lo stesso
risponde sempre direttamente al Sindaco e soltanto a questi. La normativa nazionale e regionale
prevede infatti che:
• “Il Comandante del Corpo di Polizia municipale è responsabile verso il Sindaco
dell'addestramento, della disciplina e dell'impiego tecnico-operativo degli appartenenti al Corpo”
(articolo 9 comma 1 della legge n. 65/1986);
• “Nel rispetto del principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e
funzioni attinenti la gestione operativa dei servizi di sicurezza urbana, i comandanti di polizia
locale dipendono unicamente dal sindaco o dal Presidente della Provincia” (articolo 11 comma 7
della legge regionale Campania n. 12/2003).
La dipendenza diretta del Comandante dal Sindaco risponde all'esigenza di assicurare al Sindaco
stesso il controllo diretto di quei profili organizzativi e funzionali del servizio previsti puntualmente
dalla disposizione statale di cui sopra che presentano la maggiore specificità e delicatezza.
Di conseguenza, l'impugnata deliberazione risulta censurabile poiché non contiene alcuna
disposizione idonea a garantire le prerogative di indipendenza ed autonomia del Comandante di
Polizia municipale.
Ancor maggiormente censurabile è poi il decreto dirigenziale che, subordinando gerarchicamente
il Comandante al Dirigente amministrativo del Settore, “risulta, di fatto, idoneo ad esautorare il
Comandante dalle sue prerogative ed a snaturarne la sua peculiare posizione di vertice del servizio
di Pm”.
Fonte: Il Sole 24 Ore del 01/03/2017
Autore: Alberto Ceste